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SCENARI IMMOBILIARI ISTITUTO INDIPENDENTE DI STUDI E RICERCHE
SOCIAL HOUSING IN EUROPA E FOCUS SULL’ITALIA
1. Introduzione Il termine “social housing” è difficile da definire, soprattutto perché il suo significato varia da un Paese all’altro. Solitamente sono considerati sociali gli alloggi dati in affitto alle famiglie disagiate, anche se in alcuni Paesi rientrano nel concetto di social housing anche le abitazioni di proprietà delle cooperative e perfino una parte degli immobili in regime di proprietà privata. La definizione comunemente accettata è quella data dal Cecodhas, Comitato Europeo per la promozione del diritto alla casa, che definisce l’housing sociale come “l’insieme delle attività atte a fornire alloggi adeguati, attraverso regole certe di assegnazione, a famiglie che hanno difficoltà nel trovare un alloggio alle condizioni di mercato perché incapaci di ottenere credito o perché colpite da problematiche particolari”. Pertanto, non ricadono nella definizione di housing sociale gli alloggi realizzati, venduti o affittati secondo i principi del libero mercato. Per distinguere gli alloggi sociali da altri tipi di abitazioni è importante analizzare alcuni aspetti: − nelle analisi internazionali, la quota di immobili residenziali in regime di locazione viene suddivisa tra affitto privato e sociale, indipendentemente dalla natura, pubblica o privata, dei proprietari. Infatti, sebbene generalmente gli alloggi sociali siano di proprietà pubblica, nella maggior parte dei Paesi esiste una quota di alloggi sociali di proprietà privata − in alcune nazioni il social housing viene definito e regolamentato da apposite leggi, mentre in altre non viene nominato in alcuna legge o documento, come in Slovacchia, Repubblica ceca, Romania e Bulgaria, dove sono considerati sociali tutti gli alloggi pubblici in affitto − il solo Paese in cui il termine social housing viene definito chiaramente è la Polonia, dove si comprende lo stock di proprietà comunale e delle associazioni abitative senza scopo di lucro − gli alloggi sociali differiscono da quelli privati in rapporto alla natura e agli obiettivi della strategia locativa: se il canone degli affitti privati viene determinato sulla base della legge della domanda e dell’offerta, l’assegnazione e la determinazione del canone degli alloggi sociali non può prescindere dalla valutazione di fattori sociali − la presenza del sostegno pubblico gioca un ruolo importante nella definizione di alloggi sociali, anche se questo non significa che tutti gli immobili in affitto che beneficiano di tale sostegno rientrino nella categoria di alloggi sociali − il sostegno del settore pubblico a favore del social housing può assumere la forma di prestiti garantiti dal governo, sovvenzioni per il pagamento
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degli interessi sui prestiti, garanzie o riduzioni fiscali. Il sostegno può essere garantito sia dallo Stato che dalle autorità locali e può essere emesso a favore dell’affittuario o a favore del promotore, sia con riferimento alle nuove costruzioni che ai lavori di manutenzione degli edifici esistenti. In molti Paesi le sovvenzioni a favore dei promotori hanno contribuito ad incrementare l’attività edilizia, a migliorare la qualità degli alloggi e ad abbassare i costi medi sul mercato a differenza di altre tipologie, gli alloggi sociali vengono assegnati prevalentemente ai gruppi deboli di popolazione, sulla base di criteri di selezione stabiliti dal governo centrale e locale, che tengono conto di determinati limiti di reddito e/o di un sistema implicito o esplicito di punti assegnati in base alla situazione sociale ed economica dei richiedenti. Inoltre, in alcuni sistemi i proprietari di alloggi sociali sono specializzati nell’offerta di abitazioni a gruppi specifici come studenti, anziani, disabili, immigrati. per quanto riguarda la natura dei proprietari di alloggi sociali, nella maggior parte dei casi gli immobili appartengono alle autorità locali, che li detengono direttamente o attraverso società controllate, o delle organizzazioni senza scopo di lucro che, generalmente, assumono la forma di associazioni. Tuttavia, esistono altre tipologie di proprietari: per esempio, in Finlandia e Germania le società private possono possedere alloggi sociali. In Finlandia queste società sono regolamentate da una legislazione severa che, tra l’altro, stabilisce regole rigide circa la distribuzione dei profitti. le operazioni di social housing, generalmente, sono regolamentate dalla legge ma prevedono un’attenta attività di supervisione e controllo da parte delle autorità competenti. l’affitto di alloggi sociali prevede una maggiore tutela degli affittuari contro lo sfratto rispetto al regime di affitto privato ordinario, sebbene le differenze siano più o meno marcate nei diversi Paesi il social housing prevede la cosiddetta “partecipazione degli affittuari” alle decisioni delle organizzazioni competenti. In alcune nazioni, come Danimarca, Finlandia, Francia e Svezia, tale partecipazione è regolamentata e garantita da leggi speciali mentre in altri casi, come l’Austria, la partecipazione degli affittuari avviene sulla base di un tacito accordo tra proprietari ed affittuari pur in assenza di una legge vincolante.
Le differenze a livello europeo sono notevoli soprattutto con riferimento alle dimensioni del settore, ai modelli di assegnazione di alloggi sociali, alla forma giuridica delle organizzazioni dedicate. Nel presente rapporto si è cercato di rendere il più possibile uniformi, nelle diverse realtà nazionali, strumenti e metodologie simili.
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2. Storia del social housing Il contesto storico in cui è nato il settore del social housing differisce radicalmente nelle diverse aree geografiche dell’Europa, in quanto il comparto ha registrato uno sviluppo più rapido nell’Europa occidentale e settentrionale, mentre nei Paesi dell’Europa meridionale è stato ostacolato da un processo di urbanizzazione più lento e da una solida struttura rurale, che ha comportato un minore coinvolgimento dei governi nel problema della casa. Infine, nei Paesi dell’Europa orientale, caratterizzati a lungo da un regime politico comunista, si è iniziato a parlare di social housing solo a partire dall’inizio del processo di privatizzazione. 2.1 Lo sviluppo del social housing nell’Europa occidentale Il periodo compreso tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo è stato caratterizzato da massicci fenomeni di industrializzazione e urbanizzazione, nell’ambito dei quali lo sviluppo delle politiche abitative è stato guidato soprattutto dalle forze di mercato. Il coinvolgimento pubblico era modesto e, comunque, limitato al sostegno delle famiglie più povere. I primi alloggi sociali in affitto furono realizzati in alcuni Paesi europei negli anni venti, come strumento per risolvere la crisi edilizia ed affrontare i gravi problemi politici e sociali conseguenti alla Prima Guerra Mondiale. I progetti sociali erano rivolti prevalentemente alla classe lavoratrice di livello medio-alto e, generalmente, il sostegno aveva una durata limitata. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale i governi, preoccupati dalla forte mancanza di immobili residenziali, hanno studiato una politica edilizia più attiva nella maggior parte dei Paesi europei. Si può parlare di vero e proprio social housing solo a partire dalla fine degli anni quaranta. Lo sviluppo del social housing nell’Europa occidentale dal 1945, fino agli anni novanta, può essere diviso in quattro fasi: • la prima, dal 1945 al 1960, è definita la “fase della ripresa”, perchè finalizzata a riparare i danni causati dalla guerra e ad affrontare il problema della carenza di alloggi. L’obiettivo principale era la costruzione di immobili residenziali che, potendo contare su importanti sovvenzioni e finanziamenti da parte dello Stato, soprattutto a favore della classe lavoratrice di medio livello, venivano dati in affitto con canoni al di sotto dei valori di mercato. La problematica principale era rappresentata dalla mancanza di attenzione verso la gestione degli immobili • la seconda fase, dal 1960 al 1975, viene definita “fase della crescita”, perché caratterizzata da una maggiore attenzione verso la qualità edilizia e il rinnovamento urbano. Sebbene l’impegno dei governi fosse orientato al
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proseguimento delle linee strategiche delineate nel periodo precedente, all’inizio degli anni settanta emersero significativi cambiamenti, quali un maggior benessere economico, una maggiore disponibilità di alloggi e la progressiva diffusione della proprietà. Questi fattori, accompagnati da alcune conseguenze negative dei programmi di social housing post-bellici (bassa qualità, scarsa gestione degli immobili), comportarono un calo della domanda di alloggi sociali • la terza fase, dal 1975 al 1990, viene definita “delle nuove realtà per l’edilizia”. In seguito ai forti cambiamenti del contesto economico, muta il ruolo dello Stato che riduce il proprio impegno economico in questo settore, perchè concentrato ad affrontare i problemi legati agli elevati livelli di inflazione e di spesa pubblica. Di conseguenza, il settore residenziale diventa sempre più orientato al mercato, competitivo e aperto alle pressioni economiche, mentre gli alloggi sociali rappresentano una quota calante degli stock totali e si rivolgono gradualmente a gruppi ristretti di popolazione. Questo approccio non è condiviso da tutti i governi, in quanto in alcuni Paesi, come Olanda e Austria, il forte coinvolgimento dello Stato si è protratto almeno fino all’inizio degli anni novanta. Il trend della terza fase prosegue ancora oggi, sebbene nel corso del tempo siano migliorate le condizioni economiche generali. Sono emerse nuove problematiche e tendenze che hanno influenzato le dinamiche del mercato abitativo, quali l’evoluzione della composizione demografica e sociale della popolazione, la crescente polarizzazione sociale, l’esigenza di recuperare le periferie degradate, una diversa distribuzione dei redditi, che conduce ad un nuovo stile di vita e a nuove scelte abitative. Le famiglie che hanno un più elevato potere di spesa cercano condizioni di vita migliori e si rivolgono verso contesti abitativi di livello elevato. Dall’altro lato, il crescente squilibrio tra redditi medi e costi abitativi ha comportato l’aumento del numero dei senzatetto, delle persone che hanno bisogno dell’assistenza sociale, delle famiglie che vivono in condizioni degradate. I governi sono gradualmente passati dalla concessione di sovvenzioni generiche a quelle specifiche, rivolte ai gruppi sociali ed economici più deboli o come risposta a situazioni di emergenza. Ad esempio, all’inizio degli anno novanta, l’aumento delle sovvenzioni statali in Austria e Germania, ha rappresentato una risposta al fenomeno dell’immigrazione. Il restringimento del campo d’azione del social housing, che non si rivolge più a tutta la società ma solo ad alcuni gruppi di famiglie, ha comportato nuovi problemi nell’ambito delle politiche abitative che, invece, sono guidate dalle forze di mercato. Infatti, da un lato i progetti dei promotori privati sono sempre meno rivolti alle famiglie a basso reddito e sempre più indirizzati verso quelle di
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medio e alto livello. Dall’altro lato, la domanda proveniente dalle famiglie a basso reddito, sempre più numerose nella maggior parte dei Paesi, non può essere soddisfatta dalla limitata offerta di alloggi sociali gestiti dal settore pubblico e dalle organizzazioni sociali. Sono in aumento i fenomeni di esclusione e polarizzazione sociale. 2.2 Lo sviluppo del social housing nei Paesi dell’Europa orientale Nella prima metà del ventesimo secolo, la situazione abitativa nei Paesi dell’Europa orientale era analoga a quelli dell’Europa occidentale ed era fortemente influenzata dai fenomeni di industrializzazione e urbanizzazione. La maggior parte dell’offerta di immobili residenziali seguiva i criteri di mercato, sebbene non sempre efficaci, che erano stati delineati come risposta alla crisi politica e sociale successiva al termine della Prima Guerra Mondiale. La normativa sugli affitti e i primi programmi di social housing comparvero tra il 1919 e la metà degli anni venti ed erano rivolti soprattutto alla classe media. La situazione cambiò completamente dopo il 1945, quando l’Europa si divise politicamente ed economicamente e la politica abitativa nei Paesi dell’Est europeo cominciò ad essere subordinata ai sistemi economici pianificati centralmente. L’abitazione era un “diritto sociale” garantito dal governo e, pertanto, le regole di mercato furono abolite. Lo Stato controllava direttamente la realizzazione e l’assegnazione degli alloggi, che erano economici per gli affittuari ed i proprietari ma molto cari per la società, in considerazione delle elevate sovvenzioni e del basso livello di efficienza economica. L’offerta era carente e la qualità edilizia scadente. Alcuni Paesi hanno tentato di modificare l’orientamento della politica abitativa, ad esempio modernizzando lo stock, ma i risultati sono stati deludenti a causa di un quadro socio-economico estremamente rigido. Sebbene la maggior parte dello stock fosse di proprietà pubblica, lo Stato non aveva alcuna funzione esplicita nel social housing, ma era semplicemente un “fornitore” di alloggi per tutta la popolazione. Inoltre, spesso i criteri di assegnazione degli immobili, definiti in modo corretto in linea teorica, in realtà non venivano applicati e gli alloggi di proprietà pubblica venivano assegnati soprattutto in base a criteri “meritori”. Ad esempio, nella ex Cecoslovacchia, i membri del partito comunista ricevevano un trattamento preferenziale. Lo stesso termine “social housing” era incompatibile con l’ideologia comunista perché, in realtà, tutto il sistema politico era considerato “sociale”, in quanto basato sui principi di uguaglianza e solidarietà. Tuttavia, una buona parte dello stock edilizio possedeva le caratteristiche di social housing, come la regolamentazione dei prezzi, l’assegnazione degli alloggi al di fuori delle regole di mercato, le sovvenzioni, la proprietà pubblica.
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L’atteggiamento dei governi verso l’edilizia in generale, e la proprietà in particolare, ha iniziato a cambiare negli anni ottanta, quando la politica comunista ha mostrato i primi segnali di crisi. A causa di una situazione abitativa poco soddisfacente, della forte carenza di risorse pubbliche e di altri problemi economici, sociali e politici, l’edilizia privata iniziò a giocare un ruolo sempre più importante nell’offerta di abitazioni ed iniziarono a nascere nuove organizzazioni, come le cooperative. La svolta avvenne dopo il 1989, quando iniziò la transizione da una politica pianificata centralmente al mercato. Dall’inizio degli anni novanta, gli obiettivi principali della politica abitativa, nella maggior parte dei Paesi ex-comunisti, sono stati quelli di adeguarsi alle regole di mercato. Questo fenomeno ha portato ad una politica abitativa spesso più liberale e progredita di molti Paesi occidentali. La trasformazione delle politiche abitative è avvenuta come conseguenza di alcuni cambiamenti: • • • •
deregolamentazione calo dell’intervento e delle sovvenzioni pubbliche privatizzazione dell’industria e dei servizi privatizzazione dello stock abitativo, seppure con qualche eccezione. Ad esempio, la Repubblica ceca e la Polonia non hanno effettuato una privatizzazione di massa ed attualmente un buon numero di immobili in affitto è di proprietà pubblica • sostegno della proprietà privata In particolare, gli anni novanta sono stati caratterizzati dai fenomeni di restituzione degli immobili precedentemente confiscati e di conversione delle cooperative edilizie in condomini, ma il fenomeno più importante è stata la privatizzazione degli immobili pubblici, che aveva numerosi obiettivi economici e politici: • miglioramento dell’efficienza economica del sistema abitativo in generale • aumento degli introiti provenienti dalla vendita degli immobili pubblici • riduzione della spesa pubblica, in considerazione del principio secondo il quale la privatizzazione avrebbe incoraggiato i nuovi proprietari a investire per la manutenzione e il miglioramento delle abitazioni • alienazione degli immobili in stato di degrado • rafforzamento del nuovo regime La privatizzazione ha assunto forme diverse. Gli immobili pubblici sono stati per lo più trasferiti agli affittuari che li occupavano, ma alcuni sono stati venduti ai privati, singoli o società.
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La formulazione degli obiettivi non teneva conto dei problemi esistenti, quali la situazione della larga maggioranza degli alloggi, che erano occupati da famiglie a basso reddito, gli elevati costi di manutenzione che i nuovi proprietari non erano in grado di sostenere, l’inefficienza della base infrastrutturale, lo squilibrio tra offerta e domanda. Sono emersi crescenti squilibri sociali, a causa del continuo aumento dei prezzi degli immobili di qualità, dei fenomeni migratori, delle spopolamento delle aree rurali a favore delle grandi città, dell’elevato numero di senzatetto e di immobili abusivi. Infine, nella maggior parte dei Paesi, i cambiamenti sono stati portati avanti senza aver prima delineato un quadro legale ed istituzionale adeguato. Questi problemi sono stati gestiti in modo diverso nei vari Paesi: alcuni hanno proseguito e potenziato il processo di privatizzazione, mentre altri l’hanno rallentato e ne hanno limitato gli effetti. La conseguenza è che nel 1990, nei Paesi dell’Europa sud-orientale, prevaleva la proprietà privata, mentre nell’Europa nord e centro-orientale prevaleva, o almeno aveva un ruolo importante, l’edilizia pubblica. Il processo di privatizzazione ha influenzato profondamente la distribuzione della ricchezza nell’ambito della società, in quanto alcune famiglie sono riuscite ad acquistare immobili di alta qualità a prezzi scontati. Altre non hanno avuto la possibilità di acquistare nessun immobile, altre ancora hanno acquistato un immobile in tale stato di degrado da necessitare costosi interventi di ristrutturazione. La qualità media degli immobili costruiti durante l’epoca comunista è piuttosto bassa: si tratta per lo più di piccoli appartamenti, carenti di servizi, infrastrutture tecniche e sociali. Soltanto in alcuni Paesi, come la Polonia, la qualità è superiore, anche se sono notevoli le differenze tra gli immobili periferici, modesti e in stato di degrado, e le nuove, spesso lussuose, case familiari situate nelle aree interne alle città. I prezzi di vendita venivano decisi secondo criteri diversi, anche se prevaleva il sistema della privatizzazione a basso prezzo. All’inizio degli anni novanta, i prezzi erano inferiori mediamente del 15 per cento, rispetto a quelli di mercato. La massiccia vendita di immobili a prezzi bassi ha permesso ai governi di sbarazzarsi degli immobili in perdita, ma a lungo termine ha comportato una grave carenza di alloggi in affitto e la difficoltà degli acquirenti a basso reddito di finanziare i costi della manutenzione degli immobili. Queste le problematiche principali dello stock residenziale: • stato fisico dello stock, composto soprattutto da edifici multifamiliari degradati, bisognosi di interventi di riparazione e manutenzione • incapacità di una buona parte dei proprietari nel sostenere l’onere economico delle spese di riparazione e manutenzione
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• mancanza di un’adeguata normativa finanziaria, legale e organizzativa. Intorno alla metà degli anni novanta, le autorità di molti Paesi si sono rese conto che le soluzioni ai problemi abitativi non potevano solo essere basate su principi di mercato e, a partire da quel momento, c’è stato uno sforzo coordinato per delineare un quadro legale ed istituzionale adeguato, al fine di sviluppare un sistema finanziario per l’edilizia, di reintrodurre le sovvenzioni statali e di stabilire una quota di immobili sociali da dare in affitto. In questo nuovo contesto, la politica abitativa sociale comincia ad essere percepita come uno strumento importante di sostegno alle famiglie che non possono procurarsi un immobile ai prezzi di mercato. Nella maggior parte dei Paesi, sono stati fatti ulteriori passi avanti per stabilire un settore di social housing simile a quello dell’Europa occidentale. Comunque, i progetti sociali sono ancora carenti o molto limitati e, soprattutto, rivolti quasi esclusivamente alle fasce svantaggiate della popolazione, creando problemi di polarizzazione ed esclusione sociale. Fa eccezione un ristretto numero di nazioni, tra cui la Polonia, dove il social housing riveste un ruolo estremamente significativo nell’ambito delle politiche abitative e dove il governo autorizza la creazione di società senza scopo di lucro il cui unico fine è di offrire alloggi alle fasce di popolazione di medio livello. Grandi progressi sono stati compiuti anche dalla Repubblica ceca che, nel 2003, ha approvato un progetto per sovvenzionare la costruzione di alloggi comunali da dare in affitto alle famiglie con redditi bassi e medi ed è in preparazione un progetto finalizzato alla costituzione di cooperative edilizie.
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3. Il ruolo del social housing nell’ambito delle politiche abitative L’obiettivo principale di qualunque politica abitativa è di offrire a tutta la popolazione alloggi di qualità e dimensioni adeguate a costi ragionevoli. Inoltre, deve essere posta particolare attenzione alla qualità degli alloggi e dell’ambiente circostante, anche nell’ottica dell’evoluzione delle esigenze della popolazione a medio termine e delle esigenze specifiche di alcuni gruppi svantaggiati, quali immigrati, disoccupati, disabili, anziani e senzatetto. Si tratta dell’obiettivo più importante e complesso, che determina il successo e l’efficienza di una politica abitativa. Accanto allo scopo fondamentale di garantire l’alloggio a tutta la popolazione, una politica abitativa efficiente deve porsi ulteriori obiettivi qualitativi, quali: • combattere l’esclusione sociale e sostenere il mix sociale • creare un mercato abitativo equilibrato nelle diverse aree geografiche, ponendo in atto tutte le misure necessarie ad evitare che i prezzi e la domanda crollino nelle zone in cui la popolazione è in calo • perseguire l’efficienza produttiva, affinché la qualità delle costruzioni nuove e di quelle ristrutturate sia la più elevata possibile in rapporto al prezzo. Questo richiede operazioni costanti di ricerca, sperimentazione e una situazione di reale concorrenza nel settore edilizio • disporre di un’offerta flessibile, in grado di rispondere rapidamente ad un aumento della domanda. La flessibilità dipende da fattori come la disponibilità di terreni e la capacità delle società edilizie di adeguarsi all’evoluzione quantitativa e qualitativa della domanda • incentivare la partecipazione degli affittuari con riferimento alle decisioni relative all’immobile e alle zone circostanti • offrire sufficienti garanzie agli affittuari contro lo sfratto • contribuire al risparmio energetico Poichè non è possibile perseguire tutti gli obiettivi contemporaneamente, è importante che la politica abitativa definisca l’ordine di priorità dei diversi obiettivi. Inoltre, un singolo strumento non è in grado di risolvere un vasto numero di problemi e, dunque, la corretta combinazione di strumenti diversi decreta il successo di una politica abitativa. Infine, l’applicazione di uno strumento non può prescindere dalla valutazione dei suoi effetti negativi. Ad esempio, le sovvenzioni pubbliche a favore degli affittuari comportano un aumento della domanda e delle quotazioni e, di conseguenza, aggravano le difficoltà delle famiglie che stanno ancora cercando un alloggio.
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Il fine ultimo di una politica abitativa è quello di raggiungere il maggior numero di obiettivi contenendo il più possibile l’investimento pubblico: questo è ciò che si definisce efficienza economica di una politica abitativa. Il social housing è solo uno dei possibili strumenti di politica abitativa e non sempre rappresenta l’approccio migliore per soddisfare le richieste della popolazione. Infatti, l’esigenza di nuovi alloggi sociali è meno sentita nelle situazioni di mercato in cui i prezzi e i canoni sono in calo e la maggior parte della domanda proveniente dalle famiglie con reddito medio e basso viene soddisfatta dall’offerta di alloggi in proprietà, in regime di affitto privato o in cooperativa. Questa è la situazione esistente nella maggior parte dei Paesi europei al di fuori dei grandi centri urbani. La situazione è molto più complessa nelle aree in cui l’offerta è scarsa e il livello dei canoni di mercato è insostenibile per la popolazione a basso reddito, come avviene nella larga maggioranza delle grandi città. In questi casi, il social housing si rivela necessario, anche se esistono alcune alternative, come gli alloggi a prezzi controllato. Si tratta dell’offerta di un certo numero di alloggi che vengono affittati a canoni di mercato, ma controllati. Il sistema è efficiente nei Paesi caratterizzati da un sistema fiscale trasparente, mentre è di difficile uso dove c’è da un elevato livello di evasione fiscale, o nei casi in cui sia necessario incrementare l’offerta di alloggi. Inoltre, una quantità eccessiva di abitazioni a canone controllato comporta un forte aumento della domanda e, di conseguenza, dei canoni, soprattutto nel caso in cui l’offerta non sia in grado di soddisfare la domanda in rapido aumento. Le esperienze dell’Europa occidentale mostrano che il controllo sui canoni è utile quando è carente il sistema di sostegno e di sovvenzioni all’edilizia residenziale. In caso contrario, il sostegno alla produzione è il modo migliore per contenere i canoni. Dunque, la differenza sostanziale tra il social housing e il regime di canone controllato risiede nel fatto che solo le politiche di social housing possono dare priorità a considerazioni sociali rispetto agli alloggi affittati in regime di mercato e sulla base di un canone ordinario, seppure controllato. Il social housing assume un’importanza fondamentale in considerazione dell’emergenza delle seguenti problematiche: • una parte crescente della popolazione presenta problemi abitativi, soprattutto legati alla difficoltà di trovare casa. In Ungheria, ad esempio, circa un terzo della popolazione ha problemi di alloggio • i problemi di esclusione sociale riguardano una parte crescente della classe media, soprattutto nelle grandi città. In alcune metropoli, come Londra, le autorità pubbliche devono adottare misure speciali per incentivare alcune categorie di lavoratori indispensabili, come insegnanti e infermieri, a vivere in città
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• tutti i Paesi europei devono affrontare i problemi dei senzatetto, che stanno aumentando vistosamente • un numero considerevole di persone povere, o a rischio povertà, è obbligato a prendere in considerazione l’offerta, spesso inadeguata, presente sul mercato privato • lo sfratto è un tema sempre più importante, che spesso porta all’esclusione sociale e qualche volta al fenomeno dei senzatetto. • nella maggior parte degli Stati dell’Unione Europea, la spesa più elevata nel bilancio delle famiglie è la casa, che rappresenta mediamente il 25 per cento del reddito • la situazione di molti Paesi, situati soprattutto nell’Europa centroorientale, è preoccupante perché circa il 95 per cento degli alloggi è in mano privata e non ci sono operatori realmente coinvolti nella soluzione dei problemi abitativi delle fasce più deboli della popolazione.
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4. Il quadro macroeconomico La spesa legata al social housing rappresenta circa l’uno per cento del prodotto interno lordo dell’Unione Europea, anche se le differenze sono notevoli da Paese a Paese.Le politiche di social housing possono essere suddivise in quattro gruppi: • i Paesi Bassi, la Svezia e il Regno Unito sono caratterizzati da un notevole intervento statale. In queste nazioni si registra il più vasto settore di alloggi a canone sociale dell'Unione europea ed i governi spendono oltre il tre per cento del prodotto interno lordo per il social housing • in Austria, Danimarca, Francia e Germania la spesa pubblica per la politica relativa all'edilizia abitativa è generalmente compresa tra l'uno e il due per cento del prodotto interno lordo • l'Irlanda, l'Italia, il Belgio, la Finlandia e il Lussemburgo formano un gruppo disparato, ma presentano tutti un vasto settore di alloggi occupati dagli stessi proprietari, e un settore di alloggi a canone sociale relativamente ridotto; la spesa governativa, generalmente, non supera l'uno per cento del prodotto interno lordo • in Portogallo, Spagna e Grecia il settore degli alloggi occupati dagli stessi proprietari è particolarmente vasto, mentre il numero di alloggi a canone sociale è minimo e la spesa pubblica è inferiore all'uno per cento del prodotto interno lordo. Il social housing è strettamente connesso con altri settori economici, quali mercato del lavoro ed occupazione, mobilità lavorativa, salute pubblica, struttura sociale, istruzione e stabilità economica. Inoltre, una politica efficiente dovrebbe utilizzare il social housing come strumento finalizzato ad equilibrare o stabilizzare la situazione del mercato immobiliare residenziale nel suo complesso, in quanto la cattiva gestione degli alloggi può comportare gravi squilibri in tutto il comparto. Un aspetto fondamentale è la trasparenza, soprattutto nei Paesi dell’Europa orientale, dove le aspettative del social housing sono elevate e le nuove regole di un’economia in transizione non sono ancora mature e non hanno ancora meccanismi di controllo pubblico e burocrazia efficiente nel settore. Attualmente, l’economia mondiale è caratterizzata da fenomeni che sono in grado di rilanciare o, al contrario, deteriorare il significato del social housing. Da un lato, la globalizzazione economica e il crescente benessere richiedono maggiore tutela degli interessi dei cittadini nel comparto abitativo. Dall’altro la natura localizzata del mercato residenziale ne rende difficile una crescita armoniosa nell’ambito di un generico sviluppo economico. Ne deriva
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un’importanza sempre maggiore del sistema di contributi e sovvenzioni alle famiglie.
5. Il quadro istituzionale Anche se il comparto del social housing ha dimensioni ridotte in quasi tutta Europa e, dunque, incide in modo marginale sul mercato immobiliare residenziale, gioca un ruolo importante nell’ambito delle politiche indirizzate ad affrontare il problema dell’esclusione sociale. Infatti, riconoscere il ruolo della casa come mezzo di coesione sociale significa anche rafforzare il ruolo degli operatori nel campo del social housing. Per esaminare le caratteristiche delle organizzazioni, pubbliche e private, coinvolte nelle politiche di social housing, è opportuno alcune premesse: • nella maggior parte dei Paesi europei le organizzazioni di social housing detengono una parte marginale dello stock residenziale. La percentuale è particolarmente ridotta nell’Europa del sud e in alcuni Paesi ex-comunisti. Pertanto, l’impatto del social housing sul mercato residenziale è modesto • fino a poco tempo fa, le organizzazioni di social housing si ponevano esclusivamente l’obiettivo di offrire alloggi in affitto alle fasce deboli della popolazione. Con la crescita della proprietà le organizzazioni hanno iniziato ad incentivare gli affittuari di alloggi sociali ad acquistare l’immobile. In molti Paesi, una quota consistente della spesa pubblica riguarda solo la promozione della proprietà • spesso gli operatori si rivolgono ad un gruppo troppo ampio di popolazione e solo in alcuni Paesi le famiglie svantaggiate rappresentano una priorità o, addirittura, un gruppo di riferimento definito per legge • nella maggior parte dei Paesi, il finanziamento statale per il social housing è stato ridotto o è cresciuto in modo modesto, obbligando gli operatori a trovare fonti alternative di finanziamento, soprattutto nel settore privato, a scapito ancora una volta dei gruppi deboli. Solo in pochi casi, come l’Irlanda, le organizzazioni sociali sono finanziate quasi completamente dalle autorità pubbliche • nella maggior parte dei casi, lo Stato ha perso il ruolo di operatore principale nel campo del social housing, a favore di altre autorità pubbliche o di organizzazioni diverse, quali cooperative, agenzie, associazioni che hanno lo scopo di offrire alloggi di buon livello alle famiglie a basso reddito. In alcuni casi sono state create agenzie che aiutano le fasce deboli ad avere accesso alla casa sul mercato privato: l’esperienza di maggiore successo è rappresentata dalle agenzie immobiliari a vocazione sociale in Francia
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• l’attività delle organizzazioni di social housing è in evoluzione e non si limita più all’offerta di alloggi, ma si concentra sempre di più sull’offerta di servizi, quali prestiti agevolati Ogni Stato ha un quadro istituzionale diverso, che riflette la propria storia. Tuttavia, vi sono alcuni aspetti comuni nella maggior parte dei Paesi europei, con riferimento all’assegnazione delle responsabilità legate alla realizzazione degli alloggi pubblici tra il settore pubblico, a livello nazionale e locale, e il settore privato, le organizzazioni volontarie e le famiglie, che possono operare individualmente o sotto forma di cooperative. Le istituzioni coinvolte nel social housing di solito si occupano di: Sviluppo. Consiste nella scelta del promotore incaricato di realizzare gli alloggi sociali. Il terreno può essere di proprietà del promotore o reso disponibile dallo Stato, direttamente o attraverso un’agenzia di Stato Costruzione. Consiste nella realizzazione degli alloggi sociali. Spesso le fasi di sviluppo e costruzione sono concentrate nelle mani dello stesso operatore Finanziamento. Può avvenire sotto varie forme: sovvenzione pubblica, prestito privato, reinvestimento di un profitto conseguito dall’operatore, contributo diretto a favore degli occupanti di un alloggio sociale per pagare il canone, sovvenzione fiscale ai proprietari di alloggi sociali, soprattutto quando il canone è controllato dalla legge Proprietà dell’immobile. Spesso comprende la proprietà del terreno sul quale sorge l’immobile. La proprietà solitamente implica la responsabilità finanziaria, compresa la manutenzione, e il rispetto della normativa applicabile al social housing, sebbene questi aspetti possano essere delegati parzialmente o integralmente a gestori esterni tramite contratto. La proprietà riguarda anche le cooperative, nell’ambito delle quali le famiglie che occupano gli alloggi sociali sono proprietarie collettivamente degli immobili Gestione. Implica la responsabilità di assicurare lo svolgimento delle attività di social housing, che comprendono l’amministrazione dell’offerta dei servizi ai residenti, la raccolta dei redditi da locazione e l’assegnazione degli alloggi liberi. Anche la manutenzione rientra negli obiettivi della gestione, sebbene si tratti di una funzione separata, che spesso viene portata avanti da operatori privati diversi, ma la relativa programmazione, il finanziamento e l’assegnazione dei lavori fanno parte dell’attività di gestione
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Strategia. Consiste nella definizione delle politiche di social housing, compresa la determinazione della quantità di alloggi sociali necessari e delle modalità di finanziamento e realizzazione. Spesso esiste una normativa che stabilisce alcuni aspetti standard. 5.1 Lo Stato Lo Stato è responsabile della “strategia edilizia nazionale” in base alle esigenze politiche, economiche e sociali. Il ruolo dello Stato sul piano finanziario rappresenta un aspetto separato, ma l’attuabilità di una strategia nazionale non può prescindere da un’analisi approfondita degli aspetti finanziari. In effetti, la carenza di finanziamento da parte pubblica rappresenta uno dei maggiori ostacoli alla realizzazione di un sistema efficiente di social housing. In alcuni Paesi in fase di transizione, come l’Ucraina, le scarse risorse del bilancio statale in rapporto alle dimensioni dello stock residenziale hanno comportato l’insuccesso delle strategie di social housing, nonostante la validità teorica. Nei Paesi in cui lo sviluppo del social housing è limitato o le istituzioni sono inadeguate al raggiungimento degli obiettivi, lo Stato svolge un ruolo determinante, anche con riferimento all’indicazione dei ruoli e degli obiettivi delle organizzazioni private in un’ottica di lungo periodo. Fondamentali sono le misure governative finalizzate alla trasparenza di tutti gli operatori coinvolti. Nel caso in cui il social housing sia assente, o abbia registrato radicali cambiamenti nel corso del tempo, lo Stato deve porre particolare attenzione alla definizione di un quadro istituzionale efficiente. Lo Stato svolge anche una funzione regolatrice nell’offerta di alloggi sociali, soprattutto attraverso il controllo sui canoni e la definizione di standard minimi di abitabilità degli alloggi. 5.2 Gli enti pubblici locali Il ruolo del governo locale viene regolamentato dalla Costituzione o dalle leggi in vigore nei diversi Paesi, che determinano i poteri e le responsabilità assegnate ai diversi livelli di governo. In alcuni Paesi, la responsabilità per la definizione della strategia del social housing è attribuita al governo regionale e locale, nell’ambito di un quadro politico complessivo, determinato a livello nazionale. Questo offre sufficiente flessibilità per adattare la strategia di social housing alle condizioni dei mercati abitativo e del lavoro e, spesso, comprende la gestione delle sovvenzioni che possono provenire da fondi dello Stato o, meno comunemente, dai bilanci locali o regionali.
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In alcune nazioni occidentali, lo Stato definisce le linee guida, che poi vengono integrate dalle autorità locali: ad esempio, in Germania ed Austria i Lander collaborano con il governo federale, mentre in Francia, Olanda e Svizzera le autorità locali si pongono priorità politiche diverse a seconda della situazione nazionale. In Francia, in particolare, la distribuzione delle sovvenzioni avviene sotto la responsabilità dei dipartimenti o degli organismi pubblici di cooperazione intercomunale. Nel Regno Unito, la politica nazionale enfatizza sempre di più il ruolo di gestione dell’autorità locale, mentre in Irlanda, le autorità locali hanno un ruolo fondamentale nell’ambito dell’assegnazione degli alloggi sociali ed hanno una funzione di finanziamento separata. In alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale, invece, la responsabilità delle autorità locali spesso include lo sviluppo, la proprietà e la gestione degli alloggi sociali. Con riferimento all’utilizzo dei fondi pubblici nell’ambito dello sviluppo e della gestione del social housing, sia lo Stato che gli enti pubblici, in base alle responsabilità che sono state loro assegnate dalla legge nazionale, devono garantire che le risorse siano utilizzate per soddisfare gli obiettivi nel modo più efficiente e trasparente possibile. Se tali risorse assumono la forma di sovvenzioni alle famiglie, sia lo Stato che gli enti pubblici dovranno verificare la corretta e trasparente applicazione dei meccanismi di assegnazione. 5.3 Il settore privato Nella maggior parte dei Paesi dell’Europa occidentale, il settore privato svolge le attività di costruzione e finanziamento. Può anche svolgere l’attività di gestione, sulla base di accordi contrattuali, come avviene in Germania e Svizzera, dove le società di costruzioni private svolgono un ruolo equivalente a quello delle società che offrono abitazioni a canone moderato in Francia e alle corporazioni edilizie in Olanda. La partecipazione del settore privato è importante anche in Finlandia, dove il Fondo per la casa (Arava) ha un ruolo importante nell’ambito dell’assegnazione degli alloggi sociali e della concessione di sovvenzioni. 5.3.1 Le associazioni senza scopo di lucro L’operatività e le caratteristiche delle organizzazioni senza scopo di lucro non sono determinate direttamente dallo Stato, ma sono il risultato di circostanze storiche e sociali diverse nei vari Paesi. Tuttavia, il settore pubblico, soprattutto a livello nazionale, può influenzarne lo sviluppo e il ruolo, soprattutto attraverso una serie di accordi finanziari. Inoltre, lo Stato può promulgare leggi specifiche per regolamentare l’attività di questi organismi e può offrire il proprio sostegno finanziario per incrementarne le risorse e le capacità.
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L’obiettivo delle organizzazioni senza scopo di lucro non deve essere quello della massimizzazione e distribuzione dei profitti ma del miglioramento generale del benessere sociale. Il vantaggio principale di queste organizzazioni è che, spesso, vengono costituite dagli enti locali come risposta ad esigenze specifiche. In queste circostanze, le organizzazioni possono affiancare efficacemente le agenzie governative nelle zone in cui la carenza di alloggi sociali è particolarmente preoccupante. E’ il caso dei Paesi in cui il settore del social housing è scarsamente sviluppato e non è in grado di attirare capitali privati. Il settore delle organizzazioni senza scopo di lucro, con funzione di promotore, proprietario o gestore di alloggi sociali è comune nei Paesi dell’Europa occidentale. In Inghilterra, il settore è stato il veicolo principale attraverso cui i nuovi alloggi sociali si sono sviluppati negli ultimi vent’anni. Il settore del social housing è cresciuto notevolmente con il trasferimento della proprietà degli alloggi sociali dalle autorità locali alle nuove associazioni, che hanno assunto importanti responsabilità con riferimento allo sviluppo, alla proprietà e alla gestione della larga maggioranza di alloggi sociali. In Austria, Francia, Olanda e Svizzera, tali organizzazioni detengono la quota più importante di alloggi sociali e, tra l’altro, in Francia e Olanda possiedono la quota più elevata di alloggi sociali in rapporto allo stock di tutta l’Unione Europea. 5.3.2 Le cooperative In alcuni Paesi europei esiste la proprietà collettiva o il controllo sugli alloggi sociali da parte dei residenti, anche se la definizione di questi aspetti dipende dalle condizioni storiche e politiche che ne hanno permesso lo sviluppo. La nascita delle cooperative ha consentito alle famiglie di assumere la proprietà collettiva e di partecipare alla gestione delle case. Lo Stato sostiene queste organizzazioni nel momento in cui dimostrano di avere le risorse e le capacità di affrontare i rischi derivanti dal possesso e dalla gestione di un certo numero di alloggi. Tra i Paesi dell’Europa occidentale, l’Inghilterra e la Scozia hanno una tradizione relativamente consolidata nella cooperazione, nell’ambito della quale le famiglie sono collettivamente responsabili della proprietà e della gestione dell’immobile. In Danimarca e Svezia, invece, le cooperative sono nate con lo scopo primario di rafforzare la capacità contrattuale delle famiglie. Per quanto riguarda i Paesi dell’Europa orientale, come Polonia e Repubblica Ceca, in alcuni casi la vendita degli immobili statali alle cooperative o alle famiglie ha rappresentato uno dei modi per realizzare il processo di privatizzazione.
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5.3.3 Le famiglie Il ruolo delle famiglie si limita solitamente all’occupazione degli alloggi sociali, anche se svolgono il ruolo di proprietari e gestori attraverso la partecipazione alle cooperative. Nei Paesi in cui il settore del social housing è limitato, lo Stato deve selezionare con attenzione le famiglie beneficiarie della nuova offerta di edilizia sociale al fine di assicurare accesso equo e non discriminatorio.
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6. Il quadro legislativo Il diritto alla casa è definito e tutelato in modo diverso nei vari Paesi europei. Alcune nazioni, come Francia, Finlandia, Polonia, Portogallo e Spagna, lo contemplano nella propria Costituzione, in qualche caso a favore di tutti gli abitanti, come in Portogallo, in altri casi a favore solo dei propri cittadini, come in Spagna. Tutti i Paesi europei hanno adottato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e degli aspetti internazionali dei diritti economici, sociali e culturali, che include il diritto alla casa (art. 16-25). Gli impegni che definiscono il social housing possono essere previsti per un breve o lungo periodo o in modo illimitato; possono essere imposti dalla legge o previsti da un contratto. Inoltre, la maggior parte dei Paesi ha promulgato leggi specifiche sulla casa, con particolare riferimento ai seguenti aspetti: • finanziamento (sussidi, agevolazioni fiscali, prestiti, programmi speciali) • accesso agli alloggi sociali • ipoteche • risparmio • aspetti procedurali ed amministrativi • locazione • problematiche relative ai senzatetto • condomini e cooperative • progettazione, costruzione, rinnovamento urbano • accordi contrattuali per le partnership pubblico-private. In alcuni casi si tratta di leggi federali o regionali, in altri casi la legislazione è a livello nazionale e locale. Tutte le normative sulla casa indicano i gruppi sociali che possono beneficiare delle politiche di social housing: alcune utilizzano termini generici come “l’intera popolazione”, “tutti”, “tutti i cittadini”, altre restringono l’interesse a gruppi specifici, come donne in gravidanza, famiglie con bambini, anziani, disabili, senzatetto. Per motivi finanziari, la tendenza è di restringere sempre di più i gruppi di riferimento. Inoltre, le leggi sulla casa assegnano la responsabilità del comparto del social housing agli enti pubblici e privati. Ultimamente, i governi centrali tendono a trasferire le competenze in tema di alloggi sociali alle autorità locali, fatta eccezione per i sistemi federali, come Austria e Germania. Nonostante la tendenza verso la decentralizzazione, resta fondamentale una chiara condivisione degli obiettivi e delle competenze tra livello locale e centrale. Il governo centrale delinea le direttive, mentre le autorità le attuano ed adattano
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alle esigenze locali. La divisione delle competenze deve essere accompagnata da una corretta assegnazione delle risorse provenienti dai bilanci statale, regionale e locale. Man mano che le competenze ed il finanziamento pubblico si riducono, la collaborazione tra privati è sempre più basata su accordi contrattuali e sulla costituzione di società miste. Attualmente, le società edilizie gestiscono l’intero processo, dal progetto, alla costruzione alla manutenzione dello stock sociale e stipulano un accordo contrattuale con l’ente pubblico per quanto riguarda l’individuazione delle famiglie in stato di difficoltà, i servizi a sostegno degli inquilini con problemi finanziari, sociali o di salute. La privatizzazione nei Paesi in fase di transizione ha comportato il trasferimento della proprietà degli alloggi soprattutto nei confronti degli affittuari o il trasferimento degli immobili di proprietà statale ai comuni, mentre nell’Europa occidentale la privatizzazione ha permesso la vendita di una larga parte dello stock pubblico ai privati (singoli o società). Entrambe le forme di privatizzazione riducono l’influenza degli organismi pubblici e, a lungo termine, potrebbero comportare un calo delle dimensioni del social housing, a fronte di un aumento della domanda di alloggi sociali da parte delle fasce deboli della popolazione.
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7. Il quadro finanziario In considerazione dei numerosi modelli di social housing, anche gli aspetti finanziari sono diversificati e variano da un approccio di bilancio centralizzato a soluzioni finanziarie private. Come qualunque investimento a lungo termine che comporti un sostegno pubblico, il finanziamento del social housing è un mix di prestiti e obbligazioni, sovvenzioni e fondi propri, che possono essere combinati nei modi più diversi. Le sovvenzioni, ad esempio, possono essere costituite da un sostegno diretto dal bilancio nazionale o locale, essere garantite attraverso un’agevolazione fiscale o essere legate ad un prestito a lungo termine. Nella maggior parte dei Paesi si è discusso sulla qualificazione degli aspetti finanziari del social housing, per decidere se essi debbano fare parte del sistema finanziario nazionale o se debbano rappresentare un aspetto separato. Mentre la maggior parte dei Paesi dell’Europa occidentale ha integrato il finanziamento della casa nell’ambito dei mercati finanziari, il social housing è spesso il solo settore che rimane fuori dal mercato. La sfida per una politica di social housing consiste nel trovare la migliore combinazione possibile tra fondi pubblici e privati, dato che le soluzioni estreme non hanno portato risultati positivi. Dal punto di vista finanziario, le condizioni di successo di una politica abitativa sono la definizione coerente dei gruppi che hanno diritto all’assegnazione di un alloggio sociale e l’attenta valutazione dei seguenti aspetti: 1. definizione dei canoni degli alloggi sociali 2. efficienza dei sistemi di finanziamento dell’investimento 3. efficacia del sistema di sovvenzioni 7.1 Definizione del canone di locazione La definizione del canone è un elemento chiave, dal momento che le scelte in questo campo influenzano pesantemente gli altri aspetti. Affinché il bilancio dell’operazione sia in equilibrio, è necessario che canoni bassi siano compensati da sovvenzioni operative più elevate, maggiori fondi propri e/o tassi di interesse molto bassi. Il contenimento dei canoni è il sistema maggiormente utilizzato nei Paesi dell’Europa orientale, che prende il nome di “canone di equilibrio” mentre in occidente, i canoni vengono calcolati secondo il costo complessivo dell’operazione e si parla di “canone commisurato ai costi”, che è lordo prima dei sussidi, mentre è netto se comprende l’impatto delle sovvenzioni. Se l’investimento è realizzato da società senza scopo di lucro, l’obiettivo è l’equilibrio di bilancio, mentre negli altri casi è il raggiungimento di un profitto adeguato.
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Quindi, per rendere accessibili gli alloggi sociali alle fasce di popolazione a basso reddito è necessario colmare la differenza tra il canone che si può pagare (solitamente si aggira intorno al 30 per cento del reddito netto), ed il canone ordinario che dovrebbe essere pagato per un alloggio analogo. A questo scopo possono essere utilizzati due strumenti, separatamente o in combinazione tra loro: • sovvenzioni dirette, che consistono in un contributo finanziario destinato alla famiglia al fine di integrare il canone di locazione • sovvenzioni indirette, che sono rappresentate da una combinazione di sovvenzioni alla produzione e all’investimento che permettono al proprietario di offrire un determinato alloggio ad un canone inferiore. Spesso queste sovvenzioni prendono il nome di “sovvenzioni tradizionali” o “sovvenzioni dalla parte dell’offerta”. Naturalmente, un perfetto equilibrio tra canone ordinario e canone accessibile è quasi impossibile da raggiungere. L’obiettivo della politica abitativa deve essere quello di far sì che i due valori siano il più possibile vicini per il numero maggiore possibile di affittuari. Il sistema delle sovvenzioni dirette e indirette viene utilizzato in Paesi come Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Olanda e Svezia. Invece, Germania. Belgio, Lussemburgo e Portogallo stabiliscono il canone a seconda del reddito degli affittuari, cioè prima calcolano il canone ordinario e poi lo aggiustano in base al reddito degli affittuari. I canoni vengono decisi dalle autorità locali e dalle associazioni edilizie nel Regno Unito e in Irlanda. 7.2 Finanziamento dei nuovi investimenti Per nuovo investimento nel settore del social housing si intende sia la realizzazione di nuovi immobili che l’acquisto di immobili esistenti, frequente soprattutto nelle grandi aree urbane, dove la disponibilità di terreni è scarsa ed il perseguimento degli obiettivi sociali è particolarmente urgente. In passato, gli investimenti venivano finanziati quasi esclusivamente con fondi statali, mentre negli ultimi quindici anni la tendenza della maggior parte dei casi è di ridurre questo impegno finanziario e di trasferire la responsabilità al settore privato. Tale passaggio è stato reso possibile, nei Paesi occidentali, dallo sviluppo del settore finanziario. La stabilità macroeconomica necessaria per entrare nell’area euro e il calo dei tassi di interesse, a partire dall’introduzione della moneta unica, hanno incoraggiato i proprietari a rivolgersi ai finanziamenti di mercato. La Francia e l’Austria sono gli unici Paesi dell’Unione Europea che utilizzano ancora una sovvenzione statale per finanziare il comparto sociale.
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L’Austria ha un sistema misto di prestiti statali a basso tasso di interesse; la Germania utilizza le banche pubbliche, ma solo in parte e come soggetti secondari. Al di fuori dell’Unione Europea, la Banca di Stato per l’Edilizia Norvegese offre prestiti a tutto il settore immobiliare residenziale e i prestiti sono finanziati dal Ministero del Tesoro. Invece, in alcune economie in fase di transizione, i governi hanno offerto prestiti attraverso la costituzione di fondi pubblici finalizzati allo sviluppo di immobili sociali, come il Fondo Edilizio della Slovenia, creato nel 1991, il Fondo Statale per lo Sviluppo Edilizio della Slovacchia, creato nel 1996 e il Fondo Edilizio Nazionale, nato in Polonia nel 1995. I prestiti al settore sociale da parte di operatori privati, banche commerciali o istituti specializzati, pongono una serie di problemi in perchè hanno caratteristiche particolari: innanzitutto sono a lungo termine, con una durata che supera spesso i trent’anni, il che rende difficile raccogliere fondi. In alcuni Paesi, poi, il prestito è elevato rispetto al valore dell’immobile e questo comporta un aumento del rischio. D’altra parte, una quota del canone è solitamente pagata dallo Stato attraverso contributi che, al contrario, riducono il rischio per chi presta denaro. Inoltre, a differenza degli investitori individuali, il rischio è suddiviso su un certo numero di immobili. Un sistema di finanziamento privato del social housing particolarmente efficiente è quello francese, da parte della Cassa di Deposito. I depositi a breve termine vengono utilizzati per finanziare i prestiti con una durata fino a cinquant’anni, con un sistema di indicizzazione dei tassi di interesse che ne elimina il rischio. Inoltre, i depositi sono garantiti dallo Stato. Ci sono tre diversi modelli di finanziamento: 1) ipoteca o modello bancario. Il rischio del tasso di interesse passa sull’investitore attraverso l’emissione diretta di obbligazioni da parte del prestatore 2) modello del servizio di ipoteca secondaria. Un’agenzia separata offre la liquidità ai creditori ipotecari attraverso l’emissione di obbligazioni 3) modello del mercato ipotecario secondario. Oltre ad offrire liquidità, l’agenzia compra il patrimonio secondo standard specifici. Il patrimonio viene cartolarizzato. La tecnica è il modo privilegiato di finanziare i prestiti per la casa negli Stati Uniti, mentre nell’Europa occidentale ha avuto successo diverso, a seconda del Paese e del tipo di prestiti. 7.3 Il finanziamento delle opere di manutenzione e la ristrutturazione La manutenzione e la ristrutturazione degli immobili sociali rappresentano problemi cruciali nella maggior parte dei Paesi dal punto di vista finanziario,
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poiché gli affittuari spesso non sono in grado di partecipare, attraverso aumenti dei canoni, alle opere necessarie. Il problema è particolarmente grave nei Paesi dell’Europa orientale, dove la manutenzione è stata trascurata per decenni. Quando viene applicato il metodo del canone commisurato ai costi non ci dovrebbe essere bisogno di ulteriori finanziamenti per la manutenzione degli alloggi sociali, ma vi sono alcune eccezioni: • il calcolo iniziale non sempre corrisponde alla realtà nel corso del tempo, a causa dei cambiamenti nell’ambiente macroeconomico o nella politica locativa • un comportamento frequente degli utilizzatori di alloggi sociali è di non spendere denaro sufficiente per la manutenzione corrente, comportando l’esigenza di interventi di rinnovamento nel medio-lungo periodo • anche gli immobili che sono stati oggetto di interventi appropriati di manutenzione ordinaria, avranno bisogno di operazioni più radicali di rinnovamento dopo un certo numero di anni. Inoltre, gli immobili hanno bisogno di essere adattati ai nuovi standard, per esempio in termini di risparmio energetico e sicurezza. Sempre di più i proprietari devono affrontare problemi derivanti da una popolazione che invecchia e devono finanziare l’adattamento degli edifici e delle unità abitative per accogliere gli affittuari disabili. Il maggiore rinnovamento e la modernizzazione dello stock di social housing rappresentano una priorità, ma richiedono anche un enorme sforzo economico. Il finanziamento delle opere di rinnovamento può essere realizzato attraverso il ricorso al prestito, la cui durata dipende dalla durata del ciclo di manutenzione. Nella maggior parte dei Paesi sono in fase di elaborazione politiche ad hoc di rinnovamento urbano, che combinano interventi di demolizione e ristrutturazione. Queste politiche richiedono specifiche soluzioni finanziarie, che qualche volta includono forti sovvenzioni, come quelle previste dalla “legge per l’orientamento e la programmazione per la città” in Francia o altri modelli, come gli “schemi di risparmio contrattuale” nella Repubblica ceca. 7.4 Fondi propri Man mano che gli Stati riducono le proprie sovvenzioni, obbligano i proprietari ad aumentare l’autofinanziamento dei nuovi investimenti, anche perché nella maggior parte dei Paesi europei lo stock è ampio, se paragonato al flusso di nuovi investimenti, e non c’è la volontà politica di aumentare in modo significativo questi flussi. I proprietari nel settore del social housing solitamente hanno bassa liquidità, paragonata all’ammontare degli investimenti, ma coloro che hanno una quota
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significativa di immobili possono generare cash flow, purchè la liquidità non sia impegnata nelle ristrutturazioni. La liquidità può essere impiegata nel finanziamento dei nuovi investimenti o nella definizione di canoni più bassi con riferimento ai nuovi progetti. Un altro sistema per generare risorse è la vendita degli alloggi agli affittuari. Si tratta di un sistema valido quando la mobilità degli affittuari è bassa e il numero di vendite in un determinato programma è sufficiente a coprire il costo della costituzione e gestione di un condominio. I proprietari degli alloggi sociali sono spesso contrari a questa soluzione e le case individuali vengono vendute più facilmente rispetto agli appartamenti situati nei condomini, fatta eccezione per il fenomeno di privatizzazione di massa effettuato nei Paesi dell’Europa orientale. Per il resto, soltanto nel Regno Unito le vendite hanno raggiunto un livello elevato, anche se l’obiettivo principale del governo non è di raccogliere fondi per i nuovi investimenti, ma di incoraggiare la proprietà e di riorganizzare il settore sociale. Negli altri Paesi, la percentuale di alloggi che vengono venduti ogni anno, rispetto allo stock complessivo di alloggi sociali, varia dall’1 al 2 per cento in Irlanda, Olanda e Svezia, si aggira intorno allo 0,5 per cento in Germania ed è inferiore allo 0,2 per cento in Francia e Belgio e Italia. 7.5 Altri modi per generare risorse Ulteriori risorse possono essere generate attraverso la costituzione di appositi “fondi rotativi”, che sono in grado di concedere prestiti a basso interesse e a lungo termine a favore del social housing. Questi fondi esistono in Austria a livello regionale e in Francia a livello nazionale, e sono costituiti dal versamento di un’imposta pari all’uno per cento del totale degli stipendi annuali, da parte delle società private che impiegano almeno dieci persone. Le società hanno il diritto di riservare una quota prestabilita di alloggi ai propri dipendenti. Inoltre le istituzioni finanziarie internazionali, come la Banca Europea per gli Investimenti e la Banca di Sviluppo del Consiglio Europeo possono contribuire al finanziamento del social housing in quanto, tra gli altri obiettivi, contemplano quello di contribuire al “rafforzamento economico e alla coesione sociale”, alla “formazione del capitale umano”, e alla “preservazione dell’ambiente e miglioramento della qualità della vita”. Fino ad ora, la Banca Europea è stata interessata quasi esclusivamente nelle operazioni di rinnovamento urbano, ma è previsto un maggiore coinvolgimento nelle operazioni di social housing. Le altre forme di sostegno possibili sono: • garanzie dirette dal bilancio (Regno Unito) • sovvenzioni fiscali, come riduzione dell’aliquota Iva
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• • • • •
riduzione o esenzione dall’imposta sui redditi e sui profitti riduzione o esenzione dall’imposta sugli immobili prestiti pubblici a basso tasso di interesse (Austria, Norvegia) prestiti agevolati concessione dei terreni, gratuita o attraverso vendita o affitto a lungo termine a prezzi agevolati, per la realizzazione di progetti di social housing da parte dei comuni.
Tali sovvenzioni possono essere concesse una tantum o suddivise nel tempo. In questo caso, la durata del pagamento e l’ammontare possono essere variabili o fissati in anticipo. 7.6 Il sistema di sovvenzioni Le sovvenzioni tradizionali sono finalizzate a contenere i costi di costruzione o i costi operativi di un progetto. Si applicano due metodi: • sovvenzioni ex-ante. Per ogni progetto, il canone di equilibrio è calcolato sulla base delle sovvenzioni programmate. Se risulta essere più elevato del livello massimo permesso dalla legge, possono essere inseriti ulteriori fondi, ad esempio provenienti dalle autorità locali. Le sovvenzioni programmate possono essere dirette, come in Austria e nel Regno Unito, o una combinazione di sovvenzioni fiscali e dirette come in Francia. Possono anche includere le sovvenzioni di bilancio, come è avvenuto in Olanda tra il 1974 e il 1988 • sovvenzioni ex-post. Dopo aver garantito un primo gruppo di sovvenzioni, finalizzate a coprire almeno i costi di investimento, possono essere concesse ulteriori sovvenzioni quando si rendono necessarie. Il calcolo delle sovvenzioni ex-ante non include la garanzia di ulteriori sovvenzioni o specifiche per la ristrutturazione. In teoria, se i calcoli iniziali sono corretti, non saranno necessarie ulteriori contributi, ma bisogna tenere conto di aspetti quali tasso di sconto, deprezzamento dell’immobile, evoluzione dei canoni, vacancy, ecc. Una accurata stima di questi parametri, in un periodo di tempo che si estende su parecchi decenni, è difficile da raggiungere. Le caratteristiche e l’ammontare delle sovvenzioni tradizionali sono diversificate e dipendono dalla natura degli investitori e dei proprietari coinvolti, anche se la tendenza della maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea è il passaggio dalle sovvenzioni tradizionali a quelle personali. Gli Stati centrali o federali cercano di limitare l’ammontare delle sovvenzioni tradizionali attraverso la riduzione del numero dei nuovi progetti, la domanda di contributi maggiori dalle autorità locali
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(offerta di terreni, garanzie sui prestiti) e dai proprietari (fondi propri) e la ricerca di contributi aggiuntivi come fondi dei datori di lavoro (imposizione dell’uno per cento in Francia). 7.6.1 I prestiti Nella maggior parte dei Paesi sono disponibili varie forme di prestiti. Le differenze principali consistono nel tasso fisso o variabile da un lato, e nella restituzione indicizzata, costante e graduale dall’altro. I prestiti per il social housing devono tenere contro di due specifici aspetti: • i prestiti sono spesso a lungo termine • le risorse dei debitori consistono principalmente nei canoni di locazione, che sono più o meno indicizzati all’inflazione, ma sono soggetti all’intervento dello Stato. Il rischio maggiore è rappresentato dalla possibilità che si verifichino variazioni significative nei tassi di interesse e nell’inflazione. Spesso si utilizzano prestiti ipotecari a doppia indicizzazione, nei quali il capitale è rapportato ad un indice, mentre il tasso di interesse ad un altro. Nel caso in cui l’ammontare dei canoni sia legato allo stesso indice del prestito, il debitore è in grado di perseguire un equilibrio tra la variazione delle sue risorse principali (i canoni) e quella di una parte importante dei suoi costi. 7.6.2 Le obbligazioni ipotecarie La maggior parte dei Paesi avanzati ha utilizzato spesso il sistema delle obbligazioni ipotecarie per incrementare la liquidità degli investitori e per ridurre l’esposizione al rischio. Attualmente, le obbligazioni ipotecarie sono previste nella legislazione di 19 Paesi europei. Le obbligazioni ipotecarie tutelano l’obbligazionista contro un eventuale errore dell’istituto di credito che le emette. Altri Paesi, come Regno Unito, Finlandia e Svezia, utilizzano il sistema della “vendita di titoli garantiti da ipoteca”, che consiste nella vendita delle ipoteche stesse, al posto di obbligazioni garantite dalle ipoteche. 7.6.3 Le sovvenzioni alle famiglie Rispetto ad altre forme di sostegno, le sovvenzioni dirette alle famiglie permettono di rispettare efficacemente i criteri di assegnazione, in quanto sono
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legate al reddito e alle altre caratteristiche dei beneficiari e sono flessibili, perché possono variare in base ai cambiamenti della situazione economica e sociale della famiglia. Le sovvenzioni personali presentano anche alcuni aspetti negativi: • sono pericolose nel caso di crisi economica, che accresce il numero dei beneficiari e l’ammontare del sussidio medio. I tentativi di ridurre il programma di assegnazione hanno come risultato di rendere insolventi gli affittuari a basso reddito • possono avere un effetto di “trappola della povertà”, quando compensano troppo generosamente il calo del reddito di una famiglia a causa della disoccupazione • possono creare pressione sui canoni di locazione quando vengono usate nel settore privato, allo stesso modo in cui gli incentivi agli investitori possono influenzare i prezzi delle case. Questo, però, non si può verificare quando i canoni sono soggetti ad un controllo severo e quando le famiglie beneficiarie rappresentano una piccola percentuale della domanda • sono difficili da amministrare, in quanto richiedono informazioni accurate e dettagliate sul reddito e sulla composizione delle famiglie • hanno un impatto limitato sulla quantità e qualità della costruzione delle case per famiglie a reddito moderato; sono collegate strettamente al livello di reddito, non alle esigenze abitative prioritarie. Il contributo offerto alle famiglie può assumere varie forme. La più semplice è rappresentata da un “voucher”: si tratta di un contributo standard, indipendente dal canone, da usarsi in determinate condizioni, a discrezione dell’affittuario. Forme più elaborate hanno lo scopo di mantenere il rapporto canone/reddito al di sotto di un livello massimo, più o meno esplicitamente. In Austria, Francia, Germania e Russia, l’ammontare del contributo si basa direttamente sul calcolo delle spese che devono essere pagate dal proprietario e l’ammontare della sovvenzione è uguale alla differenza tra la spesa, che comprende il canone più servizi, e la partecipazione del proprietario. Nel Regno Unito, il contributo è uguale al canone per le famiglie che dispongono di un reddito molto basso, mentre per coloro che hanno un reddito maggiore, il contributo è ridotto di 65 sterline ogni 100. In Olanda, il contributo è garantito solo se il canone non supera un determinato livello; le famiglie sono pertanto incoraggiate ad adattare il consumo abitativo alle proprie capacità economiche. D’altra parte, l’Olanda è il Paese europeo con la quota maggiore di debiti ipotecari rispetto al prodotto interno lordo . Alcuni Paesi, come il Regno Unito, tendono a concedere contributi elevati alle famiglie, mentre altri, come la Francia, attribuiscono maggiore importanza alla quantità di famiglie sovvenzionate. Infatti, nel Regno Unito si calcola un
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contributo medio per abitante di 348 euro, contro i 235 della Francia e una media di 50 euro per l’Unione Europea. D’altra parte, in Francia, quasi il 25 per cento degli affittuari riceve il contributo, contro il 15,5 per cento del Regno Unito e l’8,2 per cento dell’Unione Europea.
8. Il ruolo del social housing nella coesione sociale Non c’è una definizione univoca di coesione sociale, anche se il termine viene spesso utilizzato da organismi internazionali come l’Oecd, il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea. Spesso i concetti di coesione ed inclusione sociale vengono usati nello stesso modo. In realtà, la coesione sociale è un concetto riferito alla società nel suo complesso, mentre l’inclusione sociale è una situazione che si riferisce più direttamente all’individuo. Infatti, il diritto all’inclusione sociale fa parte della normativa sui diritti umani (art 30 della Carta Sociale emanata dal Consiglio europeo), mentre non è previsto alcun diritto alla coesione sociale. A livello internazionale, dunque, si intende per coesione sociale il processo finalizzato a sviluppare una comunità in grado di condividere valori e sfide e offrire pari opportunità alla popolazione. Alla base della coesione sociale vi sono i concetti di appartenenza, inclusione, partecipazione, riconoscimento e legittimazione: • appartenenza. Una società unita è quella in cui i cittadini condividono gli stessi valori e si sentono parte di una comunità, mentre i soggetti emarginati rappresentano un grave pericolo per una comunità coesa. L’accesso alla casa è una condizione indispensabile per il perseguimento della coesione sociale e non può esistere una comunità coesa se esiste un certo numero di senzatetto. L’obiettivo del social housing dovrebbe essere proprio quello di fornire una casa a chi non ce l’ha e, dunque, è emarginato dalla comunità. • inclusione. E’ forse l’aspetto più importante della coesione sociale, in quanto introduce il tema dell’uguaglianza in tutti i settori, sociale, economico e culturale. Il perseguimento dell’uguaglianza è sempre più problematico perché le forze di mercato dominano la maggior parte di questi comparti e i gruppi deboli sono le prime vittime della privatizzazione e dei cambiamenti intervenuti nel settore immobiliare residenziale. L’inclusione sociale si riferisce all’individuo e non alla società e qualche volta può essere in conflitto con la coesione sociale, dove le esigenze della società sono più importanti rispetto a quelle individuali. L’accesso alla casa è un fattore chiave dell’inclusione sociale in quanto è evidente che le famiglie che vivono in condizioni inadeguate o poco sicure non hanno le stesse opportunità degli altri cittadini.
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• partecipazione. La coesione sociale richiede coinvolgimento attivo e partecipazione da parte di tutta la popolazione. Il settore di volontariato gioca un ruolo importante nell’incremento della partecipazione. Anche il contesto istituzionale, soprattutto a livello locale, è idoneo a promuovere la partecipazione. • riconoscimento. La società moderna è basata sulle differenze e sul pluralismo e una società è coesa se è in grado di gestire tali differenze in modo idoneo a promuovere il pluralismo. Nelle società coese le istituzioni pubbliche e private dovrebbero contribuire a riconoscere le differenze, mentre gli attori del social housing hanno un ruolo importante ma a livello di comunità locale. • legittimazione. La coesione sociale riguarda anche la legittimazione delle istituzioni che rappresentano i cittadini. Il ruolo del social housing è limitato con riferimento a questo aspetto, in quanto si ritiene che le organizzazioni di social housing non possano essere intermediari tra gli affittuari sociali e le autorità pubbliche. Infatti, in parecchi Paesi, gli affittuari sociali si sono organizzati in modo autonomo. Il ruolo del social housing nella coesione sociale è stato ampiamente riconosciuto nelle leggi nazionali ed internazionali e nelle decisioni politiche. Inoltre è un elemento chiave di ciò che è definito “modello sociale europeo”, finalizzato a mantenere una società prospera e unita. L’alloggio rappresenta uno dei parametri più importanti per misurare il benessere individuale, ma c’è una diffusa percezione della crisi della coesione sociale in ampie parti del mondo sviluppato. A partire dagli anni ottanta, l’Europa ha visto una crescente liberalizzazione del mercato e la privatizzazione dell’offerta di alloggi, che hanno comportato un nuovo ruolo e nuove sfide per il social housing. Nello stesso tempo, il mercato non provvede alle esigenze sociali dei gruppi vulnerabili. I governi devono tenere in considerazione i seguenti aspetti per migliorare la coesione sociale: • il social housing deve essere integrato con una serie più ampia di politiche pubbliche, come occupazione, trasporti, progettazione urbana, sanità ed educazione. Per esempio, gli alloggi in affitto sociale dovrebbero essere collegati ad aree con opportunità di occupazione e formazione, al fine di agevolare l’integrazione delle famiglie a basso reddito nel mercato del lavoro • le politiche sull’uso del terreno dovrebbero essere coordinate con quelle edilizie, al fine di assicurare che sufficienti porzioni di terreno siano disponibili per la costruzione di alloggi adeguati nelle aree in grado di offrire opportunità di lavoro e di formazione alle famiglie a basso reddito
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• al fine di prevenire l’emarginazione e la segregazione, il settore sociale deve possedere uno stock differenziato, in grado di soddisfare le esigenze delle diverse tipologie di residenti. Le politiche idonee a tale scopo sono, per esempio, i progetti integrati, finalizzati alla prevenzione dei crimini, a incoraggiare l’occupazione locale, a offrire case e asili, a creare ambienti con diversi titoli di possesso dell’alloggio (affitto, proprietà, proprietà sovvenzionata) con fasce diversificate di canoni e prezzi ma senza differenze fisiche evidenti e dare accesso agli alloggi sociali a tutti e non solo alle famiglie svantaggiate • per delineare le politiche migliori finalizzate ad evitare la formazione di ghetti, dovrebbero essere condotte ricerche finalizzate a identificare le condizioni e le caratteristiche del mix sociale ideale • le politiche abitative dovrebbero analizzare le esigenze ed i desideri delle famiglie che cercano una casa, garantendo maggiore flessibilità e mobilità per quelle meno benestanti • l’offerta di social housing per le persone con esigenze speciali, come disabili ed anziani, dovrebbe evitarne la ghettizzazione, integrando le case nell’ambito di progetti caratterizzati da un buon mix sociale, con riferimento a età e dimensioni delle famiglie • il miglioramento delle politiche abitative dovrebbe permettere la partecipazione dei residenti attraverso il miglioramento delle condizioni di vita, la creazione di opportunità di occupazione sociale per i giovani • dovrebbero essere studiati politiche e programmi incentrati sull’efficienza energetica, riducendo le bollette per le famiglie a basso reddito e migliorando le condizioni di vita e di salute.
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9. Il ruolo del social housing nella progettazione edilizia Quando si parla di qualità degli alloggi sociali ci si riferisce sia alla progettazione spaziale che al design architettonico. La costruzione deve essere vista nell’ambito del contesto di una strategia urbanistica che coinvolge tutta la città. Paesi che hanno una tradizione lunga e costante di politiche edilizie uilizzano il social housing per garantire la coesione sociale, attraverso l’inclusione spaziale in ampie aree urbane. L’architettura gioca un ruolo importante nella creazione di aree urbane efficienti, che solitamente vengono realizzate attraverso la collaborazione di un certo numero di promotori e/o architetti. Lo standard degli alloggi sociali riflette sempre la situazione edilizia nazionale ma alcuni aspetti fondamentali devono essere tenuti in considerazione. Qualità e standard • il social housing deve essere sviluppato nell’ambito della pianificazione urbanistica di un’intera città, al fine di prevenire la creazione di aree urbane monofunzionali. Strumenti appropriati dovrebbero essere sviluppati per sostenere la proprietà pubblica • devono essere incoraggiate le differenze architettoniche, attraverso il ricorso a diversi promotori e architetti nell’ambito di vaste aree residenziali • il social housing deve rafforzare la coesione sociale in intere aree urbane. Gli alloggi sociali devono essere affiancati da altre tipologie di alloggi o, addirittura, inseriti nell’ambito dello stesso progetto • lo standard degli alloggi sociali non deve essere inferiore allo standard medio delle abitazioni presenti nel Paese, al fine di evitare la segregazione sociale • i progetti devono essere collegati da aree comuni, al fine di agevolare i rapporti sociali nell’ambito di un’area urbana • l’identificazione e il controllo sociale da parte dei residenti devono essere facilitati da una appropriata pianificazione, al fine di aumentare il sentimento di sicurezza e diminuire i costi di manutenzione • il social housing deve essere usato come mezzo di integrazione degli immigrati, ma deve anche rispettare le differenze culturali e i diversi modi di vita. Questo può essere perseguito, ad esempio, attraverso progetti flessibili e aree di comunicazione prive di barriere • la struttura degli immobili deve facilitare il telelavoro, e devono essere studiate misure tecniche per garantire ai gruppi vulnerabili migliore accesso alle informazioni
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Salute • gli aspetti legati alla salute devono essere tenuti in considerazione in tutte le fasi della costruzione. Ci si riferisce a fattori quali ventilazione delle stanze, protezione dai rumori, sicurezza strutturale e misure antincendio, presenza di sufficienti aree verdi e spazi aperti, la cui qualità è strettamente collegata alla gestione complessiva degli immobili. • i residenti che abitano in una situazione carente dal punto di vista sanitario, dovrebbero avere priorità per l’assegnazione di un alloggio sociale • dovrebbero essere studiate nuove soluzioni abitative a favore del crescente numero di anziani, che includano l’offerta di cura e assistenza quotidiana Ecologia • il social housing deve essere guardato come modello per lo sviluppo di immobili ecologici e ad alto risparmio energetico, anche perché il comparto è strettamente connesso con la normativa pubblica. Pertanto, in tutta Europa, sono in fase di studio numerosi progetti pilota, finalizzati all’ottimizzazione ecologica della costruzione e della manutenzione. • il consumo di energia deve essere ridotto dall’utilizzo di appropriate tecniche costruttive, dalla progettazione di edifici compatti e da sufficienti informazioni a tutte le organizzazioni. Per quanto possibile, l’energia deve derivare da fonti rinnovabili • gli alloggi devono essere caratterizzati dal principio dell’ottimizzazione ecologica, e i consumatori devono avere informazioni chiare sulle caratteristiche ecologiche e il consumo di energia. Competizione tra promotori • le strutture monopolistiche nello sviluppo di social housing devono essere sostituite da nuove forme di concorrenza. L’introduzione di elementi di mercato negli sviluppi sociali deve perciò promuovere la concorrenza tra promotori, con procedure obbligatorie concorrenziali • la normativa pubblica dovrebbe perseguire una maggiore flessibilità, al fine di raggiungere soluzioni innovative e così da ridurre i costi di costruzione
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• è fondamentale stabilire chiaramente il ruolo e le responsabilità dei promotori e dei costruttori.
10. Il ruolo dell'Unione Europea nell’ambito del social housing L'Unione Europea non è competente a legiferare in materia di social housing e non può finanziarne i progetti, neppure se la politica è formulata da uno Stato membro o da un livello governativo inferiore. Ciononostante, i programmi comunitari riconoscono l'importanza dell'edilizia sociale e l’Unione Europea non svolge alcun ruolo in tale materia soltanto se tale ruolo viene interpretato in maniera restrittiva, ovvero come facoltà di finanziare direttamente gli investimenti di edilizia sociale. Man mano che le politiche di social housing sono collegate ad altre strategie, come il recupero urbano, queste diventano maggiormente compatibili con i programmi comunitari. I fondi europei destinati a sostenere il settore sociale sono in crescita, ed attualmente rappresentano circa un terzo del bilancio comunitario. I più importanti sono il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e il Fondo Sociale Europeo, che hanno quattro tipi di progetti: progetti privi di un esplicito coinvolgimento nell’edilizia, ma orientati verso aree caratterizzate dalla carenza di alloggi progetti in cui le organizzazioni di social housing hanno diversificato il proprio lavoro, svolgendo attività idonee ad ottenere finanziamenti comunitari progetti i cui obiettivi non hanno a che vedere con l'edilizia abitativa ma dove i finanziamenti "filtrano" verso questo settore progetti in cui i fondi europei vengono utilizzati per incentivare finanziamenti supplementari a favore degli investimenti nell'edilizia abitativa. A partire dal 1999, l’Unione Europea porta avanti ulteriori progetti, tra cui: il programma relativo a tecnologie energetiche pulite ed efficienti (Ceet), che comprende il programma Thermie II, è destinato a sostenere soluzioni abitative caratterizzate da un uso efficiente dell'energia e ha una dotazione di un miliardo di euro per il periodo 1995-1999 il programma Elios II, destinato ad assistere i disabili mediante la riabilitazione, l'istruzione e la formazione, che dispone di una dotazione triennale di 37 milioni di euro i programmi Tide (iniziativa comunitaria nel campo della tecnologia a favore delle persone disabili e degli anziani), destinati a promuovere l'offerta di nuove tecnologie nel campo della formazione e della
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prestazione di servizi e dell'assistenza, e che presentano un'evidente rilevanza per i fornitori di alloggi destinati a gruppi con esigenze specifiche. Gli obiettivi dell’Unione Europea per il prossimo futuro sono:
fornire un punto di riferimento unico per la raccolta delle relazioni e delle statistiche nazionali concernenti l'edilizia abitativa in generale fornire un punto di riferimento unico per l'accesso alle revisioni dei conti a alle valutazioni dei progetti finanziati dall'Unione Europea incoraggiare i governi nazionali ad elaborare e a distribuire ai “fornitori” di alloggi una rassegna dei progetti comunitari connessi all'edilizia abitativa, corredata da orientamenti espliciti su come accedere a tali programmi elaborare una serie di progetti e divulgarli attraverso gli strumenti audiovisivi e Internet elaborare e pubblicizzare un sistema di premi da conferire a progetti "integrati" particolarmente rilevanti promuovere l'istituzione di un forum tra le principali organizzazioni di social housing, allo scopo di discutere gli sviluppi in materia di edilizia abitativa in Europa favorire lo sviluppo di reti di fornitori di servizi e professionisti, interessati a progetti integrati; un inizio potrebbe consistere nel chiedere a tutti i partecipanti ad iniziative comunitarie di successo di aderire a tali reti. Gli organismi professionali dovrebbero essere incoraggiati a scambiare risorse umane e informazioni.
L’Unione Europea incoraggerà gli Stati membri a rafforzare il processo di reciproca comprensione nei modi seguenti:
elaborando una relazione annuale, con statistiche e linee strategiche elaborando una revisione dei conti delle iniziative concernenti l'edilizia abitativa finanziate dall'Unione Europea nei rispettivi paesi, corredata da raccomandazioni in merito alla rilevanza dei programmi, alle procedure e ai contatti favorendo la scelta di progetti finanziati a livello comunitario
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11. Le dimensioni del social housing nell’Unione Europea Attualmente, lo stock residenziale dell’Unione Europea è composto da oltre 214 milioni di alloggi, che corrispondono a 443 alloggi ogni mille abitanti e ad una media di 2,3 persone per alloggio, anche se la maggior parte delle unità è abitata da un numero maggiore di persone, dal momento che le cifre comprendono la quota di alloggi vuoti e di seconde case, che restano vuote per la maggior parte dell’anno. Con riferimento al regime di possesso, lo stock è composto per il 63 per cento da alloggi di proprietà, per il 20 per cento in regime di affitto privato, per il 16 per cento in regime di affitto sociale, mentre il restante 1 per cento degli alloggi è occupato ad altro titolo. Nell’ambito dell’Unione Europea, il social housing è composto da oltre 34 milioni di alloggi, concentrati soprattutto nelle grandi città europee, dove il mercato residenziale è caratterizzato da prezzi elevatissimi. In molti stati membri, il comparto è ritenuto prioritario dai governi e, soprattutto, dalle autorità locali. Poiché non c’è una definizione comune di edilizia sociale nella legge comunitaria, in considerazione dell’ampia gamma di nozioni e definizioni adottate negli Stati membri, l’Unione Europea definisce come social housing il settore residenziale che implichi specifichi doveri di interesse pubblico, con riferimento a condizioni di accesso, occupazione effettiva e prezzo. Nell’Unione Europea sono operative circa 23 mila organizzazioni, escluse le agenzie delle autorità locali, che si presentano nelle più diverse forme: • le organizzazioni assumono diverse forme giuridiche (associazioni, fondazioni, cooperative, corporazioni pubbliche, società a responsabilità limitata pubbliche, private o miste) • organizzazioni appositamente create senza scopo di lucro • organizzazioni regionali o locali • organizzazioni autorizzate e controllate dal governo, che possono svolgere un ruolo che va al di là dei limiti legislativi. Hanno un oggetto sociale limitato e una ristretta giurisdizione territoriale • organizzazioni private Nel loro complesso, le organizzazioni di social housing gestiscono circa 16,2 milioni di alloggi, sotto le direttive provenienti dall’autorità pubblica o nazionale, regionale, provinciale o locale. E’ ammessa anche la rappresentanza dei residenti nell’ambito di comitati appositi, che vengono coinvolti nei progetti di riqualificazione urbana. Altri 18 milioni di alloggi vengono gestiti dal settore pubblico.
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Le autorità pubbliche dell’Unione Europea offrono alloggi utilizzando quattro modalità operative: • mettere a disposizione gli alloggi sociali direttamente • conferire l’incarico ad operatori esterni, i quali operano esclusivamente nel territorio che appartiene alla loro autorità di riferimento • conferire l’incarico ad operatori indipendenti, appositamente costituiti come organizzazioni senza scopo di lucro, sulla base di un accordo contrattuale • conferire l’incarico ad operatori di mercato, persone fisiche o giuridiche non costituite specificamente, sulla base di un contratto temporaneo. Queste modalità operative non sono esclusive e possono coesistere nell’ambito di uno stesso Stato membro. Le organizzazioni di social housing, invece, sono autorizzate dall’autorità pubblica e da essa vengono controllate. Le organizzazioni presentano i seguenti requisiti: • espletano l’incarico conferito in via esclusiva in un determinato territorio • non sono autorizzate a lavorare in un altro Stato membro, né ad esercitare un’attività competitiva attraverso un’altra società o sussidiaria • sono tenute a sottoscrivere un fondo di garanzia per tutelare i beneficiari del servizio e garantire la continuità del servizio stesso. • gli eventuali profitti devono essere reinvestiti per fornire ulteriori servizi e per migliorarne la qualità • hanno una forma giuridica specifica (come associazione, cooperativa, società a responsabilità limitata con clausole che offrono esenzione dalla legge ordinaria) che permette la rappresentanza nell’ambito del consiglio di direzione. Le politiche di social housing, nell’ambito dell’Unione Europea, hanno quattro obiettivi fondamentali: • accessibilità dei canoni d'affitto. Il sistema di sovvenzioni ha lo scopo di rendere gli affitti accessibili, anche se in alcuni Paesi, soprattutto nell’Europa meridionale, la disponibilità di alloggi a canone sociale è estremamente limitata e insufficiente a soddisfare la domanda di alcuni gruppi di popolazione, quali giovani e immigrati. Inoltre, alcune famiglie hanno un reddito lievemente superiore a quello massimo stabilito dalla legge per poter ottenere assistenza, ma comunque inadeguato a procurarsi
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un alloggio sul mercato privato. Infine, in alcuni paesi, i proprietariresidenti ricevono scarso sostegno nel caso di perdita del lavoro e, nei casi in cui prevale l'applicazione di prestiti ipotecari a tasso variabile, i proprietari sono esposti a rapidi aumenti dei tassi ipotecari. • Miglioramento delle condizioni abitative. Lo standard e le dimensioni degli alloggi sociali sono ancora carenti, soprattutto nei Paesi dell’Europa meridionale. Gli alloggi di migliore qualità sono presenti in Lussemburgo, Olanda, Svezia e Regno Unito, mentre la quota maggiore di abitazioni vecchie si trova in Finlandia, Spagna e Italia. Nella maggior parte dell'Europa settentrionale e occidentale, il miglioramento del settore degli alloggi sociali, unitamente alla demolizione dei quartieri fatiscenti, ha fatto sì che il settore delle abitazioni risulti dotato di livelli di comfort analoghi a quelli che si riscontrano in altre forme di possesso. Nei Paesi mediterranei, lo standard degli alloggi in locazione è notevolmente inferiore a quello degli immobili occupati a titolo di proprietà. • Accesso. L'accesso alla proprietà è migliorato, soprattutto dove la deregolamentazione ha determinato una diminuzione dei tassi ipotecari, come Regno Unito, Finlandia e Spagna, anche se la generalizzata riduzione delle agevolazioni fiscali rappresenta un fattore negativo. L'accesso agli alloggi sociali si è ridotto negli anni ottanta, a causa dell'aumento della disoccupazione e del calo degli investimenti. Ciò ha determinato il fenomeno dell'"attesa" in alloggi temporanei di scarsa qualità, per periodi che in alcune nazioni vanno da due a quattro anni. In alcuni Paesi, negli anni ottanta sono stati attuati programmi speciali, che hanno agevolato l'accesso per i gruppi con esigenze specifiche, come gli anziani o i disabili.
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12. Definizione dei gruppi social tutelati dalle politiche di social housing nell’ambito dell’Unione Europea L’efficienza di una politica di social housing dipende anche dalla definizione dei gruppi di popolazioni ai quali è indirizzata, che non può prescindere dalla valutazione dei principali aspetti demografici, economici, sociali. Sebbene le categorie tutelate siano differenti nei diversi Paesi, in linea generale si possono considerare fasce deboli, e dunque, in linea di massima, interessate agli alloggi sociali, le seguenti categorie: Senzatetto. Si tratta della manifestazione più grave dell'emarginazione sociale. Si stima che nell’Unione Europea ci siano circa tre milioni di senzatetto, in larga maggioranza uomini di età compresa tra 30 e 39 anni, ma è in crescita la percentuale di donne e, soprattutto in Portogallo e in Grecia, anche di bambini. Solo nell’Europa meridionale, si calcolano circa 200 mila persone che vivono in baraccopoli, oltre 250 mila immigrati senzatetto e altre 200 mila persone che abitano in roulottes o tende. Queste cifre non includono le persone che vivono in condizioni inadeguate, ossia in casa di amici o parenti. Le cause dell'aumento dei senzatetto sono diverse, ma comprendono i fenomeni immigratori, l'aumento del numero di divorzi, la crescita della disoccupazione, soprattutto tra i giovani, l’inefficienza dei sistemi di sicurezza sociale, la dimissione dei pazienti dagli istituti psichiatrici, l’elevato numero di alcolisti e tossicodipendenti. I senzatetto non godono di alcun diritto giuridico ad un alloggio, fatta eccezione per la Francia e il Regno Unito dove, peraltro, recentemente si è assistito ad una limitazione di tali diritti. Famiglie a rischio povertà. Si tratta di famiglie il cui reddito è inferiore al 60 per cento del reddito medio nazionale. Nell’Unione Europa si calcola che circa il 22 per cento della popolazione attiva sia a rischio povertà, anche se la percentuale scende al 15 per cento se al reddito si aggiunge l’eventuale sostegno dell’assistenza sociale. La quota più elevata di famiglie povere si registra in Irlanda e Slovacchia, anche se i due dati non sono omogenei dal momento che il reddito medio sul quale ci si basa è sostanzialmente diverso Famiglie con un solo genitore. Nell’ambito dell’Unione Europea circa il 4 per cento delle famiglie è composta da un genitore a cui sono affidati uno o più figli minorenni. Nell’87,8 per cento tale genitore è la madre, con punte del 95 per cento in Estonia e Polonia Famiglie giovani o di grandi dimensioni con figli a carico. Le famiglie con tre figli rappresentano circa il 13 per cento delle famiglie totali.
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Disoccupati. La media dei disoccupati sulla popolazione attiva nell’ambito dell’Unione Europea è di quasi il 9 per cento, anche se le differenze sono notevoli nei diversi Paesi: si passa dal 3,9 per cento della Norvegia al 18,3 per cento della Polonia. Accanto ai disoccupati, la preoccupazione delle autorità si rivolge anche ai lavoratori che prestano la propria attività sulla base di contratti temporanei o part-time, che rappresentano rispettivamente il 13,4 e 17,6 per cento. I contratti part-time sono particolarmente diffusi nei Paesi del Nord, dove, però, non indicano una situazione di precarietà dei lavoratori, ma piuttosto una opportunità offerta alle famiglie. Pensionati ed anziani, soprattutto se vivono da soli. Nell’Unione Europea il 15,1 per cento della popolazione è composta da persone anziane, con punte di oltre il 18 per cento in Italia e di quasi il 17 per cento in Belgio. Si prevede che nel 2010 il 90 per cento delle persone di età compresa tra 65 e 79 anni e il 76 per cento degli ultraottantenni vivranno in casa propria, da soli o con il coniuge. Di questi una buona percentuale è a rischio povertà . Disabili. Rappresentano il 15,2 per cento della popolazione nell’Unione Europea, con particolare concentrazione in Estonia e Repubblica Ceca, mentre la percentuale minore si trova in Romania ed Italia. Immigrati, minoranze etniche, rifugiati e coloro che chiedono asilo politico. Il fenomeno delle immigrazioni ha assunto un peso significativo in Europa a partire dagli anni novanta. Se in passato, l’aumento della popolazione era dovuto quasi esclusivamente alla crescita del saldo naturale, negli ultimi 15 anni si è registrato un costante aumento delle immigrazioni, a fronte di una crescita naturale sempre più ridotta. Alla fine del 2005, il 5 per cento della popolazione dell’Unione Europea era composta da stranieri. Fatta eccezione per il Lussemburgo, dove il 37 per cento della popolazione è straniera in considerazione delle caratteristiche peculiari dello Stato, i Paesi che ospitano la percentuale più elevata di stranieri sono Estonia, con il 20 per cento, seguita da Germania e Austria, con il 9 per cento. Altre persone in situazioni disagiate. Si calcola che nell’Unione Europea circa 18 milioni di persone vivono in condizioni inadeguate.
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SECONDA PARTE
L
o sviluppo della situazione abitativa nei diversi Paesi è influenzato sia dalla politica abitativa dei singoli governi che da una serie di fattori esterni, come la situazione socio-economica, demografica, politica, amministrativa e legale. Questi fattori, unitamente alla politica edilizia, definiscono il ruolo, gli obiettivi e le caratteristiche del social housing. I Paesi europei presentano differenze sostanziali. In molte nazioni occidentali come Olanda, Austria, Svezia e Regno Unito, la quota di alloggi sociali è elevata, mentre nella maggior parte dei Paesi meridionali è molto più bassa, in quanto le politiche abitative si sono tradizionalmente concentrate sulla proprietà, mentre il comparto locativo, anche sociale, ha giocato un ruolo marginale. Il Paese che presenta lo stock di alloggi sociali più vasto è l’Olanda, dove rappresenta il 35 per cento dello stock di immobili residenziali, seguita dal 30 per cento della Germania dal 24 per cento dell’Austria, contro una media dell’Unione Europea pari al 16 per cento. Gli alloggi sociali rappresentano solo l’1 per cento dello stock complessivo in Spagna, mentre sono praticamente inesistenti in Grecia. Nei Paesi in transizione, il mercato locativo pubblico ha svolto un ruolo importante nel sistema socialista mentre, attualmente, una buona parte dello stock è stata privatizzata. Il comparto locativo pubblico è quasi scomparso e solo un ristretto numero di alloggi pubblici può essere adibito ad uso sociale. Il risultato di questo processo è che la percentuale di proprietari è vicina al 90 per cento, contro una media del 60-70 per cento nell’Europa occidentale e degli Stati Uniti. Esistono alcune eccezioni alla privatizzazione di massa, come la Repubblica ceca, la Polonia e la Russia. Lo stock abitativo non privatizzato è prevalentemente di proprietà comunale, ma il suo ruolo non è ancora chiaro, dal momento che è occupato soprattutto da vecchi affittuari che pagano canoni bassi. Nei Paesi in transizione, la drastica riduzione del sostegno statale per la costruzione di nuovi immobili ha causato un brusco freno alla produzione di case e gli investitori privati si concentrano sulla realizzazione di alloggi privati da destinare alle famiglie benestanti. La costruzione di alloggi sociali è molto bassa o non esiste. Tra i Paesi dell’Europa orientale quello più evoluto è la Polonia, dove gli alloggi sociali rappresentano il 26 per cento dello stock complessivo e si situa al terzo posto nell’ambito dell’Unione Europea. Il comparto è estremamente arretrato nella Repubblica ceca e in Bulgaria. Una politica nazionale efficiente deve prendere in considerazione i seguenti aspetti: • il ruolo del social housing non deve essere limitato alla produzione di alloggi accessibili alle fasce deboli della popolazione. Nella definizione delle politiche abitative, deve essere preso in considerazione anche
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• l’impatto che l’edilizia sociale avrà sul mercato immobiliare residenziale nel suo complesso • per affrontare il problema dell’esclusione sociale, il social housing deve essere accompagnato da altre strategie politiche, con riferimento soprattutto alla disoccupazione, alla progettazione urbanistica e ai trasporti • il social housing deve essere sviluppato in un’ottica di lungo periodo e deve prendere in considerazione le tendenze demografiche, quali l’aumento della popolazione anziana • il social housing deve essere integrato con altre misure finalizzate ad evitare l’esclusione sociale. In particolare, la qualità architettonica degli immobili ha particolare importanza • nella scelta degli strumenti idonei a soddisfare le esigenze della popolazione bisognosa, è necessario considerare la situazione del mercato residenziale nel suo complesso.
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AUSTRIA Il quadro legislativo La Costituzione austriaca non contempla il diritto alla casa, nè contiene una definizione specifica di edilizia sociale. Tuttavia la legge sulla proprietà menziona specificamente “il diritto di tutti a disporre di un alloggio adeguato” e la legge costituzionale federale, modificata nel 1987, dichiara che le province sono competenti per lo sviluppo degli alloggi sociali e per il rinnovamento degli immobili residenziali. A partire dal 1987, sono state promulgate leggi specifiche sia a livello nazionale che provinciale che, tra l’altro, stabiliscono che il finanziamento del comparto abitativo è controllato dallo Stato federale; in particolare, il Ministero degli Affari Economici e il Ministero della Giustizia coordinano la politica abitativa dello Stato. Il comparto sociale è regolamentato da quattro strumenti di politica abitativa: • • • •
la legge sulla locazione i progetti di edilizia residenziale del comune di Vienna la legge sul settore residenziale senza scopo di lucro la legge sulla proprietà e sulle sovvenzioni alle costruzione di immobili residenziali
Nel 2000, infine, è stata promulgata una nuova legge che si pone come obiettivo primario l’armonizzazione e la standardizzazione dei diritti abitativi. Dimensioni del settore Il settore del social housing è ampiamente diffuso in Austria, dove gli alloggi sociali rappresentano il 24 per cento dello stock residenziale nazionale, contro il 16 per cento degli alloggi in regime di affitto privato e il 57 per cento degli alloggi in proprietà. Il restante 3 per cento è rappresentato da immobili posseduti ad altro titolo. Gli alloggi sociali sono per il 40 per cento di proprietà comunale e il 60 per cento di proprietà delle società edilizie, associazioni senza scopo di lucro e cooperative. Per quanto riguarda l’attività edilizia, nel periodo 2000-2005 ogni anno sono stati realizzati mediamente 13 mila alloggi sociali.
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Il quadro istituzionale La politica di edilizia sociale è il prodotto dell’interazione tra un ampio numero di organizzazioni: autorità a livello nazionale, regionale e locale, proprietari, società di costruzioni e istituzioni finanziarie. Il sistema austriaco è caratterizzato da un’efficiente normativa nell’ambito del comparto residenziale, sia riferito alle vendite che alla locazione e da un’elevata percentuale di organizzazioni senza scopo di lucro. Gli ultimi vent’anni hanno registrato un sostanziale miglioramento del livello qualitativo dello stock residenziale e uno spostamento di responsabilità relativamente ai progetti di sviluppo edilizio dal governo centrale e dai comuni alle province federali. Tuttavia il governo centrale è ancora responsabile per la regolamentazione della proprietà abitativa, per le leggi che regolano il comparto locativo, per la raccolta dei fondi per le nuove costruzioni e per il settore senza scopo di lucro. Negli ultimi dieci anni, le autorità locali hanno agito in modi diversi e, in alcuni casi, hanno ridotto l’attività edilizia nel comparto sociale. Infatti, l’attuale tasso di costruzioni in fase di realizzazione è parecchio più basso rispetto al boom edilizio degli anni novanta. Il quadro finanziario In Austria è sempre più frequente il coinvolgimento pubblico nel finanziamento dei nuovi progetti residenziali, che devono destinare una parte degli alloggi alle famiglie deboli. Le sovvenzioni pubbliche, a Vienna, riguardano circa il 90 per cento dei progetti. La principale fonte di finanziamento è costituita dalle tasse accantonate (imposta sui redditi e sulle società), mentre esistono fondi rotativi a livello regionale. Gli investitori sono liberi di scegliere qualsiasi forma di finanziamento aggiuntivo (fondi propri, prestiti bancari) ma sono soggetti a severi controlli sull’imposizione dei canoni, che non devono eccedere il valore a copertura dei costi. I promotori senza scopo di lucro beneficiano di esenzioni fiscali. A Vienna, tutte le nuove abitazioni sovvenzionate sono soggette a procedure obbligatorie e alla concorrenza obbligatoria dei promotori per migliorare la qualità riducendo nello stesso tempo i costi di costruzione. La legislazione austriaca contempla tre tipi di contributo per il social housing: • sovvenzioni per la costruzione e il rinnovamento, attraverso la concessione di mutui a basso tasso di interesse e/o di sussidi annuali per il finanziamento di appartamenti in affitto, in acquisto, case familiari, edilizia e ristrutturazione. I mutui coprono mediamente il 50 per cento dei costi di costruzione, per gli appartamenti in affitto, e il 30
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per cento, per la costruzione degli appartamenti destinati alla vendita. Tali sovvenzioni rappresentano circa il 71 per cento dei finanziamenti • le sovvenzioni individuali sono disponibili per le famiglie a basso reddito e provengono, per il 75 per cento, dallo Stato e, per il 25 per cento, dalle province federali. Tali sovvenzioni rappresentano circa il 5 per cento dei finanziamenti • sovvenzioni indirette sotto forma di incentivi alle persone fisiche. Sono compoate per l’80 per cento da sovvenzioni federali, per il 15 per cento da sovvenzioni a favore delle società edilizie e delle banche e per il 5 per cento da incentivi fiscali. Tali sovvenzioni rappresentano circa il 14 per cento dei finanziamenti. Criteri di accesso Il settore dell’edilizia sociale viene gestito in vari modi e i limiti di reddito variano nelle diverse province. Si calcola una media di 2.550 euro/mese netti, e non vengono presi in considerazione eventuali aumenti di stipendio che intervengano successivamente al momento dell’assegnazione. In alcune province federali, il livello della sovvenzione dipende dal livello di reddito del beneficiario.
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BELGIO Il quadro legislativo Il diritto alla casa è contenuto nella Costituzione del 1994. Altre leggi pongono un’attenzione particolare nei confronti di determinate categorie di persone, anche se le differenze regionali sono importanti. Ad esempio, nelle Fiandre, la legislazione si concentra sulla regolamentazione del comparto locativo mentre, nella regione di Bruxelles, viene data particolare importanza alla soluzione dei problemi eccezionali. La tradizione del social housing in Belgio è piuttosto antica. Già verso la fine del diciannovesimo secolo sono emerse le prime forme di edilizia sociale, finalizzate esclusivamente ad affrontare determinati problemi. A quei tempi, le fasce povere della popolazione non rappresentavano nè il gruppo di riferimento nè la causa della nascita delle prime forme di edilizia sociale. Dalla crisi economica e petrolifera degli anni settanta, le restrizioni economiche hanno reso i nuovi investimenti sempre più difficili e l’attività edilizia è stata interamente finanziata dal settore pubblico. A partire dagli anni ottanta, la situazione è cambiata e si è registrato un massiccio calo degli investimenti statali. In quel momento, il tema dell’edilizia sociale è stato decentralizzato ed è ora di competenza di tre regioni: Fiandre, Vallonia, e Bruxelles. Le dimensioni del settore Nel 1980, gli alloggi sociali rappresentavano il 25 per cento delle nuove costruzioni, mentre la percentuale è scesa al 2,7 per cento nel 1989. In tempi più recenti, è stata posta maggiore enfasi sulla ristrutturazione, in quanto l’obiettivo principale della politica governativa è quello di migliorare lo stock abitativo esistente, nell’ambito dei limiti finanziari imposti dalle Regioni. Attualmente, solo il 7 per cento degli alloggi presenti in Belgio è in regime di affitto sociale, contro il 16 per cento di affitto privato e il 74 per cento in proprietà. Nel periodo 2000-2005, sono stati realizzati mediamente tremila alloggi ogni anno e ne sono stati ristrutturati quasi 20 mila.
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Il quadro istituzionale Regione di Bruxelles Nel 1990 è stata istituita la Bruxelles Regional Housing Corporation. Si tratta di una corporazione pubblica, sotto forma di società a responsabilità limitata, la cui finalità è quella di promuovere il social housing nella regione. Opera sotto il controllo del governo regionale. Tra i suoi obiettivi, l’aumento dell’offerta di alloggi, la distribuzione di risorse finanziarie e il tentativo di potenziare il comparto del social housing nelle aree urbane. Le società immobiliari pubbliche, conosciute come Sisp, sono enti di gestione responsabili per il miglioramento della politica abitativa sociale nella regione di Bruxelles. Ce ne sono 33, operano sotto la responsabilità della Slrb (Société du Logement de la Region Bruxelloire) ed hanno il compito di offrire abitazioni alle famiglie a basso reddito. Le Sisp hanno personalità giuridica e possono essere sia società a responsabilità limitata, che cooperative. Il loro patrimonio è controllato dalla regione di Bruxelles, dai comuni, dai centri di assistenza sociale pubblica, dalle persone fisiche e da alcuni investitori. In considerazione della difficile situazione finanziaria in cui si trovano tali organizzazioni, nel 1998 è stato introdotto il cosiddetto patto di solidarietà, che copre il 75 per cento del deficit di bilancio registrato da 19 organizzazioni nella regione. La Slrb è gestita dal Comitato direttivo, che a sua volta è controllato dal ministero competente. Regione delle Fiandre Le regioni sono responsabili per la formulazione delle politiche abitative mentre, nel 1997, il Parlamento ha approvato il nuovo codice di edilizia sociale, che conferma che le società di edilizia sociale (Shc) hanno la responsabilità di assegnare gli alloggi sociali. Gestiscono circa 130 mila alloggi e sono controllate, gestite e sostenute dalla Flemish Housing Company (Fhc). Altre organizzazioni competenti sono Il Fondo Fiammingo destinato alle grandi famiglie, che presenta programmi speciali per famiglie giovani con bambini, alcune casse di risparmio, conosciute come società di credito sociale e alcune organizzazioni di rappresentanza degli inquilini. Infine le autorità comunali e locali posseggono e dispongono di un certo numero di alloggi nell’ambito delle proprie politiche sociali.
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Regione della Vallonia La Wallonian housing company (whc) è un’organizzazione pubblica senza scopo di lucro governata dal codice abitativo della Vallonia. E controllata da un comitato di gestione composto da 23 membri nominati dal Parlamento della Vallonia. Le organizzazioni sociali devono essere approvate dalla Whc, che concorda con la Regione l’assegnazione delle risorse e la definizione degli obiettivi delle diverse organizzazioni. Recentemente, la Whc ha cercato di diversificare l’attività, concentrandosi sulla conversione degli edifici commerciali in abitazioni piuttosto che sulle nuove costruzioni, e sulla qualità edilizia, sui servizi e sui lavori di manutenzione. La Whc offre anche prestiti a basso tasso di interesse per la costruzione, l’acquisto, la ristrutturazione, l’adattamento e la manutenzione delle prime case e offre sostegno alle famiglie bisognose per pagare il canone di locazione. Il quadro finanziario Regione di Bruxelles Per la costruzione e la ristrutturazione degli alloggi sociali, la regione mette a disposizione finanziamenti senza interessi di 33 o 20 anni a seconda del tipo di progetto. A partire dal 1990, la regione di Bruxelles contribuisce con una cifra pari a 200 milioni di euro l’anno allo sviluppo del social housing. Regione delle Fiandre La Flemish housing company è responsabile della costruzione di alloggi sociali destinati alla vendita e alla locazione, ed è anche in grado di offrire prestiti alle persone fisiche. Opera in collaborazione con un network di istituti di credito privati che, a partire dal 1998, offrono prestiti destinati al finanziamento della prima ed unica abitazione di una famiglia. L’obiettivo della Flemish housing company è quello di costruire e rinnovare il proprio patrimonio abitativo. Inoltre, opera come una banca nei confronti delle società di edilizia sociale, offrendo sostegno a 122 società. Ulteriori prestiti vengono concessi dal Fondo per la residenza a favore delle famiglie numerose. I programmi di investimento da parte della Flemish housing company sono finanziati in parte dalla regione, che finanzia i progetti per la costruzione di e ristrutturazione di alloggi sociali e offre prestiti diretti per la realizzazione di
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opere infrastrutturali e per l’acquisto di terreni destinati alla realizzazione di alloggi sociali. Regione della Vallonia In Vallonia, la società più importante è la Walloon housing company. Essa suggerisce i programmi di investimento alle altre organizzazioni competenti per la costruzione e ristrutturazione, che devono essere approvati dal governo locale. Questi programmi sono finanziati con fondi regionali e attraverso prestiti concessi dagli istituti di credito privati. La Walloon housing company assicura la supervisione finanziaria, tecnica ed amministrativa dei programmi finanziati dalle organizzazioni sociali. Inoltre offre sostegno a 78 organizzazioni che si occupano di edilizia sociale. Con riferimento agli attuali programmi di investimento, la larga maggioranza è finanziata da prestiti concessi dalla regione, mentre il Fondo abitativo della Vallonia offre prestiti a bassi tassi di interesse per la costruzione, l’acquisto, la ristrutturazione, l’adattamento e la manutenzione della prima casa. L’entità di questi prestiti varia a seconda dei redditi, del valore, delle dimensioni e della localizzazione della casa e del numero di figli minori della famiglia, che devono essere almeno tre. Per esempio, una famiglia con tre figli ed un reddito di 19.200 euro può ottenere un prestito con un tasso di interesse del 2,25 per cento, mentre con un reddito di 42.800 euro la stessa famiglia deve pagare un tasso del 4,75 per cento. Un’altra funzione della Wallonian housing company è di amministrare prestiti agevolati a favore degli acquirenti della prima casa e della ristrutturazione dell’alloggio da parte delle famiglie a basso reddito. Tale funzione è attualmente assunta dalla Società di Credito Sociale della Vallonia e da 45 associazioni locali di credito sociale. Offrono prestiti a bassi tassi di interesse per l’acquisto, costruzione e ristrutturazione degli alloggi per determinati gruppi, come famiglie a basso e medio reddito e giovani coppie. Criteri di accesso Regione di Bruxelles Il reddito e il patrimonio dei richiedenti rappresentano il criterio principale per l’assegnazione degli alloggi sociali. Infatti, se il richiedente possiede un immobile o ne detiene il diritto d’uso non può, in linea di principio, ottenere l’assegnazione di un alloggio sociale. Le organizzazioni sociali prevedono diversi limiti di reddito; per una persona sola il reddito non può essere superiore a 17.150 euro l’anno, mentre per una famiglia composta da più persone ma con
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un unico reddito il limite è elevato a 19.060 euro e a 21.780 euro se i redditi sono due. A prescindere dal reddito, la priorità viene data a determinate categorie come disabili e vittime di disastri naturali. I richiedenti sono inseriti in una lista d’attesa, la cui graduatoria dipende da vari fattori, quali gruppo di appartenenza, situazione abitativa attuale, ecc. Una parte degli alloggi, invece, viene assegnata dopo una valutazione caso per caso. Oltre a questi sistema standard, è previsto un programma finalizzato a gestire le situazioni di emergenza come eventi naturali o sfratti. Regione delle Fiandre Nella regione delle Fiandre il limite di reddito è ormai l’elemento fondamentale per rendere efficiente la distribuzione dei servizi disponibili, mentre l’assegnazione viene organizzata secondo criteri cronologici e di disponibilità. Si calcola un limite di 18 mila euro l’anno per le persone sole e 21 mila per le famiglie. Per alcuni gruppi di persone, l’assegnazione e i criteri di accesso possono variare. Ad esempio, in presenza di determinate condizioni, gli anziani possono avere accesso ai prestiti ipotecari anche se sono già proprietari di un’abitazione, mentre in circostanze eccezionali, i tradizionali criteri di cronologia e reddito possono essere superati. Inoltre, l’attribuzione locale ed i criteri di accesso possono variare considerevolmente secondo esigenze specifiche, demografiche o economiche. La Regione della Vallonia Per entrare nella graduatoria le famiglie hanno l’obbligo di registrazione presso l’autorità pubblica, mentre il reddito annuo lordo non deve superare 20 mila euro per le persone sole e 25 mila euro per le famiglie, più 1.860 euro per ogni figlio a carico. Inoltre gli eventuali affittuari non devono possedere un appartamento o averne il diritto d’uso. Gli aventi diritto sono inseriti in una graduatoria, che prende in considerazione fattori quale l’attuale condizione abitativa, eventuali coabitazioni, ecc. Comunque due terzi degli alloggi disponibili deve essere assegnato alle famiglie con redditi particolarmente bassi (10 mila euro per le persone sole, 13.650 euro per le famiglie più 1860 euro per ogni figlio a carico).
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DANIMARCA Il quadro legislativo La Costituzione danese non contempla il diritto alla casa, anche se uno dei principali obiettivi della politica nazionale è di offrire alla popolazione soluzioni abitative adeguate. Una legge del 2001 comprende alcuni aspetti, come l’accesso facilitato all’abitazione per studenti, famiglie giovani e gruppi a basso reddito e vengono compiuti numerosi sforzi per affrontare i problemi di segregazione sociale ed emarginazione. Il comparto locativo è regolamentato dalla Legge sulle locazioni, mentre la Legge sulla Pianificazione stabilisce le regole con riferimento alla progettazione urbana e all’azione dei comuni in fase di progettazione. Le dimensioni del settore Gli alloggi sociali rappresentano il 19 per cento dello stock residenziale, contro il 26 per cento degli alloggi in regime di affitto privato, il 51 per cento in proprietà e il 4 per cento in altre forme. L’incremento più consistente della quota di alloggi sociali si è verificato durante gli anni ottanta e novanta, anche in considerazione della crescente importanza della rigenerazione delle periferie degradate. La gran parte degli alloggi sociali è di proprietà delle associazioni senza scopo di lucro che, però, non possono costruire nuovi alloggi senza l’autorizzazione del comune nel quale l’area è situata. Le autorità locali non dispongono di uno stock molto vasto e si rivolgono alle associazioni senza scopo di lucro per far fronte alle esigenze abitative. Nel periodo 2000-2005 sono stati realizzati mediamente 5.700 nuovi alloggi e l’investimento annuo è stato di circa 1,2 miliardi di euro, comprese le opere di ristrutturazione. Il quadro istituzionale Lo Stato e il governo locale e regionale condividono la responsabilità nel settore di edilizia sociale. Lo Stato stabilisce il limite del contributo finanziario pubblico ai costi totali di costruzione. Se il progetto supera questo limite, la cifra in eccesso viene dedotta dall’ammontare annuale di sovvenzioni complessive.
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Quando è stato abolito il Ministero dell’Edilizia e degli Affari Sociali la competenza per la legislazione locativa è stata trasferita al ministero degli Affari Sociali. Il Ministero per gli Affari Economici, invece, controlla gli aspetti finanziari dell’edilizia senza scopo di lucro. Il quadro finanziario La realizzazione di alloggi sociali è finanziata con il 2 per cento versato dagli affittuari in un Fondo di Costruzione che ha l’obiettivo di sovvenzionare nuove costruzioni senza scopo di lucro, con il 7 per cento proveniente dal governo locale, mentre il resto dei costi è finanziato dai prestiti sovvenzionati dallo Stato, il cui ammontare dipende dal tasso di interesse. Il contributo degli affittuari è indicizzato su base annuale per 35 anni sulla base del 75 per cento del tasso di inflazione. Ogni progetto rappresenta un’attività economica indipendente, nell’ambito della quale i redditi (affitti) e le spese devono essere in equilibrio. Di conseguenza il canone varia da progetto a progetto a seconda dei costi di costruzione, delle spese di manutenzione e dei servizi comuni che gli affittuari hanno concordato. Di conseguenza il canone non rispecchia necessariamente i valori di mercato e, dunque, si registra una domanda in eccesso in molte aree e la presenza di un ampio numero di alloggi vuoti in altre. Il canone pagato non viene ridotto al momento della restituzione totale del prestito, ma gli incassi confluiscono nei fondi centrali e locali. Nei prossimi anni si prevede che le risorse del Fondo Edilizio Nazionale saliranno da 34 milioni nel 2008 a 256 milioni di euro nel 2019. Questi fondi sono utilizzati dalle organizzazioni senza scopo di lucro per la ristrutturazione e il miglioramento dello stock abitativo più vecchio. Per il governo si tratta dello strumento attraverso cui tagliare la spesa pubblica e sovvenzionare le nuove costruzioni. Tra le iniziative recenti emerge l’investimento di 27 milioni di euro per la creazione di un Fondo urbano finalizzato alla realizzazione di progetti di sviluppo urbano. Altri 13 milioni di euro sono stati stanziati a favore delle zone problematiche. Inoltre, il governo sta studiando nuove proposte rivolte agli studenti, alle giovani coppie, ai gruppi a basso reddito, alle persone con scarsa mobilità e agli anziani. Le proposte affrontano anche problemi come gli elevati costi di costruzione e la carenza di aree edificabili e si ipotizza la realizzazione di diecimila nuovi alloggi.
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Criteri di accesso Anche in Danimarca è obbligatoria la registrazione delle famiglie interessate in una lista d’attesa. I criteri sono il reddito, la situazione abitativa del richiedente, le dimensioni della famiglia, un comportamento socialmente corretto e la presunta capacità di pagare il canone e gli altri costi. Inoltre la legge determina un sistema di quote di alloggi che vengono gestiti dalle autorità locali. Una seconda lista d’attesa è prevista per coloro che hanno già ricevuto l’assegnazione di un alloggio sociale da parte della stessa organizzazione e vorrebbero cambiarlo. Negli anni recenti, sono state stabilite regole flessibili per l’affitto di alloggi a favore degli studenti e delle giovani coppie che stanno costituendo una famiglia, ma tali assegnazioni sono soggette all’approvazione dell’autorità pubblica. Possono essere conclusi accordi tra le associazioni abitative e il governo locale con riferimento al diritto di assegnazione del 25 per cento degli alloggi vacanti, in modo che le autorità locali possano soddisfare le esigenze abitative di determinate categorie, come i rifugiati politici. L’intero processo di assegnazione è coordinato congiuntamente dalle associazioni abitative, che sono anche coinvolte nella definizione delle regole che riguardano la precedenza dei richiedenti nella lista d’attesa.
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FINLANDIA Il quadro legislativo La Costituzione finlandese stabilisce che “è dovere delle autorità pubbliche promuovere il diritto di ciascuno ad avere un alloggio e sostenere i tentativi dei privati di trovare una casa per iniziativa propria”. Le dimensioni del settore Tra il 1992 e il 1995, l’attività edilizia finlandese è stata caratterizzata dalla tendenza alla realizzazione di alloggi da parte delle famiglie per uso proprio, anche perchè i tassi di interesse incoraggiavano i progetti abitativi su larga scala. La domanda per questi tipi di abitazioni incominciò ad aumentare, comportando un forte incremento delle quotazioni. Negli anni novanta le società di costruzione hanno incrementato la propria attività in considerazione dell’aumento della domanda di case, proveniente anche dalle famiglie immigrate in Finlandia. Lo sviluppo economico, però, non è stato omogeneo e l’attività edilizia più consistente era concentrata in un numero limitato di centri urbani come le regioni di Helsinki, Turku, Tampere, Oulu, Jyvalskyla e Kuopio. Successivamente, la recessione economica ha indebolito la domanda di alloggi e molte famiglie hanno deciso di posticipare i programmi di acquisto. Da quel momento l’attività edilizia ha registrato un brusco arresto durato parecchi anni. Nel corso di tale recessione il governo ha posto l’attenzione sulle abitazioni in affitto e sulla ristrutturazione degli immobili esistenti. Tra il 1996 e il 1998, inoltre, lo Stato ha messo a disposizione sovvenzioni alle persone fisiche e alle società di costruzioni al fine di stabilizzare il mercato. Nel giugno 2000 lo Stato e l’autorità locale dell’area metropolitana di Helsinki hanno approvato un progetto congiunto focalizzato sulla realizzazione di un crescente numero di alloggi nelle aree favorite da un sistema di trasporti pubblici efficiente. Nel complesso, la Finlandia è l’unico Paese dell’Unione Europea in cui la quota di alloggi in proprietà è calata, passando dal 67 per cento del 1990 all’attuale 58 per cento, mentre gli alloggi in affitto sono passati dal 6 al 31 per cento nello stesso periodo. Gli alloggi sociali rappresentano circa la metà dello stock in affitto. Possono essere proprietari degli alloggi sociali sia gli enti pubblici locali che le organizzazioni senza scopo di lucro.
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Per quanto riguarda l’attività edilizia nel periodo 2000 – 2005 sono stati realizzati circa 39 mila alloggi sociali l’anno e ne sono stati ristrutturati 2.300. Il quadro istituzionale L’amministrazione degli alloggi sociali è di competenza del Ministero dell’ambiente, che ha anche il compito di migliorare la qualità edilizia e dell’ambiente circostante. Un ruolo importante nell’amministrazione e nella gestione delle sovvenzioni statali è svolto dall’ Ara, un fondo edilizio che offre ai proprietari di alloggi sociali finanziamenti diretti sovvenzionati, che prendono in nome di Arava e prestiti sovvenzionati privatamente. Il Fondo per l’edilizia deve anche garantire una guida sulla qualità e sul controllo dei costi della costruzione e dei progetti sovvenzionati dallo Stato sia con riferimento alle nuove realizzazioni che agli interventi di ristrutturazione. Le autorità locali sono i più grandi proprietari di immobili in affitto posseduti sia direttamente che attraverso società senza scopo di lucro. Hanno il compito di identificare i progetti che hanno diritto alla sovvenzione statale e sono responsabili del miglioramento degli standard qualitativi nell’ambito della loro area. Il quadro finanziario Lo Stato offre varie forme di sostegno, quali contributi diretti, garanzie statali per prestiti bancari, agevolazioni fiscali e prestiti pubblici. Il Fondo edilizio è gestito dal Governo centrale ma le sue fonti di finanziamento non provengono dal bilancio statale ma da un portafoglio di prestiti pubblici, privati e dalla conversione dei debiti in titoli obbligazionari. Quest’ultima è stata una importante fonte di finanziamento per Arava a partire dal 1995 attraverso il programma Fennica.
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L’Ara è anche coinvolto nelle sovvenzioni rivolte specificatamente ai giovani, agli anziani, alle famiglie con bambini e a basso reddito. Per quanto riguarda i prestiti, circa il 90 per cento viene erogato dalle principali banche commerciali, cooperative e di risparmio. E’ previsto anche un prestito statale, rivolto alle persone che costruiscono o acquistano una casa unifamiliare o acquistano quote in società edilizie. Copre fino al 20 per cento del prestito. Inoltre, è prevista una politica di sostegno finalizzata alle società edilizie per incoraggiare la costruzione e ristrutturazione di case. Le società possono ottenere un prestito fino al 60 per cento dei costi della costruzione. Il 10 per cento dei costi deve provenire da fondi propri e il resto del capitale può essere raccolto attraverso prestiti bancari. Criteri di accesso In linea di principio, l’assegnazione di un alloggio sociale può essere decisa a favore di qualunque affittuario, a condizione che il reddito familiare, comprensivo del patrimonio, sia sufficientemente basso e in base a caratteristiche quali dimensioni della famiglia, livelli del canone di locazione e caratteristiche dell’alloggio. La legge contiene una disposizione generica che ammette sovvenzioni per “spese abitative ragionevoli”, anche se alcune autorità locali stabiliscono che la sovvenzione può intervenire se la spesa per la casa supera una determinata percentuale del reddito familiare, solitamente intorno al 25-30 per cento. L’assegnazione delle alloggi avviene sulla base di criteri sociali e il canone viene determinato secondo il principio di commisurazione tra costi e canone.
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FRANCIA Il quadro legislativo Il diritto alla casa è contemplato nella Costituzione francese ed è stato ribadito dalla legge del 6 luglio 1989, il cui contenuto è stato perfezionato con la legge n. 90-449 del 31 maggio 1990, meglio conosciuta come “Legge Besson”. Tale legge impone al prefetto, al presidente del Consiglio Generale, alle autorità locali, alle organizzazioni filantropiche e agli operatori sociali di delineare una strategia a livello dipartimentale, il cui finanziamento è a carico dello Stato e della provincia. La prima normativa in materia di social housing risale al 28 giugno 1945 ed era finalizzata alla soluzione dei problemi relativi alla manutenzione degli edifici. Gli anni cinquanta e sessanta sono stati periodi di modernizzazione e ristrutturazione del patrimonio pubblico. La legge quadro del 7 agosto 1957 ha dettato le linee guida per la realizzazione di alloggi a basso costo, al fine di recuperare il centro delle principali città. Il progetto di rinnovamento urbano è stato portato avanti con l’introduzione del decreto del 31 dicembre 1958, con la legge Malroux, promulgata il 4 agosto 1962 e con il 7° Piano regolatore, operativo dal 1975 al 1980, che ha posto grande attenzione sulla qualità degli edifici. Negli anni ottanta, l’edilizia sociale ha spostato l’attenzione su determinati gruppi di popolazione occupandosi soprattutto dei lavoratori. Tra il 1982 e il 1983, sono entrate in vigore le leggi sulla decentralizzazione, seguite dalla promulgazione, il 13 luglio 1991, della legge che impone alle autorità locali di realizzare, nelle città, condizioni di vita e abitative in grado di porre le basi per la coesione sociale ed evitare i problemi di segregazione. Nel 1998, il governo ha approvato una legge per combattere l’esclusione sociale, attraverso la definizione delle esigenze delle classi sociali deboli e stipulando obiettivi specifici. Il 13 dicembre 2000, è entrato in vigore l’atto di solidarietà e rinnovamento, che dispone che i grandi comuni devono riservare almeno il 20 per cento dello stock abitativo al social housing. Nel 2003, è stata decisa la demolizione di 200 mila alloggi, al posto dei quali sono in corso di costruzione altrettante unità abitative nuove ed è prevista la ristrutturazione di altri 200 mila appartamenti. Infine, la legge sulla decentralizzazione trasferisce la responsabilità economica alle regioni e la responsabilità sociale alle province.
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Le dimensioni del settore Il comparto del social housing è particolarmente sviluppato in Francia ed attualmente circa una famiglia francese su sei vive in un alloggio sociale. Gli alloggi sociali rappresentano circa il 17 per cento dello stock residenziale, contro il 28 per cento in regime di affitto privato e il 55 per cento in proprietà. Per quanto riguarda l’attività edilizia, nel periodo 2000-2005 sono stati realizzati mediamente 65 mila alloggi sociali ogni anno e ne sono stati ristrutturati oltre 86 mila. Il quadro istituzionale Lo Stato definisce gli strumenti e gli obiettivi delle organizzazioni che si occupano di social housing. Il Prefetto della regione attribuisce prestiti pubblici, mentre il prefetto dipartimentale li distribuisce in modo capillare. Le regioni e le province possono investire ulteriori risorse per opere di miglioramento, ristrutturazione e modernizzazione degli alloggi sociali. Le organizzazioni sociali (Hlm) possono assumere la forma di: Opac (Uffici pubblici di gestione e costruzione), costituite dalle province o dai comuni con lo scopo di costruire e gestire il social housing e promuovere lo sviluppo urbano. Le autorità locali sono responsabili, oltre che della loro creazione, anche di gestire le loro finanze e i loro obiettivi Hlm a responsabilità limitata, società soggette alla legge commerciale. Sono il risultato di iniziative di società private, istituzioni finanziarie, Camera di commercio e dell’Industria ed ufficio per i prestiti familiari. cooperative Hlm sono soggette alla legge sulle cooperative. Dal 1983 esse possono costruire alloggi sociali. Saci (Società anonime di credito immobiliare) che hanno l’obiettivo di promuovere la proprietà offrendo prestiti a tassi vantaggiosi. Dal 1991, un network bancario è composto da 21 sussidiarie finanziarie regionali, coordinate dalla Cassa centrale di credito immobiliare. In ultima analisi, le organizzazioni sociali operano sotto la responsabilità del Ministero dell’edilizia, che deve verificare che la loro attività sia conforme all’oggetto sociale. Il quadro finanziario Un forte coinvolgimento finanziario dello Stato nel social housing è iniziato dopo la Seconda guerra mondiale, quando erano necessari importanti finanziamenti e il
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settore privato non era in grado di offrire prestiti a lungo termine. Pertanto, il Ministero del tesoro iniziò a concedere ai proprietari di alloggi sociali prestiti della durata di 60 anni, a basso tasso di interesse (2 per cento) per la realizzazione di alloggi a canone controllato. Nel corso del tempo, il coinvolgimento diretto dello Stato è diminuito, anche se una buona parte dei prestiti a favore del social housing continua ad essere al di fuori del mercato. I prestiti hanno le seguenti caratteristiche: • sono a lunghissimo termine, fino a 35 anni per la costruzione e fino a 50 anni per l’acquisto dei terreni • vengono distribuiti solo da una istituzione finanziaria multifunzionale, la Cassa Depositi e Prestiti • sono finanziati da depositi a breve termine su libretti di risparmio • vengono concessi ad un tasso uniforme che dipende solo dall’interesse pagato al proprietario del libretto. Questi prestiti sono garantiti, nel 95 per cento dei casi, dalle autorità locali, mentre, nel restante 5 per cento, sono garantiti da un Fondo comune d’investimento (Cglls). Il sistema francese prevede altre tipologie di sovvenzioni per i nuovi investimenti nel settore sociale, quali: • aliquota Iva ridotta sull’acquisto del terreno e i lavori di costruzione (5,5 per cento invece del 19,6 per cento) • una garanzia che copre fino al 20 per cento del valore dei progetti rivolti alle famiglie a reddito molto basso • l’esenzione dall’imposta sugli immobili per un periodo di 25 anni, contro i due anni previsti normalmente. Le famiglie possono ricevere due tipi di sostegno: un contributo diretto, composto da un contributo familiare ed uno sociale, a cui si aggiunge un contributo personale. L’entità dei contributi viene determinata sulla base della valutazione delle risorse dei richiedenti in rapporto alla situazione abitativa. Le sovvenzioni alle famiglie sono finanziate dal Fondo Familiare, dal Fondo Nazionale e dallo Stato. Per facilitare le famiglie con reddito medio e basso, un prestito allo zero per cento è disponibile sul mercato privato, in quanto il governo copre il tasso di interesse in collaborazione con la Società di Gestione del Fondo di Garanzia per l’integrazione sociale. I costi di ristrutturazione beneficiano di una sovvenzione speciale, conosciuta come Palulos, che consiste in un prestito erogato dalla Cassa Depositi e Prestiti e
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destinato a coloro che intendono ristrutturare il proprio alloggio in affitto. I beneficiari godono di una sovvenzione del 10 per cento, da parte dello Stato, e di un’aliquota Iva ridotta al 5,5 per cento. Un’altra forma di sostegno è il Pah, prestito agevolato destinato alle famiglie a basso reddito e a quelle che vogliono migliorare il proprio alloggio. Infine, il Comitato abitativo interprofessionale raccoglie ed assegna contributi da parte di tutte le società private con più di 10 dipendenti, che sono obbligate ad investire lo 0,45 per cento dei propri profitti nell’acquisto di immobili residenziali da adibire ad uso proprio o da porre sul mercato locativo. Criteri di accesso Lo Stato ha un ruolo dominante nel social housing in termini di regole di registrazione, processo di assegnazione ed evoluzione del settore, mentre i progetti di costruzione o ristrutturazione degli edifici vengono studiati e coordinati a livello locale. Lo Stato gestisce una quota massima del 30 per cento, le autorità locali del 20 per cento e le società che contribuiscono al finanziamento del social housing hanno una percentuale variabile in base al loro livello di partecipazione. Le famiglie interessate all’assegnazione di un alloggio sociale hanno l’obbligo di registrazione presso l’ufficio competente e la decisione da parte degli enti dipartimentali tiene in considerazione fattori quali condizioni abitative, situazione familiare e reddito. L’assegnazione non avviene sulla base di una lista di attesa, ma in basa ad una valutazione caso per caso da parte delle autorità locali. Il limite di reddito non sempre è previsto, ma solitamente si aggira intorno a 1.500 euro mensili.
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GERMANIA Il quadro legislativo A livello federale non è previsto esplicitamente il diritto alla casa, ma viene citato dalla normativa della maggior parte dei Lander. L’articolo 14 della Legge fondamentale del 1949 garantisce un generico diritto alla proprietà, mentre la prima e la seconda Legge edilizia, promulgate rispettivamente nel 1950 e 1956, costituiscono la base del social housing, e attribuiscono la responsabilità del settore al governo federale, ai Lander e ai comuni. Dopo l’abolizione dell’obbligo di offrire alloggi sociali nel 1990, nel 1997 la Germania ha intrapreso una politica basata sulla graduale riduzione dello stock di social housing. Nel 2000, è stata approvata una riforma finalizzata a semplificare il quadro legislativo, che ha avuto un impatto significativo su temi quali il finanziamento delle case in locazione, la proprietà di abitazioni, il rafforzamento del ruolo dei Consigli, l’intervento nello stock edilizio privato. Un importante obiettivo della riforma era di migliorare le condizioni delle persone più bisognose. Un’ulteriore riforma del 2001 ha messo in luce temi come una maggiore flessibilità delle politiche ed una maggiore efficienza nell’uso delle risorse. Le dimensioni del settore Fino alla fine degli anni ottanta, le società che si occupavano di social housing godevano di privilegi fiscali, ma nel 1990 tali privilegi sono stati aboliti e, di conseguenza, lo stock di alloggi sociali è diminuito. Gli immobili sociali rappresentano ancora il 30 per cento dello stock residenziale complessivo, e si tratta della quota europea più elevata dopo l’Olanda. Gli alloggi in proprietà concentrano il 43 per cento dello stock e gli alloggi in affitto privato il 27 per cento. Per quanto riguarda il numero di alloggi realizzati nel periodo 2000-2005, si calcola una media di 15 mila alloggi l’anno. Il quadro istituzionale La Germania è uno stato federale composto di 16 Regioni (Lander) che comprendono 426 distretti (Kreise) e 16.121 comuni (Gemeinden). La responsabilità della politica abitativa in Germania è suddivisa tra lo Stato federale, le regioni ed i comuni. In particolare, i Lander rispondono allo Stato e sono responsabili nel dettare le regole di convenzione per l’edilizia, mentre
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l’applicazione di queste regole è delegata ai comuni. Il comune può proporre tre candidati per ogni alloggio all’investitore, il quale può rifiutare il candidato a causa di insolvenza o scarsa affidabilità. In seguito il comune può proporre soluzioni individuali come garanzie nel pagamento del canone. I poteri dei comuni sono limitati dalle direttive dell’art. 28 della Legge Fondamentale del 1949 e dalle stesse Costituzioni dei Lander. Possono essere stipulate convenzioni, cioè obblighi sociali ed economici liberamente espressi dagli investitori, come società edilizie pubbliche o private, cooperative, investitori privati, istituzionali o famiglie, durante un periodo fisso in considerazione del pagamento di un’indennità, a titolo di risarcimento, rimborso, assicurazione. Il quadro finanziario Il modo in cui la Germania finanzia il settore sociale è flessibile, perchè varia tra i Lander e può essere adattato ai vari tipi di investitori. In Germania sono previsti tre forme di sovvenzione agli investitori: • il “Primo progetto di incentivi” offre prestiti ipotecari a tassi ridotti. L’entità della sovvenzione varia in base alla condizione economica del richiedente • il “secondo progetto di incentivi” è finalizzato a incoraggiare la proprietà attraverso prestiti e concessioni. E’ soggetto ad un tetto di reddito più elevato, equivalente al 60 per cento in più rispetto ai calcoli effettuati per il primo progetto • il “terzo progetto” viene fatto sulla base di calcoli caso per caso. Non sono previsti limiti di risorse e generalmente stabilisce sovvenzioni ai costi di costruzione. Tali progetti sono finanziati dai Lander e, in misura minore, dallo Stato federale. A partire dal 2001, i canoni nel settore sociale vengono stabiliti utilizzando meccanismi di controllo e concorrenza tra i promotori. Il social housing non beneficia più di speciali concessioni fiscali ma le sovvenzioni pubbliche sono aperte sia alle persone fisiche che alle società,
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Criteri di accesso In Germania il sistema di assegnazione si divide in due funzioni separate: • la verifica della registrazione e dei criteri di adeguatezza, al termine della quale viene consegnata l’autorizzazione da parte dell’autorità locale. • l’assegnazione effettiva dell’alloggio da parte del proprietario sociale. I richiedenti devono provvedere alla registrazione presso l’autorità locale competente , che gestisce l’ordine di assegnazione in base ad un sistema di punteggi derivanti da criteri quali il reddito, le attuali condizioni abitative, eventuali coabitazioni e numero dei componenti della famiglia. Il limite di reddito generalmente previsto dalle autorità locali si aggira intorno a 1.750 euro al mese. C’è anche un sistema di quote coordinato dall’autorità locale, che riguarda i casi urgenti e determinati gruppi di popolazione.
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GRECIA Il quadro legislativo La Costituzione greca stabilisce che “l’assegnazione di alloggi ai senzatetto e a coloro che abitano in condizioni inadeguate costituisce un obiettivo primario per lo Stato”, anche se non è previsto alcun obbligo per il governo locale e centrale di assegnare alloggi adeguati e di sostenere la popolazione in stato di bisogno. Le dimensioni del settore Il settore edilizio in Grecia è caratterizzato da livelli sempre più alti di proprietari ed attualmente il 74 per cento delle famiglie è proprietaria dell’alloggio in cui vive, mentre il comparto sociale è marginale dal momento che rappresenta il 2 per cento dello stock residenziale e solo l’1 per cento delle nuove costruzioni che vengono immesse sul mercato ogni anno. Infine il 21 per cento dello stock è composto da alloggi in regime di affitto privato e il restante 3 per cento da alloggi occupati ad altro titolo. Per quanto riguarda l’attività edilizia, nel periodo 2000-2005 sono stati realizzati circa 1.300 alloggi l’anno e ne sono stati ristrutturati 1.200. In occasioni dei Giochi Olimpici del 2004 sono stati completati alcuni progetti di rinnovamento delle aree urbane degradate finalizzati ad ospitare e a permettere l’integrazione di un elevato numero di immigrati. Il quadro istituzionale Il social housing è di competenza del settore pubblico, che opera direttamente o tramite organizzazioni dedicate. Le più importanti sono le Organizzazioni edilizie dei lavoratori: si tratta di società di diritto pubblico che operano sotto il controllo del Ministero del lavoro e della sicurezza sociale. Il consiglio di amministrazione è composto da rappresentanti dello Stato e della Confederazione generale dei lavoratori. Sono le uniche organizzazioni sociale dotate di risorse proprie provenienti da contributi da parte dei dipendenti del settore privato, che versano l’1 per cento del proprio stipendio e dei datori di lavoro, il cui contributo corrisponde allo 0,75 per cento degli stipendi erogati.
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Altre organizzazioni importanti, finanziate con risorse pubbliche, sono: • le Eiyapoe, incaricate di alloggiare le famiglie di origine greca provenienti dalla ex Unione Sovietica • il Ministero della salute e degli affari sociali, che si occupa di alloggiare le famiglie colpite da disastri naturali • Il Ministero dell’ambiente, della pianificazione regionale e dei lavori pubblici, che è ufficialmente responsabile per la politica edilizia nel suo complesso. • l’Agenzia per la programmazione urbana, che focalizza l’attenzione su altri aspetti sociali. La responsabilità finanziaria del social housing, invece, compete al governo che la gestisce attraverso i ministeri sociali ed economici competenti. Le regioni ed i comuni non hanno alcuna influenza nella definizione del processo politico né nell’assegnazione delle risorse che hanno a loro disposizione. Il quadro finanziario L’edilizia greca è finanziata prevalentemente dal settore privato e le associazioni offrono agli investitori prestiti agevolati e sovvenzioni per l’acquisto e la costruzione di nuovi immobili. Il budget annuale si aggira intorno a 550 milioni di euro. Le famiglie greche hanno sempre fatto scarso ricorso ai prestiti e in passato acquistavano la casa attraverso i propri risparmi, la vendita di altri beni o l’aiuto dei propri familiari. La situazione sta cambiando grazie alla crescente flessibilità delle banche, che offrono diversi tipi di prestiti.Inoltre, sono disponibili prestiti con tassi ridotti di alcuni punti percentuali rispetto ai tassi di mercato, finanziati dalle risorse statali e destinati agli acquirenti della prima casa. Sono anche previste agevolazioni fiscali, come la riduzione dell’imposta di trasferimento e di successione. Anche le associazioni edilizie offrono prestiti per l’acquisto o il miglioramento della casa, sebbene il loro ruolo nel panorama dei prestiti nazionali sia limitato e copra solo il 20 per cento dei finanziamenti complessivi. Criteri di accesso Al fine di beneficiare dell’assistenza da parte delle associazioni edilizie sono previste alcune condizioni. I richiedenti non devono possedere una casa o qualunque altro bene immobile che sia sufficiente a soddisfare le proprie esigenze abitative e devono avere
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lavorato in Grecia per un numero minimo di giorni a seconda della composizione della famiglia. Ad esempio, il richiedente sposato senza figli deve avere lavorato almeno 2.600 giorni; se ha due bambini il numero di giorni scende a 1.800. Ulteriori riduzioni sono previste in caso di persone invalide, famiglie con un solo genitore, ecc. Non è previsto alcun limite di reddito per accedere ad un alloggio sociale.
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IRLANDA Il quadro legislativo La Costituzione irlandese non contempla il diritto alla casa, anche se l’offerta di case adeguate è sempre stata una priorità della politica pubblica, con interventi sistematici da parte dello Stato, sia attraverso la legislazione edilizia che il finanziamento diretto delle autorità locali e delle associazioni di social housing, per offrire case a chi ha un basso reddito e ai senzatetto. L’obiettivo della politica nazionale è di “permettere ad ogni famiglia di avere un’abitazione di buona qualità, adeguata alle proprie esigenze, in un ambiente favorevole e possibilmente con il titolo di possesso desiderato”. Inoltre, la legge di pianificazione e sviluppo del 2000, modificata nel 2002, stabilisce che almeno il 20 per cento dei nuovi progetti privati debba essere rappresentato da alloggi sociali o da alloggi acquistabili a prezzi agevolati. Ogni autorità locale definisce i criteri specifici di applicazione di tale norma. Le dimensioni del settore L’attuale sistema edilizio in Irlanda è caratterizzato da un alto livello di proprietà privata con l’ottanta per cento delle famiglie che posseggono l’abitazione in cui vivono, mentre circa il dieci per cento è in regime di affitto sociale ed una quota analoga vive in regime di affitto privato. Gli alloggi sociali vengono messi a disposizione dalle autorità locali, dalle associazioni di volontariato e dalle cooperative. L’efficienza della politica di edilizia sociale è stata particolarmente importante negli ultimi anni. Infatti, il miglioramento della situazione economica irlandese negli anni novanta non ha comportato solo un aumento dell’occupazione, ma anche il calo delle emigrazioni e l’aumento delle immigrazioni. Questo si è tradotto in una crescita della domanda di abitazioni e ha comportato anche un aumento dei prezzi delle case. A partire dal 1995 i prezzi sono saliti del 165 per cento e una crescita analoga è stata registrata nel livello degli affitti. Il piano di sviluppo nazionale studiato dal governo per il periodo 2000-2006 prevedeva la costruzione di 35 mila nuovi alloggi sociali e stabiliva che gli alloggi di proprietà delle autorità locali potessero essere venduti agli affittuari. In realtà, nel periodo 2000-2005 sono stati realizzati mediamente 1.800 alloggi l’anno, anche se si prevede un’intensificazione dell’attività edilizia nel prossimo futuro.
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Il quadro istituzionale Le più importanti organizzazioni coinvolte nella realizzazione e gestione del social housing sono le autorità locali, che gestiscono attualmente 102 mila alloggi sociali. Tutti i progetti edilizi sono soggetti all’autorizzazione da parte delle autorità locali, ognuna delle quali ha un piano di sviluppo per la propria area. Svolgono un ruolo importante anche le associazioni senza scopo di lucro e le associazioni volontarie. Ne esistono circa 200, la maggior parte delle quali affiliate all’Icsh (Consiglio Irlandese per il social housing) Infine le cooperative sono affiliate al Nabco, Associazione nazionale delle cooperative edilizie. Le associazioni volontarie, le associazioni senza scopo di lucro e le cooperative operano in base alle direttive e agli obiettivi delineati dal Dipartimento dell’Ambiente e del Ministero dell’edilizia in tema di legislazione e politica edilizia, offerta, finanziamento dei progetti, protezione ambientale. Le “Rental Housing Regulations” sono le autorità leader nel campo dell’edilizia locativa e dispongono di un Consiglio Permanente, che ha il compito di coordinare il settore della proprietà privata ed offrire sostegno agli affittuari. Il quadro finanziario Lo Stato, attraverso il Dipartimento dell’Ambiente e il governo locale, sovvenziona i costi di costruzione o acquisizione di alloggi sociali. Ogni anno il Dipartimento stabilisce il finanziamento dei progetti edilizi assegnando le sovvenzioni dal bilancio statale, previa approvazione da parte delle autorità locali. Possono essere concessi fondi aggiuntivi per i servizi pubblici offerti nell’ambito dei progetti edilizi. Il finanziamento prevede sovvenzioni dal 95 al 100 per cento dei costi di realizzazione o acquisto, a condizione che gli alloggi siano destinati alle famiglie presenti sulle liste d’attesa redatte dalle autorità locali. Le cooperative possono ottenere la concessione dei fondi pubblici anche per acquistare i terreni, anche se recentemente tali organizzazioni possono possedere direttamente aree adeguate all’ampliamento dell’offerta di alloggi sociali. L’acquisto di immobili è finanziato per la larga maggioranza con prestiti di 20 anni ed è prevista un’agevolazione fiscale sul pagamento degli interessi dei prestiti, che vengono concessi dagli istituti di credito privati, coordinati dalla Banca Centrale.
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Criteri di accesso In Irlanda, i criteri di accesso agli alloggi sociali sono determinati dalle autorità locali, che redigono una lista d’attesa in base a fattori quali dimensioni della famiglia, coabitazione forzata con un altro nucleo familiare, condizioni inadeguate dell’attuale situazione abitativa, circostanze mediche e, se rilevante, il costo dell’abitazione attuale rispetto al reddito familiare. Il limite medio di reddito previsto per avere diritto all’assegnazione di un alloggio sociale è 1.400 euro al mese. La priorità assoluta in fase di assegnazione degli alloggi disponibili spetta ai senzatetto che, in attesa, hanno diritto ad essere ospitati nei centri di accoglienza. Il progetto di finanziamento stabilisce che le cooperative edilizie devono assegnare almeno il 75 per cento dei propri alloggi sociali alle famiglie presenti sulle liste d’attesa. Molte cooperative rivolgono attenzione particolare agli anziani e ai disabili o a coloro che mostrano esigenze specifiche.
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LUSSEMBURGO Il quadro legislativo Il diritto alla casa non è contemplato nella Costituzione, ma la legge del 25 febbraio 1979, modificata nel 1990, 1993 e 2002 si pone i seguenti obiettivi: • promuovere l’accesso all’abitazione soprattutto per le famiglie a basso reddito e con figli • favorire lo sviluppo delle aree edificabili e la costruzione di nuove aree residenziali a basso costo • provvedere al rinnovamento e alla ristrutturazione delle vecchie case • favorire la costruzione di case per studenti, per adulti che frequentano corsi professionali e formativi, per lavoratori immigrati o rifugiati • migliorare la generale qualità della vita e dell’ambiente abitativo, anche per evitare i fenomeni di esclusione sociale. Le dimensioni del settore Il Lussemburgo ha vissuto negli anni recenti un boom demografico attribuibile, da un lato, all’aumento delle nascite e al declino del tasso di mortalità e, dall’altro, all’aumento dell’immigrazione, pari a circa l’1,4 per cento annuo. Questi trend hanno comportato uno squilibrio tra domanda ed offerta di abitazioni, a cui se ne aggiunge un altro quanto a densità abitativa tra l’area meridionale, che occupa l’8 per cento della superficie nazionale ma concentra quasi il 40 per cento della popolazione, e il resto del Paese. La domanda di immobili residenziali e commerciali è elevata nelle aree urbane, con un costante aumento dei prezzi e dei canoni di locazione, causato anche dalla carenza di terreni disponibili. Negli anni recenti, il governo ha affrontato questi problemi avviando una politica edilizia più attiva, che comprende un aumento del numero di sovvenzioni per coloro che cercano casa e un programma di nuove costruzioni di case a basso costo. Nel 2001, è stato promulgato il Progetto edilizio, nato dalla collaborazione tra lo Stato, i comuni e le organizzazioni di social housing con l’obiettivo di potenziare l’offerta abitativa di case a basso costo, introducendo incentivi alla proprietà e potenziando le misure finalizzate a migliorare l’accesso alla casa. La legge prevede anche un controllo generale da parte di un esperto del settore su fattori quali le condizioni di salubrità, economia, energia e sicurezza.
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Gli alloggi sociali rappresentano il 2 per cento dello stock complessivo, contro il 24 per cento dell’affitto privato, il 70 per cento della proprietà e il 4 per cento di altre forme di possesso. L’attività edilizia è stata limitata nel periodo 2000-2005, con una media di 500 alloggi sociali realizzati e 150 ristrutturati ogni anno. Il quadro istituzionale Il ministero dell’edilizia è responsabile del settore del social housing, ed ha il compito di formulare politiche e accordi finanziari, mentre quello degli Interni deve promuovere lo sviluppo territoriale e, insieme con l’Agricoltura, può approvare o respingere i progetti di sviluppo. Inoltre, il ministero dell’edilizia controlla l’operato degli organismi pubblici, tra i quali il più importante è il Fondo per l’alloggio a costo moderato. La sua competenza comprende la costruzione di edifici a basso costo, principalmente per scopi locativi, l’acquisto e lo sviluppo di aree edificabili, la ristrutturazione di edifici abitativi. Un altro organismo importante è la Società nazionale degli alloggi a buon mercato. Si tratta di una società per azioni i cui azionisti sono lo Stato, alcuni comuni ed alcune istituzioni pubbliche, che offre alloggi sociali sia in affitto che destinati alla vendita. I comuni delle città principali offrono aree edificabili e alloggi sociali. Il quadro finanziario In Lussemburgo sono previste tre tipologie di sovvenzioni: • contributo diretto, offerto dal governo, che consiste in una sovvenzione per la costruzione di un alloggio o per acquistare la casa in cui si abita. L’entità del contributo dipende da diversi fattori come la situazione familiare, il reddito, il possesso di altri immobili, la presenza di un altro prestito e può variare da 500 a 9.700 euro. Il contributo può essere erogato, alle stesso condizioni, anche per il rinnovamento abitativo, cioè a favore di coloro che desiderano costruire altre camere e ampliare quelle esistenti. Sono anche disponibili contributi sul pagamento degli interessi di eventuali prestiti, la cui entità dipende dal reddito del richiedente e dalla situazione familiare. Inoltre, i candidati che hanno contratto prestiti per la costruzione, acquisto o ristrutturazione possono beneficiare di tassi di interesse ridotti dello 0,975 per cento per ogni figlio.
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• contributo indiretto, che consiste nella concessione di incentivi fiscali e viene assegnato dal governo. Il più utilizzato è la riduzione dell’aliquota Iva al 3 per cento sui lavori di costruzione e ristrutturazione • contributo individuale, a carico dei comuni. Negli ultimi anni più di metà dei comuni in Lussemburgo hanno elargito sovvenzioni per un totale di circa 35,5 milioni di euro l’anno. Interventi analoghi sono disponibili per sovvenzionare i costi degli architetti e degli ingegneri coinvolti negli stadi preliminari dei lavori di costruzione, mentre il governo può offrire le garanzie necessarie per ottenere un prestito a favore delle persone incapaci. I prestiti finanziari per la costruzione di case per le famiglie con esigenze speciali come gli anziani beneficiano di un’ulteriore sovvenzione che copre fino al 60 per cento dei costi, ma non può superare 15 mila euro. Criteri di accesso Le autorità locali e un comitato di assegnazione indipendente, composto da un membro dei servizi socio-sanitari, uno dei servizi assistenziali, uno dei servizi per l’immigrazione e due del fondo delle case a basso costo, sono responsabili di verificare i criteri di registrazione dei richiedenti in una lista d’attesa. Questi criteri includono il reddito, la situazione familiare del candidato, le dimensioni dell’alloggio e le condizioni sanitarie, oltre alla verifica che il candidato risieda in Lussemburgo da almeno tre anni. Le autorità competenti devono scegliere il beneficiario tra i primi tre della lista, al fine di offrire ai richiedenti una casa adeguata alle loro esigenze e con un canone commisurato al reddito familiare.
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OLANDA Il quadro legislativo La Costituzione olandese non contempla il diritto alla casa, ma il comparto residenziale è regolamentato dalla legge edilizia, entrata in vigore nel 1901 e modificata numerose volte nell’arco del secolo. Delinea le linee guida del settore residenziale e determina le modalità di assegnazione delle sovvenzioni per il settore abitativo. Altre normative importanti sono la legge di assegnazione degli alloggi, che determina le modalità di assegnazione degli alloggi ai richiedenti, e quella sulle sovvenzioni agli immobili, che sottolinea le modalità di assegnazione alle associazioni edilizie da parte del governo. Dimensioni del settore L’Olanda è il paese dell’Unione Europea con la percentuale più elevata di alloggi in regime di affitto sociale (35 per cento), la maggior parte del quale appartiene alle associazioni edilizie. Il 12 per cento degli alloggi è in regime di affitto privato e il 53 per cento è in proprietà. Con riferimento all’attività edilizia, nel periodo 2000-2005 sono stati realizzati circa 20 mila alloggi sociali ogni anno e ne sono stati ristrutturati quasi 60 mila. Il quadro istituzionale Le organizzazioni più importanti sono le associazioni abitative, che operano come branchie del governo, che determina i canoni, le sovvenzioni ed i prestiti. Invece, la supervisione della costruzione e dell’assegnazione degli alloggi è di competenza del governo locale. Le organizzazioni coinvolte nel social housing possono assumere la forma sia di associazioni che di fondazioni, sebbene siano comunemente conosciute come associazioni edilizie. Il loro profitto deve essere interamente reinvestito nell’edilizia sociale. Le associazioni svolgono le seguenti attività: • fornire ai gruppi di riferimento alloggi adeguati • mantenere lo standard delle abitazioni • assicurare sicurezza finanziaria e contribuire al miglioramento della qualità della vita.
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L’attività delle organizzazioni sociali è soggetta al controllo di due organismi di sicurezza: il Fondo sociale di garanzia e il Fondo edilizio centrale. Il Fondo sociale di garanzia è un’organizzazione finanziariamente indipendente dal governo, che agisce come garante nei confronti dei prestiti delle associazioni. E’ finanziata dai contributi della associazioni edilizie, le quali devono accantonare una somma nel caso in cui il patrimonio del Fondo scenda al di sotto ad una certa cifra. Se per qualunque ragione un’associazione non risponde ai criteri del Fondo Sociale, deve essere sostenuta finanziariamente dal Fondo Centrale per l’edilizia che, in cambio di tale aiuto, pretende che l’associazione proceda alla propria riorganizzazione al fine si ristabilire una situazione finanziaria positiva. Una volta ottenuto il sostegno del Fondo Centrale, l’associazione può fare richiesta dei prestiti del Fondo Sociale. In seguito alla riforma del 1998, il Fondo Centrale deve informare il Ministero dell’Edilizia circa la situazione finanziaria delle associazioni individuali e collettive, in considerazione del fatto che, in ultima analisi, il governo ha la responsabilità di definire gli aspetti principali delle politiche edilizie, come la disponibilità, il permesso, la qualità edilizia e la qualità della vita. Il Ministero esprime il proprio parere dopo aver esaminato tre documenti prodotti dalle associazioni: il rapporto annuale, una rivista di statistiche e previsioni e un rapporto sulla situazione degli alloggi sociali. Il quadro finanziario Dopo la Seconda guerra mondiale, e fino al 1988, l’Olanda utilizzava soprattutto prestiti statali per finanziare i costi del comparto sociale. Nel 1974, il sistema è stato riformato per ridurre la spesa pubblica, e il sistema delle sovvenzioni concesse a copertura dei costi è stato sostituito con la concessione di sovvenzioni stabilite a priori. Nel 1988, dal momento che il sistema risultava ancora troppo oneroso, il governo ha posto fine alla concessione dei prestiti statali sovvenzionati, sostituiti dai prestiti bancari, garantiti dal Fondo di garanzia in presenza di una solida situazione finanziaria del proprietario e garantiti in seconda battuta dallo Stato e dal comune nel quale il progetto è situato. Gli anni novanta hanno confermato e consolidato la tendenza del governo a ridurre il proprio coinvolgimento finanziario nel social housing. In particolare, l’accordo Brutering”, nel 1993, ha attribuito alle associazioni autonomia finanziaria. Attualmente, l’investimento è finanziato da prestiti pagati dalle associazioni senza l’azione governativa in qualità di garante. In futuro la maggior parte delle sovvenzioni per la costruzione saranno ridotte e rimpiazzate con sovvenzioni personali.
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Un cambiamento drastico si è verificato nel 1995, quando sono stati aboliti gli accordi tra lo Stato ed i proprietari sociali, in quanto l’ammontare delle sovvenzioni dovute ai proprietari ed i prestiti da loro richiesti erano equivalenti. Da allora, i proprietari sociali non hanno più beneficiato di sovvenzioni statali e si finanziano attraverso banche commerciali o direttamente sul mercato libero. Tuttavia, questo non significa che lo Stato non sia più coinvolto nel comparto del social housing, in quanto il principale creditore resta una banca pubblica ed il fondo d’investimento ha una garanzia pubblica. Si tratta di un sistema valido in Olanda, dove il comparto sociale è estremamente solido ed esiste una chiara volontà politica di farlo funzionare e di facilitare gli affittuari ad acquistare l’alloggio in cui vivono. Con riferimento alla tassazione, i canoni per i settori privato e sociale sono esenti da Iva e inoltre alcune istituzioni possono optare per l’esenzione Iva per alcune attività. Criteri di accesso Gli alloggi gestiti dalle associazioni edilizie sono disponibile per qualunque famiglia il cui livello di reddito sia inferiore ad un determinato limite. Il richiedente deve essere maggiorenne ed avere un lavoro o un legame personale nella zona in cui richiede l’alloggio. Il processo di assegnazione è coordinato dalle associazione edilizia in base ad una lista d’attesa il cui ordine è determinato da un sistema di punteggi. Viene data priorità alle famiglie in condizioni di emergenza, come coloro che hanno la casa demolita. Il problema principale è rappresentato dal fatto che qualunque cambiamento della condizione della famiglia, come la nascita di un nuovo figlio, comporta l’obbligo di iscriversi nuovamente alla lista d’attesa, ritardando i tempi di assegnazione. Inoltre, è previsto un sistema di offerte basato sul modello “Delft” in base al quale le associazioni pubblicizzano gli alloggi liberi in una rivista speciale e i richiedenti sono invitati a compilare un modulo indicando quale tipologia di alloggio stiano cercando. Alcune case sono riservate ai gruppi specifici come anziani, disabili, acquirenti della prima casa o coloro che intendono migliorare la propria condizione abitativa.
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POLONIA Il quadro legislativo L’art. 75 della Costituzione polacca stabilisce che le autorità pubbliche devono condurre una politica idonea a soddisfare la richiesta di casa da parte di tutti i cittadini ed, in particolare, a ridurre i senzatetto, sostenere la costruzione di alloggi sociali e le attività dei cittadini finalizzate a procurarsi una casa adeguata. La tutela dei diritti degli affittuari, invece, è determinata da una legge specifica. Le dimensioni del settore Le dimensioni del settore locativo in Polonia sono diminuite negli ultimi 15 anni in seguito alla privatizzazione degli immobili esistenti, che sono stati venduti agli affittuari che li occupavano. Attualmente, gli alloggi in proprietà rappresentano il 57 per cento dello stock residenziale, contro il 17 per cento di alloggi in regime di affitto privato e il 26 per cento di alloggi sociali, di proprietà sia delle autorità locali che delle cooperative ed associazioni. Gli alloggi sociali sono concentrati nelle aree urbane, dove rappresentano circa il 37 per cento dello stock e presentano uno standard qualitativo modesto a causa del lento e scarsamente programmato sviluppo urbano, del ruolo marginale dei comuni e della carenza di risorse finanziarie durante l’epoca comunista. Con riferimento all’attività edilizia, si calcola che circa il 15 per cento dei nuovi progetti sia rappresentato da alloggi sociali. Il quadro istituzionale Gli alloggi sociali possono essere di proprietà delle seguenti organizzazioni: • comuni, che li affittato ai cittadini secondo le regole della politica locale. Autorità locali, che li destinano ai cittadini svantaggiati • organizzazioni senza scopo di lucro (Tbs) che offrono residenze in affitto con canoni economici ma regolamentati e assegnati in base ai limiti di reddito. Le Tbs gestiscono gli investimenti nelle costruzioni e la rivitalizzazione dello stock abitativo • cooperative, il cui stock ha subito una riduzione in seguito all’acquisto dell’alloggio da parte di molti affittuari
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• datori di lavoro, che recentemente tendono a trasferire ai comuni il proprio stock di alloggi sociali La qualità e le caratteristiche degli alloggi sociali sono diverse a seconda della zona in cui sono situati, alle dimensioni delle città e ai problemi di sviluppo. In generale, gli alloggi comunali sono ubicati in centro soprattutto nelle grandi e medie città e le principali problematiche che devono affrontare i comuni sono la crisi della finanza pubblica, il progressivo invecchiamento della popolazione, il degrado dello stock, la povertà degli affittuari e la carenza di provvedimenti. Gli alloggi delle Tbs sono situati in tutte le zone, soprattutto nelle medie e grandi città, e sono caratterizzati da un buono standard, bassi costi di manutenzione e un buon mix sociale. Gli alloggi delle cooperative sono situati nelle aree centrali e periferiche delle grandi e medie città, con uno standard soddisfacente e un’efficiente sistema di coesione sociale. Gli alloggi dei datori di lavoro, infine, sono situati nelle periferie di tutti i tipi di città, e sono caratterizzati da un’elevata quota di anziani e persone in stato di povertà, basso standard qualitativo e gestione scadente. Il quadro finanziario Negli anni novanta è stata approvata una nuova normativa riferita al finanziamento degli alloggi sociali, basata sulla concessione di prestiti a lungo termine per la costruzione e modernizzazione degli alloggi da destinare all’affitto, mentre nel 1995 sono nate le associazioni edilizie (Tbs). Il Fondo edilizio nazionale offre crediti agevolati a lungo termine alle Tbs e alle cooperative edilizie. Il fondo inizialmente era finanziato dal bilancio centrale, mentre attualmente deve circa il 60 per cento delle sue risorse al bilancio centrale, mentre la parte restante proviene per il 28 per cento dalla Banca Centrale e dai mercati finanziari, e per il 12 per cento si tratta di fondi propri. Il Fondo concede prestiti a lungo termine (35 anni), con duplice indicizzazione, a tassi di interesse agevolati (metà del livello di mercato) e il loro ammontare può raggiungere il 70 per cento dei costi di costruzione. Lo Stato offre garanzie per le opere di ristrutturazione, che possono coprire il 50 per cento degli interessi nei prestiti commerciali, fino a 10 anni. Lo stock abitativo posseduto dalla Tbs è sostenuto con fondi pubblici e gli affittuari degli alloggi di proprietà delle cooperative possono optare per la proprietà una volta che hanno restituito la parte del prestito emessa per la costruzione dei loro alloggi. I nuovi alloggi delle cooperative in affitto sono finanziati con prestiti del Fondo edilizio nazionale.
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Criteri di accesso Gli alloggi sociali possono essere affittati a due categorie di persone: • coloro a cui il diritto all’alloggio sociale viene garantito dal tribunale dopo lo sfratto (disabili, famiglie con figli) • coloro che non hanno alcun diritto giuridico ad un’altra abitazione e il cui reddito sia inferiore ad un determinato limite. I limiti sono piuttosto elevati, in quanto corrispondono agli stipendi medi della regione. Non è prevista l’iscrizione in una lista d’attesa.
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PORTOGALLO Il quadro legislativo Il Portogallo è uno dei primi Paesi ad includere il diritto alla casa nella propria Costituzione, promulgata nel 1976. L’articolo 65 stabilisce che “ognuno ha il diritto di avere un alloggio di dimensioni adeguate, che soddisfi gli standard minimi di igiene e comodità e preservi la privacy del nucleo familiare”. Negli anni ottanta, la politica edilizia era basata sull’impegno dell’amministrazione centrale, che operava attraverso il Fondo di sviluppo edilizio. Più tardi il governo ha trasferito il ruolo di promozione edilizia all’Istituto nazionale per l’edilizia e all’Istituto per la gestione dell’edilizia statale. Dal 1996 il tema è diventato sempre più importante per lo sviluppo del Paese e nelle maggiori città sono stati elaborati programmi speciali di ri-collocazione delle famiglie a basso reddito, che vivono tuttora in condizioni di povertà. Il programma di solidarietà ed assistenza con l’iniziativa di recupero dello stock edilizio perseguiva un obiettivo simile ma poneva l’attenzione sulle famiglie in difficoltà economica che vivono nelle zone vecchie o nel centro delle città. L’iniziativa aiuta le famiglie in possesso della propria abitazione con riferimento ai lavori di manutenzione e ristrutturazione. Le dimensioni del settore Il numero di alloggi sociali è limitato in Portogallo, e rappresenta solo il 5 per cento dello stock residenziale, contro il 23 per cento degli alloggi in regime di affitto privato. Il 64 per cento dello stock è di proprietà e il restante 8 per cento è rappresentato da immobili occupati ad altro titolo. Per quanto riguarda l’attività edilizia non sono disponibili dati ufficiali, ma si calcola che gli alloggi sociali rappresentino circa l’8-10 per cento delle nuove costruzioni. Il quadro istituzionale Gli enti pubblici coinvolti nel social housing sono: • il governo è responsabile di formulare le politiche di social housing, di sostenere finanziariamente la costruzione di alloggi sociali e di concedere prestiti per l’edilizia
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• le regioni sono responsabili di promuovere il social housing nell’ambito del loro territorio ed hanno l’incarico di gestire lo stock in affitto. Ci sono due regioni autonome (Les Acores e Madère), che hanno poteri legislativi limitati • l’amministrazione locale, con l’aiuto delle Istituzioni private di solidarietà sociale, è responsabile per lo sviluppo urbano, la costruzione e la gestione degli alloggi sociali. Per quanto riguarda la realizzazione degli alloggi sociali, circa il 44 per cento dello stock viene realizzato dai comuni, il 42 per cento dalle società private e il 12 per cento dalle cooperative. Infine, le associazioni di volontari sono diventate sempre più attive nell’alloggiamento dei senzatetto. Il quadro finanziario Le sovvenzioni per la realizzazione di progetti sociali avvengono sotto forma di prestiti a basso tasso di interesse concessi dal settore privato e garantiti dal governo. Negli anni recenti, le riduzioni nei tassi di interesse ha comportato un forte aumento del numero di acquisti di case individuali. Sono previsti prestiti con “tassi speciali” per famiglie a basso reddito. Inoltre le famiglie possono beneficiare delle seguenti forme di assistenza: • prestiti bancari per l’acquisto di case individuali • contributi governativi alle famiglie che non superano determinati limiti di reddito con riferimento ai lavori di ristrutturazione degli alloggi vecchi • un contributo, pari fino al 50 per cento del canone medio, e la concessione di un tasso di interesse ridotto sulla parte priva di contributi a favore delle le famiglie che vivono nelle regioni più povere • la concessione di un canone di locazione sovvenzionato, la cui entità dipende dal reddito, a favore delle famiglie che sono state spostate in alloggi sociali in seguito a cause di forza maggiore. Recentemente, è stato approvato un programma di incentivi finalizzato ad assistere i giovani che affittano casa, offrendo garanzie variabili a seconda dei redditi familiari e del livello del canone di affitto.
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REGNO UNITO Il quadro legislativo La legge del 1977, modificata nel 1996, stabilisce il diritto alla casa per i senzatetto e le persone con gravi problemi come donne incinte, famiglie con bambini, anziani. La legge impone alle autorità locali di ospitare queste categorie di persone in soluzioni temporanee in attesa dell’assegnazione di un alloggio sociale. Il diritto è garantito dalla legge, e i cittadini possono sottoporre il proprio caso al Tribunale, anche se si tratta di un’azione intentata raramente. Nel marzo 2000 è stato pubblicato un documento governativo sull’argomento “la qualità e la scelta dell’alloggio” che enfatizza il concetto di casa decente per tutti. L’ultima decisione governativa del luglio 2002 prevedeva lo stanziamento di un miliardo di sterline per il social housing tra il 2002-2003 e il 2005-2006, e il progetto articolato su 10 punti garantiva entro il 2010 che tutti gli alloggi sociali rispondano ai criteri di adeguatezza e decoro. Le dimensioni del settore Lo sviluppo degli alloggi sociali nel Regno Unito è secolare e, nel 1939, rappresentava già il 10 per cento dello stock residenziale. Nel 1979, il governo Thatcher ha introdotto un cambiamento radicale nella politica edilizia incoraggiando la proprietà residenziale con l’introduzione del “diritto all’acquisto” per gli affittuari delle autorità locali e di alcune associazioni edilizie. Di conseguenza, più di un terzo degli affittuari di alloggi sociali ha acquistato la propria casa. Inoltre, il governo ha incoraggiato le autorità locali a trasferire lo stock in affitto alle associazioni e si è assistito al passaggio di oltre 100 mila alloggi nel 20022003. Sebbene nel corso del tempo abbia incontrato numerosi problemi e abbia registrato alcune contrazioni, il comparto degli alloggi sociali rappresenta ancora il 21 per cento dello stock residenziale, per un totale di oltre 5 milioni di alloggi, ed è il secondo mercato europeo più grande dopo quello olandese. Il resto dello stock residenziale è composto per il 69 per cento da alloggi in proprietà e per il 10 per cento in regime di affitto privato. Per quanto riguarda l’attività edilizia, nel periodo 2000-2005 sono state realizzati circa 38 mila nuovi alloggi e ne sono stati ristrutturati circa 7.000.
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Il quadro istituzionale Il social housing è gestito principalmente dalle autorità locali, dalle associazioni edilizie e, in Irlanda, dall’Housing Executive. Il governo assicura che i progetti locali di assegnazione, che vengono concordati tra autorità locali e proprietari, corrispondano alle direttive nazionali. A livello locale, le agenzie regionali di sviluppo sono state introdotte dal Governo laburista che aveva la responsabilità della rigenerazione delle aree. Anche se le associazioni edilizie stanno incrementando la percentuale di stock, le autorità locali posseggono ancora quasi il doppio degli immobili delle associazioni. Le associazioni sono organizzazioni private, senza scopo di lucro, registrate presso la Corporazione edilizia, che a sua volta è controllata dallo Stato. La Corporazione edilizia riceve rapporti regolari dalle associazioni ed ha una serie di poteri statutari al fine di assicurare il buon governo, la visibilità finanziaria e il raggiungimento degli obiettivi delle associazioni. Tuttavia le modifiche introdotte nel 2002 stabiliscono che la Nao (National audit office) risponde al Parlamento e ha il diritto di investigare circa le spese delle associazioni per poi riferire al Parlamento stesso. Il quadro finanziario Il Regno Unito è l’unico Paese in cui il sostegno è offerto attraverso sovvenzioni dirette anziché prestiti sovvenzionati. La maggioranza degli alloggi sociali negli anni novanta è stata realizzata dalle associazioni edilizie e da un ristretto numero di cooperative, che vengono sostenute economicamente dal governo. Le autorità locali hanno un conto particolare chiamato “stanziamento per il social housing”, che contribuisce ad oltre il 50 per cento dei costi di sviluppo del social housing. Il bilancio del fondo è finanziato privatamente dalle banche, dalle società di costruzioni e dai mercati capitali. Le associazioni edilizie finanziano i propri investimenti attraverso prestiti privati, una sovvenzione da parte della Corporazione edilizia e fondi propri. La Corporazione edilizia è un’organizzazione indipendente, specializzata, senza scopo di lucro, che si finanzia attraverso l’emissione di obbligazioni e prendendo denaro in prestito dalle banche. E’ stata creata dopo che alcune associazioni edilizie hanno incontrato difficoltà ad assicurare il finanziamento dei progetti ad elevato contenuto sociale. Le autorità locali sono esenti da imposte, mentre le associazioni edilizie sono soggette all’Iva ma sono esenti dalle imposte societarie. I residenti a basso reddito possono godere di una sovvenzione personale per coprire i costi dell’abitazione.
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Il caso inglese rappresenta un valido esempio di trasparenza delle sovvenzioni, che vengono offerte dal mercato e sfruttano tutto il potenziale dei mercati finanziari sviluppati come emissione di obbligazioni, prestiti e cartolarizzazione dei canoni. Si tratta di un sistema di difficile applicazione negli altri Paesi, dove lo sviluppo dei mercati finanziari è decisamente meno evoluto. Criteri di accesso I criteri di registrazione dei richiedenti nella lista d’attesa prendono in considerazione il domicilio nel Regno Unito e la condizione della famiglia. I criteri di registrazione sono controllati dall’organizzazione dei proprietari e le autorità locali hanno il diritto di assegnare il 50 per cento degli alloggi disponibili, anche se un accordo tra le autorità locali e le associazioni di categoria può elevare tale limite fino al 100 per cento. I richiedenti hanno un punteggio secondo determinati criteri, quali l’eventuale appartenenza ad un gruppo specifico, il reddito, l’eventuale esigenza di spostamento in un alloggio più grande, dimensioni dell’appartamento e la richiesta di servizi particolari. Il canone è interamente sovvenzionato per le famiglie con un reddito molto basso, mentre per coloro che hanno un reddito maggiore, il contributo è ridotto di 65 sterline ogni 100. Con riferimento alla trasparenza i criteri sono elencati chiaramente nei progetti di assegnazione locale stilati dalle autorità locali e pubblicati. Il governo deve controllare che tali progetti siano conformi alle direttive nazionali.
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SPAGNA Il quadro legislativo La Costituzione spagnola disciplina il diritto alla casa. L’art 47 recita: “ tutti i cittadini spagnoli hanno diritto ad abitare in un alloggio decoroso ed adeguato. Le autorità pubbliche promuovono le condizioni necessarie e stabiliscono gli standard adeguati al fine di rendere effettivo tale diritto”. Nel 1978 il settore della pianificazione edilizia è stato decentralizzato dal governo ai comuni e alle regioni autonome, che sono divenuti responsabili per la realizzazione di alloggi in base al progetto edilizio statale. L’obiettivo della decentralizzazione era di migliorare la situazione del social housing in quanto le regioni conoscevano meglio gli interessi della popolazione locale. Nel 1999 sono entrati in vigore due piani edilizi, che hanno avuto durata triennale. Il primo, applicato dal 1999 al 2001, si basava sull’assistenza finanziaria alle famiglie a basso reddito per l’affitto o l’acquisto di un alloggio sociale. Il piano introduceva anche gli aspetti di politica abitativa, quali l’edilizia sovvenzionata, le nuove case tutelate dallo Stato, le case destinate a gruppi specifici, la ristrutturazione e la politica dei terreni. Il piano introduceva anche gli strumenti finanziari come prestiti concordati tra istituti di credito pubblici e privati e lo Stato e sovvenzioni. Il piano abitativo del periodo 2002-2005 regolamenta il sostegno finanziario da parte del governo, le agevolazioni fiscali e i progetti pilota finalizzati alla realizzazione di alloggi sociali. Le dimensioni del settore Nonostante il diritto alla casa sia disciplinato nella stessa Costituzione, il settore locativo sociale è poco sviluppato in Spagna, dove rappresenta solo l’1 per cento dello stock residenziale, contro il 14 per cento degli alloggi in regime di affitto privato. La larga maggioranza degli alloggi, pari all’85 per cento, è di proprietà, e si tratta della quota più elevata a livello europeo dopo l’Ungheria. Per quanto riguarda l’attività edilizia, nel periodo 2000-2005 sono stati realizzati circa 19 mila alloggi sociali e ne sono stati ristrutturati oltre 7 mila. I governi stanno cercando di potenziare l’offerta di alloggi sociali dal momento che il progressivo invecchiamento della popolazione spagnola e l’aumento delle immigrazioni comportano crescenti problemi economici e di esclusione sociale e una richiesta sempre maggiore di alloggi a basso costo.
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Il quadro istituzionale La responsabilità del social housing in Spagna si articola su tre livelli: • il governo centrale ha la responsabilità di definire le linee guida dei programmi edilizi, della distribuzione dei crediti e della fiscalità • le regioni autonome hanno competenza esclusiva in alcune aree come programmazione edilizia, miglioramento delle politiche abitative stabilite dal governo centrale e gestione dello stock sociale. Le regioni autonome hanno anche la responsabilità della politica dei terreni, sulla quale lo Stato ha scarsa competenza e può intervenire solo attraverso i progetti edilizi che, a loro volta, sono basati sulla pianificazione economica del paese • i governi locali sono incaricati di sviluppare lo stock, progettare lo sviluppo e il controllo dei patrimoni edilizi e dei terreni locali. Il Consiglio economico e sociale spagnolo è un comitato di consulenza governativo e permette alle organizzazioni sociali di partecipare alla formulazione delle decisioni di politica sociale ed economica. E’ composto da 61 membri, di cui 21 rappresentano le organizzazioni del lavoro, 20 le organizzazioni economiche e 20 quelle sociali. Il quadro finanziario Il comparto del social housing è scarsamente sviluppato in Spagna in quanto il sistema di sovvenzioni destinate alla realizzazione di nuovi alloggi sociali è estremamente carente. Per quanto riguarda il finanziamento alle famiglie, il quadro legislativo è costituito dal piano abitativo del 2002-2005, che stabilisce che le famiglie con un reddito annuo inferiore a 33.055 euro hanno diritto alla concessione di prestito qualificato, mentre se il reddito non supera 24.045 euro si ha diritto ad un prestito qualificato ed alla sovvenzione. Infine le famiglie con un reddito inferiore a 21.035 euro possono trarre vantaggio di un prestito qualificato affiancato da sovvenzioni personali maggiori, pari al 15 per cento del valore della casa, ma si deve trattare di acquirenti di prima casa. Oltre al limite di reddito, le famiglie devono avere un’età compresa tra 25 e 65 anni ed essere cittadini spagnoli. Criteri di accesso Per avere diritto ad un alloggio sociale i richiedenti devono possedere determinati requisiti: non devono avere altri alloggi nella stessa località e l’alloggio che intendono richiedere deve essere usato come indirizzo permanente. Inoltre, la casa non può essere rivenduta per un periodo di 10 anni.
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SVEZIA Il quadro legislativo La Costituzione svedese non contempla il diritto alla casa, ma nel 2000 il Parlamento ha rimesso in vigore una legge che era stata abolita nel 1993 che stabilisce che i comuni devono definire i principi in base ai quali tutti gli abitanti devono godere di un alloggio adeguato. La legge incoraggia anche l’eventuale insediamento di agenzie locali. Non è previsto alcun diritto legislativo all’alloggio da parte dei senzatetto, ma i comuni hanno l’obbligo di offrire un’abitazione temporanea in caso di emergenza. Le dimensioni del settore Gli anni novanta hanno segnato l’inizio di un nuovo clima economico per la Svezia e la sua politica edilizia, grazie ad una bassa inflazione ad un elevato tasso di crescita economica, che hanno comportato un forte aumento della domanda di immobili residenziali dopo anni di crisi. Questo fenomeno è stato particolarmente evidente nelle tre città più importanti, Stoccolma, Goteborg e Malmo, che concentrano un terzo delle famiglie svedesi, la cui composizione si differenzia dalla media europea in quanto il 40 per cento delle famiglie è composta da una persona e il 30 per cento da due persone. La domanda elevata ha comportato un forte aumento dei prezzi, aggravato da una radicale riforma fiscale che ha abbassato l’imposta sui redditi, ma ha aumentato l’Iva ed elevato i costi riducendo le sovvenzioni statali. Nel complesso, i costi abitativi in Svezia sono tra i più elevati in Europa e la carenza di alloggi in affitto rappresenta un problema particolarmente grave per gli studenti e le famiglie con un reddito modesto. Attualmente lo stock residenziale svedese è composto per il 53 per cento da alloggi in proprietà, per il 18 per cento da alloggi in regime di affitto privato e per il 22 per cento da alloggi sociali, mentre il restante 7 per cento è occupato ad altro titolo. Con riferimento all’attività edilizia, nel periodo 2000-2005 sono stati realizzati circa 5 mila alloggi l’anno e ne sono stati ristrutturati circa 8 mila.
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Il quadro istituzionale Lo Stato è responsabile della definizione della politica edilizia generale, mentre i comuni decidono i tempi, i luoghi e le modalità di realizzazione degli alloggi sociali. Infine le organizzazioni edilizie detengono la proprietà degli alloggi sociali e competono sul mercato allo stesso livello delle società private. Il loro obiettivo è di offrire abitazioni adeguate alle esigenze di tutte le tipologie di famiglie. Le organizzazioni sociali dipendono dai comuni, sono responsabili dell’assegnazione degli alloggi e sono rappresentate dallo Sabo, la federazione che comprende 300 membri, che gestiscono oltre 500 mila alloggi sociali. Inoltre in Svezia esiste un sistema efficiente di cooperative, che detengono oltre 400 mila alloggi. Le cooperative più importanti sono HSB e Riksbyggen. Il quadro finanziario Il finanziamento del comparto del social housing è coordinato su due livelli: la definizione degli aspetti legislativi e finanziari è di competenza del governo centrale, mentre i comuni hanno la responsabilità di pianificare e garantire l’accesso alla casa. Nel 1992 il governo svedese ha introdotto un nuovo sistema di finanziamento, finalizzato a ridurre l’impegno statale. I prestiti governativi con bassi tassi di interesse sono stati ridotti ad un periodo di 10 anni e sono stati introdotti interessi garantiti dallo stato. A partire dalla riorganizzazione del sistema finanziario si sono presentati alcuni problemi che devono ancora essere risolti. Nel 2001 il governo ha deciso di sostenere la costruzione di alloggi sociali ed ha emesso una sovvenzione di circa 250 milioni di euro suddivisi su un periodo di cinque anni. Nel 2003 il governo ha lanciato un altro schema di sostegno statale al fine di incrementare la percentuale di alloggi nuovi da destinare alla locazione nel periodo 2000-2005. Una riduzione fiscale, pari al 30 per cento della spesa degli interessi, viene concessa per l’acquisto di alloggi da adibire ad uso proprio. Criteri di accesso L’obiettivo della Svezia è sempre stato quello di offrire a tutti i cittadini un alloggio adeguato a prezzi ragionevoli e non sono previsti specifici criteri di accesso, in quanto le famiglie a basso reddito possono ottenere sovvenzioni individuali per affittare un alloggio.
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Tavola 1 Attività edilizia nel periodo 2000-2005 nei principali Paesi europei
Paese
Alloggi sociali Alloggi sociali realizzati mediamente ristrutturati Stock di alloggi sociali ogni anno mediamente ogni anno
Austria
787.200
13.000
n.d.
Belgio
337.400
3.000
19.700
Danimarca
501.600
5.700
n.d.
Estonia
18.720
0
0
Finlandia
411.840
39.000
2.300
Francia
5.014.150
65.000
86.000
Germania
11.677.500
15.000
n.d.
Grecia
109.300
1.300
1.200
Ungheria
124.020
0
20.000
Irlanda
158.000
1.800
0
1.591.560
25.000 (°)
30.000 (°)
3.520
500
150
Olanda
2.383.850
20.000
60.000
Regno Unito
5.379.570
38.000
7.000
Spagna
209.470
19.000
7.000
Svezia
957.220
5.000
8.000
Italia Lussemburgo
(°) = di cui il 90 per cento ad opera di cooperative Fonte: Commissione Economica Europea
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Tavola 2 Finanziamento del social housing nell'ambito dell'Unione europea
Paese Austria
Belgio
Danimarca Estonia Finlandia Francia
Germania
Grecia Irlanda Italia
Lussemburgo Olanda
Polonia Portogallo Regno Unito
Spagna
Svezia
Livello di intervento federale lander locale federale regionale locale nazionale locale n.d. nazionale locale nazionale regionale dipartimentale locale federale lander locale nazionale locale nazionale locale nazionale regionale locale nazionale locale nazionale regionale locale n.d. nazionale locale nazionale regionale locale nazionale autonomie locale nazionale locale
Mutui con bassi tassi Garanzia Accesso ai Esenzione Riduzione Fondi Assegnazione di interesse pubblica terreni fiscale Iva privati
x
x
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Azionisti
x x
x x
Fonte: Cecodhas
89
FOCUS ITALIA
T
ra le grandi nazioni europee, l’Italia è il Paese con la piu’ bassa percentuale di alloggi in “affitto sociale”. Solo il quattro per cento dello stock, secondo i dati della Commissione Economica Europea, rientra in questa tipologia. Si tratta di poco di più di un milione di alloggi che, per circa 75 per cento appartengono agli Iacp, mentre il resto è proprietà di comuni o altri enti territoriali. Nel corso degli ultimi anni sono state effettuate alcune vendite a livello locale (es. Milano), ma nel complesso lo stock è stabile da circa 15 anni. Le nuove realizzazioni sono nell’ordine di poche migliaia l’anno, mentre è piu’ intensa l’attività di ristrutturazione. Lo Stato definisce l’inquadramento legislativo delle politiche di social housing, che viene integrato dalle regioni e dai comuni. A partire dal 1990 l’Italia ha approvato una serie di riforme con i seguenti obiettivi: • liberalizzazione della politica abitativa al fine di promuovere gli investimenti privati • creazione di un fondo nazionale per la costruzione degli alloggi e il sostegno di coloro che cercano casa • creazione di un osservatorio nazionale finalizzato ad analizzare le condizioni di vita della popolazione • riforma degli Iacp (Istituti autonomi case popolari) finalizzata ad accrescere l’efficienza dei piani finanziari ed a promuovere la competizione con gli altri protagonisti del mercato. Secondo il decreto legislativo n.112 del 31 marzo 1998, le regioni sono responsabili del social housing, sebbene il governo sia competente in alcuni settori, quali la concessione di servizi e la raccolta, elaborazione, distribuzione e valutazione delle informazioni relative al mercato abitativo. Le regioni e le autorità locali devono pianificare le risorse finanziarie, determinare i criteri di accesso agli alloggi sociali ed i livelli dei canoni. Infine, le cooperative si limitano a realizzare alloggi a favore dei propri iscritti. Le risorse destinate al finanziamento del social housing hanno registrato un calo, soprattutto a causa della fine dei finanziamenti da parte dell’ex Gescal, da cui provenivano le risorse maggiori.
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Ci sono tre tipi di sostegno finanziario: • edilizia sovvenzionata, che consiste nel finanziamento attraverso contributi diretti alle famiglie a basso reddito. Si tratta di un comparto gestito dai comuni e dagli Iacp • edilizia agevolata, che consiste nel sostegno a favore delle famiglie con un reddito medio, interessate ad acquistare o affittare un alloggio tramite la concessione di prestiti a tasso agevolato previsti dalla legge 179/92. Il comparto è gestito dalle cooperative edilizie che, in base alla legge 457/78, possono utilizzare risorse pubbliche. • edilizia convenzionata, i cui costi di trasferimento e canoni sono regolamentati da accordi specifici stipulati tra comune e cooperative o società di costruzioni a livello locale. L’edilizia sociale era originariamente limitata a soddisfare le esigenze delle famiglie di basso livello sociale, ma successivamente, in seguito alla normativa della Corte di Giustizia Europea, il gruppo di riferimento è stato ampliato. I richiedenti devono provvedere alla registrazione in una lista d’attesa predisposta da una commissione mista presieduta da un magistrato e composta dal sindaco, dal presidente dello Iacp, da un membro del governo locale e da tre rappresentanti del sindacato dei lavoratori. La graduatoria deriva da una serie di punteggi che vengono attribuiti in base a fattori quali le attuali condizioni abitative, le dimensioni della famiglia, il reddito,ecc. I criteri sono diversi a seconda della regione. La questione abitativa Nel corso degli ultimi dieci anni si è registrata una nuova esplosione della questione abitativa in Italia, con un allargamento dalle categorie sociali più deboli al ceto medio. Rispetto al passato, infatti, quando il problema della ricerca di un’abitazione riguardava un numero relativamente contenuto di famiglie, negli ultimi anni l’emergenza abitativa ha investito una fascia più ampia della popolazione italiana, facendo emergere, nel dibattito politico, il problema di approntare strumenti nuovi ed efficaci per garantire il controllo del fenomeno. La crisi in atto riguarda proprio le famiglie che vivono in abitazioni in affitto a canone di mercato, ed il fenomeno sembra concentrarsi soprattutto nelle grandi aree metropolitane, dove sono stati più consistenti gli incrementi dei canoni negli ultimi anni (più 60 per cento in cinque anni). Le statistiche fornite dal Ministero dell’interno sugli sfratti evidenziano che, tra il 2001 ed il 2005, il numero di provvedimenti emessi dalle autorità giudiziarie è aumentato dell’11,1 per cento, portandosi dai 40.500 del 2001 ai 45mila del
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2005. Il numero di procedure eseguite ha subito un aumento percentuale ancor più consistente (più 23,2 per cento), passando da 20.600 a 25.400. Questi dati sono indicatori di una problematica abitativa in forte aumento presso le famiglie italiane, soprattutto per problemi di natura economica. Sempre nelle stesse statistiche fornite dal Ministero dell’Interno, infatti, emerge che, nel 71,4 per cento dei casi, le procedure di sfratto emesse nel corso del 2005, sono state causate da problemi di morosità degli affittuari. Rispetto al 2001,quando la percentuale in questione era del 66,5 per cento, si riscontra un forte aumento dei casi di morosità, quantificabile in un più 7,4 per cento. In media, nell’intero arco di tempo considerato, il 69,8 per cento delle procedure di sfratto è stato prodotto da cause economiche, ovvero dall’impossibilità, per gli acquirenti, di sostenere l’alto livello degli affitti. La liberalizzazione del mercato degli affitti, avviata in Italia a partire dal 1992 con l’introduzione dei patti in deroga, si è conclusa nel 1998 con l’emanazione della legge n. 431, sostitutiva degli stessi patti in deroga e della vecchia legge sull’equo-canone. Il provvedimento in questione, proponendosi di sbloccare un mercato immobiliare troppo ingessato, avrebbe dovuto innescare un processo di progressiva liberalizzazione dei canoni, contribuendo, contemporaneamente, a combattere il fenomeno degli affitti in nero. La legge 431, infatti, prevedeva la possibilità, per il cittadino, di scegliere tra diverse soluzioni contrattuali: da un lato c’era la possibilità di sottoscrivere un contratto libero, della durata di quattro anni, dall’altro l’alternativa rappresentata dal contratto a canone concordato, il cui contenuto era invece definito a livello locale, in base alla concertazione tra associazioni dei proprietari e degli inquilini. L’obiettivo, mal riuscito, era quello di favorire l’accesso al mercato degli affitti per le famiglie di reddito medio, che non fossero proprietarie dell’abitazione. Per i nuclei familiari a più basso reddito, invece, che non potevano accedere ad abitazioni in edilizia residenziale pubblica, era stata prevista l’istituzione di un Fondo nazionale di sostegno per l’accesso alle abitazioni in locazione, finanziato da Stato, regioni e comuni. Il cambiamento sul piano legislativo non ha prodotto gli effetti desiderati, visto che accanto al mercato dei canoni liberi non si è sviluppata un’offerta consistente di abitazioni a canone concordato. Nel contempo, si è registrata una diffusione molto forte di contratti parzialmente o totalmente a nero. Attualmente, si stima che la percentuale di contratti a canone concordato (equo canone e patti in deroga) oscilli tra il 10 e il 12 per cento del totale dei contratti di affitto, con una tendenza a contrarsi ulteriormente nei prossimi anni (soprattutto perché una parte di questi contratti è applicata in immobili di proprietà pubblica, ora progressivamente in vendita). La percentuale di inquilini “da privati” nel nostro Paese scende di circa l’uno per cento l’anno, arrivando ormai a meno del 20 per cento delle famiglie. Alla contrazione del mercato delle locazioni a favore della piccola proprietà, è seguita anche la progressiva erosione dello stock abitativo offerto in locazione. I
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costruttori, data anche la particolare congiuntura, caratterizzata dal binomio affitti elevati/bassi tassi di interesse, hanno realizzato alloggi quasi esclusivamente destinati alla vendita, giudicando poco remunerativo investire nel mercato degli affitti. Lo Stato ha ridotto notevolmente l’intervento in materia abitativa, tanto che la dotazione finanziaria del Fondo sociale per l’affitto, istituito nel 1999, si è ridotta dai 500 milioni iniziali agli attuali 230 milioni di euro. La sostanziale assenza di un bonus casa per l’affitto, a sostegno degli inquilini a basso reddito, ha contribuito a creare una consistente sacca di disagio abitativo, che nel tempo si è estesa anche alle famiglie con redditi medi. Per queste fasce sociali si apre dunque una prospettiva di maggiore precarietà, con il rischio di esclusione abitativa e di un maggiore bisogno di interventi assistenziali. Secondo Federcasa, infatti, sarebbero circa seicentomila le domande inevase di aventi diritto ad un alloggio in edilizia residenziale pubblica. Solo recentemente il tema dell’affitto è tornato di , relativo, interesse. Il termine “social housing” viene usato in riferimento alla costruzione di alloggi con affitto calmierato destinati a particolari categorie: studenti, giovani coppie, immigrati. Questo implica una cessione gratuita (o quasi) di aree edificabili, nella costruzione di alloggi a basso costo e quindi di affitti contenuti ma che conservano il reddito ad un investitore. E’ il caso del fondo immobiliare promosso dalla Fondazione Housing sociale e di quello costituito di Fimit. Si tratta di iniziative “pilota”, necessariamente circoscritte, che hanno tempi lunghi perché mettono in moto l’intera filiera produttiva. Rimangono escluse le fasce economicamente più deboli, per le quali sarebbero necessari alloggi a canone molto basso. E’ necessario, a questo proposito, un piano di intervento pubblico, a cui associare poi i privati.Secondo i dati del Ministero delle infrastrutture occorrono risorse tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro, che servano a costruire case e dare incentivi a chi affitta a canoni calmierati
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TAVOLE
Tavola 1 Incidenza della spesa per il social housing rispetto ai prodotti interni lordi nazionali (valori percentuali, periodo 2000-2006)
Grecia Portogallo Lussemburgo Italia Spagna Belgio Irlanda UE Finlandia Austria Germania Danimarca Francia Polonia Svizzera Svezia Regno Unito Olanda
0,0
Fonte: Eurispes
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
Tavola 2 Incidenza dei debiti ipotecari sul prodotto interno lordo nei Paesi europei (valori percentuali, giugno 2006)
100
90
80
70
%
60
50
40
30
20
10
Fonte: elaborazione Scenari Immobiliari su dati banche centrali
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Tavola 3 Variazione dell'incidenza dei debiti ipotecari sul prodotto interno lordo negli ultimi cinque anni nei Paesi europei (valori percentuali, periodo 2002-2006)
40
35
30
25
%
20
15
10
5
-10
Fonte: elaborazione Scenari Immobiliari su dati banche centrali
Sv ez ia
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-5
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Tavola 4 Contributo diretto alle famiglie per l'affitto di un alloggio sociale: percentuale di beneficiari sul totale degli affittuari (valori percentuali, 2004-2005)
30
25
20
15
10
5
0 Francia
Svezia
Regno Unito
Fonte: Cecodhas, Commissione Economica Europea, Eurostat
Olanda
UE
Germania
Tavola 5 Contributo diretto alle famiglie per l'affitto di un alloggio sociale (euro/abitante, 2004-2005)
400 350 300 250 200 150 100 50 0 Regno Unito
Francia
Svezia
Fonte: Cecodhas, Commissione Economica Europea, Eurostat
Olanda
Germania
EU
Tavola 6 Suddivisione dello stock residenziale nell'Unione Europea Numero totale alloggi = 214.293.000
Regime di affitto sociale 16%
Regime di affitto privato 20%
Fonte: Commissione Economica Europea
Altro 1%
Regime di proprietà 63%
Tavola 7 Suddivisione della proprietà degli alloggi sociali nell'ambito dell'Unione Europea
Alloggi sociali totali = 34.287.000
Settore privato 47,2%
Settore pubblico 52,8%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 8 Popolazione a rischio povertà (al di sotto del 60 per cento del reddito medio nazionale) (% sulla popolazione attiva) Paese Belgio Rep Ceca Danimarca Germania Estonia Grecia Spagna Francia Irlanda Italia Lussemburgo Ungheria Olanda Austria Polonia Portogallo Slovenia Slovacchia Finlandia Svezia Regno Unito Bulgaria Romania UE
Prima dell'assistenza sociale 23,0 18,0 36,0 21,0 25,0 23,0 23,0 24,0 30,0 22,0 23,0 20,0 21,0 22,0 30,0 24,0 17,0 28,0 19,0 14,0 29,0 19,0 22,0 22,0
Fonte: Commissione Economica Europea, Eurostat
Dopo l'assistenza sociale 13,0 8,0 10,0 11,0 18,0 20,0 19,0 15,0 21,0 19,0 12,0 10,0 11,0 12,0 15,0 20,0 11,0 21,0 11,0 9,0 17,0 16,0 17,0 15,0
Tavola 9 Popolazione a rischio povertà (al di sotto del 60 per cento del reddito medio nazionale) (% sulla popolazione attiva, dopo l'assistenza sociale)
24,0 22,0 20,0 18,0 16,0 14,0 12,0 10,0 8,0 6,0 4,0 2,0
Fonte: Commissione Economica Europea, Eurostat
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Tavola 10 Situazione abitativa nell'Unione Europea (valori percentuali sul totale delle famiglie, giugno 2006)
un adulto solo 11%
3 o più adulti con bambini 13%
due adulti 23%
due adulti con bambini 35% 3 o più adulti 14% 1 adulto con bambini 4%
Fonte: Eurostat
Tavola 11 Gli indicatori principali del mercato del lavoro nei principali Paesi Europei
Paese
Posti di lavoro (migliaia)
Contratti temporanei (% sulla forza lavoro)
Contratti parttime (% sulla forza lavoro)
Tasso di disoccupazione (%)
Austria
3.745
8,7
19,7
5,0
Belgio
4.134
8,6
21,5
8,4
Bulgaria
2.871
6,9
1,9
12,0
Repubblica ceca
4.672
9,1
4,8
8,2
Danimarca
2.691
8,8
22,1
5,1
577
2,4
7,7
8,7
Finlandia
2.327
14,7
14,4
8,0
Francia
24.048
12,6
16,9
9,5
Germania
35.811
12,4
22,3
10,1
Grecia
4.250
11,7
4,6
10,5
Ungheria
3.884
7,1
4,7
6,3
Irlanda
1.859
3,6
16,7
4,5
Italia
22.286
12,0
12,8
8,3
186
4,9
17,8
4,8
Olanda
8.022
15,1
45,8
4,6
Norvegia
2.226
10,1
29,4
3,9
Portogallo
4.821
19,4
11,5
7,5
Polonia
13.731
24,0
11,1
18,3
Romania
8.592
2,0
9,2
8,5
Slovacchia
2.189
5,7
2,6
17,3
Slovenia
911
17,7
8,8
6,6
Spagna
18.181
32,9
8,7
10,6
Svezia
4.195
15,2
24,0
6,2
Svizzera
3.959
n.d.
31,7
4,3
Regno Unito
27.614
6,0
25,3
4,7
Totale
207.782
13,4
17,6
8,8
Estonia
Lussemburgo
Fonte: Commissione Economica Europea
Fonte: Commissione Economica Europea Ita lia
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Tavola 12 Il tasso di disoccupazione nei Paesi Europei (dicembre 2006) 20,0
18,0
16,0
14,0
12,0
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
0,0
Tavola 13 Composizione della popolazione nell'Unione Europea (media, valori percentuali, dicembre 2006)
> 65 anni 15,1%
0-14 anni 17,2%
15-24 anni 13,9%
25-64 anni 53,8%
Fonte: Commissione Economica Europea
Fonte: Commissione Economica Europea U E Fi nl Re a pu nd bb ia lic ac ec D a an im ar ca U ng he Lu ria ss em bu rg o Sl ov en ia Ci pr o O la nd a M al t Ro a m an ia Po lo ni Sl ov a ac ch ia Irl an da
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Tavola 14 Percentuale di anziani (> 65 anni) sul totale della popolazione nell'Unione Europea (valori percentuali, dicembre 2006)
20,0
18,0
16,0
14,0
12,0
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
0,0
Tavola 15 Condizioni abitative della popolazione anziana nell'Unione Europea (valori percentuali, previsioni al 2010)
70 60 50 40 65-79 anni > 80 anni
30 20 10 0 coppia che vive sola
Fonte: Eurostat
persona che vive sola
in famiglia
altro
Tavola 16 Disabili nei Paesi europei (% sul totale della popolazione, dicembre 2005) Romania Italia Lussemburgo Slovacchia Irlanda Grecia Belgio Germania Ungheria Spagna Austria Polonia Svizzera Regno Unito UE Francia Norvegia Olanda Danimarca Portogallo Svezia Finlandia Rep Ceca Estonia
0,0
Fonte: Eurostat
2,0
4,0
6,0
8,0
10,0
12,0
14,0
16,0
18,0
20,0
22,0
Tavola 17 Tasso annuale medio di crescita della popolazione nell'Unione Europea nel periodo 1960-2004 (valori percentuali )
10 9 8 7 6 5
Crescita naturale Immigrazioni
4 3 2 1 0 1960-65
-1
Fonte: Eurostat
1966-70
1971-75
1976-80
1981-85
1986-90
1991-95
1996-01
2002
2003
2004
Tavola 18 Tasso medio di aumento della popolazione nei Paesi Europei (valori percentuali, periodo 1995-2005) Estonia Ungheria Repubblica ceca Polonia Slovenia Italia Austria Slovacchia Regno Unito Germania UE Belgio Svezia Finlandia Danimarca Francia Spagna Portogallo Olanda Grecia Irlanda Lussemburgo
-16,0
-14,0
Fonte: Eurostat
-12,0
-10,0
-8,0
-6,0
-4,0
-2,0
0,0
2,0
4,0
6,0
8,0
10,0
12,0
14,0
Fonte: Eurostat a
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Tavola 19 Percentuale di stranieri sulla popolazione totale nei paesi europei (valori percentuali, 2005)
40
35
30
25
20
15
10
5
0
Tavola 20 Suddivisione dello stock residenziale (compresi alloggi vuoti e seconde case) nell'Unione Europea
Paese
Popolazione
Densità (ab per Kmq)
Popolazione nelle aree urbane (%)
Austria Belgio Bulgaria Cipro
8.200.000 10.400.000 7.830.000 802.000 5.300.000 1.400.000 5.100.000 60.400.000 82.000.000 10.500.000 3.700.000 57.600.000 5.138.000 2.326.000 429.200 398.000 15.800.000 38.800.000 10.800.000 58.600.000 10.300.000 21.800.000 5.400.000 2.000.000 39.400.000 8.900.000 10.200.000 483.523.200
96 340 70 87 125 30 15 112 231 83 56 193 36 53 174 130 391 122 114 245 129 91 110 99 81 20 109 124
65,8 97,2 44,3 69,2 85,3 69,4 60,9 76,3 88,1 60,8 59,9 67,4 66,2 66,7 91,9 91,7 65,8 61,9 54,6 89,1 74,3 54,5 57,4 50,8 76,5 83,4 65,1 70,1
Danimarca Estonia Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia Lettonia Lituania Lussemburgo Malta Olanda Polonia Portogallo Regno Unito Repubblica ceca Romania Slovacchia Slovenia Spagna Svezia Ungheria Totale
Fonte: Commissione Economica Europea
Numero alloggi Numero medio ogni 1.000 di persone per Regime di Numero alloggi abitanti alloggio proprietà (%) 3.280.000 4.820.000 2.349.000 289.000 2.640.000 624.000 2.574.000 29.495.000 38.925.000 5.465.000 1.580.000 26.526.000 2.287.000 1.016.000 176.000 147.000 6.811.000 11.764.000 5.318.000 25.617.000 4.336.000 6.649.000 1.593.000 580.000 20.947.000 4.351.000 4.134.000 214.293.000
400 463 300 300 498 446 505 488 475 520 427 461 445 437 410 369 431 303 492 437 421 305 295 290 532 489 405 443
2,5 2,2 3,3 2,8 2,0 2,2 2,0 2,0 2,1 1,9 2,3 2,2 2,2 2,3 2,4 2,7 2,3 3,3 2,0 2,3 2,4 3,3 3,4 3,4 1,9 2,0 2,5 2,3
57 74 94 n.d. 51 87 58 55 43 74 80 75 87 85 70 77 53 57 64 69 43 87 n.d. n.d. 85 53 90 63
Regime di affitto privato (%)
Regime di affitto sociale (%)
Altro (%)
16 16 5 n.d. 26 10 15 28 27 21 15 20 11 13 24 20 12 17 23 10 57 9 n.d. n.d. 14 18 4 20
24 7 1 n.d. 19 3 16 17 30 2 5 4 2 2 2 3 35 26 5 21 0 4 n.d. n.d. 1 22 3 16
3 3 0 n.d. 4 0 11 0 0 3 0 1 0 0 4 0 0 0 8 0 0 0 n.d. n.d. 0 7 3 1
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Fonte: Commissione Economica Europea M al Lu ta ss em bu rg o Le tto ni a Li tu an ia G re ci a Bu lg ar ia Sp ag na Re p. Ce ca
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Tavola 21 Quota di alloggi sociali sul totale dello stock residenziale nei principali Paesi dell'Unione Europea 40%
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
Tavola 22 Suddivisione dello stock residenziale in Austria (valori percentuali, giugno 2006) Numero totale alloggi = 3.280.000
Altro 3% Affitto sociale 24%
Proprietà 57% Affitto privato 16%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 23 Suddivisione dello stock residenziale in Belgio (valori percentuali, giugno 2006) Numero totale alloggi = 4.820.000
Affitto sociale 7%
Altro 3%
Affitto privato 16%
Proprietà 74%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 24 Suddivisione dello stock residenziale in Danimarca (valori percentuali, giugno 2006) Numero totale alloggi = 2.640.000
Affitto sociale 19%
Altro 4%
Proprietà 51% Affitto privato 26%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 25 Suddivisione dello stock residenziale in Finlandia (valori percentuali, giugno 2006) Numero totale alloggi = 2.574.000
Altro 11%
Proprietà 16%
Affitto privato 15%
Affitto sociale 58%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 25 Suddivisione dello stock residenziale in Finlandia (valori percentuali, giugno 2006) Numero totale alloggi = 2.574.000
Altro 11%
Proprietà 16%
Affitto privato 15%
Affitto sociale 58%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 26 Suddivisione dello stock residenziale in Francia (valori percentuali, giugno 2006) Numero totale alloggi = 29.495.000
Affitto sociale 17%
Affitto privato 28%
Fonte: Commissione Economica Europea
Proprietà 55%
Tavola 27 Suddivisione dello stock residenziale in Germania (valori percentuali, giugno 2006) Numero totale alloggi = 38.925.000
Affitto sociale 30% Proprietà 43%
Affitto privato 27%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 28 Suddivisione dello stock residenziale in Grecia (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 5.465.000
Affitto privato 21%
Affitto sociale 2%
Altro 3%
Proprietà 74%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 29 Suddivisione dello stock residenziale in Irlanda (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 1.580.000
Affitto privato 10%
Affitto sociale 10%
Proprietà 80%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 30 Suddivisione dello stock residenziale in Italia (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 26.526.000
Affitto sociale 6% Affitto privato 23%
Altro 1%
Fonte: Commissione Economica Europea
Proprietà 70%
Tavola 31 Suddivisione dello stock residenziale in Lussemburgo (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 176.000
Altro Affitto sociale 2% 4% Affitto privato 24%
Proprietà 70%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 32 Suddivisione dello stock residenziale in Olanda (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 6.811.000
Affitto sociale 35%
Proprietà 53%
Affitto privato 12%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 33 Suddivisione dello stock residenziale in Polonia (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 11.764.000
Affitto sociale 26%
Proprietà 57% Affitto privato 17%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 34 Suddivisione dello stock residenziale in Portogallo (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 5.318.000
Altro 8%
Affitto sociale 5%
Affitto privato 23%
Proprietà 64%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 35 Suddivisione dello stock residenziale nel Regno Unito (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 25.617.000
Affitto sociale 21%
Affitto privato 10% Proprietà 69%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 36 Suddivisione dello stock residenziale in Spagna (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 20.947.000
Affitto privato 14%
Affitto sociale 1%
Proprietà 85%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 37 Suddivisione dello stock residenziale in Svezia (valori percentuali, giugno 2006)
Numero totale alloggi = 4.351.000
Affitto sociale 22%
Proprietà 53%
Affitto privato 18% Altro 7%
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 38 Attività edilizia nel periodo 2000-2005 nei principali Paesi europei
Paese
Stock di alloggi sociali
Alloggi sociali realizzati mediamente ogni anno
Alloggi sociali ristrutturati mediamente ogni anno
Austria
787.200
13.000
n.d.
Belgio
337.400
3.000
19.700
Danimarca
501.600
5.700
n.d.
Estonia
18.720
0
0
Finlandia
411.840
39.000
2.300
Francia
5.014.150
65.000
86.000
Germania
11.677.500
15.000
n.d.
Grecia
109.300
1.300
1.200
Ungheria
124.020
0
20.000
Irlanda
158.000
1.800
0
1.591.560
25.000
30.000
3.520
500
150
Olanda
2.383.850
20.000
60.000
Regno Unito
5.379.570
38.000
7.000
Spagna
209.470
19.000
7.000
Svezia
957.220
5.000
8.000
Italia Lussemburgo
Fonte: Commissione Economica Europea
Tavola 39 Finanziamento del social housing nell'ambito dell'Unione Europea
Livello di intervento federale lander locale federale regionale locale nazionale locale
Paese Austria
Belgio
Danimarca Estonia Finlandia Francia
Germania
Grecia Irlanda Italia
Lussemburgo Olanda
n.d. nazionale locale nazionale regionale dipartimentale locale federale lander locale nazionale locale nazionale locale nazionale regionale locale nazionale locale nazionale regionale locale
Polonia Portogallo Regno Unito
Spagna
Svezia
Fonte: Cecodhas
n.d. nazionale locale nazionale regionale locale nazionale autonomie locale nazionale locale
Mutui con bassi tassi Assegnazione di interesse
x
Garanzia pubblica
x
x
x x x
x x x x x
Accesso ai Esenzione Riduzione terreni fiscale Iva
x x x x x x x x x x x x x x
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Azionisti
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x
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x
x
x x x
Fondi privati
x x
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