Storia Della Musica

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STORIA DELLA MUSICA        

 

   Per gli studenti dei Conservatori di Musica italiani  

A cura di

SALVATORE IVAN EMMA Rev. 2006

OBIETTIVITA’

LE “ORIGINI” DELLA MUSICA

Nella nostra società, tutta l’Europa colta in genere, da quasi mille anni a questa parte il fenomeno musica è sinonimo di arte; arte espressa con i suoni, suoni intesi come mezzo più efficace della parola per esprimere / Esprimere a 360° / Obiettività: bisogna spogliarsi da un backgrond sonoro acquisito, nostro; è necessario immaginare (virtualmente) di uscire da questo contesto, per carpire il fenomeno sonoro delle società diverse dalla nostra senza farlo filtrare, ossia senza sentirlo così come siamo abituati a sentire.

ANTROPOLOGIA DELLA MUSICA ETNOMUSICOLOGIA M. COMPARATA Dalla metà del XIX secolo si fece molto intensa la curiosità conoscitiva nei confronti sia dei fenomeni storico-socio-musicali non appartenenti all’Europa colta (popoli primitivi, civilta’ orientali) e sia nei confronti delle tradizioni musicali popolari europee. Questo era un ambito di esclusiva tradizione orale / Difficoltà reali, oggettive, nel poter condurre qualunque analisi si ebbero fin quando non vennero i mezzi di registrazione / I resoconti sulle prime analisi erano intrise di una componente discriminatoria razzista (oggi patetica) , perché “primitivo” era sinonimo di “inferiore” o “selvaggio”, e solo ciò che era europeo era “superiore”; mancava lo spogliamento oggettivo / Curth Sachs > scuola etnomusicologica di Berlino > obbiettività, diplomazia: fu il primo studioso che propose di sostituire i termini-etichetta “selvaggio” e “primitivo” con i termini “arcaico” e “cosiddetta primitivo” / L’Occidente cominciò a manifestare interesse nei confronti delle culture extraeuropee nella seconda metà del 700: > Jean Jacques Rousseau dedusse una comune origine della musica e del linguaggio in quanto codici comunicativi di passioni ed emozioni in genere dell’uomo / Importanza fondamentale, nel condurre le indagini sonore, ebbe l’invenzione del Fonografo di Edison (1878), che permise di attuare le indagini “sul campo”, permise cioè la registrazione dei documenti sonori di qualsivoglia specie e tipologia / Thomas Ellis con il suo metodo dei cents (per misurare l’altezza dei suoni che spiegò nel suo saggio “Tonometrical Observation” 1884) divise il semitono, della nostra scala, in cento parti. ETNOMUSICOLOGIA > si preoccupa della considerazione di tutto un insieme complesso di attività, idee, oggetti, che originano suoni culturalmente significativi, in quanto i suoni Comunicano, e ad un diverso livello rispetto alla normale comunicazione. Ha la finalità di scoprire QUAL’E’ IL RAPPORTO UOMO ~ SUONO nelle varie società. Qual è, in che cosa consiste, a che cosa servono e come vengono prodotti i suoni / L’etnomusicologia ricorre parallelamente alle scienze sociali e agli studi umanistici, con finalità più scientifiche che umanistiche, mentre l’oggetto di studio ha una natura più umanistica che scientifica / Scoprire uso e funzione della musica è l’obiettivo finale degli studi etnomusicologica; la musica nelle società incolte è usata per una maggiore varietà di situazioni / Bartòk e Kodàly furono i più illustri nomi della musica colta europea che dedicarono gran parte della loro vita artistica al recupero, catalogazione valorizzazione, del repertorio folcloristico ungherese e dell’Europa orientale in genere. MUSICA E MITOLOGIA

Nei diversi popoli extraeuropei si evince la funzione simbolico - magica della musica / Esempi: dio indiano Prajàpati; anche la cristianità non ne è scevra > Bibbia, mura di Gerico abbattute dagli squilli di tromba israeliane. La musica rappresenta / Per gli indiani testapiatta (riserva statunitense) esiste solo la concezione che i canti sono creati dall’uomo nel momento stesso in cui si rivolge alla divinità > trance (improvvisazione diremmo noi); essi non attribuiscono nessuna idea di bellezza alla musica / Anche presso gli indiani Navaho la musica assume la medesima valenza, essa serve per avvicinarsi (realmente) alla divinità / Nessun ideale di bello, solo puro “servizio” / Per i Suyà del Mato grosso le donne sono più importanti degli uomini > procreazione > gli uomini hanno solo il canto akia per celebrare (non corteggiare) le donne; è solo tramite il canto che un Suyà esprime la propria individualità / Per la tribù Khàhass (sud-ovest della Siberia) la loro religione shamana pone i rituali ritmico - musicali quale ponte reale di collegamento fra l’umano ed il non umano > grandissima funzione simbolica dello shamano con il tamburo tur / Cinesi, Indiani > suono strettamente connesso alle loro concezione di ordine cosmogonico > regolarità di stagioni, fenomeni naturali, ecc. 1

ORIGINE DELLA MUSICA

I sei storici riscontri etnomusicologici: Spencer “Origine e funzione della musica”, 1857; Darwin “L’origine dell’uomo e la selezione in relazione al sesso”, 1871; Wallaschek “La musica primitiva” 1893; Bücher “Lavoro e ritmo”, 1896; Torrefranca “Origini della musica”, 1907; Stumpf “Le origini della musica”, 1911, frutto del pensiero positivista, delineano il rapporto a 360° uomo-suono delle varie culture che, singolarmente, essi hanno preso in esame. Come si evince ogni cultura ha un rapporto simbiotico con il fenomeno suono una diversa da un’altra, per cui le origini non sono monogenetiche, e le sei teorie non sono molto attendibili / C. Sachs > non è possibile stabilire quando sia nata la musica > studio rivolto “allo stadio più antico ed embrionale che sia possibile individuare” > Sachs, Hornbostel, Schneider, (scuola tedesca) / Musica - linguaggio > linguaggio-suono / B.Bartòk, Z.Kodàly L.Janacèk> influenzarono la loro opera musicale “colta” con le tradizioni musicali popolari dell’Europa orientale.

I

STRUMENTI MUSICALI NELLE SOCIETA’ PRIMITIVE

Non bisogna pensare a “strumento musicale” come una “categoria” di oggetti; > spogliamento> nessuno strumento musicale viene “inventato”; lo stesso corpo umano è uno strumento musicale: solo l’uomo possiede coscienza ritmica (battito del cuore, battito delle mani, piedi > età paleolitica). Gli stessi utensili di lavoro (poi modificati) sono i mezzi per esprimere il linguaggio-suono. A partire dall’homo sapiens si possono attribuire tutte le sopradette teorie. CLASSIFICAZIONE DEGLI STRUMENTI MUSICALI

Un grande musicologo francese Andrè Schaeffner compì una catalogazione degli strumenti musicali in base alle loro caratteristiche morfologiche, ossia secondo i materiali usati per essere costruiti (Origines des instrumentes de musique 1931). Egli operò la seguente classificazione: A) STRUMENTI A CORPO SOLIDO VIBRANTE 1 CORPO SOLIDO VIBRANTE (legno pieno, legno cavo metallo pieno, metallo svasato o a tubo, pietra, osso, conchiglia, guscio) 2 CORPO SOLIDO FLESSIBILE (legno metallo osso pieno, legno metallo osso cavo) 3 CORPO SOLIDO SUSCETTIBILE DI TENSIONE (a strumenti a corda b strumenti a membrana) B) STRUMENTI A VIBRAZIONE D’ARIA 1 ARIA AMBIENTE (rombo, sirena, fisarmonica) 2 CAVITA’ LIBERA (tamburo di terra) 3 STRUMENTI A FIATO (tutti) Maggiore risonanza ebbe la sistematica catalogazione di tutti gli strumenti musicali compiuta da Curt Sachs > “Real lexikon der musik-instrumente”, 1913, ove vengono elencati e classificati più di 10.00 strumenti, e non solo quelli primitivi, antichi, ed extraeuropei, ma anche quelli odierni. Questa classificazione è basata più su criteri acustici che morfologici. Sachs formulò quattro categorie: IDIOFONI, AEROFONI, MEMBRANOFONI, CORDOFONI. Ma la nostra classificazione degli strumenti si basa sulla fusione degli studi compiuti da quattro studiosi SACHS, MAHILLON, HORNBOSTEL, GALPIN, che aggiunsero alle quattro categorie gli ELETTROFONI. AEROFONI, detti anche strumenti ad aria, sono strumenti a fiato (tutti i flauti, strumenti ad ancia, oboi ecc.); aerofoni liberi sono quegli strumenti che non hanno una colonna d’aria racchiusa in un tubo, ma agiscono direttamente sull’aria esterna > il rombo o bastone sibilante o diavolo / I Risuonatori nacquero per la necessità di amplificare il suono. 1

Il fonografo a cilindro, costruito da Edison nel 1877. Fu il primo strumento atto alla registrazione del suono.

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I

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Flauto a Naso (Isole Figi, Oceania)

Tromba di scorza (Amazzonia, Brasile)

d’albero

Flauto di Pan (Nuova Guinea)

Arco musicale (Brasile)

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Corno di conchiglia (Hawaii)

I

3

Sonagli di gusci di noce (Isole della Nuova Britannia)

Tamburo di Legno a Fessura (Messico, età precorteziana)

Tamburo di argilla Messico USA)

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(Nuovo

Kora (Cordofono africano)

Xilofono «pende» (Repubblica del Congo)

Tamburo messicano

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Prototipo di tamburo a fessura, Ulioto (Foto tessmann.)

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Tamburo a fessura gigante nel suo alloggiamento, Ao - Naga, Assam (Foto Rev. Stegmiller)

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I

AFRICA SUB - SAHARIANA: 1 Camerun Corni 2 Camerun Tromba rituale d’argento 3 Mali grande arpa - liuto a 6 corde 4 Africa occidentale arpa - liuto a cassa

quadrata

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Danza tradizionale, Zambia

In Africa la danza rappresenta uno dei più importanti veicoli di comunicazione, e prende forme molto varie a seconda della collocazione geografica. I danzatori esprimono le proprie tradizioni culturali e storiche mediante vestiti, maschere e schemi di movimento. Questo danzatore dello Zambia indossa abiti cerimoniali ed è accompagnato dal ritmo dei tamburi.

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Kalengo

Il kalengo è un tamburo a cassa biconica, originario della Nigeria. È conosciuto anche come "tamburo parlante" perché i suoni che produce ricordano le qualità tonali di alcune lingue dell'Africa occidentale. Viene percosso con un martelletto curvo, mentre le corde possono essere premute per mutare la tensione della membrana.

Tamburi a impugnatura

I tamburi raffigurati sono sostanzialmente tamburi a cornice dotati di impugnatura. La versione indiana presenta un'unica membrana di pelle che viene colpita da due sferette quando si scuote l'impugnatura. Il metodo di percussione è il medesimo dell'antico tamburo cinese t'ao-ku, che risale a circa 3000 anni fa.

AFRICA SUB - SAHARIANA: 1 Africa occidentale

Bala (marimba con risuonatori di zucca) della popolazione dei Mandingo

2 Zambia Marimba della tribù ba Tonga 3 Mali Campane di legno e tamburi per la danza 4 Kenya Danze tribali Meru 5 Repubblica Centraficana Tamburi pigmei

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. Merriam, Alan P., The Anthropology of Music, Northwestern University Press, Illinois, U.S.A., 1964 (Trad. It. Di Elio DI Piazza, Antropologia della Musica, Palermo, Sellerio, 1983) Schaeffner, Andrè, Origine des instruments de musique, Mouton & Co (trad. It. di Salvatore Gagliardi, Origine degli strumenti musicali, Palermo, Sellerio, 1978) Sachs, Curt, The History of Musical Instruments, W.W. Norton & Co (Trad. It. Storia degli strumenti musicali, Milano, Arnoldo Mondadori, 1980) Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation

1, 4, 9, 10 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore 1996 2, 3 Allorto, Riccardo, Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Prima edi- zione, 1978 5, 6, 7 Sachs, Curt, The History of Musical Instruments, W.W. Norton & Co (Trad. It. Storia degli strumenti musicali, Milano, Arnoldo Mondadori, 1980) 8, 11, 12 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. ©1993 2001 Microsoft Corporation

I

LA MUSICA NEI PRIMI POPOLI STORICI: MEDITERRANEO ED ASIA MEDITERRANEO EGITTO Gli antichi egiziani identificarono la musica con la gioia (era chiamata hy) ed era rivolta alla divinità / La dea Hathòr era la dea della musica, danza, poesia e amore. Hathòr significava "tempio di Horo", colei che racchiude in se Horo, il protettore del faraone. La dea era venerata in tutto l'Egitto; a Dèndera è tuttora visibile un tempio a lei dedicato / I Sacerdoti egizi erano conservatori: vietarono alle donne fino al 1500 a.c. la pratica della musica; solo successivamente si ebbe lo sviluppo del professionismo musicale femminile / La tromba era utilizzata per il culto della dea Osiride, il sistro per il culto della dea Hathòr e Iside / Notevole sviluppo musicale: gli egizi conoscevano la scala cromatica, ed erano giunti a mettere in relazione la teoria musicale con l’ordine dell’universo e con l’osservazione degli astri; essi associavano le note in uso con i sette pianeti allora conosciuti / Strumenti: arpe (molto diffuse: arcuate, angolari, a spalla; C. Sachs dedusse che dovevano avere un’accordatura pentafonica discendente), flauti, sistri, successivamente cimbali e castagnette, poi ancora tamburello a cornice, lira e soprattutto il liuto: era suonato esclusivamente dalle donne. Legato alle divinità era anche il crotalo, strumento a percussione consistente in un risonatore acustico di forma cubica e in due lunghi bracci che terminano in spirali laterali / L’Oboe ad ancia doppia ma.t con legaccio di sostegno delle imboccature era uno degli strumenti più importanti; gli studiosi ritengono che uno dei due tubi produceva una sola nota (bordone) / Agevole è stata la ricerca delle loro tradizioni strumentali per due fattori: 1

a) b)

l’estrema aridità del terreno desertico ha preservato centinaia di strumenti musicali da decomposizione; la loro concezione religiosa voleva che raffigurare scene di vita quotidiana assicurasse una buona qualità di vita nell’aldilà.

Pittura vascolare molto florida raffigurazioni varie / III sec. A.C. Ctesibio da alessandria inventò l’organo ad aria Hydraulos / Presunto sviluppo di una notazione chironomica, ipotizzata da Sachs; egli, dal movimento delle braccia e delle mani verso l’alto o verso il basso, dedusse un andamento della melodia ascendente o discendente; ciò appare raffigurato su papiri ed icone. Una testimonianza musicale di notevolissima importanza in merito proviene dalla famosa mastaba di Ptah - hotep di Saqqara; qui il chironomo raffigurato esegue due movimenti diversi contemporaneamente: la mano sinistra, che ha il pollice e l’indice che si toccano, indica la fondamentale, e la mano destra, con le dita tese, la quinta. Avevano una chiara conoscenza dell’armonia dei suoni, della loro natura, e ciò era frutto della loro ineguagliata conoscenza della disposizione delle stelle (pensate alla disposizione delle piramidi della piana di Giza), ragion per cui la musica era soggetta alle leggi della logica, del calcolo e della misura / Pitagora apprese in Egitto le proprie concezioni matematicomusicali / Le modalità esecutive della musica egiziana si possono raggruppare in tre tipologie divise fra vocali e strumentali, ove vi è sempre la presenza di un solista, o di un piccolo gruppo, contrapposto ad un gruppo più numeroso; le tipologie sono: a) b) c)

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cantore solista <> coro strumento solista <> gruppi strumentali voci accompagnate da strumenti

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Egitto: Suonatore di Lira (fotografia della fine del 1800) 8

Crotalo egizio antico. [New York, Metropolitan museum]

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Dea Hathòr. 4

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La dea Hanài suona il sistro. Papiro.

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Raffigurazioni vascolari egiziane interpretate come gesti chironomici.

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II

POPOLI MESOPOTAMICI A differenza della civiltà egiziana le civiltà mesopotarmiche non ebbero un carattere unitario; essi condensarono nelle proprie le culture di popoli diversi / Le tappe storiche più importanti delle civiltà mesopotarmiche vanno dal 3500 al 64 avanti Cristo (Sumeri, Accadi, Babilonesi, Assiri, Persiani, Seleucidi) / La musica aveva un ruolo determinante nelle cerimonie religiose / E’ emerso che compirono importanti ed itineranti studi di matematica e di astronomia, e che, anch’essi, li riversarono nella musica / Strumenti musicali: arpa (la più diffusa e perfezionata: arcuata verticale ed orizzontale, angolare) cetra, flauti, castagnette, sistri, piatti, Liuto sumerico pan-tur, cioè piccolo arco > dipinti, graffiti, bassorilievi / Studio musicologico sulle arpe > C. Sachs: accordatura pentafonica; F.W. Galpin: eptafonica / Anche per i popoli mesopotamici la Bibbia rappresenta una autorevole fonte di studio anche per la conoscenza dei loro strumenti musicali. Dalle pitture vascolari, e dai bassorilievi, è si è potuta evincere una orchestra del Re Nabucodonosor: qarnâ Tromba: Oboe doppio: masroqítâ Chitarra (arcaica): qatros psantrín Arpa angolare verticale: Arpa anglare orizzontale: sabka.

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Il poeta Abu - al - Faraj circondato da danzatori e suonatrici. Miniatura mesopotamica , 1219 (Il Cairo, Biblioteca Nazionale).

II

Re David suona l’Arpa attorniato da musicisti: miniatura d e l l a «Bibbia di Carlo il Calvo» (IX sec. Parigi, Bibliotèque Nationale)

ISRAELE: CANTILLAZIONE, JUBILUS, SALMI Unico popolo dell’antichità, gli ebrei, con religione rigorosamente monoteista, che non ricorse alle raffigurazioni iconografiche della propria divinità / La maggior parte della loro storia musicale è desunta dalla Bibbia: canti di giubilo e di tristezza / Quasi nessun “libro”, nella storia dell’umanità, ha avuto più importanza della Bibbia per la storia della musica; da millenni tutti i salmi e i cantici che essa contiene sono stati intonati da tutta la cristianità / La storia della civiltà ebraica (e quindi anche quella della sua musica) si estende in un arco di tempo che inizia verso il 1900 circa A.C. Re David (1004 - 966 A.C.), provetto arpista, fu lo storico creatore dei salmi (ne compose più di 150); egli diede un contributo determinante allo sviluppo della cultura musicale ebraica, che continuò con suo figlio Re Salomone, sensibile all’organizzazione professionale dei cantori; questo è il periodo di massimo sviluppo della civiltà ebraica. Il culto ebraico si svolgeva nella sinagoghe / I più importanti strumenti furono: Kinnor : lira a 10 corde pizzicate; Ugab: zampogna o flauto diritto; Sciofar : corno di capra, evolutosi e tutt’ora in uso nelle sinagoghe. La musica ebraica influenzò profondamente la nascita del canto cristiano: matrice del canto cristiano riconoscibile in tre forme proprie della tradizione ebraica: CANTILLAZIONE: assunto più importante della musica religiosa ebraica; è la recitazione intonata: la parola di Dio era quanto di più prezioso, in termini di fede, il popolo ebraico potesse avere, al punto che la semplice lettura parlata non era soddisfacente, per cui le conferirono sacralità, la “rimarcarono” con il canto, con la cantillazione / I cantori si chiamavano Hazàm, e le formule recitative Tacàm; tradizione esclusivamente orale. Era già praticato il canto melismatico. Le musiche avevano intervalli inferiori al semitono.

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Sciofàr, strumento aerofono del rito religioso ebraico. Davide suona la fidula: scultura dalla facciata della Cattedrale di Santiago de Campostela (1120 ca.).

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Re David suona la crotta tra i suoi musici: miniatura dal «salterio di C a n t e r bury» (VIII sec. D.c. Londra British Museum).

JUBILUS: vocalizzo eseguito sulle sillabe di alcune parole rituali (alleluja). SALMODIA:

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esecuzione dei salmi guidata da un cantore-solista e dall’assemblea dei fedeli; praticarono nove diverse tipologie di partecipazione ed interazione fra solista ed assemblea.

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II

ASIA CINA La storia della civiltà cinese antica comprende un arco di tempo che va dal 2700 (circa) A.C. al 223 D.C.; in questo arco di tempo si succedettero quattro dinastie. La musica era considerata principalmente come espressione dell’ordine del cosmo, dell’universo / Confucio (551 - 479 A.C.) decretò che la musica deve suscitare sentimenti di serenità, dolcezza e grazia / La musica aveva più funzioni oltre a quella religiosa: influire sui costumi / Wu Ti organizzò l’ufficio imperiale della musica / Usarono la scala pentafonica (do-re-mi-sol-la) / Studi musicologici sul 300 a.c. cinese dedussero l’elaborazione di una scala musicale derivante da un suono base chiamato hoang cong, dal quale deriverebbero i dodici suoni della scala musicale cinese chiamati liuh: 6 liuh femminili più 6 liuh maschili, ottenuti tagliando delle canne di bambù ad altezze calcolate; ciò corrisponde simbolicamente alla disposizione ordinata di tutte le note del firmamento musicale / Gli strumenti musicali principali furono: King: litofono formato da una serie di lastre di pietra a forma di L appese ad un telaio e percosse con mazzuolo; Ch’in: salterio con cassa a semitubo e 7 corde; shê: simile al ch’in ma con molte più corde; Cheng: organo a bocca > recipiente di zucca o legno con imboccature e 13 sottili e lunghe canne di bambù; P’i’p’a: piccolo liuto dal manico corto.

Il seguente schema riproduce la serie delle corrispondenze chiamata Pa Yin, il più importante sistema di classificazione degli strumenti musicali della Cina, e distingue otto timbri, sulla base dei differenti materiali di costruzione: argilla, zucca, pietra, metalli, pelle, legno, bambù, seta. Questo sistema è più speculativo che pratico.

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II

GIAVA E BALI La Cina ha influenzato musicalmente tutti gli altri popoli dell’Asia orientale: Indocina, Siam, Tibet, Mongolia, Corea, Giappone, Giava, Bali / Molto singolare è l’orchestra Balinese: è composta tutta da idiofoni (metallofoni, xilofoni, gong), ed esegue una scala di 7 suoni / A Giava la musica popolare e tradizionale è suonata dalle orchestre gamelan. Il gamelan è una formazione orchestrale composta di un massimo di 40 musicisti che suonano gong, xilofoni e strumenti a percussione, si esibisce nel corso di cerimonie e festività tradizionali. Le esecuzioni avvengono generalmente durante le cerimonie particolarmente importanti per la famiglia reale o per la vita della comunità. I gamelan di Giava sono composti da strumenti a percussione (gong, xilofoni), a pizzico e ad arco / L'isola di Bali vanta un antico e ricco repertorio di musica per orchestre gamelan / Ancora oggi questa musica viene eseguita dall'orchestra gamelan del tempio di Tampaksiring, ed è esguita secondo i dettami dell'antico stile gong gede, o "grande gamelan". Claude Debussy rimase profondamente colpito da questo mondo musicale a tal punto da assimilarlo nel proprio stile.

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Gamelan, Giava

Una delle 18 orchestre gamelan attive alla corte del gran sultano, che risiede nel palazzo di Yogyakarta.

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Nome e notazione dei sette suoni della scala musicale balinese 23

Grande Gamelan balinese

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II

INDIA Unico popolo ad essere poco influenzato dalla cultura musicale cinese, e che sviluppò proprie originali espressioni musicali / Libri di canti > Veda / Musica presente in più situazioni sociali > religiose, a corte, trattenimenti privati, harem, ecc. / Grandissimo numero di scale > ottava > 7 fra toni e semitoni > intervalli suddivisi in srutis (da Re a Re: 3-2-4-4-3-2-4 srutis, tot. 22 srutis) > scale modali > râgas: colore, stato d’animo / Strumenti: tamburi ma soprattutto cordofoni, i più importanti: Vina: in più tipologie a seconda della regione indiana; la più ornata ed elaborata era quella meridionale attribuita alla dea della sapienza Sarasvati. È costituita da un bastone cavo di bambù, all’estremità due zucche, quella sotto la paletta è più piccola di quella che ha funzione di cassa, ha 7 corde parallele > plettro Sitar: moderna chitarra indiana a corde pizzicate e corde di risonanza (vibrano per simpatia) Sarangi : tozzo e rettangolare, 4 corde ed, internamente, molte che vibrano per simpatia.

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Sur - vina ad arco Sarinda a 4 corde Ektara Sarangi e armonio portatile

Suonatore di flauto doppio.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. Merriam, Alan P., The Anthropology of Music, Northwestern University Press, Illinois, U.S.A., 1964 (Trad. It. Di Elio DI Piazza, Antropologia della Musica, Palermo, Sellerio, 1983) Sachs, Curt, The History of Musical Instruments, W.W. Norton & Co (Trad. It. Storia degli strumenti musicali, Milano, Arnoldo Mondadori, 1980) Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996

1,9,10,11,20, 21 Allorto, Riccardo, Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Prima edizione, 1978 2 www.mondodmani.org

Enciclopedia della Musica A. Vallardi, Garzanti editore, 1995 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation www.angelibuoni.it

3,4, 17, 19, 22, 26, 27 Sachs, Curt, The History of Musical Instruments, W.W. Norton & Co (Trad. It. Storia degli strumenti musicali, Milano, Arnoldo Mondadori, 1980) 5, 8 www.utoughifanclub.it 6, 12, 13, 14, 16, 18, 25, 29 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 7 www.angelibuoni.it 15 Enciclopedia della Musica A. Vallardi, Garzanti editore, 1995 23, 24, 28 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation

www.mondodmani.org www.utoughifanclub.it

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II

IL MONDO CLASSICO E I ROMANI I GRECI

L’IMPRONTA DELLA CIVILTA’

La Grecia antica è la culla della civiltà europea per tutte le espressioni di pensiero ed artistiche. La musica greca, però, ha un ambito poverissimo di documentazione rispetto ad altre forme di espressione / Modello teorico musicale greco > base per i romani e per tutto il medioevo cristiano / I greci furono influenzati nelle loro idee sulla musica dai popoli dell’area mediterranea, specialmente (come loro stessi affermavano) dagli egiziani.

FONTI MUSICALI Nell’era più antica e fino al IV secolo A.C. non esisteva la concezione che la parola scritta fosse qualcosa di fissato per sempre, lo “scrivere” serviva solo per aiutare la memoria; erano considerati più importanti dello scritto i rapporti fra discepolo e maestro, fra filosofo e filosofo. La musica, insieme ai testi, veniva trasmessa oralmente / Le principali fonti musicali consistono nelle descrizioni e documentazioni varie presenti nei testi letterari, storici, filosofici; nelle iconografie; pochissimi sono i trattati musicali, e quasi nessuna musica / Le fonti letterarie hanno importanza di prim’ordine per comprendere il fenomeno musica nella vita quotidiana dei greci antichi; da qui si è evinto l’uso per la religione, le feste, i giochi agonistici, l’insegnamento, i banchetti, i momenti privati. Importanti sono anche le iconografie: anfore, piatti, vasi. TRATTATI Dopo il IV secolo A.C. la Grecia cominciò a conservare il proprio sapere tramite la scrittura; i primi trattati che si occupano del fatto musicale sono imperniati sulla problematica della suddivisione matematica dell’ottava e degli intervalli; non hanno fini esecutivi ma si preoccupano esclusivamente dell’aspetto speculativo, teorico, acustico e matematico / Pitagora (500 A.C.) con il suo monocordo, spiega, mediante suddivisione della corda, i rapporti degli intervalli consonanti; è indirettamente da noi conosciuto tramite trattati, soprattutto il De institutione Musica in 5 libri (505 - 507 D.C.) di Severino Boezio. Boezio definì gli elementi musicali basandosi sulla tradizione greca pitagorica, ed interpretò la teoria greca degli 8 modi basandosi sul trattato Introduzione alla musica di Alipio (300 D.C.) / La testimonianza di Aristosseno di Taranto (354-300 A.C.) ci è direttamente pervenuta, ed è storicamente la più autorevole, il nostro principale riferimento per la conoscenza della musica greca; i suoi Elementa Harmonica ed Elementa Rhytmica. Gli Elementa Harmonica sono in due libri; egli sottolinea l’importanza delle sensazioni uditive, oltre che i calcoli numerici, per la comprensione più completa dei fenomeni musicali. Degli Elementa Rhytmica ci sono pervenute solo alcune parti / I seguaci di Aristosseno si chiamarono “armonisti”, ed i più autorevoli furono: Euclide; Plutarco (l’autore del De Musica); Aristide Quintiliano (anch’egli autore di un De Musica). Importanza a parte ha Alipio; nel suo trattato “Introduzione alla Musica” scritto nel ‘300 D.C. ma diffuso nel 1616, egli descrive in una serie di tavole i segni della notazione greca. MUSICHE Scarsissima è la documentazione in merito. Si contano circa venti frammenti di brani (da papiri o pietra), databili tutti dopo il III sec. A.C. Fra i più importanti documenti abbiamo: L’Epitaffio di Sìcilo (I sec A.C.); Due Inni delfici in onore di Apollo (150 A.C.); Peana sul suicidio di Aiace; Tre inni: alla musa Calliope, al Sole, a Nemesi (II sec. D.C.). Vincenzo Galilei, nel 1581, pubblicò una sua trascrizione di questi Inni, che si rivelò molto imprecisa, nel suo Dialogo della musica antica e moderna. 1

LA MUSICA NELLA GRECIA ANTICA La mitologia dell’età degli eroi è l’unica fonte che documenta l’origine della musica greca (1400 A.C.); secondo la leggenda la lira, il flauto e di flauto ad ancia (aulòs) furono inventati da Ermes, Iagnis e Marsia, mentre il padre del canto fu Orfeo. Il flautista Olimpo fu riconosciuto come colui che introdusse le melodie tradizionali (nomoi). Tra l’VIII ed il IX secolo la tradizione più importante fu quella degli aedi o rapsodi; musicisti professionisti che cantavano le gesta degli eroi e degli Dei accompagnandosi con il Kitharis, una lira di grandi dimensioni, usata come modello anche per fissare la denominazione delle note. Il termine “lirica” deriva proprio dallo strumento usato dagli aedi; sui loro canti è bastata tuttavia l’Iliade (850 A.C.). Gli studi in varie discipline volti al recupero della tradizione ellenica, hanno messo in luce come erano conosciute sia pratiche musicali vocali sia strumentali; le musiche erano eseguite in molte occasioni a cadenza regolare, molto spesso festive / La città di Atene aveva quattro importanti feste incentrate sulla figura di Dioniso, e venivano chiamate dionisiache: 1) Dionisie rurali; si celebravano le fallofòrie (> riti di fecondità che saranno determinanti per la nascita della commedia) e si rappresentavano tragedie e commedie. 2) Lenee 3) Antesterie 4) Grandi Dionisie (o Dionisie cittadine); Venivano celebrate all’inizio della primavera, e duravano sei giorni. In questo periodo si svolgevano dei concorsi che vedevano impegnati tre poeti, ognuno dei quali presentava una trilogia di tragedie (tutte e tre su un unico tema) ed un dramma satiresco. Una qualificata giuria, insieme al popolo, era preposta alla valutazione dei lavori presentati. Si eseguivano dei canti in onore di Dionisio (chiamati ditirambi). Durante i giochi atletici gli atleti vincitori erano dedicatari di alcuni canti celebrativi chiamati epinìkia (epinici) / Le melodie tradizionali erano modelli tramandati mnemonicamente che includevano norme ritmiche, sistema modale, uso di strumenti, rapporto con le parole: nomoi citarodici (canto accompagnato dalla cetra), nomoi aulodici (aulos). Durante il V secolo si ha una fervida produzione di canti corali ad opera di Simonie, Bacchilide e Pindaro, i quali composero soprattutto epinici .

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CONCEZIONE E FORME MUSICALI Altro significato del termine musica rispetto a quello da noi conosciuto; in Grecia era un aggettivo derivato dal termine Muse (musica, poesia, danza unificate): Mousikè, arte delle muse / Abbondanti sono le testimonianze di Miti legati alla musica; soprattutto il mito di Orfeo (ripreso dall’Europa colta dal Rinascimento in poi), “Il poeta-musico Orfeo con le sue composizioni musicali e la sua lira a 3 o 4 corde (phorminx) riusciva ad ammansire le belve e..a far danzare gli alberi”; “Arione, che si salvò la vita dai pirati invocando con il canto i delfini”; “Anfione che costruì le mura di Tebe con la potenza della musica”. Il Canto poteva essere: corale > si cantava all’unisono (VII-V sec. a.c., in seguito solo per cerimonie religiose o celebrazioni ), e monodico (solista). FORME DEI CANTI Lirica Corale: PEANA, PROSODII dedicati al Dio Apollo (composti in prevalenza con ritmo emiolio (cretico − ∪ − e peone − ∪ ∪ ∪, ∪ ∪ ∪ −, con probabile armonia dorica); DITIRAMBO dedicati a Dionisio; HIMÈNAIOS, EPITHALÀMOIOS > canto di nozze; THRENOS > canto funebre; PARTENIO > canto corale eseguito da ragazze; PROSO’DIA > melodie processionali; SKOLIA > canti eseguiti durante i banchetti; Vi era la possibilità di variare la melodia da parte di alcuni musicisti, mentre contemporaneamente gli altri musicisti la eseguivano secondo lo schema tradizionale > Eterofonia Lirica Monodica: racchiude tutti i tipi di canti con cui si declamavano i poemi di Omero, e quelli successivi sino all’epoca romana.

STRUTTURA DELLA MUSICA GRECA RITMICA Differente concezione metrica delle civiltà greche e latine rispetto alla nostra; la loro era una metrica quantitativa (nelle civiltà greca e latina> successione di sillabe lunghe e sillabe brevi > ritmo); metrica accentuativa (numero delle sillabe per verso e disposizione di accenti tonici) / Gli stessi principi ritmici erano adottati sia dalla poesia che dalla musica. Sillaba breve > tempo primo, l’elemento fondamentale della metrica greca; breve > croma > ∪; lunga > due brevi > − / Piedi ritmici > l’unione di due o più sillabe o note; si avevano più di 25 piedi ritmici differenti: Da 2 tempi primi (PIRRICHIO: ∪∪). Da 3 tempi primi, che comportavano il genere doppio (GIAMBO: ∪− ; TROCHEO: −∪; TRIBACO: ∪∪∪). ANAPESTO: ∪∪−; SPONDEO: − −). Da 4 tempi primi (DATTILO: −∪∪; I piedi ritmici venivano anche associati fra di loro per formare delle unità più lunghe che venivano definite metri o versi; molto comuni furono l’esametro dattilico ( −∪∪, −∪∪,−∪∪,−∪∪,−∪∪,− ∪∪) ed il trimetro giambico (∪−∪−,∪−∪−,∪−∪−). LA SCALA MUSICALE GRECA La figura di Pitagora di Samo (VI secolo A.C.) è determinante per lo studio della scala musicale greca, tant’è che la scala greca è chiamata anche scala pitagorica. La scala è costruita sulla base dei rapporti di ottava (2/1 > diapason) e di quinta (3/2 > diapente), mentre gli intervalli cromatici sono ottenuti con la progressione, ascendente e discendente, delle quinte. GENERI, MODI, ARMONIE Base della scala greca è il Tetracordo > 4 suoni discendenti nell’ambito di una 4° giusta. Aveva estremi fissi ed interni mobili, ed era di tre generi: diatonico > il più importante, (dorico, MI-RE-DO-SI, frigio, RE-DO-SI-LA, lidio, DO-SI-LA-SOL) cromatico, enarmonico. La musica greca conosceva intervalli di quarto di tono (corrispondenti a 50 cents) / I tetracordi si accoppiavano a due a due, e formavano un’armonia / Diazeusi era detto il punto di distacco fra due tetracordi disgiunti; Sinafè, invece, il punto di congiunzione fra due tetracordi congiunti / Ogni tetracordo aveva un nome specifico: dal più grave (hypaton) al medio (mèson) al disgiunto (diezeugmènon) (l’unico tetracordo disgiunto, gli altri tre erano congiunti) al più acuto (hyperbolaion). I tetracordi potevano essere abbassati d’ottava; Ipomodi erano denominati se si abbassavano di un’ottava, e Ipermodi se si innalzavano di un’ottava del tetracordo inferiore. Armonia dorica disgiunta + tetracordo congiunto all’acuto + tetracordo congiunto al grave + ultima nota grave (proslambanòmenos) davano il sistema tèleion o sistema perfetto, considerato l’estensione intera della voce umana e, successivamente, degli strumenti. La teoria del sistema Teleion fu elaborata da Aristosseno nel IV sec. A.C. e successivamente perfezionata da Claudio Tolomeo / Le note dei tetracordi (così come nominati da noi) non rappresentano l’altezza assoluta dei suoni, ma i rapporti fra i loro intervalli; questi venivano trasportati su altri suoni di partenza, così come illustra Alipio. I nomi delle note corrispondevano a quelli delle corde del Kìtharis, che prima furono 4, e dopo, ad opera di Terprando divennero sette. 2

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DOTTRINA DELL’ETHOS. EDUCAZIONE Gli antichi greci ritenevano che la musica avesse il potere di influenzare la morale umana; concezione questa comune a molte civiltà dell’antichità / La Grecia classica elaborò una concezione psicologica sul fenomeno musica definibile come dottrina dell’ethos e dell’educazione. ll potere emotivo attribuito alle armonie di influenzare la psiche e l’animo umano venne sempre spiegato da autorevoli personaggi; per Pitagora la musica era un elemento che insieme alla matematica coinvolgeva tutto il cosmo; similmente si pronunciarono Damone, Platone, (che però fondò una linea filosofica contrapposta ad Aristotele). Secondo la dottrina dell’ethos ogni armonia comportava un proprio carattere, un proprio sentimento. Secondo Platone l’armonia dorica era virile; quella frigia era dolce; quella lidia molle / Damone, nel V sec. A.C. compì una distinzione fra ritmi buoni e meno buoni, in un’ottica di educazione dei giovani finalizzata alla virtù e al coraggio. Questa concezione di Damone fu sostenuta da Platone in un ambito sociale più vasto, che documentò nei suoi dialoghi Repubblica e Leggi. Aristotele attribuiva alla musica un potere terapeutico denominato Katharsis (catarsi), ossia la guarigione della mente mediante la purificazione dell’animo. NOTAZIONE Non intesa nel senso di mezzo di divulgazione delle musica, che si affidava alla tradizione orale; serviva solo ai musicisti per il loro personale uso / Due sono i tipi di notazione: VOCALE: si usavano le 24 lettere maiuscole dell’alfabeto ionico classico, e STRUMENTALE: si usavano i segni di altri alfabeti (fenicio, orientale) diritti, inclinati, capovolti.

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STRUMENTI MUSICALI Si ha un’ampia documentazione dai vasi, anfore, e dipinti vari; gli strumenti più in uso si possono raggruppare in tre categorie principali: strumenti a corda, a fiato, a percussione / Nell’antica civiltà i cordofoni sono sicuramente gli strumenti più importanti. Le principali tipologie sono quattro: 1) il Monocordo (che aveva più finalità di studio > acustica musicale) 2) la Lira e la Cetera 3) Il Liuto 4) L’arpa La Lira aveva un numero variabile di corde, da 4 a 7, e la mitologia voleva che l’inventore fosse stato il Dio Apollo. Fra gli aerofoni, l’Aulos era il più diffuso; era formato da due canne con imboccatura allungata ed ancia doppia (> culto di Dionisòs). Kìthara, Siringa (che grossomodo corrisponde al nostro flauto / Cimbali, sistri, crotali / Flauto di Pan serie di 7 cannucce digradanti l’una accanto all’altra, attribuito al dio Pan. M u s a

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c o n C e t r a

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III 3

Nel sistema teorico-musicale dell’antica Grecia, i nomi delle note corrispondevano a quelli delle corde della Kithàra a 7-8 corde. Esse si chiamavano, dal basso all’acuto:

SCHEMA DEL SISTEMA TELEION 6

Le principali scale tipo furono: DORICA, FRIGIA, LIDIA. A queste ne fu successivamente aggiunta un’altra, la MISOLIDIA. Il sistema viene completato con tre ipomodi che si trovano una quinta sotto i tre modi fondamentali.

HYPATE PARHYPATE LICHANOS MESE PARAMESE TRITE PARANETE NETE 4

Dioniso Particolare di un mosaico rinvenuto in una villa romana. Conosciuto a Roma con il nome di Bacco, nella mitologia greca era il dio del vino e della vegetazione.

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Suonatore di Kitara. 4

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SVILUPPO STORICO DEL TEATRO GRECO A partire dal V secolo Atene conoscerà un grande sviluppo per quanto concerne il teatro musicale, e in special modo per la tragedia. La tragedia nasce in forma di canto e di danza corali; all’inizio vi era solo un attore che nasce enucleato dal Coro e con esso dialoga. Con Eschilo (V sec. a.C.) appaiono il II e III attore. Con Sofocle, il III attore è già ben insediato e compare anche un quarto attore / I testi della tragedia erano imparati a memoria dagli attori (e dal pubblico). Licurgo (390 – 325 A.C., statista Ateniese) fu il primo che fece scrivere i testi delle tragedie, e fece sì che gli attori si organizzassero in “associazioni”, girando per le colonie e facendo conoscere le loro rappresentazioni (> incertezza delle fonti). Si è soliti identificare la preistoria della tragedia (la proto-tragedia) in ambiente dorico, nelle feste che si svolgevano in campagna (dionisie rurali o lènee). Aristotele informa che il nome “drama” deriva dal dorico “dran” “fare/agire”, mentre gli Ateniesi dicevano “pràttein”. Ma gli Ateniesi rivendicano la paternità assoluta della tragedia, anche se la lingua in cui parla il Coro è la lingua dorica. La prima parte del nome va messo in rapporto con “tràgos” “capro”, quindi si possono accettare tre identificazioni: 1) ‘Canto sul capro’; animale-totem a cui è assimilato Dioniso. 2) ‘Canto per il capro’; come premio per un componimento poetico. 3) ‘Canto dei coreuti mascherati da capri’; questa terza interpretazione ci riporta al dramma satiresco. E’ molto difficile poter tracciare un profilo storico sull’origine della tragedia: Secondo alcune fonti Tespi (524 A.C.) avrebbe rappresentato la prima tragedia ad Atene, ed avrebbe introdotto il primo attore, chiamato ipocrita (“risponditore”), il quale opponeva le parole di Dionisio ai Canti del coro, che celebravano le gesta del Dio. Secondo Aristotele la tragedia nasce nel ditirambo, sostenendo che fu Arione di Metimma ad inventare la tragedia ed a comporre ditirambi, i quali prendevano nome dal Coro. Lo stesso Arione, sempre secondo Aristotele, introdusse i satiri, i quali recitavano in metro ditirambo. L’esecuzione dei ditirambi sarebbe l’occasione per la nascita della tragedia e così si confermerebbe il dato storico secondo il quale la tragedia si sviluppa nell’ambito del culto dionisiaco. Un’altra teoria corroborata da un significativo scritto di Erodoto, parla di Cori tragici per celebrare i patimenti (pàthea) di un eroe; nella tragedia ha un ruolo fondamentale il lamento sull’eroe morto / Nel teatro greco del V sec. A.C. la storia narrata doveva in qualche modo coinvolgere il pubblico e, per di più, nella dimensione del “suo personale”; ma al contempo i contenuti non dovevano avere nulla a che fare con la realtà socio - politica ateniese contemporanea (nella Commedia ciò era consentito, perché la “situazione contemporanea’” veniva ‘esorcizzata’ attraverso la rappresentazione posta sotto forma di “smaccata ridicolizzazione”). Per queste ragioni si ricorre alla narrazione del mito, il quale poteva insegnare, ammonire e spaventare, nella giusta misura, pur rimanendo al di fuori del quotidiano / Aristotele mette in connessione, in modo poco chiaro, tragedia e dramma satiresco, asserendo che la prima discende dal secondo. Il Dramma satiresco è uno spettacolo più primitivo rispetto alla tragedia e alla commedia; la rappresentazione è a carattere pastorale con maschere di origine antichissima (la nascita viene attribuita a Pratina - inizi V sec. a.C). In origine si avevano gruppi di satiri (metà uomini, metà capri) insieme al padre Sileno, che ballavano e cantavano in onore di Dionisio (> forse riti di iniziazione legati alla fertilità, vi era infatti la presenza del fallo). Successivamente nascerà la figura del corifèo, il quale, staccandosi dal Coro, spiega agli astanti cosa viene detto e cosa viene fatto. A questo punto, con la presenza del corifèo, il quale, verosimilmente, inizia un dialogo con un attore, o con il Coro stesso, nasce il dramma satiresco / In un primo tempo gli argomenti del dramma satiresco erano solo i culti dionisiaci, in un secondo tempo furono introdotti temi epici, per cui la presenza dei satiri strideva con il tema trattato. A questo punto nasce il personaggio del Papposileno (padre dei satiri) che in un certo modo giustificava le ‘azioni stonate’ dei satiri / Nel momento in cui la tragedia conoscerà più attori l’importanza del coro andrà a diminuire, in quanto da protagonista iniziale diventa entità antagonista; si farà soltanto espressione dei sentimenti del pubblico. Con questa nuova tipologia di tragedia nei concorsi ateniesi non si sentì più la necessità di far rappresentare una trilogia, in quanto adesso ogni tragedia espletava ed ultimava l’excursus drammatico. STRUTTURA DEL TEATRO GRECO

Morfologicamente il teatro greco era diviso in tre parti: a) SCENA: qui si esibivano gli attori; vi era una parete di legno decorata chiamata schenè che circondava il loghèion, ossia l’area dove venivano svolti i dialoghi. b) ORCHESTRA: Spazio semicircolare adibito alle danze posto fra il loghèion e alla gradinata degli spettatori. Al centro dell’orchestra vi era un’altare dedicato a Dionisio chiamato timèle. 3) GRADINATA: I teatri greci sono l’esempio più mirabile di architettura millenaria; in Grecia la gradinata si chiamava kòloion (i romani la chiameranno cavèa). 5

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STRUTTURA DELLA TRAGEDIA

Inizialmente l’attore ha un ruolo subordinato al Coro e interloquisce con esso, anziché con un altro attore; in questo si vede riflessa la tipologia sociopsicologica della struttura connettiva della Comunità, ove il singolo non ha importanza individuale; è infatti il gruppo che ha maggiore rilievo, mentre l’individuo si caratterizza solo ed esclusivamente al suo interno / In seguito, con il passare del tempo e mutando la realtà socio-culturale del “gruppostruttura”, acquisterà più importanza l’attore; infatti ve ne saranno tre e non più uno solo, mentre il Coro tende a diventare quasi uno sfondo scenico. Gli attori interloquiscono fra loro ed il Coro fa da struttura coreografica (di qui anche l’etimologia della parola ‘coreografìa’). La differenza fra Coro e attori viene accentuata anche dall’uso della metrica che è diversa per l’uno, e per gli altri. Gli attori parlano in trimetri giambici, metro che produce una cadenza molto vicina al parlato, e non sono accompagnati dalla musica, mentre il Coro è sempre accompagnato dal suono dell’aulòs. La funzione del Coro è anche quella di spiegare al pubblico azioni e reazioni che avvengono sulla scena, le quali, per motivi vari, non sono di facile e immediata comprensione. il Coro è neutrale rispetto agli attori e alle loro azioni / Struttura interna della tragedia:

1) 2)

3)

Prologo. Si ha prima che entri il Coro. A partire da Eschilo e Sofocle, il prologo è un dialogo fra due personaggi che spiegano la trama del dramma. Pàrodos - Πάροδος. È il canto dei due semicori che entrano nell’orchestra dai due passaggi laterali fra scena e orchestra, appunto i πάροδοι “ingressi”. La Πάροδος continua l’esposizione del dramma iniziata nel Prologo. Koro. Dopo il suo ingresso rimane fermo e ogni suo canto successivo si chiama Στάσιµον – Stàsimon – “fermo”.

4)

Atti (da 3 a 7). Si hanno tra la Πάροδος ed il primo Στάσιµον, e poi fra quelli successivi; sono la recitazione vera e propria degli attori.

5)

Èxodos - Έξοδος – “uscita”. E’ la parte finale del dramma e si ha dopo l’ultimo Στάσιµον. Il Coro conclude con un breve canto l’ultima scena.

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Suonatrice di Arpa (Grecia)

Suonatore di Corno (Grecia)

Suonatrice di Cetra (Grecia)

Suonatore (Grecia)

di

Aulos

Doppio

Suonatore di monocordo: particolare da una miniatura del «Codex Monacensis». [Monaco, Staatsbibliothek]. 11

S u o n a t o r e d i L i r a

Musici greci; raffigurazione vascolare. 7

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Severino Boezio: illustrazione inerente la scala greca, con i generi diatonico, cromatico, enarmonico, tratta dal «DE ISTITUIONE MUSICÆ» (500 - 507). [Monaco, Bayerische Staatsbibliothek].

Pagina a stampa della «Introduzione alla musica» del teorico alessandrino Alipio (IV. Sec.) nella edizione moderna curata da K.van Jan, Leipzig, 1895.

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I ROMANI Non sappiamo se nell’antica Roma la musica abbia avuto caratteri originali nonostante importanti testimonianze storiche (Sant’Agostino, Quintiliano, Cicerone); ciò a causa della scarsezza delle fonti / Diversamente da ciò che accadeva in Grecia, presso i romani alla musica non veniva attribuito un valore formativo. Nell’età regia (750 - 500 a.c.) e al tempo della prima repubblica la regione del Lazio vide proliferare alcune forme di canto monodico e corale; questi canti si distinguono in: carmi sacrali ad es. Carmen Fratrum Arvalium, Carmen Saliare) ; canti conviviali con argomento epico - storico (chiamati carmina convivalia), canti in onore dei generali valorosi (detti carmina triumphalia); lamentazioni funebri chiamate nenie, ove una lamentatrice (chiamata prefica) iniziava il rito, ad essa seguivano le esecuzioni strumentali (tibie). Di grande rilevanza era il ruolo delle trombe e dei corni usati in ambito militare esclusivamente a scopo di segnalazione. Importanti erano i canti monodici e corali per usi rituali, solennità pubbliche (trionfi, giochi, feste religiose) / Fra gli strumenti musicali più in uso vi era la Buccina, aerofono di metallo dal tubo sottile e ricurvo terminante con un padiglione, o campana, era usata per segnalazioni a distanza; la Tuba, il Lituus (tromba tipica romana), la Tibia (simile all’aulòs greco) / Si espletavano delle gare citaristiche; Nerone suonava la cetra / Larga eco ebbero le teorie greche circa la musica in generale presso i romani. TEATRO ROMANO

L’influenza greca dopo la conquista da parte romana fu molto notevole: si ebbe una maggiore importanza reputata al fare musica nelle situazioni sociali di divertimento. Il teatro greco venne fruito dalla civiltà romana, anche se con un livello generale di gran lunga più inferiore rispetto a quello greco. L’influsso del teatro greco bloccò l’evolversi di alcune forme drammatiche proprie della civiltà italica; le forme “indigene” della cultura italiana antecedente all’influsso greco erano tre: Fescennini: Termine derivato forse dal nome di una città etrusca, fescennium, o forse dal latino fascinum (> malocchio), erano una sorta di farse improvvisate da contadini, i quali si esibivano con rudimentali maschere. L’argomento era sempre burloso e satireggiante nei confronti della morale e della politica; si espletavano con un latino preletterario. Sature: Erano delle rappresentazioni dal carattere multiforme, comprendevano buffi dialoghi, danze e canti accompagnati dal flauto. Alcuni studiosi sostengono che sia un’evoluzione dei fescennini. Caio Lucillio diede una svolta al genere della satira, indirizzando la tensione verso il mondo politico. Si sa che scrisse più di trenta libri di satire ma ci sono pervenuti non più di 1300 versi. Egli fu maestro di Orazio a Petronio. Atellane (fabulæ): Altra forma di farsa popolare. Il termine deriva alla città campana di Atella. Anche i cittadini romani si dilettarono nel prendervi parte. La lingua impiegata era il latino. Questa forma riveste un’importanza maggiore rispetto alle altre due in quanto può essere considerata un’antenata della Commedia dell’Arte, non foss’altro perché vi erano dei personaggi “fissi” molto facilmente considerabili gli antenati delle maschere della commedia dell’arte: Pappo (il vecchio avaro e rimbambito che viene costantemente schernito), Macco (lo zotico bastonato, sciocco e balordo), Bucco (mangione dai modi rozzi, maleducato), Dosseno (il falso, scansafatiche, gobbo, perfido e astuto), Manduco (il mangiatore del gallo, Kikirro). 17

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Antichissime statuette di pietra raffiguranti i personaggi delle Atellane: (da sinistra verso destra) Pappus, Bucco, Dossenus, Manduco, Maccus. 9

L I t u u s 18

B u c c i n a

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T u b a

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BIBLIOGRAFIA

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IL CANTO DEL CRISTIANESIMO IN OCCIDENTE

IL PRIMO MILLENNIO DELL’ERA VOLGARE Tutto il primo millennio dopo Cristo vedrà una povertà di vicende musicali notevole, in rapporto agli eventi storici succedutisi / Tre principali caratteri distintivi identificano la produzione musicale in questo primo millennio: A) Non è considerata con la valenza artistica propria delle epoche successive; > mezzo, ausilio liturgico cristiano. B) E’ quasi esclusivamente vocale, corale, solistica. C) Viene tramandata oralmente > mnemonismo / Verso la fine del millennio (859 ca.) si compirono le prime sperimentazioni di notazione > melodie sacre “codificate” sui libri liturgici > un primo esempio di segni grafici che rimandavano alla musica del canto fu la notazione detta Ecfonetica (IX sec. ) o declamatoria, basata cioè sugli accenti grammaticali del testo.

IL CANTO CRISTANO IN OCCIDENTE Cristianesimo > Cristo, i suoi insegnamenti e la sua predicazione > rinnovo della dottrina ebraica > un solo Dio / Ebraismo giudaico matrice del cristianesimo, specialmente nella concezione sacrale della parola: la “parola” liturgica per gli ebraici non va semplicemente detta, letta, ma va proclamata > cantillazione > tramite la musica che, quindi, diventa essa stessa preghiera / Il bagaglio musicale dei primi secoli dell’era cristiana non è constatabile su fonti dirette, ma esclusivamente su fonti indirette > testi liturgici > Nuovo Testamento, Atti degli Apostoli. PRIMA DIVULGAZIONE

Diaspora > dispersione del popolo dopo la distruzione di Gerusalemme da parte dei romani (Tito, 70 d.c.) > formazione di comunità cristiane in tutto il bacino mediterraneo > Efeso, Antiochia, Alessandria d’Egitto, Costantinopoli (lingua greca) Roma, Spagna > formazione di differenti repertori locali / Importante divenne la chiesa di Costantinopoli > Bisanzio > canto liturgico bizantino da cui si sviluppò il rito greco-ortodosso ed il rito russo / Il monastero di Grottaferrata è il più importante centro per lo studio dell’antico canto

Bizantino / 313 D.C. > editto di Milano > fine delle persecuzioni dei cristiani da parte dei romani > espansione libera del cristianesimo > venne organizzato sia il rito eucaristico (la Messa) e sia l’Ufficio delle ore / 391 D.C. l’Imperatore Teodosio vieta il culto del paganesimo > maggiore diffusione del culto cristiano > lingua ufficiale: latino.

PRIME FORME Il culto cristiano è derivato direttamente dal culto giudaico (> nessuna influenza greco-romana) per tre principali tipologie: CANTILLAZIONE: Con questo termine si vuole intendere una sorta di amplificazione della parola > lettura intonata su di un piccolo numero di suoni. Si eseguivano infatti così le letture del celebrante e del lettore, ossia l’Epistola (le lettere degli apostoli contenute nel Nuovo Testamento) il Vangelo e le Lamentazioni. Questa tradizione si è protratta così a lungo nei secoli da conoscere anche delle forme scritte. JUBILUS: La conoscenza di questa antichissima tipologia esecutiva dell’Alleluia non è documentata direttamente > non è stata coltivata fino all’epoca della scrittura musicale. Sono quasi esclusivamente le testimonianze scritte di Sant’Ambrogio e Sant’Agostino che ci informano su di essa: era un lungo melisma privo di testo “riservato” alla parola di letizia sacra: Alleluia. CANTO DEI SALMI: Dal greco psalmós, "canto", libro dell'Antico Testamento che consiste in una raccolta di 150 canti nota anche come "Salterio", dal nome dello strumento a corde che accompagnava il canto. È il primo degli Scritti, la terza parte del canone ebraico, mentre nel canone cristiano si colloca tra i libri di Giobbe e dei Proverbi; è diviso in cinque sezioni. Il titolo del libro in ebraico è Tehillim "Lodi o Canti di lode"; questi divennero il fulcro della liturgia cristiana, e conobbero un’ampia trascrizione. La salmodia è il canto declamato dei salmi e dei cantici della Bibbia (sia nella Messa che nell’Ufficio delle ore) / Formalmente constava di una semplice formula melodica iniziale, intonatio, volta al raggiungimento della cosiddetta “corda di recita”, ossia la nota ribattuta sulla quale gravavano la maggior parte delle parole del versetto / Il rito ebraico conosceva circa una ventina di modalità esecutive della salmodia; tre di queste si sono trasferite direttamente nel culto cristiano: Salmodia Alleluiatica: dopo ogni versetto che è intonato dal solista l’assemblea risponde con “alleluia”. Salmodia Responsoriale: vede l’alternanza dei versetti eseguiti dal solista con l’intonazione del ritornello, responsorio, recitato dall’assemblea. Salmodia Direttaneo - solistica: quando è eseguita solo dal solista senza ritornelli. 1

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Grazie all’affermazione degli ordini monastici e quindi alla costruzione di grandi e celebri abbazie, come ad esempio quella di Montecassino (nel 529) e quella di Bobbio (612), la liturgia si poté organizzare in maniera completa > evoluzione del canto sacro. I monasteri erano dei veri e propri centri di produzione, conservazione e studio del canto; in ognuno di questi vi era una schola cantorum ove i fanciulli venivano educati al canto, e almeno uno scriptoria, le antiche “copisterie”, che nel corso dei secoli produrranno splendidi codici liturgici riccamente miniati e decorati; fra i più antichi codici della cristianità rivestono un valore inestimabile i quattro codici irlandesi denominati “Book of Kells” custoditi presso il Trinity college di Dublino, risalenti al VII - VIII secolo D.C.). A partire dal IX secolo glii splendidi codici includeranno anche melodie codificate con una notazione che variava da monastero a monastero / Dal IV secolo si sente l’esigenza di raccogliere in volumi i riti liturgici; così nella liturgia romana i più importanti libri sono: Il Liber Sacramentorum: ove sono raccolte le preghiera del celebrante; Il Legionario: ove sono raccolte tutte le letture; essa poteva essere suddiviso in due raccolte separate chiamate Epistolario ed Evangelario. L’Antiphonarium Missarum : ove venivano raccolti i testi dei canti della messa. L’Antiphonarium Offici: ove vengono raccolti i testi per l’Ufficio. Fino al IX secolo questi testi non comprenderanno forme di notazione musicale. IL RITO AMBROSIANO L’INNODIA

“Inno” è un termine antichissimo: genericamente la civiltà pagana prima e cristiana poi lo usò per indicare un canto con il quale si lodava la divinità. In Grecia gli inni avevano una costruzione formale ben precisa nella metrica e nel ritmo, mentre gli inni della prima cristianità non lo erano; la mancanza di una scrittura musicale ha impedito un organico e corposo sviluppo, sicché si sono tramandati fino a noi solo alcuni esempi di grandissima diffusione antica, come il Te Deum ed il Gloria della Messa / La chiesa cristiana d’oriente identifica in Sant’Efrem (siriano, 303 - 373) la principale figura per quanto concerne la produzione innodica; gli inni di Sant’Efrem avevano un testo desunto dai salmi della Bibbia ed una struttura definita, strofica e con ritornello / Fra i repertori meglio conservati vi è il canto ambrosiano di Milano. Determinante è qui la figura di S. Ambrogio (340 - 397), vescovo di Milano, per lo sviluppo degli Inni. Con Sant’Ambrogio l’inno latino, nella cristianità occidentale, ha una sua precisa configurazione formale che verrà tramandata per secoli: è un componimento in più strofe ove i versi sono composti da dimetri giambici (ogni verso il formato da 4 giambi). Con l’Inno Ambrosiano, al contrario della salmodia, inizia nell’era cristiana il predominio della musica sulla parola. Il principale informatore dell’opera di Sant’Ambrogio fu Sant’Agostino. La prima raccolta di inni cristiani furono le Odi di Salomone; qui S. Agostino è indicato come importante divulgatore dell’inno; nella sua concezione l’inno è “canto, lode, lode a Dio”, ed egli identifica in S. Ambrogio il diffusore del repertorio innodica. Il suo canto è un canto salmodico, e l’esecuzione è antifonica: il salmo viene eseguito a cori alternati, ma dopo il IV sec. diventerà un breve canto in stile sillabico che si alterna ai versetti del salmo. S. Ambrogio compose i seguenti quatto inni: DEUS CREATOR OMNIUM (il più famoso). AETERNE RERUM CONDITOR. IAM SURGIT ORA TERMIA. INTENDE QUI REGIS ISRAEL. Anche per la produzione innodica precedente il IX secolo, in mancanza di una notazione musicale scritta, risulta molto difficile poter ricostruire verosimilmente la storia di questo repertorio; la musicologia quindi si è basata principalmente sulle testimonianze popolari tramandatesi per secoli, considerato l’eco popolare che queste composizioni hanno sempre mantenuto costante nel tempo, arrivando a supporre che le formule più antiche non dovevano essere molto dissimili da quelle più recenti. 2

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Uno dei quattro Book of Kells custodito presso il Trinity College di Dublino.

IL CANTO CRISTIANO IN ORIENTE ED IN OCCIDENTE Ben presto si venne a creare una profonda differenziazione fra civiltà cristiana del bacino mediorientale, alla quale faceva capo Bisanzio, ove aveva sede l’impero romano d’oriente, e quella europea. In oriente i principali centri erano guidati dai patriarchi, ed erano Alessandria, Antiochia, e Bisanzio (che in seguito si chiamerà Costantinopoli). Da questi centri si dipanerà un repertorio liturgico regionale, originale anche nella lingua. I principali riti che si ebbero nel bacino mediorientale furono: Rito Copto: Rito Siriano, Armeno, Bizantino:

in Egitto bacino mediterraneo e Bisanzio

Nella chiesa cristiana d’Occidente, anche se la presenza di Roma e dunque del pontificato aveva un peso notevole, si venne a creare comunque una diversificazione dei riti e dei canti rispetto a Roma. Anche se l’Occidente cristiano si esprimeva in latino (a differenza dell’oriente cristiano che era plurilingue) si vennero comunque a formare diversi repertori, che includevano molti canti e riti; i più importanti furono: Romano, Ambrosiano, Aquileiese (friulano, detto anche patriarchino, derivante dalla patriarcato di Aquileia), Beneventano. Fuori dall’Italia si formarono i seguenti stabili repertori: Celtico (in Bretagna), Gallicano, Ispano - mozarabico.

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Lo splend i d o codice miniato “Codec 123” del Duomo di Cremona risalente al X secolo.E’ adottata la scrittura neumatica in campo aperto per l’intonazione dei c a n t i riportati.

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GREGORIO MAGNO Attorno alla figura di papa Gregorio magno (540-604) la storia della musica, e la storia in genere, hanno reso una giustizia che è andata oltre i suoi reali meriti. A lui si deve la ri-organizzazione delle liturgie occidentali nel suo periodo di pontificato che va dal 590 alla sua morte, e proprio per questo, in seguito, il canto cristiano venne denominato “canto gregoriano”. Ma l’attribuzione a lui dell’intera paternità del canto liturgico cristiano è da considerarsi una sorta di “leggenda”. Dopo la caduta dell’impero romano la Chiesa ha senz’altro acquisito un grande potere in tutti territori dell’ex impero > unificazione > anche sotto l’aspetto liturgico: riti, preghiere, canti; ma non esiste nessun documento che possa attestare l’impegno in prima persona di papa Gregorio Magno in ambito musicale, soprattutto perché la scrittura musicale, in quel periodo, non si era ancora nel sviluppata; anche se a lui la storia ha attribuito la compilazione di un Sacramentarlo e di un Antifonario (il libro contenente i testi letterari dei canti della messa) / Il principale “fomentatore” della “leggenda” secondo la quale papa Gregorio magno sarebbe stato l’unico e solo autore di melodie fu Giovanni Diacono, che scrisse, tre secoli dopo la morte del pontefice, Vita di San Gregorio Magno. Il peso che ebbe questa biografia fu enorme, motivato anche dal fatto che si diffuse in un momento storico in cui si ebbe l’alleanza fra il papato ed i Carolingi > Sacro Romano Impero / L’influenza in ambito musicale - liturgico fu tale che il mondo liturgico dei secoli successivi adotterà un terrore reverenziale al sol pensiero di modificare quei canti attri3 buiti al pontefice Gregorio Magno; ne varietur sarà l’imperativo categorico imposto ai melologhi ed ai cantores. Per Iniziale miniata con effigie di San Gregorio Magno, cod. secoli tutto il repertorio dei canti veniva affidato alla memoria dei cantori (> recordatio), da ciò si è dedotto che nesPlut. 18.3, c.13r., Biblioteca Medicea Laurenziana, sun canto poteva essere una novità assoluta, anche perché, come spiegato sopra, il cantore non si “abbandonava” Firenze. mai alla propria ispirazione personale, anche perché il canto era legato a determinate formule melodiche che si combinavano fra loro secondo regole precise. La nascita delle grandi Scholæ (ROMA e METZ) fu un punto di luce: esse detenevano il segreto della creazione perfetta, e della ricomposizione continua dei brani / La schola cantorum da Roma, ove nacque, si sviluppò anche nelle altre chiese in Italia e fuori: Bobbio, Nonatola, Montecassino, Tours, San Gallo, Reichenau, Metz / Solo recentemente, dalla fine dell’800 a tutt’oggi, attenti studi musicologici condotti da gregorianisti e vaticanisti come Dom Mocquereau e soprattutto Bruno Stäblen hanno fatto chiarezza sulla reale successione degli eventi, che non hanno comunque negato il giusto tributo a papa Gregorio Magno.

SVILUPPO UNITARIO DEL CANTO CRISTIANO Dal 481 al 751 la Francia fu governata dai Merovingi; la Chiesa merovingica adottava il rito gallicano. In quegli anni la Chiesa romana era tormentata dalla pressione dei longobardi; papa Stefano III giunse così a stipulare una storica alleanza nel in 753 con Pipino il Breve > al monarca venne tributato il merito di aver salvato la cristianità, ed il papa impose al monarca di trapiantare il rito romano nelle regioni franche. Partì così un’opera di unificazione liturgica di tutto l’Occidente; Crodegango (vescovo di Metz) iniziò all’opera di riforma liturgica che fu poi completata dal figlio di Pipino Carlo Magno > imposizione dei libri liturgici romani nelle gallie / Il trapianto ex novo di un repertorio di testi e canti in terra “straniera” suscitò non poche difficoltà ai cantori che avevano imparato a memoria il loro repertorio con considerevole sforzo > mancanza di notazione musicale scritta / Si suppone che queste circostanze verso la fine dell’VIII secolo abbiano indotto i cantori ad “appuntare” alcune sillabe particolarmente importanti o accentate del canto nei loro personali libretti > segni ecfonetici, che ben presto si trasformarono in segni simili ad accenti grammaticali posti al disopra delle parole del testo, in campo aperto, e stampate “ufficialmente” su alcuni libri liturgici / Dopo una prima fase di difficile innesto la riforma carolingia risultò essere, da un punto di vista liturgico-musicale, una fusione delle componenti musicali gallicane e romane, imposte come opera ispirata di Papa S. Gregorio Magno; in questo contesto si capisce, dunque, come l’apparizione della biografia redatta da Giovanni Diacono, che comparve in quegli anni, rappresentò la ciliegina sulla torta. Alla luce di questi fatti si può evincere dunque che per “canto gregoriano” deve intendersi il canto monodico liturgico cristiano in lingua latina, derivato dalla fusione del canto paleoromano con il canto gallicano. Quando la scrittura musicale neumatica venne ufficializzata dalla Chiesa di Roma, il suddetto repertorio, “etichettato” come opera creata da San Gregorio Magno, venne diffuso in tutta Europa. Solo il repertorio Ambrosiano sopravvisse.

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I MODI ECCLESIASTICI Per volere di Carlo Magno a cavallo tra VIII e IX secolo, mosso dal desiderio di una più logica organizzazione, tutto repertorio gregoriano venne “codificato” sulla base del sistema dei modi ecclesiastici. Questo sistema venne importato in Occidente dal monaco bretone Flacco Alcuino (735 - 804), che lo espose nel suo trattato DE MUSICA; qui egli riportò la trascrizione degli antichi oktoechoi bizantini, ossia un sistema di scale diatoniche ascendenti composte da otto suoni. In ogni scala è diversa la posizione dei toni e dei semitoni; ognuna di essa gravita intorno a un suono fondamentale chiamato finalis (nota sulla quale generalmente termina il canto, che rappresenta una sorta di tonica) e ad un altro suono molto importante sul quale gravita tutta la melodia, chiamato repercussio (che rappresenta una sorta di dominante, e che nelle formule salmodiche coincide con la nota di recita) / Le scale sono formate da quattro modi autentici e quattro modi plagali. Plagali > una quarta sotto i modi autentici; nota in comune finalis . La repercussio si trova una terza sopra la finalis del plagale, ed una quinta sopra la finalis nell’autentico (ad eccezione del III, IV, VIII) / Questi modi ecclesiastici hanno conosciuto nel tempo tre diverse tipologie di denominazioni; per rigore filologico si è preferito adottare la denominazione derivante dai numeri ordinali greci latinizzati: PROTUS (Autentico RE, Plagale LA) DEUTERIUS (Autentico MI, Plagale SI) TRITUS (Autentico FA, Plagale DO) TETRARDUS (Autentico SOL, Plagale RE)

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LITURGIA E CANTO CRISTIANO Il repertorio gregoriano si formò lentamente, a partire dal III sec., e solo nell’età carolingia (dal VII al X sec. > Carlo Magno) si arrivò al compimento dell’unità di culto, che si attuò in funzione dei testi liturgici, accuratamente organizzati per tutto l’anno liturgico (> il ciclo completo delle celebrazioni misteriche cristiane) / Queste celebrazioni sono distribuite per tutto l’arco dell’anno liturgico, dal ciclo di Natale, preparato dalle quattro settimane dell’Avvento, fino al ciclo di Pasqua che è preceduto dalla Quaresima e dalla Passione, e della Pentecoste, 50 giorni dopo Pasqua (> discesa dello Spirito Santo). Il periodo di tempo che intercorre fra la Pentecoste e l’inizio del nuovo anno liturgico (Avvento) viene definito “tempo ordinario fra l’anno”, e corrisponde all’estate. Temporale è definito il ciclo che celebra la vita di Cristo, mentre Santorale è il ciclo che celebra le feste dei Santi e della Madonna / La “giornata liturgica” è costituita dalla liturgia delle ore, che rappresenta la preghiera ufficiale della Chiesa romana distribuita durante tutto il giorno (Ufficio, e rappresenta anche simbolicamente la presenza di Dio in ogni ora del giorno), e la Liturgia eucaristica > Messa. I testi dell’ufficio delle ore includono: a) 150 salmi e relative antifone; cantici: Magnificat, Benedictus, Hunc dimissis; b) c) Inni; d) Litanie; e) Orazioni; f) Letture (tratte prevalentemente dalla Bibbia); g) Responsori, Invocazioni. A) Liturgia Eucaristica:

B) Liturgia delle ore:

si rievoca l’Ultima cena di Gesù; la Messa è costituita da: introduzione, liturgia della parola, liturgia sacrificale; ogni parte ha numerose raccolte di canti variabili a secondo il calendario liturgico. Le parti della Messa si dividono in Ordinarium e Propium Missæ; il proprium missæ ingloba i canti che variano il proprio testo a seconda del calendario liturgico, mentre quelli dal testo immutabile, cantati sempre, sono cinque e costituiscono l’ordinarium missæ (vedi fig. prossima pagina). Che sono otto divise in ore maggiori e ore minori. ORE MAGGIORI Mattutino Laudi

Vespri

ORE MINORI

(cantato alle due di notte) (preghiera del mattino)

(preghiera della sera)

Prima (oggi abolita) Tertia Sexta Nona Compieta (preghiera personale della sera)

I testi e i canti dell’Ufficio delle ore sono raccolti in due libri: il Breviarium, che custodisce solo i testi per i vari periodi dell’anno liturgico; l’Antiphonarium offici, che raccoglie i tanti. Per quanto riguarda la messa, i principali libri liturgici che raccolgono testi e canti sono: l’Antipfonale missarum, detto anche Liber Gradualis, o Graduale, che contiene i canti del Proprio della messa, e in appendice quelli dell’Ordinario (i quali potevano anche essere raggruppati in un altro libro, detto Kyriale); il Messale, o Missale plenarium, il libro liturgico che dai secoli X - XI contiene le preghiere, i canti e letture per la messa. Oggi fra le raccolte storicamente più importanti dei canti della messa e dei principali uffici liturgici si annovera il Liber Usualis Missæ et Officii.

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STILI MODI D’ESECUZIONE FORME MUSICALI GREGORIANI Il repertorio dei canti gregoriani a noi pervenuti oggi dal IX secolo, ossia da quando si cominciò a sviluppare la scrittura musicale, si possono distinguere in quattro principali categorie: A) a seconda della “destinazione” liturgica: canti dell’Ufficio o canti della Messa. B) a seconda dello stile; per stile s’intende in ambito gregoriano il rapporto fra note e sillabe, per cui si distinguono tra principali stili: Sillabico quando ad ogni sillaba corrisponde una sola nota da cantare; Neumatico o semisillabico quando ad ogni sillaba corrispondono poche note a cantare; Melismatico quando su una sillaba si cantano molte note, che negli alleluia prolixa potevano essere anche 40. Questi canti erano esclusiva priorità della Schola cantorum. Questi tre stili derivano dal repertorio bizantino, ove si distinguevano: STILE HIRMOLOGICO: l’hirmologion è il libro liturgico ove vi sono le ode, ognuna di esse va cantata su una strofa modello detta hirmos: una breve melodia sillabica con al massimo 2 note per sillabe; STILE STICHERARIO: sticherion è il libro liturgico e i versetti cantati in questo stile si chiamano stichi: sono più ornati rispetto al primo stile, cioè compaiono i primi melismi (moderati). STILE ASMATICO O MELISMATICO: vi sono gli alleluja prolixa, lo stile più complesso, comprende canti riccamente “ornati”, lunghi e di difficile esecuzione . C) a seconda della loro forma e del modo di esecuzione, per cui si distinguono tre tipologie:

Canti antifonali:

sono quei canti che alternano due cori, e si hanno nell’Introito, Offertorio e Communio; sono i momenti dinamici del Proprium della Messa, e i canti eseguiti sono

affidati alla schola .

Canti responsoriali:

Canti diretti: D)

sono quei canti che alternano un solista e un coro, Graduale, Alleluja, Tractus; sono i più complessi, perché melismatici, eseguiti da un cantore professionista; sono i momenti più statici della Messa. Il tractus è un canto eseguito dopo il Graduale (il più antico canto di meditazione, chiamato così perché eseguito sui gradi del presbiterio), e sostituisce l’Alleluia durante la Quaresima; è un canto fittamente melismatico.

quei canti eseguiti da un solista senza la partecipazione di un coro. a seconda del tipo di testo, il quale può essere biblico (con testo in versi o in prosa) e non (anch’essi con testo in versi o in prosa).

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Il ruolo della musica all’interno del canto gregoriano nei secoli ha trovato una doppia distinzione, ove praticamente si distingue fra una musica declamata e una musica più elaborata consistente in vera e propria melodia. I canti della prima categoria si raggruppano nello Stile Accentus, che è derivato dalla cantillazione ebraica, ed è la lettura sillabica intonata su di una sola nota (recto tono) con inflessioni melodiche lievi sia ascendenti che discendenti. Più elaborato era invece lo Stile Concentus, quasi il contrario dello stile accentus, ed era il canto spiegato sillabico o semisillabico. Sono cantati in Stile Accentus:

I recitativi del celebrante Le formule per l’intonazione dei salmi (initium, repercussio, terminatio).

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BREVE CRONOLOGIA DEL CANTO GREGORIANO

ATMOSFERA NEL CANTO GREGORIANO

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INNOVAZIONI LITURGICO - MUSICALI DEI SECOLI IX - X Le grandi abbazie benedettine ed i grandi monasteri in genere, fra il IX nel XII secolo furono importanti centri promulgatori e diffusori di cultura in generale, e in particolare di cultura musicale liturgica. È in questo periodo che nascono le prime sperimentazioni polifoniche; ma il processo che “concettualmente” comporterà anche la nascita della polifonia fu la creazione e la diffusione di nuovi canti inseriti sia all’interno che all’estero della liturgia, scaturiti dalla nuova “libertà” che la notazione musicale conferiva: le sequenze ed i tropi. Sequenza: con questo termine, apparso nella prima metà del IX secolo, si indicava all’inizio un testo con il quale cantare i melismi dell’Alleluja; la melodia - melisma dell’Alleluia poteva essere cantata pronunciando un testo originale; in questo modo l’Alleluja da canto melismatico diventava, contemporaneamente, canto sillabico. La sequenza divenne così una forma sia musicale che poetica. È un monaco di San gallo, Notker Balbeo, che redasse per primo una testimonianza sulla nascita della sequenza nel suo Liber Hymnorum, e spiega come la sequenza sia nata come un “nuovo procedimento” atto ad aiutare la memoria dei cantori nell’apprendimento delle difficili melodie del’Alleluja. I Testi poetici raccolti da Notker erano una serie di frasi libere da schemi; questi testi furono chiamati prosæ, in quanto erano in prosa / Nella maggior parte dei casi si presentavano due linee di testo consecutive che cantavano la stessa frase musicale; queste due linee di testo vennero chiamate copulæ, appunto coppie di versi. La struttura testuale più tipica era la seguente: A BB CC DD / La forma più compiuta di sequenza si deve ad Adamo di San Vittore; le strofe delle sue sequenze sono costituite da due versi ottonari seguiti da un senario (con l’ultima parola sdrucciola) chiamato coda (cauda) / La Sequenza ebbe nel corso dei secoli una grandissima diffusione; si composero decine e decine di sequenze per tutti i giorni dell’anno liturgico; vennero redatti molti manoscritti liturgici chiamati Sequenziari; col tempo i modelli si staccarono sempre di più dalle formule gregoriane, inglobando intonazioni originali; i testi, contemporaneamente, acquisirono una fisionomia che si distaccava dalla liturgia tradizionale / L’importanza storica della sequenza risiede nel fatto che contribuì in maniera determinante al definitivo passaggio dalla metrica quantitativa greca alla moderna metrica accentuativa e rimata, in quanto gradatamente i due versi di ogni copula divennero sempre più simili fra di loro, venendo così a formare la rima / Nel corso dei secoli la sequenza si è sviluppata a dismisura, tant’è che il Concilio di Trento (1545-63) le abolì tutte, insieme a tutti i tropi, lasciando che ne venissero eseguite soltanto quattro: VICTIMAE PASCHALI LAUDES (per la Pasqua) (per la Pentecoste) VENI SANCTE SPIRITUS (per il Corpus Domini) LAUDA SION SALVATOREM (per la Messa dei Defunti) DIES IRAE Nel XVIII secolo a queste quattro fu aggiunta un’altra sequenza: STABAT MATER DOLOROSA.

Tropi:

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I Tropi sono quasi la stessa cosa delle sequenze, infatti consistono nell’applicazione di un testo alle parti melismatiche di tutti gli altri canti liturgici (tranne l’Alleluja). Viene attribuita ad un monaco di San gallo morto nel 915, Tutilione, la creazione del primo vero tropo / A differenza delle sequenze, nei tropi i testi erano in prosa / Similmente al processo evolutivo della sequenza, anche per il tropo col tempo si aggiunsero nuove melodie che comportarono la “tropatura” di tutti, o quasi, i canti; grazia questo nuovo procedimento della “tropatura” tutte le antiche forme liturgiche vennero riviste, interpolate o commentate dalle nuove composizioni trovate / L’Alleluja può essere considerato un procedimento di tropatura di un solo canto, appunto, l’Alleluja.

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VICTIMAE PASCHALI LAUDES E’ la sequenza per il giorno di pasqua, composta forse dal sacerdote tedesco Wipo (X sec.), è una fra le più famose testimonianze musicali del Medioevo. E’ composta da quattro frasi musicali con ritornello alla seconda e terza frase mentre la quarta è simile alla seconda, struttura del testo di 8 strofe. Fra la quarta e la settima strofa la sequenza acquista notevole vivacità drammatica data dal dialogo fra Maria ed i fedeli. Tutta la melodia copre un ambito di undicesima (LA3 RE4). Di seguito viene riportata la notazione neumatica quadrata dell’alleluia e della sequenza e la trascrizione in notazione moderna.

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I Tropi erano più frequenti nei canti della Messa (Proprio e Ordinario) che in quelli dell’Officio, e si eseguivano durante le celebrazioni solenni e le feste. I testi letterati inseriti avevano molteplici funzioni, principalmente quella di spiegare, approfondire, il senso del testo liturgico originale. Nell’esempio seguente è illustrato, trascritto come possibile nella nostra notazione, tale procedimento ad un Kyrie in due tropature che si susseguono.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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LA NASCITA DELLA POLIFONIA E L’ARS ANTIQUA Il desiderio di rinnovamento del canto liturgico ha accompagnato per secoli il mondo della chiesa; quando le limitazioni etiche proprie del mondo chiesastico “figlio” di papa Gregorio Magno cominciarono a soggiogare sempre meno, ecco che il cristianesimo occidentale si librò nella sperimentazione di nuove forme di “miglioramento” del canto liturgico / Il canto gregoriano era sempre stato omofonico (emissione della medesima nota da parte di suoni o strumenti, ed anche tecnica di composizione a più voci ove coincidono in senso verticale le sillabe del canto) ed omoritmico; verso l’850 D.C. si assiste alla nascita della polifonia in ambito cristiano occidentale. È polifonico un canto con due o più voci diverse insieme, che possono avere uguale o diverso ritmo. Adesso il canto sacro, cantus firmus, sarà “ornato” da altre melodie parallele, per cui si andrà affinando una tecnica compositiva capace di fondere insieme melodie diverse, sia omoritmiche sia poliritrmiche > punctum contra punctum > CONTAPPUNTO / La musicologia riconoscerà a posteriori il fatto che la nascita e l’evoluzione della polifonia comportò una generale perdita dell’antica ricchezza ritmica del canto gregoriano, in quanto la trasformazione da monodia a polifonia impose la rinuncia all’articolato ritmo della monodia in favore di un ritmo uniforme per tutte le voci / La storia del contrappunto e della polifonia vocale avrà un excursus che partirà dal IX secolo per terminare nel XVI secolo; questa evoluzione può essere agilmente suddivisa in sei periodi: ALBORI 850 - 1100 ca ARS ANTIQUA O ARS VETUS 1150 - 1290 ca ARS NOVA 1300 I MAESTRI FIAMMINGHI (5 generazioni) 1400 - 1590 ca POLIFONIA RINASCIMENTALE 1500 - 1580 ca MONTEVERDI: LA POLIFONIA FRA RINASCIMENTO E BAROCCO

ALBORI Con l’avvento della pratica detta “tropatura” le menti musicali del canto gregoriano avevano in sostanza già aperto la via verso il processo che condurrà alla polifonia; la polifonia può essere infatti considerata una sorta di tropatura musicale / Ciò che sappiamo delle primissime forme di polifonia è dedotto da un trattato anonimo molto diffuso nel Medioevo, del quale oggi si conservano 40 copie manoscritte, denominato Musica Enchiriadis cioè manuale di musica; questo fu diffuso in alcune cattedrali della Francia settentrionale già nel X sec. Nel Musica Enchiriadis compaiono le prime forme polifoniche > organum: melodia gregoriana (> vox principalis) accompagnata nota contro nota da una seconda melodia che fungeva da “ripieno” sonoro (> vox organalis) posta ad una distanza intervallare reputata consonante per quei tempi, ossia una quarta, o una quinta più in basso, parallela; le due voci potevano essere raddoppiate all’ottava; questo tipo di organum si chiamava parallelo. Quarta, quinta e ottava erano le uniche consonanze scaturite dalla tradizione speculativa dei teorici greci / Nello stesso periodo si sviluppa in Inghilterra un tipo di organum ove la seconda voce si trova a distanza di una TERZA più in basso rispetto al cantus firmus; questo tipo di organum si chiamava Gymel. Le prime forme di Gymel risalgono al 1100, e presentavano una terza parte aggiuntiva al basso / L’esperienza degli organum paralleli aveva col tempo fatto sorgere la necessità di evitare di intonare simultaneamente ciò che fu definito dai cantori e teorici medievali il diabolus in musica ossia l’intervallo di tritono, la quarta eccedente FA - SI. Nel Musica Enchiriadis viene suggerito di evitare l’intonazione di detto intervallo ricorrendo alle “consonanze imperfette”, ossia seconda e terza e, simultaneamente, attuando un procedimento delle voci non più parallelo ma contrario ed obliquo; questa successiva evoluzione dell’organum, con le due voci che procedevano secondo la tecnica chiamata del discanto, prese il nome di organum libero. 1

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Organum parallelo con raddoppio delle voci

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Inno a San Magno: esempio di gymel tratto dal manoscritto di Upsala. E’ l’esempio più antico di polifonia a due parti per terze parallele.

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Organum libero applicato alla sequenza Rex Coeli Domine. 4

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Codice di Montpellier, foglio XXIV. Contenente circa 300 Mottetti di ogni tipo, di cui ben 86 sono dedicati alla madonna, questo codice è uno dei più importanti nell’illustrare la proliferazione dei Mottetti nel XIII secolo.

Tutte queste testimonianze ci sono pervenute tramite i trattati di uso monastico; ad esempio nella raccolta in due volumi denominata Tropario di Winchester (la più antica importante raccolta di fonti musicali a proposito della pratica polifonica), si trovano circa 150 tropi in forma di organa a due voci che testimoniano la predilezione dei monaci benedettini inglesi rivolta ad arricchire, con gli organa appunto, i brani solistici dell’Alleluja (53 organa) e dei Responsori (59 organa) rispetto ai Tractus (19 organa) / Agli albori della polifonia venivano tropati polifonicamente soprattutto i canti del Proprio della Messa, e solamente le parti che erano destinate ai solisti, cosicché nel canto venivano ad alternarsi parti monodiche, cantate dal coro, con parti polifoniche cantate dai solisti. Le prime forme di polifonia eseguite dai solisti erano di carattere improvvisato / A partire dal 1100 nelle cattedrali della Francia settentrionale, ed in special modo S. Marziale a Limoges e nella Spagna nord-occidentale (Santiago de Campostella) si diffuse l’organum melismatico; qui il cantus firmus (ossia il canto gregoriano sacro) era affidato al basso ed era eseguito con larghi valori, e siccome “teneva” le voci superiori fu chiamato TENOR. Sopra la vox organalis non procedeva più punctum contra punctum, ma creava melodie molto ricche di fioriture di modo che su ogni nota del tenor potevano corrispondere da 1 a più di 20 note / L’avvento dell’organum melismatico fu quasi una diretta conseguenza dell’avvento della scrittura musicale, e parallelamente comportò la fine dell’improvvisazione polifonica da parte dei solisti.

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Viderunt Hemanuel, graduale tropato cantato per la terza Messa del giorno di Natale nella cattedrale di S.Marziale di Limoges; è uno dei primi esempi di organum melismatico. L’entità dei melismi della vox organalis è relativamente contenuta, e nella parte finale, prima del coro, le due voci procedono in stile di discantus ossia nota contro nota

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Esempio di organum melismatico della cattedrale di Santiago de Campostella, il Kyrie tropato; nei primi tre righi è riportata la melodia monodica gregoriana antica, a seguire detto cantus firmus viene tropato e diventa tenor di una vox organalis riccamente melismatica 6

L’ARS ANTIQUA Nel momento in cui le pratiche polifoniche d’ambito sacro liturgico passano dall’essere delle sporadiche e anonime sperimentazioni ad un fatto concreto, compiuto ed accettato, nasce l’Ars Antiqua. Questo è il momento di piena affermazione della polifonia sacra medievale dal 1170 al 1320, ove riveste una grande importanza la cattedrale di Notre - Dame di Parigi / L’Ars Antiqua annovera due importanti traguardi raggiunti dalla polifonia sacra: 1) Lo sviluppo della notazione 2) La cifratura della durata delle note

LA SCUOLA DI NOTRE DAME

Il più importante centro europeo di musica polifonica dal 1150 al 1350 > magistrale fu qui l’impronta lasciata dai Maestri LEONIN e PEROTIN. La scuola di Notre - Dame si caratterizzerà per la produzione degli organa, ma questi sono molto diversi rispetto ai modelli precedenti. La più importante fonte che ci documenta circa l’attività della prestigiosa cattedrale parigina è un trattato anonimo intitolato “De mensuris et discantus”; a metà dell’800 il musicologo francese Charles Coussemaker identificò questo trattato anonimo come “Anonimo IV” nella sua ampia raccolta di antichi scritti teorici musicali intitolato “SCRIPTORUM DE MUSICA MEDII ÆVI NOVA SERIES” in 4 voll., 1864 - 76 / Importante momento per la storia della musica: il fatto che si possano adesso individuare le personalità che hanno comportato lo sviluppo delle pratiche polifoniche pervenuteci testimonia la maggiore attenzione che viene rivolta alla musica (sacra), e ciò fa dedurre che il musicista di questo periodo non è più vincolato nella creazione della musica, come in precedenza, ma ha acquisito maggiore “indipendenza”.

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LEONIN Operò tra il 1160 ed il 1190. Definito optimus organista , compose il Magnus Liberi Organi de Gradali et Antiphonario, una raccolta di Graduali, Responsorii, Alleluja a due voci per l’intero anno liturgico; questa raccolta fu in seguito ampliata dal suo successore Perotin, il quale inserì le clausolæ. La raccolta redatta da Leonin conteneva 13 brani per l’Officio e 33 per la Messa, tutti a due voci. Dette composizioni venivano eseguite alternando coro (che cantava il canto piano gregoriano) e solisti (che cantavano le “nuove” parti polifoniche). Un Graduale di Leonin veniva eseguito secondo lo schema mostrato di seguito. La trascrizione musicale delle parti polifoniche di questi canti veniva effettuata secondo due diverse tipologie: In stile melismatico: 7 Qui le note della melodia gregoriana sono posti al basso con valori lunghissimi; sopra di essa si svolge il lungo fiorire melismatico della seconda voce, chiamata duplum. Questa è stata considerata una prima forma di organum. In Stile Discantus Qui il duplum procede nota contro nota con la melodia gregoriana (tenor), che adesso è molto più dinamica rispetto allo stile melismatico. Le due voci corrono quasi insieme. Le sezioni sillabiche del canto gregoriano originario venivano elaborate polifonicamente in stile melismatico, mentre le sezioni melismatiche del canto gregoriano originario veniva8 no elaborate polifonicamente nello stile di discantus, allo scopo di non allungare eccessivamente l’intero nuovo costrutto. Qui il tenor procedeva per valori molto più stretti. Queste sezioni costruite sulle parti melismatiche del canto gregoriano, realizzate nello stile discanto, vennero definite clausulæ. La clausula veniva costruita su una sola parola del testo liturgico (di solito Dominus), e più in particolare la si costruiva su una sola sillaba di una parola (Do di Dominus, ad es.). L’organa a 9 due voci sull’acclamazione Benedicamus Domino di Leonin mostra la clausola sulla parola Domino. La Clausula era musicalmente autonoma / La scuola parigina mise a punto un sistema ritmico fondato su due elementi: la longa e la brevis. Il teorico Johannes de Garlandia per primo ne espose le varie combinazioni nel trattato De Mensurabili Musica (1240); potevano esserci sei diversi gruppi. Questi sei modi servivano solo come modelli di partenza per successive elaborazioni; palese è l’equiparazione agli antichi modi della metrica quantitativa greca classica. Negli organa a due voci del primo periodo della scuola parigina si nota una prevalenza del I modo, seguito successivamente dal IV e dal V / Adesso i simboli grafici non sono più considerati alla stregua dei neumi quadrati, ma semplicemente vengono intesi come delle note isolate, o meglio, come gruppi di note legate. L’importanza attribuita a questi gruppi legati è di fondamentale importanza per lo sviluppo della misurazione del tempo; i gruppi vennero chiamati ligaturæ e potevano essere costituiti da 2, 3 o più suoni. A seconda di come vengono raggruppate le ligaturæ e le note isolate si riconosce se una composizione appartiene a uno dei sei modi ritmici. 5

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Trascrizione in dotazione moderna della parte iniziale del discantus a due voci di Leonin, Viderunt Omnes. E’ scritto nello stile melismatico.

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PEROTIN Successore di Leonin, Perotin ebbe il merito di aver ampliato gli organa di Leonin passando dal tenor con l’aggiunta di una sola vox organalis a due e tre, quindi da un solo duplum si passò ad avere triplum e quadruplum; egli fece perdurare l’alternanza fra sezioni di canto monodico e sezioni polifoniche, ove l’andamento ritmico sarà sempre più preciso. Perotin fu definito da Coussemaker come optimus discantor, ossia ottimo autore di musiche in stile di discanto / Gli organum quadruplum di Perotin rappresentano la più alta vetta di sviluppo della polifonia sacra medievale, essi piacquero così tanto al vescovo di Parigi del tempo, Oddone di Sully, che ne ordinò la riesecuzione ogni anno (fatto stranissimo per l’epoca!), anche se comunque il Vescovo non fece mai citare pubblicamente il nome dei due maestri. Gli studi musicologici condotti su queste antiche partiture anche se notarono l’evidenza del fatto che non veniva mai citato il nome del maestro creatore (sia Leonin che Perotin), hanno comunque appurato che senza dubbio quegli organum erano attribuibili ai due grandi magistri parigini. La riesecuzione annua degli stessi organum determinò un fatto eclatante e di importanza epocale per la storia della musica: le composizioni di Perotin furono elevate ad opera d’arte, tanto che dovevano essere ripetute annualmente > erano degne di sopravvivenza > la musica, e specialmente la musica liturgica comincia ad essere considerata Opera d’Arte / Gli organa a 4 parti erano composti solamente per voci maschili nei registri di tenore e contralto, e l’estensione delle voci complessiva era quella indicata di seguito. Il capolavoro di Perotin è l’organum quadruplum SEDERUNT PRINCEPES, realizzato sul primo tono ecclesiastico (Protus); presenta, come uniche alterazioni previste il si bem al posto del si nat., ed il mi bem. al posto del mi nat. Non esistono, ancora, regole che disciplinano il moto delle parti.

Esempio tratto dalla prima sezione del Sederunt Principes di Perotin: rispetto al tono d’inizio Perotin ha già “portato” le voci nel tono di Fa (Tritus), da notare la vastissima fioritura del duplum, triplum e quadruplum sulla nota del tenor (Se, di Sederunt, appunto) e la simmetria fraseologica di discendenza profana.

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Simili agli organa ma differenti solo perché non erano esclusivamente liturgici, e potevano avere testo sacro o profano erano i Conductus; qui il tenor non proveniva dal gregoriano antico ma era inventato ad hoc, e le altre voci cantavano simultaneamente le stesse parole; la scrittura era sillabica con frequenti incroci di voci.

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IL MOTTETTO NEL 1200 Dalla pratica polifonica molto fiorita di Perotin, il quale compose un alto numero di clausulæ, si venne a creare la prassi di eseguire soltanto le clausolæ in luogo dei lunghi e complessi organa fuori dal momento liturgico; però senza un testo liturgico ad eccezione di quello del tenor, queste clausole isolate non avevano quasi significato, così, similmente al processo della tropatura, si risolse il problema applicando ai melismi del duplum dei testi latini affini al significato del testo del tenor; il duplum così con il testo cambiato venne chiamato MOTETUS (da mot, parola); non molto più tardi questa clausola trasformata venne chiamata soltanto Mottetto / Se la clausola originaria aveva anche un triplum, nel “nuovo” mottetto sopra la voce del motetus si affiancava la linea melodica del triplum che intonava un altro testo ancora sviluppante ulteriormente il senso del tenor / Dopo il 1220 il Mottetto è considerato una composizione autonoma ove le due voci superiori hanno due differenti testi, simultaneamente in francese ed in latino, anche di derivazione profana / La scrittura del mottetto a tre voci non è più in partitura, ma per ragioni di spazio 15 e di economia, venne notato per esteso su colonne: una a destra per il motetus, una a sinistra per il triplum ed in basso il Tenor . La maggior parte dei mottetti di questo periodo sono composti in lode alla Madonna / Dopo Perotin il Mottetto si distanzierà sempre di più dal contesto liturgico per abbracciare i testi profani in lingua francese di argomento amoroso, satirico, celebrativo diventando espressione dei ceti cortesi e borghesi / Verso la fine del XIII secolo il mottetto conobbe una nuova caratterizzazione su due filoni: si aveva una tipologia che esternava una maggiore omogeneità dell’intero costrutto, ed un’altra che tendeva alla differenziazione fra le voci, con triplum vivace e ritmo declamatorio, motetus non molto mosso e tenor basato su di un rigido schema ritmico; quest’ultima tipologia venne definito “Mottetto Petroniano”, in quanto fu caratteristico della produzione del compositore Petrus de Cruce.

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Mottetto dedicato alla vergine Maria [trascritto in notazione moderna]. I due diversi testi della voce superiore sono attinenti alla parola Domino sviluppata dal Tenor. 15

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L’HOQUETUS

Dal francese hoquet cioè singhiozzo; il teroico Johannes de Grocheo ne fu il principale descrittore. Nel mottetto del 1200 fu escogitato un artificio contrappuntistico applicato alle due voci superiori; si faceva corrispondere, rapidamente alternata, una pausa in una voce ed una nota nell’altra voce in modo da creare un andamento melodico a singhiozzo che venne anche definito cantus abscissus.

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Riproduzione di due pagine di un antico codice ove le varie voci della composizione polifonica sono disposte in parti diverse della pagina.

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Pagina tratta da un’opera di Perotin.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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1, 3, 5, 6, 7, 8, 10, 15, 16 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol 2, 18 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 4 Enciclopedia multimediale Il Medioevo, Corriere della sera, Milano, RCS Editori 9 Gallo, F. Alberto, Il Medioevo II, Storia della Musica volume secondo, Torino, EDT, 1979 11, 17 Dispensa di Storia della Musca, Biblioteca DAMS Bologna, A. A. 1997 - 98 12 De la Motte, Diether, Kontrapunkt - Ein Lese - und Arbeitsbuch, Kassel, Bärenreiter - Verlag, 1981 (trad. It di Loris Azzaroni, Il Contrappunto, Milano, Ricordi, 1991) 13 www.musictext.com 20 www.diabulusinmusica.com 19 www.images.net

Enciclopedia multimediale Il Medioevo, Corriere della sera, Milano, RCS Editori www.diabulusinmusica.com www.images.net

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LA NOTAZIONE MEDIEVALE

LE ORIGINI DELLA NOTAZIONE MODERNA

La nascita della notazione musicale si ebbe in forte ritardo rispetto allo sviluppo dei canti; solo quando ci si accorse che il repertorio diventava troppo vasto e che diventava sempre più difficile ricordare, la cristianità si trovò quasi costretta ad elaborare un sistema grafico / In ogni angolo della terra è certo che ogni società che abbia prodotto una quantità di materiale musicale o sonoro in genere relativamente considerevole, si sia applicata alla formulazione di sistemi semiografici convenzionali atti a conservarle per poi rievocarle con facilità; noi, in questa sede, prenderemo in considerazione lo sviluppo storico della nostra notazione, ossia quella europea, iniziato verso l’880 d.c.

DAGLI ALBORI ALLA NOTAZIONE NEUMATICA Fino alla metà del 750 D.C. tutto il repertorio liturgico gregoriano fu tramandato oralmente; “La musica non si può scrivere” aveva affermato Isidoro di Siviglia nel VI sec. Per lungo tempo tutto il repertorio venne tramandato oralmente > dieci anni non bastavano ai peueri cantores per diventare Magistri / La prima embrionale forma di notazione, riferita però solo agli accenti delle parole, che indicava il tono di lettura del testo liturgico (fra il cantato ed il parlato) compare forse verso il IV secolo presso i bizantini, derivata direttamente dall’antica prosodia, ed è nominata ECFONETICA / Al IX secolo si fa risalire anche l’inizio dello sviluppo della notazione NEUMATICA > sistema di segni che indicava la sillaba cantata (leggi: nota) o il gruppo di suoni con cui si cantavano una o più sillabe (note) / Neuma > segno > la nota o le note cantate sulla stessa sillaba. Ripercorrendo a ritroso la storia della rotazione si evince che i neumi derivavano graficamente dagli accenti grammaticali greci e latini, segni che erano usati per distinguere le sillabe toniche (quelle che si pronunciavano con voce acuta) dalle sillabe atone (quelle che si pronunciava con voce più grave); dai due accenti, acuto e grave, si presuppone siano derivati la virga (che indica un suono più acuto), ed il punctum (che indica un suono più grave). Fu solo con Guido d’Arezzo, con l’adozione del rigo formato da quattro linee, che la notazione, che sarà chiamata quadrata, divenne un pieno mezzo di comunicazione e non più solo un accorgimento mnemonico di accenti ad uso privato dei cantori per aiutarli nella recordatio / Un secolo dopo si svilupparono segni grafici che stabilivano anche la durata dei suoni > notazione modale; questa usava la notazione neumatica quadrata (di discendenza aquitana); successivamente si sviluppò la notazione mensurale / Tre fasi principali interessano lo sviluppo della notazione neumatica: chironomica, adiastematica e diastematica, quadrata. SCRITTURA CHIRONOMICA (Cheir = mano; nòmos = legge) > segni convenzionali posti dal direttore del coro, præcentor, sulla pergamena, sopra il testo liturgico: verso l’alto indicava che la melodia saliva, verso il basso indicava che la melodia scendeva; così egli li comunicava mediante il gesto della mano al coro dei cantori di fronte a lui / Dagli accenti grammaticali, derivati dalla pratica ecfonetica dei bizantini, uniti all’esperienza della “direzione” chironomica, si concepì di continuare ad elaborare segni più eloquenti, più precisi e funzionali / Un monaco benedettino, Dom Gregoire Suñol, in uno studio paleografico del 1929, definì tutte le tradizioni europee della notazione neumatica, individuandone 15, che si definirono pienamente intorno al X secolo; le più importanti furono quattro, perché da esse storicamente si sviluppò la notazione neumatica quadrata che fu usata universalmente nei secoli successivi fino ad oggi; queste erano: la notazione di San Gallo (Svizzera) di Metz (Francia del nord) di Benevento (Italia del sud) Aquitana (Francia del sud) (vedi pag, 3). I NEUMI Due fasi di sviluppo interessano i neumi: notazione Adiastematica: neumi in campo aperto, posti sopra il testo da cantare; in questa fase essi sono da considerare soltanto un ausilio mnemonico solo del cantore. Infatti poca è la precisione nell’indicazione degli intervalli; questa non è ancora una notazione “funzionale”, sono solo accenti; notazione Diastematica (XI secolo): compaiono le linee (prima una, poi due, poi quattro) sopra il testo; ogni linea indicava un’altezza precisa di un suono; le linee erano colorate: rossa era la linea per la nota che con Guido d’Arezzo fu convenzionalmente detta fa, e gialla era quella per la nota che con Guido d’Arezzo fu convenzionalmente detta ut (che nel 1600 l’abate Giovan Battista Doni rinominò più musicalmente DO). Adesso i neumi hanno un loro preciso significato. Con l’introduzione delle chiavi la precisione nel rappresentare graficamente le note si fece completa; le due chiavi indicavano la posizione del UT e del Fa / Nel momento in cui il tetragramma si instaura definitivamente, l’antica grafia dei neumi dovette subire una storpiatura grafica per potersi adattare fra le righe e gli spazi; in questo modo l’originale grafia di neumi - accenti si vide completamente disgregata e trasformata nella cosiddetta notazione quadrata. Anche se la notazione quadrata risolse definitivamente il problema dell’altezza dei suoni, si rivelerà assolutamente insufficiente nell’esprimere la varietà ritmica e la ricchezza espressiva dei canti gregoriani. 1

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CRONOLOGIA DELLA NOTAZIONE NEUMATICA 1

SENZA LINEE

Bretone

Ispanica

Francese del centro

Insulare

Italiana

Tedesca

Famiglie dell’ Europa centrale

CON LINEE O DIASTEMAZIA PIÙ ESATTA Notazione quadrata all’Ovest e al Sud

SCRITTURA CALLIGRAFICA

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Processo di goticizzazione all’Est

Derivazione della notazione mensurale per la musica polifonica e ulteriore sviluppo fino alla grafia musicale del secolo XX

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GEOGRAFIA DELLE NOTAZIONI NEUMATICHE 1 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

Italia settentrionale (2. Nonantola; 3 Novalesa; 4. Milano) Italia centrale Benevento Anglo-sassone San Gallo Germania Metz Francia (Normandia) Chartres Aquilana Visigotica o mozarabica Catalana

LA NOTAZIONE QUADRATA. SOLESMES La ricostruzione storica della notazione quadrata fu (ed è) un campo di studio che ha visto impegnati i monaci benedettini del monastero di Saint Pierre de Solesmes in Francia. I monaci di Solesmes asseriscono che vi sia un unico valore base nel canto gregoriano; la loro concezione interpretativa si basa sull’equivalenza ritmica delle note. L’importanza dei loro studi sta nel fatto che la Chiesa romana adottò ufficialmente il loro metodo, e a partire dal 1906 i libri liturgici della Editio Vaticana furono curati dagli stessi monaci benedettini. Storicamente importanti sono il Liber Usualis (1896, e numerose edizioni successive; contiene i canti della Messa e dell’Ufficio). Nel 1979 i monaci curarono e pubblicarono una ulteriore silloge di canti per la Messa intitolata Graduale Triplex.

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GRAMMATICA DELLA NOTAZIONE QUADRATA

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IN SINTESI:

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IL NOME DELLE NOTE E LA NOTAZIONE ALFABETICA Severino Boezio fu il primo trattatista del Medioevo ad impiegare le lettere dell’alfabeto latino per segnare i punti in cui il monocordo veniva suddiviso. Ma già a partire dalla fine del IX secolo vediamo che accanto alla notazione neumatica si impiegarono alcuni tipi di notazione. Nel trattato De Institutione Harmonica, 880 circa, Hucbald di Saint - Amand espose le prime fasi del contrappunto medievale, e per ovviare alle carenze della notazione adiastematica, fece la proposta di usare le lettere (dalla A alla P; A= Do, la J non c’era) da intonare in una griglia di righe, ove all’inizio era specificata con appositi segni l’ampiezza degli intervalli. Con il trattato Dialogus de Musica che erroneamente è stato attribuito ad Oddone da Cluny, X sec., si ebbe la notazione alfabetica con lettere dalla A alla G, che venne applicata al sistema Teleyòn dei Greci, iniziando dalla lettera gamma; le ottave vennero differenziate tramite l’uso di lettere maiuscole, minuscole. Guido d’Arezzo si basò su questo tipo di notazione per la sua teoria dell’Esacordo, ed aggiunse le lettere doppiamente minuscole ai suoni successivi della scala. 4

LA NOTAZIONE DASIANA Sempre allo stesso periodo, IX secolo, appartiene un altro tipo di notazione costituita da segni dell’alfabeto che trova più ampio spazio nei trattati e nei manuali didattici ad uso dei monaci e cantori (come ancora oggi si usa in Germania ed in Inghilterra). Nel Musica Enchiriadis compare un tipo di notazione che segna con precisione l’andamento della melodia; le lettere (dalla A alla H) sono segnate su di un sistema di linee (da 4 a 18) e vennero denominate DASIANE perché derivate dall’antica prosodia daseia della poesia greca antica. Vengono usati quattro segni fondamentali per le note del tetracordo RE-MI-FA-SOL; a seconda del modo con cui vengono girati detti segni indicano l’altezza dei tetracordi. La notazione Dasiana era molto efficace per le melodie dal carattere sillabico o per le melodie a due voci nota contro nota. I segni sono scritti sul lato sinistro, e le sillabe del testo sono notate nei corrispondenti spazi tra le linee che stanno ad indicare i successivi gradi della scala. La si può considerare una sorta di “intavolatura” per la voce.

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NOTAZIONE MENSURALE Il sistema alfabetico adoperato per indicare l’altezza dei suoni era efficace unicamente per la polifonia in stile non melismatico; ma già nei secoli XI-XII tre grandi abbazie, Winchester (Inghilterra), San Marziale e Campostela (il Codex Calixtinus) testimoniavano l’uso di brani polifonici in stile melismatico nella parte organale superiore; queste erano scritte in notazione adiastematica, per cui ci si rese conto che l’allineamento delle due voci l’una sopra l’altra era assolutamente approssimativa: mancavano dei segni che risolvessero il problema di indicare i valori ritmici delle note (> difficoltà oggi nell’identificare una precisa interpretazione di quel repertorio). Fu a Notre - Dame che venne perfezionato teoricamente dalla fine del XII secolo un sistema di notazione basato su figure musicali atto a precisare il valore e la durata dei suoni; questa notazione parigina venne definita modale e si basava su due principali valori di tempo, uno lungo e uno breve, che si combinavano 1° insieme in sei modi diversi. E’ adesso che i simboli grafici non vengono più considerati alla stregua degli antichi neumi quadrati, ma cominciano ad essere compresi e riconosciuti nella loro individualità grazie all’avvento del procedimento delle ligaturæ. Lo sviluppo del contrappunto fu direttamente proporzionale allo sviluppo della notazione, ossia all’invenzione di segni grafici atti a “codificare” con più precisione le “trame” conrappuntistiche via via sviluppate.

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.SUPERAMENTO DELLE LIGATURÆ. FRANCONE DA COLONIA

Con l’Ars Cantus Mensurabilis di Francone da Colonia (1260) la notazione modale, con i suoi sei modi di combinazione ritmica, venne aggiornata; egli chiarì definitivamente il significato delle ligaturæ e lo superò: egli definì il principio in base al quale tutta la musica occidentale si è successivamente basato; i valori di durata delle note vanno fissati con simboli ben distinti univocamente, piuttosto che determinati in maniera non precisa da una serie di raggruppamenti (le ligaturæ). Nel suo sistema oltre alla longa e alla brevis egli introdusse la duplex longa e la semibrevis. La longa poteva essere perfecta (divisa in 3 tempi cioè 3 breves) o imperfecta (divisa in 2 tempi cioè 2 breves); analogamente per la divisione della Brevis. L’unità di misura, il tempus, divenne la breve; una longa poteva essere perfetta (cioè di tre tempora > tre brevis) o imperfetta (due tempora > due brevis) / Tre > perfezione > piena influenza teologica derivante dalla Santissima Trinità / La suddivisione ternaria dei valori fu la cifra ritmica più importante di tutta l’Ars Antiqua; verso il 1310, con l’avvento dell’Ars Nova (sia francese e sia italiana) questo principio si modificherà.

LA NOTAZIONE MENSURALE DELL’ARS NOVA FRANCESE Fra il 1300 ed il 1310 venne introdotto in Francia un nuovo valore, una nuova figura ritmica più piccola della Semibrevis, la Minima, della quale si trova traccia nel trattato Speculum Musicæ di Jacobus da Liegi / Fu il matematico ed astronomo Jehan de Murs, nel trattato Notitia Artis Musicæ (1321) che affiancò alla “sacralità” delle divisioni ternarie (frutto delle speculazioni teologiche) le divisioni binarie, ed introdusse la sopra citata nuova figura musicale, invitando i musicisti del tempo a mettere in pratica tali nuove concezioni ritmiche. Il musicista che accolse le nuove teorie del De Murs fu il teorico musicale e compositore Philippe de Vitry (1291 - 1361), la personalità più importante dell’Ars Nova francese, il quale nel trattato di storica importanza ARS NOVA del 1320 espose i nuovi principi metrico - compositivi in aggiunta ed opposizione a quelli esclusivamente ternari dell’Ars Antiqua. Le divisioni teorizzate da Vitry furono: MAXIMODO che concerne la divisione della maxima > perfecta se vale tre longæ, imperfecta se ne vale due; MODUS TEMPUS PROLATIO

che concerne la divisione della longa; che concerne la divisione della brevis; che concerne la divisione della semibrevis.

Divisione perfecta o maggiore era quella ternaria, mentre divisione imperfecta o minore era quella binaria / Le note perfette ed imperfette si scrivevano tutte nello stesso modo, per cui Philippe de Vitry suggerì l’uso di speciali segni da disegnare subito dopo la chiave / L’avvento dell’Ars Nova non fu accolto benevolmente dalla Chiesa; papa Giovanni XXII con la bolla del 1325, Docta Santorum condannanò esplicitamente le nuove tecniche musicali moderniste. Il Papa sosteneva che la suadenza di questi nuovi ritmi troppo piccoli applicati alle antiche melodie o, peggio ancora, usati per creare nuovi canti, andava a discapito della sacralità degli antichi canti; queste nuove note quasi inafferrabili offendevano l’orecchio (degli uomini di Chiesa) e distoglievano i fedeli dall’attenzione principale alla sacralità del canto. Ma le condanne del Papa non vennero ascoltate dal mondo musicale che era già tutto proteso verso il progresso; vent’anni più tardi il successore, papa Clemente VI, confuterà le tesi del suo predecessore ed inviterà i maggiori esponenti dell’Ars nova nella sua Cappella musicale. 13

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Pagina tratta da un’opera di Philippe de Vitry.

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LA NOTAZIONE DELL’ARS NOVA ITALIANA A differenza della tradizione francese, per quanto riguarda lo sviluppo della notazione italiana del 1300 incerte sono le fonti che hanno comportato l’avvento delle divisioni e suddivisioni binarie proprie del periodo. Le regole del sistema mensurale italiano del XIV secolo si caratterizzano per una maggiore complessità, ma nello stesso tempo sono di più facile applicazione pratica; sono in contrapposizione a quelle francesi. La figura di maggior spicco è Marchetto da Padova, che redasse il Pomerium in arte musicæ mensuratæ, ove descriveva il sistema di notazioni italiana / Marchetto si incentrò direttamente sul rapporto fra brevis e minima, articolandolo in varie divisiones, ove ognuna corrispondeva al numero di minime in cui una breve era divisa. Originale assunto della mensuralità italiana erano le divisioni octonaria e duodenaria .

LA NOTAZIONE POLIFONICA BIANCA E NERA Le fasi più importanti dello sviluppo storico delle tecniche di notazione musicale circa la musica polifonica, si ebbero tra la fine del XII e la fine del XIV secolo. Fra il 1190 ed il 1300 si ebbe lo sviluppo della notazione nera (su carta e non più sulla costosa pergamena); si diffuse l’uso di scrivere la forma delle note con valori più lunghi soltanto nel contorno, mantenendo il nero per le altre più brevi figure / Alla metà del XV secolo si diffuse con maggiore intensità la carta, ove si potevano scrivere con più efficacia e rapidità le note bianche; queste erano scritte limitate soltanto nei contorni della nota, e comportavano un notevole risparmio di inchiostro. La notazione bianca ebbe fortuna dalla metà del XV fino alla fine del XVII secolo.

Verso il 1450 i maggiori centri produttori di musica notata attuarono uno sconvolgimento della scrittura musicale; le note di valore più lungo vennero disegnate bianche . Nota

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Disegno

Pausa

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. Cattin, Giulio, Il Medioevo I, Storia della Musica volume primo parte seconda, Torino, EDT, 1979

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Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 8

Cattin, Giulio, Il Medioevo I, Storia della Musica volume primo parte seconda, Torino, EDT, 1979 www.cantoambrosiano.com dispensa di Storia della Musica, prof. R. Di Benedetto, DAMS, Bologna, A.A. 1997 - 98 Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol www.loc.govexhibits

P. D. Anselmo della Susca, Conoscere il canto Gregoriano, Milano, Zanibon, 1993 www.cantoambrosiano.com www.loc.govexhibits De la Motte, Diether, Kontrapunkt - Ein Lese - und Arbeitsbuch, Kassel, Bärenreiter - Verlag, 1981 (trad. It di Loris Azzaroni, Il Contrappunto, Milano, Ricordi, 1991) Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation Enciclopedia multimediale Il Medioevo, Corriere della sera, Milano, RCS Editori

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LA TEORIA DELLA MUSICA NEL MEDIOEVO. GUIDO D’AREZZO

I TRATTATISTI MEDIEVALI

OPERE TEORICHE E PRATICHE NEL MEDIOEVO Le testimonianze medioevali dei codici e trattati vari in materia di musica, si imperniano molto generalmente su due tipologie: TEORICHE: opere che affrontano problematiche filosofiche, estetiche, ed in generale non legate all’esecuzione e destinate alle Università. La prima opera importante della cristianità fu compiuta da Sant’Agostino; egli concepì due trattati musicali, ma ebbe modo di completarne solo uno, il De musica, libri sex; specialmente nel libro sesto Sant’Agostino chiarisce la natura demiurgica del numero, al quale è strettamente legata la musica nella sua natura più profonda; il numero rappresenta un riflesso della scienza divina. PRATICHE: Aventi come oggetto l’esecuzione; produzione molto scarsa: la formazione pratica avveniva nelle scholæ cantorum delle cattedrali e monasteri. L’Ars Musica fu la più alta concezione filosofica della musica che il mondo ecclesiastico del Medioevo potesse concepire; qui l’aspetto teorico è privilegiato rispetto all’aspetto pratico; gli argomenti filosofici (natura della musica), psicologici (effetti della musica), matematico - acustici (consonanze, dissonanze, proporzioni degl’intervalli) trovano una diretta discendenza dalla teoria greca.

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Dopo Sant’Agostino i teorici medievali più illustri si avranno fra il VI ed il IX secolo; Cassiodoro 485 - 580; Isidoro vescovo di Siviglia 570 - 636. Queste tre importanti personalità della teoretica medievale ripresero semplicemente i temi speculativi dell’antica teoria classica, e non si occuparono mai pragmaticamente della musica liturgica coltivata a loro tempo. Accanto a questi tre grandi nomi della trattatistica musicale medievale, se ne collocano altri che si rifanno ad essi; importanti da citare sono Aureliano di Rèomè IX sec. autore del Musica Disciplina; Ubaldo (monaco di Sant’Aimand) 840 - 930, a cui si ritiene attribuibile il Musica Enchiriadis, che scrisse un De Harmonica Instituione. Oddone (vescovo di Cluny) m. 942 autore del Dialogus de musica. Notker Labeo, Johannes de Grocheo, 1300, egli fu l’unico “Musicus” che si interessò di divulgare la prassi della vita musicale del suo tempo, descrivendole nel trattato Ars Musicæ. ANICIO MANLIO TORQUATO SEVERINO BOEZIO 2 Nobile patrizio romano, 480 - 524, storico mediatore fra il mondo medievale e la civiltà musicale greca classica che ebbe modo di fruire grazie al contatto diretto con i neopitagorici ed i neoplatonici; è l’autore del trattato in cinque tomi De institutione musica, ove egli riassume la filosofia degli antichi. L’opera di Boezio venne diffusa in tutte le Università (chiamate, nel medioevo, studia) ove la musica veniva considerata ad un livello più alto rispetto a quella insegnata nelle scholæ, ed era posta in seno al Quadrivium. Boezio separa gli uomini che si occupano di musica in due opposte categorie: musicus e cantores. Musicus non era il cantore formatosi nelle scholæ monastiche (chiamato, appunto, Cantores), bensì il filosofo universitario che aveva un rapporto intellettuale con la musica, e che ne conosceva le basi matematiche insieme a tutte le nozioni dell’Ars Musica. La distanza tra musicus e cantores nel Medioevo era incolmabile: il musicus era la mente, colui che possedeva gli strumenti intellettuali per poter giudicare modi, ritmi e generi; il cantores era soltanto una “macchina esecutiva”. Fu Boezio ad elaborare la divisione filosofica della musica in tre ordini, identificati come espressione dei principi di ordine ed armonia dell’intero universo: MUSICA INSTRUMENTALIS Questa è per Boezio la categoria più “bassa”, egli identificò con questo termine la musica “pratica”, ossia quella pitagorica, realizzata cioè dai suoni degli strumenti, e dai cantores, intesi come semplici “operai”; MUSICA HUMANA Concettualmente ad uno stadio metafisico superiore rispetto alla instrumentalis, è nella concezione di Boezio la “musica” che congiunge armoniosamente anima a corpo; questa può essere udita soltanto da chi è capace di guardare introspettivamente se stesso; la si può considerare alla stregua di una armonia psichica; MUSICA MUNDANA Questa rappresenta la concessione di “musica” più alta concepita da Boezio; è la massima perfezione, quella attribuita al movimento dei pianeti; non è assolutamente udibile dall’orecchio umano. Questa filosofia si rifà interamente all’antico concetto di armonia delle sfere, e non è solo Boezio che ne parla: uno dei quattro magistri artium che operarono in Francia nel 1200, Vincenzo Beauvais, rifacendosi alle tesi filosofiche di Bacone, teorizzò anch’egli che la musica mundana sarebbe quella prodotta dalle sfere celesti nel loro movimento, la massima perfezione, che non è più percepibile all’orecchio umano.

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CASSIODORO

ISIDORO DI SIVIGLIA 3

Ebbe un ruolo centrale nella politica dell’impero romano del suo tempo; visse ed operò in Calabria presso il monastero di Vivario (squillace). Nelle sue Istituiones, Cassiodoro anche se riprende la teoria greca, propone di considerare una divisione della musica in tre parti, che egli definisce Harmonica , Rhytmica , Metrica.

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Isidoro teorizza a proposito degli strumenti musicali con un interesse assolutamente blando. La storia attribuisce a San Isidoro la paternità del termine libro; la voce "libro" proviene filologicamente da liber, che il santo definisce (Etym. VI, XIII, 3) "Interior tunica corticis ligno sohaeret" , alludendo alla parte interna della corteccia dell'albero, chiara e liscia , sulla quale ab antiquo si usava scrivere quando si intendeva tramandare.

GUIDO D’AREZZO

(995 - 1050)

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Allegoria della musica «mundana, humana et instrumentalis» nell’Antiphonarium Mediceum (XIII sec.).

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Egli ebbe il merito di aver convertito al cristianesimo i Visigoti. Nelle sue Etimologiæ, un’opera monumentale in venti libri nei quali cercò di racchiudere tutto lo scibile umano dell’epoca, tant’è che è considerata la prima enciclopedia della storia, manifesta anch’egli la discendenza delle sue teorie dai modelli greci classici; ciò si può esplicitamente constatare nella sua concezione delle sette arti liberali, suddivise fra: Quadrivium geometria, astronomia, aritmetica, musica; Trivium grammatica, retorica, didattica;

Il più importante trattatista del Medioevo, la storia gli ha attribuito molte innovazioni, fu per lungo tempo considerato “l’inventore” della musica / Fu il primo trattatista ad occuparsi del dato esecutivo della musica > DIDATTICA, non legata alle filosofie Universitarie / Quattro sue opere sono di epocale importanza per lo sviluppo della musica in generale: MICROLOGUS DE MUSICA: ove sono trattate, in 20 capitoli, le sue “nuove” concezioni, e dove illustra una notazione alfabetica concepita per l’insegnamento in seno ai musicus, quindi per la sola Ars Musica . PROLOGUS IN ANTIPHONARIUM: ove espone il suo sistema di notazione pratica formato dal tetragramma e dalle chiavi, ed i neumi, già divenuti quadrati, sono disegnati all’interno; contiene l’Antifonario trascritto nella sua nuova notazione. REGULÆ RHYTMICÆ: trascrizione versificata del Micrologus a scopi didattici per i “parvulis” ed i cantores. EPISTOLA AD MICHÆLEM MONACUM DE IGNOTO CANTU: ove è spiegato pedagogicamente il suo metodo della solmisazione e dell’esacordo, e comprende anche notizie autobiografiche.

L’ESACORDO Una delle più importanti innovazioni in campo musicale, elaborato da Guido per facilitare ai monaci l’apprendimento dei canti scritti sul rigo fu la cosiddetta SOLMISAZIONE, storicamente il primo efficace “metodo” di solfeggio cantato della storia, che faceva agilmente superare ai cantori il problema dell’intonazione delle note / Il suo esacordo, derivato dall’antico tetracordo greco, con l’aggiunta di due suoni (uno grave, ed uno acuto) è una serie di sei suoni ove al centro si trova il semitono, e rappresenta la successione naturale dei sei suoni costituenti la scala diatonica, che ingloba 5 intervalli, quattro di tono T, ed uno di semitono S, per cui TTSTT; per individuare efficacemente le altezze di ognuno dei sei suoni, Guido appose le sillabe iniziali di ognuno dei sei emistichi tratti dalla prima strofa di uno fra i più noti ed eseguiti inni del repertorio gregoriano del tempo, l’Inno di San Giovanni Battista, che era il santo protettore dei cantori. Si evince la posizione centrale del semitono indicato dalle sillabe mi - fa. Non bisogna intendere questa successione di “sillabe intonate” con la valenza di note (come si userà in seguito e fino ad oggi), l’esacordo “nominato” veniva spostato sui diversi suoni della scala, cosicché le note da intonare venissero sempre denominate ut - re - mi - fa - sol - la - in modo che i semitoni risultassero sempre mi - fa / Do > sostituzione più eufonica adottata dall’abate italiano Giovan Battista Doni nel XVII secolo; Si > introdotto dal teorico Ramis de Pareja nel 1482, desunto dal verso adonio che conclude la prima strofa dell’inno.

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LA SOLMISAZIONE Gli altri due semitoni che esistevano nella pratica musicale (cioè la - sib e si - do) venivano indicati sempre con le sillabe mi - fa, e ciò era ottenuto spostando la serie dei sei suoni, l’esacordo, su tutta l’estensione della scala diatonica usata. Così tre furono gli esacordi duri > ut = sol, 2 esacordi molli > ut = fa, 2 esacordi naturali > ut = ut (do) / La solmisazione agevolò i cantori nell’intonazione di canti sconosciuti; procedura (per i canti compresi nell’estensione di un esacordo): 1) esecuzione del canto con pronuncia delle sillabe dell’esacordo; 2) dopo la memorizzazione musicale, sostituzione delle sillabe dell’esacordo con le parole del testo liturgico. LA MUTAZIONE Quando la melodia superava l’estensione di un esacordo, questo veniva mutato, cioè si passava ad un altro esacordo nei punti estremi sostituendo la sillaba finale di uno con la sillaba iniziale del prossimo esacordo; così tutti i semitoni venivano “etichettati” con le sillabe mi - fa. 7

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Esempio di mutazione realizzata per una melodia estesa circa tre esacordi 9

LA MANO “GUIDONIANA” 10

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La difficoltà data dall’esercizio della mutazione, proprio a causa della parziale sovrapposizione degli esacordi su uno stesso suono, portò all’elaborazione postuma di una mappa musicale simbolica per facilitarne il procedimento. Nella mano armonica o guidoniana (che erroneamente è stata a lui attribuita), l’intera gamma dei suoni viene identificata con tutte le falangi delle dita: si parte dal pollice in senso antiorario.

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Il sistema dei Sette Esacordi: veniva così “coperta” tutta l’estensione dei suoni della scala adoperata nell’uso pratico. D.=durum; M.= molle; N.= naturale.

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MUSICA FICTA

Nell’evoluzione musicale, già a partire dal XII sec., crebbero i suoni alterati che comportarono l’uso di cromatismi estranei alla scala diatonica (base dell’esacordo guidoniano, ove l’unico suono alterato era il si bemolle al posto del si naturale, indicato con b), così si ebbero più semitoni. Queste note estranee alla scala diatonica vennero indicate con i segni di alterazione bemolle, bequadro, e diesis; questo sistema di alterazioni cromatiche fu denominato dai teorici del tempo musica ficta, o falsa mutatione, o falsa musica / Il teorico Magister Lambertus nel suo “Tractatus de Musica” accostò la semantica di falsa musica alla pratica delle mutazioni consuete effettuate con bemolle e/o bequadro per trasformare il tono in semitono e viceversa; ciò egli lo giustifica per la necessità di evitare il Tritono “causa necessitatis”. Furono introdotti così più esacordi. Inoltre il procedimento della musica ficta venne impiegato anche per ragioni di carattere estetico - espressivo, come l’innalzamento di un semitono nei passi cadenzali. Questi furono i nuovi esacordi che si ebbero: sib mib ut re la

do fa re mi si

re-mib sol-lab mi-fa fa#-sol do#-re

fa sib sol la mi

sol do la si fa#

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La mano guidoniana

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T a v o l a tratta dalla “Musurgia Universalis„ di A. Kircher, libro decim o , “Decachor don Naturæ”: correlazione fra gli intervalli musicali ed il moto diurno dei pianeti.

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Raffigurazioni concernenti le innovazioni guidoniane. S.Boezio: p a g i n a tratta da una codice del «De Institutione Musicæ». [Monaco, Bayerische Staatsbibliothek]

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L’ARMONIA DELLE SFERE

(Voce dall’enciclopedia Le garzantine)

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI: 1

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Enciclopedia multimediale Il Medioevo, Corriere della sera, Milano, RCS Editori

www.digilander.libero.it www.cantoambrosiano.it

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MUSICA POPOLARE E TEATRO NEL MEDIOEVO. TROVATORI E MENESTRELLI Per tutto il primo millennio D.C. lo sviluppo “ufficiale” della musica, nelle sue sempre più complesse articolazioni polifoniche, oltre che nella sempre più attenta messa a punto di un sistema di notazione, fu riservato quasi esclusivamente all’ambito sacro, alla liturgia; il canto sacro in latino venne concepito soltanto per la funzione liturgica: la chiesa stabiliva le modalità d’impiego della musica, quindi era praticata soltanto da uomini di chiesa. Con la rinascita carolingia, verso il X secolo, parallelamente si cominciarono ad affermare anche altre forme varie di monodie sacre (sempre in latino) paraliturgiche, ossia eseguite in Chiesa; queste furono gli uffici drammatici, i drammi liturgici, ed anche, con le lingue volgari, extraliturgiche, le laudi, e le cantigas. Al contrario della musica sacra la musica monodica profana, sia in latino e sia nelle lingue volgari, era appannaggio di una grande varietà di strati sociali: dai principi al Re, ai membri dell’alta aristocrazia, all’ambiente ecclesiastico, e soprattutto alla piccola nobiltà per arrivare ai ceti più bassi / L’urbanesimo ed il potenziamento commerciale su larga scala che scaturì a partire dall’XI secolo, comportarono anche l’accrescimento della fiducia nelle espressioni artistiche di stampo laico e profano. Si ha così un affievolimento della funzione guida da parte della cultura monastica che era perdurata per quasi un millennio; in ogni grande città si assiste al potenziamento delle scuole laiche rispetto alle scuole ecclesiastiche. E’ a partire dal X secolo, circa, che si assiste anche al primo sviluppo storico della lirica profana, con lingue nazionali, circoscritte, specialmente nella Francia: in Provenza, ove era in uso la lingua d’oc (trovatori), e nella parte settentrionale, ove si parlava la lingua d’oil (trovieri). In Germania si sviluppò la lirica alto - tedesca (Minnesänger). Questo “ritardo d’ attenzione” che il mondo europeo medievale ebbe nei confronti della musica profana è chiaramente manifestato dal fatto che la cultura della conservazione scritta della musica, fino alle soglie del XV secolo, fu riservata esclusivamente alla musica sacra, liturgica. In ambito extra liturgico fino al XV secolo la disparità fra fonti letterarie e fonti musicali fu enorme: si conservano migliaia di testi poetici, ma soltanto più di un centinaio di fonti musicali scritte; predominava un po’ ovunque la prassi di trasmettere le melodie che accompagnavano un testo oralmente; tutto ciò fu conseguenza anche del fatto che il repertorio profano per la maggior parte era praticato da un ceto sociale basso, che non conosceva la scrittura musicale (all’inizio esclusivo appannaggio dell’ambiente ecclesiastico). Le primissime fonti di melodie profane redatte prima del XII secolo, adottano il sistema di scrittura adiastematica, presentando, dunque, non poche difficoltà di lettura.

MONODIA PROFANA IN LATINO Volendo tracciare un profilo storico generale circa l’evoluzione della poesia profana in latino, partiamo col denominare “mediolatina” tutta la produzione letteraria medievale in latino. All’interno di questa assume un significato di grande rilevanza quella minuscola fetta che ha anche la notazione musicale, in quanto è da considerare il più diretto antecedente della prima produzione monodica in lingua volgare, chiamata neolatina. Le fonti più antiche sono quelle del IX secolo; sono canti profani in latino scritti in notazione neumatica su testi classici (Orazio, Virgilio, Ovidio, Severino Boezio), come il Canto delle scolte modenesi, o il O Roma Nobilis. In questi canti vi fu aggiunta la notazione nel X secolo, ma è ancora un sistema arcaico, molto impreciso, per cui non è facile procedere alla ricostruzione più o meno attendibile delle melodie. L’esame dei più autorevoli studiosi ha comunque palesato una grande affinità con le melodie del canto gregoriano. Appartiene a questa raccolta il famoso Planctus Caroli: un componimento che commemora la morte di Carlo Magno, a quel tempo molto conosciuto. Dell’XI secolo è una raccolta di liriche profane provenienti dalla Renania denominate Carmina Cantabrigentia; sono composizioni nate sul modello della sequenza (quindi sono formate da coppie strofiche) che trattano temi giocosi, amorosi e politici. Nello stesso periodo si diffusero anche i canti dei goliardi: studenti nomadi della Francia, Inghilterra e, soprattutto, della Germania, che esaltano l’amore, il vino, la natura. La più nota raccolta sono i circa 50 canti goliardici del XIII secolo raccolti nel Codex Latinus Monacensis (Clm. 4660 e Clm. 4660a “fragmenta burana”. Staatsbibl, Monaco. XIII sec.), meglio conosciuto come Carmina Burana, dalla località di provenienza, ossia il monastero di Benediktbeuren, l’antica “Bura Sancti Benedicti”. Il codice comprende una vastissima produzione mediolatina: 315 testi poetici distribuiti in 112 fogli di pergamena riccamente decorati con otto miniature; solo 47 di questi sono interpretabili musicalmente, in quanto si possono confrontare con gli stessi canti riportati su codici coevi scritti in notazione adiastematica. La produzione profana successiva a questa importante raccolta di canti non sarà generalmente più in latino ma avrà lingue nazionali. 1

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MONODIA NELLE LINGUE NAZIONALI: Trovatori, Trovieri e Minnesänger Già dall’anno mille si diffusero in Europa le nuove lingue nazionali che sostituirono il latino nell’uso quotidiano; su queste nuove lingue si imperniarono le prime testimonianze di grande rilievo circa la lirica profana non in latino con musica; si ebbero in Francia e quasi contemporaneamente anche in Germania / A differenza delle forme musicali usate in ambito sacro, ove Dio è una meta uguale per tutti, e la soggettività creatrice umana non ha alcun valore, quelle profane ostentano una grande individualità artistica; in questi componimenti poetici cantati si può ravvisare l’archetipo della poesia moderna (da cui il romanticismo attingerà a piene mani). Si canta e si esalta l’amore, gli ideali cavallereschi, ed il corteggiamento; la donna è posta al centro dell’interesse. Le prime testimonianze europee della poesia profana e dell’estetica cavalleresca - cortese segnarono quella che viene definita come la SECONDA ETÀ FEUDALE. La produzione dei Trovatori, Trovieri e Minnesänger è lo specchio più fedele della società cortese del tempo. Storicamente il primo nucleo fu quello dei Trovatori che adottavano la lingua d’oc o provenzale, considerabile la prima lingua letteraria europea dopo Greco e Latino, derivata dall’insieme dei dialetti antichi della Francia del sud, e si sviluppò nella Francia meridionale. Subito dopo emerse il nucleo dei Trovieri, che adottarono la lingua d’oïl (derivata, a sua volta, da una sintesi dei dialetti della Francia del Nord; questa lingua è considerata il francese antico); tutti e due le denominazioni dei nuclei derivano dal termine tropare, ossia comporre tropi, e designavano l’affermazione si. In seguito (fine del XII secolo) si consolidò in Germania anche il gruppo dei Minnesänger, i quali adottarono la lingua mittelhochdeutsch (la lingua alto - tedesca della Germania meridionale). Nei componimenti poetici di questi gruppi si sviluppavano soprattutto argomenti amorosi e si esaltava la natura; musica e versi erano in simbiosi, ma la musica non era subordinata ai versi (> nuovi testi venivano apposti a melodie preesistenti) / Le fonti pervenuteci circa questo repertorio sono notevoli; oggi si conservano circa 5000 testi poetici trobadorici e trovierici, ma soltanto un terzo di melodie scritte rispetto a quel numero. Anche se la poesia provenzale si è evoluta a partire dalla fine dell’XI secolo, non si possiede nessuna fonte manoscritta contenente melodie che sia anteriore alla metà del XIII.

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Gli Chansonniers sono i codici manoscritti riccamente decorati, ove le melodie sono scritte sopra il testo della prima strofa in notazione quadrata su tetralineo o più.

Riproduzione della prima pagina e di una pagina interna del codice Carmina Burana.

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Tra il X e la fine dell’XI secolo nelle corti europee si assiste all’ingentilimento dei costumi da parte dei signori feudali, e la cavalleria sancirà il culmine di tale processo. Da questo momento si realizzeranno componimenti poetici musicali per cerimonie, investiture, regole morali, ecc., ove verrà decantato il coraggio, la lealtà, la difesa dei deboli / Il castello da semplice luogo di difesa diventa la confortevole e sontuosa dimora del signore e del suo seguito; inizia così il processo di formazione delle corti, ove dimorano i nobili, chierici e cavalieri, i quali prestavano obbedienza al castellano ed alla castellana. Si sviluppano e si decantano le attività sportive, la caccia (a cavallo con il falcone) ed i tornei. Nascono i romanzi cavallereschi che decantano le gesta del Cavaliere, e comportarono la nascita della poesia cavalleresco - cortese.

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I TROVATORI Ci sono pervenuti i nomi di circa 450 trovatori, e di circa 100 se ne conosce anche la vita; questo centinaio rappresentano i trovatori più noti, e i loro brevi profili biografici si trovano nelle vidas, ossia delle brevi biografie redatte fra il XIII ed il XIV secolo. Circa una cinquantina di questi trovatori avevano origini nobili; ma nella Francia del tempo ogni trovatore, a prescindere dalle proprie origini, era considerato un personaggio importante / Dai canzonieri pervenutici si evincono 2542 testi poetici ma solo 264 melodie. Non è possibile determinare quali siano stati i trovatori-poeti che abbiano scritto anche la melodia dei loro testi; l’impossibilità, oltre al dato oggettivo della inesistenza di fonti in merito, è resa ancora più ardua dal fatto che i trovatori non devono essere confusi con un’altra categoria di esecutori (sia di poesie che di musiche) allora numerosi, i cosiddetti jongleurs (menestrelli), che cantavano, suonarono e danzavano; molto spesso erano nomadi. Gli strumenti musicali con cui questi canti erano accompagnati erano maggiormente la viella, l’arpa, la ghironda. Guglielmo IX d’Aquitania fu il primo potente signore della Francia meridionale che incentivò lo sviluppo della lirica trovatorica, e fu il primo dei trovatori, nonché il più prestigioso. Di Guglielmo IX ci è pervenuto soltanto un unico frammento musicato denominato vers, che ebbe grande diffusione in Aquitania.

L’amor cortese, espresso dal poeta - musicista nei confronti della donna amata era il tema principale, ed era svolto con modi ed atteggiamenti tipici del mondo cavalleresco. È’ ipo-

tizzabile un’origine spirituale dell’amor cortese nella cristianità, anche perché il culto della Madonna, nello stesso periodo, aveva assunto dei tratti di grande similitudine con la poetica cavalleresca; si realizzava così un interscambio fra il sacro ed il profano; questo assunto caratterizza anche la cultura medievale. Il primo nucleo cavalleresco si sviluppò nei castelli della Francia meridionale. L’amor cortese veniva espresso in una forma poetica solenne, denominata cansò, composta da varie strofe (o stanze) dette coblas, ognuna delle quali era composta da sei o sette versi intonanti tutti la stessa melodia. È molto probabile che il termine cobla possa derivare da copula, ossia la coppia strofica delle sequenze. La struttura dei versi era simile a quella degli inni. Una cansò tipica del repertorio trobadorico vuole la seguente struttura: VERSI POETICI: FRASI MUSICALI:

12 A

34 A

5 6 (7) B

I primi quattro versi poetici sono denominati pedes, mentre i rimanenti due o tre versi sono denominati cauda. Nel complesso oltre al vers di Guglielmo IX d’Aquitania e alla cansò vi furono altre forme di poesia trobadorica. Le più importanti furono: che aveva contenuto politico e morale; SIRVENTÉS che aveva argomento satirico, ed esprimeva ciò che più annoiava il suo creatore; ENUÈG ove si piangeva la morte di un personaggio illustre; PLANH dialogo amoroso fra un uomo ed una donna; TENSO o JOC PARTI dialogo mattutino fra due innamorati; ALBA cavaliere che corteggia una pastorella; PASTORELA forme da ballo strumentali. DUCTIA ed ESTAMPIDA Similmente alle forme musicali varie, si usavano diversi stili poetici che venivano oculatamente adoperati a seconda del concetto da esprimere; gli stili poetici più in voga erano: Trobar plan detto anche Trobar len; era molto facile, diretto e chiaro; i principali fautori furono Jaufrè Rudel, e Giraut de Borneilh; Trobar ric più complesso, con, incluse, delle allusioni misteriose; questo stile lo adoperò maggiormente Raimbaut de Vesqueiras; Trobar clus caratterizzato da metafore frequenti ed oscure espressioni; i maggiori esponenti furono Marcabruno, Arnaut Daniel. Fra tutte queste forme trobadoriche una delle più antiche è il lai, che deriva dal repertorio liturgico; questo presentava le frasi melodiche ripetute a coppie come nella Sequenza liturgica; queste coppie potevano essere ripetute la prima volta con una cadenza aperta (denominata ouvert), e la seconda volta con una cadenza chiusa (denominata clos). Più generalmente recenti studi musicologici hanno raggruppato in quattro principali forme le tipologie della lirica trobadorica e trovierica, ossia: la Litania il Lai - Sequenza l’Inno il Rondeau 3

ripetizione di una melodia continua, con frequente alternanza fra solista e coro: AAAAA…; ove ogni stanza è ripetuta prima di passare alla seguente: AA BB CC; le stanze hanno uguale struttura metrica e melodica; vi è un ritornello breve ripetuto dal coro fra le stanze.

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Riproduzione del manoscritto contenente la cansò (riquadro a destra). Trascrizione in tretralineo fedele al manoscritto (a sinistra) ed in notazione moderna con traduzione in italiano dell’antico testo in lingua d’oc (in basso).

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Kalenda Maya, celebre canzone di Raimbaut de Vesqueiras. Questo brano è un esempio storico di testo composto sulla base del procedimento strutturale della estampie strumentale. L’Estampia era formata da diverse sezioni musicali, da 4 a 7, chiamate puncta, ed ognuna delle quali veniva ripetuta in modo che concludessero in due modi diversi. 5

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Pagina miniata tratta da un manoscritto di Marcabruno.

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Cansò di Bernart de Ventadorn (fra i più celebri trovatori). Si evince lo schema melodico composto da due frasi musicali (a b) ove la prima è ripetuta, per cui: a a b 7

Esempio di un vers di Marcabruno (viene riportata la prima e la quinta delle otto strofe); qui il poeta - musicista lamenta la morte del suo signore (Guglielmo X d’Aquitania). Questa melodia non è soggetta a ripetizioni, come per la cansò. 8

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Pagina tratta dal Remede de Fortune di Machaut, del XIV secolo.

Il più difficile problema riscontrato dalla musicologia, nello studio del repertorio dei Trovatori, Trovieri e Minnesänger, è sempre stato quello di ricostruire quale fosse la giusta interpretazione ritmica dei brani, visto che la notazione quadrata su tetralineo (ossia il modo con cui detto repertorio è stato conservato nei codici) non dà indicazioni circa la durata dei suoni. Varie sono state le ipotesi interpretative e le procedure impiegate, fra le più convincenti, agli occhi della moderna musicologia, si colloca quella dell’olandese Van der Werf, il quale ritiene che i canti dei trovatori, trovieri e Minnesänger erano “cantati o recitati nel ritmo in cui si potrebbe declamare la poesia senza la musica„. 6

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I TROVIERI I poeti - musicisti in lingua d’oïl della Francia settentrionale operarono soprattutto nelle città di Arras, Troyes, e Reims; furono stimolati da Eleonora, nipote di Guglielmo IX d’Aquitania, andata in sposa prima al Re di Francia Luigi VII ed in seguito ad Enrico II d’Inghilterra. Dalla sua corte in Normandia e da quelle francesi di Champagne e di Blois, si diffuse la lirica dei trovieri.

Esempio di un Rondeau; il testo poetico è formato da una strofa di sei/otto versi con struttura metrica variabile; le due frasi si alternano secondo lo schema A B a A a b A B. Le lettere maiuscole uguali indicano la ripetizione di frasi melodiche e di versi identici, mentre le lettere minuscole uguali indicano la stessa frase melodica ripetuta però con versi diversi. 811

Molto fedele alla lirica provenzale è la lirica dei trovieri, trouvères, che si espletò nella Francia del Nord a partire dalla seconda metà del XII secolo, ed ebbe fortuna per oltre un secolo; anche questa si basa su una tipologia particolare denominata chanson, identificabile come la forma poetica derivata dalla cansò provenzale. Nella chanson trovierica con struttura musicale A A B le due sezioni A terminano la prima con una cadenza aperta (denominata ouvert ) che permette così il ritornello della stessa sezione, e la seconda con una cadenza chiusa (denominata clos). Oltre alla forma comune del lai, presso i trovieri la forma prediletta fu quella del JEU - PARTI: un dialogo bipartito fra due amanti che intonano la stessa melodia su diverse strofe. Il loro repertorio si arricchisce agli inizi del XIII secolo di alcune forme fisse denominate chansons à refrain (canzoni con ripresa). Le più importanti furono: VIRELAI BALLADE RONDEAU Questi brani sono strofici, e dal punto di vista musicale sono formati da due nuclei melodici (ab), ed una di essere è ripetuta (il refrain). I circa 2100 componimenti poetici del repertorio trovierico delineano una scarsa originalità, e ci sono pervenuti in poco più di 20 raccolte, denominati canzonieri, risalenti dal XIII al XIV secolo; i due terzi circa di queste 20 raccolte (poco meno di 1400 brani) riportano anche la melodia in notazione quadrata. Da questo punto di vista il repertorio dei trovieri è più ricco musicalmente di quello dei trovatori. Il più importante troviere (che fu anche il primo) fu Chrétien de Troyes (1160 - 1190, contemporaneo di Leonin), che svolse la maggior parte della sua attività alla corte di Maria de Champagne (Troyes); egli compose 5 romanzi cavallereschi fra cui Lancelot e Perceval, opera per la quale egli fu indicato dalla storia come il maggior poeta medievale prima di Dante Alighieri / Successivamente la personalità maggiore della lirica trovierica fu Adam de la Halle. ADAM DE LA HALLE (Arras 1238 ca. - 1288 ca.)

Conosciuto anche con il soprannome di Le Bossu, “il gobbo”, Adam fu un prolifico compositore di Jeu - parti (ne compose 18). Egli si spostò dalla ricca città mercantile di Arras a Parigi, e quindi, dopo il 1282, al seguito del suo signore, Roberto II d’Artois, si trasferì presso la corte angioina di Napoli, al cui sovrano dedicò un incompiuto poema encomiastico, il Dit du Roi de Sezile (Detto del re di Sicilia). Autore prolifico di versi (mottetti, rondò e chansons a più voci), divenne famoso per due composizioni dall’ampio respiro assai significative nel panorama della storia del teatro medievale ossia: il dramma in prosa Jeu de Adam ou de la Feuillée (1262 ca.), fantasia satirica che viene generalmente considerata la più antica commedia francese, e Jeu de Robin et Marion (1283 circa), una pastorela drammatica nella forma del Jeu - parti, di cui compose sia il testo sia la musica, ove si fondevano dialoghi, canti e danze; è ritenuta un importante precedente dell'opèra - comique francese, una sorta di “grand - opèra” del medioevo. Compose inoltre 53 Chansons e 15 Rondeaux polifonici; egli fu l’unico esponente a coltivare lo stile polifonico.

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Esempio di Virelai; la struttura poetica è A b b a A. Il Virelai è una canzone da ballo (forse di origine araba), infatti il termine viene dal francese virer (girare); la sua struttura è molto simile a quella della ballata italiana. 13

Ballade dedicata a Riccardo Cuor di leone; è composta di solito da tre o da cinque strofe ciascuna di sette o otto versi, ove l’ultimo, o gli ultimi due, costituiscono il refrain che viene ripetuto uguale per ogni stanza. Ogni strofa ha il seguente schema musicale: a a b, che è analogo alla cansò trobadorica. Chanson scritta su un codice a forma di cuore: miniature di J. De M o n tcheu, sec. XV [Parigi, Bibliothèque Nationale].

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I MINNESÄNGER Storicamente importante fu il matrimonio fra Federico Barbarossa e Beatrice di Borgogna (1157); questo evento, insieme alle Crociate, comportò l’assimilazione della cultura cavalleresca trobadorica anche nelle corti bavaresi, tirolesi e della bassa renania / I Minnesänger (minne > amor cortese, sang > canto) operarono fra la seconda metà del XII e la prima metà del XIV secolo, e furono influenzati dai modelli francesi precedenti. A differenza della lirica profana francese la produzione tedesca decanta sempre l’amor cortese, ma con un tono più idealistico e spirituale in merito ai rapporti amorosi, e riversa una particolare descrizione alla bellezza della natura. Lo stampo di provenienza francese lo si evince maggiormente nei generi letterari impiegati, che furono: Il Lied Il Tagelied Il Leich Lo Spruch

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che equivaleva alla cansò ed alla chanson; molto simile all’Alba; derivato dal Lai; molto simile al Sirventes; era la forma più semplice composta da una sola strofa.

Da un punto di vista poetico - musicale la forma più in uso presso i Minnesänger fu la Barform; questa è formata da uno schema tripartito A A B, ove in ognuna delle tre parti si articolano diversamente le Stolle (piedi) e le Abgesang (chiuse). Nella prima A vi sono due Stollen (a,b); la seconda A è la ripetizione della prima; la sezione B poteva avere molte Stollen, e di solito l’ultimo era uguale al b della prima A. Il codice tedesco che racchiude la testimonianza più importante del repertorio dei Minnesänger è il Grosse Heidelberger Liederhandschrift, meglio conosciuto con il nome inglese di The Manesse Codex, (Heidelberg, University of Heidelberg Library, Cod. Pal. germ. 848). Il volume è stato redatto fra il 1305 e il 1340 a Zurigo e contiene canzoni amorose dei più importanti Minnesänger, oltre a 137 miniature iconografiche raffiguranti gli autori delle liriche riportate. Molto spesso i colori con cui questi autori sono raffigurati hanno un significato riccamente simbolico. Le principali fonti, oltre al MS di Manesse, che tramandano l’intero repertorio dei Minnesänger sono: Il MS di Colmar (XV sec.) che contiene 105 melodie; Il MS di Donaueschingen (XV sec.) che contiene 21 melodie; Il MS di Jena (XIV sec.) che contiene 91 melodie; Il MS di Vienna (fine XIV sec.); Il MS di Mondsee (1400 circa) che contiene 83 melodie. Fra i più importanti Minnesänger si ricordano: Walter von der Vogelweide (1170-1230); Wolfram von Eschembach; Gottfried von Strassburg Il più famoso minnesäng del periodo (1220 - 1266). Tannhäuser 9

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Miniatura raffigurante il minnesänger Wolfram von Eschembach. (The Manesse Codex).

Miniatura raffigurante il minnesänger Tannhäuser. (The Manesse Codex).

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Miniatura raffigurante il minnesänger Gottfried von Strassburg (The Manesse Codex, foglio 364). Grande simbolis m o ostenta la presente m i ni a t ur a; il sovrano è decantato dai suoi Minnesänger. ( T h e Manesse Codex).

Miniatura raffigurante il minnesänger Walther von der Vogelweide.(The Manesse Codex, foglio 180). 18 a

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LE CANTIGAS SPAGNOLE Uno dei territori limitrofi alla Francia dove il repertorio lirico profano venne assorbito facilmente, e quasi contemporaneamente, fu la Spagna. Peire Vidal, (1183 - 1204), il più “nomade” dei trovatori, ebbe modo di operare nelle corti di Catalogna, Castiglia e Aragona. Le Cantìgas de Santa Maria rappresentano il repertorio spagnolo più autorevole; furono contemporanee alle Laude umbro - toscane, e furono raccolte dal Re Alfonso X detto “El sabio„ fra il 1252 ed il 1284. La raccolta conta più di 400 componimenti che esaltano i miracoli compiuti dalla Vergine. La lingua adottata è il volgare galiziano (> gallego); i brani hanno una forma poetica simile a quella del virelai francese (> strofe e ritornello, denominate strofas e estribillo). Quattro sono i codici spagnoli che rappresentano il monumento più importante della lirica profana ispanica religiosa fra il XIII ed il XIV secolo; due di essi sono conservati presso la Biblioteca di Escorial, il terzo presso la Biblioteca nazionale di Madrid, ed il quarto presso la biblioteca nazionale di Florencia (quest’ultimo non presenta notazione musicale) / Uno dei due codici conservato presso la Biblioteca dell’Escorial, denominato Codice Princeps, è considerato uno dei più grandi capolavori di iconografia strumentale dell’alto medioevo. Il codice è riccamente ornato da splendide miniature ed iconografie, che per la loro precisione nel dettaglio costituiscono una fonte preziosa per lo studio organologico degli strumenti medievali nonché della loro prassi esecutiva. 10

Cantiga 100. “Vihuela Media” o “Vihuela de arco pequeña”. Cantiga 380”Arpas góticas”

Cantiga 200. “Órgano portativo”. Miniatura di Re Alfonso X.

Cantiga 50. “Trapecio”.

Cantiga 320. “Trompas”. Cantiga 240. “Sabebas moriscas”.

Cantiga 140. péñola”.

“Vihuelas

Cantiga 40. Rota

de

Cantiga 290.”Cítara” o “cedra”.

Cantiga 150. “Guitarra latina” e “guitarra morisca”.

Cantiga 270. “Cornetas medievales”.

Cantiga 340. “Caramillo”.

Cantiga 360. “Trompas doppias”.

Cantiga 60; “Launeddas”.

Suonatori

di

Cantiga 160. “Cinfonías” o “Zanfoñas”.

Miniature tratte Codice dal Priceps. 19

“Flautas” e “Tambores”. Cantiga 260. “Odrecillo”.

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LA MONODIA CORTESE ITALIANA Il repertorio della Francia provenzale ebbe notevoli influssi anche in Italia; “l’ambasciatore” dei trovatori Peire Vidal compì alcuni viaggi nelle corti italiane. L’influsso principale che la lirica provenzale francese ebbe in Italia la si può riscontrare nelle prime forme della letteratura italiana; lo dimostra già il fatto che la denominazione di alcune nostre forme poetiche deriva da forme francesi, come ad esempio la ballata, la tenzone, il sirventese. Anche in Italia, come nel caso della Francia, vi è una grande sproporzione fra le testimonianze letterarie pervenuteci e quelle musicali: sono pressoché nulle le testimonianze musicali che attestino un accompagnamento musicale per la poesia di corte italiana. Una particolarità italiana del tempo consiste nella voluta separazione delle figure del letterato e del musicista; il musicista (musico) aveva il compito di musicare un testo poetico che gli veniva affidato.

LA LAUDA S. Francesco d’Assisi e l’ordine francescano da lui fondato ebbero un ruolo molto importante nel fondere insieme l’ambito delle feste popolari profane con quello delle feste religiose. Essi utilizzarono nella musica un linguaggio popolare molto efficace per esprimere il sentimento religioso; l’esempio più mirabile è il famoso Laudes Creaturarum, meglio conosciuto come Cantico delle creature di S. Francesco (1224), in volgare umbro, considerato un atto d’amore universale ove la semantica dei versi rimanda quasi ad immagini di visiva evidenza. Dall’esame del manoscritto di Assisi si evince che questo cantico doveva essere accompagnato dalla musica (> vi sono dei righi per la notazione quadrata disegnati sopra le parole, rimasti però in bianco). S. Francesco d’Assisi e S. Domenico di Guzmàn diedero vita rispettivamente agli ordini monastici francescani e domenicani; essi costituirono, nell’Italia medievale del periodo, gli ordini monastici “mendicanti”, i quali, insieme all’operato su larga scala dei papi del XIII secolo (Innocenzo III e successori) rivoluzionarono la religiosità del tempo, infondendo un nuovo modello aggiornato di carità e penitenza, e comportando l’incremento dell’intensità religiosa della popolazione europea ed italiana, in tutti i ceti sociali. Questi principi vedono una perfetta realizzazione in poesia (grazie alla lingua volgare italica) e in musica con la Lauda. La Lauda fu un nuovo genere di canto religioso non liturgico che utilizzava la lingua volgare invece dal latino; era destinato alle confraternite laiche che andavano prendendo corpo in quel periodo. Ben presto queste confraternite vennero denominate compagnie dei laudesi. La prima di queste confraternite nacque a Siena nel 1267. A Perugia si sviluppò la confraternita dei “Disciplinati”; questi crearono la Lauda drammatica, una tipologia di Lauda che ebbe un ruolo determinante nella formazione delle “rappresentazioni”, una forma di teatro religioso che si sviluppò nel XIV secolo. Le compagnie dei laudesi presero molto a cura l’aspetto esecutivo dei canti, e provvedettero alla compilazione di codici notati chiamati Laudari. Oggi si conservano due preziosi codici che racchiudono il repertorio delle laude: il Laudario 91 di Cortona, ed un codice della Biblioteca Magliabechiana di Firenze; questi due preziosi codici sono meglio conosciuti come Codice Cortonese e Codice Magliabechiano / Il Laudario Cortonese risale al 1270 circa, e fu rinvenuto nel disordine di una soffitta nel 1876. Contiene 46 laude in lingua volgare scritte in notazione quadrata, ed era usato dalla Confraternita di Santa Maria delle Laude di Cortona. I primi 16 brani hanno soggetto mariano, gli altri svolgono approssimativamente gli eventi del calendario liturgico; molte di queste laude sono di autore anonimo.

Altissima Luce, melodia di una lauda (che si trova sia nel Laudario di Cortona e sia nel codice della biblioteca magliabechiana di Firenze). Le strutture musicali delle laude attingevano da un’ampia gamma di schemi melodici (> dalle Sequenze, dalle forme strofiche dell’Innodia, dalla ballata profana). In quest’esempio la melodia della ripresa è collegata con l’ultima frase della stanza.

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Il Laudario Magliabechiano è più giovane di quello cortonese, è stato infatti redatto nei primi decenni del XIV secolo, e fu posseduto dapprima dalla Confraternita di Santa Maria che si riuniva a Firenze presso gli agostiniani, e successivamente fu posseduto dalla Confraternita degli Umiliati d’Ognissanti. Il Codice Magliabechiano (conosciuto anche come “Laudario Fiorentino”) è più ampio di quello di Cortona; vi sono infatti 97 laude, 20 delle quali sono in comune con quelle cortonesi. Sono presenti 88 testi musicati, dei quali 10 sono molto simili, nella melodia, con quelli di Cortona. Le melodie cortonesi sono sillabiche, quelle fiorentine più melismatiche. La forma poetica impiegata nella Lauda è simile a quella della Ballata; vi è l’alternanza fra solista (che esegue la ripresa e la volta) ed il coro (che esegue le mutazioni). Le melodie delle laude sono semplici, ed hanno un andamento sillabico che procede per gradi congiunti e solo di rado supera l’intervallo di terza.

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LA LAUDA DRAMMATICA

L’accrescimento di intensità religiosa che si ebbe in Italia nel XIII secolo vide una esplicita materializzazione in quelle confraternite di monaci che prendevano il nome di “Disciplinati” o “Flagellanti”. Fra le “regole” che questi monaci dovevano osservare vi era la pratica della pubblica flagellazione dei loro corpi allo scopo di espiare i peccati; durante questa dolorosa pratica i monaci cantavano le laude; questi canti si trasformarono ben presto da contemplativi e pacifici (> il modello francescano) esplicitamente tragiche. In questa lauda ben presto comparve un altro solista che rispondeva al primo “intonatore”; questo “risponditore” impersonava simbolicamente una figura storica. Questa tipologia di lauda, che prese le mosse da Perugia, venne chiamata Lauda drammatica. La lauda drammatica venne ben presto perfezionata con l’adozione di costumi, venne denominata “rappresentazione” e venne eseguita pubblicamente. Nella concezione dei laudesi non era importante ricordare il nome di chi creava le laudi; solo Jacopone da Todi è il nome associato alle laudi che ci è oggi pervenuto. Il suo capolavoro è la Lauda VII donna del Paradiso, meglio conosciuta come Pianto della Madonna. LE DEVOZIONI

Molto spesso le laude drammatiche venivano rappresentate in chiesa allo scopo di illustrare alcuni brani evangelici che erano in sintonia con determinati momenti liturgici; questa lauda drammatica era eseguita da personaggi che si esibivano in costume. 20 a

Ave Donna Santissima. Questa Lauda, trascritta, è comune sia al Codice Cortonese sia a quello Magliabechiano. Nel Magliabechiano sono presenti degli abbellimenti intesi come “fioriture”, che ornano la melodia principale.

Grazie alle didascalie che furono accuratamente notate nei lati dei testi a noi pervenuti, è oggi possibile risalire con sufficiente completezza alle modalità esecutive nonché sceniche; vi era un predicatore, preposto alla direzione dei movimenti e alla spiegazione dell’azione ai fedeli. Questa tipologia di spettacolo, più evoluta della lauda drammatica, era chiamato “DEVOZIONE”.

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GLI UFFICI METRICI E GLI UFFICI DRAMMATICI La chiesa aveva vietato per secoli tutti gli spettacoli teatrali che animavano il popolo del Basso Impero, per cui rimasero in uso solo le esibizioni di giocolieri e mimi. Ma verso il IX secolo, con la rinascita Carolingia, l’occidente cristiano assistette alla rinascita del teatro; i Carolingi incentivarono la rivalutazione culturale. Grazia quest’opera di rivalutazione della cultura si ebbero gli uffici metrici e gli uffici drammatici. Gli UFFICI METRICI Erano costituiti da testi usati per gli uffici delle feste dei santi, ed erano scritti in versi (di solito esametri). Questi testi avevano funzione narrativa, non lirico-contemplativa; ogni testo narrava una storia completa ragion per cui questi uffici metrici vennero presto chiamati Historiæ. Similmente alle sequenze c’era una maggiore alternanza di testi nuovi rispetto a melodie: stesse melodie erano impiegate per testi diversi. L’Historia più importante fu quella relativa alla passione e morte di Gesù Cristo; il testo veniva tratto direttamente dal Vangelo. I Vangeli erano scritti in una forma narrativa tale da inglobare già gli spunti principali necessari ad uno sviluppo teatrale. Una delle prime forme di «teatralizzazione» del testo evangelico fu la resa dialogica del testo evangelico, realizzata con la narrazione e/o canto fra due o più diaconi (o cantori) che, quindi, assumevano il ruolo di attori. Gli UFFICI DRAMMATICI A partire dal VII secolo l’Occidente cristiano cominciò a drammatizzare alcuni riti dell’anno liturgico, specialmente quelli che ben si prestavano ad una rappresentazione scenica, e precisamente le funzioni della Settimana Santa culminante nella Pasqua. Questo processo di drammatizzazione conobbe un’evoluzione costante, tant’è che se all’inizio gli attori erano gli stessi celebranti senza costumi specifici, e nel componimento non vi erano parti dialogiche, molto presto questi attori perfezionarono costumi e svilupparono parti dialogiche; inoltre furono drammatizzati anche i riti di Natale, Annunciazione, nonché Ascensione. Solo per necessità musicologiche di catalogazione nel secolo scorso questi cicli di riti drammatizzati vennero etichettati con il nome di uffici drammatici, infatti nel periodo in questione erano semplicemente denominati officia.

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IL DRAMMA LITURGICO Alla caduta dell’Impero Romano seguì un processo di decadenza culturale; la Chiesa, dal IV secolo, vietò tutti gli spettacoli teatrali che animavano il popolo del Basso Impero, a causa della loro crudezza (molto spesso erano spettacoli sanguinari, eco dei “circhi” romani) / Verso il IX secolo (periodo Carolingio) l’occidente cristiano mostrò di desiderare la rinascita del teatro, grazie al clima di rivalutazione culturale voluta dai Carolingi. Adesso la lingua latina aveva ceduto il proprio predominio alle lingue “romanze” o “neolatine”, che erano largamente usate dal popolo, così in chiesa i sacerdoti incontrarono via via non poche difficoltà nel celebrare la liturgia in latino visto che il popolo, che si andava “volgarizzando” nella lingua, lo intendeva sempre meno. Queste circostanze, unite all’evidente carattere dialogico e d’azione che hanno molti passi della liturgia (quindi che li rendevano scenicamente eseguibili), comportarono la nascita di un’ibrida forma teatrale a posteriori denominata Dramma Liturgico. Se il Vangelo era già scritto in una forma dialogica, le imponenti chiese romaniche avevano tutti i connotati architettonici per fungere da teatro: l’altare fungeva da palcoscenico, le navate fungevano da quinte e la cripta da retropalco. Vennero così eseguiti in chiesa davanti all’altare con apparato scenico e costumi. Il Dramma liturgico, evolutosi a partire dal canto liturgico responsoriale, ai tropi in forma dialogica, agli Uffici Drammatici, conobbe il proprio splendore dall’XI al XIII secolo; con esso si passò dalle ufficiature drammatizzate al vero e proprio spettacolo teatrale, ossia ad una forma di teatro con musica. Il testo, nelle successive evoluzioni, fu sia in latino, sia in prosa e sia in versi (liberamente mischiati insieme); gli esecutori erano i diaconi, chierici o cantori, i quali rappresentavano un personaggio dell’episodio sacro drammatizzato. I canti del dramma liturgico erano desunti dal vasto repertorio gregoriano, dalle sequenze e dai tropi ed, in seguito, anche dal repertorio dei trovieri. Furono scritti con notazione quadrata, ed in più vi sono le descrizioni parasceniche. Il VISITATIO SEPULCRI è il primo importante dramma liturgico che la storia ci ha documentato, era cantato nell’Abbazia di San Benedetto, nonché nel monastero di Fleury - sur - Loire in Francia, e ben presto divenne il più eseguito in tutta Europa. Deriva da un famoso tropo reso dialogico dal breve testo “Chi cercate nel sepolcro, o seguaci di Cristo?”, eseguito nell’Introito della Messa di Pasqua. Il dramma consisteva in un’unica scena che presentava il dialogo fra l’angelo e le pie donne; l’angelo iniziava proprio con il tropo. La maggior parte dei drammi liturgici sono anonimi; i più diffusi, che conobbero anche in Francia, Baviera, nonché in Italia, furono: il LUDUS PASCHALIS, elaborazione dell’ufficio drammatico Visitatio Sepulchri; si eseguiva il Venerdì Santo; il PLANCTUS MARIÆ, che rappresenta il momento doloroso delle tre Marie con Giovanni ai Piedi della Croce; nella copia conservata a Cividale del XIII sec. compaiono minuziose didascalie sceniche; il PEREGRINUS rievocazione dell’incontro di Cristo risorto con due discepoli sulla strada di Emmaus, eseguito il Lunedì dopo Pasqua nell’abbazia di Fleury; lo SPONSUS che rappresenta la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte; una delle prime testimonianze di alternanza fra dialoghi in latino ed in volgare. Il Più ampio dramma liturgico del XII sec. fu il LUDUS DANIELIS, 1140, tratto dal libro di Daniele; esso rappresenta le gesta del profeta Daniele. Fu concepito e realizzato dai giovani scholares della cattedrale di Beauvais; ostenta una grande varietà melodica, ed è costituito da cinquantadue melodie di varia provenienza (liturgiche e non). 14

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IL TEATRO SACRO MEDIEVALE

Nella successiva evoluzione del dramma liturgico, si vennero delineando sempre più nettamente da un lato il dramma liturgico vero e proprio, e dall’altro il teatro medievale. Quando al volgare si accostò anche il latino, quando i personaggi meno nobili furono evitati dal clero e rappresentati dai fedeli che si riunirono in confraternite guidate sempre dal clero, e pian piano l’esecuzione di questi passò dalla chiesa al sagrato, si giunse dal dramma liturgico al cosiddetto “teatro medievale”. Adesso lo spettacolo teatrale medievale anche se d’argomento sacro, non sarà più connesso con il rito, e sarà eseguito fuori dalla chiesa. E’ adesso possibile distinguere le caratteristiche ben delineate sia del dramma liturgico, e sia del successivo teatro sacro medievale: DRAMMA LITURGICO E’ eseguito solo in alcuni “momenti” dell’anno liturgico Era eseguito solamente in chiesa Solo il clero lo poteva rappresentare Il testo era in lingua latina Tutto il dramma presenta parti cantate

TEATRO SACRO MEDIEVALE Si poteva eseguire in ogni momento dell’anno liturgico Era eseguito fuori dalla chiesa Era rappresentato dai fedeli Il testo era in lingua volgare I brani che lo compongono sono sia parlati sia cantati

Fuori dall’Italia, nell’Europa unificata dal cristianesimo, gli spettacoli sacri medievali venivano denominati Mistero. Il primo Mistero si ebbe in Francia nel 1374, e con questo nome si vennero gradatamente sostituendo i termini usati in precedenza, specie il “ludus”. Nelle forme più evolute i Misteri avevano una grande durata, a tal punto che le divisioni interne non erano chiamate atti, ma giornate; un Mistero terminava solitamente con un Te Deum corale.

22

Riproduzione del foglio 95 relativo al Ludus Danielis.

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VIII

BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. Cattin, Giulio, Il Medioevo I, Storia della Musica volume primo parte seconda, Torino, EDT, 1979 Gallo, F. Alberto, Il Medioevo II, Storia della Musica volume secondo, Torino, EDT, 1979 Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999

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www.arts.arizona.edu

2, 3

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P. D. Anselmo della Susca, Conoscere il canto Gregoriano, Milano, Zanibon, 1993 D'Ancona, Alessandro. 'Misteri e sacre rappresentazioni', Giornale storico della letteratura italiana, XIV 1889. D'Ancona, Alessandro. Studi sulla letteratura italiana dei primi secoli, 2nd edition, Milano, Treves, 1891. Lanari, Michele, studio sul Laudario di Cortona. www.cortonagiovani.it Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation

5, 7, 8, 11, 12, 13, 20 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. 6 www.mtholyoke.edu 9 Enciclopedia multimediale Il Medioevo, Corriere della sera, Milano, RCS Editori 10 www.perso.wanadoo.fr 14 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 15, 16, 17, 18 www.wikipedia.org 18 a www.rivistadiequipeco.it 19 www.cnice.mecd.es 20 a Lanari, Michele, studio sul Laudario di Cortona. www.cortonagiovani.it 21 22

Cattin, Giulio, Il Medioevo I, Storia della Musica volume primo parte seconda, Torino, EDT, 1979 www.beloit.edu

www.lehrer.uni-karlsruhe.de www.arts.arizona.edu www.xtec.es www.rivistadiequipeco.it www.mtholyoke.edu www.perso.wanadoo.fr www.wikipedia.org www.cnice.mecd.es www.beloit.edu

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VIII

IL TRECENTO: L’ARS NOVA SOCIETA’ E CULTURA. L’EMANCIPAZIONE DELLA MUSICA PROFANA Fino alla fine del 1200 la concezione trascendentale dell’aldilà era il solo principale interesse, anche quotidiano; in ogni espressione umana la meta unica e sovrana dell’impegno (specie artistico) doveva essere Dio. Poca “dignità” spirituale veniva di conseguenza reputata alla vita terrena, e a tutto ciò che rimandava alla vita terrena; Dio era più importante del mondo reale. Questa filosofia ebbe una influenza totale su tutte le espressioni di pensiero e sull’estetica della musica, e vide il periodo di massimo fulgore nella seconda metà del XIII secolo, con i francescani e domenicani . In seguito si avviò una progressiva laicizzazione; dalla concezione della separazione fra Chiesa e Stato iniziò un processo di emancipazione delle realtà terrene. In campo artistico questo cambiamento fu ancora più evidente: l’ispirazione profana venne “coraggiosamente” presa sempre più in considerazione, e pian piano arrivò ad imporsi su quella sacra, che aveva forgiato tutti le manifestazioni poetiche e letterarie; la Divina Commedia, il Decameron di G. Boccaccia, possono essere a riguardo considerati i più eclatanti e magnifici esempi. Ad esempio in ambito architettonico alle cattedrali (la più importante manifestazione architettonica fino al 1200) si affiancarono i grandi palazzi; ai crocifissi dal perfetto formalismo bizantino del Cimabue si affiancarono le colorate e naturalistiche opere del pennello di Giotto. In ambito musicale il rinnovamento fu altrettanto imponente; nella civiltà europea che si affaccia al XIV secolo la produzione musicale sacra fu più inferiore rispetto a quella profana, anche in termini di importanza stilistica e formale. Determinante per il succedersi di detti eventi fu la crisi politica e religiosa che si registrò dopo il trasferimento della curia papale da Roma alla città francese di Avignone. Inoltre all’interno della chiesa stessa cominciava a gonfiarsi il malcontento generale nei confronti della complessità contrappuntistica che caratterizzava la produzione musicale sacra ad opera dei maestri fiamminghi. Le alte sfere della chiesa temevano che la seduzione contrappuntistica potesse distrarre i suoi adepti dalla semplicità della preghiera cantata; inoltre la complessità polifonica allontanava i fedeli dalla partecipazione al culto, e determinava la poca comprensibilità del testo sacro e dell’antica melodia gregoriana. La vecchia “autorità” data dalla concezione della musica di Boezio stava già cominciando a vacillare; nel XIII sec. Il teorico Johannes de Garlandia affrancava già l’interesse verso la mera speculazione nelle sue argomentazioni inerenti la musica. Nel suo trattato intitolato Introductio Musicæ Garlandia aggiorna la concezione Boeziana della suddivisione della musica in tre settori, dando le seguenti definizioni: Musica Piana: la musica divulgata per la prima volta da papa Gregorio Magno per rendere lode a Dio, ed in seguito ricomposta ed ordinata da Guido D’Arezzo. Musica Misurabile: la musica prodotta secondo le proporzioni (alludendo anche alle nuove divisioni dell’Ars Nova), e dunque misurabile grazie alle attente osservazioni. Musica Strumentale: quella musica prodotta dagli strumenti, ma senza nessuna accezione negativa, così come testimonia l’esempio del (p)salmista Davide.

1

IX

1

L’ARS NOVA FRANCESE Nel medioevo ars era un termine usato come sinonimo di tecnica, sistema / Le nuove concezioni inerenti le pratiche musicali formulate dal musicus Johannes de Muris, che convogliò nel suo trattato Ars Nova Musicæ, 1319, furono accolte e spiegate, un anno dopo, da Philippe de Vitry in un trattato che portò lo stesso titolo. Queste due opere rappresentano l’atto di nascita dell’ARS NOVA FRANCESE che si sviluppò a Parigi / Due furono le più importanti innovazioni che l’Ars nova francese diede alla musica europea: 1)

l’importanza paritaria assegnata alla suddivisione ritmica binaria (imperfetta) rispetto alla divisione ritmica ternaria (perfetta); L’importanza data alla scrittura musicale come unico mezzo per la conservazione della musica.

2)

In Francia si registrò l’aggiunta di una nuova figura musicale, la minima, ad opera di J. De Muris, accanto alle quattro figure conosciute (maxima, longa, brevis, semibrevis ); in Italia si aggiungerà anche la semiminima. Il Mottetto fu ancora una delle forme più importanti del tempo; nel 1300 divenne più elaborato secondo le prassi contrappuntistiche, ed ebbe funzioni celebrative; era eseguito in cerimonie importanti. Con la bolla papale Docta Sanctorum del 1325, Papa Giovanni XXII aveva proibito l’introduzione nel servizio liturgico delle forme polifoniche del tempo, giudicate tecnicamente complesse. Per questa ragione il mottetto si rivolgerà, ora, all’ambito profano. Adesso il testo è uno solo e non si ha più la politestualità del secolo precedente; il suo carattere è più solenne, e per questo al francese si andrà sostituendo il latino. L’argomento dei mottetti non fu più solo sacro: i testi esprimevano elogi o deplorazioni nei confronti di determinati personaggi, questioni morali, politiche. Erano principalmente a 3 voci (tenor, motetus, triplum; così come ereditato dalla scuola sacra del 1200) ma anche a 4 voci (+ contratenor). Nacque il procedimento dell’ISORITMIA (termine introdotto nel 1904 dal musicologo Friedrich Ludwig), che caratterizzò i mottetti del 1300. Isoritmia: tecnica di costruzione musicale (dal greco, "stesso ritmo") usata nella polifonia sacra tardomedievale, in particolare nella messa e nel mottetto, a partire 1280. Qui il tenor (che con questa nuova tecnica assicurava unità e coesione al tessuto polifonico) eseguiva una melodia gregoriana in valori molto lunghi. Mentre in origine queste note avevano tutte la stessa durata, a partire dalla metà del Duecento si iniziò a dare loro valori ritmici diversi. L'isoritmia è una tecnica di organizzazione di questi valori ritmici che consiste nel dividere l’intera successione di note (la melodia gregoriana, il cantus firmus, affidata al tenor, chiamata color), in frammenti ritmici più piccoli tutti uguali, chiamati talee, sulle quali si applica lo stesso schema ritmico. L'isoritmia è applicabile anche su colores molto lunghi, grazie a ripetizioni e varianti, e può venire estesa anche a più di una voce con risultati di notevole complessità. L'isoritmia presenta forti affinità con la metrica quantitativa classica, nella quale ogni verso, pur essendo formato da parole diverse (equivalenti alle note) è scandito dalla stessa alternanza "ritmica" di sillabe lunghe e brevi.

Miniatura tratta dal Roman de Fauvel. Questo storico trattato fu denominato in francese accostando le prime lettere di sei vizi:” Flatterie, Avarice, Vilenie, Variètè, Envie, Làchetè”. Tutto il testo del trattato ha un forte accento satirico; fu composto intorno al 1316 dai membri della cancelleria royale francese. In questa miniatura viene raffigurato Filippo IV il bello con una testa d’asino.

Con l’isoritmia comincia a diffondersi una pratica compositiva che man mano non terrà più conto della percezione dell’ascoltatore; questo procedimento (come altri che si delineeranno nel secolo a seguire) è uno di quegli artifizi per cui il teorico-fiammingo Johannes Boes aveva scritto che “sono oggetto più della vista che dell’udito”. Storicamente importanti furono le 160 composizioni dell’inizio del 1300 (anonimi la maggior parte) facenti parte del Roman de Fauvel, un poema allegorico - satirico contro i vizi dei potenti contenente 33 Mottetti a 3 voci. 2

IX

GUILLAUME DE MACHAUT

(Reims 1300 ca. - 1377)

{si pronuncia Ghiyòm de Masciò}

Uno dei maggiori esponenti dell’Ars nova francese. Fu cappellano e segretario di Giovanni di Boemia (1323 - 1346) e, in seguito, della figlia di questi, Bona, moglie del futuro re di Francia Giovanni II il Buono, e infine di Carlo IV di Navarra / Nel 1337 fu nominato canonico della cattedrale di Reims, città nella quale si stabilì. Le sue opere poetiche di più ampio respiro, sia narrative sia didattiche, riflettono i temi cari alla retorica e all'ambiente di corte del tempo. Di grande importanza sono il Remede de Fortune, il Roman de la Rose, ed il Voir Dir. Nel suo Remede Machaut inserì sette brani modello a scopo di illustrare i più importanti generi poetico - musicali da lui trattati; questi sono: lai, complainte, chanson royal, baladele, ballade, virelai, rondeau. Guillame de Machaut in una miniatura tratta da un suo codice. 2

In particolare, i suoi rondò e le sue baladele a due e a tre voci costituirono il modello della polifonia profana in Europa per tutto il secolo successivo. Egli mentre era in vita fece compilare manoscritti che contenevano tutte le sue

opere sia letterarie sia musicali. I 25 Virerai di Machaut osservano il seguente schema poetico - musicale: Refrain

Testo: Musica:

A a

I Str.

B bba

Ref.

A a

II Str.

C bba

Ref.

A a

III STr.

Ref.

D bba

A a

Per quanto riguarda la produzione sacra, solo 6 dei suoi 23 mottetti sono su testo liturgico latino, mentre i restanti recano testi profani in francese; a essi si aggiungono la Messe de Notre - Dame a quattro voci, composta nel 1364 ed un Hoquetus David / La Messe de Notre - Dame, composta in occasione dell'incoronazione di Carlo V il Saggio, è la prima trasposizione polifonica della messa scritta da un unico compositore. Si sviluppa su di un cantus firmus gregoriano, con piccole parti melodiche ricorrenti che collegano i vari movimenti. Il Kyrie, Sanctus, Agnus Dei, Amen e Ite Missa est si basano sul metodo del mottetto isoritmico, mentre il Gloria ed il Credo su quello sillabico ed omoritmico del conductus.

3

3

IX

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IX

L’ARS NOVA ITALIANA La polifonia si sviluppò principalmente in Francia dalle origini al 1300; nello stesso periodo in Italia non fu molto fiorente perché il grado di sviluppo del contrappunto era più elementare. Nelle cattedrali italiane si praticava il cantus planus binatum ossia cantus firmus accompagnato da un altro simile; le due voci procedevano nota contro nota in ritmo libero / L’Italia settentrionale assorbì l’influsso polifonico francese del 1200 e specie del 1300; si ebbe così in Italia lo sviluppo delle prime forme polifoniche. Alla fine del 1200 Marchetto da Padova stilò un trattato di notazione mensurale, il Pomerium in arte musicæ mensuratæ (1321 - 1326). Fra i primi importanti esempi di polifonia si denotano quelli che fiorirono nell’area veronese, padovana, ma soprattutto nella basilica di S. Marco (Venezia); erano mottetti latini con funzione celebrativa di chiara ascendenza francese, e rimasero nella “produzione” veneziana fino al 1500 / Scarsa fu la produzione di musica sacra in Italia all’interno del periodo dell’Ars nova; maggior peso e consistenza ebbe invece la produzione profana. La prima fase di polifonia profana italiana vede prevalere la forma del madrigale. Non è facile riuscire a ricostruire l’etimologia della parola; probabilmente deriva da materialis, in quanto indicava un testo poetico privo di regole formali, oppure da matricalis, ossia un poema in lingua madre. Le principali fonti musicali dell’Ars Nova italiana, dove si riscontrano i primi madrigali (anonimi) sono rappresentati da sei codici: * * * * *

VATICANO ROSSI 215 (il più antico trattato italiano contenente madrigali e composizioni profane) 29987 DEL BRITISH MUSEUM DI LONDRA (appartenuto alla famiglia Medici) 568 DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI PARIGI (appartenuto alla casa reale di Francia) PANCIATICHIANO 26 DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI FIRENZE REINA 6771 DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI PARIGI 4

Il più significativo e ricco di contenuti è un MS Mediceo Palatino conosciuto col nome di CODICE SQUARCIALUPI (Biblioteca mediceo - Laurenziana di Firenze, 87) del 1420; riccamente miniato e contenente circa 350 composizioni a 2 ed a 3 voci appartenenti ai 14 più insigni musicisti del tempo. È raffinatamente curato nel dettaglio, anche il più minuzioso, e ancora oggi mantiene integra l’elegante legatura in cuoio marrone su assi di legno. E’ così denominato in quanto il suo primo possessore fu Antonio Squarcialupi (1416 - 1480), organista presso la corte di Lorenzo il Magnifico. L’Opera è la più ampia e raffinata fra tutte le antologie manoscritte della musica italiana, realizzate a Firenze fra i primi vent’anni del 1400; il possesso di Antonio Squarcialupi è attestata dall’iscrizione che è apposta sulla prima carta: “Questo libro è di Antonio Bartolomeo Schuarcialupi, organista in Sancta Maria del Fiore”. In seguito appartenne a Giuliano de’ Medici, e venne collocato presso la Biblioteca Palatina; alla fine del XVIII secolo venne trasferito, insieme ad altri volumi, presso al Biblioteca Laurenziana ove è conservato oggi. L’opera riflette lo spirito prettamente umanistico riguardante l’attitudine alla raccolta e conservazione delle opere del passato; vi sono anche raffigurati i ritratti miniati di ciascuno dei 14 musicisti dei quali l’opera riporta le composizioni. L’AMBIENTE CULTURALE ITALIANO

In Italia l’Ars Nova non crebbe nelle cattedrali o nelle istituzioni religiose come in Francia ma nelle corti settentrionali (Scaligeri a Verona e Padova, Visconti a Milano, Carraresi a Padova, circoli di cultura laica di Bologna, ma soprattutto i Medici a Firenze) / L’Ars Nova italiana crebbe nell’ambiente della cultura volgare, del dolce stil novo. Il DECAMERONE di G. Boccaccia fu la più importante fonte letteraria per l’ars nova italiana; la poesia per musica è il più importante assunto che rispettarono i Questa foto del codice squarcialupi mostra la grande preziosità decorativa che esso incorpora; l’opera è illuminata da preziosi colori e da oro zecchino e rappresenta una preziosissima fonte per la poeti del Trecento. Le poesie erano composte per essere intonate in musica, e le forme principe furocultura musicale italiana del XIV secolo. no; CACCE, MADRIGALI, BALLATE / Il più importante poeta per musica fu Franco Sacchetti (1332 1400). Lo stile arsnovistico italiano fu diametralmente diverso da quello coevo francese; negli esempi francesi si evince sempre un disegno costruttivo che disciplina tutti gli elementi, in Italia vige maggior libertà formale, melodica, ritmica / L’Ars nova si sviluppò inizialmente nell’Italia settentrionale, i maggiori musicisti furono Jacopo da Bologna e Giovanni da Firenze; in seguito, con il fiorire della corte medicea a Firenze, acquisirono fama anche Gherardello da Firenze, Donato Cascia, ma soprattutto Francesco Landino / A seguito del ritorno del papato a Roma dopo la cattività avignonese, l’Italia conobbe l’influsso dell’Ars nova francese; queste influenze determinarono l’avvio verso la decadenza dell’Ars nova italiana. Con la presenza a Padova del musicista vallone Johannes Ciconia (1335 - 1411) si chiuse la “stagione” dell’Ars nova italiana. 5

IX

IL MADRIGALE DEL 1300

FRANCESCO LANDINO

Giovanni da Firenze fu il primo musicista che stabilì i caratteri stilistico - formali del madrigale: L’inizio e la fine di ogni verso erano caratterizzati da uno stile melismatico, mentre la parte centrale ha uno stile sillabico; la voce superiore è in genere maggiormente melismatica rispetto a quella inferiore.Il madrigale fu molto coltivato specie durante il primo periodo dell’Ars Nova, La sua struttura poetica era la seguente: 2 o 3 terzine di endecasillabi con lo stesso ordine di rime, seguite da un ritornello di 2 endecasillabi a rima baciata / I madrigali erano soprattutto a 2 voci > cantus (superiore) e tenor (inferiore); ma in seguito si aggiunse una terza voce. La struttura musicale era: A A B; la parte B era per il ritornello. L’esempio seguente è tratto dal madrigale «Non al suo amante» di F.Petrarca, musicato da Jacopo da Bologna):

(Fiesole, 1325 o 1335 - Firenze 1397)

}

ch’a me la pastorella alpestra e cruda posta a bagnar un leggiadretto velo, ch’a l’aura il vago e biondo capel

}

tal che mi fece, or quand’egli arde il tutto tremar d’un amoroso gelo.

}

que

A

A

chiucielo,

5

Landino compose in un'ampia varietà di stili; dalle semplici canzoni da ballo a pezzi più complessi con l'impiego del canone e dell'isoritmia. La sua opera consta di: 12 madrigali a 3 voci; 140 ballate a 2-3 voci; una caccia.

Frasi musicali

Non al suo amante più Diana piacquando per tal ventura tutta ignuda la vide in mezzo de le gelide acque,

Detto Francesco Cieco o Francesco degli Organi. Figlio del pittore Jacopo del Casentino, Francesco non poté seguire la carriera del padre a causa di una malattia che da bambino lo privò della vista. Dopo aver imparato a suonare numerosi strumenti, soprattutto l'organo, in età avanzata si dedicò alla liuteria. Da giovane trascorse probabilmente alcuni anni a Venezia e in altre città dell'Italia del Nord; nel 1361 ebbe l'incarico di organista presso la Santa Trinità di Firenze, e poi nel 1365 a San Lorenzo, dove rimase fino alla morte.

Francesco Landino raffigurato mentre suona l’organo portativo; miniatura tratta dal codice Squarcialupi.

de; B

Gli argomenti trattati nei madrigali trecenteschi sono in prevalenza di carattere pastorale - amoroso, o agreste, ma anche vicende biografiche dei signori di corte settentrionali (ad esempio gli Scaligeri e i Visconti).

Fu probabilmente un pioniere nel campo della ballata polifonica, a due o tre voci; le sue composizioni a due voci seguono la forma del madrigale, con il testo distribuito su entrambe le voci, mentre delle ballate a tre voci più della metà presentano il testo solo nella voce superiore; assunto questo di chiara derivazione dalla contemporanea chanson francese. Raggiunse un mirabile equilibrio tra la tecnica polifonica e la libera espressività melodica, riuscendo ad infondere alla scrittura musicale lo spirito del nascente umanesimo italiano.

LA CACCIA

E’ un tipo particolare di madrigale meno complesso ed imperniato sull’artificio contrappuntistico del canone; le voci procedono all’unisono sostenute da un tenor strumentale. Da cacciare, ovvero rincorrere; le voci si rincorrono l’un l’altra. La caccia getta le basi della futura fuga. Poeticamente non ebbe una forma metrica prestabilita; non ha uno schema strofico. Gli argomenti erano attinenti le battute di caccia, di pesca, le scene di mercato e di gioco. Molti “effetti” vocali definiti onomatopee erano usati nelle cacce per descrivere musicalmente la semantica del testo.

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Giovanni da Firenze, Madrigale «Agnel son bianco» su testo di F. Sacchetti Jacopo da Bologna, Madrigale «Non al suo amante» di F. Petrarca. Riproduzione della pagina del codice squarcialupi contenente il madrigale.

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Jacopo da Bologna, Madrigale «Non al suo amante» di F. Petrarca

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Gherardello da Firenze, Caccia «Tosto che l’alba». E’ una delle cacce più famose su testo poetico anonimo; descrive il dialogo animato fra due cacciatori; l’irregolarità del metro poetico contribuisce all’effetto onomatopeico dell’animazione concitata.

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LA BALLATA

La forma più evoluta dell’Ars nova italiana. La struttura poetica è formata da una ripresa di 2 versi endecasillabi; 2 piedi di 2 versi endecasillabi con identica rima; una volta di due versi (identica alla ripresa) ove il primo verso presenta la stessa rima del’ultimo verso del II piede, ed il secondo verso presenta la stessa rima del I verso della ripresa; gli episodi musicali sono due: A e B ; l’episodio B è solo per i piedi; la ripresa si ripete un’altra volta alla fine / Le ballate potevano essere eseguite a 2 o 3 voci, ossia cantus, tenor, contratenor; l’esecuzione era prettamente vocale con interventi di strumenti per rinforzo. Molto presto gli strumenti vennero impiegati anche in funzione di sostituzione delle linee vocali inferiori / Esempio poetico della ballata «Benché ora piova» di F.Landino: Benchè ora piova, pur buon tempo aspetto al mio cammin, e perciò non m’affretto

}

Ogni cosa per ordin’ha suo tempo ma pur un tempo non ha ogni cosa:

}

donna leggiadra nel suo giovin tempo agli occhi di ciascuno per graziosa,

Frasi musicali

RIPRESA

A

PIEDE I

B

}

PIEDE II

B

così vecchiezza la rende noiosa al guardo di chi più n’avea diletto

}

VOLTA

A

Benchè ora piova, pur buon tempo aspetto al mio cammin, e perciò non m’affretto

}

RIPRESA

A

Incoronazione della Vergine: tavola centrale del Polittico di Santa Chiara e San Francesco, di Paolo Veneziano (sec. XIV) [Venezia, gallerie dell’Accademia]. Da sinistra in alto: liuto, tipo di cetra, tromba, mandola, arpa, salterio, viella, organo portativo. Pagina tratta dal Codice di Faenza. 10 a

Soltanto dopo il 1360 comparvero le prime ballate polifoniche non associate alla danza; infatti la ballata era nata monodica, di matrice popolare, ed era intesa come un canto che accompagnava un “ballo in tondo”; nel canto era tipica l’alternanza del solista con il coro / Le ballate polifoniche trecentesche trattano temi amorosi. Con F.Landino la ballata trecentesca raggiunse il livello artistico più alto.

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IX

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Francesco Landino, Ballata «Questa fanciulla, amor»

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IX

LA MUSICA STRUMENTALE E GLI STRUMENTI NEL MEDIOEVO Numerose furono le testimonianze relative agli strumenti musicali ed al loro impiego nel periodo arsnovistico italiano: dalle pitture, dalle sculture, nonché dalle testimonianze letterarie in prosa e poesia; inoltre dalle descrizioni, raffigurazioni, miniature ed incisioni su preziosi volumi manoscritti. Molto diffuso era l’utilizzo degli strumenti nelle musiche vocali; questi venivano adoperati per due principali scopi: 1) raddoppiare le voci di una composizione vocale (a volte anche sostituirle); 2) eseguire il tenor o contratenor (specie quelli che presentavano una scrittura a valori lunghi). Gli strumenti musicali non godevano di piena autonomia musicale, la cominceranno ad avere non prima del 1530. Nel medioevo una composizione era concepita per l’unico vero strumento musicale “riconosciuto”, ossia la voce, che era in rapporto con il testo poetico da cantare; ciò era una prassi, anche se poi questa composizione veniva eseguita diversamente o non solamente mediante la voce. Questa concezione spiega la motivazione della grande scarsezza, fino a tutto il XV secolo, di manoscritti inerenti musiche destinate all’esecuzione strumentale. Infatti fino a tutto il 1400 sono molto poche le fonti inerenti musiche destinate specificamente all’esecuzione strumentale; fra le fonti più autorevoli si ricordano: codice inglese (conservato al British Museum) del 1300. Contiene una ventina di danze monodiche (estampies francesi e saltarelli) ROBERTSBRIDGE il più antico manoscritto inglese del 1300 contenente musiche per strumenti da tasto (> estampies); vi sono presenti anche due trascrizioni di due mottetti del

* *

Roman de Fauvel.

*

CODICE BONADIES Codice del 1400 conservato presso la Biblioteca di Faenza. Contiene composizioni per strumenti da tasto dell’Ars nova francese ed italiana trascritte a due parti. Ma le più importanti fonti per la conoscenza della musica strumentale e degli strumenti del Medioevo sono due: DE MUSICA di Johannes de Grocheo. E’ una chiara testimonianza della pratica strumentale parigina del 1300 TRACTATUS DE MUSICA di Hieronymus dei Moravia. E’ un compendio di quattro trattati dei secoli XII e XIII. Importante per l’Italia fu il Codice di Faenza. Questo è il più antico codice per tastiera italiano; l’intavolatura riportata era stata pensata molto probabilmente per l’organo. Fra gli autori che vi compaiono risaltano Landino, Jacopo da Bologna nonché il grande Guillame de Machaut.

Lo strumento più importante del periodo fu l’ORGANO, che divenne lo strumento liturgico per eccellenza. Machaut considerava l’organo come il re di tutti gli strumenti. I padri della chiesa avevano, per lungo tempo, proibito l’infiltrazione di strumenti profani nella liturgia; l’organo stesso fu consentito a partire dal XIII secolo. Vi furono due tipologie principali di organo: il Portativo piccolo, si teneva sulle ginocchia, con un numero esiguo di canne; veniva suonato con la mano destra, mentre la sinistra azionava il mantice; il Positivo più grande, senza pedaliera, era usato in casa ed in chiesa, si suonava con ambo le mani (un’altra persona azionava il mantice). Gli strumenti precursori del clavicordo furono lo SCACCHIERE, o eshiquier, che aveva corde percosse, ed il SALTERIO (a corde pizzicate); da questi derivò il clavicembalo. STRUMENTI A CORDA

Uno dei più antichi strumenti a corda fu la CROTTA o ROTTA: era uno strumento ad arco con forma simile alla lira, profilo squadrato e poteva anche avere una tastiera. Più diffusa era la VIELLA, antenata del violino, che non durò oltre il XIV secolo; montava cinque corde con accordatura variabile, ed era suonata con un arco ricurvo che sfregava le corde; fu lo strumento più usato dai trovatori / Molto diffuse erano le arpe. STRUMENTI A FIATO

Molto usata era la TROMBA che realizzava la serie naturale dei suoni: era usata per conferire solennità a certe cerimonie religiose, insieme a cornetti e bombarde, come all’inizio della Messa, nelle processioni, per sottolineare la presenza della famiglia reale, o per accompagnare il movimento delle truppe. Diffuso era anche il CORNETTO IN LEGNO che, con i suoi fori, permetteva l’esecuzione della scala cromatica. Importanti erano anche i FLAUTI DIRITTI e TRAVERSI. Per l’accompagnamento ritmico si usavano varie specie e forme di membranofoni (tamburi, tamburelli) e idiofoni (nacchere, campanelli, triangoli).

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«Il Giardino delle delizie»: pannello del «Trittico delle delizie» di Hieronymus Bosch (1485 - 1505), particolare [Madrid, Prado]. Strumenti: Liuto, Arpa, Ghironda

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« Angeli musicanti » dipinto di Hans Memling (1490 ca. particolare). [Anversa, Koninklijk Museum]. Salterio, tromba marina, liuto, tromba a tiro ritorta, cennamella, tromba a tiro diritta, altra tromba ritorta, organo portativo, arpa, viella

«Allegoria della musica»: miniatura da un codice contenente il «De Musica ex Etymologiis S. Isidori» di S. Boezio (sec. XIV). [Napoli, Biblioteca Nazionale]. Dall’alto: viella, salterio, liuto, tamburello, organo portativo, castagnette, zampogna e bombarda, naqqara, trombe.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. Gallo, F. Alberto, Il Medioevo II, Storia della Musica volume secondo, Torino, EDT, 1979 Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999

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www.roman gallica.bnf.fr www.expositions.bnf.fr Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 www.rivistadiequipeco.it

Wolf, J., Der Squarcialupi Codex, Lippstadt, Kistner & Siegel, 1995 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. 7 www.mmb.org.gr 8 Schrade, Leo & von Fischer, Kurt, Francesco Landini complete works, Monaco, L’Oiseau - lyre, 1982 10, 12, 15 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 13 www.harmoniae.com 14, 10 a www.mondimedievali.net

6 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation Wolf, J., Der Squarcialupi Codex, Lippstadt, Kistner & Siegel, 1995 www.expositions.bnf.fr www.mondimedievali.net www.roman gallica.bnf.fr www.rivistadiequipeco.it www.mmb.org.gr www.harmoniae.com

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IX

IL QUATTROCENTO: INGLESI, BORGOGNONI, FIAMMINGHI LA NUOVA CONDIZIONE ECONOMICA: IL MECENATISMO

L’Italia del XV secolo vede una rinascita economica dovuta alla nuova fiducia che viene assegnata agli scambi commerciali e ad una migliore organizzazione del lavoro in generale. Dappertutto in Italia e a seguire anche in Europa si consolidò una tranquillità economica e politica tale da indurre prelati e signori delle corti a coltivare cultura e arte; l’ostentazione delle velleità culturali ed artistiche divenne un principio di esaltazione che ogni corte perseguiva febbrilmente allo scopo di competere con le altre corti. E’ già iniziato un processo di emancipazione artistica che vedrà riempire le corti (italiane prima ed europee poi) di artisti, musicisti e letterati umanisti / L’ambito musicale risentì positivamente di queste nuove condizioni di vita; il signore di corte provvedeva egli stesso a far arrivare nella propria corte i migliori musicisti della piazza offrendo loro una paga fissa, l’alloggio, occasionali doni (oltre ad una rendita fissa da poter utilizzare nel periodo della vecchiaia), in cambio dei loro servigi musicali. Ma queste concessioni che il signore della corte offriva al musicista erano da egli stesso revocabili. Con Filippo il Buono (1419 - 1467) il ducato di Borgogna divenne ricco e potente, e conobbe una notevole fioritura artistica invidiata da tutta Europa; egli fu il primo grande mecenate che diede l’esempio per lo sviluppo del mecenatismo. La corte di Borgogna aveva una superiorità numerica di cantori rispetto a tutta l’Europa; tutti i cantori erano ben salariati, e si formavano presso le cattedrali di Notre - Dame e di Cambrai: le più importanti ed evolute cappelle musicali didattiche di tutta la Francia; qui il livello raggiunto dalla polifonia sacra a cappella era ineguagliato. A differenza della Francia, l’Italia del secolo non conobbe una così grande fioritura polifonica; i più grandi nomi della polifonia del tempo non erano italiani, ma borgognoni. In Italia era stabilmente radicata la prassi della musica profana, più semplice e più comunicativa; questa non veniva mai scritta, e veniva improvvisata dai musicisti-cantori profondamente radicati nella tradizione popolare. Questo principale genere di espressione musicale italiana vedeva il pieno appoggio degli umanisti eruditi dell’epoca, quindi mentre la polifonia artistica e complessa era considerata un’espressione artificiosa e innaturale, le forme più popolari, ossia quelle capaci di muovere gli “affetti”, di stimolare le passioni umane, erano preferite in Italia. Così nell’Italia umanista del tempo emerge il nome del patrizio veneziano Leonardo Giustinian (1381 - 1388); egli inaugura la stagione dei poeti-cantori italiani i quali cantavano i propri componimenti in lingua volgare affidandosi ad un’esecuzione musicale improvvisata. Quando queste forme improvvisate cominciarono a diventare più complesse (ciò coincide con la formazione del repertorio delle frottole), allora si comincerà affermare la tradizione scritta.

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Il XV secolo vede in ambito musicale l’evoluzione di due importanti filoni: LA POLIFONIA Coltivata sia in ambito sacro che profano sarà esteticamente incentrata sul dominio della parola rispetto alla musica; le Fiandre e il territorio franco - fiammingo saranno il centro di produzione più rinomato; infatti la scuola polifonica del secolo sarà denominata scuola francofiamminga. LA MONODIA L’ambito di espressione musicale privilegiato dall’umanesimo, si sviluppa principalmente in Italia, ove è ancora forte l’eco dell’Ars nova trecentesca; anche in quest’ambito la parola primeggerà rispetto alla musica, e a Dio verranno sostituiti argomenti terreni resi con grande cura espressiva piuttosto che formale; primeggeranno le corti di Firenze Milano e Verona. Considerando l’intero ambito europeo sarà la polifonia a prevalere sulla monodia non foss’altro perché la monodia avrà una grande fioritura solamente in ambito italiano, mentre la polifonia dal territorio delle Fiandre si estenderà in tutta Europa. Il periodo storico che va dal 1380 al 1420 rappresenta un ibrido sotto diversi punti di vista; in questo quarantennio l’Europa abbandona la mentalità medievale per entrare in quella umanistica; l’Europa così si prepara ad una società formata dal ceto emergente della borghesia ove spiccano le figure dei mercanti, degli intellettuali e degli scienziati. CAPPELLE MUSICALI E CANTORI

Nel 1400 l’evoluzione della tecnica contrappuntistica aveva raggiunto un grado di complessità tale da richiedere l’impiego di cantori professionisti per le esecuzioni; così si svilupparono le cappelle musicali: nelle basiliche, nelle cattedrali e nelle corti. Quella del cantore professionista fu la prima importante “professione musicale”, la prima attività di musicista a tempo pieno. I Cantori erano diretti da un maestro di cappella (di solito era un compositore, anch’esso formatosi nelle cappelle musicali). Una cappella musicale annoverava da un minimo di 10 e fino ad un massimo di 20 cantori / Una delle prime importanti cappelle musicali fu quella di Avignone (1350) per il servizio di culto del pontefice, durante il periodo della cattività avignonese. Con il rientro a Roma del papa la cappella musicale di stampo avignonese venne anch’essa trasferita a Roma; al 1420 risalgono le prime notevoli manifestazioni musicali della cappella romana aggiornata sull’esempio avignonese. Le cappelle musicali crebbero in tutta Europa a partire dal XV secolo in numero e livello artistico. Prelati e principi curarono in prima persona lo splendore artistico delle cappelle musicali, unitamente alle Chiese, ai Palazzi e a tutta la produzione artistica; tutto ciò fu lo specchio della loro magnificenza / Molto rinomate furono le cappelle musicali borgognone e delle Fiandre per l’alto livello artistico raggiunto; i cantori fiamminghi furono apprezzati e voluti in tutta Europa (specialmente in Italia) fino al 1600.

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SVILUPPO DEL CONTRAPPUNTO La guerra dei cent’anni in Francia (1339 - 1453) influì negativamente su tutte le espressioni artistiche, musica inclusa. Ciò comportò l’emersione di un altro importante focolaio musicale più a Nord, in Borgogna in Inghilterra e, in seguito, nelle Fiandre. In queste regioni venne coltivata la crescita della produzione musicale sacra; adesso si procederà allo sviluppo storico del cantus firmus e delle tecniche contrappuntistiche per tutto il XV secolo nelle chiese e cattedrali nonché nelle corti delle maggiori città del Nord Europa; queste realtà comportarono la nascita delle CAPPELLE MUSICALI che sostituirono le antiche scholæ cantorum. A partire da questo periodo si assiste alla nascita della figura professionale del musicista, del cantore, del compositore / In Borgogna, in Inghilterra e nelle Fiandre si impiantò una tipologia di tecnica compositiva unitaria, omogenea che comportò, nel giro di un secolo, lo storico sviluppo della tecnica contrappuntistica franco - fiamminga / Nel XV secolo, per queste ragioni, la produzione musicale sacra si fece più corposa: messe, mottetti; nel genere della chanson confluirono la maggior parte dei generi musicali profani / La scrittura contrappuntistica si venne assestando nella disposizione a quattro parti vocali: (o discantus, oppure superius, da queste tipologie derivò, in seguito, il soprano); CONTRATENOR ALTUS (che in seguito venne nominato semplicemente contralto); (da cui > tenore); TENOR CONTRATENOR BASSUS (da cui > basso); CANTUS

questo schema polifonico vocale è adottato ancora oggi.

LA POLIFONIA SACRA IN ITALIA NEL XV SECOLO

Al giorno d’oggi la musicologia non è riuscita ancora a ultimare il processo conoscitivo circa la situazione polifonica italiana nel periodo in questione. È risaputo che in Italia, come del resto in Europa, era in uso un certo cantus planus binatum, consistente nella pratica dell’improvvisazione su un canto gregoriano; questo procedimento veniva denominato fauxbourdon e consisteva nell’aggiunta improvvisata di due voci sottoposte alla voce principale che cantava la melodia gregoriana, e rispetto a questa le due voci erano collocate rispettivamente ad una distanza di quarta e di sesta, e procedevano per modo parallelo; in tutto si avevano tre voci / Diffusosi all’inizio nella cappella papale (aggiornata dall’esempio avignonese, e che continuava ad attingere ai propri cantori da Cambrai), il fauxbourdon di derivazione francese stimolò la nascita del falsobordone italiano che rispetto a quello francese ha un carattere più declamatorio, e aggiungeva una quarta voce, a distanza di terza o di quinta inferiore, al tenor.

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Esempio di contrappunto imitato.

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NASCITA DEL CONTRAPPUNTO IMITATO Nel XV secolo si delinearono compiutamente le tecniche contrappuntistiche al punto tale da rimanere in uso presso i più importanti maestri della polifonia rinascimentale, barocca e, non ultimi, del novecento / Il principio su cui si basa la tecnica contrappuntistica è quello dell’Imitazione; questa può essere più o meno libera o rigorosa. Il contrappunto imitato si fonda sull’alternanza di due modelli melodici, dux (antecedente) e comes (conseguente); dux e comes compaiono in parti (o voci) diverse. Sul principio imitativo si basa tutta la tecnica contrappuntistica, e tutte le diverse tipologie; le principali tipologie di contrappunto sono: ANDAMENTI per moto retto, per moto contrario, retrogrado per moto retto, retrogrado per moto contrario; AUMENTAZIONI; DIMINUZIONI Nel XV secolo il CANONE era la principale tipologia di imitazione; questo canone poteva essere: mensurale, quando diverse parti eseguivano una stessa melodia ma con ritmi e durate differenti precisati dai segni mensurali; enigmatico, quando il comes che seguiva un dux non era esplicito ma celato dietro un enigma o un indovinello da risolvere. Nel XVIII sec. padre G.B.Martini, il più grande teorico musicale del secolo, nel suo trattato di contrappunto Esemplare ossia Saggio fondamentale pratico di contrappunto elencò i più importanti canoni enigmatici riportati nelle composizioni del 1500 e 1600 / Canone, nel 1400, aveva un significato ben più vasto di quello che ebbe in seguito; la fuga, nel XV secolo, veniva chiamata canone. 2

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Tema originale e, a seguire, per aumentazione. (J.S.Bach: «L’arte della Fuga», contrapunctus V e VII).

MESSE MOTTETTI CHANSON

Con G. Dufay la Messa divenne il genere vocale polifonico più importante in ambito sacro / Nella Messa polifonica i compositori franco - fiamminghi diedero organicità e coerenza formale alle cinque parti dell’Ordinarium missæ adoperando generalmente uno stesso cantus firmus per tutte e cinque le parti; questo cantus firmus fungeva da tenor, aveva inizialmente valori larghi e denominava la stessa Messa. Il cantus firmus poteva essere di matrice liturgica (di solito tratto da una melodia del Graduale, come ad es. per le Messe “Caput”, “Ecce ancilla Domini” e “Ave Regina Coelorum” di G.Dufay), o profana. In seguito i cantus firmus furono di libera invenzione. Il Mottetto nel XV secolo era una composizione sia sacra che profana, avrà 3 o 4 voci, ma già alla fine del 1400 diventerà una composizione polifonica esclusivamente sacra, ed eseguita durante le cerimonie di culto; dopo G. de Machaut venne scomparendo il procedimento dell’isoritmia / In questo periodo il Mottetto vede l’abbandono della prassi politestuale a favore di un solo testo, che è in latino ed è desunto dai testi liturgici / Formalmente il Mottetto era costituito da una serie organizzata di più brani uniti insieme, ove in ognuno veniva sviluppata una frase del testo. La Chanson vide condensare in sé le antiche forme profane dal contenuto amoroso aventi testo in lingua francese, ossia il rondeau, il virelai, e la ballade / Abituale era l’impiego di vari strumenti musicali (specie per le forme profane) specialmente come rinforzo o sostituzione delle voci.

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Esempio che illustra come viene realizzato un componimento polifonico partendo dalla base di un cantus firmus in forma abbreviata presentato insieme ad un motto o enigma dal sapore quasi “sibillino” che prescrive ai cantori come realizzare il soggetto. La frase che accompagna l’Agnus III della messa “L’Homme armé” di G.Dufay è un canone enigmatico a tre voci; il motto in latino recita “Cancer eat plenus sed redeat medius” (“Il granchio (canone) va per intero e ritorna mezzo”). Nella realizzazione del motto si deve far procedere il tema in forma retrograda, e per valori interi per poi riprendere a valori dimezzati con l’ordine rovesciato degli intervalli. Nell’esempio qui riportato è presente il motto “Ex una voce tres”, ossia “ricavare tre voci da una”; le tre voci in canone mensurale devono essere estrapolate dall’unica voce scritta, leggendo ogni voce con diversa mensurazione. 4

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Canone enigmatico (XIV sec.) di B.Cordier. Chantilly, Musèe Condè

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LA SCUOLA POLIFONICA INGLESE Nel quarantennio di transizione fra il 1380 del 1420 rispetto all’Europa l’Inghilterra sarà la regione che coltiverà una scuola polifonica ancora legata all’impegno liturgico. Sin dal 1100 in Inghilterra si sviluppò una scuola contrappuntistica che non risentì dell’influsso europeo; gli inglesi furono i primi ad impiegare parallelismi vocali di terze e seste. I teorici inglesi del 1300 furono i primi a riconoscere consonanti gli intervalli di terza e sesta, come si evince dall’Inno a San Magno (un gymel, ossia uno dei più antichi e preziosi documenti della polifonia inglese) / I conductus, i mottetti ed i canoni (chiamati in Inghilterra rota) del XIV secolo presentano una scrittura a 3 parti densa di intervalli di terza e sesta con raddoppi di ottava. Nei primi decenni del 1400 i modelli inglesi furono esportati al di qua della manica, ed il discantus per terze e seste ebbe un grande seguito: venne adottato con il cantus firmus alla voce superiore e diede vita al fauxbourdon / I polifonisti inglesi chiamavano la voce più grave bordone; quando i loro modelli furono esportati oltre manica, il cantus firmus venne trasposto dalla base (ove gli inglesi lo intonavano originariamente) all’acuto; questo nuovo bordone fu chiamato falso. Il primo ad usare questa espressione in francese (faux - bourdon) fu G. Dufay, in una sua messa del 1430.

JOHN DUNSTABLE (? 1380 ca. - Londra 1453)

{si pronuncia John Dànstbol}

Fu il compositore, matematico ed astronomo, inglese più famoso del periodo. Le sue opere, circa 60, sono prevalentemente liturgiche, per tre o quattro voci, e comprendono mottetti, parti di messe e forse due delle prime messe cicliche, ove ogni movimento è basato sullo stesso materiale musicale, ossia “Rex saeculorum” e “Da gaudiorum premia”; entrambe le opere rispondono alla tecnica dell'isoritmia. Molto nota fu la sua chanson “O rosa bella” su testo di Leonardo Giustinian / La musica di Dunstable è un ottimo esempio dello stile consonante eufonico celebrato dal teorico Tinctoris. Questo stile, che caratterizza buona parte della musica tratta dal manoscritto di Old Hall (la principale fonte di conoscenza dell’opera del musicista inglese) presenta un'enfasi di derivazione organistica sul movimento parallelo nelle terze e nelle seste. Le sue opere furono molto celebri ed ebbero una profonda influenza su alcuni compositori degli inizi della scuola borgognona, ossia G. Dufay e G. Binchois / Agli inizi del 1400 John Dunstable e Leonel Power introdussero nella musica inglese il concetto di consonanza armonica, espresso con efficacia nel mottetto «Speciosa Facta Est». L’importanza data alle triadi rispetto alle composizioni del secolo precedente e lo stile innovativo, detto "contenance angloise" (sonorità inglese), esercitarono un grande influsso sui compositori dell'Europa continentale contemporanea e del secolo successivo. Esempio di un fauxbourdon di Dufay, tratto dal canto di comunione Vos qui secuti, dalla Missa Sancti Jacobi.

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Frammento del gymel Inno a San Magno.

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Trascrizione in notazione moderna di un discantus inglese del XV secolo di J o h n Dunstable.

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L’esempio mostra uno dei più importanti assunti contrappuntistici di Josquin des Prèz, la formazione della cadenza. Dall’analisi delle sue opere sono state individuate sei diverse tipologie: 9 1) Ritardo della sensibile (rappresenta l’antica «clausola di discanto»). 2) anticipazione della finalis seguita, come nel 1°caso, dal ritardo.

3) ritardo come nel 1° esempio, ma con fioritura della sensibile mediante nota di volta inferiore.

4) sensibile con nota di volta superiore lunga e dissonante.

5) semiminima dissonante sul tempo forte, che conduce alla finalis con movimento discendente di grado e successivo ritardo come nel 1° es. 6) ritardo come il 1° es., con fioritura della sensibile mediante suo ribattimento e successiva nota di sfuggita discendente e ascendente. Questa particolare cadenza chiamata “clausola di terza inferiore” (in quanto la finalis viene raggiunta dal basso con salto di terza), era quella preferita nell’epoca precedente a Josquin, ed era chiamata “CADENZA DI LANDINO”.

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G. Dufay con G. Binchois in una miniatura tratta da un codice del XV secolo. 10

LA SCUOLA BORGOGNONA Verso la metà del 1400 divennero rilevanti i nomi di alcuni compositori appartenenti alla scuola della Borgogna. La presenza di Filippo il Buono con il suo mecenatismo, fu determinante per lo splendore della cappella musicale borgognona, ove operarono G. Dufay, G. Binchois, A. Busnois. GUILLAME DUFAY (? 1400 - Cambrai 1474)

I GEN. Primi 2/3 del 1400

{si pronuncia Ghiyòm Diufaì}

Uno dei primi maestri nel contrappunto franco - fiammingo, esercitò una grande influenza sulla nascita del tessuto armonico (di matrice inglese) che in seguito sarà proprio della composizione rinascimentale / Dufay fu il primo compositore a realizzare le proprie creazioni polifoniche contrappuntistiche su cantus firmi secolari (come le Messe “L'homme armé”, “Ave Regina coelorum”, “Ecce ancilla Domini”, “Se la face ay pale”), una pratica che sarebbe diventata usuale per tutto il secolo successivo. Compose 9 Messe a 3 - 4 voci, 19 Mottetti (il mottetto “Nuper rosarum flores”, scritto per la consacrazione del Duomo di Firenze nel 1436, presenta la struttura isoritmica del tenor I e del Tenor II direttamente legata alle proporzioni della cupola appena portata a termine da Brunelleschi); un corposo numero di composizioni liturgiche varie (antifone, inni, sequenze, responsori) e, in numero maggiore, di chansons profane a 3 voci (su testi francesi, in latino, ed in italiano).

GILLES BINCHOIS (1400 - 1460) 11

{si pronuncia Ghill Binsciuà}

Insieme a John Dunstable e Guillaume Dufay, è considerato uno dei compositori più significativi della prima metà del Quattrocento. L'influenza esercitata da Binchois sui compositori del XV secolo risulta evidente dal numero di trascrizioni e rimandi alle sue composizioni / Alla fine del terzo decennio del Quattrocento entrò a far parte della cappella della corte borgognona del duca Filippo il Buono. Alla sua morte, la fama di cui godeva fu attestata dal numero di brani dei suoi due grandi contemporanei a lui dedicati: “Mort tu as Navré de ton Dart”, “Déploration sur la mort de Binchois” di Johannes Ockeghem, e “En Triumphant de Cruel Deuil” di Dufay.

Operò una sintesi degli elementi dell’Ars Nova francese e italiana, sviluppò storicamente lo stile a cappella ed introdusse nella Messa il tenor profano; la sua grandezza sta nelle sue Messe: fra le importanti innovazioni stilistico-formali egli elaborò: la MESSA CICLICA: in 4 parti con lo stesso cantus firmus per tutte le parti della messa, la più famosa è “Ave Regina Coelorum” basata sull’antifona mariana con testo liberamente farcito da Tropi; nel tessuto polifonico della messa è presente una delle prime storiche “apparizioni” dell’accordo minore. la MESSA PARODIA: adattamento di un testo letterario ad una composizione strumentale, oppure sostituzione di un testo con un altro in una composizione vocale; L’influenza esercitata su di lui da J. Dunstable fu molto evidente: usò sistematicamente l’ armonia triadica, che evidenziava gli intervalli di terza e sesta rispetto alle “consuete” consonanze di quarta e quinta prevalse fino ad allora.

Come compositore non ebbe una vivace inventiva, come si evince dalla scarsa varietà di temi nella sua produzione / Per trent'anni operò alla corte di Borgogna, a tal punto che la sua opera corrisponde quasi esattamente a ciò che si intende per "scuola borgognona". Il catalogo delle opere di Binchois non brilla per le composizioni sacre: scrisse poche parti dell'ordinario della messa, salmi, cantici, inni e antifone, ed un unico mottetto isoritmico. Il suo nome, e dunque la sua importanza storica, è maggiormente legata alle musiche profane; compose oltre cinquanta rondò e diverse ballate e chanson. 7

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Gli esempi seguenti, trascritti in notazione moderna, presentano il tema della chanson Se la face ay pale sulla base della quale Dufay poi compose una MESSA CICLICA (1450) attingendone il materiale melodico. Infatti dalla melodia della chanson sono state ricavate tre frasi, A-B-C. Nel Kyrie seguente si evince al Tenor la frase A.

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Inizio della celebre Messa di Dufay.

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LA SCUOLA FRANCO - FIAMMINGA: PRIME TRE GENERAZIONI Nella storia della musica europea determinante è stata l’impronta lasciata dalle cinque generazioni, nell’arco di quasi due secoli, dei maestri fiamminghi, “oltremontani”. Loro crearono una civiltà musicale che dominò l’orizzonte della polifonia vocale sacra e profana sviluppando in modo incomparabile il contrappunto imitativo a due voci; i principali centri furono le cattedrali delle città di Utrecht, Anversa, Cambrai, Tournai, Bruges, Liegi. Le cappelle musicali di queste città divennero la culla ed il “vivaio” dei più ricercati cantori, e dei più acclamati compositori / Nelle corti veniva coltivata la chanson profana, che comportò lo sviluppo del canone, basilare forma musicale che porterà l’arte del contrappunto, subito dopo, alla sua espressione più complessa e magnifica: la fuga. JOHANNES OCKEGHEM (1425 - 1497) II GEN. Secondi 2/3 del 1400

Primo importante compositore dopo G.Dufay. Sviluppò in ampiezza e profondità i modelli precedenti. Compose 10 Messe la metà delle quali su cantus firmus, mentre l’altra metà sono libere, ossia senza cantus firmus. Usò in modo sistematico l’imitazione ed il canone, e portò tutte le voci ad un piano di assoluta parità. La sua importanza risiede nel’adozione delle forme libere; egli fu il primo dei fiamminghi che si cimentò nei più arditi e sottili artifici della scrittura contrappuntistica; ogni sua opera evidenzia un raffinato uso del contrappunto basato sull'imitazione melodica, tecnica che in alcuni casi ha raggiunto vertici difficilmente eguagliabili. Esempi eclatanti sono la Missa Cuiusvis Toni eseguibile su qualunque tono di partenza; fu concepita in modo che cambiando la combinazione delle chiavi di armatura, potesse venir cantata in ognuno dei 4 modi medievali; la Missa prolationum, ove ognuna delle quattro voci presenta una suddivisione ritmica differente / La sua Missa pro defunctis è storicamente il primo esempio di messa funebre polifonica giunto fino a noi.

Riproduzione del MS della Missa Ancilla Domini di J. Ockeghem; le quattro voci sono scritte, due per pagina, in modo da ottimizzare lo spazio. 15

ANTOINE BUSNOIS (1430 - 1492)

Fu uno dei più celebrati musicisti della corte di Borgogna verso la fine del XV secolo; allievo di Ockeghem. Compose tre messe a quattro voci, due magnificat, diversi mottetti, ma soprattutto 70 chanson a tre e quattro voci, considerate più importanti della sua coeva produzione sacra / Le caratteristiche contrappuntistiche delle sue composizioni rispecchiano le indicazioni delle migliori figure della scuola fiamminga, ovvero la limpidezza della struttura polifonica e la ricchezza ritmica delle parti. L’imitazione tra le voci presente in alcune sue opere anticipò i lavori di compositori successivi come Josquin Desprez / Fu particolarmente incline al gusto del tempo elegante di corte. 13

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Esempio di virtuosismo ritmico-compositivo di J. Ockeghem. Nella Messa Prolationum egli adotta una successione continua di doppi canoni formati dalla simultanea combinazione di due coppie di voci; ogni coppia è un canone indipendente. Le quattro specie di prolatio sono adottate dalle rispettive quattro voci (S. A. T. B.); le due voci superiori usano una prolatione minore, le due inferiori una prolatione maggiore.

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Riproduzione grafica del Kyrie tratto dalla Missa Cuiuvis toni di Ockeghem.

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III GEN. Secondi 2/3 del 1400

HEINRICH ISAAC (1450 - 1517 )

JOSQUIN DES PRÉZ (Piccardia 1440 - 1521)

Compagno e musico di Lorenzo il Magnifico a Firenze. La sua importanza risiede nell’aver composto una epocale e grandiosa opera musicale: il Choralis Costantinus (commissionato dalla diocesi di costanza) che contiene più di 300 elaborazioni polifoniche del propium Missæ delle domeniche e delle maggiori feste del calendario liturgico. Questa fu un’opera colossale per l’epoca, che data la vastità del progetto fu completata da un suo allievo in tre volumi fra il 1550 ed il 1555 / Importante fu la sua produzione di canti carnascialeschi per la corte dei Medici.

Allievo di Ockeghem divenne il principe musicale del secolo, il più importante compositore fiammingo, definito da Martin Lutero (che era suo amico) “il principe dei suoni”; nessun compositore come Desprez ha mai lasciato un’impronta così netta sul linguaggio musicale della propria epoca. La sua grandezza si accosta felicemente a quella dei grandi artisti del rinascimento italiano suoi contemporanei, ossia Raffaello (1483 - 1520), Michelangelo (1475 - 1564), nonché di Leonardo da Vinci (1475 1564). La sua musica rappresenta il fondamento sul quale si è sviluppata tutta la successiva tecnica contrappuntistica imitativa a due voci / L’opera di Josquin fu determinante per l’affermazione del Mottetto; egli compose circa 80 Mottetti nel periodo che fu a Roma e, nell’anno dal 1503 al 1504, a Ferrara a servizio di Ercole I d’Este. Al Duca di Ferrara dedicò la Missa Hercules Dux Ferrariæ. Tratto stilistico principale è la ricercata difficoltà imitativa delle voci. Nei suoi mottetti, la tecnica prevalente è quella dell'imitazione melodica; soprattutto i mottetti mostrano un trattamento del testo fortemente espressivo, in contrasto con la pratica precedente che tendeva a ignorare il significato delle singole parole. Grande libertà ebbe nella scelta dei testi da mettere in musica. Fu uno dei primi compositori ad adottare il metodo della composizione simultanea delle voci / Compose circa 17 Messe ove si evincono tre tecniche compositive principali (oltre ad esempi di composizioni sacre su soggetto cavato, cioè con il tenor estrapolato da parole o da particolari lettere di una frase); le tre tecniche sono: 1) POLIFONIA COSTRUITA ATTORNO AD UN CANTUS FIRMUS esempio ne sono le Messe “Orbis factor”, “De Beata Virgine”, “Pange Lingua”; 2) PARAFRASI DI MELODIE PREESISTENTI come la Messa “Missa Malheur me bat” (derivata da una chanson di Ockeghem); 3) CICLI DI CANONI Josquin continua e perfeziona l’antica prassi cabalistica relativa al simbolismo numerico fonte e matrice degli archetipi per la costruzione musicale. In Josquin l’espressione simbolica era importantissima: riuscire a cogliere l’emergere del simbolo significava aver concluso un difficile cammino di conoscenza, ed era ragione di grande valore secondo l’estetica del tempo; per questo il simbolo è sempre celato, riservato. Un magnifico esempio si trova nel mottetto Salve Regina; qui il cantus firmus che è eseguito dal tenor è formato da 100 semibrevi: questo numero rappresenta simbolicamente Gesù (la cifra X del nome di Cristo in greco, elevata al quadrato), ed è anche il numero che si ottiene sommando le lettere che formano il nome Josquin secondo la gematria (tecnica cabalistica che riconosce a una lettera a un valore numerico; A=1, B=2 ecc.) / L’esempio artistico delle sue messe ricapitola tutte le tecniche del suo tempo, dallo stile quadripartito, rigoroso e strutturalmente ingegnoso dei primi compositori della scuola franco-fiamminga come Ockeghem, alle successive tecniche rinascimentali di imitazione melodica e libera variazione di materiale preso a prestito da altre composizioni (prassi molto diffusa presso i fiamminghi, intesa perlopiù come testimonianza di rispetto nei confronti della scuola, e dei Maestri antichi); questa tecnica si ritroverà anche nelle composizioni di Palestrina e Orlando di Lasso. Nelle composizioni profane, soprattutto chansons francesi polifoniche, applicò una grande varietà di tecniche, dalla più semplice armonizzazione alle più complesse forme di imitazione / Il merito storico di Desprez consiste in ciò che il teorico Coclico definì con l’affermazione “musica reservata” esternando un giudizio sul suo stile, ossia la sensibile coerenza fra suono e parola, storicamente la prima manifestazione di attenzione verso il rapporto fra testo poetico ed invenzione musicale / Josquin carpì e per primo rese palese il senso di VOLUMETRICA VERTICALE della composizione polifonica a voci simultanee rispetto all’antico metodo lineare orizzontale.

JACOB OBRECHT (1450 - 1505)

Grande viaggiatore musicale, fu alla corte di Ferrara nel 1487. Compose circa 25 Messe, 20 Mottetti e 30 brani profani / La sua musica compendia i caratteri della scuola fiamminga del Quattrocento. Nella sua produzione musicale l'attenzione al testo è scarsa, poiché le parole sono utilizzate come puro supporto delle note. La genialità del compositore emerge non nell'invenzione di temi ma nella complessità dell'elaborazione contrappuntistica: costruite generalmente su cantus firmus, le sue composizioni sono grandiose architetture musicali in cui tutte le voci hanno pari dignità e si imitano l'un l'altra, spesso nella forma rigorosa del canone, utilizzando raffinati artifici tecnici come l’avanzato senso armonico, il terso contrappunto, e la grandissima varietà di trattamenti del cantus firmus / Nella sua Messa Sub tuum præsidium, il numero complessivo dei Tactus (l’unità di misura del tempo che grossomodo corrisponde alla nostra battuta) è 888; questa cifra è l’equivalente della somma dei valori numerici che la cabala (disciplina che affonda le sue remote radici nel simbolismo numerico di stampo pitagorico) attribuiva alle singole lettere del nome “Gesù” (nell’alfabeto greco: 10+8+200+70+400+200=888). Le composizioni profane mostrano la stessa tendenza alla complessità polifonica; una voce espone la melodia di una canzone già nota, mentre le altre contrappongono a essa altre linee melodiche in uno stile ricco e fiorito. 16

{si pronuncia Gioschèn Deprè}

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BIBLIOGRAFIA

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Amadeus il Mesnile della grande musica, anno XVII numero 6, giugno 2005 De Agostani - Rizzoli periodici

www.fidelio.hu www.freemusictest.org www.ibiblio.org

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IL RINASCIMENTO 1430 ~ 1600

LA POLIFONIA VOCALE

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LA SOCIETA’ Nacque prima in Italia (FI) poi si diffuse sia in Italia che in Europa. Rinascita dal buio del Medioevo / Riscoperta del mondo classico greco nelle arti (Architettura, Scultura) / Il pensiero umanista pose i testi filosofici classici antichi come “base” del nuovo sapere, contrapponendo ciò alla dottrina scolastica e metafisica del medioevo.

LA MUSICA Termine esteso anche alla Musica: la musica nella concezione umanistica aveva il potere di muovere gli affetti dell’animo grazie alla sua espressività / La musica è adesso presente in tutte le azioni quotidiane. In ambito polifonico (sacro e profano) dominano i maestri della IV e della V generazione di fiamminga, che apporteranno maggiore magnificenza ai riti sacri / In ambito profano la musica acquisterà un’importanza ancora maggiore; si sviluppa la danza / Adesso le corti sentono quasi come una necessità l’ostentazione del loro sfarzo, della loro potenza anche in ambito musicale; fare musica diventa un costume, una necessità culturale, a tal punto da convogliare nell’ideologia di una coscienza educativa; il trattato intitolato Il Cortegiano del nobile Benedetto Castiglione, del 1528, già palesava la necessità per un uomo di corte di acculturarsi sulla musica del suo tempo. L’Italia del periodo vede la nascita della STAMPA MUSICALE; questa innovazione fu causa di maggior diffusione della Musica. OTTAVIANO PETRUCCI da Fossombrone fu in Italia la prima storica figura della stampa musicale. Il suo procedimento di stampa, che si espletava in una triplice impressione (rigo, note e testo), fece scuola in Italia; egli stampò lo storico Harmonice Musices Odecaton, contenente 96 Chanson a 3 - 4- voci, 1501, Venezia. Il francese PIERRE ATTAIGNANT superò presto la tecnica di stampa italiana con un procedimento ad unica impressione, 1523, che ebbe più fortuna. 1

Stemma delle stampe di O. Petrucci.

Frontespizio della prima edizione della raccolta «Harmonice Musices Odhecaton», pubblicata da Petrucci nel 1501.

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Riproduzione di una pagina stampata da O. Petrucci.

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ADRIAN WILLAERT (Bruges 1490—1562 Venezia) 2

IV GEN. A cavallo fra 1400 e 1540

JACQUES ARCADELT (1504 - 1568 )

Allievo di J. Desprèz visse a Venezia nel periodo di massima affermazione di A. Willaert / Il suo catalogo conta libri di madrigali a 4 voci ed un libro a 3 voci, pubblicati a Venezia / E’ ricordato per la sua produzione madrigalistica affine alla semplicità del primo madrigale italiano, stile al quale si rifanno anche le sue composizioni sacre del periodo francese.

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SI formò a Parigi. Venne presto in Italia, dove, sino al 1525 fu al servizio degli Estensi a Ferrara. Dal 1527 sino alla sua morte, fu maestro di cappella nella basilica di S. Marco a Venezia. Qui conferì un grandissimo prestigio alla sua carica, e fece scuola sia nell’ambito polifonico e sia in quello dell’emancipazione strumentale. Ebbe fra i suoi allievi Andrea Gabrieli, Cipriane de Rore, Nicolò Vicentino ecc. Egli fu l’iniziatore della grandezza musicale sacra cattolica veneziana.

Fu attivo in molti campi della composizione musicale, ma è nel campo madrigalistico che il suo contributo fu più importante: fu uno fra i primi musicisti (come in seguito riconoscerà Monteverdi) a porre in primo piano l’importanza del senso artistico - poetico del testo poetico del madrigale sulla musica; partendo da una stretta aderenza formale e contenutistica della musica al testo egli tracciò la strada, con l’impiego di desueti cromatismi, insieme a C. de Rore, verso quello stile compositivo che in seguito Monteverdi chiamerà “seconda prattica”. La sua più imponente produzione madrigalistica fu la raccolta Musica Nova: 27 Mottetti e 25 Madrigali a 5 e a 6 voci tutti su testi del Petrarca / Fra le composizioni sacre spiccano le 9 Messe, 1536, che delineano la tipologia della Messa parodia; egli normalizzò la prassi dei cori spezzati. Importanti furono le sue Canzoni villanesche alla napoletana, 1545, che si affiancano alla sua corposa produzione madrigalistica / Il suo grande contributo allo sviluppo della musica strumentale fu la raccolta FANTASIE, RECERCARI, CONTRAPUNCTI a 3 voci PER CANTARE E SONARE OGNI SORTA DI STROMENTI, 1551.

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ORLANDO DI LASSO conosciuto anche come Roland de Lassus (1532—1594 Monaco di Baviera) V GEN. Seconda metà del 1500

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Fu uno dei più grandi maestri del secondo cinquecento, sia nello stile polifonico proprio della musica sacra europea del tempo (che cominciava a presentare tratti del cromatismo espressivo tipico del madrigale), sia nelle più nuove scuole di musica profana che stavano nascendo in Germania, Francia e Italia / La sua vastissima produzione musicale (più di 2000 composizioni) venne stampata e diffusa notevolmente mentre era ancora in vita / Nei dieci anni che trascorse in Italia visitò Napoli, Roma e Milano prima di ritornare nelle Fiandre, ad Anversa, nel 1554. Dal 1556 fu al servizio del duca Alberto V di Baviera, a Monaco / La sua produzione sacra in latino comprende messe, nelle quali è molto forte l'impronta di Dufay, e mottetti. I mottetti in particolare (550 a 4, 4 e 6 voci) si annoverano tra le sue opere migliori e illustrano una vasta gamma di colori espressivi nel trattamento del testo. Tra le raccolte più note i sette “Psalmi Davidis poenitentiales”, 1584, e le dodici “Prophetiae Sibyllarum”(postume del 1600) / La musica profana di Lasso comprende molte chansons, tra le quali si ricorda “Susanne un jour”, e infine canti polifonici in italiano: i madrigali, nei quali egli eccelleva. La sua ultima opera, “Lagrime di San Pietro“, 1594, fu proprio una raccolta di madrigali, questa volta di argomento spirituale

Grandezza compositiva: la sua è una sintesi d’esperienza appresa dai contemporanei. Egli adoperò e personalizzò la forma della messa parodia ove infuse un palese senso della verticalità armonica; nella sua opera già si intravedono le “maglie” tonali. Fu così acclamato da essere uno dei pochi a poter scegliere i suoi poeti, “adeguandoli” alla propria opera, rovesciando così la consolidata gerarchia che voleva i poeti primi rispetto ai musicisti. GIACHES DE WERT (Weert 1535 - Mantova 1596)

Gran parte della sua vita si svolse in Italia presso varie corti, specialmente Ferrara e Mantova / Importante è la sua opera madrigalistica (11 libri a 5 voci) insieme alle villanelle a 5 voci, ove il modello cromatico è sempre usato in favore della volontà, già iniziata da Willaert, di evidenziare al massimo il significato del testo / Compose anche 2 libri di Mottetti a 5 voci. CIPRIANO DE RORE (1516—1565 Parma) 6

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Discepolo di Willaert anche lui si formò ed operò in Italia divenendo Maestro di cappella a Ferrara, Parma e nella prestigiosissima Venezia / Le sue raccolte più importanti sono i cinque libri di Madrigali a 5 voci e i due libri di Madrigali a 4 voci, pubblicati tra il 1542 e il 1577.

Egli proseguì l'opera di Willaert, indicando una via per il madrigale. L'impianto musicale che adottò è contrappuntistico e risente dell'elaborato stile imitativo fiammingo, ben visibile anche nella sua musica sacra. Il rigore polifonico è però sviluppato non come una costruzione autosufficiente, ma come risorsa per dare il massimo rilievo al significato del testo, evidenziando così una tendenza che Monteverdi prenderà a modello per perfezionare la su “seconda prattica”.

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Giovanni Della Casa

C. De Rore 10

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LA RIFORMA PROTESTANTE Martin Lutero (1483 - 1546) fu indotto a rifiutare nel 1519 il primato del papa e l’autorità della Chiesa, non accettando principalmente: L’ABUSO DATO DALLA VENDITA PUBBLICA DELLE INDULGENZE; L’AVIDITÀ IN GENERE DI TUTTO IL CLERO; IL CULTO DEI SANTI. Affiggendo nel 1517 le sue 95 Tesi nel portone della cattedrale di Wüttemberg, egli, in cuor suo, aveva agito solo per “suggerire” alla chiesa romana; storicamente e socialmente egli fu, suo malgrado, la giusta scintilla che provocò la rottura con l’unità religiosa cattolica romana: dal movente religioso ne nacque una scissione che spezzò il potere temporale del papato nelle terre in questione, e di li a poco anche in Europa. La Chiesa “riformata” di Lutero adoperò una difformità di interpretazione della dottrina cristiana. Similmente, anche altri paesi europei trassero “spunto” per rinnegare l’oppressione temporale del papa; a Ginevra CALVINO creerà il movimento degli Ugonotti, ed ENRICO VIII sancirà la sua “supremazia” in Inghilterra e non quella del papa. Adesso il latino viene sostituito, nella liturgia, con le lingue nazionali.

MARTIN LUTERO: IL CORALE Martin Lutero era un musicista (suonava il liuto ed il flauto; era un grande ammiratore ed amico di Josquin); egli intuì la difficoltà che aveva la grande massa, l’assemblea, nel partecipare musicalmente alla liturgia, ove il canto era divenutocosì fittamente polifonico. Con la sua riforma egli rivoluzionò il concetto stesso di musica sacra; si preoccupò di far partecipare attivamente al culto tutti i fedeli, annullando il divario incolmabile fra testo in latino e popolazione ignorante, fra fittezza contrappuntistica (appannaggio esclusivo dei musicisti professionisti ed ora della altissima scuola franco - fiamminga) e fruibilità melodica generale per il grosso dei fedeli (i quali per la stragrande maggior parte non conoscevano una nota di musica). Nelle Messe luterane si impiegò una tipologia di canto che di per se stessa andava contro i canoni del cattolicesimo: il canto corale (subito chiamato semplicemente corale). La Chiesa romana delegava l’esercizio della musica soltanto ai musicisti professionisti ed agli ecclesiastici: Lutero rese partecipe al canto i fedeli riducendo al minimo la complessità della polifonia. Egli si preoccupò di diffondere l’istruzione musicale a tutti, ed insegnò il canto corale a tutti i fedeli. In questa riforma musicale sacra Lutero creò un canto aggiornato: la semplicità fu il suo ideale. Il Corale luterano è facile, sillabico, ha struttura strofica, è omofonico ed omoritmico, e consente ai fedeli di impararlo ad orecchio. Ciò comportò un contatto più diretto con il popolo Una tipologia di Corale luterano molto impiegato sin dall’inizio fu il CONTRAFACTA: una tipologia di corale nato dalla sostituzione di un testo profano popolare con uno sacro in una preesistente melodia molto nota; una sorta di “travestimento spirituale” di note melodie popolari. Molti canti in lingua volgare, da quelli dei Minnesänger a quelli penitenziali ed anche quelli militari, divennero corali. Le tipologie di corale furono varie, dal semplice monofonico dell’inizio divenne in seguito polifonico ed in stile mottettistico / In breve tempo PRAETORIUS, LECHNER, SCHUTZ divennero le personalità musicali storicamente importanti della Germania luterana. J. S. Bach sarà il più alto rappresentante, anche, del Corale. 10

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Pagina tratta dall’Innario di Wüttemberg del 1522 curato da Lutero.

GLI UGONOTTI Giovanni Calvino fu il portavoce degli Ugonotti. La sua linea di condotta riformatrice fu più estremista rispetto a quella luterana; egli si propose di distruggere qualunque forma di inquinamento del canto sacro, per cui propose di abolire ogni forma di musica strumentale all’interno delle chiese allo scopo di infondere più severità nel culto. Nell’estremismo della proposta fu progettato di distruggere tutti gli organi delle chiese, ma, fortunatamente, in pratica venne condotta una severa limitazione degli artifici polifonici per la musica dei canti sacri; venne ammesso solo il canto dei salmi da parte dei fedeli. Clèment Marot fu la personalità legata alla traduzione, che risultò assai problematica, di 50 salmi nella nuova direttiva sacra di Calvino. LA CHIESA ANGLICANA: GLI ANTHEMS L’Inghilterra musicale della riforma ostentò una maggiore moderatezza nell’intensità. Nel PRAYER BOOK vennero scritti i nuovi canti in lingua inglese. L’equivalente inglese del corale, nel senso di prodotto della riforma, fu l’Anthem (sinonimo di Antifona), e risultò essere una composizione corale in inglese scritta su un testo religioso non liturgico che sarà la principale forma di musica della Chiesa Anglicana in opposizione al mottetto a tre voci. Si distinsero presto il Full e Verse Anthem. Il Full Anthem era solitamente accompagnato dall’organo ma poteva anche essere a cappella. Nel Verse Anthem si alterna il solista al coro; anche in questa tipologia è presente un accompagnamento strumentale. William Byrd compose molti Full Anthem, mentre i più grandi Purcell ed Haendel coltivarono il Verse Anthem. Con Hendel l’Anthem venne ampliato nella struttura e divenne una vera e propria cantata in più movimenti.

LA CONTRORIFORMA CATTOLICA

LA SCUOLA ROMANA

PAOLO III: IL CONCILIO DI TRENTO 1545-63

Sin dal XIII secolo i papi incentivarono il grande prestigio musicale della Cappella Sistina. Questa fu la più antica cappella musicale romana, voluta da papa Sisto IV nella seconda metà del XV secolo. Le donne furono vietate nelle scholæ fra i cantori, potevano accedervi solo voci bianche.

La chiesa non poteva certo rimanere a guardare che la “propria” Europa rinnegasse il potere politico-religioso-sociale temporale del Papa; ne nacque così la Controriforma cattolica. Il Concilio di Trento fu solo l’inizio del processo di controriforma; in seguito il Tribunale del l’Inquisizione, la messa al bando dei libri proibiti e i roghi per gli eretici (Savonarola, Giordano Bruno. ecc.) ne continueranno ad assicurare l’efficacia. Da un punto di vista prettamente musicale dal concilio di Trento scaturirono tre importanti direttive, che furono plasmate sulla base delle nuove circostanze maturate negli ambienti della riforma; questi rinnovamenti furono: a) abolizione di tutti i tropi e di tutte le antiche sequenze tranne 4 VICTIMAE PASCHALI LAUDES (per la Pasqua) VENI SANCTE SPIRITUS (per la Pentecoste) LAUDA SION SALVATOREM (per il Corpus Domini) DIES IRAE (per la Messa dei Defunti) Nel XVIII secolo a queste quattro fu aggiunta un’altra sequenza: STABAT MATER DOLOROSA. b) sacralità dei cantus firmus: non furono più ammessi nel rito liturgico cactus firmus di dubbia provenienza o, ancora peggio, di provenienza profana. c) chiarezza ed intelligibilità delle parole.

La Chiesa cattolica si è macchiata di una delle peggiori azioni mutilanti che uomo potesse mai compiere: la mutazione degli organi genitali ai fanciulli pueri cantores che si apprestavano all’adolescenza, al solo unico scopo di poterne conservare la voce bianca, e di possedere così un’estensione vocale ampissima. Già dalla metà del 500 questa pratica, efferata, era ampiamente in uso, allo scopo di creare i castrati, i quali non molto tempo più tardi primeggeranno da padroni assoluti nel melodramma. Uno dei tratti stilistici notevoli fu l’impiego di una policoralità che Palestrina seppe sfruttare con grande pienezza sonora. STILE A CAPPELLA

Nello stile a cappella si attuò la semplificazione del contrappunto vocale imposto dalla controriforma cattolica. Si ebbero così soltanto voci di pari importanza che furono quattro:

cantus, altus, tenor, Bassus

A Roma Palestrina, attinse a piene mani dal repertorio polifonico franco-fiammingo che per primo aveva sviluppato lo stile a cappella, e in special modo il grande Josquin Des Prez. Lo stile a cappella fu il culmine della polifonia vocale sacra cinquecentesca. 11

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GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA (1525 –1594 Roma) Egli fu la personificazione della controriforma cattolica in ambito 12 musicale sacro. Il suo nome è legato alla proliferazione, italiana prima e poi anche in Europa, dello stile a cappella, a tal punto da essere tacciato come l’inventore di tale stile. Senza dubbio egli fu uno dei più grandi compositori del Rinascimento. Si occupò quasi esclusivamente di musica vocale sacra; egli fu al servizio di 13 papi. Vastissima fu la sua produzione sacra in latino / Circa un terzo delle sue Messe sono composte secondo la tecnica «a parafrasi», ossia sviluppando il costrutto musicale da una fonte gregoriana, come ad esempio la Messa Aeterne Christi Munera. Solo una Messa è costruita sulla base di una melodia profana (ossia la famosa canzone popolare “L’Homme armè”) / Molto importante e famosa fu la Messa Papæ Marcelli, composta in memoria del papa Marcello II, morto dodici anni prima, che fu un esempio eclatante di semplicità e purezza. Molto ricca fu la sua produzione di mottetti. Celeberrimi i suoi 2 G.P. da Palestrina, in un ritratto con lo spartito STABAT MATER, uno a 8 e l’altro a 12 voci.

Estrato iniziale dell’Agnus Dei tratto dalla “Missa Aeterna Christi munera” di Giovanni Pierluigi da Palestrina. Mirabile è lo stile composto, severo, la voluta non accentuazione simultanea delle varie voci, unita all’autonoma condotta delle voci; questi assunti sono i tratti più distintivi della polifonia sacra palestriniana.

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della «MissaPapæ Marcelli II» (1567 ca) Napoli, Museo del Conservatorio.

Egli fu l’espressione del più puro ed armonioso canto sacro cattolico: spiritualità musicale ed intimismo, compostezza, pace, sobrietà sono i suoi caratteri distintivi. Nella sua musica non vi è nessun eccesso; egli adopera un attento rifiuto del cromatismo / Con Palestrina si compie una evoluzione compositiva: egli attua una accurata preparazione e risoluzione delle dissonanze verticali; cura con attenzione l’accentuazione non simultanea delle varie voci tenendo sempre ben presente la percettibilità delle parole / La sua musica deve trasmettere pietà e devozione. Il catalogo palestriniano comprende 102 messe, 250 mottetti, 35 magnificat, 68 offertori, 45 inni e altre composizioni. Appartengono alle composizioni profane oltre 91 madrigali profani e 42 madrigali spirituali. L’eco del suo operato, e del suo insegnamento contrappuntistico, durò per secoli; ad esempio di grande importanza fu l’opera “Gradus ad Parmassum” del 1725 di J.J.Fux, un compositore e didatta austriaco che identificò nell’esempio paletriniano il principale modello da seguire per la composizione della musica sacra.

LA LAUDA POLIFONICA Le Laude polifoniche che si svilupparono nella seconda metà del 500, traendo le mosse dalle antiche laude monodiche furono adesso a tre o quattro voci; questi canti segnarono in seguito il passaggio dallo stile polifonico al monodico. Furono delle liriche italiane d’ispirazione religiosa, ma non liturgica / Le raccolte più importanti di Laude polifoniche sono le “Laude Spirituali” di G. Animuccia, 1563, Il Tempio armonico della Beatissima Vergine di G. Ancina, 1599, ed il Teatro armonico spirituale di F. Anerio, 1619; questa raccolta contiene madrigali spirituali e dialoghi in stile recitativo. La scrittura corale è semplice, omoritmica. Serafino Strozzi raccolse la prima collana manoscritta di Laude polifoniche a Firenze nel 1563, e forono stampate da Petrucci. 12

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LA SCUOLA VENEZIANA Solo qui non filtrò il modello romano / A Venezia vigeva una tradizione unica: la policoralità. Questa tradizione nacque quasi per una “necessità architettonica”: riempire la Basilica di San Marco; questa aveva una pianta particolare, ossia poteva ospitare due agglomerati coristici. Si creò così una duratura tradizione che voleva due cori battenti e due organi all’interno della Basilica. Sfruttando la particolare struttura della basilica di San Marco, si poterono disporre le voci del coro in punti lontani fra di loro, venendo a formare così dei suggestivi giochi d’eco, con alternanze e sovrapposizioni di grandiosa solennità polifonica / Venezia è la città che fece partire l’emancipazione strumentale in abito sacro; nello stile veneziano sacro si mischiano voci e strumenti, e questi ultimi acquisteranno quasi pari importanza rispetto alle voci / Più magnificenza ostentò la musica veneziana: l’interesse alla floridezza della musica sacra era qui voluta anche dal doge. A Venezia la musica acquista anche delle funzioni politiche, e conosce il protezionismo dei dogi.

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ANDREA GABRIELI (Venezia 1518 - 1586)

Da fanciullo fece parte del coro della basilica di San Marco, dove studiò con il fiammingo Adrian Willaert / Fu Maestro di cappella in San Marco ed uno fra i più celebri musicisti di tutta Europa grazie ai suoi madrigali e alla musica per organo, nonché per l'uso dello stile, tipicamente veneziano, dei cori spezzati. Questi due cori potevano inoltre essere differenziati in termini di funzione e materiale musicale, oltre che acusticamente. I Cori battenti furono impiegati da A. Gabrieli non solo nelle messe e nei mottetti, ma anche in composizioni profane, ed esercitarono una profonda influenza sulle procedure formali della musica liturgica successiva. Nella sua produzione sacra spiccano i 110 mottetti (policorali) da 4 a 12 voci, la serie dei 7 Psalmi davidici a 6 voci, e le 4 Messe a 6 voci, con impiego di voci e strumenti / Trattò tutti i generi musicali: egli fu il massimo esponente dello stile veneziano / Corposa fu anche la sua produzione madrigalistica: circa 250 madrigali da 3 a 12 voci; Mascherate (3-5 voci) Grechesche et Justiniane (che mischiano il greco al dialetto veneziano; i personaggi sono tratti dalla commedia dell’Arte). Poco cromatismo si evince dalle sue opere in favore dello sviluppo contrappuntistico affine alla tecnica imitativa / Importante fu il suo contributo allo sviluppo dell’opera organistica: egli è l’iniziatore insieme a Claudio Merulo e G. Diruta della tecnica strumentale. In questo periodo si assiste alla nascita dei primi trattati di didattica per strumenti da tasto.

Interno della Basilica di S. Marco, Venezia.

A. Gabrieli fu tra i primi compositori a intendere la musica puramente strumentale come genere autonomo; molto corposa fu la sua produzione strumentale: ricercari, canzoni, intonazioni (per strumenti a tastiera e “per ogni sorta di stromenti”) / Grandezza delle sue composizioni policorali: ebbe un ruolo di rilievo nella fase di transizione dalla musica rinascimentale a quella barocca. GIOVANNI GABRIELI (Venezia 1557 - 1612) 14

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Studiò nella città natale con lo zio, Andrea Gabrieli, e lavorò a Monaco dal 1574 al 1579. Dal 1586 fu primo organista a San Marco, succedendo ad Andrea. Le sue formazioni miste di solisti, cori e strumentisti, con la loro grande varietà di combinazioni timbriche, contribuirono a fissare il contrasto, principio che avrebbe permeato la musica del XVII e XVIII secolo. Nella medesima direzione va il suo uso dell'armonia che anticipò, prefigurandola, la pratica della musica barocca. Con lui si attuò l’apoteosi dello stile policorale / La sua produzione fu più scarsa rispetto a quella dello zio, ma ebbe grande favore in Germania / G. Gabrieli portò ad una maggiore evoluzione il modello imparato dalla lezione dello zio, infondendo grandiosa sonorità strumentale, e perfezionando lo stile concertante / La sua Sonata pian e forte a otto voci (1597) contenuta nel primo dei due volumi di raccolte delle Sacrae Symphoniae, fu tra le prime composizioni a stampa a specificare l'intensità del suono richiesta e l'esatta strumentazione da impiegare nell'esecuzione di un brano. Nel 1615 furono pubblicate postume le Symphonie Sacræ e le Canzoni et Sonate per sonar ogni sorta de istrumenti, una raccolta di 17 canzoni strumentali da 5 a 12 voci, tre sonate a 14 e più voci, e la sonata a tre violini (storicamente importante per l’affermazione formale del genere sonatistico che sarà del successivo periodo barocco) / Giovanni Gabrieli fu anche celebre per i mottetti e la musica per organo. Diventato insieme allo zio famosissimo nel mondo musicale di tutta Europa, ed ebbe alla sua scuola numerosi musicisti, il più celebre dei quali fu il tedesco Heinrich Schütz, il quale si fece portavoce in Germania della scuola veneziana.

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Esempio tratto dal mottetto “O Magnum mysterium” dalla raccolta dei Concerti del 1587 di Giovanni Gabrieli. Da notare l’alternanza fra i due cori battenti. Giovanni fa un uso audace dei cromatismi, sia armonici che melodici. Molto interessante, armonicamente, è la falsa relazione (> ossia la successione di due note di egual nome, una naturale e l’altra alterata, scritte in di parti diverse) che compare alla quinta misura fra SI b e SI naturale. Questo artificio compositivo è voluto da Gabrieli per esprimere il senso estatico del testo, il sentimento mistico di raccoglimento che l’autore suggerisce di provare di fronte al mistero dell’Incarnazione.

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LA POLIFONIA PROFANA Molti assunti musicali, storici e sociali, convogliarono nel genere polifonico profano in tal modo da determinare la creazione di un repertorio incentrato molto sulle caratteristiche nazionali. L’esempio polifonico della scuola contrappuntistica franco - fiamminga sarà universalmente adottato, anche se in Italia incontrò parecchi ostacoli all'inizio, ma già a partire dal terzo decennio del 1500 l’influsso degli oltremontani fu palese. Adesso la situazione è notevolmente cambiata rispetto a due secoli prima; la diffusione della stampa musicale assicurerà una grande circolazione, nonché conservazione, di tutto un repertorio profano appannaggio delle corti. L’Italia del ‘500 e di buona parte del ‘600 primeggerà in quanto a mole ed importanza raggiunta nel campo della polifonia profana. ITALIA I CANTI CARNASCIALESCHI

Lorenzo de’ Medici e la corte fiorentina sono il fiore all’occhiello per quanto concerne la produzione artistica in Italia. A Firenze si eseguono canti in Italiano, e i particolari Canti Carnascialeschi tipicamente fiorentini. Questi facevano da cornice musicale ai festeggiamenti del carnevale. Gli argomenti erano variamente scherzosi, e venivano “presi in giro” tipi popolari; la forma più tipica era a tre o quattro voci / Rimasero in voga più a lungo delle frottole; la loro diffusione era legata soltanto al periodo di carnevale / Purtroppo molto si è perduto a causa dei bruciamenti savonaroliani. La più importante raccolta è quella di Antonfrancesco Grazzini che li distinse in tre tipi: a) carnasciale del popolo; b) carnasciale del crocefisso; c) carnasciale di corte. IL MADRIGALE DEL XVI SECOLO

La più alta espressione polifonica profana del ‘500 è rappresentata dal madrigale; esso però non ha niente in comune con il madrigale del ‘300. Adesso è più grande, ha più voci, presenta il raddoppio delle voci con gli strumenti, e non sta più attento al rigore strofico dei versi. E’ molto voluto nelle corti / Si fa più stretto il legame fra poesia e musica: grazie alla tenace azione fautrice di Pietro Bembo nasce in Italia il “nuovo petrarchismo”; F. Petrarca è indicato come il modello esclusivo di poesia da seguire (e musicare). Insieme a Petrarca furono visitati Ariosto, Tasso, e Boccaccio, spesso musicato per la prosa, insieme al Guarini / Il madrigale cinquecentesco è di derivazione frottolesca, ma rispetto alla frottola ha una forma aperta, ed è astrofico. Dall’omoritmia dei primi esempi si passò allo stile contrappuntistico fitto. Presenta una compagine vocale che da cinque voci puo’ arrivare fino a otto / Nel madrigale il termine cromatismo è considerato su due livelli: a) uso di valori piccoli b) uso di intervalli di semitono. Il madrigale è musicato frase per frase, e ogni frase ha senso compiuto / Nasce la prassi di Interpretare musicale la parola; Madrigalismi sono chiamati quegli effetti musicali evocanti il senso dei versi; questi madrigalismi si incontrano nei cosiddetti madrigali Ariosi / E’ una musica più per coloro che la eseguivano, i ceti più abbienti organizzati in accademie, che per gli uditori; ecco perché furono così tanto stampati e determinarono anche il successo dell’editoria musicale. A Venezia ne furono stampate decine e decine di raccolte. LE FROTTOLE

Nacquero a Ferrara nel periodo 1480-1520 e furono contrapposte alla chanson fiamminga; la frottola fu una delle più importanti forme profane italiane. Isabella d’Este a Ferrara ne fu la principale fautrice. Isabella d’Este è storicamente importante per l’emancipazione femminile in ambito musicale; da Ferrara la frottola si estese in quasi tutta la penisola / Presenta una struttura strofica con metrica ottonaria, e sei o otto versi / Dalla frottola derivarono: Strambotto, Ode, Capitolo, Sonetto / I musicisti più famosi furono: Marchetto Cara, Bartolomeo Trombicino / Ottaviano Petrucci stampo’ e diffuse una grande quantità di frottole. VILLANELLE MORESCHE BALLETTI GIUSTINIANE

A Napoli si sviluppa principalmente la forma della Villanella. Le villanelle erano eseguite a Napoli già praticate dal 1440; sono composizioni profane che mischiano il dialetto all’italiano; sono in versi endecasillabi e di solito hanno una compagine vocale di tre voci: due soprani e un basso. Sono delle divertenti composizioni ove non mancano dei procedimenti musicali volutamente sbagliati allo scopo di prendere in giro la “musica seria”. Napoli coltiva anche la forma di danza con voci e strumenti del Balletto, ove lo stile vocale è omofonico ed è formato da cinque voci. Giovanni Giacomo Gastaldi fu la figura di rilievo per lo sviluppo dei Balletti / La Moresca, che riceve anche gli influssi veneziani, è una sorta di canto carnascialesco che prende in giro gli schiavi negri. A Venezia viene rispolverata la Giustiniana; fu una parodia dell’antica forma quattrocentesca non più praticata. Adesso però ha un carattere burlesco e satirico. Andrea Gabrieli ne produsse mirabili esempi. 20

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Frottola di Bartolomeo Trombicino “Chi se fide de fortuna”. Evidente è il ritmo vivace di danza, in misura ternaria, che genera l’effetto hemiolia, ossi l’alternanza di uguali unità ritmiche binarie con le ternarie. Il testo della frottola è quasi simile a quello della ballata del ‘300: la ripresa ha 4 versi, e le strofe 6 o 8 versi, tutti, in genere, ottonari. Gli episodi musicali sono due ciascuno diviso in due frasi. La struttura più frequente è la seguente: Rime dei versi: Musica:

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RIPRESA

a b b a A B

STROFA

c d c d d a A A B

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LUCA MARENZIO (Brescia 1553 - 1599 Roma) Uno dei più importanti autori italiani di madrigali della fine del 21 Rinascimento / Operò a Roma; fu Maestro di cappella presso la corte del cardinale Luigi d’Este, ma non eccelse nel campo sacro / Enorme è il catalogo delle sue opere: 400 madrigali in 16 libri (perlopiù a 5 voci); 5 libri di villanelle a 3 voci. Celebri per la loro resa virtuosistica ed espressiva dei testi, questi madrigali fanno uso di vivide descrizioni e armonie cromatiche che rivelano l'influenza di Cipriano de Rore e Giaches de Wert e anticipano lo sviluppo del madrigale barocco compiuto da Monteverdi.

Esempio di “Madrigalismo”: tratto dal Quarto libro di Madrigali di Luca Marenzio il Madrigale Giunto alla tomba si basa sul testo della “Gerusalemme Liberata” di T.Tasso e nel presente esempio (XII, 96-99) Marenzio mette in luce la sua capacità di raffigurare quasi “pittoricamente” le immagini poetiche suggerite dal senso della poesia: qui il tema a note lunghe del Soprano e del Quinto si impernia su scale discendenti che descrivono la discesa di Tancredi alla cripta di Clorinda

Nel 1589 insieme ad altri insigni musicisti suoi contemporanei partecipò alla composizione di sei grandiosi intermedi per le nozze del duca fiorentino Ferdinando de' Medici con Cristina di Lorena. Gli Intermedi denominati Intermedi de la Pellegrina erano su testi di Ottavio Rinuccini e musiche, oltre alle sue, di Malvezzi, E. De Cavalieri, J. Peri, G. Caccini. Svolgevano temi allegorico - mitologici ed avevano i seguenti titoli: 1) L’Armonia delle sfere; 2) La gara fra Muse e Peridi; 3) Il combattimento pitico di Apollo; 4) La regione de’ demoni; 5) Il canto d’Arione; 6) La discesa d’Apollo e Bacco col Ritmo e l’Armonia. Grande fama ebbero le sue composizioni, si contarono parecchie ristampe dei suoi madrigali già mentre era in vita. La loro inclusione nell'antologia Musica Transalpina (2 volumi, 1588, 1597) ebbe una profonda influenza sul madrigale inglese dell'era elisabettiana / Compose anche 75 mottetti sacri dalla commovente musicalità. Il suo stile manifesta una grandiosa capacità di sintesi di tutti i procedimenti compositivi conosciuti / Fu il più alto rappresentante del “Petrarchismo musicale”; eleganza, espressività soave, e serenità sono altamente palesi nella sua musica. Venne definito “il più dolce cigno d’Italia”. Esempio tratto dal madrigale Solo e pensoso di L.Marenzio su testo del celebre sonetto del Petrarca. Marenzio fu il più famoso madrigalista del suo tempo (il suo Primo libro di Madrigali, Venezia 1580, venne stampato almeno nove volte). Egli seppe sfruttare tutte le possibilità della scrittura madrigalistica. Nel presente esempio è riportato un “madrigalismo” molto sottile: il carattere mesto e sconsolato che i primi due versi del testo esprime, vengono realizzati musicalmente tramite una esplicita linea melodica cromatica del Soprano, che ascende, a note lunghe, per un’ampiezza complessiva di una nona (semitono per semitono) per poi ritornare a scendere di una quinta.

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CARLO GESUALDO principe di VENOSA (Venosa 1560 - 1613 Napoli) 24

Figlio dell’altissima aristocrazia napoletana; fu uno dei più grandi e arditi rappresentanti del madrigale, oltre che provetto suonatore di arciliuto, ed oltre che un feroce assassino storicamente documentato. Formatosi musicalmente con Pompinio Nenna, subì il fascino delle teorie sul cromatismo di Nicoló Vicentino e Marcantonio Ingegneri. Fu per un lungo periodo grande amico di Torquato Tasso di cui musicó molti versi.

Carlo Gesualdo e Torquato Tasso si erano conosciuti a Napoli, durante uno dei tanti incontri tra poeti suonatori e cantori dell'epoca. Gesualdo musicò, nel primo Libro dei Madrigali, vari testi del Tasso. L'amicizia fra i due terminò quando Gesualdo dopo aver ucciso la moglie Maria D'Avalos, sorpresa con il suo amante Fabrizio Carafa, seppe che il Tasso, che era mantenuto presso il castello di Gesualdo, aveva scritto quattro sonetti sull'amore dei due amanti. Insuperato artefice di spregiudicati cromatismi al tal punto da stupire anche i suoi contemporanei. La sua attitudine all’ardito cromatismo nasceva anche per gioco: egli amava alterare di un semitono gli intervalli melodici dopo averli scritti, creando così nelle armonie degli squilibri originali nelle tonalità (ciò la dice lunga sul suo carattere bizzarro). Compose 6 libri di Madrigali, in tutto 110 a 5 voci. Tra i sei libri di madrigali da lui composti, soprattutto gli ultimi due rivelano uno stile armonico drammatico e fortemente innovativo che tende all'espressione delle emozioni tramite l'uso di potenti dissonanze e di salti imprevisti tra tonalità molto distanti.

Moro Lasso: uno dei più singolari ed affascinanti madrigali di Carlo Gesualdo di Venosa su testo poetico del Tasso. Straordinario uso dei cromatis mi (per l’epoca), Gesualdo è rimasto insuperato nell’arditezza compositiva dai suoi contemporanei; evidente la sua predilezione per le emozioni forti espresse in inaudite stravaganze armoniche, melodiche e ritmiche. Il serratissimo cromatismo di questo capolavoro vuole esaltare il sentimento di irrequietezza e di angoscia proprio del senso poetico del testo, a cui seguono in maniera imprevedibile episodi di estrema semplicità e ritmi veloci.

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Nel 1594 sposò Eleonora d'Este ed entrò in contatto con il cuore del mondo musicale e letterario ferrarese. Nel suo stile musicale si riscontrano le influenze musicali di J. de Wert e di L. Luzzaschi. Rifiutò il concetto di madrigalismo; i contrasti venivano fatti scaturire solo dal senso delle parole. Egli persegu’ una esplicita ricerca di evidenti provocazioni comunicative / Nelle sue composizioni si evincono situazioni sempre drammaticamente tese.

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IL MADRIGALE DRAMMATICO Fu opposto al precedente: si realizzò una inversione di tendenza. Il madrigale drammatico, detto anche “rappresentativo” era di genere comico, burlesco, realistico, caricaturale. Presentava rime dirette, e mirava all’umor comico. Uno dei primi esempi fu quello di Alessandro Striggio: “Il cicalamento delle donne al bucato”. Questi madrigali erano ispirati alla commedia dell’Arte. Di solito erano a 5 voci (3 voci per le canzonette). Massimi esponenti del genere furono Adriano Banchieri ed Orazio Vecchi. ADRIANO BANCHIERI (Bologna 1567—1634)

Monaco dell’ordine degli olivetani bolognesi, ebbe molta influenza nella vita musicale bolognese e fondò, nel 1615, l'Accademia dei Floridi / La sua produzione musicale copre un amplissimo raggio di generi, sacri e profani, vocali e strumentali; fondamentale fu il suo contributo allo sviluppo del madrigale drammatico, per il quale si rifece con grande fantasia non solo ai musicisti suoi contemporanei, come Orazio Vecchi, ma anche alla Commedia dell'Arte / Con lo pseudonimo di Camillo Scaligeri della Fratta fu autore anche dei testi di vivaci "commedie madrigalesche" che furono molto celebri, come La pazzia senile, 1598, Il zabaione musicale, 1604, La saviezza giovanile, 1607, Il festino nella sera di giovedì grasso, 1608; sono opere ricche di toni comici e miscelate al dialetto, con la comparsa, a volte, di versi e voci di animali / Tratti stilistici importanti sono gli equivoci, le gags, le burle. 26

Banchieri fu un importante innovatore: egli adottò l'uso sistematico delle stanghette di battuta e degli accidenti in chiave, nonché l'utilizzo delle indicazioni dinamiche di piano e di forte, e la numerazione per il basso continuo. Queste epocali innovazioni musicali saranno, a partire dal suo esempio, sistematicamente adottate. Importanza storica rivestono inoltre i suoi trattati teorici sul canto gregoriano e sulla pratica organistica (L'organo suonarino, 1605). Scrisse anche delle novelle, la più nota è “Il Cacasenno” (1620), continuazione del Bertoldo e del Bertoldino di Giulio Cesare Croce.

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Brano tratto dalla raccolta intitolata “La Pazzia Senile” di A. Banchieri.

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ORAZIO VECCHI (Modena 1550 - 1605)

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Maestro di cappella del Duomo di Salò dal 1581 al 1584, dal 1583 diresse anche la cappella del Duomo di Modena, incarico da cui fu sospeso nel 1604 per aver ignorato il divieto del vescovo continuando a insegnare musica alle suore / Benché fosse sacerdote e avesse svolta tutta la sua carriera nell'ambito di istituzioni religiose, le sue composizioni sacre (perlopiù messe, tra cui “In Resurrectione Domini”, e mottetti) sono di importanza secondaria rispetto alla produzione profana / Coltivò varie tipologie formali fra quelle della musica vocale in uso nel Cinquecento, ossia canzonette, villotte, madrigali ecc., portando ad insuperato livello una nuova forma: il madrigale drammatico, forma impiegata dal suo contemporaneo bolognese A. Banchieri. Il suo capolavoro, L'Amfiparnaso, "comedia harmonica" per cinque voci, 1597, adotta lo stile, i personaggi e gli ambienti della Commedia dell'Arte; infatti i personaggi sono maschere: Pantalone, Graziano, I tre zanni ecc., e impiega parallelamente dialetto e lingua. E’ costituito da una serie di brani divisi in tre atti, ove si mescola commedia e musica; come egli stesso precisò nella prefazione “...si mira con le orecchie e non con gli occhi..” / Molto importante fu un’altra sua opera profana, la “Selva di varie ricreationi” (1590), insieme ad altre opere simili, come il Convito musicale, 1597, Veglie di Siena, 1604. Nella sua produzione emerge la tendenza alla semplificazione popolareggiante della polifonia unito al tentativo, come dichiarò egli stesso, di unire «lo stil serio col famigliare, il grave col faceto e col danzevole». 29

Frontespizio d el l a «Comm e d i a Harmonica» a 5 voci L’Amfiparnaso (1597)

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INGHILTERRA

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L’esempio madrigalistico italiano ebbe una larga eco in Inghilterra; vennero imitati i madrigali italiani e vennero scritti con testo inglese. Una raccolta storica fu l’Italian Madrigalls Englished. Il modello principale che si seguì fu L. Marenzio . FRANCIA

Anche qui la Chanson parigina del ’500, come per l’Italia, ebbe molto poco in comune con le omonime composizioni del ‘300; adesso sono a 4 voci. Queste Chanson non raggiunsero la complessità delle composizioni degli italiani illustri (Venosa, ad es.) erano più semplici, simili alle frottole. Clement Marot, Clement Janequin sono le figure di maggior rilievo / Una forma diffusa fu “La Guerra”, prototipo delle battaglie musicali (voci, gruppi strumentali, clavicembalo). Anche in Francia si sentì l’influenza del madrigale italiano del ’500. SPAGNA

Forme affini alla frottola italiana si ebbero in Spagna; la più importante fu il Villancicos, che trattava argomento amoroso, idilliaco. Sono formati da coplas (strofe) ed estribillo (ritornelli), e solitamente avevano tre o quattro voci. Juan del Encina fu il più importante compositore di villancicos. GERMANIA

Determinante fu la presenza dei Maistersinger, gli eredi dei trecenteschi Minnesänger. Essi esprimevano forme più autonome, ed operavano all’interno di corporazioni di mestieri / Si disputavano gare pubbliche di poesia e musica improvvisate basate su regole stabilite da codici Tabulaturen / La loro produzione si espresse con i Lieder a 3-4 voci; qui il trattamento delle voci è più elaborato che in altre parti d’Europa. La tipologia più diffusa fu voce acuta e strumento. Molto celebre fu il Lied di Isaac “Insbruck, devo lasciarti” / Furono anch’essi influenzati dal madrigale italiano della seconda metà del ‘500. 30

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992

1 1a 2, 19

Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. Gallico, Claudio, L’età dell’Umanesimo e del Rinascimento, Storia della Musica, terzo volume, Torino, EDT, 1978 Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Disertori, Benvenuto, Le frottole per canto e liuto intabulate da Franciscus Bossinensis, Milano, Ricordi, 1964 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation www.cronologia.it www.classical-composers.org www.anaigeon.free.fr www.biblio-net.com www.arenai.free.fr www.homolaicus.com www.viaggio-in-germania.de www.portrait.kaar.at www.provincia.torino.it www.gesualdo.com www.hoasm.org www.cipoo.net www.digilander.libero.it www.wso.williams.edu www.viaggio-in-germania.de

31

Enciclopedia della Musica A. Vallardi, Garzanti editore, 1995 www.omnifacsimiles.com Disertori, Benvenuto, Le frottole per canto e liuto intabulate da Franciscus Bossinensis, Milano, Ricordi, 1964 3 www.anaigeon.free.fr 4 www.arenai.free.fr 5, 6, 12, 21 www.hoasm.org 7, 9, 10, 16, 25, 27, 28 www.wso.williams.edu 8 www.cipoo.net 11 www.viaggio-in-germania.de 13, 18, 22, 23 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. 14, 29 www.classical-composers.org 15 www.digilander.libero.it 17, 30, 32 www.icking-music-archive.org 24 www.classical.net 26 www.portrait.kaar.at 31 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996

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PRINCIPALI FORME DI MUSICA VOCALE DEL MEDIOEVO E DEL RINASCIMENTO Sguardo riassuntivo circa le forme di musica polifonica del cinquecento. Musica sacra: mottetti, messe, salmi, improperi. Musica profana: frottole, villanelle, canzonette, madrigali, balletti, madrigali drammatici, intermezzi.

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IL RINASCIMENTO 1430 ~ 1600

I TEORICI GLI STRUMENTI

PRINCIPALI DIRETTIVE DI INNOVAZIONE MUSICALE Si assiste ad una mutazione radicale della musica nel periodo compreso tra il 1550 ed il 1650 sintetizzabile in questi termini: a) La MONODIA acquista sempre più importanza rispetto alla polifonia; b) L’ARMONIA, nuova scienza, si impone sul contrappunto, e si afferma con gli strumenti musicali polivoci: LIUTO, ORGANO, CLAVICORDO-SPINETTA, CLAVICEMBALO. Il termine “armonia” verrà sempre più aggiornato nella semantica dai trattatisti indirizzandolo verso la designazione di tutto ciò che riguarda la pragmatica concatenazione simultanea dei suoni, abbandonando quindi, via via sempre più, la designazione delle antiche speculazioni teoriche riguardanti il cosmo del passato. La nascita dell’armonia è direttamente proporzionale allo sviluppo di una concezione verticale, e non più orizzontale, dei suoni, dello svolgimento sonoro; alla nascita dunque di una nuova entità musicale: l’ACCORDO; c) La TONALITA’ M e m gradatamente si impone sui modi ecclesiastici; d) La Musica strumentale si è emancipata fino a raggiungere pari e poi maggiore importanza rispetto alla musica vocale.

I TRATTATI SULLA MUSICA Le prime grandi espressioni di Spirito Critico concernente il fenomeno musicale allora conosciuto, sono rappresentate dai trattati del tempo con cui si affronta la materia Musica. Riveste un’importanza fondamentale l’opera teorica del fiammingo Johannes Tinctotis (1435 - 1511) Terminorum musicae diffinitiorum, 1472, considerabile come il primo “nostro” lessico musicale. Fra i più importanti trattati del tempo si collocano Theorica Musicæ, 1492, e Pratica musicæ, 1496, di Franchino Gaffurio, che ebbero una vastissima risonanza; Zarlino partirà dalle sue deduzioni. Gaffurio investiga il fenomeno musicale puntando all’emancipazione dell’aspetto armonico. Tinctoris, Glareanus, e Franchino Gafurio furono le personalità della trattatistica musicale chiave del rinascimento; loro “portarono l’alta concezione della musica sulla terra”: affrancarono completamente il pensiero estetico della musica di matrice boeziana, ossia speculativo, ed imperniarono l’armonia sulla considerazione alla verticalità dei suoni. Tinctoris, soprattutto, è il “responsabile” dell’affrancamento delle concezioni boeziane, che definisce come una “favola oscura”. Altrettanto importante fu il trattato dello spagnolo Ramos de Pareja Musica Pratica, 1482, ove egli criticava l’esacordo guidoniano. I trattatisti italiani del Rinascimento hanno un posto di primo piano, insieme ad alcune figure europee, nel contribuire allo sviluppo degli studi teorici sulla musica. Accanto alla secolare figura di Gioseffo Zarlino, uno studioso che ampliò il raggio d’azione conoscitivo sul fenomeno musica, stavolta compiendo una prima indagine circa il lato “fisico” del suono, fu l’erudito gesuita Daniello Bartoli (Ferrara 1608 - Roma 1685), il quale realizzò quattro celebri trattati denominati Del suono de’ tremori armonici e dell’udito, 1679, ove nel primo studiò la propagazione delle onde circolari sulla superficie dell’acqua; nel secondo descrisse le principali questioni sulla natura e propagazione del suono; nel terzo raccolse le osservazioni sulla risonanza negli strumenti musicali e in altri corpi; nel quarto discusse il problema della consonanza e quello dei suoni di altezze multiple rispetto ad un suono dato, descrivendo anche, infine, l’anatomia e la fisiologia dell’udito. Con il trattato di Nicolò Vicentino, L’antica musica ridotta alla moderna prattica, e di Vincenzo Galilei, Dialogo della musica antica e moderna, 1581, si compiono dei tentativi per riportare in auge l’antica musica greca, cioè puntando al dato esecutivo, ma senza duraturi risultati. Il trattato di Galilei è notevole per ciò che scaturirà dalla camerata bardi. Ludovico Grossi da Viadana ebbe un’importanza storica per l’affermazione del basso continuo; con i suoi Cento concerti ecclesiastici a 1, 2, 3, 4 voci con il basso continuo per suonar l’organo, 1602, egli fu uno degli iniziatori della pratica del b.c. Adesso si avrà solo una melodia vocale acuta ove si concentra tutta l’espressività, prima divisa fra le diverse voci, sostenuta dal basso, affidato ad uno strumento polivoco che realizza gli accordi; questi accordi sono il riassunto, il condensato delle precedenti parti vocali centrali. Sulla partitura vengono scritte delle cifre sopra o sotto le note del basso per indicare quali accordi eseguire. Due strumenti, principalmente, eseguivano il b.c., uno melodico ad arco per il basso (violone, viola da gamba, violoncello), l’altro o a tastiera (clavicembalo, organo) o a corde con manico (Liuto, chitarrone, tiorba) per gli accordi improvvisati; il barocco musicale sarà contrassegnato anche come età del basso continuo. Le prime espressioni del basso continuo cinquecentesco presentano valori lunghi ed una relativa stasi rispetto al vero e proprio basso continuo, che si avrà nel periodo barocco, questo sarà molto più dinamico e vivace. Agostino Agazzari da Siena nel suo trattato Del sonar sopra il basso con tutti gli strumenti e del loro uso nel conserto, 1607, sottolinea la grande importanza del basso continuo. 1

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Pagina tratta dall’Explanatio musicalis di Johannes Tinctoris, sec. XV. 3

Tavola tratta dal Practica Musicæ di Franchino Gaffurio, 1496. 2

Pietro Aaron: tavola delle consonanze perfette, dal Thoscanello de la musica, 1523. 1

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DALLA MODALITA’ ALLA TONALITA’ (sintesi) Uno fra i trattati concernenti lo studio della musica sicuramente più importanti del Rinascimento fu Dodekachordon, Basilea 1547, di Heinrich Loris Glareanus. Da più parti in Europa si sono già manifestate delle evoluzioni musicali anche onestamente spontanee che facevano intravedere i primi virgulti delle maglie tonali; adesso siamo nel periodo in cui si avvia quasi spontaneamente un processo che lentamente porterà dalla modalità alla tonalità. L’evoluzione della pratica polifonica indusse Glareanus a cercare un perfezionamento alle scale modali (antiche) adoperate, scaturito dalla pratica dello spostamento dei semitoni; egli volle apportare un contributo che conferisse maggiori possibilità ai secolari otto modi ecclesiastici, alla polifonia; così arrivò ad identificare altri quattro nuovi modi, per cui se ne ebbero adesso dodici. I quattro modi da lui apportati furono: (autentico e plagale); lo IONICO (autentico e plagale). l’EOLIO A posteriori, l’uso sistematico dei nuovi quattro modi messi a punto da Glareanus indusse i suoi successori a considerarli come la sintesi di tutti gli altri otto modi; così vennero usati solo questi che comporteranno la formazione dei moderni modi maggiore e minore. Pietra miliare nel cammino verso la tonalità è rappresentata dalla figura di Gioseffo Zarlino, attivo a Venezia; egli fu uno dei primi a sentire la necessità di una “scienza armonica”. Nei suoi storici trattati Istitutioni harmoniche, 1558, e Dimostrazioni harmoniche, 1571, Zarlino codifica e giustifica le trasposizioni “estranee” al sistema modale, cioè tutte quelle costruzioni polifoniche - accordali costruite con intervalli diversi dalla IV, dalla V e dall’VIII. Egli giustifica questo fenomeno asserendo che è necessario poter adoperare scale ad altezze diverse a seconda delle possibilità delle voci che si devono accompagnare. Zarlino realizza una lunga trattazione sugli intervalli di III e di VI, ponendo così le basi per la teoria dei rivolti; riflettendo su questi due intervalli, egli divide le musiche in base alla natura di questi intervalli, riecheggiando così l’antico principio dell’Ethos greco; per cui: saranno “vivi e pieni di allegrezza” quelle musiche costruite prevalentemente da 3° e 6° maggiori, mentre saranno “alquanto meste, ovver languide” le melodie basate su intervalli di 3° e di 6° minori. Così facendo egli intuì l’importanza di dare un suono fondamentale dal quale costruire l’accordo, che giustificò come naturale. La scala così creata, detta naturale o zarliniana, sostituì quella pitagorica; egli giustificò matematicamente gli intervalli di terza e sesta estendendoli al circolo delle consonanze tradizionali (4°-5°-8°). L’accordo perfetto maggiore fu quindi per Zarlino quello costruito dalla fondamentale e dai suoi primi sei armonici; per giustificare anche l’accordo perfetto minore egli realizzò un “rivolto grafico” della scala maggiore (non naturale). Un’importante passo verso la codifica dei rivolti nella direzione tonale venne compiuta da Francisco de Salinas col suo De musica libri VII, Salamanca, 1577. Egli dimostrò che un intervallo di 8° si può sempre dividere in due “consonanze” disposte in questo modo: se una è una 3° M, l’altra sarà una 6° m; se una è una 3°m, l’altra sarà una 6° M; se da un lato vi è una 4°, dall’altro deve esserci una 5°. Un contributo molto importante alla formulazione della teoria tonale viene dai musicisti inglesi. Il primo trattato importante in merito è quello di Thomas Morley (1557-1602) A Plaine and Easie Introduction to Practicall Musicke, Londra 1597. In questo trattato emerge esplicitamente il bipolarismo Maggiore minore, e viene rapportato tutto al basso e non al tenore, vengono addirittura consentiti accordi “dissonanti” contenenti il 4° e il 7° grado nelle cadenze. Joachim Burmeister, nel suo Hypomnematum musicae poeticae, Rostock 1599, codifica ed esemplifica un gran numero di accordi a quattro parti. In queste “tavole” sono presenti accordi di "triade" sia accordi di 3° e 6°, anche se non vengono riconosciuti come rivolti di triade (in senso tonale). Un itinerante trattato che realizza un connubio tra teoria e “prattica” è rappresentato da L’organo suonarino,Venezia 1638, di Adriano Banchieri. Banchieri divide le scale non più in base al loro genere modale ma in base alle altezze assolute dei suoni che le compongono. Anche lui apporta una giustificazione essenzialmente pratica, ossia quella dell’accompagnare le diverse voci. Per ricollegare queste scale ad altezza assoluta alle classiche scale modali, Banchieri prevede delle armature di chiave fisse. La svolta decisiva per il passaggio dalla modalità alla tonalità sia negli anni compresi fra il 1608 ed il 1613. Il teorico Otto Siegfried Harnish nel suo Artis musicae, 1608, codifica per la prima volta in modo esplicito la triade sia nella sua forma fondamentale sia nei suoi rivolti. Prosecutore del lavoro di Harnish fu Johannes Lippius; egli nelle sue due opere Disputatio musica tertia, Wittemberg 1610, e Synopsis musicae novae, Strasburgo 1612, riconosce tutti i rapporti di inversione degli intervalli, quelli di 3° e di 6° ma anche quelli 2° e 7°, e definisce il concetto di rivolto. Lippius fu uno dei primi ad asserire che la trattazione dei

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modi non deve essere più fatta in chiave melodica, cioè in base alla posizione dei semitoni all’interno di essi, ma in chiave armonica, ossia in rapporto al tipo di triade che si trova sulla finalis. In questo modo divide le vecchie scale modali in due soli gruppi, per l’appunto il Maggiore e il minore. Thomas Campion nel trattato A new Way of Making Foure Parts in Counterpoint , Londra, 1613 circa, individua all’interno dei due nuovi modi (M. e m.) i punti cadenzali, asserendo che i punti fondamentali su cui cadenzare sono innanzitutto la prima nota, in secondo luogo quella posta cinque note sopra, infine quella posta tre note sopra rispetto alla prima. Ma fin quando esisteranno delle differenze di grandezza fra gli intervalli che compongono la scala, non si potrà attuare il passaggio pieno alla tonalità. Sarà solo con il sistema temperato equabile, concepito da Andreas Werkmeister, 1645 - 1706, nel 1691 e perfezionato da Giorgio Neidhart nel 1706 che, dividendo l'ottava in dodici semitoni equidistanti, inizierà il cammino della tonalità. Questo sistema, pur presentando qualche imperfezione di carattere fisico - matematico, rispose meglio alle esigenze pratiche della musica. Il “sigillo secolare” all’efficacia del nuovo sistema lo apporrà J. S. Bach con le due monumentali raccolte Das Wolthèmperate Klavier, 1722 e 1744.

I TRATTATI SULLA MUSICA STRUMENTALE Nel Rinascimento l’uso degli strumenti musicali si fece maggiore rispetto al periodo precedente; la grande diffusione di strumenti musicali comportò la nascita di tante forme strumentali, nonché di altrettanti trattati maggiormente incentrati sulle modalità esecutive / Ancora la musica strumentale non ha un proprio repertorio scritto, ed era suddivisa in musiche di danza e adattamenti di composizioni vocali / I trattati strumentali del rinascimento non si devono intendere alla stregua dei moderni trattati didattici di strumento; siamo agli albori della riflessione strumentale didattica scritta. Questi si prefiggevano di insegnare a trasporre su più strumenti musiche di origine vocale; queste trascrizioni strumentali erano dense di coloriture e diminuzioni. Non sarebbe in questa sede possibile realizzare anche solo una citazione della trattatistica strumentale riferita al periodo rinascimentale oggi conosciuta. Fra i trattati storicamente più significativi si citano: PERIODO 1400-1500

Fundamentum Organisandi, 1452, di Conrad Pauman.

PERIODO 1500-1600

Il Transilvano ovvero dialogo sopra il vero modo di suonar organi et istromenti da penna, 1593 - 1610, di Girolamo Diruta, diviso in due parti; questo

storico trattato fu uno dei primi cimenti di didattica esecutiva alla tastiera: Diruta realizza una spiegazione che generalmente assomiglia ad una semplice descrizione incentrata sul più naturale ed istintivo modo di suonare, e si prefigge di usare solamente il secondo ed il terzo dito; egli precisava inoltre che il pollice sulla tastiera era bandito. Nella sua deduzione l’indice (che egli chiama il primo dito) “faceva” la nota buona, il secondo dito la nota cattiva, ed il terzo dito era da usare soltanto alle estremità. Il Syntagma Musicum, 1618, di Michæl Prætorius rappresenta una fra le prime panoramiche storicamente importanti sulle forme musicali e gli strumenti d’epoca. In Italia importante contributo liutistico diede Vincenzo Galilei con Il Fronimo, 1568; è un’antologia-trattato in forma dialogata concernente il Liuto e la musica per Liuto. I flauti furono oggetto d’attenzione di Stefano Granassi Fontego nel trattato La Fontegara, 1535; egli si occupò anche della viola e del violone nel trattato Regula Rubertina, 1543.

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GLI STRUMENTI MUSICALI

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Regola Rubertina che insegna sonar de viola d’archo tastada, di S. Granassi dal Fontego, 1542.

Dalla floridissima pittura del tempo si è evinto come fosse esplicitamente intensa la volontà del pittore di raffigurare sia determinati strumenti musicali, e sia le tipologie esecutive. Questo cultura del “segno” pittorico la dice lunga sull’importanza che gli strumenti musicali andavano assumendo quale nuovo veicolo sonoro. Le tipologie strumentali più importanti del tempo sono principalmente cordofoni ed aerofoni. ARPA Durante il Rinascimento, l'arpa, ebbe un’accordatura diatonica e si distinse così dalla piccola arpa gallese, che era cromatica già dal medioevo. L'arpa europea nel XVI secolo si arricchisce di numerose corde. CETRA Strumento a corde pizzicate che fu molto in voga tra l'alta borghesia. Era formata da un fondo piatto e da un manico allungato con corde metalliche doppie (cetera) che avevano la caratteristica di essere legate nella parte inferiore non su una barra fissata alla tavola, ma sulla fascia inferiore. In seguito, forse per alleggerire lo strumento, vennero assottigliate le fasce fino alla base mentre, per ristabilire l'equilibrio rotto da questo assottigliamento, generalmente si rende meno pesante il manico con un intaglio che lo percorre dall'alto al basso, nel lato dove è sostenuto dal pollice. CHITARRA Già conosciuta in Europa fin dal IX secolo, nel Rinascimento vide crescere notevolmente il suo prestigio, affermandosi definitivamente come strumento "colto" e andando a sostituirsi in Spagna, verso il 1580, alla vihuela, fino ad allora considerata strumento nazionale spagnolo. Fu appunto in Spagna che la "guitarra española" (la chitarra spagnola, ossia la versione più recente a cinque corde, da non confondere con la chitarra a 4 corde diffusa all'inizio del XVI secolo) ebbe un successo tale da venire usata a scapito del liuto, strumento allora diffusissimo in tutto il resto del continente europeo. Il primo trattato sulla chitarra spagnola, qualificata nel titolo come Guitarra Castellana y Catalana risale al 1586 e fu pubblicato a Barcellona da Juan Carlos Amat, tra l'altro tra i primi virtuosi di questo strumento. Questo trattato parla inoltre della tramontante chitarra a 4 corde e di un altro strumento a 6 corde, chiamato vandola. GIGA Strumento di origine medioevale a 3 o 4 corde. Nel XVI secolo la giga si suddividerà in 4 strumenti di diverso registro, rappresentati dal soprano, il contralto, il tenore e il basso. Ciò permetterà a questi strumenti l'esecuzione, in un quartetto omogeneo, di trascrizioni di brani polifonici. LIRA La tipologia “da Braccio” era uno strumento a corde raschiate in uso particolarmente in Italia tra il XIV e il XVI secolo. Può essere considerata un antenato del violino. La lira da braccio aveva conservato la cavigliera diritta dell'antica viella; essa era a forma di cuore ed era forata dai piroli. La tipologia dal registro basso era detta “lira da gamba” o “lirone”. In Europa si trovano lire da gamba con diverso numero di corde: In Germania, per esempio, si trova un lirone da 16 corde, mentre in Italia il numero di corde massimo ammonta a 15, di cui tre doppie di basso. Lo strumento era destinato all'esecuzione di accordi d'accompagnamento. LIUTO E' sicuramente lo strumento a corde pizzicate più diffuso nel Rinascimento. E’di origine araba, e più esattamente deriva dall' ud, introdotto in Europa nel X secolo. Il

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liuto propriamente detto possiede una cassa a forma di mezza pera da dove si prolunga un manico che termina con una cavigliera ad angolo retto. La forma dello strumento si stabilizzerà verso il XIV secolo; il numero delle corde sarà variabile nel corso del tempo, e vedrà anche crescere il manico per poter reggere bene la loro tensione. In origine il liuto possedeva 4 corde accordate per successione di una quarta, una terza ed una quarta. Verso il 1350 ogni corda verrà raddoppiata per rinforzare la sonorità. Nel 1400 circa verrà aggiunta una quinta corda semplice, aggiunta nel registro acuto con la funzione di cantino. Poco prima del 1500 verrà effettuata l'ultima modifica, consistente nell'aggiunta di una sesta corda doppia. Ora le corde sono accordate per successione di due quarte, una terza e ancora due quarte. Questa accordatura è la più usata e verrà chiamata dai liutisti delle generazioni successive "vieil ton". Undici corde ha così il liuto nel Rinascimento. Anche il liuto, come moltissimi altri strumenti in questo periodo, si differenzia in strumenti di diversa taglia; si avrà, dal più acuto al più grave, il liuto normale, il liuto attiorbato, la tiorba, il chitarrone e l'arciliuto / E' in Italia che, fin dai primi anni del '500, furono stampate le prime raccolte di intavolature per liuto; vennero perfezionati dei modelli grafici di scrittura esecutiva per gli strumenti che vengono chiamati INTAVOLATURE, e rappresentano la tastiera dello strumento; vi si scriveva sopra dove e cosa suonare, sia usando solamente cifre (specie per le intavolature italiane e spagnole) e sia usando lettere e cifre (come nelle intavolature tedesche), oltre ad altri segni che stabilivano la durata. Per avere un’idea dell'importanza del liuto basta sapere che, verso il 1546, soltanto a Venezia, furono pubblicati una quarantina di libri per questo strumento e che, poichè il repertorio per liuto era diventato internazionale. Fra gli editori per liuto più famosi, sono da ricordare Pierre Phalese che, solo nel 1545, pubblicò 5 libri di Chansons reduictz en tabulature de loc e il liutista francese Jean-Baptiste Besard, che nel 1603 pubblica a Colonia il suo Tesaurus Harmonicus, vasto compendio di più di 400 composizioni per liuto in parte dovute allo stesso Besard. Le restanti composizioni offrono una scelta molto varia in merito a ciò che veniva suonato in Europa alla fine del XVI secolo.

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Cetra. 10 a

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Lira da Braccio. 10

Esecuzione di una musica rinascimentale su Liuto.

Lirone. 6

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Viola da braccio.

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1 Arciliuto di Vuendello Venere da Padova [Vienna, Kunsthistorisches Museum] 2 Chitarrone del sec. XVI [L’Aja, Gemeentemuseum]. 3 Tiorba, particolare del manico con doppio cavigliere. 4 «Damon, joüant de l’Angèlique», incisione di N. Bonnart, 1687 Allegoria della Musica: dipinto di Laurent de la Hyre (1648). New York , Metropolitan Museum of Art. [Arciliuto]

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Viola da gamba. 12

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Moderna riproduzione di un Chitarrone.

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ORGANO Nel Rinascimento fu ampliato rispetto all’organo positivo medievale; quando trovò la piena accoglienza da parte della chiesa ebbe dimensioni sempre più grandi e maggiori registri; la Germania sarà la patria dell’organo, qui si svilupperà la tecnica della pedaliera.

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TROMBA MARINA Questo strumento rimasto quasi immutato dal Medioevo, intorno al 1500 adotterà il pirolo laterale in luogo di quello frontale; nei decenni successivi, esso sarà dotato di un ponticello sempre più asimmetrico in luogo di quello a piedi uguali. VIELLA antico strumento ad arco tanto caro alla produzione trecentesca, fu il più importante strumento ad arco del medioevo, e godette dell’ammirazione di letterati, teorici e musicisti. Poteva avere da tre a cinque corde accordate differentemente. Da questo strumento nasceranno le LIRE. VIOLA DA BRACCIO Questo strumento deriva direttamente dalla viella e, come la viola da gamba, adotterà degli incavi a semicerchio e la cavigliera piegata all'indietro. Il manico non è provvisto di tasti e le corde sono sei intonate per quarte. Inoltre vi sono delle aperture nella tavola armonica a forma di C, eredità della lira da braccio. In seguito la famiglia delle viole da braccio congloberà gli strumenti a quattro corde, e da questa sintesi nasceranno il violino e la viola. Le corde nelle viole da braccio erano meno numerose che nelle viole da gamba e fu quindi necessario, per percorrere un registro abbastanza esteso, accordare lo strumento per quinte. VIOLA DA GAMBA era una grande viola con sei o sette corde ed il manico tastato; le sue dimensioni potevano variare. Da essa scaturì il violone ed in seguito il violoncello. Andrea Amati sarà il primo grande costruttore di violoncelli. Lo strumento che manterrà una forma più simile alle antiche viole sarà il Contrabbasso.

Tastiere inventate prima dell’avvento del temperamento equabile, riproducenti i generi diatonico, cromatico ed enarmonico.

Tromba marina. 20

Gli strumenti a fiato più importanti furono i CORNETTI, la TROMBA, i FLAUTI e FAGOTTI, ma questi erano molto diversi dagli omonimi conosciuti oggi. I Fagotti derivarono dalla Bombarda, che generò anche gli oboi. Il CEMBALO, in forme e dimensioni diverse aveva almeno due “cugini”, il Clavicembalo (più grande e con due tastiere) e la Spinetta. Il CLAVICORDO differisce da questi perché presenta una tangente per le corde e non un saltarello che le pizzica. 18

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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LA MUSICA STRUMENTALE NEL RINASCIMENTO E NEL PRIMO BAROCCO GLI STRUMENTI E LA MUSICA STRUMENTALE

Solo a partire dal Rinascimento la musica strumentale intesa come creazione musicale ~ artistica autonoma cominciò ad avere importanza storica; nei secoli precedenti la musica strumentale era sempre subordinata a quella vocale, e sono nelle forme di danza, o nelle musiche l’accompagnamento per le solennità regali o religiose gli strumenti potevano avere maggiore eco / Dalla pratica antica di impiegare più strumenti nelle esecuzioni vocali polifoniche (raddoppio, sostituzione delle voci) si venne creando man mano una coscienza strumentale. Sin dall’inizio dell’”emancipazione” strumentale si usarono abbellimenti riempitivi per le linee melodiche eseguite dagli strumenti soprattutto a corda, che creavano suoni esili e brevi, per cui si sentì sin da subito la necessità di allungare, potenziare il suono degli strumenti; nacquero così quasi spontaneamente gli abbellimenti, e all’inizio i più frequenti furono: coloriture, passaggi, e diminuzioni Le prime composizioni strumentali autonome furono tutte quelle legate all’improvvisazione, e furono anche anteriori alle sedicesimo secolo. Nel ‘500 oltre alle forme legate all’improvvisazione cominciarono a nascere le prime semplici trascrizioni per strumento delle musiche vocali; l’illustre modello di partenza fu stampato da Ottaviano Petrucci. Successivamente si crearono forme strumentali ricavate dai modelli vocali, quindi non più trascrizioni, ossia: canzoni: simili alle chanson profane; ricercari: ove si imitava il contrappunto imitato di stampo vocale di scuola fiamminga. Le prime forme veramente autonome furono, sin dagli inizi, tutte quelle forme legate all’improvvisazione, come la toccata e le musiche per danza / Il Liuto è il principale strumento del Rinascimento e del primo Barocco; con il liuto si animavano gli intrattenimenti della società rinascimentale / L’Organo fu largamente usato nella musica liturgica sin dall’inizio. Meno florida era la musica per clavicembalo e per insiemi strumentali. I primi strumenti musicali che ebbero modo di sviluppare una grafia propria (autonoma cioè dalla grafia vocale) furono gli strumenti a tastiera e a pizzico; per loro furono “escogitati” dei disegni particolari che ne rappresentavano la morfologia. Questo sistema di scrittura si chiamò “intavolatura”; in una intavolatura viene disegnata la posizione delle dita sullo strumento e anche la durata di ogni suono / Le più antiche intavolature per strumento a tastiera si hanno a partire dagli inizi del 1500. 1

LE FORME STRUMENTALI Numerose e varie furono le forme strumentali, con tante tipologie di denominazione che determinano (a posteriori) un’incertezza terminologica; una stessa forma veniva designata con più nomi diversi, o uno stesso nome indicava forme diverse / Le principali forme di musiche distinguibili stilisticamente nel periodo in esame sono quattro, così come delineate dalle musicologo Willi Apel: > DERIVATE DAI MODELLI VOCALI, E IN CONTRAPPUNTO IMITATO: Ricercare, Canzona, Fantasia, Fuga > IN STILE IMPROVVISATO: Toccate e Ricercari per liuto > COMPOSIZIONI PER BALLO > IN STILE DI VARIAZIONI SU CANTO DATO O SU UN BASSO: Partite, Passacaglie, Ciaccone, Versetti, Corali.

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Intavolatura italiana per Liuto. F. Bossinensis: Tenori e contrabbassi intabulati col soprano in canto figurato per cantar e suonar col lauto” (Fossombrone, Petrucci, 1511).

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Pagina musicale del ‘600 scritta in modo che i tre esecutori (Altus, Tenor e Bassus) potessero leggerla seduti intorno a un tavolo. 2

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Ambrosius Dalza Ricercare III. Intavolatura per Liuto.

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CONTRAPPUNTO IMITATO Le più importanti forme di questa tipologia sono: RICERCARE Fu la forma più severa di contrappunto strumentale. La supposta derivazione dal Mottetto è stata confutata. Ricercare e canzona furono molto in voga dal 1550 al 1650, mentre la fuga (derivata dal canone) si diffuse dopo il 1650 / Vari soggetti musicali venivano svolti nelle diverse sezioni dei ricercari; si impiegavano le scale modali (> il temperamento equabile venne solo alla metà del 1600, ad opera di Werkmeister). Lo strumento principale per il quale si scriveva il ricercare era l’organo, ed anche il clavicembalo, Fra i maggiori compositori di ricercari si ricordano Andrea Gabrieli, A. Padovano, Claudio Merulo e soprattutto Girolamo Frescobaldi, il quale fu autore dei ricercari più elaborati e più fittamente contrappuntistici. L’influenza di Frescobaldi influì sui maestri tedeschi ed austriaci come Hassler, Froberger, Kerll / In Spagna il ricercare, chiamato tiento, si diffuse ad opera di Antonio de Cabezòn (1510 - 1566), che compose prevalentemente per strumenti a tastiera; i suoi Tientos per organo, mottetti strumentali basati sull'imitazione, si distinguono da composizioni analoghe di altri autori dell'Europa settentrionale per la loro straordinaria leggerezza. CANZONA STRUMENTALE Questa tipologia conobbe una grande varietà di nomi, e si ebbe sin dal 1500, quando comparvero le prime trascrizione strumentali delle chanson polifoniche francesi. Le prime canzoni strumentali di rilievo furono le elaborazioni da Chansons di maestri fiamminghi effettuate da Francesco Spinacio; seguirono le raccolte per organo di M. A. Cavazzoni del 1523 e del figlio Gerolamo del 1543. Col tempo le canzoni strumentali divennero più autonome, e furono l’imitazione allo strumento dei modelli vocali; ne composero A. Gabrieli, C. Merulo, Tarquinio Merula, che le fecero diventare delle forme completamente autonome, caratterizzate da alternanza fra metri binari e ternari, scrittura contrappuntistica imitata, libera ed omofonica. Rilevanti sono le composizioni di M. Ingegneri, F. Maschera. Nei soggetti iniziali prevalevano i modelli ritmici

; oppure

; oppure

. La fortuna della canzone la strumentale inizierà con il 1600 e fino al 1650.

FUGA Dopo il 1650 la FUGA si avviò a diventare la più complessa forma contrappuntistica nata dalle regole del contrappunto imitato; con l’avvento del temperamento equabile le moderne scale Maggiori e minori permisero una totale possibilità di modulazioni. Elementi principali della fuga sono: l’esposizione; i divertimenti; gli stretti; il pedale. La fuga si apre con l'esposizione, qui il soggetto viene presentato da una voce, ed è seguito da una risposta, in cui una seconda voce imita il soggetto, in genere a distanza di una quinta sopra la tonica o di una quarta sotto. La risposta può essere una ripetizione del soggetto (risposta "reale") o può presentare lievi variazioni (risposta "tonale"). Durante la risposta la prima voce prosegue con un contrappunto, cioè una linea melodica che si scontra con il soggetto e che viene detta controsoggetto. Entrano poi, se sono previste, altre voci con nuove enunciazioni del soggetto. Finita l’esposizione si presentano i divertimenti; questi consistono in una serie di passaggi in contrappunto libero costruiti su figure melodiche ricavate dal soggetto o dal controsoggetto. La fuga può impiegare procedimenti contrappuntistici come l’aumentazione (ossia quando i valori di durata del soggetto vengono aumentati) e la diminuzione (il procedimento opposto); l'inversione (ripetizione del soggetto con la melodia capovolta), e lo stretto (serie di entrate imitative serrate in cui ciascuna voce inizia prima che la precedente abbia finito di enunciare il soggetto). La parte conclusiva della fuga è affidata al pedale; questo consiste in lunga nota, tonica o dominante, sostenuta nel basso mentre le altre si intrecciano in contrappunto. J. S. Bach fu il più grande Maestro nell’arte della fuga / Molto spesso la fuga è preceduta da un’altra composizione in stile libero, più semplice e nella stessa tonalità, ossia il preludio, la toccata,o la fantasia. Nella fantasia si mescolarono stile libero e stile imitato; molto rilevanti furono le sei fantasie per virginale di William Byrd.

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M.A.Cavazzoni. Ricercare per organo, 1543.

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STILE IMPROVVISATO, LIBERO In questa tipologia rientrano tutte quelle composizioni per strumento a tastiera, ossia organo o clavicembalo. TOCCATA Nacque nel 1500 dalla necessità di anticipare sull’organo un preludio (che era improvvisato) allo scopo di intonazione per i canti liturgici; col tempo questo brano ebbe nomi diversi: preludio, intonazione, toccata, intrada / Al 1523 risalgono le prime toccate che presentano esplicitamente le caratteristiche della forma; queste furono stampate da Marco Antonio Cavazzoni, (che però furono ancora chiamate ricercari), e presentano accordi possenti e gravi alternati a rapidi passaggi di scale, arpeggi e figurazioni ornamentali / Claudio Merulo fu il massimo esponente del genere toccata fino a prima di Girolamo Frescobaldi. Le toccate per organo di Merulo presentano sezioni contrappuntistiche / Il genere toccatistico all’organo raggiunse il massimo sviluppo nel periodo antecedente a Bach G. Frescobaldi, mentre il repertorio delle toccate per clavicembalo fu incentivato da M. Rossi, Bernardo Pasquini e Domenico Zipoli, anch’essi molto influenzati da Frescobaldi.

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In Germania la produzione toccatistica vide l’influenza di J. P. Sweelinck; la toccata tedesca, rispetto al modello italiano, non presenta sezioni di fugato o imitato in favore di più numerose sezioni con scale e rapide figurazioni; le più alte vette del genere toccatistico si ebbero, anche qui, con J. S. Bach. In Germania lo sviluppo del genere toccata fu direttamente proporzionale allo sviluppo della tecnica costruttiva dell’organo seicentesco. In terra tedesca l’organo acquista più manuali, sviluppa la pedaliera più grande, e vede accresciuto il numero dei registri. L’organo italiano dello stesso periodo, invece, non era così ricco e perfezionato; aveva un solo manuale e pochi registri / Importanti sono i nomi di J. A. Reinken e Dietrix Buxtehude nel panorama della toccata tedesca luterana, i quali iniziarono la prassi di eseguire una toccata, o un preludio o una fantasia come brano antecedente di una fuga, avendo in comune solo la tonalità. RICERCARE PER LIUTO Questa è un’altra tipologia di composizione nello stile improvvisato libero, ed è stilisticamente molto simile alla toccata per organo, o per clavicembalo. Ottaviano Petrucci ebbe modo di stampare a Venezia molte raccolte per liuto. Fra gli autori più celebre di questa tipologia si riporta il nome di Francesco Spinacino. 8

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COMPOSIZIONI DA BALLO Nel Rinascimento nelle cerimonie di corte il ballo era molto richiesto, era un grande fenomeno di costume rinascimentale. Molti balli traevano origine dal popolo, ed erano variegati a seconda delle regioni (specie in Francia); dalla Spagna provenivano molte forme di danza / Le composizioni per ballo del ’400 erano improvvisate, e anche quelle manoscritte ci sono a noi sconosciute / Solo nel 1500, con la stampa e la più accurata precisione dei manoscritti, la produzione di musiche per danza venne più accuratamente conservata. Queste musiche erano destinate al liuto, al clavicembalo, e a gruppi strumentali. Nel Rinascimento nascono i primi balli di coppia; come si evince dagli scritti, e dalle raffigurazioni pittoriche, nelle corti erano molto praticate le “sfilate di coppie”. Le danze erano formate da gruppi di due o tre brani da eseguire insieme; la prima era in tempo lento e ritmo binario, e la danza si espletava con movimenti lenti, e gravi; la seconda era in tempo mosso e ritmo ternario, e la danza che ne scaturiva era realizzata con grazia, leggerezza ed anche esuberanza. La piva è il più antico fra quei balli derivati dal nome di uno strumento agreste (cornamusa, pipa); è una danza dal tempo pari e di carattere vivace, e nel 1500 è ancora di gran moda, ma scompare con l'avvento della gagliarda, danza più rappresentativa dello stile in voga nelle sale europee a partire dalla metà del XVI secolo. Pavana e gagliarda furono le tipologie più diffuse già all’inizio del 1500, seguite da Passamezzo e Saltarello. Il Saltarello era il ballo prediletto dai giovani, ma tende a scomparire verso la metà del 1500 risorgendo poi come danza popolare alla fine del 1700; era eseguito a coppie accompagnato dal canto e dal ritmo deciso del tamburello. Importanti, e dello stesso periodo, furono le forme Allemanda, che aveva tempo moderato e ritmo binario; la Corrente, costituita da ritmo ternario / In Germania erano note le danze chiamate Tanz e Nachtanz. IL BALLETTO

Il balletto nacque nel XVII secolo, e non aveva niente in comune con i balli di società. Era affidato ai professionisti e nacque nel momento in cui si viene a creare una scissione fra coloro che assistevano alla danza (il pubblico) e coloro che danzavano; non sono più danze cerimoniali affidate al ballo dei nobili, ma danze eseguite da professionisti. Nacque in Italia, intorno al 1400, è una delle prime forme di danza scenica fu la Moresca. Era molto popolare in Italia nel 1400, e si inserì facilmente negli intermedi, nei trionfi e nelle mascherate spettacolari; il sostegno musicale è elementare e ritmato. In origine era una danza a due, che mimava la lotta tra il “campione” cristiano contro quello islamico / Sin dalla sua nascita il balletto convoglio l’attenzione dei suoi adepti nel creare dei trattati di tecnica per bene seguirli. Importanti sono le seguenti personalità italiane in quanto hanno dato un contributo scritto ai fondamenti della tecnica del balletto. Domenico da Piacenza (1439 ca. - 1470) Maestro di ballo e teorico della danza. Attivo alla corte di Ferrara e Milano. Autore del primo trattato di coreografia, De arte saltandi et choreas ducendi , dal 1456 al 1470 al servizio della corte d’Este quindi si sposta a Forlì. Nell 1465 ritorna a Milano dove cura i festeggiamenti per le nozze di Eleonora d’Aragona e del duca di Bari. Antonio Corazzano (Piacenza 1430 - Ferrara 1484) Poeta. umanista e maestro di ballo italiano, allievo di Domenico da Piacenza. Nel 1455, in occasione del fidanzamento di Ippolita d’Este con il duca di Calabria, scrive un trattato, diviso in due parti, in cui definisce la perfetta arte coreografica distinguendo quattro forme musicali di base e descrive analiticamente numerose danze. Pompeo Diobono (entro 1500 - Milano dopo 1550) Maestro di danza e ballerino italiano. Fondatore di una scuola dl ballo nobile a Milano. la più celebre dell’epoca in Europa. E’ di grande importanza per la diffusione della danza aulica italiana. Nel 1554 è invitato a Parigi e incaricato dell’educazione di Carlo duca d’Orléans, figlio di Enrico II. Cesare Negri (detto il Trombone Milano 1535 circa — dopo il 1604) Maestro di danza e ballerino italiano. A Milano è allievo di Pompeo Diobono. Attivo come coreografo in feste ufficiali e private; redige a Milano il trattato Le Gratie d’Amore, ristampato col titolo Nuove lnventioni di Balli nel 1604. Marco Fabrizio Caroso (Sermoneta circa 1535- dopo il 1605) Ballerino, teorico della danza e compositore italiano. Vive a Roma., Nel 1581 pubblica a Venezia il trattato il Ballarino, riedito nel 1605 con il titolo Nobiltà di Dame. Lo scritto, suddiviso in 2 libri (teorico e breve uno, pratico ed esteso l’altro), fornisce un ampio compendio sulla danza aulica italiana, da cui si sviluppa in Francia il ballet de cour. 9

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VARIAZIONI Molto usata fu la tecnica della variazione nella musica strumentale del ’500 e del ’600; come procedimento compositivo fu usato in tutte le forme musicali praticate (contrappunto imitato, musiche per ballo, ecc), a tal punto che il secolo venne denominato a posteriori età della variazione / Vi sono due tipologie principali di variazione: VARIAZIONI SU UN BASSO OSTINATO Tipologia molto usata sino al 1700; si espletava su poche battute, quattro, che venivano più volte ripetute facendo variare le parti soprastanti. I Virginalisti inglesi coltivarono molto questa prassi / La principale forma di variazione è quella ornamentale che è applicata alla melodia / Molto usata fu la forma della variazione in Inghilterra (> Byrd), che assunse il nome di Ground / In Italia, Francia e Germania questa tipologia di variazione fu usata nelle forme fra loro affini di Ciaccona e Passacaglia, che derivarono da precedenti danze con tempo moderato e ritmo ternario VARIAZIONI SU UNA MELODIA È una tipologia consistente nel presentare più volte la stessa melodia in maniera tale da essere sempre riconoscibile, ma alterandola di volta in volta con rapide figurazioni di carattere virtuosistico. In Spagna questa forma di variazione era denominata diferencias (per liuto o strumenti a tastiera) e fu in voga per tutto il ‘500. Le diferencias si basavano su temi popolari; importanti furono le diferencias di Cabezòn / Nel 1600 si diffusero in Italia le Partite, che erano successioni di “parti”, ossia variazioni, di melodie note; le più diffuse furono la Follia, la Bergamasca, la Monica, il Ruggero; queste composizioni erano per organo o clavicembalo, ma anche per uno o due violini e b.c. Notevoli composizioni del genere furono scritte da S. Rossi, Tarquinio Merula, ma soprattutto da Girolamo Frescobaldi. Questa forma di variazione fu adoperata anche nella musica liturgica, ove, dal 1500 in poi, si svilupparono alternanze fra canto dei più semplici cantus firmi (insieme ai versetti) da parte dei fedeli, e interventi d’organo che realizzava fioriture del cantus firmus delle strofe non intonate dai fedeli; da questa prassi derivarono le Messe d’organo (ne composero G. Cavazzoni, A. Gabrieli, C. Merulo). La chiesa luterana fruì pienamente questa tipologia, cosicché nel rito luterano si diffuse l’usanza di far precedere il corale cantato dai fedeli dall’esecuzione del corale stesso all’organo; ciò comportò la nascita di una nuova forma compositiva organistica: il preludio al corale (Choralvolspiel). Qui le melodie dei corali erano eseguite all’organo con valori larghi; la melodia era sempre facilmente riconoscibile, e sopra di essa l’organo completava il brano in maniera contrappuntistica. Fra il 1600 ed il 1750 i maggiori compositori luterani di corali per organo furono Samuel Scheidt (1587 - 1654) e Franz Tunder (1614 - 1667). J.S.Bach con i suoi 150 brani organistici basati sui corali portò al massimo sviluppo questo genere.

Principali melodie di danze e forme di variazione in uso per tutto il seicento.

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Trascrizione in notazione moderna di un tema di Follia spagnola risalente al sedicesimo secolo.

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Prima parte di una Passacaglia di Girolamo Frescobaldi. In quel periodo non era ancora in uso il rigo musicale formato da cinque linee in quanto non era ancora stato messo a punto il sistema dei tagli addizionali, per cui il rigo superiore presenta sei linee mentre Polo inferiore presenta otto.

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Preludio al corale di D. Buxtehude.

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I COMPOSITORI Gli autori di musica strumentale di questo periodo componevano musica per il loro strumento suonato quotidianamente; alcuni compositori si dedicarono solo al loro strumento, mentre altri si preoccuparono di un più ampio organico strumentale. Fanno eccezione i due Gabrieli, Byrd, gli Sweelinck e gli Scheidt, in quanto composero sia musiche vocali che strumentali. ORGANISTI E CLAVICEMBALISTI IN ITALIA

Le composizioni realizzate fra il 1500 di 1600 potevano essere destinate all’organo oppure al clavicembalo (e derivati, compreso il clavicordo), anche se molte potevano essere eseguite sull’uno o sull’altro strumento. Recentemente il musicologo Willy Apel ha portato avanti la tesi filologica di non considerare le composizioni di questo periodo come concepite per un solo strumento, ma di definirle semplicemente “composizioni per strumenti a tastiera”; la proposta è mossa dal fatto che in quel periodo gli esecutori non avevano ancora sviluppato una diversa tecnica esecutiva, nonché compositiva, a seconda della tipologia di strumento da tasto sopra elencate. Infatti in molti volumi di composizioni a stampa si apponevano indicazioni del tipo “per ogni sorta di istromenti da tasto, o da penna”, oppure “per cembalo o sia organo” oppure (in Francia) “pour le orgues, ou espinettes et manicordions”. Analogamente nei paesi germanici il termine Klavier indicava genericamente “tastiera”. L’arte clavicembalistica ed organistica italiana assunse un posto di rilievo nel panorama europeo fra 1500 e 1600, da Marco Antonio Cavazzoni (Bologna 1485 - 1570) a Giovanni Gabrieli / M. A. Cavazzoni scrisse una raccolta di Ricercari, Mottetti e canzoni, 1523, che rappresenta la prima importante testimonianza italiana per strumenti a tastiera. Il figlio Girolamo Cavazzoni (1510 - 1565) compose delle intavolature per organo in 2 libri, 1543 e 1549, ove sviluppa ed amplia il modello paterno. I due organi della cattedrale di S. Marco a Venezia furono il centro creatore della più importante produzione organistica della seconda metà del 1500; i due Gabrieli ne furono i più alti rappresentanti. Anche a Napoli dal 1570 si affermò una scuola organistica e cembalistica che aveva preso le mosse dal movimento culturale promosso da C. Gesualdo da Venosa / A Napoli si riscontra una produzione non influenzata dai maestri veneziani bensì dall’opera dello spagnolo Cabezòn. I più importanti Maestri organisti e cembalisti napoletani furono: Antonio Valente (1520 - 1600) Rocco Rodio (1530 - 1615) Le stampe napoletane si differenziavano da quelle veneziane, scritte in due righi, perché erano scritte in partitura su quattro righi, che corrispondevano alle voci della notazione contrappuntistica. 13

MARCO ANTONIO CAVAZZONI (Bologna 1490 - Venezia 1570)

Detto anche Marco Antonio da Bologna operò alla corte dei duchi di Urbino, e in seguito fu cantore a Venezia al servizio del cardinale Bembo e di Papa Leone X / Lo si può considerare il primo musicista che compose direttamente per strumento a tastiera. Oggi di lui si conserva il volume di ricercari, mottetti e canzoni pubblicato nel 1523.

GIROLAMO CAVAZZONI (1510 - 1565)

Detto anche Girolamo d’Urbino, lasciò una traccia musicale più corposa rispetto a quella del padre, e operò a Mantova; e gli è considerato uno dei maggiori compositori di musica sacra organistica del 1500. Pubblicò tre libri di composizioni per strumento a tastiera (in forma di intavolatura), che contenevano ricercati, canzoni, inni e messe. Elaborò la forma del ricercare in senso polifonico e politematico.

CLAUDIO MERULO (Correggio, Reggio Emilia

1533 - Parma 1604)

Fu la più importante personalità organistica del tempo. Organista a Brescia e a Venezia fino al 1584, si trasferì probabilmente a Mantova e poi, due anni dopo, fu al servizio del duca di Parma. Accanto all'attività di compositore e di organista, in cui fu apprezzato per le sue eccezionali qualità di esecutore, nel 1566 fondò una società editrice di musica, che pubblicò tra l'altro opere di Andrea Gabrieli e Giovanni da Palestrina. Compose musiche per il teatro e musica vocale (mottetti e madrigali), ma di grande rilievo è soprattutto la sua produzione organistica che comprende 4 libri di messe d’organo, messe, 3 libri di ricercari, e di canzoni, 2 libri di 17 toccate. Le sue toccate con il loro brillante virtuosismo e la solidità dell'impianto segnano il superamento del carattere di improvvisazione tipico della musica organistica dell'epoca.

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GIROLAMO FRESCOBALDI

(Ferrara 1583 - Roma 1643)

Insieme a Monteverdi e Schütz fu una delle più importanti personalità musicali del suo tempo; inoltre egli viene annoverato insieme a J. S. Bach, F. Couperin, e D. Scarlatti, ossia fra i più importanti creatori di musiche per strumenti a tastiera del barocco.

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Compositore e organista italiano. Figlio di Filippo Frescobaldi, anch'egli organista, Girolamo studiò a Ferrara con Luzzasco Luzzaschi. Dopo la morte del duca Alfonso (1597), che non lasciò eredi, e la conseguente estinzione del casato, Ferrara venne assorbita dallo Stato Pontificio. Quella che era stata una delle corti più vive del Rinascimento italiano vide allontanarsi a una a una tutte le personalità che l'avevano animata; non ultimo Frescobaldi, che si trasferì a Roma lavorando come organista prima nella chiesa di Santa Maria in Trastevere e, dal 1608, nella Cappella Giulia in San Pietro. Frescobaldi visse tutta la sua vita a Roma, a eccezione di un periodo di due mesi trascorso a Mantova presso i Gonzaga (1614) e di un incarico di quasi sei anni (1628-1634) presso la corte del granduca di Toscana Ferdinando II. La sua attività compositiva fu quasi interamente dedicata agli strumenti a tastiera, e si divide in sette raccolte a stampa:

Il primo libro delle fantasie a quattro

(1608); contiene 12 fantasie fino a quattro soggetti stampate in partitura quattro righi. (1615); vi sono 10 ricercari e cinque canzoni strumentali.

Ricercari e canzoni francesi Toccate e Partite d’intavolatura di cimbalo libro primo (1615); questo è uno dei più importanti volumi dell’opera di Frescobaldi. Nella prefazione vi è una descrizione in merito alla prassi esecutiva degli strumenti a tastiera del suo tempo. Sono presenti partite di arie famose (La Follia, La Romanesca, Il Ruggero).

Il primo libro di capricci fatti sopra diversi soggetti II secondo libro di toccate, canzoni... Fiori musicali di diverse composizioni Canzoni alla francese in partitura

(1624); (1627); questa è una delle raccolte più ricche varie. (1635); questa fu l’ultima raccolta, e fu anche la più famosa. Contiene tre messe d’organo e due capricci. (1645, postuma)

LIUTISTI

Il liuto fu uno fra i più diffusi strumenti del rinascimento e del periodo successivo per quattro, almeno, importanti motivazioni: 1) era comodo da maneggiare; 2) si poteva suonare facilmente grazie alla circolazione delle intavolature; 3) il suo suono era dolce e di non grande sonorità, adatto alle situazioni cameristiche; 4) poteva essere sia uno strumento solista e sia un valido accompagnamento. In Italia la scuola liutistica fu in voga per poco più di cento anni dal 1500 al 1600. I nomi più importanti furono: Francesco Spinacino, Ambrosio Dalza (Petrucci stampò le loro composizioni) F. Canova (definito “divino” dai contemporanei) Vincenzo Galilei. In Francia dopo il 1550 le musiche per liuto furono quelle legate al ballo e gli airs de cour . Maggiore fortuna ebbe il liuto in Germania, ove fu uno strumento solista fino alla metà del 1700. Il maggior liutista del tempo fu Sylvius Leopold Weiss (1686 - 1750). In Inghilterra dal 1500 al 1600 si impose la figura di John Dowland; importante è il suo Lacrymæ, 1604. In Spagna si diffuse un tipo particolare di liuto a sei corde chiamato vihuela de mano; il più importante compositore fu Antonio de Cabezòn.

Nei Fiori musicali egli abbandona la pratica dell’intavolatura in favore della partitura con pentagrammi separati per ogni voce. Tenuto in grandissima considerazione dai suoi contemporanei, Frescobaldi, pur nel rispetto della tradizione compositiva della musica rinascimentale, assorbì la lezione dei maestri napoletani, ed è ritenuto un grande innovatore: le sue armonie, che osano cromatismi e dissonanze (chiamate da lui “durezze e ligature”) mai sperimentati prima di allora, hanno reso le toccate, le fantasie, i capricci, i ricercari e le altre opere per tastiera del grande compositore un repertorio caratterizzato da una grande forza e fantasia / La sua raccolta Fiori musicali (1635, quarantasei brani di cui solo gli ultimi due profani) lasciò un'impronta così profonda sul giovane J.S.Bach da spingerlo a ricopiarla integralmente (per averne un duplicato a scopo di studio) / il suo catalogo compositivo comprende anche musica sacra. 14

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G. Frescobaldi Toccata terza 1637. Trascrizine in notazione moderna. 20

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I VIRGINALISTI INGLESI In Inghilterra si impiegavano strumenti da tasto già dal 1300, come testimonia il Robertsbridge, il più antico manoscritto di musiche per organo inglese / Dal 1560 al 1600 nell’Inghilterra elisabettiana vi fu una floridissima produzione virginalistica, che consolidò la nascita della scuola virginalistica inglese, che produsse il più corposo insieme di composizioni clavicembalistiche del primo barocco europeo. Bisogna precisare che gli inglesi chiamavano virginals tutti gli strumenti a corde pizzicate e che avessero una casa rettangolare / Le maggiori personalità per tre generazioni furono William Byrd, John Bull, e Orlando Gibbons. Due importanti fonti ci immettono nel mondo virginalistico inglese del periodo: il PARTHENIA Fu stampato nel 1611 e contiene 21 composizioni di Byrd, Bull e Gibbons; il FITZWILLIAM VIRGINAL BOOK Manoscritto dell’inizio del 1600 contenente 300 brani di vari virginalisti. In Inghilterra i virginalisti usavano tre principali forme: La Fancy una forma di fantasia che era molto più estesa della coeva forma italiana; La variazione, e le Musiche per ballo; in questa tipologia si aveva l’accoppiata pavana - gagliarda, entrambe constavano di tre sezioni da 8 o 16 misure. Nelle gagliarde non si svolgeva lo stesso tema delle pavane. Altre forme di danza erano le alman, (corrispettivo inglese di allemanda), le coranto, e le gighe.

WILLIAM BYRD (Lincoln 1543 - Stondon Massey, Essex 1623) 22

Esempio tratto dal «Capriccio cromatico con ligature al contrario» di G.Frescobaldi; qui il geniale compositore “dichiara” di sovvertire una delle principali “regole” contrappuntistiche ossia che i ritardi armonici dissonanti debbano essere risolti all’ingiù; infatti vengono risolti all’insù! 21

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Massimo musicista dell'età elisabettiana. Fu organista nella cattedrale di Lincoln dal 1563 al 1572, anno in cui passò alla Royal Chapel. Nel 1575 Elisabetta I concesse a lui e al suo maestro Thomas Tallis il monopolio della stampa e del commercio di musica e carta da musica, concessione che rimase a Byrd alla morte di Tallis, nel 1585 / Seppe eccellere in ogni genere musicale, vocale o strumentale che fosse; compose musiche per il rito anglicano e circa 60 anthems.

La musica da chiesa in latino è considerata l'apice della sua produzione; questa mostra infatti un respiro e un'intensità che non hanno paragoni nella musica inglese. Le sue opere maggiori in latino sono le tre messe, i due volumi di Cantiones Sacrae, 1589, e i due volumi di Gradualia, 1605 - 1607 (un ciclo che copre tutto l'anno liturgico) / Fu tra i primi a comporre per complessi di viole. La sua musica vocale profana comprende liriche per voce e complesso di viole. I suoi oltre 140 pezzi per virginale contribuirono a fondare la scuola dei virginalisti inglesie nella forma delle variazioni egli manifesta la sua grande abilità compositiva / Se paragonato ai contemporanei, e in particolare all'esperienza italiana (dalla quale fruì i principali connotati del gusto barocco), il linguaggio armonico e stilistico di Byrd risulta conservatore; ciononostante, la sua abilità di polifonista, combinata con l'ambivalenza di sentimenti della sua condizione di cattolico nell'Inghilterra protestante, creò opere dotate di una profonda carica emotiva.

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JOHN BULL (Radnor, Galles 1562. - Anversa 1628)

Uno dei maggiori virtuosi di clavicembalo e organo del suo tempo. Nel 1573 divenne corista della cattedrale di Hereford e dopo un anno faceva già parte del coro della Cappella Reale. In seguito fu organista della regina. Nel 1597 fu eletto primo lettore e insegnante di musica del Gresham College di Londra / La sua abilità come esecutore e la sua grande esperienza come costruttore di strumenti musicalilo resero celebre nei Paesi Bassi. Dal 1617 al 1628, poco prima della morte, fu organista della Cattedrale di Anversa.

Fancy per double organ di O. Gibbons 1620.

Le sue composizioni rimaste sono prevalentemente dedicate agli strumenti a tastiera per i quali scrisse circa 200 composizioni. Le difficoltà tecniche dei brani testimoniano la sua abilità come interprete, mentre le intricate strutture ritmiche e contrappuntistiche provano la sua formidabile intelligenza creativa. ORLANDO GIBBONS (Oxford 1583 - Canterbury 1625) 23

Organista della Cappella reale dal 1605, virginalista di corte dal 1619 e organista all'abbazia di Westminster dal 1623. Gli anthems di Gibbons sono tra i brani più significativi della musica liturgica anglicana, composti sia nello stile antico a cappella che con accompagnamento di organo o di viole. Tra quelli per coro a cappella si ricordano Hosanna to the Son of David e O Clap Your Hands. Tra i suoi madrigali spiccano The Silver Swan ed il cupo What Is Our Life?

Le sue opere per virginale includono danze stilizzate come la pavana Lord Salisbury, fantasie contrappuntistiche e variazioni su temi popolari / Lo stile di Gibbons è piuttosto conservatore; l’osservanza della scrittura polifonica, in cui ciascuna voce è indipendente e uguale per importanza alle altre, si trova in particolare nelle sue composizioni per voce e gruppo di viole, dove gli strumenti non sono un mero accompagnamento al canto, ma parte integrante della struttura della composizione. Il suo catalogo per organo e per virginale comprende 45 preludi, 2 fancy, oltre a pavane e gagliarde e brani con variazioni. 17

JAN PIETERSZTOON SWEELINCK (Deventer 1562 - Amsterdam, 1621) 25

Compositore e organista fiammingo; fu il solo musicista importante della zona compresa nei Paesi Bassi. Dal 1577 fino alla morte fu organista della Oude Kerk (Chiesa vecchia) di Amsterdam, ricoprendo la carica che era già stata di suo padre e assolvendo anche alle mansioni di direttore del coro e di insegnante. Ultimo rappresentante della scuola fiamminga, Sweelinck costituisce un costante punto di riferimento in quella tradizione organistica nordica che ha visto il suo punto più alto nella musica di Buxtehude. Sensibile al clima culturale tedesco, assorbì la scuola dei virginalisti inglesi e fu profondamente influenzato dalla musica italiana.

Sweelinck scrisse circa 60 composizioni per organo e alcune composizioni vocali. Di queste, ricordiamo i quattro libri di brani polifonici (a 4 - 8 voci), i Salmi di Davide, 1604 - 1621, composti sul testo in versione francese del poeta Clément Marot.

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GLI ORGANISTI DELL’AREA TEDESCA FINE XVI SECOLO

HANS LEO HASSLER (Norimberga 1564 - 1612)

Con l’avvento del Barocco la Germania fece sfoggio di una imponente produzione musicale inerente l’organo; cembali ed organi furono l’oggetto delle attenzioni dei maggiori (e minori) musicisti di tutta la Germania. La moderna musicologia ha distinto tre principali scuole: AREA MERIDIONALE, AREA AUSTRIACA, BAVIERA CATTOLICA. Nella Germania centrale e settentrionale si professava la confessione luterana (Halle, Norimberga, Leipzig, Hamburg, Lubecca).

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Principale figura organistica di rilievo della Germania meridionale a cavallo fra XVI e XVII secolo, fu organista a Norimberga, Ulm ed infine Dresda / Il suo catalogo comprende 110 composizioni per organo che annoverano composizioni liturgiche, una Messa d’organo, ricercari, toccate. Evidente fu l’influsso di Andrea Gabrieli e del repertorio italiano rinascimentale in genere nel suo stile . La sua storica importanza in ambito musicale risiede nel fatto che egli rappresenta un anello di congiunzione fra scuola veneziana e la nascente scuola organistica tedesca. 28

SAMUEL SCHEIDT (Halle 1587 - 1654) 26

Allievo di Sweelinck fu organista ad Halle dal 1609. Molto apprezzata dai contemporanei fu la sua produzione vocale direttamente influenzata dai fiamminghi, ossia le Cantiones sacræ e Geistliche Conzerten.

La sua grande importanza risiede nella produzione organistica; egli contribuì grandemente allo sviluppo della tecnica esecutiva e della tecnica del pedale. Egli sviluppò la tecnica delle variazioni su tema di corale. Nell’opera Tabulatura Nova, 1624, in tre parti, egli abbandonò la pratica dell’intavolatura tedesca per organo in favore della partitura italiana con pentagrammi separati per ogni voce. Questa fu la sua opera per organo più importante. L’altra sua opera importante è Tabulatur Buch, 1650, che è una raccolta di 100 corali per organo ove già il senso melodico orizzontale ha ceduto il passo alla coscienza armonica accordale, verticale. Queste due opere sono considerate la base della scuola Scheidt ritratto sul frontespizio a stampa della sua organistica della Germania settentrionale.

Organo positivo tedesco del sec. XVII.

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Organo della Chiesa Maria Thalkirchen, Monaco, 1630.

raccolta Tabulatura Nova, 1624.

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VIRGINALE Strumento musicale simile alla spinetta. Il virginale fa parte della famiglia dei clavicembali e fu uno degli strumenti a tastiera più diffusi in Inghilterra e nelle Fiandre nel XVII secolo. Ha forma trapezoidale, gambe svitabili e monta corde trasversali rispetto alla tastiera, che ha un’estensione media di quattro ottave. Nato come strumento a uso domestico, il virginale deve probabilmente l’etimologia all’ampia diffusione tra le giovani benestanti dell’epoca, per le quali la musica rappresentava una forma di educazione e di intrattenimento. A partire dalla seconda metà del Cinquecento vennero pubblicate in Inghilterra raccolte di composizioni per lo strumento dette Virginal Books.

CLAVICEMBALO

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Strumento a corde con tastiera, nel quale le corde vengono pizzicate per poter produrre il suono. Venne sviluppato a partire dal XIV secolo e, in misura più significativa, nel secolo successivo. La sua diffusione fu notevole fra il XVI e la fine del XVIII secolo, quando cedette il suo ruolo al pianoforte. Il clavicembalo possiede usualmente una cassa a forma di ala ma più lunga e stretta. I clavicembali sono stati costruiti anche con altre morfologie, determinando così la nascita degli altri strumenti affini, ossia il virginale (più piccolo del clavicembalo e di forma oblunga), la spinetta (di forma poligonale e di dimensioni ridotte) e il meno diffuso clavicitherium (una sorta di clavicembalo verticale). Fra il XVI e il XIX secolo i termini spinetta e virginale sono stati utilizzati, impropriamente, come sinonimi.Tutti i clavicembali possiedono il medesimo sistema di meccanica per produrre il suono. A ogni corda, singola, corrisponde un tasto; un'estremità di quest'ultimo, rivolta verso l'esterno, viene premuta dall'esecutore, mentre l'altra estremità è collegata a un salterello, l'astina di legno alla cui sommità viene inserito un plettro. Quando preme il tasto, il salterello si solleva permettendo al plettro di pizzicare la corda. Il salterello è dotato di un sistema di scappamento grazie al quale nel percorso di discesa non pizzica nuovamente la corda. Poiché il volume sviluppato da una corda pizzicata in questo modo non varia aumentando la pressione sulla tastiera, nel corso del tempo sono stati sviluppati alcuni sistemi per ovviare alla limitazione. Molti clavicembali possiedono infatti almeno due file di corde, con due file corrispondenti di salterelli. Grazie a un sistema meccanico, il cosiddetto registro, è possibile utilizzare una o più file simultaneamente, aumentando o diminuendo conseguentemente l'intensità sonora. Una fila di corde può essere intonata un'ottava sopra rispetto alla fila di base: in questo caso è chiamata a quattro piedi, mentre la fila di base è definita a otto piedi. Alcuni clavicembali tedeschi del Settecento possiedono una fila di corde intonate un'ottava più grave rispetto all'otto piedi, e cioè a sedici piedi. I clavicembali possono inoltre possedere due tastiere, utilizzabili contemporaneamente o separatamente, aumentando così ancor più le possibilità espressive di timbro e di volume. Uno strumento tipico a due tastiere del Settecento possiede nella tastiera inferiore due registri, uno a otto e uno a quattro piedi, in quella superiore un registro a otto piedi e un meccanismo di controllo che permette alle tastiere di suonare unitamente. 30

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Cembalo costruito da Giuseppe Solfanelli. Pisa 1729.

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CLAVICORDO La forma più antica di strumento musicale a corde percosse e tastiera. Le corde sono tese fra le caviglie di accordatura all'estremità destra e i perni inseriti sul lato sinistro. Il clavicordo, fu particolarmente diffuso fra il XV e il XVIII secolo. Ogni tasto possiede a una estremità una piccola lamina di ottone, detta tangente. Quando l'esecutore preme il tasto, la tangente si solleva e percuote la corda. In questo modo si può controllare l'intensità del suono ed è anche possibile produrre il vibrato (in tedesco Bebung). La tangente si abbassa rilasciando il tasto e il suono viene definitivamente smorzato da feltri posti in prossimità del ponticello. Alcuni clavicordi antichi possedevano due, tre o quattro tangenti che percuotendo la corda a diverse altezze potevano produrre serie di note differenti. I clavicordi più recenti non recano più traccia di questo sistema. Un clavicordo tipico del XVIII secolo è lungo circa 2,5 metri, con un'estensione di cinque ottave. Pur nell'ambito della sua caratteristica delicatezza di timbro, il clavicordo può produrre una grande varietà espressiva. Alcuni compositori, in particolare nordeuropei, hanno colto al meglio le qualità dello strumento: pagine pregevoli sono state scritte al riguardo da Carl Philipp Emanuel Bach.

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Spinetta ovale tedesca del 1693.

Meccanismo del clavicordo: a tasto, b tangente, c corde.

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SPINETTA Del clavicembalo, che fa parte degli strumenti a corda pizzicata, esistono numerose varietà, come il virginale, o la spinetta. 20

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992

1 Enciclopedia della Musica A. Vallardi, Garzanti editore, 1995 2, 5 a, 7, 9, 10, 16, 22, www.icking-music-archiv.org 3 Enciclopedia Classica, Bach, Milano, Fabbri editori, 1985 4, 30, 31, 32, 35, 36, 37 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 5 www.web.tiscali.it 6 Jeppesen, Knud, Die Italienische Orgelmusik am Anfang des Cinquecento, Koebenhavn, W. Hansen, 1960 8 Schering, A., Geschichte der Musik in Beispielen, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1931 11, 13, 23 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, II Vol. 12, 20, 21, 25, 33 www.wikipedia.org 14 www.folias.nl 15 www.delcamp.net 17 xoomer.virgilio.it 18 www.geocities.com 24 www.nndb.com 26 www.bl.uk.org 27 www.hoasm.org 28 www.ralphnickles.de 29 www.portrait.kaar.at 31 www.deutsches-museum.de 34 Ortus musicæ n° 12, settembre - ottobre 2002

Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, II Vol. Gallico, Claudio, L’età dell’Umanesimo e del Rinascimento, Storia della Musica, terzo volume, Torino, EDT, 1978 Bianconi, Lorenzo, Il Seicento, Storia della Musica, quarto volume, Torino, EDT, 1982 Basso, Alberto, L’età di Bach e di Handel, Storia della Musica, quinto volume, Torino, EDT, 1976 Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 Sachs, Curt, The History of Musical Instruments, W.W. Norton & Co (Trad. It. Storia degli strumenti musicali, Milano, Arnoldo Mondadori, 1980) Jeppesen, Knud, Die Italienische Orgelmusik am Anfang des Cinquecento, Koebenhavn, W. Hansen, 1960 Schering, A., Geschichte der Musik in Beispielen, Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1931 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia della Musica A. Vallardi, Garzanti editore, 1995 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation Ortus musicæ n° 12, settembre - ottobre 2002 www.webalice.it/alicecastle/danza.htm www.icking-music-archiv.org www.web.tiscali.it www.wikipedia.org www.folias.nl www.delcamp.net xoomer.virgilio.it www.geocities.com www.deutsches-museum.de www.nndb.com www.bl.uk.org www.hoasm.org www.ralphnickles.de www.portrait.kaar.at

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LA NASCITA DELL’OPERA IL BAROCCO {1600-1750} Stilisticamente compreso fra l’età di Monteverdi e quella di Bach ed Händel. Per molto tempo la produzione musicale e artistica in genere del periodo barocco venne etichettata in senso dispregiativo perché bizzarro, esagerato (> Rousseau); sarà solo alla fine del XIX secolo che si avrà una rivalutazione del termine e di tutto ciò a cui esso rimanda, quando la musicologia capì che il barocco non fu solamente il prolungamento in declino del Rinascimento, ma una nuova originale espressione artistica frutto di una nuova epoca. CULTURA

Italia culla del barocco > Roma / Magnificenza ed arditezza delle creazioni nelle varie arti > G.Bernini, F.Borromini, G.Guarini (architettura); G.Marino (poesia) massimo artefice, nel ’600, della lirica concettosa / Rifiuto dei modelli precedenti (classici, rinascimentali) > esuberanza, linee ondulate, effetti sbalorditivi, ecc. al posto di equilibrio, regolarità sobrietà > stupire, meravigliare, fare spettacolo / Nel 1602 a Venezia viene pubblicato “Le Rime” di G.B.Marino, con quest’opera egli diventerà il poeta del secolo; i suoi testi furono usati dai compositori per realizzare decine e decine di madrigali, es “Giunto è pur Lidia il mio”, “Pallidetto mio sole”; l’arguzia poetica di Marino sta nella scelta di sei versi rimati e raggruppati a due a due in stretta simmetria > SINTETICITÀ, che ben conveniva ai madrigalisti / Il suo capolavoro fu il poema mitologico L’Adone, ove egli esalta anche i “nuovi” cantanti > Adriana Basile.

MUSICA E SOCIETA’ BAROCCA

Età della controriforma e delle monarchie assolute. L’Europa di questo periodo vede una profonda crisi economica e sociale; vi fu pure un brusco calo demografico (> pestilenza). I governi acuirono la loro autorità nei confronti della povera gente > la Francia di Luigi XIV. Le monarchie assolute si valsero del potere persuasivo dell’arte barocca > suadente, commovente / Le nuove scoperte geografiche cominciarono a spostare l’attenzione economica verso il Nord / La Festa > la più originale ed innovativa manifestazione della nuova società barocca > musica componente di prim’ordine: feste profane (cerimonie, cortei, cavalcate, giostre) feste religiose (riti, incoronazioni, processioni) / Nuova concezione del “rappresentare” > oratorio, passione (nelle chiese) / Nelle corti > musica segno di indispensabile sviluppo, regalità; le corti divennero centri di attiva cultura musicale > principi e principesse “dovevano” sapere di musica; ciò era reputato socialmente importante (“tradizione” iniziata nel ‘500 > Il Cortegiano). Grande fama acquistano i “nuovi” virtuosi del canto: le corti ed i principi si contendono i pochi grandi virtuosi del tempo: Adriana Basile, i Caccini (padre e figlie) Vittoria Archilei / Prestigio inequiparabile era per un musicista divenire Maestro di Cappella, director musicae.

STILE MUSICALE BAROCCO

Studi musicologici sulla definizione del Barocco > Bukofzer, Riemann > età del basso continuo / Lo stile musicale del barocco, così come per le altre forme d’arte, si distaccò completamente dalle precedenti tradizioni > cinque sono i cardini principali rispetto al rinascimento, nati da tutta una serie di pratiche e sperimentazioni che riempirono il ‘500,ossia: 1) ADOZIONE DI PIÙ STILI: (nel primo ‘600 si comincia a sentire il “problema” della classificazione degli stili in uso) polifonico, severo, palestriniano > musica sacra stylus ecclesiasticus; omofonia > musica da camera: madrigali, musica vocale con b.c. o con più strumenti, stylus cubiculares; omofonia > opera stylus theatralis; questi termini (o sinonimi di essi) si ritrovano nelle cronache scritte di importanti personalità culturali del tempo; i tre sopra citati furono compilati dall’erudito Marco Scacchi nel suo “Breve discorso sopra la musica moderna”, 1649 completato dal suo allievo Angelo Berardi. 2) IMPORTANZA DELLA MUSICA STRUMENTALE 3) LA MONODIA SI IMPOSE SULLA POLIFONIA: organizzazione gerarchica delle voci > non più tutte con la stessa importanza > la voce superiore (cantata o suonata) primeggia; basso > solamente sostegno armonico; annullamento delle voci interne condensate negli accordi del b.c. > sviluppo dell’armonia; la tonalità sostituisce la modalità. 4) PROLIFERAZIONE DELLE FORME: accanto a Messa, Mottetto, Madrigale (per poco), si svilupparono nuovi generi e nuove forme: opera, balletto, oratorio; forme strumentali: sonata (in varie tipologie), concerto, concerto grosso, suite, fuga, forme di variazione. 5) MAGGIORE USO DI RITMI, METRI E TEMPI Non più solo il “consueto” Tactus usato nel Rinascimento ove si aveva una prevalenza del rapporto 1:2 fra unità metrica e sillaba > adesso si arriva anche a rapporti di 1:8 / Bukofzer nel 1947 propose di ripartire tutto il periodo barocco in tre fasi di circa 50 anni: primo barocco > Monteverdi, Frescobaldi, Schütz; medio barocco > G. Carissimi, G. B. Lully, H. Purcell; tardo barocco > A. Vivaldi, A. e D. Scarlatti, F. Couperin, J. S. Bach, G. F. Händel. 1

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LA NASCITA DELLA MONODIA: LA CAMERATA BARDI

Con la camerata Bardi, fine del ‘500, nasce tangibilmente la monodia. La Camerata Bardi era costituita da musicisti: V. Galilei, J. Peri, G. Caccini, E. de’Cavalieri, insieme al poeta Ottavio Rinuccini, ed ai nobili colti: J. Corsi, P. Strozzi; essi crearono una sorta di “laboratorio” con l’intento di studiare il modo di far rivivere la musica greca; rifiuto della polifonia e dell’intreccio polifonico delle parti > si reputavano incomprensibili le parole > non si poteva efficacemente riprodurre i sentimenti evocati dal testo > nuovo linguaggio melodico > recitar cantando > compito della musica di accrescere, intensificare il senso delle parole (come, essi ritenevano, nell’antica Grecia) / L’excursus artistico della camerata Bardi si divide in tre fasi: a) gli inizi; è presente nella camerata Vincenzo Galilei. È il periodo della polemica contro la polifonia alla quale i camerati vogliono contrapporre il canto a voce sola. b) periodo in cui è attivo nella camerata Emilio De Cavalieri. Il centro di riunione di queste prime due fasi è la casa del conte Bardi a Firenze; qui essi valutavano la poesia e la musica della loro epoca. c) l’ultima fase è ambientata in casa del nobile Jacopo Corsi. Adessoi si misero in evidenza i musicisti Jacopo Peri e Giulio Caccini (cantante romano) ed il librettista Ottavio Rinuccini. È in questa terza fase che essi, alla luce dei risultati ottenuti nelle prime due fasi, si interrogano sul modo di far rivivere all’antica musica greca. Il “Lamento del conte Ugolino” (tratto dall’Inferno di Dante), e le “Lamentazioni” del profeta Geremia per la settimana santa di V. Galilei furono le composizioni monodiche che rappresentavano la prima materializzazione delle tesi sostenute dalla camerata Bardi / “Dialogo della musica antica e moderna” di V. Galilei > testimonianza delle concezioni della camerata Bardi. Secondo Vincenzo Galilei dopo la civiltà greca e romana il modo conobbe un lungo periodo di decadenza, per cui anche la musica ne risentì > tutte le nuove manifestazioni musicali erano nient’altro che una ripresa dell’antica tradizione greca / Essi ritenevano che la musica dell’antica tradizione greca fosse ad una voce sola o all’unisono / Il “recitar cantando” da loro inteso fu una sorta di declamazione musicale poggiante su un sostegno strumentale affidato al clavicembalo o al chitarrone / Passaggio storico dalla polifonia alla monodia > L. Luzzaschi “Madrigali per cantare e sonare a uno, due e tre soprani” (1601), ma l’opera reputata di gran lunga più importante per la nascita della monodia fu “Le Nuove Musiche” di Giulio Caccini, 1602 > raccolta di arie (10) e madrigali (13) monodici e arie per voce e b. c.; le arie hanno testo strofico e versi “misurati” sono tutti endecasillabi organizzati stroficamente, ecco perché furono denominate “Arie”. Caccini scrisse una prefazione alla sua opera ove esponeva i principi del nuovo stile monodico e le più rilevanti novità (come la “sprezzatura”, che consisteva nell’eseguire la melodia principale con molte minuscole figure ornamentali, accentuazioni espressive sorrette dal basso continuo). In seguito pubblicò altre due raccolte di arie e madrigali in stile monodico, ossia “Fuggilotio musicale”, e “Le nuove musiche e nuova maniera di scriverle”, raccolta di 29 arie e madrigali ad una voce, Firenze, Zanobi Pignoni, 1614 / In seguito Caccini iniziò la moda delle arie composte su versi misurati dal ritmo regolare ed accentuativo e dizione sillabica di brevissima durata, ove le frasi musicali avevano un’articolazione a cadenze ravvicinate > furono diffuse alla fine del’500 messe in musica tutte quelle con testo scherzoso da Gabriello Chiabrera, e vennero denominati SCHERZI.

L’AFFERMAZIONE DELLA MONODIA.

La monodia si sviluppò anche, contemporaneamente, in ambito sacro > mottetti solistici con b.c. (concerti spirituali), primo importante esempio furono i Cento concerti ecclesiastici da 1 a 4 voci con b.c. (a volte figurato, cioè con precise indicazioni di durata delle note) di Ludovico Grossi da Viadana / Per il pubblico del tempo le “novità” apporta-

te da Caccini e da Viadana furono qualcosa di straordinario, visto che in precedenza vi era stat solo la tradizione madrigalistica polifonica che adesso andrà declinando sino alla sua fine (1621); il grande successo delle innovazioni di Caccini e Viadana è attribuibile sia al basso continuo e sia alle facilitazioni che questo comportava agli esecutori rispetto all’antica pratica polifonica difficile e severa / Ma in Europa l’Italia cinquecentesca era conosciuta per i suoi madrigali; ed i madrigali divennero un ottimo strumento didattico per la composizione > sapiente pratica del contrappunto, osservanza delle regole, conoscenza formale, attitudine all’invenzione dei soggetti musicali. I madrigali a 4 voci di Arcadelt (1538) furono stampati 53 volte; grande maestro per tutti fu Gesualdo / Dall’usanza cinquecentesca di sostituire le voci inferiori di una composizione polivoca con uno strumento musicale che le riuniva tutte (es. nelle frottole, villanelle, canzonette, odi, madrigali, chanson, lieder) nacque il procedimento della Diminuzione > pratica dei musicisti del periodo barocco di eseguire sopra note lunghe rapide improvvisazioni ornamentali; ciò comportò l’affinamento dell’uso degli abbellimenti / Rare composizioni monodiche originali nel periodo rinascimentale > villancicos e romances spagnole presenti nelle edizioni di “Vihuela de mano”.

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TEATRO E MUSICA

I PRIMI DRAMMI PER MUSICA.

Già nel Rinascimento si avverte la sensibilità verso il recupero della cultura classica grecolatina > si diffonde il desiderio di riprendere e modificare le antiche commedie e tragedie con innovazioni e modernità > teatro italiano, commedie dell’Ariosto; La Mandragola di Macchiavelli / Nasce la favola pastorale > genere teatrale a metà fra commedia e tragedia > personaggi mitologici, ambienti idilliaci della mitica Arcadia (che era una ragione dell’antica Grecia ove i personaggi, i pastori e le ninfe, si concedevano i piaceri della poesia e della musica), “stereotipi” di pastori > La Favola di Orfeo (A.Poliziano, 1471; Aminta di T.Tasso, 1573; Il Pastor Fido di G.B.Guarini, 1590) / Molta più fortuna ebbe la Commedia dell’Arte > esili scenari che rappresentavano amori, burle, vecchi e giovani, ricchi e poveri > in evidenza la bravura improvvisativa degli attori > maschere convenzionali: Pantalone, il Dottore, gli Zanni, servi buffoni > Arlecchino, Brighella > lingua italiana o dialetto (ad essa si ispirarono Vecchi e Banchieri) / In questo teatro la musica era presente come musica di scena > prologhi e/o intermezzi occasionali in forma di madrigale / Più vicina fu la musica al teatro negli Intermedi fiorentini > scenicamente più impegnativi (venivano impiegate per la prima volta le macchine teatrali) anche se erano intermedi riempitivi (o diversivi) fra atti di commedie > argomenti mitologici, allegorici o pastorali; musiche vocali o strumentali. Un esempio eclatante furono i sontuosi intermedi per la commedia La Pellegrina di G. Bargagli (1589) eseguiti a Firenze > nozze di Ferdinando de’Medici (34 brani musicali vari, madrigali da 3 a 30 voci > adozione dello stile concertante). Questi esempi furono, a posteriori, considerati il più diretto antecedente dell’opera in musica.

La Camerata Bardi aveva optato per una musica più consona a rimarcare il senso delle parole e della concezione degli “affetti„, da loro ampiamente teorizzata, approdando così alla monodia, l’unica via musicale reputata più vicina alla tragedia greca, il più idoneo modello da loro identificato che realizzasse a pieno l’integrazione parola-musica. Come si poteva imitare? Bisognava creare una nuova forma di teatro musicale materializzabile con il nuovo linguaggio monodico; così nacquero i drammi per musica / Importanza oltre le loro previsioni / Recitar cantando: MODO “FLESSIBILE” DI DECLAMARE IL TESTO, CANTANDOLO SULLE NOTE REALIZZATE DAL COMPOSITORE / I Primi libretti furono in forma di dramma pastorale (all’apice dello sviluppo all’inizio del ‘600) / Il primo dramma per musica della storia fu DAFNE di Jacopo Peri su libretto di Ottavio Rinuccini > casa Corsi, carnevale 1597 / La prima opera interamente conservata fu EURIDICE > dramma mitologico - pastorale degli stessi autori > Firenze, 6-10-1600 > nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV di Francia. Viene rappresentata la vicenda del mitico cantore-poeta Orfeo che riesce a riportare in vita l’amata Euridice dopo essere disceso nell’oltretomba convincendo, grazie alla forza persuasiva del suo canto, Plutone; ma Orfeo non potrà guardarla se non prima di aver lasciato gli inferi (questa era la condizione) e, cedendo alla tentazione, la perderà per sempre. Tornato solo sulla terra viene pervaso dalla disperazione ma Apollo, dio della poesia e della musica, lo assume in cielo. Questa conclusione a “lieto fine” è propria della tradizione pastorale / I versi sono in prevalenza endecasillabi e settenari, viene anche usato l’ottonario nelle più intense situazioni amorose / Anche Il rapimento di Cefalo di Caccini fu rappresentato per le medesime nozze / I pezzi di questi primi melodrammi non erano totalmente imperniati sul “recitar cantando”, vi sono inframmezzi di arie strofiche, e cori. L’apparato strumentale è ridotto; i musicisti suonavano dietro la scena; la musica assolveva principalmente la funzione di b. c. affidato a CHITARRONE, CLAVICEMBALO, LIRA, LIUTO / Sempre nel 1600 fu rappresentato La rappresentazione di anima e corpo, dramma per musica allegorico-religioso, di Emilio de’ Cavalieri, che ebbe una storica importanza a Roma per la nascita e lo sviluppo dell’oratorio / Nascono i primi trattati che “regolano”e descrivono il nuovo teatro: fra il 1630 ed il 1640 è in voga IL CORAGO (anonimo), ove è espresso il desiderio che le ariette si concludessero con versi spezzati o rotti; dello stesso periodo è il TRATTATO SOPRA LA MUSICA SCENICA di Giovan Battista Doni [colui che sostituì l’antica nota ut con DO] > Doni condivide le indicazioni del Corago, e indica come il dramma per musica debba essere in tre atti, e che era adatto alla musica uno stile facile e piano, quindi egli rifiutava un uso eccessivo delle rime in quanto spezzava la fluidità discorsiva.

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Esempio di MELODIA DIMINUITA, ove ogni strofa presenta sempre nuove e più fittamente ornate fioriture vocali: Chi mi confort’ahimè ultima aria della raccolta LE NUOVE MUSICHE di Giulio Caccini (FI, 1602); inizio della prima e della quinta strofa. 3

Esempio tratto da EURIDICE di Jacopo Peri su libretto di Ottavio Rinuccini. E’ riportato il momento scenico in cui Orfeo è disperato ed esprime tutto il suo dolore per la morte di Euridice (morsa da un serpente mentre raccoglieva fiori in un prato). Peri rende tale situazione prima con accenti interrotti ed esitanti che conducono ad una concitazione crescente e disperata. Con un asterisco sono segnate le dissonanze fra la linea vocale ed il basso. 4

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Il testo è strofico, formato da otto stanze ognuna costituita da sei versi di cui 4 ottonari e due quadrisillabi.

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“Belle Rose Porporine”; tratta da “Le Nuove Musiche” di Giulio Caccini, 1602. La musica è costituita da due frasi musicali uguali per la prima e per la seconda stanza. I primi tre versi della prima e della quinta stanza sono ripetuti due volte; gli ultimi tre versi di ogni altra stanza vengono ripetuti. 6

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. Bianconi, Lorenzo,Il Seicento, Storia della Musica, quarto volume, Torino, EDT, 1982 Fabbri, Paolo, Il Secolo Cantante, Bologna, Il Mulino, 1990 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, Einaudi, 1999

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www.wok.pol.pl/images/pmc028.jpg www.musique-renaissance.com Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. Gallico, Claudio, L’età dell’Umanesimo e del Rinascimento, Storia della Musica, terzo volume, Torino, EDT, 1978 www.tesorimusicalitoscani.org Belle Rose Porporine, G. Caccini, dispensa di Storia della Musica, prof. R. Di Benedetto, DAMS Bologna.

Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation www.wok.pol.pl/images/pmc028.jpg www.musique-renaissance.com www.tesorimusicalitoscani.org

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MUSICA SACRA E ORATORIO. CANTATE SACRE E PROFANE

Il periodo storico del barocco vede la piena affermazione delle musiche strumentali, ma più in generale vede una grande produzione musicale che da un lato conserva le vecchie forme, e dall’altro accetta anche nuove composizioni. In ambito sacro si ha una grande proliferazione di musiche; dalle musiche per le funzioni religiose (messe, salmi, Mottetti) alle composizioni di carattere devozionale (cantate da chiesa, oratori) la produzione sarà corposa sia nell’area geografica cattolica, sia in quella tedesca luterana, e sia per il rito anglicano.

MUSICA SACRA CATTOLICA Composizioni Liturgiche Importante coesistenza all’interno del genere musicale sacro della polifonia e della monodia (situazione che si era già impiantata durante il rinascimento), e della monodia, armonia, tonalità (i nuovi sviluppi nel barocco) / Tre stili coesistettero: A) antico polifonico: La più importante figura fu quella di Palestrina, egli fu il principale portavoce e conservatore dello stile antico; divenne il modello d’insegnamento per i più importanti compositori di tutto il ‘600 ed oltre. Grande diffusione ebbe la sua opera: appartengono a questo stile, infatti, le opere di Carissimi, F. Durante, Orazio Benevoli, e i 50 salmi di Benedetto Marcello / Notevole tratto originale del barocco fu anche la tendenza alla grande amplificazione del suono, ai grandi contrasti dinamici; ciò si riscontra pienamente nelle composizioni sacre (messe, soprattutto) ove numerosi sono gli esempi di policoralità. Lo stile policorale fu seguito anche a Napoli. H. I. von BIBER fu un compositore tedesco che creò la più monumentale opera sacra secondo lo stile policorale: la messa a 53 voci organizzate in sette cori, che insieme a tutti gli interpreti (compresi due organi e trentatre diverse parti strumentali) richiede 97 esecutori. La monumentale Messa è del 1628 (erroneamente attribuita ad Orazio Benevoli fino a non molto tempo fa) e venne denominata Missa Salisburgensis, in quanto venne composta per festeggiare il 1100° compleanno della Città di Salisburgo, nel 1684. B) moderno monodico (o libero) : Il più importante modello furono i Cento concerti ecclesiastici di L. Grossi da Viadana; sono una serie di composizioni a 1, 2, 3 voci con il basso per l’organo generalmente nella forma del mottetto (in latino). Ebbero grande diffusione in tutte le cappelle di provincia perché rispondevano alle loro esigenze: > maggiore semplicità; > tono devotamente colloquiale; > stile recitativo e canto melodico / Un brano molto famoso che rientra in questo genere fu “Il pianto della Madonna” di Claudio Monteverdi (> parodia del lamento di Arianna) / A questo genere “libero”-monodico appartengono molte versioni dello Stabat Mater in cui si cimentarono molti compositori almeno in tutto il periodo barocco; fra i più grandi: Vivaldi, Steffani, A. e D.Scarlatti. Grande eco ebbe (ed ha) lo Stabat Mater di Giovan Battista Pergolesi; composto nel 1736, ossia dopo quasi un decennio dalla reintroduzione nel Messale Romano, quindi nella liturgia, da papa Benedetto XIII (nel 1727) dell’antica sequenza latina tardomedievale (proibita dal concilio di Trento), quest’opera (l’ultima del suo giovanissimo creatore) fu commissionata al giovane Pergolesi dai Cavalieri dell’Arciconfraternita dei Dolori sul finire del 1734, per rimpiazzare l’omonimo ed illustre Stabat di Alessandro Scarlatti. Lo Stabat pergolesiano apparve ai committenti, e, visto lo status dei committenti, a tutto il mondo musicale sacro del tempo, come la manifestazione più riuscita del nuovo corso che l’espressione del sacro in musica stava prendendo. C) concertato: Le musiche liturgiche composte nel medio e tardo barocco ebbero come modello iniziale le Symphonie Sacræ del 1615 di G. Gabrieli; erano composizioni policorali per voci e strumenti composte ad hoc per la cappella di S. Marco a Venezia. Claudio Monteverdi (nell’ultimo suo trentennio) si cimentò anch’egli in questo elaborato campo, creando composizioni in stile concertato alternanti pezzi chiusi solistici e pezzi corali; la sua influenza fu tale da essere presa a modello per la definizione della forma delle Messe e dei Salmi per soli, coro ed orchestra; queste tipologie sono tutt’ora in uso / Fondamentale importanza ebbe la lezione veneziana dello stile concertato per tutto il barocco musicale ed oltre / Anche Bologna fu un faro musicale come Venezia: la basilica di San Petronio fu anch’essa una fucina creatrice; tratto distintivo a Bologna erano le composizioni concertate per archi e tromba, insieme a solisti e coro. Claudio Monteverdi fu il più importante compositore che compose nei tre stili. 1

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ORATORIO

Orare: pregare; pregare in piccoli locali o edifici / A Roma Filippo Neri (canonizzato nel 1622, compatrono di Roma) ottenne da papa Gregorio XIII l’autorizzazione a fondare una sua congregazione di preti secolari che chiamò Congregazione dell’Oratorio, e riuscì a far costruire una grande Chiesa, nel 1577 ad opera di F. Borromini / Nella città eterna fiorirono di li a poco gli oratori San Gerolamo della Carità, Santa Maria in Vallicella, Santissimo Crocifisso ; questo fu il più importante, ed era frequentato da aristocratici e prelati romani. Negli oratori romani si eseguivano preghiere, sermoni e meditazioni con intermezzi di laude. Queste laude ebbero maggiore importanza presso gli oratori romani rispetto alle altre forme di devozione coeve, e ben presto vennero anch’esse denominate Oratorio, identificando così oltre che un luogo di preghiera anche una composizione sacra non liturgica eseguita per particolari ricorrenze.

Heinrich Franz Ignaz von Biber (Wartenberg, 1644 - Salisburgo 1704)

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L’Oratorio derivava direttamente dalla Lauda Polifonica. La congregazione filippina usava 9 libri di Laude, ed il primo fu composto da Giovanni Animuccia (1563-1600). Le Laude polifoniche conobbero uno sviluppo in forma narrativa e avevano un argomento direttamente collegato alla predica che si teneva durante l’esercizio spirituale. Altre forme musicali dal carattere narrativo vennero affiancate in seguito alla Lauda, e furono principalmente il madrigale spirituale ed il Mottetto polifonico concertato; ma ad esse si aggiunsero anche molte altre composizioni in stile monodico che si affermarono grazie alla “Rappresentazione di anima e di corpo” di Emilio de’ Cavalieri rappresentato la prima volta nella chiesa di Santa Maria in Vallicela nel 1600 / L’opera che segna il passaggio decisivo all’oratorio è il Teatro Armonico spirituale di Madrigali di Giovanni F. Anerio (1619- 94) costituito da due composizioni per ogni festa vespertina invernale cantate prima e dopo il sermone. L’Oratorio ha una forma drammatico - narrativa, non è rappresentato ma cantato da voci soliste e coro con accompagnamento d’orchestra; non vi è nessun elemento scenico e le parti narrative sono affidate ad un Historicus, che di solito è una voce solista (generalmente il tenore), canta in stile recitativo sostenuto dal basso continuo e si esprime in terza persona. Il Coro ebbe da subito una grande importanza / Gli argomenti esposti dall’Oratorio sono tratti dalla Bibbia o dalla storia dei Santi e simili / I personaggi raccontati negli Oratori potevano essere sia reali sia ideali, ad es. Speranza, Carità, Fede ecc. / A Roma fiorì l’oratorio in latino, che venne denominato HISTORIA, specialmente presso l’arciconfraternita SS. Crocifisso. Quest’oratorio derivava dai Mottetti concertati eseguiti in qualità di dialoghi spirituali; aveva il testo di derivazione biblica, ed era solitamente formato da una sola sezione o parte. Con l’avvento dello stile monodico si adoperò la sostituzione dello stile mottettistico con quello recitativo. Il primo compositore del genere fu Giacomo Carissimi. L’attività si concluse nel 1725 / Fuori da Roma si affermò l’oratorio in lingua italiana (anche a Vienna), e fuori dall’Italia la forma simile all’oratorio non era in latino ma nelle lingue nazionali (francese, tedesco, inglese).

Dipinto raffigurante l’interno della Chiesa Nuova a Roma, fatta costruire da S. Filippo Neri, ove fondò la congregazione dell’Oratorio.

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ORATORIO IN FRANCIA > GRANDS MOTETS 2 In Francia l’Oratorio fu introdotto, a Parigi, da Marc Antoine Charpentier, tra i più famosi compositori francesi di musica sacra. Compì gli studi a Roma al collegio germanico, e fu un allievo di Carissimi. Compose molti oratori in latino seguendo lo stile del suo illustre Maestro italiano; “Extremum Judicium” ne è un eclatante esempio. Nel suo stile maturo seppe fondere elementi italiani e francesi / Purtroppo l’assolutismo monarchico di Re Luigi XIV non gli permisero di ricevere il plauso che la sua opera avrebbe meritato; Re Luigi auspicando ad un distacco da Roma, anche in campo religioso, in favoMarc-Antoine Charpentier, dettaglio estratto re di un proprio “gallicanesimo„, dall’almanacco Royale “gravé par Landry”, non vide di buon occhio l’impron1682 . ta musicale che Charpentier voleva tracciare in terra franca: gli oratori di Charpentier non si impiantarono nella tradizione sacra francese. L’oratorio italiano fu soppiantato da un canto sacro tipicamente francese, il Grand Motet: cantata sacra ampia per voci soliste, coro semplice o doppio, orchestra su testi francesi di salmi, cantici, inni, ecc. Erano anche eseguiti in concerti pubblici oltre che nelle funzioni liturgiche / Il più famoso compositore di Grand Motet fu M. R. Delalande.

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Riproduzione del frontespizio di un Gran Motet di M. A. Charpentier.

Pagina tratta dalla prima edizione a stampa di JEPHTE.

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Misure iniziali di un miserere di Marc Antoine Charpentier.

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ORATORIO ITALIANO Derivato soprattutto dalle laude polifoniche, si sviluppò a Roma dal 1650, divenendo la più rilevante forma religiosa non liturgica del barocco, per poi diffondersi nelle altre città italiane. Ma la sua più grande eco la ebbe a Vienna; qui la corte imperiale ne fu particolarmente sensibile, sicché la città austriaca divenne il centro più importante per l’oratorio in italiano durante tutto il barocco. A Vienna si alternarono compositori italiani quali Antonio Bertali, Antonio Draghi i quali conferirono all’Oratorio anche funzione decorativa e politica oltre che devozionale, visto che l’oratorio era preferito all’opera nelle celebrazioni solenni, in quanto la corte viennese reputava, per queste occasioni, l’opera non adatta / A Vienna viene sottratto l’Historicus e diminuito l’impegno del coro; adesso è in due parti fra le quali si collocava il SERMONE / Pian piano l’oratorio italiano fu assimilato all’opera con alcune differenze (scene, quaresima, due atti). Arcangelo Spagna nel suo “Perfetto melodramma dialogato„ descrisse queste differenze / Successivamente oltre che sui testi biblici gli oratori furono composti su componimenti poetici di alcuni illustri librettisti del melodramma del tempo, come A. Zeno e P. Metastasio; queste illustri personalità dell’Arcadia rinominarono gli oratori azioni sacre. Storicamente importante fu l’oratorio San Giovanni Battista di Alessandro Stradella (di cui conserviamo sei oratori); qui il compositore toglie l’Historicus. Si scorgono elementi propri del concerto barocco: la suddivisione dell’orchestra che accompagna le voci in due gruppi: solisti (2 violini e b.c.) ossia il concertino, ed il gruppo più numeroso (violino, 2 viole e b.c.) ossia il concerto / Alessandro Scarlatti anche nel campo dell’Oratorio ha pure una rilevante importanza storica, avendo composto 38 oratori, ove però non si distacca dallo schema formale operistico.

GIACOMO CARISSIMI

(1605-1674 Roma) 1b

Cantore, organista, Maestro di cappella ad Assisi e dal 1630 a Roma nella Chiesa di Sant’Apollinare / Non si cimentò mai nel teatro musicale; la sua musica è vocale ma non teatrale; egli prestò interesse nella composizione sia per l’ambito sacro sia per quello profano; per l’ambito sacro scelse univocamente la lingua latina, mentre per quello profano adoperò la lingua italiana / La sua importanza risiede nella sua produzione di Oratori Latini che ammontano a 35 ma di cui se ne conservano circa 20. La musicologia divide queste venti opere in tre gruppi, a seconda della fattezza. DI VASTE DIMENSIONI:

Judicium extremum per 5 voci, 3 cori, orchestra d’archi; Diluvium Universale, Jephte a 6 voci e b. c. Jephte è il suo capolavoro, ed è tratto dal libro dei Giudici della Bibbia.

DI MEDIE DIMENSIONI:

Judicium salomonis a 4 voci.

MOTTETTI CONCERTATI:

Lamentatio damnatorum.

Nei suoi Oratori si alternano brani narrativi affidati all’Historicus (che espone in terza persona) a parti dialogiche, parti liriche, parti solistiche, duetti, corali / Peculiare sua volontà fu quella di ripartire il testo biblico fra i vari personaggi / L’aspetto strumentale vede la predilezione per l’organo e/o tre strumenti: 2 violini e viola da gamba e riempimento armonico di organo positivo, clavicembalo, tiorba, arciliuto. La grandezza della sua musica risiede è data dal fatto che esplicita la volontà del compositore di affidare alla musica una forte funzione di autocritica ed elevazione spirituale; l’intenzione di Carissimi è quell, tramite la musica, di comportare severe riflessioni spirituali sull’esistenza umana. Colpisce in queste composizioni, più dell'innovazione formale, l'andamento epico - drammatico della narrazione e delle risorse vocali / Carissimi possiede una notevole capacità di evocazione del sovrannaturale; egli usa con maestria mezzi compositivi inusitati come quarte diminuite, accordi alterati ecc. per raggiungere il suo scopo (eco della lezione Monteverdiana) / Grande importanza ha il coro, che egli tratta omofonicamente / Carissimi scrisse anche un trattato metodologico pratico di teoria e composizione: Ars Cantandi / Come insegnante Carissimi esercitò un importante influsso su molti compositori, come l'italiano Alessandro Scarlatti e il francese Marc - Antoine Charpentier. Carissimi, Schütz, Monteverdi rappresentano storicamente la più alta espressione del sentimento religioso in musica del 1600. 4

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Jephta è l’oratorio più importante di Carissimi. Non vi è ancora una netta divisione fra recitativo ed aria, e le parti solistiche si esprimono in stile monodicorecitativo. Preoccupazione costante di Carissimi è quella di evidenziare musicalmente il senso o “l’affetto” del testo con tipici accenti patetici.

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MONODIE PROFANE DA CAMERA Le Nuove Musiche di Caccini ebbero importanza centrale nello sviluppo della monodia profana da camera in Italia e fuori per due secoli. L’opera di Caccini è un messaggio di rinnovamento / Coesistono per decenni dei due principali stili: polifonico - madrigalistico (a scopo di studio), ed il nuovo monodia / Con Claudio Monteverdi si attua il passaggio dal polifonico al monodico (nei suoi 8 libri di madrigali, e a partire dal quinto) fra il 1580 ed il 1630 / Importante fu anche la pratica musicale “domestica”, chiamato dilettantismo, che si diffuse soprattutto nelle case patrizie o borghesi; ciò comportò lo sviluppo delle monodie profane (come per i madrigali nel ‘500) / Nascita del solismo canoro: i cantanti virtuosi / Passaggio non traumatico dalla polifonia alla monodia anche perché i poeti dei “nuovi” testi musicati monodicamente erano gli stessi della tradizione polifonica precedente: Tasso, Guarini, Marino (lirica concettosa).

MADRIGALI MONODICI E ARIE

IL DUETTO DA CAMERA

Arie:

E’ una Composizione a due voci con b.c; le Musiche a due voci di Sigismondo d’India (1615) furono uno dei primi esempi del ‘600, ma contemporaneamente lo furono anche i Duetti da Camera del bolognese Maurizio Cazzati / Queste composizioni sono simili alle cantate per spirito e destinazione d’uso, ma con forma più libera. Le due voci possono essere in scrittura omoritmica e procedimento parallelo per terze, o in scrittura contrappuntistica imitata / A. Stradella (Roma) Cazzati e Bononcini (Bologna) Legrenzi, Caldara e B. Marcello (Venezia). Il più importante e prolifico fu Agostino Steffani che compose più di 100 duetti da camera.

composizioni su testi strofici dallo svolgimento sillabico; la musica (melodia e basso) della prima strofa era ripetuta per le altre strofe. Madrigali monodici: testi non strofici con indugi e “colorature” su molte sillabe del testo e musica non ripetuta. Dopo il 1625 prevalse l’Aria come modello di espressione dello stile vocale in quanto era più ricca. Qui venivano eseguite delle variazioni strofiche > le strofe ripetevano il basso e la melodia veniva di volta in volta variata. Figura di spicco fu Sigismondo d’India.

CANTATA PROFANA O DA CAMERA Destinata ad un pubblico di intenditori, fiorì negli ambienti più principeschi e signorili. E’ storicamente apparsa con Alessandro Grandi (vice maestro di cappella a Venezia); sue sono le prime Cantate e Arie a voce sola con basso continuo (1620). Composizioni molto simili alle arie, in origine, divennero più scorrevoli e di più vasto respiro in seguito / La novità consisteva nell’ostentazione di una sola voce (soprano) più il b.c. (chitarrone, tiorba, organo o clavicembalo). Queste composizioni erano molto affini anche al madrigale, soprattutto per la somiglianza della tematica poetica: l’amore, solitamente malinconico e-o infelice, non corrisposto, e di tipo pastorale, poetica riscontrabile in Marino / Si instaurò stabilmente un nuovo principio compositivo (da poco comparso) che separava in due distinte parti la creazione musicale: RECITATIVO: momento di narrazione più vicino al parlato dunque con molte libertà ritmiche e pochi, rari, accordi: ARIA: momento dell’espressione, centro dell’invenzione melodica, ornamentazione virtuosistica sostenuta dal b.c.

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Questo assunto formale avrà un’influenza determinante sul melodramma / Si può evincere una similitudine con la forma strumentale del Preludio e Fuga del primo ’700 / I più rilevanti musicisti furono: Luigi Rossi; Alessandro Stradella. Presso la scuola veneziana: Cavalli, Cesti, Legrenzi, e a Bologna: Cazzati, Bononcini. Alessandro Scarlatti compose 700 cantate: egli sviluppò originalmente il modello R.-A.-R.-A. e A.-R.-A., e nelle arie predilesse la forma del “da Capo„ tipica del melodramma / Carissimi fu reputato anche un grande compositore di cantate.

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MUSICA SACRA PROTESTANTE Germania luterana: anche qui florente fu la produzione musicale sacra / Originale uso del corale, che qui coesistette insieme a composizioni vocali sacre libere e a cantate sacre o da chiesa / I luterani si divisero in Ortodossi (più rigidi: la parola del vangelo doveva essere presentata con il corale) e Pietisti (più tolleranti; ritenevano che la devozione si poteva interpretare personalmente, con una musica libera in stile concertato).

COMPOSIZIONI VOCALI LIBERE

COMPOSIZIONI SUI CORALI

LA CANTATA SACRA O DA CHIESA

Grande influenza ebbero i Concerti Ecclesiastici del Viadana > influenza iniziata con il soggiorno presso la scuola veneziana di H. L. Hassler e, soprattutto, di Heinrich Schütz / Dall’esempio portato nella Germania luterana dai due insigni compositori, nacquero tutta una serie di composizioni libere che venivano eseguite in chiesa.

Tre modi distinti d’impiego per la musica corale sacra :

Kirchenkantate: la più originale ed importante

A)

armonizzazione a 4 voci delle melodie dei corali (il più semplice); apice artistico sono i 371 corali a 4 voci di J. S. Bach, pubblicati dal figlio C. Ph. Emanuel.

Erdmann Neumeister sul modello della cantata

B)

Melodie corali impiegate con la funzione di “cantus firmus” e con il sostegno di b.c. per la composizione di mottetti polifonici

C)

concerti sacri: stile concertato con b.c. / Michæl Prætorius realizzò 1250 composizioni sacre; Syntagma Musicum (opera teorica).

forma musicale della Germania protestante > 1700 >

HEINRICH SCHUTZ (1585 - 1672) 10

Maestro di cappella a Dresda; egli è il più autorevole compositore di musica sacra protestante del secolo, il suo nome venne latinizzato in Saggittarius / Quasi totalmente legato alla produzione musicale sacra per il “servizio” luterano. La summa della sua composizione è rappresentata da:

da camera italiana / Differisce dalle forme su corali perché è composta da una successione di brani (da 6 a 10): nel testo si alternano brani della bibbia, strofe di corale e componimenti poetici originali; nella musica oltre alle forme di concerto sacro e di corale armonizzato si aggiunsero le forme della musica vocale ed operistica italiana > sinfonia di introduzione, recitativo, arioso (andamento melodico intermedio fra aria e recitativo; forma più ampia di recitativo che tende al lirismo, Monteverdi fu il primo ad usarlo) aria, duetto / Le cantate sacre misero “d’accordo” ortodossi e pietisti; queste furono usate nella liturgia ed eseguite prima del sermone per anticipare o ribadire; vennero cioè adoperate per assicurare un’amplificazione dei concetti del vangelo del giorno.

Psalmen Davids a 2, 3, 4 cori con strumenti (sono dei SALMI, su modelli italiani); Cantiones sacræ per 4 voci e b. c. (in STILE MOTTETTISTICO concertato, lingua latina); Simphoniæ sacræ tre raccolte per più voci e strumenti con b. c.), sono 68 concerti sacri e manifestano una sintesi e sviluppo della lezione di G. Gabrieli e C. Monteverdi;

Oratori. Adottò per tutta la sua opera le forme del Mottetto polifonico e della passione responsoriale a cappella ; forme che erano già entrate in disuso nei primi del 1600 a favore della monodia e dello stile concertato / Fedele testimone della “seconda pratica” monteverdiana circa l’ambito sacro: musica a totale servizio delle parole del testo sacro / Impiegò poco la forma del corale che invece i suoi contemporanei e tutto il mondo sacro barocco (protestante) fecero primeggiare (sia per il canto sia all’organo) / L'evoluzione stilistica che subì Schütz nei suoi quasi sessant'anni di attività, dalla fastosità delle opere dell'apprendistato veneziano alla semplicità dell'ultima composizione, un Magnificat in lingua tedesca (1671), illustra in maniera significativa la direzione che avrebbe preso la musica sacra tedesca del XVIII secolo, sfociata nelle cantate e nelle passioni di J.S. Bach. 16

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Tipico esempio organistico di preludio al corale.

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Grande capolavoro di forza espressiva e bellezza è la cantata Il Lamento di Maria di di Scozia G.Carissimi basato su una storia realmente accaduta, il regicidio di Maria di Stuarda nel 1587. Nella cantata la stessa protagonista espleta il racconto con uno stile recitativo molto intenso che va da episodi ariosi liberi a parti di andamento melodico rigidamente declamatorio. Nel seguente esempio Carissimi esprime il lamento evidente della regina mentre si avvia al patibolo mediante un Arioso, alternando sequenze melodiche a ripetizioni di parole.

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Prima pagina tratta del Mottetto Concertato tratto dalle Symphonie Sacræ op. VI del 1629 di H. Schütz.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. Bianconi, Lorenzo,Il Seicento, Storia della Musica, quarto volume, Torino, EDT, 1982 Fabbri, Paolo, Il Secolo Cantante, Bologna, Il Mulino, 1990

1 www.wikipedia.org 1a www.chiesanuova.it 1b, 7 www.classical-composers.org 2, 4 www.svkyrkanhagersten.com 2a www.charpentier.culture.fr 3 www.klassiekemuziekgids.net 5, 6 G. Carissimi, Jephte, Biblioteca Conservatorio “G. B. Martini”, Bologna. 8, 9, 10 www.rz-berlin.mpg.de 11, 11 a,12 www.kirkenkantoir.de 13 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. I Vol. 14 H. Schütz, Symphonie Sacræ, Biblioteca Conservatorio “G. B. Martini”, Bologna.

Baroni, Fubuni, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, Einaudi, 1999 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation www.classical-composers.org www.svkyrkanhagersten.com www.klassiekemuziekgids.net www.kirkenkantoir.de www.icking music arkiv

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L’OPERA ITALIANA NEL SEICENTO L’OPERA DI “CORTE” L’opera in musica, nata dalla camerata Bardi, già nel 1650 divenne il genere musicale più importante, perché meglio di tutti inglobava gli assunti estetici del barocco; il genere fu in costante crescita fino ai nostri giorni. L’opera sarà da adesso e fin quasi ai nostri giorni lo spettacolo più elaborato; consentirà sempre nuove occasioni di lavoro; sarà il genere di spettacolo musicale e teatrale voluto da un vasto pubblico che va dal popolo ai sovrani / Nato come spettacolo di corte, per i primi quarant’anni questa nuova forma di spettacolo accompagnò i più epocali e cerimoniosi eventi nobiliari; molto spesso matrimoni fra regnanti, ed eventi dinastici in genere; questi erano spettacoli assoluti, venivano rappresentati una volta sola ed erano sfarzosissimi. Avevano anche una specie di funzione politica: molto spesso servivano per mostrare la capacità economica del signore che li organizzava, ed erano anche un mezzo“implicito” per destare invidia presso gli altri regnanti / Le opere di corte non avevano un luogo di rappresentazione ben determinato, venivano allestite in sedi provvisorie; molto spesso erano ampi saloni del palazzo del signore che avevano precedentemente ospitato le feste rinascimentali. Questi “teatri da sala” avevano una costituzione tipo formata dalla scena che era rialzata su uno dei lati minori dell’ampio salone, e da gradinate che erano disposte sui lati lunghi, o molto spesso tutti intorno alle pareti / Il “pubblico” che aveva l’onore, il privilegio assoluto, di essere presente a una di queste rappresentazioni, veniva oculatamente scelto dal Signore che l’organizzava; anche la partecipazione in qualità di pubblico a una di queste rappresentazioni di corte costituiva uno speciale vanto per chi ne prendeva parte, ed era anch’esso uno strumento politico. Le città più in vista della prima epopea operistica del 1600 furono Firenze, Mantova, Roma, e Venezia.

L’OPERA A ROMA La prima città ove la “nuova” invenzione della camerata Bardi trovò favore fu Roma; questa “circostanza” fu determinata dal fatto che due fra i più autorevoli rappresentanti della camerata fiorentina, E. De’ Cavalieri e Giovanni de’ Bardi, si trasferirono presto a Roma. La storia della breve epopea operistica romana del 1600 si deve, però, a due successivi papi: Urbano VIII (Maffeo Barberini), e Clemente IX (Giulio Rospigliosi). Si può far coincidere, per comodità, l’avvento dell’opera in musica a Roma con la messa in scena de “La Rappresentazione di Anima e Corpo” di E. De Cavalieri, avvenuta durante le celebrazioni per l’anno santo del 1600, e voluta dai padri filippini dell’oratorio della vallicella (anche se questo evento sarà più determinante per il consolidarsi del genere oratorio). Dopo la presentazione di quest’opera Roma assiste alla messa in scena di altre opere nello stile “fiorentino”, ossia: “Eumelio” un dramma pastorale di argomento sacro di Agostino Agazzari; di Stefano Landi; “La Morte di Orfeo” “La catena di Adone” di Domenico Mazzocchi. Questa fu l’opera più determinante per la costituzione del prototipo “’opera romana”, e diede grande lustro al suo autore. L’opera assume una rilevante importanza sia per la vicenda scenica nonché per lo stile vocale; rilevanti sono infatti i numerosi insiemi vocali, unitamente al fatto che vengono effettuate distinzioni fra recitativi melodici e melodie vocali; è in quest’opera che compare il termine “aria” applicato per etichettare le melodie vocali solistiche, i duetti e i pezzi d’insieme a più voci.

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Ritratto del cardinale Giulio Rospigliosi, poi papa Clemente IX.

Ritratto di papa Urbano VIII. 1

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Il pontificato di papa Urbano VIII coincise con il momento culminante dell’opera romana. La prestigiosa famiglia romana dei Barberini (che la storia ricorda anche tristemente come gli “stupratori” ed usurpatori delle bellezze artistiche e monumentali della città eterna), specie Francesco e Antonio, si impegnarono in prima persona per la divulgazione dell’opera. Infatti una vasta sala adiacente al loro grande palazzo, alle quattro fontane, contenente circa 3000 persone, venne trasformata in teatro d’opera, ed inaugurata nel 1632 con l’opera Sant’Alessio di S. Landi su libretto del cardinale Giulio Rospigliosi. Questa fu l’opera più importante rappresentata a Roma; strutturalmente è un dramma sacro, che alterna una grande varietà di sentimenti che vanno dal comico al patetico; la musica è ricca di recitativi (solisti e dialogici), brevi arie, cori di angeli, diavoli, servi; la scrittura musicale è in prevalenza in stile madrigalistico. Sempre in quella stessa sala negli anni che seguirono furono rappresentate fra le altre anche le opere Erminia sul Giordano e Il palazzo incantato di Atlante, libretti dello stesso cardinale (desunti da Gerusalemme Liberata del Tasso) e musica rispettivamente di Michelangelo Rossi e Luigi Rossi / Il cardinale Rospigliosi era incline a due generi di spettacolo musicale: A) Dramma imperniato su una storia sacra; l’esempio più eclatante fu Sant’Alessio; B) Dramma letterario-romanzesco: come Erminia sul Giordano e Il palazzo incantato di Atlanta. Luigi Rossi fu il principale musicista dell’opera romana / La morte di papa Urbano VIII comportò la fine dell’epopea operistica seicentesca a Roma, che era durata per un trentennio. Fu solo il favore o meno dei pontefici successivi che determinò la vita del genere operistico della Roma del 600; infatti i il teatro Tordinona (1671) fu più volte chiuso e riaperto / In generale il modello operistico che si sviluppò nella breve stagione romana presentava già una notevole evoluzione rispetto al modello fiorentino: il recitar cantando qui è più evoluto; il canto viene differenziato in recitativo e aria, le melodie tendono alle forme chiuse; le arie sono strofiche (anche quelle bipartite). La polifonia è riservata solo ai cori, ed i recitativi sono sostenuti dal basso continuo.

L’OPERA “IMPRESARIALE” .

Nel 1637 a Venezia nacque l’opera impresariale; destinata comunque ai ceti abbienti, non era più un esclusivo e assoluto privilegio dei nobili, ma era destinata ai luoghi pubblici (teatri), ove si entrava a pagamento; una novità importantissima sarà la ripetizione degli spettacoli per giorni stabiliti, e non più quindi un solo, unico ed irripetibile evento / Questa nuova forma di spettacolo “commerciale” faceva nascere l’esigenza di valutare domanda ed offerta circa le opere proponibili; si ebbe così la nascita della figura dell’impresario, il quale sin da subito acquisì un’importanza al pari, se non superiore, del musicista e del librettista: egli, sulla base delle aspettative del “mercato”, pilotava poeta e musicista nella creazione delle opere / Tre aspetti di fondamentale importanza contraddistinguono il teatro barocco, e si riscontrano nell’opera sin dagli esordi; questi ne determinarono il successivo sviluppo: il teatro, i cantanti e la scenografia.

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IL TEATRO BAROCCO

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Il “nostro” teatro nacque proprio in Italia fra il rinascimento ed il barocco, nacque dal modello dei teatri tradizionali che erano stati realizzati al fine di poter contenere molto pubblico in uno spazio relativamente ristretto; quest’esigenza di grande capienza fu un imperativo per i teatri d’opera, nei quali i venivano sempre replicate opere. I più grandi teatri d’opera della scena europea di oggi, la “Scala”, il “San Carlo”, “l’ Opera” di Vienna e di Parigi, conservano tuttora il modello architettonico che venne messo a punto nel 1600 / Venne sviluppato il senso della prospettiva / Verso il 1650 il teatro stabile (per l’opera) era già come il modello nostro: palchi per i più abbienti; possibilità di sottoscrizioni, abbonamenti, platea per il popolo; il piano scenico era sempre sopraelevato rispetto alla platea (I ordine dei palchi) / L’Orchestra stava davanti al proscenio (la buca, in basso, sarà inventata successivamente). I CANTANTI

furono da subito il pilastro principale dell’opera in musica > professionisti nella tecnica vocale, attori > espressività / Per lungo tempo i cantanti furono solamente maschi (anche castrati e falsettisti); questi primi cantanti d’opera provenivano direttamente dalle scholæ sacre (cappelle, cattedrali, basiliche) ove le donne erano escluse dai cori. Solo l’esempio della corte ferrarese, ove avevano grande importanza nel canto profano le donne, creò le basi per la prima “emancipazione” femminile in musica, e specie nel canto; in questo contesto si formarono le prime cantanti d’opera / In breve tempo nell’opera in musica virtuose saranno definite le cantanti e musici i cantanti. L’arte del belcanto crebbe subito ed acquistò grande fama e popolarità; i cantanti italiani (donne, ma maggiormente i castrati) furono contesi pressoché ovunque da nobiluomini e sovrani. Nascono le prime manifestazioni popolari di fanatismo nei confronti delle virtuose (Adriana Basile, Leonora Baroni, Francesca Cuzzoni, Luisa Todi etc.) e dei musici castrati (Farinelli, il più grande e famoso di tutti, Pacchierotti, il Senesino, Caffariello, etc.) > divismo > eccessi.

Carlo Broschi, detto Farinelli, in uno storico dipinto realizzato da Amigoni. Londra, Royal College of Music.

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LA SCENOGRAFIA DEL TEATRO D’OPERA BAROCCO

L’aspetto scenografico ricevette grandi attenzioni ed accurate preparazioni sin dagli esordi dell’opera > efficace mezzo di espressione della cultura barocca incline all’illusorio, al meraviglioso. L’ideale estetico dello spettacolo scenografico doveva essere fedele alle aspettative barocche > stupire / Non nacque con l’opera > sviluppo rinascimentale (> Palladio) / Bernardo Buontalenti fu il primo scenografo delle opere fiorentine degli albori; egli seppe infondere il senso barocco di ricchezza nelle decorazioni dei luoghi rappresentati / Nel 1600 il matematico Guidobaldo pubblica un trattato di prospettiva scenica: “Perspectiva libri sex”; qui un’intera sezione è dedicata alla scenografia. Il trattato è da considerarsi la prima analisi delle leggi riguardanti la prospettiva scenica, ed apre le porte verso un nuovo mondo di “meraviglie” agli addetti ai lavori, suggerendo così un metodo scenico destinato ad avere fortuna. La compresenza di queste due ricerche, l'una nella musica e l'altra nella prospettiva, aprì la via al teatro barocco e ne costituì la base / L’esigenza del cambio delle scene comportò l’evoluzione delle capacità di mutazione scenica > scenotecnica ; una delle più grandi scenografie che il teatro d’opera barocco ricorda è sicuramente quella che Bernini realizzò per l’opera Sant’Alessio di S. Landi; si trattò di una vera e propria macchina scenica / Nascita dei primi trattati “illustrativi” circa le macchine e gli effetti scenici in uso; un primo trattato di rilevante importanza lo stilò N. Sabbatini: “Pratica di fabbricar scene e macchine ne’ teatri„. Altri nomi importanti della scenotecnica degli esordi furono Torelli, la famiglia dei Vigarani e dei Burnacini; al loro si deve l’incremento delle invenzioni prospettiche, l’allargamento degli spazi, la creazione di scenari dalle più ampie proporzioni ove vengono ricreati boschi, spiagge, piazze, sale regie, logge infernali, giardini etc. / Il culmine della scenografia barocca la conquistò la famiglia Galli da Bibiena; al loro si deve alla progettazione la costruzione del teatro Ducale di Mantova (1706), del Falcone di Genova, e del Filarmonico di Verona. A Ferdinando Maria si deve l’invenzione della nuova visione delle scene per angolo, cioè disposte obliquamente rispetto al pubblico; ciò conferì uno spettacolare senso di profondità in sostituzione della prospettiva ad asse centrale / La scena illusionistica barocca si incentra sul concetto dello “Sfondamento” della prospettiva ad asse unico centrale; così i fondali vengono dipinti obbedendo ad una rigorosa simmetria che determina una infinita profondità; a tal fine le scenografie si avvalgono anche del sapiente uso delle quinte e del boccascena. Da questo periodo in poi i Teatri avranno una propria “dotazione” che comprende 5 tipi principali di scene, ossia:

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Scena di G.Torelli per «Le nozze di Teti e di Peleo» di F. Cavalli, rappresentata al Teatro San Cassiano di Venezia durante il Carnevale del 1639.

Scena di F. Santurini per «Amor della Patria» di Sbarra e Kerrl, rappresentata al Salvatortheater di Monaco nel 1665.

Scena di L. Burnacini per «Il Pomo d’oro» di Cesti, rappresentato A Vienna nel 1666. 5

LA REGGIA LA CITTÀ LA SCENA ORRIDA LA SCENA DELIZIOSA LA SCENA MARINA

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L’OPERA A VENEZIA Venezia, città di svaghi e di divertimenti per antonomasia, fu la prima città “turistica” europea > carnevale in maschera, spettacoli, balli. La città lagunare concretizzò il passaggio dall’opera di corte all’opera di tipo impresariale durante il carnevale del 1637 > una compagnia di musicisti romani prese in affitto il teatro di S. Cassiano e vi rappresentò Andromeda (Manelli > musica, Ferrari > libretto); l’ingresso fu a pagamento. L’esperimento si rivelò un successo economico tale da decretare la nascita dell’opera come spettacolo pubblico. L’esperienza acquisita con Andromeda ebbe seguito > iniziativa di alcune famiglie ricche veneziane di affidare teatri ad impresari per rappresentare opere in stagioni e ricavarne il compenso > 12 teatri fra il 1637 ed il 1681. Proprietario teatro > affitto ad impresario > contratti pluriennali con librettisti e compositori, contratti stagionali con musici e virtuose > allestimento opera > incassi . Il Carnevale fu il periodo in cui venivano allestite le stagioni operistiche: due opere nuove per stagione; finito il carnevale a Venezia le stesse compagnie andavano a rappresentare fuori Venezia > l’Italia venne unificata dall’opera. Dal 1650 a Venezia l’Opera fu lo spettacolo musicale di gran lunga più gradito e richiesto / Questo nuovo spettacolo a pagamento vide subito una entusiastica esportazione fuori da Venezia, ad opera di compagnie veneziane che viaggiarono in Italia ed in Europa / Il Gusto del pubblico diventò sin da subito l’unica e sola preoccupazione di chi allestiva le opere, dall’impresario al musicista, fu la più importante componente dell’opera impresariale > problema di costi ed incassi / Caratteristiche: importanza assoluta di virtuose ed evirati, drammi complessi, intrighi, varietà, sfarzosità di costumi e scene > i musicisti dell’orchestra ed il coro erano pagati, e trattati, inferiormente rispetto al cast vocale, agli scenografi. Argomenti mitologico - pastorali (all’inizio, come per l’opera di corte) poi mitologia classica (Medea, Giasone), romana (Annibale, Pompeo, Giulio Cesare); toni eroici e comici. Episodi estranei alla trama principale > per l’esigenza di stupire il pubblico / Maggior presenza di recitativi (settenari ed endecasillabi sciolti) rispetto alle arie (dal quaternario al decasillabo) / Si andarono consolidando delle situazioni drammatiche di sperimentato successo sul pubblico denominate TOPOI che venivano successivamente riutilizzate; alcuni esempi fra i più visitati furono: la scena del sonno 6 (come nell’Adone di Vendramin, 1639), che poteva fornire l’occasione per simultanee azioni in palcoscenico (come nell’opera Virtù de’strali d’Amore di F a u stini, 1642); l’interrogatorio di un protagonista, protagonista imprigionato e destinato alla morte ma poi salvato in extremis (come nell’Ormindo di Faustini) ; scena del ritratto, della lettera, scena di pazzia, della pubblica lettura di una epistola, (Ormindo di Faustini).

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E’ di questo periodo un trattato illustrativo che comprende anche i topoi più in uso “Della tragedia antica e moderna” di Martello / La più importante trattazione del testo teatrale cantato del seicento fu il trattato La poetica toscana all’uso di G. G. Salvadori ove si evince in che modo si era sviluppata in quell’epoca la concezione di recitativo ed aria; palese è la predilezione per l’uso della quartina, l’attenzione alla brevità dei drammi, ed il largo uso delle arie conclusive / Importanti operisti veneziani: Francesco Cavalli È considerato il più autorevole operista veneziano dopo Claudio Monteverdi. Musicò 42 opere, considerabili come la summa del primo repertorio veneziano ore a primaria importanza lo stile recitativo. Testimoniano l’evoluzione del suo stile le opere Ormindo 1644, Giasone 1649, Muzio Scevola 1665; egli fu l’operista più drammatico. Antonio Cesti Autore di 12 opere; Il pomo d’oro, 1666, composto per le nozze dell’imperatore a Vienna sulla sua opera più straordinaria > favola mitologica della più bella delle dee alla quale assegnare il pomo d’oro. Nelle sue opere diventa più marcata la separazione fra recitativo ed aria; proprio per questo egli contribuì alla delineazione di una nuova struttura del melodramma, ove il centro dell’interesse musicale si sposta da recitativo ai pezzi chiusi, e ai brani lirici (aria e duetto). Ciò darà vita a varie tipologie di aria: “aria - lamento”: che si basa sul basso ostinato costruito su di un tetracordo discendente; “aria strofica”: quest’aria presenta un ritornello strumentale che viene ripetuto fra una strofa e l’altra; “aria col da capo”: questa è la nuova tipologia, che rappresenterà il punto di forza di Alessandro Scarlatti; è un brano tripartito, ABA, dove la terza parte è praticamente la ripetizione della prima. Alessandro Stradella Uno dei più geniali musicisti dal 1650, assorbì la lezione dei due più grandi Maestri drammatici del secolo, Carissimi e Monteverdi, e fu l’anticipatore dell’uso dell’armonia tonale; grande attenzione riversò nella ricerca degli effetti strumentali > concerto grosso e concertino. Opera fuori Venezia, e scrisse 13 opere teatrali; 5 oratori; mottetti, cantate sacre e profane, serenate, madrigali. Egli fu uno fra i primi a ripartire l’orchestra d’archi in due gruppi, concerto grosso e concertino.

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Alessandro Strabella in una stampa d’epoca. 8

Fuori Venezia fu esportato anche il “modello” di teatro musicale a pagamento; tutte le opere veneziane conobbero imitazioni fuori Venezia, ma con temi poetici tratti da autonome tendenze; ad esempio gradite erano a Lucca le allegorie politiche / Compositori importanti da ricordare all’interno dell’area veneziana del secolo furono: Francesco Sacrati; Antonio Sartorio; Giovanni Legrenzi. 5

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CLAUDIO MONTEVERDI

(1567 Cremona - 1643 Venezia)

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MUSICA POLIFONICA PROFANA:

Uno fra i più grandi musicisti di tutta la storia musica; egli ebbe il coraggio di stravolgere il modo stesso di concepire la musica; la sua vita è compresa fra la fine del Rinascimento ed il primo barocco: visse da protagonista il tramonto della polifonia e l’affermazione della monodia / Manifestò sin da piccolo un precoce talento musicale saggiamente guidato dal veronese Marco Antonio Ingegneri; già a 15 anni pubblicava una sua prima opera, le “Sacræ Cantinculæ”a tre voci, ed una raccolta di “Madrigali Spirituali” a quattro voci. La corte di Mantova nella persona di Vincenzo Gonzaga, nel 1603, lo nominò maestro di cappella; per la corte di Mantova scrisse uno dei suoi capolavori melodrammatici: “l’Orfeo”, 1607; l’anno seguente videro la luce le opere “l’Arianna” e “Il ballo delle ingrate”. Quando Vincenzo Gonzaga morì Monteverdi lasciò Mantova e, dopo un breve soggiorno a Cremona, si trasferì a Venezia in qualità di maestro di cappella della basilica di San Marco. Alla sua direzione la cappella musicale della città lagunare conobbe un radicale cambiamento. Il catalogo dei suoi capolavori melodrammatici si arricchirà delle ultime opere composte proprio a Venezia, in un contesto, e rispondendo a un tipo di fruizione totalmente diversi da quelli della corte di Mantova / Nel 1600 un dotto canonico teorico contrappuntista bolognese, Artusi, mosse una critica violenta contro le composizioni di Monteverdi; egli rimproverava al cremonese, nel trattato intitolato “Delle imperfezioni della moderna musica”, il fatto di non aver assolutamente rispettato le regole del contrappunto in molti dei suoi madrigali. Monteverdi rispose con una breve premessa nel V libro dei suoi madrigali, ove preannunciò al canonico bolognese che avrebbe accuratamente smontato le sue accuse in seguito. Egli seppe impiegare come mai nessuno prima varie tipologie di dissonanze a fini espressivi; ciò fu motivo dei violenti attacchi da parte dell’Artusi / Egli seppe comunicare mediante la voce cantata o recitante tutti i sentimenti espressi dalle poesie adottate / Attraverso i suoi otto libri di madrigali lo stile di Monteverdi testimonia il passaggio dalla polifonia alla monodia, includendo l’adozione del nuovo stile concertato. Seppe manipolare con maestria tutte le prassi compositive del tempo. La sua vasta attività di compositore si può scindere in quattro grossi filoni:

Canzonette a tre voci; I libro di Madrigali (a cinque voci); II libro di Madrigali (a cinque voci); III libro di Madrigali (a cinque voci con testi del IV libro di Madrigali (a cinque voci); V libro di Madrigali (a cinque voci, testi del Guarini. In questo quinto Guarini e del Tasso);

libro gli ultimi sei madrigali vedono l’adozione del basso continuo per il clavicembalo; e gli ultimi due sono a 6 e a 9 voci). Questi cinque libri di madrigali furono composti in un arco di tempo che va dal 1587 al 1605; lo stile musicale adottato testimonia l’inclinazione verso un linguaggio musicale descrittivo realizzato con pungenti frasi, influenzato da L. Marenzio, e da intense situazioni espressive (slanci, urti armonici dissonanti) provenienti dalla lezione di J.de Wert.

Scherzi Musicali a 3 voci; risalgono al 1607 e in maggioranza sono su testi di Gabriello Chiabrera (molto famoso è «Zephiro Torna») . In questa raccolta compare nell’introduzione la lettera “Dichiarazione della lettera stampata nel V libro di madrigali”, firmata da suo fratello Giulio

Cesare con la quale Monteverdi rispondeva alle pesanti accuse mosse contro di lui dall’Artusi. Egli rispose al dotto bolognese Artusi di riconosce due stili compositivi opposti, e dichiara espressamente di preferire il secondo: Prima prattica > la musica a più voci che egli considera signora della poesia, espressione dell’arte di tutti i fiamminghi, di Willaert e delle testimonianze di Zarlino. Seconda prattica > il contrario: la poesia signora della musica, egli ne riconosce iniziatore il fiammingo Cipriano de Rore e come modelli indica Marenzio, Wert, Luzzaschi, Peri, Caccini e “ - ...li spiriti più elevati -”. Con questa sua “seconda prattica” Monteverdi inaugurò una innovativa concezione del rapporto parola-musica.

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MUSICA PROFANA IN STILE CONCERTATO:

VI libro di Madrigali (1614; a cinque e sei voci; sistematica adozione del basso continuo); VII libro di Madrigali (1619, con testi del Guarini; stile concertato, denominato infatti

da lui stesso “concerto”, termine con il quale indicava la pluralità degli stili adottati);

VIII libro di Madrigali (1638, Madrigali guerrieri e amorosi) È diviso in due parti: canti guerrieri e canti amorosi. Il lavoro più famoso è certamente Il combattimento di Tancredi e Clorinda, tratto dal XII canto della Gerusalemme liberata del Tasso; è una breve azione teatrale per tre voci: Tancredi, Clorinda ed un narratore. L’organico prevede il basso continuo più una piccola orchestra d’archi, ove egli apportò due novità esecutive per gli archi: il tremolo ed il pizzicato. Il “Combattimento” fu il più complesso fra i madrigali guerrieri dell’VIII libro dei madrigali.

MELODRAMMI:

L’Orfeo, 1607, “favola in musica”in 5 atti più un prologo, libretto di Alessandro Striglio; la musica dell'opera comprende anche quattordici pezzi orchestrali indipendenti. Destinata alla corte di Mantova, ebbe un grande successo. Nel prologo la musica introduce l’argomento che sarà trattato nel dramma. Quest’opera fu creata sul modello delle due “Euridici” fiorentine. L’Orfeo rappresenta l’espressione più alta dello stile dell’opera di corte: ampio uso del recitativo, grandi arie assegnate al protagonista, cori madrigalistici, grande organico orchestrale costituito da circa 40 strumenti. L’Arianna, 1608, tragedia musicale in un prologo e otto scene sul libretto del Rinuccini. Il manoscritto dell’opera è andato perduto, si conserva soltanto il famoso “lamento di Arianna”, che sarà modello per tutti i lamenti successivi dell’opera italiana, in quanto presenta una determinata caratteristica, ossia è un’aria con cui un personaggio manifesta la propria disperazione per la perdita della persona amata, per voce e basso ostinato. Il ritorno di Ulisse in patria, 1641, dramma in musica in un prologo e tre atti, rappresentato per la prima volta a Venezia nel teatro San Cassiano. L’incoronazione di Poppea, 1642, dramma in musica in un prologo e tre atti. Queste ultime due opere sono la chiara testimonianza della straordinaria evoluzione stilistica compiuta da Monteverdi, in rapporto alle opere composte per la corte di Mantova, e si ascrivono alla traccia stilistica delle prime opere veneziane; qui dalla rappresentazione di un mondo fantastico si passa a personaggi reali, caratterizzati da una umanità ostentante amore, odio, gelosia; l’orchestra è ridotta, i cori solo quasi assenti, il numero dei personaggi è alto, ed il recitativo è imperante per tutta l’opera. Attraverso la sua produzione melodrammatica Monteverdi meritò di essere uno dei primi grandi drammaturghi della scena musicale operistica. Egli seppe gettare le basi del genere “opera”, condensando tutti gli elementi stilistici del primo barocco in una magistrale sintesi.

COMPOSIZIONI SACRE:

Sacræ Cantinculæ a tre voci; Madrigali Spirituali a quattro voci; Messa a sei voci a cappella; Vespri della Beata Vergine a sei voci e strumenti; Selva morale e spirituale, 1640, per soli, insiemi vocali e strumenti. Questa raccolta ostenta il

completo ventaglio degli stili monteverdiani. 7

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Lamento di Orfeo per la morte di Euridice (dall’opera omonima di Monteverdi su libretto di Alessandro Striggio). Il lamento è pungente e Monteverdi proferisce un’intensità patetica notevole in questo recitativo: i cromatismi impiegati sono molto singolari, uniti ai continui scontri dissonanti con il basso.

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“Ohimè, se tanto amate” tratto dal quarto libro di madrigali (1603) è un altro eclatante esempio dell’audacia monteverdiana nell’uso delle dissonanze, andando contro tutte le “normali” prassi compositive dell’epoca (ciò che fece irritare l’Artusi), anche se fu molto più sobrio rispetto alle inarrivabili trovate armoniche di Gesualdo. Qui le pungenti e prolungate dissonanze non sono preparate né risolte, e sono presenti sin dall’inizio.

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Altro esempio di licenziosità dalle regole armoniche effettuata da Monteverdi: nel suo più grande capolavoro madrigalistico, Il Combattimento di Tancredi e Clorinda, nel momento in cui Clorinda, ferita a morte dal suo amato, innalza alla pace celeste il suo ultimo canto sentendosi liberata dai vincoli terreni; per sottolineare musicalmente al meglio questa situazione Monteverdi rifugge dall’..”obbligo” armonico di risolvere il ritardo di quarta cantato dalla protagonista nei versi in—pa—ce. Questo procedimento, se da un lato fece irritare l’Artusi, dal punto di vista squisitamente musicale, collegando liberamente accordi lontani dal punto di vista tonale, ossia trasgredendo le regole relative alla risoluzione degli intervalli,) genera un effetto musicale straordinario: in - pa - ce risuona così come qualcosa di veramente speciale, senza vincoli terreni, che genera un senso di intensa elevazione. 11

Tratto dal quarto libro di madrigali (1603) Sfogava con le stelle è una testimonianza della poliedricità di stili, della grande gamma di prassi compositive di cui era capace Monteverdi. Questo madrigale è molto vicino allo stile monodico; qui Monteverdi ha “prescritto” un solo accordo (quello iniziale) lasciando agli esecutori la libera scelta dei valori che più efficacemente corrispondono agli accenti della recitazione. Questa prassi si chiamò sprezzatura e consisteva nella libertà ritmica lasciata agli esecutori, ed era la novità esecutiva più vistosa adottata dalla camerata Bardi; ciò fu adottato (come precisa Caccini) per rendere il canto “-..piacevole, licenzioso e arioso-”. Ma Monteverdi usò la sprezzatura non solo fine a se stessa, ma in funzione del testo: “-..genere rappresentativo, e si canta senza battuta -” 12

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Riproduzione in fac - simile della parte iniziale del manoscritto della Sinfonia dell’ Incoronazione di Poppea di Monteverdi.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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IL LA LA

MEDIO BAROCCO SUITE E SONATA

Nel periodo cosiddetto Medio Barocco (dal 1650 al 1700) molte forme musicali nate nel cinquantennio precedente vengono abbandonate, mentre altre forme come la toccata e le elaborazioni organistiche dei corali luterani verranno emancipate. Parallelamente si impongono nuove forme strumentali nate in sordina nel primo Barocco: La Suite e la Sonata barocca / Il Clavicembalo assunse più importanza rispetto all’organo del periodo precedente, mentre si venne imponendo un nuovo strumento, il violino .

DALLE DANZE RINASCIMENTALI ALLA SUITE BAROCCA

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BALLI DI SOCIETA’ - BALLETTO - SUITE

I balli di società, il balletto e la suite sono basati su ritmi di danza ma ognuno è indipendente dall’altro nell’uso. BALLI DI SOCIETÀ Furono molto in voga nelle corti e classi nobili del Rinascimento e del Barocco, e avevano funzione di intrattenimento; ostentavano una grande varietà di tipologie: a coppia aperta, a coppia chiusa, di gruppo, con passo strisciato, sollevato, saltato / La principali forme di danza erano le Pavane, le Gagliarde, il Passamezzo, il Saltarello ecc. / Molti balli avevano origini popolari e contadine; la musica era in secondo piano rispetto al dato coreutico. BALLETTO Termine che designa le danze in teatro; non vi è nessuna affinità con i balli di società; il ballerino divenne sin da subito un professionista. Ebbe origine nel Rinascimento e si affermò pienamente nel 1600 quando si perfezionarono gli schemi prefissati di figurazioni, gesti, movimenti, ossia la coreografia; divenne una forma di danza teatrale dell'Europa occidentale / Il balletto si basa su una tecnica costituita da passi, movimenti e posizioni stilizzate, sviluppati e codificati nel corso dei secoli in un sistema flessibile, ma ben definito, denominato balletto accademico o danse d'école. Con il termine balletto si indica anche una singola composizione artistica realizzata mediante questa tecnica e solitamente accompagnata da musica, scenografie e costumi / I diversi passi del balletto vennero codificati efficacemente per la prima volta in Francia, ma anche l’Italia produsse delle riflessioni accurate su di esso. Il francese divenne presto la lingua internazionale di questa forma di azione scenica. Il primo trattato di “scrittura coreutica” francese è l’Orchésographie, 1588, di Thoinot Arbeau; egli descrisse una cinquantina di danze dell’epoca corroborate da illustrazioni ed esempi musicali. In seguito si ebbero le descrizioni di Feuillet, e la Stènocorègraphie di Saint Lèon. 1

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Le figure del minuetto: tavole tratte dal The art of dancing di K. Tomlinson. 1735.

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Tavola desunta dal trattato Chorègraphie ou l’art de dècrire la Danse par caractères, figures et signes di R. A. Fuillet. Parigi, 1701.

Incipit iniziali di una Suite di tre danze di J.A.Dalza (1508, stampata da O.Petrucci).

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Incipit iniziali di una Suite di tre danze composta da A. Rotta (Venezia, 1546). Le danze sono concatenate assieme sullo schema del passamezzo.

LA SUITE IN FRANCIA, GERMANIA, INGHILTERRA E ITALIA Il termine suite nacque in Francia ed indica seguito, successione; a differenza delle precedenti forme esplicitamente di danza, la suite non fu una forma musicale che faceva da supporto alla danza, era una musica soltanto da ascoltare. Si tratta di una successione di brani stilizzati e si sviluppò a partire dal 1500; nacque dalla prassi di legare insieme due o tre danze dal diverso carattere, come pavana e gagliarda, oppure pavana e saltarello, pavana saltarello e piva, e rimase in uso anche per le composizioni in stile di danza destinate solo all’ascolto, che vennero denominate, appunto, suites / La figura di Jean Batipste Lully fu di primaria importanza per lo sviluppo di questa forma. I compositori francesi del periodo non adottavano però la terminologia di Suite; denominavano queste successioni di danze più genericamente Pièces de Clavecin. Furono i tedeschi ad adottarlo insieme con il termine partite, anch’esso sinonimo di suite, in riferimento ai brani per strumento a tastiera. Per le suite destinate a gruppi di strumenti non da tasto i tedeschi adottarono i nomi Ouverture, o Suite - Overture. La suite dei paesi tedeschi è formata dai quattro brani principali con forma bipartita e ritornello; primo importante compositore fu Froberger. In Inghilterra la suite venne denominata Lesson / In Italia le stesse successioni di brani venivano denominate sotto il nome generico di sonate da camera o sonate da camera a tre, ed erano destinate ad uno o più strumenti ad arco.

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STRUTTURA DELLA SUITE

Nelle Suite vi trovavano spazio una grande varietà di danze, ma tutte avevano la stessa tonalità. Dopo il 1650 le principali danze della suite furono quattro, e tutte alternavano tempi lenti e tempi più mossi; queste erano: ALLEMANDA di origine tedesca, in ritmo binario, tempo moderato, ed inizia in levare; CORRENTE di origine francese; l’etimologia rimanda ad una corsa saltellante avanti ed indietro; fu molto in voga nel ’500, ed ha ritmo ternario tempo mosso o vivace; molto spesso presenta delle alternanze di metro che generano l’hemiolia (3/2, 6/4); SARABANDA danza veloce di origini messicane importata in Spagna; nelle suite arrivò più tardi, verso il 1650, ed aveva ritmo ternario e movimento lento; si sviluppò ben presto l’usanza di far seguire alla sarabanda la stessa in versione ornata, o con abbellimenti sviluppati, chiamata double; GIGA di origine anglo - irlandese, aveva ritmo binario spesso composto e movimento mosso. Con questo brano si chiudeva una suite. La Suite per clavicembalo si diffuse maggiormente in Germania ed in Francia; in Inghilterra trovò favore con Purcell, e in Italia fu determinante la figura di Pasquini. In Francia i pièces de clavecin erano formati da brani di tonalità diverse, raggruppati fra loro in base ad esse; molto curati erano gli abbellimenti a tal punto che ogni compositore ne modificava e personalizzava l’uso; nelle prefazioni delle raccolte francesi dei Pièces de Clavecin da Chambinnières fino al grande François Couperin, considerando il fatto che i compositori francesi personalizzavano molto l’uso degli abbellimenti, venivano stampate delle tavole che ne spiegavano il significato, l’interpretazione, e la relativa risoluzione; questi abbellimenti, sempre in terra francese, si chiamavano agrèments.

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Giga in 6/8 tratta dalla Sonata VII per violino e b.c. dell’op. 5 di Corelli.

Giga in 12/8 tratta dalla Sonata IX per violino e b.c. dell’op. 5 di Corelli.

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IL TEMPERAMENTO EQUABILE Maturò quasi spontaneamente, fra i compositori tedeschi del 1600, il desiderio di poter sopperire ai limiti d’intonazione che l’accordatura naturale imponeva [vedi cap. XXIV]; ed ecco che la Germania luterana, raccogliendo le esperienze dei tentativi europei, compì l’”esperimento” che avrebbe cambiato per sempre la concezione inerente la “giusta” intonazione della scala. La storia identifica in Werkemaister la paternità del Temperamento equabile, che si attuò verso il 1680. A tal proposito D. De la Motte fornisce una chiara spiegazione del sistema:

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Inizio dell’«Allemanda» della Partita I in SI minore di J. S.Bach.

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adoperò

Sarabanda dalla «Suite Inglese» n° 3 di J. S. Bach.

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XVIII

ORGANISTI E CLAVICEMBALISTI ITALIA

Dopo Frescobaldi l’Italia vide inaridirsi la produzione cembalo - organistica nel cinquantennio dopo il 1650 a favore della crescita della produzione per strumenti ad arco a Bologna, Modena, e Venezia. In campo organistico e clavicembalistico degni di nota furono Benedetto Storace e Gregorio Strozzi; più importanti furono le figure di Bernardo Pasquini, il primo in Italia a comporre suites per clavicembalo, ed Alessandro Scarlatti; il grande operista compose anche 50 brani per tastiera ove 40 sono toccate che richiedono un grande virtuosismo, brillantezza, note ribattute, grande padronanza del contrappunto.

BERNARDO STORACE

(Messina 1637 - 1707)

Organista e compositore. Le uniche notizie che siano su di lui sono il volume stampato nel 1664 intitolato Selva di varie

composizioni d’intavolatura per cimbalo et organo ove il compositore si designa come vice Maestro di cappella del Senato della città di Messina. Il musicologo Willy Apel identifica questa raccolta come una monumentale testimonianza della scuola organistica del sud Italia. La raccolta comprende una serie di variazioni, in special modo passacaglie, su melodia di danze famose del tempo. GREGORIO STROZZI

(San Severino, Potenza ca.1615 Napoli dopo 1687)

Si trasferì presto a Napoli dove prese gli ordini sacri. Nel 1634 divenne organista presso la chiesa dell’Annunziata. La sua figura riveste una particolare importanza nell’Italia organistica (ma anche cembalistica) della seconda metà del 600; infatti la sua opera più importante, Capricci da sonare cembali et organi, stampata postuma nel 1687, nata dalla fucina della scuola cembalo - organistica napoletana, ebbe una larga eco. Questa raccolta comprendeva quasi tutti i generi di musica da tasto che erano in uso a quel tempo; venne stampata in partitura e annoverava capricci, sonate, toccate, correnti, balletti, e tre serie di variazioni. Strozzi ostenta uno spiccato gusto per i cromatismi, per le arditezze armoniche e per le dissonanze, unite ad un largo uso degli abbellimenti. Forte è l’influsso di Frescobaldi. Degna di nota è la dicitura che Strozzi appone all’inizio della Toccata de Passacagli inclusa nella sua famosa raccolta: “Passa Y calla”, che in spagnolo dovrebbe voler dire “passa e taci”. Si ritiene che questo assunto possa essere importante, ancora oggi, nel contribuire ad una più precisa identificazione etimologica del termine passacaglia.

BERNARDO PASQUINI 9

(Pistotia 1637 - Roma 1710)

Compositore, clavicembalista e organista.A tredici anni era già a Roma e studiò con Antonio Cesti. Fu nominato organista dal 1661 in varie chiese e oratori romani; nel 1663 ricevette l’incarico di organista in Santa Maria Maggiore. Fu il più celebre organista e clavicembalista. A Roma venne nominato clavicembalista dal principe Borghese, nonché direttore dei concerti della regina Cristina di Svezia; ebbe modo di esibirsi anche alla corte di Luigi XIV. Compose opere teatrali (12) e musica sacra. La sua importanza storico musicale risiede nelle sue composizioni per clavicembalo e per tastiera: 35 toccate, 17 suites, 18 serie di variazioni, ecc. / Egli fu il primo compositore italiano a scrivere suites per clavicembalo e sonate (sia in due tempi e sia per due strumenti). Il suo trattato di tecnica esecutiva al clavicembalo è andato purtroppo perduto. Frammento del manoscritto autografo inerente la quattordicesima sonata per cl avi cembalo, 1704, di Bernardo Pasquini. 10

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FRANCIA

Qui si materializzò una netta separazione fra la musica per organo e quella cembalistica; ciò lo si evince dalle raccolte, ove viene chiaramente specificato Livres d’orgue, o Pièces de clavecin. Nei Livres d’orgue si trovano brani per la liturgia, mentre i pezzi profani sono raccolti nei Pièces de clavecin. L’elenco dei clavicembalisti e degli organisti che vissero nella Francia a cavallo fra il ‘600 ed il ‘700 (non considerando le monumentali figure di François Couperin e Rameau) è molto ampio; i compositori più rappresentative ed itineranti per la storia cembalistica francese furono Chambonnières (che può essere considerato il capostipite), la corposa famiglia dei Couperin e D’anglebert.

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JACQUES CHAMPION DE CHAMBONNIERES (1601 - 1672)

Compositore e clavicembalista francese proveniente da una famiglia di musicisti. Egli è il fondatore della scuola clavicembalista francese; fra i suoi allievi infatti vi furono anche i Couperin. Egli per primo ostentò i caratteri tipici del gusto sottile e raffinato che sarà proprio della musica clavicembalista francese; molti spunti del suo stile furono fruiti dal repertorio per liuto.

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LOUIS COUPERIN (1626 - 1661)

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Uno fra i più illustri allievi di Chambonnières, divenne organista di grande fama. Egli fu uno degli otto figli di una fra le più importanti famiglie di musicisti del 600 francese. Fu anche violista alla corte reale. Il suo catalogo compositivo conta 200 brani, dei quali sono 70 sono stati scoperti recentemente; questi brani sono per organo e per cembalo. I suoi due fratelli minori, François e Charles II, svolsero l’attività di clavicembalisti e organisti parallelamente alla sua.

JEAN HENRY D’ANGLEBERT (1628 - 1691) 13

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Organista e compositore francese fu l’organista del duca d’Orlèans. I suoi Pieces de Clavecin, 1689, lo consacrarono come il miglior clavicembalista prima di François Couperin le grande. La raccolta comprende quattro suites, arie e danze che risentono dello stile di Lully. La raccolta è storicamente importante anche perché contiene una fondamentale tavola con la maggior parte degli abbellimenti impiegati a suo tempo.

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GERMANIA MERIDIONALE E AUSTRIA

JOHANN KASPAR KERLL (Adorf, 1627 - München 1693)

Vienna fu il principale centro della musica per tastiera sotto Leopoldo I, 1658 - 1705; vi operarono i più rinomati musicisti. Sensibile fu nell’opera dei maestri tedeschi l’influsso della scuola italiana / Le figura più importante del periodo furono Froberger, Kerll, Muffat e Fux.

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JOHAN JACOB FROBERGER (Stoccarda 1616 - 1667)

Compositore ed organista; studiò a Vienna ed in seguito a Roma con Giacomo Carissimi, e conobbe Frescobaldi. Maestro di cappella in Baviera dal 1656 al 1674 divenne organista presso la corte di Vienna. Suoi allievi furono Pachelbel e Fux. I suoi interessi compositivi spaziarono dall’opera, all’ambito sacro, ove compose Messe e Requiem; grande importanza assegnò all’organo ed al clavicembalo, per i quali scrisse una grande quantità di pezzi. Bach ed Händel studiarono i brani strumentali di Kerll e li rielaborarono, usando molti suoi temi nella loro composizioni. In una lettera all’erudito Forkel, Carl Philipp Emanuel Bach scrisse che Kerll era uno dei compositori che più ammirava il padre, Johann Sebastian.

Fu allievo di Frescobaldi a Roma dal 1631 per quattro anni; egli fu il principale portavoce dell’opera di Frescobaldi in Germania, e fondò le basi per la formazione della scuola organistica tedesca meridionale. Fu organista di corte a Vienna durante il trono di Ferdinando III. Tutta la sua opera è racchiusa in tre manoscritti, realizzati fra il 1649 ed il 1658, che furono dedicati agli imperatori Ferdinando III e Leopoldo I. Celebre fu la sua suite Lamento sopra la dolorosa perdita di Ferdinando III. Nella suite egli collocò la giga come secondo brano e 15 non alla fine; la sua suite risulta così composta da: allemanda, giga, corrente, sarabanda. Realizzò una importante raccolta di composizioni per strumento a tastiera che contiene più di 100 composizioni ove spiccano le 30 Suites, oltre a 25 toccate, ricercari, capricci e 6 partite.

JOHANN JOSEPH FUX (Hirtenfeld, 1660 - Vienna, 1741) GEORGE MUFFAT (Mégève, Savoja 1653 - 1704)

La sua importanza fu grande per la Storia della Musica tedesca di fine seicento; grazie a lui la Germania conobbe il genere del Concerto Grosso: egli fece conoscere ai tedeschi la musica di Lully e Corelli. A tredici anni fu a Parigi ove conobbe l’opera di Lully. A Vienna nel 1674 conobbe Kerll, e nel 1678 fu a Salisburgo protetto dal mecenatismo dell’arcivescovo Maximilien Gandolf. A Salisburgo strinse amicizia con il virtuoso violinista von Biber. Lo stesso arcivescovo gli permise di andare a Roma per perfezionarsi con “il Signor Bernardo, …famoso in tutto il mondo” (Bernardo Pasquini), considerato a quel tempo il più grande virtuoso di organo e clavicembalo in Italia. Pasquini e Corelli suonavano spesso insieme, così Muffat ebbe modo di fruire anche lo stile violinistico e la tecnica compositiva di Corelli (ossia il trio: due 16 violini e b.c.). Rientrato a Salisburgo fece stampare la raccolta Armonico tributo; nei pezzi che la compongono Muffat precisa che questi possono essere suonati bene sia da un piccolo che da un grande numero di strumenti. Nel 1690 si stabilì a Passau, in Baviera; qui realizzò i suoi capolavori: l’Apparatus musico - organisticus; una raccolta di composizioni per organo; nel 1695 pubblicò Suavioris harmonicæ instrumentalis hyporchematicæ florilegium primum, e tre anni dopo il secondo Florilegium. Il Florilegium primum è una raccolta di sette suites orchestrali in stile francese; il secondum di otto. Nel 1699 Muffat pubblicò un trattato sulla pratica del basso continuo: Regulae concentuum partiturae. Nel 1789 Charles Burney scriveva: “Georg Muffat era un eminente organista, compositore, fughista, e uno dei pi ù grandi armonisti tedeschi”. 6

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Compositore e teorico. Fu maestro di Caldara Quantz e di altri illustri musicisti. Nel 1696 venne nominato organista alla Schottenkirche di Vienna, e due anni dopo divenne Hofkomponist, ossia compositore della corte imperiale. Nel 1700 studiò a Roma con il grande Bernardo Pasquini. Opera moltissimo a Vienna, ove nella sua lunga carriera diresse le cappelle musicali di tre imperatori, di un'imperatrice e della cattedrale.

Fux fu un compositore molto fecondo: si sono conservate di lui circa 500 opere, per la maggior parte di genere sacro (80 messe, 3 Requiem ed un vasto Tu Deum), ma anche 19 opere teatrali, oratori, serenate e alcuni lavori strumentali. Oltre che come compositore, fu molto apprezzato dei suoi contemporanei anche come teorico: il suo trattato Gradus ad Parnassum, 1725, basato sulla severa scuola polifonica di Palestrina, servì come base a tutti i trattati di contrappunto fino alla nostra epoca. Su di esso si sono formate diverse generazioni di musicisti, come Haydn e Mozart. Fux si dedicò anche alla musica strumentale; fra le sue più importanti creazioni si colloca la raccolta di sette partite Concentus musico - instrumentalis del 1701.

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Esempio tratto dalla celebre Suite per clavicembalo di Froberger chiamata Lamento per la morte di Ferdinando III. Questa è una delle composizioni del Maestro tedesco più intensamente espressive. Questa tipologia di brano è molto affine a quella francese del tombeau. Il carattere è severo, e la forma è attinta dall’Allemanda (bipartita); il brano è pieno di dissonanze ardite con linee melodiche intrise di ritmi nervosi. 19

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GERMANIA CENTRALE

Fu la patria dei Bach / La parte più riccamente attiva, con decine e decine di città ove ferveva la composizione organistica (oltre che vocale) sacra: Norimberga, Dresda, Lipsia, Halle, ecc. ecc. / La personalità di grande rilievo furono Johann Pachelbel e Johann Kuhnau.

JOHANN CHRISTOPH PACHELBEL (Norimberga 1653-1706) 21

Eminente organista e compositore, Pachelbel appartenne alla generazione che precedette quella di J. S. Bach e sulla quale esercitò una profonda influenza. Ricoprì importanti incarichi musicali a Vienna (fu anche organista presso la cattedrale di Santo Stefano), in varie città della Germania, tra cui Eisenach, dove conobbe il padre di Bach, Johann Ambrosius.

Riproduzione in n ot a zi o n e moderna delle sei arie dell’Exacordum Apollinis di J. Pachelbel con la prima delle variazioni per ognuna delle arie.

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Contribuì a diffondere, nella cattolica Germania meridionale, lo stile virtuosistico austriaco e il corale protestante del nord del paese. La sua raccolta più famosa fu Exacordum Apollinis, per organo e/o clavicembalo: una raccolta di sei arie con variazioni su sei diverse tonalità formanti una tipologia di esacordo attribuita al mito del Dio Apollo, 1699 (donde il nome); questa raccolta conobbe almeno tre ristampe a suo tempo. Compose varia musica vocale e strumentale, soprattutto per organo e per clavicembalo, ma anche per violino. La produzione organistica fu la più corposa e di grande importanza: variazioni ed elaborazioni di corali, cantate, toccate, fughe, ricercari, fantasie e ciaccone. Meno corposa fu la produzione per clavicembalo, ove rivestono particolare importanza le sue 19 Suite per clavicembalo, 1683, in quanto prefigurano la disposizione in ordine di tonalità dei preludi e delle fughe del Clavicembalo ben temperato di Bach. JOHANN KUHNAU (1660 - 1722) 22

Organista e compositore, nonché uomo di legge; studiò musica da ragazzo a Dresda e divenne kantor; in seguito fu kantor a Lipsia (nella stessa chiesa, S. Tommaso, ove in seguito lo sarà J. S. Bach). Non molto ci è rimasto della sua importante produzione per strumenti a tastiera; compose quattro importanti opere per clavicembalo: due Neue Klavier Uebeung, 1698 - 1692, formate ciascuna da 7 suites chiamate Partite; una raccolta di 7 Sonate per cembalo, ed un’ultima raccolta di brani cembalistici denominata Rappresentazione musicale su alcune storie della Bibbia, 1700, che comprende sei sonate concepite in successione, con intenti programmatici.

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GERMANIA SETTENTRIONALE

Questa è la regione tedesca ove si verificò uno sviluppo grandioso della produzione organistica, legata al corale, nelle chiese luterane di Lubecca, Hamburg, Kiel, Hannover / Qui si realizzò il grande sviluppo dell’organo, e qui infatti divennero tecnicamente più efficaci, con grandi dimensioni. Si coltivavano le forme del preludio, della toccata e delle varie forme di corale / Molto apprezzati furono gli organisti Franz Tunder, Jan Adams Reinken, molto ammirato dal giovane J.S.Bach, ma soprattutto Dietrich Buxtehude. Rilevante fu anche la figura di George Böhm.

LE ELABORAZIONI PER ORGANO DEL CORALE LUTERANO

Buxtehude, Reinken, Böhm sono le più importanti ed itineranti figure legate allo sviluppo organistico dei corali luterani. Alla fine del 1600 si ebbero tre principali forme derivate dal corale: 1) PARTITA CORALE: consistente in una serie di variazioni contrappuntistiche di un tema. La melodia del corale funge da cantus firmus; 2) FANTASIA CORALE: forma più libera rispetto alla prima; 3) PRELUDIO CORALE: una forma più breve; aveva in origine una funzione liturgica pratica, ossia anticipava l’esecuzione del corale stesso da parte dei fedeli. 10

FRANZ TUNDER (1614 - 1667)

JAN ADAMS REINKEN (Brema 1623 - Amburgo 1722)

Organista e compositore; si suppone che fosse stato allievo di Frescobaldi a Roma. Fu organista nella chiesa di Lubecca e fondo una prassi concertistica che consisteva nell’eseguire settimanalmente musiche sacre con accompagnamento strumentale chiamate Abendmusiken, in seguito diretta da Buxtehude / Compose circa 15 cantate per voci e strumenti, preludi, corali per organo; egli fu un esponente di spicco della scuola tedesca settentrionale. La sua figura è importantenell’affermazione dell’organo come strumento di improvvisazione solistica fuori dal servizio liturgico; egli ampliò la tecnica esecutiva specie per il pedale.

Molto rinomato come organista ed improvvisatore all’organo, egli fu grande amico di Buxtehude e rappresentò insieme a lui uno dei maggiori poli della vita musicale della Germania del Nord. Molte testimonianze affermano che il giovane Bach si sia recato presso la chiesa di S. Caterina ad Amburgo per ascoltare il grande organista Reinken (secondo le cronache del tempo questa chiesa possedeva l’organo più imponente che vi fosse a quel tempo in Germania; e pare che sia stato proprio Reinken a farlo costruire). Del suo catalogo compositivo ci rimangono solo poche composizioni fra le quali spiccano quelle organistiche: fantasie su corali, due fughe, un preludio e una toccata. I tratti caratteristici del suo stile sono un grandissimo virtuosismo tecnico, pienezza sonora e notevole conoscenza contrappuntistica e armonica. 25

GEORGE BOHM (Turingia 1661 - LüneDIETRICH BUXTEHUDE (Holstein 1637 - Lubecca 1707)

Egli determinò il più alto livello organistico della Germa24 nia settentrionale. Dal 1668 fino alla sua morte fu organista nella chiesa di Santa Maria a Lubecca. I suoi brani organistici si contraddistinguono per la grande architettura musicale. Continuò la direzione del Abendmusiken, che avrà grande considerazione popolare e durerà in tutta la Germania fino al 1810. La sua fama di organista fu di livello europeo. La grande maggior parte della sua produzione è destinata alla chiesa (organo e brani sacri); compose 45 variazioni di corali, 20 preludi e fughe, toccate, canzoni, passacaglie e ciaccone; le sue 116 cantate su testi latini e tedeschi sono da considerare il diretto antecedente dei corali di Bach. Inoltre compose suites e variazioni per cembalo. Compose anche musica da camera dove impiegò il modello formale della sonata a due e a tre di Corelli.

burg 1733)

Organista e compositore; fu organista nella chiesa di Lüneburg dal 1698, e molto probabilmente fu allievo di Reinken e Buxtehude; i tratti stilistici dei due grandi organisti infatti si riscontrano nelle sue composizioni. Egli assorbì anche gli influssi stilistici della scuola francese. Oggi di lui rimangono cinque preludi e fughe per organo (o per clavicembalo), 18 corali per organo, 11 suite e un capriccio. Molto vasta anche la sua produzione vocale sacra. La sua importanza storica sta anche nel fatto di essere stato, probabilmente, maestro di J. S. Bach fra il 1700 ed il 1703.

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DALLA CANZONE STRUMENTALE ALLA SONATA Sonata: etimologicamente abbreviazione di canzona sonata o canzona da sonar, termine in uso alla fine del 1500 per designare pezzi (ibridi) da eseguirsi su strumenti non da tasto. Questa sonata era in contrasto con toccata, adoperato per i brani destinati a strumenti da tasto,) cantata. Formalmente la sonata è debitrice alla canzona strumentale, che era in un solo movimento con più brevi sezioni e ritmo ed andamento diverso, ove si alternava lo stile omofonico al fugato / Queste sonate così formate furono scritte principalmente per violino, o violini e basso continuo, mentre le canzoni strumentali erano principalmente destinate a strumenti da tasto. Con lo sviluppo della liuteria padana l’Italia verrà anche conosciuta come la patria delle migliori liuterie; a Milano, Brescia e specialmente presso le “botteghe” cremonesi, ove operarono gli Stradivari, gli Amati, e i Guarneri, si costruirono strumenti perfetti. L’Italia primeggerà adesso nel genere sonatistico per strumenti ad arco; fioriscono forme solistiche, cameristiche ed orchestrali per archi: sonate a tre, sonate a solo, concerti grossi, concerti solistici . Dal 1635 la sonata si evolve autonomamente, puntando ad una riduzione del numero dei tempi in favore di una maggiore lunghezza di ognuno.

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LA SONATA DA CHIESA

La prima indicazione minuziosa della “destinazione” che poteva avere una sonata si ebbe con la raccolta del 1637 di Tarquinio Merula, ove egli specificò Da suonarsi in chiesa e in camera. Con Giovanni Legrenzi questa distinzione diverrà costante e i compositori si riferiranno a differenti destinazioni d’uso / La Sonata da chiesa è in quattro movimenti ove si alternano lento e allegro fugato; l’indicazione dei tempi, con la prassi, finì per designare il titolo degli stessi, ossia: LARGO ALLEGRO ADAGIO VIVACE

Venivano eseguite in chiesa e sostituivano l’organo nelle parti del Proprium Missæ; l’organo, per qualche decennio, espletava solo la funzione di b.c. LA SONATA DA CAMERA

Presentava anch’essa più o meno quattro movimenti, ed era una sorta di suite, molto simile alle coeve suites per cembalo; venivano eseguite per intrattenimento nelle case patrizie; nell’organico non mancava mai il b.c., realizzato dal clavicembalo. Varie tipologie di denominazione si trovano nelle raccolte di musiche del periodo, come ad esempio trattenimenti, balletti, divertimenti, ecc.; tutte queste denominazioni rimandano comunque alla tipologia delle sonate da camera. Non vi furono mai nette distinzioni fra le due tipologie di sonate; sia le sonate da chiesa che quelle da camera erano generalmente eseguite da un organico strumentale formato da due violini e b.c., oppure da un violino e b.c.

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ANTONIO STRADIVARI (Cremona 1644 - 1737)

LE SONATE A TRE

Fu il più famoso liutaio italiano il cui nome appare anche nella forma latina Stradivarius. Antonio Stradivari apprese l'arte dei liutai cremonesi dal suo maestro Nicolò Amati, sviluppandone la tecnica sino a costruire strumenti (soprattutto violini, ma anche viole e violoncelli) unici al mondo per bellezza e qualità del suono. Il segreto della sua arte rimane ancora oggi un mistero e i suoi strumenti rappresentano un punto d'approdo mai raggiunto da altri liutai. Alcuni studiosi sono propensi a credere che la qualità del suono derivi dall'uso di particolari vernici / Degli oltre 1100 strumenti costruiti, ne rimangono a tutt'oggi alcune centinaia, molti dei quali sono stati radicalmente rimaneggiati nel corso del XIX e del XX secolo. Insieme a quelli di Giuseppe Antonio Guarneri, gli Stradivari furono sempre e restano gli strumenti più ambiti dai musicisti. Stradivari costruì strumenti fino all'età di novant'anni: ebbe undici figli, due dei quali, Francesco e Omobono, continuarono la sua opera.

Ebbero larga diffusione dopo il 1650, e con il 1700 le sonate a solo soppiantarono quelle a tre. Le sonate a tre erano scritte a tre parti: due superiori (violini, con parti assolutamente simili) ed una nel registro medio - grave, che era la parte più articolata, perché svolgeva la funzione sia di basso melodico e sia di b.c.. Il basso melodico era affidato alla viola da gamba (in seguito al violone e al violoncello), mentre il b.c. era affidato ad uno strumento capace di realizzare le armonie: organo per le sonate da chiesa, clavicembalo per le sonate da camera (ed anche tiorba e chitarrone) / Col tempo invalse la pratica di raddoppiare le due voci superiori, da ciò si crearono le basi per la formazione dell’orchestra che sarà del concerto barocco. Queste sonate a tre trovarono il culmine della loro diffusione nella seconda metà del ‘600, ma dopo il 1700 l’interesse dei compositori si spostò verso le sonate a solo.

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SONATE A SOLO

Sono le sonate concepite per un solo strumento solista più sostegno melodico ~ armonico di un basso. Bach produrrà esempi di brani a solo senza sostegno / Il violino sarà lo strumento solista più diffuso, seguito dal Flauto e dall’oboe.

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VIOLINISTI - COMPOSITORI Violino e sonata furono creazioni prettamente italiane, ed italiani furono i più grandi violinisti ~ compositori che composero sonate a tre, a solo, da chiesa e da camera / Giovanni Gabrieli nella sua Sonata col pian e forte, 1597, aveva già assegnato un posto di rilievo al violino; in seguito molti compositori italiani accolsero lo strumento e gli riservarono il ruolo solistico nelle loro composizioni / Le principali città italiane ove il violino fu al centro delle attenzioni musicali furono: VENEZIA MODENA e soprattutto BOLOGNA

ove i compositori di spicco furono Giovanni Legrenzi, Biagio Marini, Antonio Caldara; rilevante fu la figura di Marco Uccellini; qui grande significato storico ebbe la scuola di S. Petronio, con le personalità di Maurizio Cazzati, Giovanni Battista Vitali ed il figlio Tommaso Antonio.

Venezia GIOVANNI LEGRENZI 29

(Bergamo 1626 - Venezia 1690)

BIAGIO MARINI

Compositore; lavorò a Bergamo, a Ferrara e soprattutto a Venezia, ove ricoprì il prestigioso ruolo di maestro di cappella in San Marco. Egli è considerato uno dei più importanti compositori del barocco veneziano; continuò la tradizione teatrale veneziana che faceva capo a Monteverdi e Cavalli.

Violinista e compositore, negli ultimi dieci anni della sua vita, dopo aver raccolto grandi onori nell’Italia del Nord e in Germania, si stabilì a Venezia. È considerato uno dei primi importanti violinisti-compositori italiani del primo barocco; la sua produzione per violino è considerata un caposaldo fondamentale della letteratura violinistica italiana solistica; egli apportò le innovazioni esecutive del tremolo e della legatura. Anche egli modificò la disposizione dei brani della suite, ed è considerato uno fra i primi compositori ad avere scritto sonate per strumento solista traendo spunto da temi popolari, e molto probabilmente egli fu uno dei primi creatori di sonate per violino e basso continuo. La sua produzione di musica strumentale è molto ricca, e comprende la raccolta Affetti musicali ove figurano canzoni, balletti, gagliarde, concerti da camera, nonché musica vocale con basso continuo.

Notevole è il suo contributo per lo sviluppo delle sonate da chiesa a due voci e strumenti; importanti sono infatti le Sonate a due o tre, 1655, e le Sonate da chiesa, da camera, 1656; con queste due opere egli fu uno dei primi a realizzare una divisione fra i generi sonatistici da chiesa e da camera. Di grande spessore è anche la sua produzione sacra polifonica, riscontrabile nel suo Te Deum e nella Messa da requiem. ANTONIO CALDARA

(Venezia 1670 - Vienna 1736) 30

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(Brescia 1597 - Venezia 1665)

Compositore. Molto probabilmente fu allievo di Legrenzi; era cantore e violoncellista in San Marco. Dal 1701 al 1707 fu maestro di cappella del duca di Mantova, nonché compositore di camera del re Carlo III di Barcellona. La sua produzione musicale è corposissima; nel suo stile si mescola la tradizione concertante veneziana che fa capo a Monteverdi e Cavalli, e l’antica concezione polifonica madrigalistica; in più fruì la lezione melodica di Alessandro Scarlatti, ed il violinismo di Corelli. Per il teatro musicale scrisse 78 opere, ma è nel campo della musica strumentale che egli eccelse; il suo contributo fu determinante per l’affermazione della forma-sonata. Egli scrisse sonate per clavicembalo, e per uno o due violini con basso continuo; inoltre creò quartetti per archi (che denominò sonate a quattro). Intensa fu anche la sua produzione di musica sacra, consistente in 20 Messe, 38 Oratori ecc. Il suo influsso fu sensibile su Bach e Telemann.

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Gagliarda tratta dalla raccolta Affetti Musicali, op. 1, 1617, di B. Marini. 32

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Modena

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MARCO UCCELLINI

(Forlimpopoli 1603 - 1680)

Violinista e compositore. Studio ad Assisi e li risiedette fino al 1639, ove divenne sacerdote. In seguito, dal 1641, fu compositore di corte presso gli Estensi; dal 1647 al 1665 fu maestro di cappella nel Duomo di Modena, e da questa data fino alla morte fu maestro di cappella presso la corte di Parma. Molto rinomato come virtuoso del violino; le composizioni di lui rimasteci sono tutte strumentali, e comprendono sette collezioni stampate che annoverano pezzi concepiti fino a sei strumenti: sonate, sinfonie, correnti, arie, canzoni. Le raccolte dall’opera due all’opera cinque contengono sonate per uno e fino a quattro violini; in questi brani è richiesto un grande virtuosismo: egli è uno dei primi a spingersi oltre la quarta posizione. La sua scrittura musicale è densa di cromatismi e di chiavi inusuali. Le danze e le sinfonie furono composte negli ultimi anni. Fu il personaggio di maggior spicco nell’ambito musicale modenese.

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Bologna

MAURIZIO CAZZATI

(Reggio Emilia 1620 - Mantova 1677)

Organista e compositore fu maestro di cappella presso la cattedrale di San Petronio a Bologna dal 1657 al 1671; egli diede un grande sviluppo musicale alla città di Bologna specie in ambito strumentale, anche se i suoi rapporti con l’ambiente musicale della città non furono rosei: l’Accademia Filarmonica di Bologna, che venne fondata nel 1666, non incluse il suo nome fra i propri adepti. Successivamente venne nominato maestro di corte dai Gonzaga a Mantova, dove fonderà anche una stamperia musicale, e lì rimarrà fino alla sua morte. L’intero corpus della sua attività compositiva è racchiuso in 66 volumi; qui anche se la produzione strumentale è esigua, questa è da considerare di grande valore. Egli è considerato uno dei fondatori della scuola bolognese con le sue Suonate a due violini col basso, op. 18, 1656, e soprattutto con le tre Sonate con tromba, op. 35, 1665. Con queste tre sonate egli inaugurò un nuovo genere strumen-

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Riproduzione in notazione moderna della prima Sonata da Chiesa, op. 9, stampata ad A ms t er da m nel 1684, di G. B. Vitali a due violini e basso.

tale che divenne identificativo della scuola strumentale bolognese. In queste tre sonate, inoltre, l’opposizione fra il solista (la tromba, che come strumento solista si ritrova, in questo periodo, solo a Bologna) e gli archi delinea una struttura musicale che sarà propria del concerto barocco. Altra novità strumentale che identifica il gusto bolognese inizio con le sue Sonate a due strumenti, op. 55, 1670. GIOVANNI BATTISTA VITALI 34

(Bologna 1632 - Modena 1692)

Compositore e violinista; fu il pupillo di Cazzati, e divenne maestro di cappella in San Petronio a Bologna dal 1658. Fu tra i fondatori dell’Accademia filarmonica. Anche se scrisse molte composizioni sacre (cantate e oratori specialmente), la sua grande importanza risiede nella produzione strumentale. Egli realizzò una sintesi fra contrappunto della sonata da Chiesa e libera invenzione melodica tipica della sonata la camera. Fruì lo stile di Lully e fu tra i primi in Italia, insieme a Torelli, ad inserire il minuetto nella suite. Di lui ci rimangono 14 opere a stampa, di cui 12 sono strumentali.

Scrisse inoltre una monumentale raccolta di 60 pezzi didattici intitolata Artificii musicali, 1689, ove compie un approfondito viaggio nelle diverse sfaccettature del contrappunto. TOMMASO ANTONIO VITALI

(Bologna 1663 - Modena 1745)

Violinista e compositore. Divenne membro dell’orchestra della corte estense di Modena dal 1675 insieme al padre, Giovanni Battista, che la diresse dal 1707. Violinista virtuoso si dedicò anche alla didattica seguendo l’esempio paterno. Compose quattro raccolte di sonate a due e a tre da camera o da chiesa; l’influenza del padre è palese insieme a quella di Corelli. 18

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ARCANGELO CORELLI

(Fusignano, Ravenna 1653 - Roma 1713)

Il più grande violinista compositore italiano della seconda metà del ‘600. Si formò a Bologna ove a 17 anni entrò nell’Accademia filarmonica; dal 1675 e per tutta la sua vita opererà a Roma, tranne alcuni soggiorni in Germania (1679 - 1680). A Roma e gli materializzò una scalata sociale sottoponendo la sua figura di uomo e di artista ad un continuo processo di nobilitazione sia sociale che culturale; entrò nelle grazie del mecenatismo delle personalità più illustri, come i cardinali Benedetto Pamphili e Pietro Ottoboni. L’apice dei suoi traguardi sociali fu l’amicizia con l’ex regina Cristina di Svezia; la reale, che risedette a Roma dal 1655, creò un circolo arcadico e circondò la propria dimora di sfarzosi intrattenimenti culturali, e qui Corelli era sempre uno dei protagonisti. A Roma egli entrò a far parte dell’Accademia dell’Arcadia nel 1706, e gli venne grecizzato il nome in Arcomelo Erimanteo. I tributi che ricevette a Roma furono innumerevoli, e furono documentati dalle numerose ristampe editoriali delle sue composizioni, oltre che dalle dediche musicali che gli venivano attribuite. Molti uomini illustri della cultura del tempo materializzarono espressioni di grande ammirazione nei confronti di Corelli; ad esempio l’erudito Angelo Barardi nel suo trattato Miscellanea musicale, 1689, lo definì “...novello Orfeo dei nostri tempi“, espressione usata anche da George Muffat e Françoise Couperin nelle prefazioni di alcune loro opere. Fu sepolto nel Pantheon.

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Tutta la produzione compositiva di Corelli fu stampata, e per ben tre volte prima di quella di Händel; era molto richiesto sia come esecutore che come insegnante. La sua opera rappresenta un fondamentale punto di evoluzione nello sviluppo della musica strumentale nonché della tecnica violinistica; egli perfezionò la forma sonata del tempo, che era ancora costituita da una successione di movimenti in forma di Schema dell’excursus compositivo inerente la produzione vi olinistica di A . Corelli. 37

suite, con l’esempio delle quattro raccolte di sonate a tre, stampate fra il 1681 ed il 1694 (comprendenti ciascuna 12 sonate a tre, dall’opera 1 all’opera 4); queste erano suddivise, come si usava al tempo, in sonate da chiesa e sonate da camera a secondo del loro carattere, e segnano un punto d’arrivo circa questa duplicità (italiana) di destinazione / Corelli sfrutta al massimo le possibilità cantabili del violino in queste sonate; in quelle destinate alla camera è previsto il clavicembalo, mentre in quelle destinate alla Chiesa il basso è affidato all’organo; la struttura è molto semplice e consta soltanto di tre o quattro tempi (nelle sonate da camera prevalgono i movimenti di danza). Nelle sonate dell’opera 5, pubblicate nel 1700, Corelli si cimenta nella sonata per violino solo e basso. All’interno dell’opera cinque è contenuta la celebre Follia (la dodicesima della raccolta); questa sonata condensa in sé la summa dell’arte strumentale corelliana. Questa fu la raccolta di maggior successo di Corelli per tutto il 1700 a tal punto che a Roma, città colma di vita musicale a da quel tempo, inizio quasi il culto della sua figura. L’ultima grande raccolta fu l’opera 6, 1714 (postuma). Questa è la principale raccolta di concerti grossi di Corelli, ove l’intensità espressiva raggiunge il culmine; questa raccolta ebbe una diffusione internazionale che coincise con l’inizio del favore stilistico europeo del concerto grosso.

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Questi concerti grossi rappresentano una naturale evoluzione dei concerti grossi composti da Alessandro Stradella nel 1676. L’opera 6 di Corelli, saldamente imperniata sulla contrapposizione fra il tutti e il concertino, rappresenta la più alta maturazione del genere concerto grosso raggiunto nel XVII secolo.

Corelli fu molto attento alla natura cantabile del violino, che egli valorizzò al meglio nei tempi lenti. L’esempio mostrato sopra (tratto dal breve Adagio della sonata n°9 op. 5) ne è una testimonianza; qui è da notare l’andamento cromatico del basso che sembra riecheggiare lo stereotipo del lamento derivante dalle prassi operistiche veneziane del ‘600. 21

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, II Vol. Bianconi, Lorenzo, Il Seicento, Storia della Musica, quarto volume, Torino, EDT, 1982

1, 2, 5, 6, 7, Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 3, 4, 19, 37, 38, Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, II Vol. 8 De la Motte, Diether, Kontrapunkt - Ein Lese - und Arbeitsbuch, Kassel, Bärenreiter - Verlag, 1981 (trad. It di Loris Azzaroni, Il Contrappunto, Milano, Ricordi, 1991) 9, 25, 29 www.portrait.kaar.at 10, 34 www.klassiekemuziekgids.net 11 www.everynote.com 12 www.avroklassiek.nl 13 www.sitelully.free.fr 14, 20, 23, 33, 35 www.icking-music-archive.com 15 www.abeilleinfo.com 16 www.pipedreams.publicradio.org 17, 30 www.haendel.it 18, www.portrait.kaar.at 21 www.nndb.com 22 www.let.rug.nl 24 www.hoasm.org 26 www.kantorei-noten.de 27 www.bunkyo-gakki.com 28 Basso, Alberto, Letà di Bach e di Handel, Storia della Musica, quinto volume, Torino, EDT, 1976 31, 32 www.lysator.liu.se 36 Amadeus il mensile della grande musica. Anno XV, nomero 12, Dicembre 2003. De Agostani - Rizzoli periodici. 39 www.plato.acadiau.ca

Basso, Alberto, L’età di Bach e di Handel, Storia della Musica, quinto volume, Torino, EDT, 1976 Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 Sachs, Curt, The History of Musical Instruments, W.W. Norton & Co (Trad. It. Storia degli strumenti musicali, Milano, Arnoldo Mondadori, 1980) De la Motte, Diether, Kontrapunkt - Ein Lese - und Arbeitsbuch, Kassel, Bärenreiter - Verlag, 1981 (trad. It di Loris Azzaroni, Il Contrappunto, Milano, Ricordi, 1991) Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation Amadeus il mensile della grande musica. Anno XV, nomero 12, Dicembre 2003. De Agostani - Rizzoli periodici. www.hoasm.org www.abeilleinfo.com www.portrait.kaar.at www.bunkyo-gakki.com www.everynote.com www.sanseverinolucano.net www.klassiekemuziekgids.net www.kantorei-noten.de www.pipedreams.publicradio.org jan.ucc.nau.edu www.haendel.it www.nndb.com www.let.rug.nl www.avroklassiek.nl www.sitelully.free.fr www.icking-music-archive.com

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XVIII

IL TEATRO MUSICALE IN EUROPA NEL ‘600 E NEL ‘700 FRANCIA PERIODO ANTECEDENTE A J. B. LULLY

Imperante ed itinerante fu la presenza dell’opera italiana in tutta Europa tranne che in Francia. In un clima di assolutismo imperiale la Francia sviluppò un teatro musicale originale, non influenzato dall’opera italiana / Nell’opera italiana imperava l’Aria virtuosistica dei cantanti, mentre l’opera francese evidenzia un grande equilibrio fra le diverse componenti; una componente di grande importanza in Francia fu da sempre il ballo, la coreografia, che derivava direttamente dalla tradizione rinascimentale / In Francia la musica non occultava la poesia; non vi erano enfasi eccessive nella vocalità francese, come invece accadeva in Italia, vi era un più sentito equilibrio / L’opera era presa in grande considerazione dalla sfarzosissima corte francese, era il mezzo per rimarcare la propria grande austerità, solennità; era l’espressione dello spettacolo totale, manifestava le inclinazioni politiche, era quasi uno “strumento di governo”. MONODIA VOCALE: L’«AIR DE COUR» Anche in Francia si assistette al passaggio dalla polifonia alla monodia, specialmente nella musica profana. L’Aria di Corte, una composizione strofica omofonica in stile petrarchistico, imperniata sui sentimenti amorosi, fu al centro di questa trasformazione. Queste arie erano formalmente composte da quartine o sestine di ottonari rimati, e furono dapprima polifoniche omoritmiche a 4 voci, poi (come in Italia) vennero trascritte per voce e liuto, e conobbero così una maggiore diffusione nel periodo compresso grosso modo fra il 1570 ed il 1620; questa diffusione si deve anche al perfezionamento delle tecniche di stampa, che misero in circolazione partiture per liuto / Lully assorbì nella sua opera tutta questa tradizione. IL BALLETTO Il balletto francese bisogna considerarlo come il principale punto di differenziazione rispetto all’opera italiana; nell’opera francese primeggiava il balletto / Fu un italiano a far trapiantare il ballo in Francia, Baldassarino da Belgioioso autore del balletto Circé ou le Balet comique de la Reyne , 1581, composto in collaborazione con due compositori francesi, che traeva le mosse dalla tradizione pantomimica italiana iniziata nel 1400 con Domenico da Piacenza. In Francia l’aggettivo “comique” ha soltanto l’accezione generica di “drammatico”. Questo faraonico balletto era formato da 145 brani vocali e strumentali, e venne rappresentato durò dalle 10 di sera alle 4 del mattino. IL «BALLET DE COUR» Il Balletto di Belgioioso fu rappresentato per un evento nuziale durante il regno di Caterina de’ Medici. Era formato da una ouverture, ossia la sinfonia orchestrale d’inizio (che avrà una importanza storica nell’evoluzione della forma sinfonica) ed includeva anche musica vocale solistica, le airs e rècits, oltre a cori e danze / Sull’esempio di balletto di Belgioioso si vennero a sviluppare altre tipologie di ballo: il ballet - mascarade, il ballet - melodramatique, ed il ballet à entrèes. Questi venivano rappresentati in grandi sale con gli spettatori distribuiti lungo i lati più lunghi; i danzatori erano i nobili gentiluomini di corte, e in mezzo ad essi vi si mescolavano pure i paggi del Re mascherati / A corte si eseguivano i Grand Ballets, anch’essi danzati dai nobili; vi prendeva parte anche il Re e la famiglia reale in particolari occasioni. L’organico strumentale era molto imponente per quei tempi, infatti era formato da 24 archi che divennero molto rinomati, e non solo in Francia, come i «violons du roi» / Il Ballet à Entrèes divenne il genere più drammatico che apprese dall’opera italiana l’impianto scenico e le macchine teatrali. 1

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TENTATIVI DI FUSIONE DELL’OPERA ITALIANA IN FRANCIA

Il Cardinale Mazarino fra il 1645 ed il 1662 si adoperò più volte per far conoscere alla corte francese l’opera italiana. La prima opera italiana rappresentata a Parigi fu La Finta Pazza (musica di F. Sacrati e libretto di G. Strozzi), eseguita dalla compagnia dei Febiarmonici nel 1645, dopo aver conosciuto un grande successo in tutta Italia. Il Pubblico parigino rimase impressionato dagli effetti scenografici (ad opera di J. Torelli). Le successive opere italiane rappresentate furono di F. Cavalli (eseguite da un’intera compagnia di veneziani), ossia Xerse (per le nozze di Luigi XIV con l’infanta di Spagna, nel 1660, che includeva degli entrées di balletto inseriti da Lully, e durò 8 ore) e l’Ercole Amante (1662) / Le opere italiane non piacquero ai francesi. Due assunti particolari comportarono il rifiuto dell’opera italiana da parte dei francesi: 1) ai francesi non piacquero le irrazionali complessità dei drammi italiani: troppe divagazioni comiche e troppi personaggi secondari, e vennero giudicati prolissi e noiosi. Non sopportarono la figura del castrato preferendo la “voce di testa” dei contralti maschili (haute - contres). 2) in Francia i drammi dovevano ostentare delle vicende che mettessero in risalto la grandezza della loro nobiltà ed esaltassero la figura assoluta del loro Re, e preferirono, a tal proposito, il ballet de cour. Nella concezione dell’assolutismo monarchico francese, non era immaginabile disturbare l’attenzione del re per uno spettacolo che non decantasse la sua grandezza. Il Re sole, riallacciandosi alla filosofia musicale che discendeva direttamente da Platone, considerava la musica come la più importante fra tutte le arti, l’unica capace di infondere nell’animo umano equilibrio, amore, ordine, lealtà, devozione; grande fu il suo interesse per la divulgazione della musica “nazionale”; egli stesso fu un provetto ballerino, studiò il clavicembalo ed era un abile chitarrista / Le opere italiane stimolarono i francesi alla creazione di una loro “opera nazionale”; il primo esempio significativo fu l’opera Pastorale d’Issy, 1659, musica di Cambert e testo dell’abate Pierre Perrin. L’opera ebbe successo e comportò la nascita della prima vera opera francese, ossia Pomone, sempre di Cambert ~ Perrin, 1671. 1a

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Disegno storico inerente la rappresentazione di Circé ou le Balet comique de la Reyne di Baldassarino da Belgioioso, 1581.

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“Air de cour” francese di Pierre Guèdron del 1613 (tratta dal “Virginal Book” del XVII sec.). Giulio Raimondo Mazarino, cardinale francese fautore del tentativo di fusione dell’opera italiana in Francia. 2

XIX

LA TRAGEDIE LIRIQUE JEAN BATIPSTE LULLY (Firenze 1632 - Parigi 1687) L’opera francese nacque realmente nel 1672; Lully tolse il “brevetto regio” che apparteneva a Perrin, con il quale il re autorizzava il compositore a comporre per la corte reale, e dal re Luigi XIV ricevette il riconoscimento reale di operista e di reggente dell’Acadèmie Royale de Musique et Danse (oggi Opèra). Lully, che era principalmente un ballerino, e che divenne compositore in un secondo momento, fu nell’arco della sua vita il sovrano incontrastato della musica francese, per volere del Re / Fiorentino di nascita, già a 14 si trasferì presso la corte di Francia come valletto di camera di una delle principesse reali; fu un arrampicatore sociale: col tempo arrivò a conquistarsi il favore del Re Luigi XIV il quale, poco a poco, trasferì nelle sue mani tutta l’organizzazione degli spettacoli, prima di corte, e poi di tutta la Francia / Dal 1672 e fino alla morte egli portò al massimo splendore il genere tutto francese della tragèdie lyrique, che considerava il più aulico modello di opera francese / La produzione musicale di Lully influì su tutta la musica scenica francese ed influenzò profondamente Gluck e Calzabili. La sua produzione annovera 31 balletti, realizzati in collaborazione con J. de Benserade, e 14 comèdies - ballets, che videro la collaborazione del comico e commediografo Mòliere; qui le scene e i dialoghi parlati erano inframmezzati dai balletti / Egli apportò innovazioni al ballet de cour. I balli che Lully adoperò (guidati da disegni coreografici) erano correnti, gagliarde, e successivamente passepied (in 3/8 o 6/8), riguardon (in 2/4 o 4/4), bourèe (in C ), la gavotta (in 4/4). Più importante ed eseguito fu il Minuetto (sempre in 3/4) / Il suo capolavoro creativo è rappresentato dalle 13 Tragèdie lyrique (ove la catastrofe finale della tragedia consueta veniva mutato in un finale a lieto fine; questi grandiosi lavori rappresentarono l’equivalente in musica della tragedia in Versi. Lully li creò fra il 1673 (Cadmus et Hèrmione) ed il 1686 (Armide); undici furono su libretto di Philippe Quinault, ed ostentano una poesia tragica, con soggetti mitologici, eroici. La tragèdie liryque vede una divisione formale in 5 atti, direttamente influenzata dal teatro poetico tragico francese di Corneille e di Racine. Da un punto di vista prettamente musicale Lully assimilò l’influenza del compositore italiano F.Cavalli / Il libretto, da un punto di vista formale, ha una particolarità in Francia; il verso poetico, detto Alessandrino , è formato da 12 sillabe divise in 2 emistichi da 6 sillabe ciascuno / Molto differenti erano le tragedie liriche di Lully dalle contemporanee opere dei Veneziani (Cavalli, L. Rossi). Le principali differenze possono così essere elencate: 1) I rècits ed airs francesi non evidenziavano una distinzione netta tipica ell’opera italiana settecentesca, quindi non sempre era chiaramente evidente il passaggio dal recitativo all’aria; in entrambi i brani vi erano declamazioni sillabiche; 2) Le arie francesi (airs) erano bipartite (AAB, o ABB); 3) Nelle tragèdies - lyriques vi sono cori e balletti che assumevano un’importanza strutturale: i cori erano presenti in tutte le scene conclusive degli atti, e avevano un’impostazione armonico - ritmica tipica della Ciaccona; 4) L’Orchestra francese era molto più numerosa rispetto a quella italiana contemporanea, ed aveva una scrittura a 5 parti: 2 per i violini (dessus, haute contre), 2 per le viole (taille, quinte), 1 per il violone (basse). Lully esigeva la precisione dell’arco unita alla coordinata forza d’attacco; non consentiva ai violinisti (come ai cantanti) di arricchire la musica con abbellimenti di loro libera invenzione. Questi assunti determinarono la grande rinomanza europea dell’orchestra Lullyana; 5) Lully componeva delle Ouverture orchestrali iniziali che aprivano le tragèdies - lyriques; queste iniziavano con un tempo «Adagio» o «Lento» e ritmo puntato, e terminavano con un «Allegro»; questa Ouverture venne in seguito denominata “alla Lully” e venne utilizzata da altri compositori (Händel, Telemann). 3

I francesi definirono Lully “Principe della Musica”, egli fu il creatore dell’Opera francese barocca; rappresentò storicamente la personificazione dell’assolutismo monarchico in campo musicale; conobbe ricchezze e potere come mai nessuno prima; le sue Tragèdies - lyriques furono rappresentate in tutta la Francia per più di un secolo. Fu il principe della musica a corte durante la dinastia di Luigi XIV. La sua opera appagava gli ideali musicali del pubblico francese / Nella Tragèdie - lyrique di Lully tutti gli elementi tecnico - formali (musica, orchestra, poesia, canto, scenografia, costumi, macchine teatrali) svolgevano il compito di creare un mondo illusorio, meraviglioso, che ostentava sfarzo, magnificenza e raffinatezza.

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Interno del teatro della Reggia di Versailles (Salle du Spectacle); incisione di Charles Nicolas Cochin (Parigi 1741). La corte del re di Francia si dilettava in questa sala ove venivano realizzati balletti. L’incisione dell’epoca offre una grande quantità di informazioni: si può notare chiaramente come questa scena barocca riproduca lo spazio occupato dal pubblico rispetto a quello occupato dagli artisti; questi due universi sono separati dalla grande orchestra. Qui la disposizione della corte è rigorosamente determinata dall’etichetta: al centro troneggia la coppia reale, circondata dai cortigiani di rango differente. Le file dei palchi, da ambedue i lati, a differenza dei teatri barocchi d’opera italiani, sono aperte e decorative; era reputato essenziale vedere bene, e più ancora, essere visti bene: l’azione sulla scena e “l’azione” nei palchi, dovevano stimolarsi vicendevolmente.

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Esempio di trattamento ritmico in un récit lullyano. Il suo recitativo si confà strettamente al tempo di dizione arrivando ad alternare, per poter meglio evidenziare il ritmo delle parole, misure binarie e misure ternarie. Lully è maestro nella combinazione ritmica, infatti riesce a non far percepire all’ascoltatore il cambiamento ritmico, ed il flusso recitato viene percepito fluidamente, naturalmente. La dizione è strettamente sillabica e le cesure finali sono rimarcate con l’adozione di figure lunghe. 5

Tratto dalla tragédie - lyrique Armide (1686) l’esempio seguente riporta il più commovente, espressivo ed intenso momento scenico dell’intero repertorio tragico lullyano, il monologo «Enfini est en ma puissance» (II atto, 5° brano); l’opera, tratta dalla Gerusalemme Liberata di T.Tasso, è ritenuta dalla storia il capolavoro di Lully. Il momento scenico seguente rappresenta la maga Armide che, impugnato un coltello, sta per uccidere il suo prigioniero Renaud che però ella ama perdutamente; la grande perizia compositiva di Lully consente di esprimere il conflitto interiore e le reazioni emotive della protagonista con un recitativo intriso di frasi interrotte, pause, ed affannose esclamazioni; così il sentimento d’odio omicida iniziale nei riguardi del nemico prigioniero si evolve prima in pietà, poi in tenerezza ed infine esplode la sua manifestazione d’amore. Questo monologo fu ritenuto dalla critica settecentesca il più sublime esempio i drammaticità musicale; Rameau stesso realizzò una analisi dettagliata psico - acustica nel suo trattato Code de Musique (1760). 6

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L’orchestrazione adoperata da Lully per i contemporanei fu la novità più originale; egli l’adoperò in modo molto immaginoso: l’intera orchestra viene suddivisa in due gruppi: un petit choeur atto all’accompagnamento degli Airs (facilmente equiparabile al “nostro” concertino, formato da 10 strumenti, ossia violini, flauti ed organico per il b.c.), ed un grand choeur (il nostro “concerto grosso”, formato dai celebri 24 strumentisti francesi, ossia tutti gli archi, fiati e, sempre, l’organico per il b.c.). Nelle situazioni rappresentanti battaglie, sacrifici, scene infernali, Lully introdusse i gruppi di ottoni e timpani; il seguente esempio rappresenta una marcia brillante (tratta da Amadis) che accompagna un balletto di soldati evocanti una battaglia. Questo descrittivismo orchestrale era molto apprezzato dal pubblico. 7

DOPO LULLY

L’equilibrio che presentava la tragèdie - lyrique fra poesia, musica e danza, venne meno dopo la morte di Lully, quando si affermò un nuovo genere di teatro musicale: l’Opera - Ballet. Qui prevalsero le arie cantate e le danze; venne annullata l’unità d’azione tipica della tragèdie - lyrique: ogni atto (che adesso diverranno solo 3) presentava una vicenda diversa e costituiva una piccola opera indipendente, realizzata con stile galante ed argomenti pastorali. Il genere fu in voga durante i primi 30 anni del 1700; vi si possono scorgere gli influssi italiani, adesso non più respinti come nel periodo lullyano, provenienti dall’Arcadia / I più importanti compositori di opèra - ballet furono Andrè Campra, autoredell’opera l’Europa galante, 1735, che venne considerata l’opera più importante del genere, ed Andrè Destouches, autore dell’opera Colirhoè 1712, il suo capolavoro. Egli fu uno dei primi ad impiegare l’Aria col da capo. 8

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Andrè Camprà in una stampa dell’epoca.

Andrè Destouches in una stampa dell’epoca.

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GLUCK A PARIGI

Dopo essere riuscito fieramente nell’impresa di rinnovare e riformare l’opera italiana, Gluck nel decennio degli anni 70 del 1700 operò una trasformazione anche per il genere della tragèdie lyrique francese. Il suo intervento sarà di storica importanza in quanto getterà le basi per lo sviluppo, sempre in Francia nel XIX secolo, della grande opera eroica / Questo processo di aggiornamento e trasformazione che operò Gluck in Francia non fu facile; nel 1777 la prima rappresentazione dell’opera Iphigènie en Taurine venne accolta come uno dei più colossali scandali della storia dell’opera; questo alimentò non poco la querelle a favore di Piccinni, ove si scorgevano, anche, diverbi fra gli interessi politico-artistici. Ma Gluck, grazie all’appoggio e alla protezione della regina Maria Antonietta, la ebbe vinta nei confronti del compositore italiano.

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JEAN PHILIPPE RAMEAU (Digione 1689 - 1764) Anche se si cimentò nell’opera a cinquant’anni, egli divenne ben presto il più illustre operista francese del ’700. Compose un trattato d’armonia che fu destinato ad essere una pietra miliare per lo sviluppo dell’armonia tonale, il Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels, pubblicato nel 1722, dove confermava i principi zarliniani ed ampliava la teoria dell’armonia. In questo storico trattato egli precisava che nessun suono è dato allo stato puro ed isolato, ma ogni suono è parte integrante di una maglia di relazioni spiegabili nel contesto degli accordi e della tonalità. Rameau definì con chiarezza i tre principali accordi che rappresentano i pilastri del discorso tonale, e li denominò con precisione; detti accordi furono tonica, sottodominante e dominante. Apportò innovazioni nella terminologia armonica; sue sono, infatti, le identificazioni degli accordi di settima diminuita, nona ed undicesima, che egli espose, nel suo trattato, dimostrando le loro varie possibilità d’impiego per ampliare l’ambito della dissonanza. Rameau intese l’armonia non come una asettica questione tecnica, ma come la prima concreta manifestazione del pensiero musicale; con Rameau inizia storicamente l’era storica dominata dall’armonia / Prolifico compositore, scrisse 26 fra tragèdies- lyriques (cinque), opèras - ballets e pastorales heroïques / Il successo che caratterizzò le prime opere di Rameau mise in contrasto i suoi sostenitori con quelli “conservatori” di Lully: ne nacque la prima delle tre storiche querelle, ossia a quella fra lullysti e ramisti che durò diversi anni sino all’avvento della Serva Padrona di Pergolesi-Goldoni, 1752, che fece “riappacificare” i francesi vistisi “minacciati” da un intruso italiano! / L’Intermezzo italiano fece nascere la seconda storica querelle, molto più accesa della prima, e che fu quella che passò alla storia: la querelle de buffons: questa vivacissima lotta intellettuale vedeva i seguaci dell’opera buffa italiana contro i seguaci (rappacificati) di Lully e Rameau / Luigi XV lo nominò, un anno prima della morte, compositore di musica della camera del Re / Rameau, con la sua opera, portò avanti il processo evolutivo della tragèdie - lyrique di stampo lullyano, sviluppando maggiormente il gusto del «meraviglioso» / Grande importanza diede allo sviluppo del Canto; nei suoi recitativi (semplici ed accompagnati) l’elemento lirico era più vistoso rispetto ai modelli italiani coevi; nelle Arie si preoccupò di ostentare una chiara pronuncia delle parole / Grande originalità presentano le opere teatrali di Rameau nell’aspetto orchestrale: egli riversa molta più attenzione qualitativa e quantitativa all’orchestra rispetto a quanto era avvenuto prima di lui nella stessa Francia, ed anche in rapporto alle scelte dei compositori italiani suoi contemporanei. Rameau indicava le ouverture orchestrali d’inizio delle opere con il termine (generico) di Symphonie / A differenza dei contemporanei Rameau non intese le danze e le «air de danse» come semplici divertissements, ma le considerò parti strutturali importanti delle vicende d’opera. 10

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Rameau seppe usare egregiamente i mezzi armonici a scopi espressivi. L’esempio seguente, tratto dalla tragédie lyrique Hippolyte et Aricie (1733), è riferito alla parte centrale del trio delle Parche (Quelle soundain horreur, II atto, 5° brano); qui Rameau usa una serie di progressioni cromatiche discendenti che rapidamente abbracciano cinque diverse tonalità per evidenziare musicalmente il senso delle parole (tradotte alla fine dell’esempio), fino a ritornare alla tonalità di partenza, ossia sol minore. Rameau precisò con chiarezza, nel suo «Code de Musique pratique» (1760) che egli usava la compenetrazione enarmonica allo scopo di rendere l’immagine dell’orrore e dello spavento.

L’OPÉRA COMIQUE

In Europa la forma operistica nata dalla commedia venne conosciuta soltanto nel Settecento (un secolo dopo rispetto all’Italia), e non fu cosmopolita come l’opera seria. Si svilupparono soltanto caratteristiche nazionali della commedia in musica, che vennero diversamente denominate a seconda dei paesi: Italia > opera comica; Francia > opèra comique; Germania > Singspiel. In Francia l’Opèra comique non si sviluppò (come in Italia) parallelamente all’opera “più seria” (cioè tragèdie - lyrique ed opèra - ballet) ma in contrasto con essa: i teatri di provincia potevano rappresentare piccole quantità di commedie in musica dietro il pagamento di una royalty annua all’Opéra (> dal 1715). Nell’Opéra comique francese si alternavano ai brani cantati i brani parlati (dialoghi); i brani cantati che venivano inseriti fra le parti dialogate all’inizio erano semplici arie popolari (> vaudeville), successivamente divennero più complesse (> ariettes). Molto celebre fu l’opéra comique Le devin du village (“L’Indovino del villaggio”1752) di J. J. Rousseau / Successivamente la lezione italiana dell’opera comica portò ad un ulteriore sviluppo l’opéra comique francese, e la musica acquistò spazio ed importanza superiore rispetto alle parti dialogate; le scelte del libretto non si limitarono più alla sola comicità ma testimoniarono una più varia scelta: dramma storico, sentimentale, fiabesco (espressione del gusto del pubblico che si evolveva) / Il compositore più famoso fu Modeste Grétry; egli compose «comédie - ballet», opere idillico - pastorali ed esotiche; molto successo ebbe la sua opera Aucassin et Nicolette (1779) ispirata ad una storia medievale, soprattutto perché piacque tanto alla cultura preromantica del tempo. Il suo capolavoro fu Richard Coeur de Lion (1784) storicamente considerata l’apice dell’opéra comique francese ed anticipatrice del teatro romantico del 1800. 9

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INGHILTERRA

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DAL “MASQUE„ ALL’OPERA INGLESE

Già nel 1500 in Inghilterra esisteva un tipo di spettacolo musicale denominato masque, molto simile al ballet de cour francese e con pallidi influssi derivanti dagli intermezzi rinascimentali italiani; gli argomenti erano mitologici o allegorici, e nelle scene si alternavano recitativi, musiche vocali e balli. Il nome «Masque» deriva dal fatto che nelle sezioni da ballo si esibivano i gentiluomini mascherati. Il massimo grado di sviluppo si ebbe nei primi decenni del 1600, durante il regno dei primi due Stuart, Giacomo I e Carlo I; in seguito i puritani di Cromwell, la guerra civile e la repubblica, fecero tramontare il genere / Fu un genere esclusivamente di corte / Gran parte della musica non ci è pervenuta / Ben Jonson (1573 - 1652, generazione successiva a Shakespeare) fu uno dei maggiori librettisti di masque; scrive infatti lavori di successo come il Masque of Blackness 1605, Masque of Queens 1609, Vision of Delight 1617 / Il musicista più importante fu Matthew Locke (1622 - 1677). Il suo capolavoro del genere Masque, Cupid and Death (versi di James Shirley e musica sua, in collaborazione con l’amico compositore O. Gibbons) venne rappresentato in un palazzo patrizio di Londra nel 1653. Qui il drammaturgo William D’avenant dopo aver curato in prima persona l’apertura del teatro chiamato Rutland House, vi fece rappresentare, nel 1756 la sua opera The Siege of Rhodes, con musiche di vari autori fra i quali Locke.

Matthew Locke in una stampa dell’epoca.

BALLAD OPERA

Nei primi decenni del 1700 l’opera seria italiana salì anche sui palcoscenici londinesi, qui incontrò il favore da parte del pubblico nobile, e contemporaneo anche lo sfavore da parte del ceto medio e degli scrittori, alimentando così, anche se a distanza, il malcontento intellettuale italiano nei confronti dell’opera seria. Samuel Johnson definì l’opera italiana un «divertimento esotico ed irrazionale per l’aristocrazia» / Il genere del Ballad - opera nacque con l’opera The Beggar’s Opera (l’Opera del mendicante) di John Gay, 1728, e fu chiaramente in antitesi con l’opera seria italiana; qui sono messi in scena personaggi quotidiani (anche malfamati). Fu uno spettacolo “leggero”, ed ebbe un successo tale da venir rappresentato per tutto il secolo (nella stessa stagione venne replicata per ben 62 volte). La musica venne realizzata da più compositori fra i quali Händel e Purcell. In dieci anni se ne composero circa 120 che, però, non ebbero un seguito perché il genere fu soppiantato dal Pasticcio e dalla successiva Comic - Opera.

HENRY PURCELL (Londra 1659 - 1695) Storicamente è considerato il maggior musicista inglese di tutti i tempi, e a causa della sua prematura morte venne a posteriori considerato il Mozart inglese / Fedele interprete musicale degli ideali inglesi della Restaurazione, nella sua musica si evincono comportamenti di seduzione sensuale ed assunti decorativi. La sua produzione musicale fu, agli occhi dei contemporanei, di altissima qualità; egli apprese e fece propri i modelli italiani e francesi / Fu il Lully inglese: ebbe affidate tutte la cariche musicali pubbliche e di corte / La sua grande produzione compositiva annovera principalmente gli anthems, le odi, le cantate profane, e, non ultime, le composizioni strumentali. Egli si dedicò alla composizione di lavori teatrali negli ultimi sei anni della sua vita, e questa sua ultima produzione rappresenta l’apice della sua personalità di compositore; il suo capolavoro fu la mini opera Dido and Aeneas (1689) composta per un collegio femminile di Chelsea, ove tutti i ruoli sono femminili ad eccezione di quello di Enea; qui si alternano con grande equilibrio recitativi, arie, cori, danze, intermezzi strumentali / La restante parte della produzione teatrale - musicale di Purcell si annovera nel genere delle musiche di scena. 12

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GERMANIA ED AUSTRIA L’OPERA TEDESCA BAROCCA

Nel 1627 la corte di Sassonia vide nascere la prima opera tedesca, Dafne, basata sul libretto di Rinuccini (musica di Heinrich Schütz che è andata perduta); questa venne tradotta in tedesco da Martin Opitz (il più importante poeta del tempo). Per tutto il 1700 l’opera in Germania ed in Austria fu dominata dall’influenza dell’opera italiana; le corti ove l’opera maggiormente fiorì furono: Hannover, Brunswick - Wolfenbüttel, ed in speciale modo le città di Leipzig ed Amburgo. Amburgo fu il centro di più grande importanza per la diffusione dell’opera barocca tedesca / Tutta l’esperienza operistica barocca tedesca nacque come imitazione globale del modello italiano, sia per la librettistica e sia per la composizione; molto presto i librettisti arricchirono la varietà di argomenti con vicende tratte dalla Bibbia e dalla loro storia nazionale. IL SINGSPIEL

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Attorno al 1750 prese piede in Austria un’opera che alternava (similmente all’opéra comique) recitazione e musica; questo genere venne chiamato Singspiel. Nacque a Vienna e si diffuse anche in Germania. Era destinato ad un pubblico borghese e destò l’interesse speculativo degli impresari, ma non della cultura ufficiale; solo Goethe ne comprese l’importanza / I maggiori rappresentanti del genere furono i musicisti Johann Hiller e Georg Benda / Nel Singspiel viennese si evinceva una maggiore presenza della musica rispetto alle parti dialogate / Saranno i giganti della musica classica (Mozart con il Ratto del Serraglio e Il Flauto Magico, e Beethoven con Fidelio) e romantica (Weber con Il Franco cacciatore) ad ampliare notevolmente la risonanza del genere Singspiel, e a farlo diventare un genere nazionale / Il Singspiel sarà la matrice storica dell’operetta viennese dell’ottocento.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992

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XIX

L’OPERA ITALIANA NEL SETTECENTO Nella storia in genere il XVIII secolo è visto come il secolo delle grandi trasformazioni sociali e culturali; nel 700 l’aristocrazia va perdendo gradatamente il proprio potere dispotico sulle classi inferiori, da sempre sfruttate, e la rivoluzione francese di fine secolo farà esplodere il conflitto fra queste due classi sociali. Quando le classi sociali più povere prenderanno coscienza della propria dignità, inizieranno ad essere divulgati i principi della trasformazione sociale; importanti furono a tal proposito i cosiddetti “philosophes” francesi, che alimenteranno la filosofia dei lumi del 700: l’Illuminismo, il movimento della critica e della ragione, che ha i suoi epigoni ideologici nelle figure di Voltaire, D’Alembert, Diderot e soprattutto J. J. Rousseau / Alla Francia si uniranno ben presto gli altri paesi europei nella condivisione dei principi dell’Illuminismo, e non mancheranno anche regnanti che appoggeranno queste idee; infatti non pochi saranno i cosiddetti “principi illuminati” / In questa Europa che va assorbendo l’illuminismo, il genere musicale predominante sarà il melodramma di importazione italiana. L’opera italiana nel 700 si impose in tutta Europa tranne che nella Francia dei Borboni; a Venezia si costituì come spettacolo impresariale, ed i compositori a Napoli ne curarono maggiormente lo stile. In breve tempo divenne un genere cosmopolita, lo spettacolo internazionale per antonomasia; i musicisti stranieri presero a comporre opere italiane. Il teatro musicale di genere imprenditoriale era sempre costantemente all’avanguardia: l’attenzione all’aggiornamento dei temi, dei soggetti, e di tutto ciò che potesse sempre soddisfare il gusto del pubblico, sarà sempre la principale prerogativa; i cantanti rappresentarono il principale “piacere” per il pubblico medio, specie la voce di soprano. Fu così che nel 1700 esplose il fenomeno dei castrati / Nel settecento il teatro d’opera è il più grande catalizzatore sociale: i palchi dei teatri diventarono un luogo di incontro sociale, ove, fra le altre cose, si poteva assistere all’opera; i gentiluomini fanno la corte alle donne > gioco d’azzardo / Purtroppo Wagner con lo scritto teorico Opera und Drama del 1851 dando un giudizio assolutamente mediocre a tutta la produzione operistica di questo periodo (in particolare i melodrammi di Zeno, Metastasio e Goldoni, con le relative musiche di Scarlatti, Vinci, Pergolesi, Piccinni > critica contro le forme chiuse) contribuì decisivamente a relegare tutta questa produzione operistica ai margini dell’attenzione musicologica successiva, in quanto la sua concezione delle forme “libere” non poteva accettare le arie chiuse del melodramma settecentesco, ed il suo pedissequo assoggettamento ai gusti del pubblico. Soltanto recentemente si è compiuta una rivalutazione / Maturando le concezioni estetiche che la videro nascere, l’opera del 700 raggiunse un notevole equilibrio degli assunti: arte, artificio, poesia, musica, scenografia, costumi. Le tipologia interpretative, il gusto, la moda, furono tutti assunti che vennero minuziosamente coltivati dall’opera italiana del settecento / Un rilevante dato estetico del 700 è identificabile in ciò che viene definito come la “Teoria degli affetti”: questa “teoria” nacque in seno alla camerata fiorentina agli inizi del 1600; essi si riferivano alle piccole inflessioni o coloriture melodiche impiegate in funzione espressiva. Questa ricerca nasce da una loro convinzione riguardo una più reale corrispondenza tra sentimenti ed espressioni musicali. In seno alla camerata Bardi a seconda della tecnica impiegata o della fisionomia assunta da queste figure, gli “affetti” venivano denominati in modo diverso (groppo, cascata, ribattuta di gola, ecc.). Nel 700 questi affetti caratterizzarono le arie, cioè i personaggi / Il secolo vedrà la predominanza delle figure di A. Zeno e P. Metastasio, per l’opera seria, e di C. Goldoni per l’opera comica. Le principali differenze rispetto all’opera del 600 si possono raggruppare in due importanti assunti: il libretto nella sua struttura interna ed esterna, e la forma musicale dell’opera. 1

LA CRITICA SULL’OPERA ITALIANA

Il 700 vedrà impegnati alcuni letterati, teorici musicali musicisti che nei loro trattati affronteranno il problema etico ed estetico del libretto. Fra i più importanti meritano di essere citati: Francesco Algarotti letterato e scrittore, autore del trattato “Saggio sopra l’opera in musica”, 1755, ove critica il teatro musicale del suo tempo giudicandolo decadente, in quanto si è perso il rapporto fra parola e musica, ed auspica a una riforma dell’opera secondo il modello francese, ove la musica accompagna la parola e non la sovrasta. Esteban de Arteaga letterato e teorico musicale spagnolo gesuita. Egli nel suo trattato “Le rivoluzioni del teatro musicale italiano dalla sua origine fino al presente”,1783 - 85, appoggia le idee di Algarotti, ed afferma che secondo lui l’opera in musica deve essere concepita come l’incontro fra il momento musicale (l’aria), il momento drammatico (il recitativo accompagnato), il momento narrativo (il recitativo secco), la scenografia. Appoggiò esplicitamente l’opera metastasiana. Giovan Battista Martini maestro di cappella presso la chiesa di San Francesco a 1 Bologna; egli fu il più grande teorico musicale europeo della seconda metà del XVIII secolo. Anch’egli si impegnò in una critica accurata contro gli eccessi dell’opera italiana, esplicitando un pensiero molto vicino a quello di Algarotti e dell’Arteaga. Padre Martini inoltre, considerò il problema da un punto di vista strettamente musicale. Vincenzo Manfredini compositore pistoiese. Fece la sua fortuna nella Russia di Caterina II, importando l’opera italiana. Rientrato in Italia dal soggiorno russo, si schierò contro tutti coloro che criticavano gli eccessi del melodramma italiano. Nel suo trattato intitolato “Difesa della musica moderna e dei suoi celebri esecutori”,1788, egli criticò le asserzioni di padre Martini e dell’Arteaga. Manfredini si preoccupò di difendere la musica strumentale, alla quale assegna un proprio concetto di progresso. L’estetica dell’opera settecentesca andrà perdendo progressivamente di mira l’ideale del mito della Grecia classica; i compositori molto vicini a Manfredini riterranno molto più logico incentrarsi sulla composizione musicale ove l’armonia è sovrana. Adesso non sarà più possibile per un compositore dedito all’opera (e non solo) concepire la musica in maniera avulsa dalle regole armoniche.

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IL LIBRETTO OPERISTICO DEL SETTECENTO: ZENO, METASTASIO, GOLDONI Le esuberanze, la lirica “concettosa” del Marino, e tutti i barocchismi poetici avevano “saziato” il gusto del pubblico in generale e dei poeti in particolare. Gli stravolgimenti mostruosi che avevano interessato l’opera in musica subito dopo i suoi esordi, stravolgimenti ove buffoni e servi venivano mescolati a re ed eroi, avevano oramai fatto il loro tempo. Il ripristino di un ideale di bellezza nel 700 comporterà la nascita dell’Arcadia che si prefiggeva una poesia più composta, senza esuberanze e più dimessa ; principe dell’arcadia settecentesca fu Metastasio / Il dramma per musica assorbì in toto le influenze dell’Arcadia, per cui non vi saranno più stravolgimenti / Zeno e Metastasio furono i fautori del nuovo senso dell’ordine, i loro libretti saranno messi in musica da decine e decine di musicisti.

APOSTOLO ZENO

(Venezia 1668 - 1750)

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Fu poeta cesareo (cioè di corte) a Vienna, poi sostituito dal Metastasio; scrisse 35 libretti d’opera 17 dei quali per oratori / Apportò autonomia drammatica e logica nell’azione teatrale al melodramma; abolì le scene comiche (principale “artificio” dell’opera seicentesca), era introdusse con parsimonia i cori; stabilì la forma che sarà da modello per gli operisti successivi: lunghi recitativi di endecasillabi e settenari sciolti conclusi da arie brevi e strofiche con versi più brevi dei recitativi legati da rime / I soggetti dei suoi drammi attingono dalla mitologia e dalla storia antica, e sono intrisi di una caratterizzazione morale a lui molto cara. Nei suoi intrecci teatrali si evince questo senso morale; ciò trova un diretto antecedente nelle tragedie francesi di Pierre Corbeille. Molto legato a lui fu il compositore Antonio Caldara (1670 - 1736), il quale musicò quasi un terzo della sua produzione drammatica. Ma i più grandi compositori del tempo, Vivaldi, Pergolesi, Hendel e Piccinni, si impegnarono a modificare i suoi libretti.

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PIETRO METASTASIO 4

(Roma 1698 - 1782)

Il suo vero nome era Pietro Trapassi , ma entrato in Arcadia ebbe grecizzatoil nome. Gli arcadici si impegnarono nel progetto di far rivivere l’antica cultura greca al punto da ritenersi eletti, per cui si “grecizzavano” i nomi / Poeta cesareo alla corte degli Asburgo e a Vienna; fu autore di 27 drammi per musica, e di 8 oratori / I tratti salienti della sua poetica si possono riscontrare nella spiccata semplicità e fluidità dei suoi versi; per questo fu amato dal pubblico e ancora di più dai musicisti, infatti si conoscono più di ottocento versioni operistiche dei suoi libretti / I suoi drammi più famosi furono: Alessandro

delle Indie, Artaserse, Adriano in Siria, L’Olimpiade, La Clemenza di Tito, Attilio Regolo, ecc.

Hasse fu il più prolifico musicatore dei libretti metastasiani, circa 60 opere / Metastasio perfezionò ulteriormente le “regolarizzazioni” di Zeno: concepì la struttura drammatica dell’opera in tre atti; le scene sono caratterizzate da lunghi recitativi ed arie conclusive con pochi versi (pochi duetti e scarsa presenza di cori); nelle sue opere non compaiono più di sei personaggi per le vicende teatrali; ciò garantisce una grande chiarezza, logicità e raziocinio nei recitativi. La sua poesia è sempre limpida, chiara, e i suoi versi sono intrisi di giudizi morali. Metastasio attribuisce una grande funzione educativa al melodramma, ed è metricamente svoltoi con versi molto corti (quaternario, quinario) / Il perno della drammaturgia di Metastasio è rappresentato dal contrasto fra sentimento e ragione, inteso come espressione della motivazione morale che sta alla base della sua concezione poetica / Egli realizzava la coerenza formale tramite la calcolata distribuzione delle arie: ogni dramma ne conteneva circa 25 massimo 30; non più di uno o due duetti ed un “tutti” finale. Al primo castrato e alla prima donna spettavano 5 arie ciascuno, alle seconde 4, così via via fino al sesto cantante al quale spettavano solo 3 arie. L’Aria era collocata a fine scena, cosicché il cantante usciva di scena fra gli applausi del pubblico. La musica era sottoposta al testo; il recitativo che preferisce e quello secco / Il dramma metastasiano è un DRAMMA AD INTRIGO: questo intrigo è messo in atto dai personaggi e dalla loro funzione; egli prediligeva che si esaltasse l’illustrazione dei rapporti fra i singoli personaggi. Ogni scena rappresenta una situazione indipendente che si diparte da un centro comune. Questa particolare tipologia di struttura metastasiana è denominata struttura a stella.

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ADRIANO IN SIRIA Uno dei tanti fortunati libretti di Pietro Metastasio musicato nel 1734 da Pergolesi, e nel 1752 da Hasse. La presente versione è quella musicata da Antonio Caldara. L’opera costa di sei personaggi: Adriano valoroso guerriero Romano innamorato di Emirena. Aquilio consigliere di Adriano, amante occulto di Sabina Osroa re dei Parti, nemico di Adriano Farnaspe consigliere di Osroa, amante di Emirena Emirena promessa sposa di Farnaspe Sabina promessa sposa di Adriano. Viene qui riportata l’aria di Farnaspe.Le arie sono di ottonari e l’ultimo verso in settenario; i recitativi sono in versi sciolti.

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CARLO GOLDONI (Venezia 1707 -

1793)

Esponente antitetico rispetto a Zeno e Metastasio, egli fui principe del teatro comico, dell’opera comica e delle farse. Scrisse 56 libretti di opere comiche e “farsette”, che la storia ha etichettato come il teatro comico goldoniano, scritte nel quindicennio compreso fra il 1748 ed il 1763 / Fu legato da profonda amicizia con il compositore suo conterraneo Baldassarre Galuppi, il quale musicò 20 dei suoi libretti; fra i più importanti vanno ricordati L’Arcadia in Brenta, Il Mondo alla

roversa, Il Mondo della Luna, Il Filosofo di campagna furono messi in musica dai più im-

portanti musicisti del tempo / Importanza storica per l’affermazione dell’opera comica ebbe CECCHINA LA BUONA FIGLIOLA musicata dal Piccin6 ni / I suoi libretti d’opera non sono molto dissimili dalle sue commedie in quanto ad invenzione dei Ritratto di Carlo Goldoni eseguito dal pittore personaggi, e in quanto a coerenza della forma. Pietro Longhi. Si passa dall’elemento serio l’elemento comico con equilibrio e grande logicità. Molti grandi musicisti provenienti dai conservatori napoletani musicarono i suoi libretti; e non ultimo Antonio Vivaldi.

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L’OPERA A NAPOLI Verso il 1650 l’opera comparve anche a Napoli direttamente importata da Venezia dalla compagnia chiamata “I Febiarmonici”. A Napoli la compagnia rappresentò l’opera Didone di F. Cavalli per volere del vicerè spagnolo conte d’Oñate; e l’anno seguente gli stessi rappresentarono L’Incoronazione di Poppea di Monteverdi / Il primo importante teatro aperto a Napoli fu il Teatro di S.Bartolomeo nel 1654. La famiglia reale a Napoli capì subito la grande influenza che aveva l’opera sulla gente, ragion per cui istituì contemporaneamente alla nascita dell’opera stessa una attenta sorveglianza reale su ciò che doveva essere rappresentato, a tal punto che la prima rappresentazione doveva avvenire a corte e dopo in teatro / Prima di Alessandro Scarlatti a Napoli si rappresentavano solo opere veneziane, adattate e riviste; il più noto riadattatore fu Francesco Cirillo (uno dei tenori della compagnia dei Febiarmonici) / Il primo operista napoletano fu Francesco Provenzale. Il suo teatro è assolutamente comico; grande successo ebbero le sue opere “Il schiavo di sua moglie”, e “Stellidaura vendicata”. È un teatro musicale che inspira al teatro monteverdiano, con grande vivacità comica di ascendenza popolare. I CONSERVATORI

Quattro importanti orfanotrofi napoletani divennero centri di storica importanza per la futura opera napoletana; queste furono le prime istituzioni pubbliche in tutta Europa preposte alla formazione professionale di musicisti, sia compositori, strumentisti e cantanti; questi orfanotrofi vennero chiamati dal popolo conservatori. Nacquero come istituti di pietà fra il 1620 ed il 1650, luoghi ove venivano accolti i trovatelli (figliuoli) e veniva loro insegnata la musica per partecipare alle cerimonie di culto, allo scopo di integrare le offerte di beneficenza durante la messa. I quattro storici conservatori napoletani furono: Poveri di Gesù Cristo; Pietà dei Turchini; S.Maria di Loreto; S.Onofrio I più grandi musicisti del tempo, è perché di un secolo dopo, saranno i “figliuoli” forgiati nei conservatori napoletani; questo fatto comportò agli occhi del mondo intero la nascita di quella che fu definita “la scuola napoletana”. L’importanza della città partenopea in ambito operistico, nel ‘700, fu tale da informare di se tutta Europa; i più grandi castrati provenivano da Napoli, tanto che agli occhi dell’ Europa musicale la città fu ribattezzata col nomignolo di “Castrapolis„.

FRANCESCO DURANTE (Frattamaggiore, 1684 - Napoli, 1755)

È da considerare uno fra i più importanti compositori napoletani del periodo; egli fu il principale “prodotto” del Conservatorio napoletano (allievo e poi maestro a S.Onofrio, ai Poveri di Gesù Cristo e S.Maria di Loreto); i suoi allievi furono i maggiori operisti napoletani conosciuti in tutta Europa, tanto ad poter affermare che si venne a formare la coscienza di una “scuola durantiana”. Suoi allievi furono fra gli altri: Pergolesi, poi Jommelli, Traetta, Piccinni, Paisiello, Sacchini. Fra le sue composizioni occupano un posto di rilievo, accanto alla vastità di quelle sacre, le opere per cembalo e gli 8 concerti per quartetto (più uno per clavicembalo solista), scritti presumibilmente durante gli ultimi anni della sua vita, e che lo inseriscono nel filone della musica strumentale napoletana. In essi s'incontrano procedimenti arcadici, particolarmente presenti nei tempi lenti quasi a volerne scongiurare ogni eccesso sentimentalistico, accanto a modelli identificabili come premozartiani. 7

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Interno del Teatro di San Carlo: il teatro venne costruito nel 1737 per volere del re Carlo III di Borbone, a cui venne intitolato. Il progetto fu affidato all'architetto Giovanni Antonio Medrano. I lavori furono diretti da Angelo Carasale. Fu inaugurato il 4 novembre del 1737, giorno dell'onomastico del sovrano, con la rappresentazione dell’opera Achille in Sciro di Jommelli su libretto di Metastasio.

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ALESSANDRO SCARLATTI (Palermo 1660 - Napoli 1725) 9

Musicista poliedrico: egli trattò tutti i generi musicali, da quello vocale (sacra e profana) a quello strumentale. E’ la figura centrale per il passaggio dall’opera veneziana del 1600 all’opera seria del 1700; definì i caratteri e gli elementi della forma musicale in modo tale da essere adoperati come modello per più generazioni di operisti. Napoli grazie a lui contese il primato di città d’opera a Venezia / Proveniente da una famiglia di musicisti, fu a Roma a 12 anni. La sua prima opera fu Gli equivoci nel sembiante, con la quale si accattivò la protezione di Cristina di Svezia, divenendo suo maestro di cappella. Dal 1684 fu a Napoli in qualità di maestro di cappella; nella città partenopea comporrà 35 opere in diciotto anni. Dopo il 1702 fu di nuovo a Roma in qualità di maestro di cappella in S. Maria Maggiore. A questo periodo risalgono le sue musiche sacre: oratori, cantate da camera. Ritornò nuovamente a Napoli quando la città fu presa dagli austriaci, e divenne il maestro di cappella reale / Il catalogo delle sue opere consta di 114 titoli; fra le più importanti sono da ricordare: La Satira, L’Eraclea, Il Mitridate Eupatore, Il Tigrane, La Griselda / Alessandro Scarlatti ebbe un ruolo determinante nella storia della musica operistica in quanto fu il principale diffusore dell’Aria col da capo (ABA); egli ne curò l’espansione della forma a vantaggio dell’economia dello spettacolo operistico / Contemporaneamente egli fu anche promotore del recitativo accompagnato inteso da lui come il più efficace modo di rendere l’intensità drammatica del dramma. Impiego l’orchestra per accompagnare anche le arie / Il suo modello di composizione vocale influenzò i suoi contemporanei e le successive generazioni / Il grande compositore palermitano assegnò un posto di primo ordine all’orchestra nell’opera rispetto alle opere veneziane; in ciò si può intravedere l’influenza di Corelli e di Torelli: la sua orchestra è bastata sugli strumenti ad arco > concerto grosso e solista / Scarlatti realizzò una più stretta interazione fra dramma ed apporto strumentale; nelle sue opere vi è sempre una sinfonia d’introduzione; l’orchestra è sempre presente anche come accompagnamento delle arie, che prima di lui erano concepite come una esclusiva prerogativa del basso continuo.

Schema di Aria col da capo costruita su due quartine. Quest’aria, tripartita, era concepita in funzione dell’interprete che la doveva eseguire, per cui il musicista, dopo aver ricevuto il libretto, procedeva alla stesura della partitura soltanto dopo aver conosciuto quali fossero le capacità vocali dei cantanti che dovevano eseguire l’opera per la quale erano stati ingaggiati dall’impresario.

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Tutto il brano si articola in tre sezioni: dalla prima strofa del testo poetico scaturisce la struttura della prima parte A; la seconda strofa del testo è realizzata nella seconda parte B, questa aveva o una tonalità o un metro in netto contrasto con la prima parte A e proporzionalmente era più piccola; subito dopo si ritorna a ripetere la prima parte A, ma doveva essere variata, nell’esecuzione, da degli abbellimenti improvvisati dal cantante. Proprio nella ripetizione della parte A si evinceva la stravaganza e l’esuberanza dei cantanti che la gonfiavano con le loro strabilianti trovate vocali virtuosistiche. I ritornelli strumentali anticipavano la tematica melodica subito dopo esposta dalla parte vocale. Le corone stanno ad indicare le cadenze improvvisate. I numeri romani maiuscoli indicano lo svolgimento delle funzioni armoniche.

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L’OPERA BUFFA NAPOLETANA > COMMEDEJA PE MMUSECA La storia politica della Napoli a cavallo tra il 600 e primi quarant’anni del 1700, è travagliata dalle ambizioni egemoniche degli spagnoli prima e degli austriaci poi. Dopo un secolo e mezzo di dominio spagnolo nel 1707 la città ed il suo territorio furono annessi all’Austria; l’appartenenza austriaca durò poco, infatti nel 1735 Napoli e la Sicilia furono riconquistate dagli spagnoli; Carlo VII duca di Parma e Piacenza, ne divenne sovrano nel 1759 con il nome di Carlo III, re di Spagna, il quale designò il proprio figlio Ferdinando di Borbone re delle due Sicilie. In questo clima politico la città partenopea vide crescere comunque la propria attività operistica; nel 1737 venne inaugurato il teatro S. Carlo (denominato così in onore del sovrano spagnolo). La grande peculiarità partenopea risiede nel perfezionamento di una forma artistica di storica importanza: l’opera buffa. Le prime, chiamate in dialetto “commedia pe mmuseca”, vennero composte nei primi anni del 1700; la lingua alternava l’italiano al dialetto napoletano / Con la nascita esplicita dell’opera buffa si assiste al tramonto delle “incursioni” economiche e buffe, della presenza di scene non è serie, all’interno di opere serie; ciò è da considerarsi il punto di partenza per la successiva separazione ed autonomia di due generi operistici a se stanti: opera seria ed opera buffa (> l’antitesi dell’opera seria) / L’Opera buffa si incentra su personaggi borghesi attinti dalla Commedia dell’Arte. I Teatri napoletani preposti alla presentazione di opere buffe furono: il Teatro dei Fiorentini, il Teatro Nuovo (1724), il Teatro Del Fondo (1779); in questi teatri non vennero mai rappresentate opere diverse dal genere buffo / All’inizio della sua epopea l’opera buffa vide l’interessamento solo di musicisti di modesta levatura; ma il successo che ebbe fu così grande che nel giro di pochi anni anche i musicisti più acclamati vi si dedicarono / Dopo la grandiosa figura di Alessandro Scarlatti, la città partenopea vide l’affermazione di altri musicisti; i più importanti furono: Francesco Feo, Nicolò Porpora, Leonardo Leo, Leonardo Vinci, ed il giovane Giovan Battista Pergolesi / La generazione di musicisti successiva a Pergolesi accolse nell’opera serie e buffa napoletana esperienze compositive provenienti da altri centri; il loro teatro musicale, serio e buffo, rappresentò il nucleo più importante del repertorio operistico del 1700. FRANCESCO FEO

(Napoli, 1691 - Napoli, 1761)

Entrato nel 1704 al conservatorio della pietà dei turchini, ne uscì nel 1712. La sua prima opera, Amor Tirannico rappresentata l’anno seguente a Napoli presso il teatro di San Bartolomeo ebbe un grande successo che gli aprì le porte per i teatri di Roma e Torino. Insegnò al conservatorio di San Onofrio dal 1323 al 1739, anno in cui successe a Francesco Durante presso il conservatorio dei poveri di Gesù Cristo, fino al 1743. Dal 1740 si dedicò soltanto alla musica sacra. Grande esperto di canto, e grande teorico musicale ricevette consensi ammirazioni da grandi suoi colleghi / La sua produzione musicale annovera 11 20 opere teatrali, fra le quali una delle più importanti fu Arsace, su libretto di Metastasio, composta per l’inaugurazione del teatro regio di Torino nel 1740; 150 composizioni sacre che rappresentano la summa della sua attività come compositore; intermezzi, serenate. Egli trattò le arie col da capo come una sorta di concerto vocale, ove il virtuosismo dei cantanti è elegantemente ostentato. Le sue linee 12 melodiche sono sempre limpide sia nella produzione operistica che in quella sacra; egli usa spesso l’ortofonia per le parti corali / Fu maestro di Pergolesi e Jommelli. 10

NICOLO’ PORPORA (Napoli, 1686 - Napoli, 1768)

A 10 anni entrò presso il conservatorio dei poveri di Gesù Cristo ove ricevette una rigorosa e completa formazione musicale di stampo secentesco (composizione, canto, pratica dell'accompagnamento); egli fu tra i primi a mettersi in luce nel nuovo ambiente politico e culturale creatosi a Napoli con l'avvento, nel 1707, del viceregno austriaco. In conservatorio ricevette anche una istruzione letteraria. La sua prima opera di successo composta all’età di 22 anni fu Agrippina, rappresentata il 04/11/1708 a Palazzo Reale, ed il 13 novembre al teatro di San Bartolomeo. Dal 1713 al 1722 fu maestro al conservatorio di San Onofrio; ma la sua attività di maestro privato di canto fu di gran lunga più importante: fu il maestro dei più celebri “musici” castrati: Farinelli, Caffarelli, Senesino / Nel 1723 fu a Vienna, poi a Venezia dove fu insegnante presso la scuola di musica femminile dell’Ospedale degli Incurabili. La sua fama di operista, già in quegli anni, aveva portata europea / Nel 1733 inizia la sua epopea operistica nella Londra di Hendel; fu nominato compositore alla “Opera of the Nobility” in opposizione a Hendel. A Londra egli fu al centro di vicissitudini operistiche travagliate, e fu appoggiato dai suoi ex allievi Farinelli e Senesino. Gli anni seguenti furono anni di viaggi a servizio di regnanti e principi in qualità di maestro di musica. A Vienna ebbe come allievo il giovane Haydn, ma la sua fortuna andò gradatamente scemando / Porpora accolse subito la nascente poetica arcadica; fu lui a mettere in musica la prima produzione drammatica del giovane Metastasio: la serenata a 6 v. Angelica e Medoro (1720), in cui si esibì il quindicenne Carlo Broschi, divenuto più tardi la star Farinelli. Compose una sessantina fra melodrammi, intermezzi, serenate è e teatrali, oltre a una copiosa produzione strumentale. 13

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LEONARDO LEO (San Vito degli Schiavi, Brindisi, 1694 - Napoli, 1744)

GIOVAN BATTISTA PERGOLESI (Jesi, Ancona 1710 - Napoli 1736)

Nel 1709 si trasferì a Napoli come allievo del conservatorio della pietà dei turchini; tre anni dopo egli debuttò con il dramma sacro L’Infedeltà Abbattuta. A Napoli trascorse tutta la sua vita come vice maestro di cappella reale e come insegnante nei vari conservatori della città. Il suo nome fu molto conosciuto in qualità di compositore di musica da camera. Nella sua produzione dicano una trentina di opere serie, composte per i teatri napoletani ma anche per quelli di Venezia e di altre città italiane. Nel 1737 il suo Siface trionfava per ben 37 sere consecutive al Teatro Malvezzi di Bologna. La sua produzione comprende anche molte serenate, oratori, e composizioni strumentali anche per scopo didattico. Le sue opere serie che ebbero maggior successo furono Demofoonte e L’Olimpiade, la seconda opera ad essere rappresentata presso il teatro San Carlo di Napoli. Queste opere sono tratte da libretti di Pietro Metastasio. In ambito buffo va ricordata l’opera Amor vuol sofferenze ovvero la finta frascatana.

Molto più importante dei musicisti suoi contemporanei, ebbe una vita brevissima morendo a soli 26 anni. Dopo gli studi al Conservatorio di Napoli, si mise in luce con l'oratorio La conversione di san Guglielmo d'Aquitania (1731); due anni dopo compose La serva padrona, un intermezzo per l’opera seria Il prigioniero superbo, oggi considerato il suo capolavoro, che gli procurò fama universale, e fece scoppiare la famosa “querelles des Buffons” a Parigi; quest’intermezzo divenne il modello del genere. Nel 1734 Pergolesi venne nominato maestro del coro della chiesa di Loreto; malato di tubercolosi fu costretto ad abbandonare il lavoro e ritirarsi a Pozzuoli. Tra le composizioni di questi ultimi due anni figura il celebre Stabat Mater per coro e orchestra, musica sacra, un concerto per violino e musica da camera / Famosissime le sue opere (serie) con libretti Metastasiani: Adriano in Siria, L’Olimpiade. Dopo la morte, la musica di Pergolesi, limpida e orecchiabile, divenne molto popolare. Per il teatro musicale napoletano in dialetto compose l’opera Lo frate ‘nnammurato / La sua musica è un mirabile esempio di dolcezza, malinconia; la sua scrittura è sempre semplice; la sua invenzione musicale nobile. In ombra nell'Ottocento romantico, Pergolesi venne rivalutato nel neoclassicismo, e nel 1919 Stravinskij basò il suo balletto Pulcinella su alcune sue composizioni.

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LEONARDO VINCI (1690 - 1730) 16

Il suo nome è legato alla grande fortuna dell’opera buffa in dialetto napoletano; egli fu l’autore di famose opere buffe, come ad esempio:

Le zite n’galera, e Lo cecato falso.

Si formò al conservatorio dei poveri di Gesù Cristo, e in seguito fu vice maestro di cappella reale / La sua produzione comprende una ventina di opere serie rappresentate a Napoli e a Roma; fra le più importanti sono da ricordare: Didone Abbandonata e Artaserse. 11

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CHARLES DE BROSSES un grande uomo politico francese, che fu il primo presidente del Parlamento di Digione, magistrato, umanista, storico e grande appassionato di musica, nella sua raccolta di lettere contenenti i illuminanti osservazioni sui fatti musicali italiani scritte ad amici dopo un viaggio in Italia (1739 - 40, raccolte e pubblicate nel volume “Lettres familères èscrites d’Italia”, Parigi 1799), vagliando attentamente la vita musicale italiana in rapporto con quella francese così ebbe ad esprimersi su Leonardo Vinci:

"... A Roma oggi è di moda Latilla. La SIROE che si sta dando al teatro d'Aliberti, è una composizione sua; ma nè lui nè Terradellas ed altri valgono quelli che lavoravano di più alcuni anni fa: e questi avevano superato i loro predecessori, come Bononcini, Porta il vecchio, Scarlatti, Sarri, compositore abile e triste, Porpora, schietto ma con scarsa capacità di invenzione.Vinci, Adolfo Hasse, tedesco di nascita, detto comunemente il Sassone, e Leo sono quelli le cui opere oggi sono maggiormente stimate: Vinci è il Lully italiano, vero, semplice, naturale, espressivo, e col miglior canto del mondo, senza esser ricercato; ha lavorato molto, benché sia morto giovane. Dicono che fosse spudorato, e che, dopo averne più volte buscate per una relazione che intratteneva troppo pubblicamente con una signora finì avvelenato. La sua più bella opera è considerata l'ARTASERSE, ed è anche uno dei migliori testi del Metastasio, che l'ha ricavato sia dallo STILICOME di Thomas Corneille, sia dal SERSE di Crébillon. E' questa la più famosa opera italiana. Non l'ho vista recitare ma la conosco per averla udita quasi per intero nei concerti, e ne sono rimasto affascinato. Per quanto quest'opera di Vinci sia eccellente, la scena della disperazione di Artabano, aggiunta dal poeta e musicata dal Sassone, è probabilmente superiore a tutte le altre. Il Recitativo "Eccomi al fine in libertà del mio dolor" è stupendo, e così pure l'aria che segue "Pallido il Sole". Questo brano non si trova facilmente: ha avuto la bontà di darmelo il principe Edoardo: lo considero come la più bella tra le sette od ottocento arie che ho fatto copiare da diverse opere. Il Sassone è estremamente abile, le sue opere sono costruite con grande gusto di espressione ed armonia. Leo ha un genio poco comune; egli rende bene le immagini, la sua armonia è purissima, i suoi canti hanno melodie piacevoli e delicate, e sono pieni di ricercatezza ed invenzione. Non sono facili da decifrare, per quanto in genere la musica italiana sia più agevole a leggersi ed a cantare della nostra (francese), a parte il fatto che non richiede tanta voce. Ne avevo già fatto esperienza, non senza sorpresa, con alcune giovani signorine di Ginevra che stavano imparando contemporaneamente tutte e due, ed avevano appreso prima tre arie italiane che un'aria francese. "

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Esempio tratto dalla commedia per musica napoletana Li Zite ‘ngalera (i fidanzati in galera) di Leonardo Vinci su libretto di Saddumene (Napoli, 1722). Viene rappresentata una scena tratta dalla più squisita realtà popolare di un innamorato: nell’aria “Va’, dille ch’è ‘no sgrato” Ciomma vorrebbe affidare al mastro Barbiere Colagnolo un messaggio d’amore per l’amata Belluccia, ma già dopo il primo verso non ne ha più il coraggio e vorrebbe riformulare la dichiarazione d’amore.

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Esempio tratto dall’opera Artaserse di L.Vinci; si evince il carattere imitativo - naturalistico compiuto dalla linea vocale dell’aria. Viene imitata la nave disalberata (nel lungo vocalizzo “sarte”) che ora s’innalza, ora sprofonda.

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Esempio tratto dalla medesima opera; qui più vivido è l’effetto imitativo del vento: i due trilli iniziali su valori lunghi ed il seguente movimento ondulante dei lunghi vocalizzi. Questa era l’abilità vocale richiesta ai cantanti.

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NICCOLO’ JOMMELLI

(Aversa, Napoli 1714 - Napoli 1774)

Compì gli studi musicali ed esordì come autore di opere teatrali a Napoli. Direttore del Conservatorio di Venezia, si trasferì in seguito a Vienna, dove incontrò il poeta Metastasio / Grande Successo ebbe la sua prima opera L’Errore amoroso che gli aprì le porte dei teatri di Roma, Bologna, Venezia e Vienna, ove strinse rapporti con Metastasio; a Vienna si trovò favorevole con l’ambiente operistico che fomentava la riforma del melodramma; da quest’esperienza ne uscirono le opere Achille in Sciro e Catone in Utica / Dopo alcuni anni trascorsi a Roma fu a Stoccarda per oltre un decennio come maestro di cappella della corte ducale; questo fu il suo periodo di massima creazione. Qui per trovare il compiacimento del duca di Wüttemberg divenne un grande “mescolatore” di stili fra il metastasiano ed il francese; mirabili esempi sono infatti le opere Pelope, Didone abbandonata (1746), Fetonte (1753), Olimpiade (1761) e Il trionfo di Clelia (1774). In queste opere Jommelli creò un'orchestra omogenea e compatta che sosteneva l'azione, inserì pezzi d'insieme nei momenti culminanti della vicenda e integrò cori e balletti in una struttura drammatica unitaria. In seguito tornò a Napoli, dove trascorse gli ultimi anni / La vita movimentata di Jommelli non fu insolita per un operista del Settecento: l'opera italiana era molto apprezzata all'estero e un musicista che aspirasse alla fama non poteva limitarsi alla scena nazionale. Del teatro musicale italiano Jommelli fu riformatore, insieme a Traetta, particolarmente nel campo dell'opera seria. Il modello da modificare era quello metastasiano: i recitativi portavano avanti l'azione, le arie segnavano i momenti di riflessione, e l'orchestra ricopriva un ruolo secondario e subordinato / Il suo catalogo comprende oltre 50 fra opere serie e buffe. 20

TOMMASO TRAETTA

(Bitonto, Bari 1727 - Venezia 1779)

Fu allievo di Nicola Porpora e Francesco Durante a Napoli. Nel 1758 prese servizio alla corte di Parma, con il preciso compito di scrivere opere che richiamassero lo stile francese. Divenuto direttore di Conservatorio, si trasferì a Venezia, dove tornò negli ultimi anni di vita dopo aver soggiornato in Russia e a Londra. Partecipò al rinnovamento dell'opera italiana, a lungo invocato da letterati e musicisti. Molto ammirato in vari teatri d’Italia / Su libretto di Carlo Innocenzo Frugoni creò le opere Ippolito, Aricia, e I Tindaridi. In queste opere egli realizzò delle azioni più animate con l’introduzione di cori, danze e recitativi più corposi / Più innovative furono le opere Armida ed Ifigenia in Tauride (1763) / Nell'opera del Settecento, l'unità drammatica di musica e azione era trascurata e la vicenda rappresentata era considerata una successione di episodi destinati a far brillare il virtuosismo dei cantanti. In Sofonisba (1762) e Antigone (1772), Traetta sviluppò invece il discorso musicale in modo aderente allo svolgimento dell'azione, focalizzando l'attenzione sui personaggi e limitando gli episodi secondari che minavano l'unità drammatica; la parte strumentale fu curata e arricchita di nuove combinazioni timbriche. Per queste ragioni venne paragonato, pur con un grado minore di consapevolezza e incisività, al suo contemporaneo tedesco Christoph Willibald Gluck. 21

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L’OPERA SENTIMENTALE Jommelli e Traetta possono essere considerati gli epigoni dell’opera metastasiana. Essi si accorsero come grande fosse la distanza culturale che separava il mondo operistico napoletano da quello d’oltralpe; se a Napoli andavano ancora bene determinati soggetti, ed una determinata forma dell’opera, fuori da quell’ambiente si respirava già un clima culturale molto più esigente, che troverà nella riforma di Gluck il suo appagamento / Se negli ultimi trent’anni nel 1700 i libretti di Pietro Metastasio possono ancora andare bene (dietro un puntuale rifacimento ed un minuzioso adattamento), a partire dagli anni 90 l’epoca metastasiana si avvia definitivamente verso il declino, cedendo il posto a nuovi modelli provenienti in gran parte dalla Francia. Un grande influsso di chiara matrice francese che interesserà i compositori napoletani della seconda metà del 700, è riscontrabile nella successiva fase evolutiva dell’opera buffa, che verrà denominata opera sentimentale, o commedia sentimentale o anche “comèdie larmoyante”. Gli indirizzi estetici di questo nuovo genere si prefiggono di ritrarre la realtà così come; in questa nuova ideologia si assiste ad un ritorno alla mescolanza degli episodi comici con quelli seri ove, però, trovano larghissima parte i momenti patetici nonché malinconici, e non sono più presi in considerazione le convenzionali, popolari e grossolane esuberanze della farsa. Le personalità più rilevanti di questa nuova corrente operistica furono Paisiello, Cimarosa e Piccinni.

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GIOVANNI PAISIELLO

(Taranto 1740 - Napoli 1816)

Compì gli studi musicali a Napoli, presso il Conservatorio di Sant'Onofrio a Capuana, con Francesco Durante. In seguito si dedicò con successo anche all'opera seria, musicando libretti scritti da Metastasio. Dopo essersi largamente affermato già all’età di 24 anni nei principali teatri dell’Italia settentrionale, e in special a modo Bologna, con l'opera Il ciarlone, nel 1775 fu chiamato a San Pietroburgo, alla corte di Caterina la Grande, come maestro di cappella al posto di Tommaso Traettai, ove conobbe lauti guadagni. Nel 1784, per contrasti con l'ambiente musicale di corte e a causa della malattia della moglie, decise di ritornare a Napoli. Apportò nelle sue creazioni gli assunti più genuini della società del tempo; venne considerato uno dei principali autori di opera comica dopo Mozart / Simpatizzante della Repubblica Partenopea, durante la rivoluzione del 1799 Paisiello venne invitato a Parigi per un periodo di tre anni (1801 - 1804) durante il quale riorganizzò la cappella musicale di Napoleone. Rientrato a Napoli, con la restaurazione dei Borboni venne privato di ogni incarico proprio a causa dei rapporti avuti con la Francia napoleonica / La produzione operistica di Paisiello, che copre un periodo di circa cinquant'anni, conta un centinaio di opere serie e comiche. L'evoluzione stilistica mantiene coerentemente al suo interno gli elementi che da subito contraddistinsero la cifra espressiva del compositore: da un lato la nuova vena patetico-sentimentale ben esemplificata da uno dei suoi capolavori, La Molinara (1788), la Nina pazza per amore (1789), dall'altro la verve comica di tradizione napoletana, adattata a testi come La serva padrona (1781, da un soggetto già musicato con grande successo da Giovanni Battista Pergolesi nel 1733) o ad altri di più spiccata estrazione letteraria quali Il mondo della luna (1782, su testo di Carlo Goldoni) e Il barbiere di Siviglia (1782, dalla commedia di Beaumarchais, rappresentato a San Pietroburgo). Tra le altre opere si ricordano Il re Teodoro in Venezia (1784), Il Socrate immaginario (1775) / Paisiello fu inoltre autore di messe, oratori e di molta musica strumentale: sinfonie concertanti, concerti, quartetti e sonate.

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DOMENICO CIMAROSA

(Aversa, Napoli 1749 - Venezia 1801)

La sua prima opera, Le stravaganze del conte, fu allestita a Napoli nel 1772. Il buon successo che questa ottenne, ribadito nel 1779 da L'italiana a Londra permise a Cimarosa di viaggiare tra Napoli e Roma mettendo in scena le proprie opere. Nel 1787, su invito dell'imperatrice di Russia Caterina la Grande, si trasferì a San Pietroburgo come compositore di corte. Nel 1791, per motivi di salute lasciò la Russia e divenne maestro di coro a Vienna. Tornato a Napoli nel 1793, Cimarosa si schierò dalla parte della Repubblica Partenopea, e compose l’opera Inno Repubblicano; opera intrisa di patriottismo contro i Borboni. Con la restaurazione borbonica subì quattro mesi di carcere. Liberato, si trasferì a Venezia dove morì pochi anni dopo / Scrisse oltre 60 opere, messe, cantate e oratori / La sua fama è legata soprattutto alle opere buffe, caratterizzate da vivacità e brillantezza di orchestrazione, che trovano il loro capolavoro in Il matrimonio segreto (1792), l’apice dell’opera comica del settecento, con delle connotazioni che si rifanno alla commedia sentimentale, e venne rappresentata per ben due volte di seguito la sera del debutto a Vienna per volere dell'imperatore / Al periodo napoleonico appartiene l'altra celebre opera buffa Le astuzie femminili (1794), sempre nel solco di una tradizione comica leggera che lo avvicina alle grandi composizioni mozartiane. Meno felice la sua produzione di opere serie tra cui ricordiamo l'Oreste (1783), Cleopatra (1789) e Gli Orazi e i Curiazi (1797). Grande importanza storica ebbe, parallelamente, per la musica strumentale e clavicembalistica, con le sue 87 composizioni. 23

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NICCOLO’ PICCINNI

(Bari 1728 - Passy, Parigi 1800)

Dopo gli esordi a Napoli si trasferì a Roma, ove debuttò trionfalmente nel 1760 con l'opera Cecchina o La Buona Figliola (1760), ottenendo un grande successo. Quest’opera buffa, su libretto di C. Goldoni, oltre ad essere il suo capolavoro è storicamente considerata la prima più importante opera buffa della storia / Fu uno dei personaggi chiave della “querelle de buffons” che scoppiò a Parigi dal 1776. Visse per quindici anni a Parigi, dove venne contrapposto suo malgrado a Gluck dai seguaci dello stile operistico italiano che fecero di Piccinni la loro bandiera. Dopo la Rivoluzione tornò a Napoli, dapprima accolto favorevolmente, poi condannato agli arresti domiciliari per sospetto giacobinismo. Passò in Francia gli ultimi anni della sua vita / Il successo di Cecchina non fu casuale: l'opera interpretava il mutamento nel gusto del pubblico del secondo Settecento, saturo delle aride convenzioni dell'opera tradizionale. Piccinni introdusse elementi comici in un'opera seria e mise in primo piano gli aspetti sentimentali dell'intreccio. La tenerezza, la commozione e la pietà nelle vicende dei personaggi furono magistralmente sottolineate dalla musica del compositore / Dopo il successo di questa comédie larmoyante, Piccinni seppe rinnovarsi, adeguandosi al genere francese, con lavori quali Roland (1778), Iphigénie en Tauride (1781) e Didon (1783) / Compose 120 opere fra buffe e serie oltre a salmi, oratori e messe. 24

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L’OPERA A VENEZIA Venezia nel settecento era il più vivo centro operistico dell’Italia settentrionale, direttamente collegato con le città Austriache e Germaniche. L’attività impresariale nella gestione dei teatri che rappresentavano le opere divenne uno dei principali fulcri dell’economia della città, rappresentava il lucro molto redditizio delle famiglie più illustri che possedevano i teatri. Tra le famiglie più in vista della Venezia del tempo sono da ricordare i Grimani (la famiglia i più ricca), i Tron, i Vendramin, i Marcello, ed i Cappello. La concorrenza fra i teatri era spietata / La riforma del teatro comico goldoniano si realizzò in quest’ambiente / I teatri veneziani sfoderavano molte più opere degli altri teatri italiani e d’oltralpe; da un sondaggio si è potuto evincere che vennero rappresentate ben 432 nuove opere in 43 anni dal 1700, con una media di 10 opere l’anno / Tutti i grandi maestri napoletani, Porpora, Traetta, Jommelli, Cimarosa, trovarono a Venezia una trionfale accoglienza ed ammirazione. GLI OSPEDALI VENEZIANI

Cronologicamente più antichi dei “Conservatori” di Napoli erano situati ai quattro angoli della città. L’Ospedale della Pietà risale al ’400 e si prefiggevano di istruire musicalmente le orfanelle “fiole” > degli Incurabili, dei Mendicanti, dei Derelitti, della Pietà, risalgono al 1650 / I maggiori compositori del tempo erano preposti alla guida di detti Ospedali / Le “fiole” accompagnavano, come a Napoli, le funzioni religiose / Rousseau reputò la musica delle “fiole” molto superiore a quella delle opere e senza paragone in Italia > si ascoltava nella Messa di ogni domenica nelle quattro chiese di ognuna delle quattro scuole ove i cori di fanciulle eseguivano grandi mottetti con orchestra diretta dai più grandi maestri.

ANTONIO VIVALDI

(1706 - 1785)

L’importanza storica di Vivaldi è rela25 tiva alla musica strumentale, ma egli fu presente anche nella produzione operistica di questo periodo. A partire dall’età di 35 anni se ne interessò; il suo catalogo comprende circa 50 opere composte fra il 1713, con Ottone in Villa, ed il 1739, con Feraspe. Egli era sia compositore che impresario / La musicologia sta rivalutando solo di recente la figura di Vivaldi come operista, deducendone la sua non inferiorità rispetto alla grandezza strumentale. Nella Venezia del suo tempo le sue opere ebbero grande successo; degne di essere menzionate sono le opere: Il Farnace, Orlando Furioso, La fida ninfa, L’Olimpiade, La Griselda.

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BALDASSARRE GALUPPI (1706 - 1785) 26

Conosciuto anche con il nome di “Il Buranello” fu maestro di cappella a San

Marco / Il suo catalogo operistico conta più di 100 opere in maggioranza comiche, e molte su libretto di Goldoni: Il

mondo della Luna, Il mondo alla roversa ossia le donne che comandano, Il Filosofo di Campagna; per le opere serie si accostò ai libretti di Metastasio / Galuppi e Goldoni furono i principi della produzione operistica comica fra il 1750 ed il 1770 / Elementi popolareschi, ritmica vivace e orchestra colorita sono i tratti salienti del suo teatro musicale.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Basso, Alberto, L’età di Bach e di Handel, Storia della Musica, quinto volume, Torino, EDT,1976 Fabbri, Paolo, Il Secolo Cantante, Bologna, Il Mulino, 1990 Gallarati, Paolo, Musica e Maschera, Torino, EDT, 1993 Strohm, Reinhard, Die Italienische Oper im 18. Jahrhundert, München, Heinrichshofen’s Verlag, 1979 (trad. italiana di Leonardo Cavari e Lorenzo Bianconi, L’opera italiana nel Settecento, Marsilio, 1991) Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Il Settecento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 Amadeus speciale, febbraio 2003, De Agostani - Rizzoli periodici www.sapere.it www.musicologie.org www.napoli.com www.haendel.it www.rodoni.ch www.biblioteche2.comune.parma.it www.answers.com www.batguano.com www.barockmusik.free.fr www.culturaspettacolovenezia.it www.portrait.kaar.at

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L’OPERA SERIA E L’OPERA COMICA

L’opera in musica nacque nel Seicento come opera “seria”, e poteva liberamente svolgere un argomento mitologico, storico, classico, pastorale, eroico; ma non mancarono sin dall’inizio elementi generalmente comici per le parti secondarie: buffoni, vecchi servi, balie ecc. oltre che elementi coreutici; inoltre la presenza di arie solistiche brevi (sempre in forma A-B-A¹) in un numero variabile da 30 a 50 in un’opera, costituisce un punto di chiara identificazione / Nel Settecento con Zeno e Metastasio gli elementi comici furono rifiutati, esclusi dall’opera seria, a favore della restaurazione dell’ideale classico per eccellenza, l’unico bagaglio estetico reputato degno di avere coerenza drammatica. Così nacque l’ACCADEMIA DELL’ARCADIA, alla quale aderirono tutti quei letterati che imputavano all’opera seicentesca di essere incoerente, assurda, artefice della corruzione apportata alla poesia italiana per oltre un secolo. L’Accademia dell’Arcadia nacque a Roma nel 1690, e successivamente si diffuse in territorio nazionale; Zeno fondò la “colonia” Veneziana dell’Arcadia nel 1718 / Un principale perno dell’ideologia intrinseco all’Arcadia è il razionalismo: gli arcadici, di cui Pietro Metastasio in seguito ne divenne il principe, auspicavano alla semplificazione del dramma ed al modellamento della tragicità operistica sullo stampo delle tragedie francesi di Corneille e Racine; essi si preoccuparono, però, esclusivamente della parte poetica, squisitamente letteraria del libretto d’opera non considerando gli altri aspetti / Il genere comico nell’opera formò uno stile a se stante nel Settecento / Alla fine del secolo il gradimento del pubblico era già maggiormente rivolto verso l’opera comica rispetto all’opera seria.

L’OPERA SERIA La necessità di formulare una identificazione, una classificazione, una sistematica accumulazione degli stili, è un prodotto tipico del mondo relativamente moderno, e non solo in ambito musicale. La moderna concezione storico - musicale ha avuto bisogno di materializzare una distinzione in merito alla produzione operistica settecentesca, scindendola in seria e comica; ma nel periodo in considerazione la necessità di questo distinguo non era sentita; fino al 1750 il pubblico e gli operisti intendevano l’opera, tutta, opera seria / L’Opera seria era lo specchio dei valori settecenteschi: vuoto intimo, grandezza esteriore (> L.Russo). L’Opera seria settecentesca è lo specchio della sua società; i principali tratti salienti possono essere così elencati: L’opera seria era cosmopolita ed internazionale; era eseguita in grandi teatri. Manifestavano il loro intento morale, ossia l’eroismo. Nella società del ‘700 questo ideale era fortemente sentito e voluto: ci si aspettava di fruire gli esempi eroici dalle opere; e formalmente questi esempi si trovano nei dialoghi dei recitativi, e nel lirismo delle arie; Lo schema formale rispettato è quello della divisione in tre atti; gli argomenti sono storici, e-o mitologici, tragici, con “obbligata” conclusione a lieto fine; La lingua italiana è d’obbligo in tutti paesi; I l cast vocale deve essere rinomato; le voci più ricercate sono quelle dei castrati, seguono i soprani ed infine i tenori; Le arie devono essere secondo la tipologia “aria col da capo”, riccamente fiorite, che mettano in luce la grandiosa estensione ed agilità vocale del protagonista; I libretti devono essere di prestigiosa provenienza : Zeno e/o Metastasio. Ogni teatro ebbe il suo librettista / Accanto a questa identificazione tipo dell’opera seria settecentesca, è importante denotare che si svilupparono parallelamente ad essa due altre tipologie di opera seria: il pasticcio; le azioni o feste teatrali. PASTICCIO

Una variante dell’opera seria molto spesso visitata; era formata da brani musicali non originali desunti da opere già esistenti, composte da uno o più compositori; questo procedimento veniva realizzato per cucire insieme in un unico lavoro i brani che avevano avuto maggior successo. Vi furono due tipologie di pasticcio: 1) quello formato dal’unione di musiche originali create da più operisti (esempio eclatante fu l’opera Tito Manlio, Roma 1720; la musica dei tre atti venne composta da tre musicisti diversi fra cui anche Vivaldi) 2) CENTONIZZAZIONE procedimento meno prestigioso del primo consistente in un collage di varie arie già note e di sicuro successo, composte per altre opere; esempio eclatante fu Partenope (Venezia 1737, confezionato da Vivaldi con musiche di più compositori fra i quali Händel). FESTE TEATRALI

Erano delle opere di ridotte dimensioni, e svolgevano un argomento mitologico; questa tipologia di opere era concepita per una funzione encomiastica: venivano composte per determinate occasioni della vita dei principi (compleanni, nascite ecc.).

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L’OPERA COMICA Fu nell’Ottocento che il termine “opera comica” venne coniato; fu usato come identificazione musicologica postuma. Il musicologo Andrea Della Corte nel 1923 con il trattato L’Opera italiana nel settecento introdusse il termine “Opera non tragica”; Della Corte formulò un elenco delle diverse “forme melodrammatiche non serie” del XVIII secolo: intermezzi; opere buffe; drammi giocosi, comici, semiseri, eroicomici, commedie per musica, farse / A Napoli, come già visto, si costituì il primo “centro” dell’opera comica: fra il 1720 ed il 1730 si consolida una tradizione comica che va dal breve Intermezzo alla Commedeja pe mmuseca, molto più elaborata, divisa in 2 o 3 atti, con un’ampiezza simile a quella del dramma serio; questa in seguito venne chiamata opera buffa e si diffuse in tutta Italia / Nel ’700 gli spettatori erano gli stessi sia per lo spettacolo serio sia per quello non serio, comico / I fattori di creazione generale di base erano, per l’opera comica, una ironica visione della vita quotidiana / L’opera comica era di gran lunga meno costosa della seria, ciò ne spiega l’ampia diffusione che ebbe nel giro di qualche decennio / L’Intermezzo fu la più originale forma degli inizi annoverabile nel genere dell’opera comica: aveva dimensioni ridotte, era diviso in due parti; era eseguito durante gli intervalli fra primo e secondo, e fra secondo e terzo atto di un’opera seria; svolgeva delle vicende semplici, esili ed esilaranti, tratte dalla vita quotidiana; l’organico orchestrale si limitava a un piccolo insieme di archi più il clavicembalo. Nella sfera dell’opera comica non cantavano i castrati (i quali la snobbavano vista la loro “importanza” acquisita nel genere serio). Il primo grande capolavoro storico del genere intermezzo fu LA SERVA PADRONA di G. B. Pergolesi su libretto di Carlo Goldoni, rappresentato a Napoli nel 1733 fra gli atti dell’opera Il Prigionerio superbo dello stesso autore / Le principali caratteristiche generali dell’opera recentemente definita comica possono essere così elencate: Fu un prodotto tipicamente italiano, di matrice napoletana (principalmente); Era eseguita in piccoli teatri (> grande economia di mezzi); Il cast vocale prevedeva non più di due o tre attori (i primi esponenti del genere, come Giuseppe Imer, non conoscevano la musica, erano solo attori); Primeggiavano le voci basse (al contrario dell’opera seria); Le vicende trattate erano ispirate alla vita quotidiana (con personaggi di provenienza popolare); Frequente è l’impiego del dialetto (specie a Napoli); Grande scorrevolezza e della trama e della musica. Determinante fu il contributo di Carlo Goldoni / La più importante opera comica del secolo, che ebbe grandissimo successo fu CECCHINA, LA BUONA FIGLIOLA di Nicolò Piccinni su libretto di C.Goldoni (1760) / Nell’opera comica la vocalità invece di mirare alle vette del belcanto, del lirismo, degli estesi vocalizzi propri dell’opera seria, si impernia sulla sillabicità, con evidente e maggiore ritmicità e manierismi vocali usati ad hoc per ottenere effetti di riso, e descrivere burlesche situazioni; le tipologie più esilaranti erano: 1) vocalizzi posti su di una vocale accentata male o spudoratamente sbagliata, ove erano evidenti i salti 2) 3) 4) 5) 6)

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Benedetto Marcello criticò spietatamente il melodramma in genere del settecento, additandogli di essere il “ritrovo” di tutti gli eccessi possibili.

Ritratto di Benedetto Marcello. 2

melodici volutamente sgraziati per burlare l’opera seria; ripetizione veloce dei monosillabi per dilatare il testo; le intersezioni tempestose di motivi brevissimi; le pause improvvise; la pronuncia ansimante delle parole; l’inserimento di suoni cacofonici imitanti i versi degli animali .

Nell’opera comica l’elemento più importante non era l’aria come nell’opera seria, ma l’azione scenica, il dialogo fra personaggi. 2

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FORMA E STRUTTURA DELL’OPERA SETTECENTESCA IN ITALIA Rispetto al Seicento, l’operista del Settecento è molto più produttivo perché la richiesta generale della società, rispetto al precedente secolo, si è moltiplicata; la concorrenza fra gli operisti è notevole per cui essi, per mantenere fama e prestigio, oltre che per incentivare gli introiti economici, dovevano scrivere un considerevole numero di opere, mediamente da uno a tre o quattro lavori operistici l’anno. Il teorico e letterato modenese Carlo Ritorni nel trattato “Ammaestramenti alla composizione d’ogni poema e d’ogni opera appartenente alla musica”, 1841, descrive quali erano le prassi creative adottate fino ai primi decenni dell’Ottocento, è precisa che nell’opera seria si scrivevano prima tutte le arie, ed in seguito i recitativi; nello scrivere le arie il compositore faceva prima visita ai cantanti che sarebbero stati protagonisti / Importante e diffusissima opera teorica riguardante lo stile delle Arie e dei Recitativi settecenteschi, e modello d’insegnamento per cantanti e compositori, fu il trattato “Opinioni de’ cantori antichi e moderni, o sieno Osservazioni sopra il canto figurato” di Pier Francesco Tosi (Bologna, 1723, tradotto in inglese ed in tedesco) / Napoli e Venezia furono le città più importanti per l’opera (seria e comica) in Italia. Circa l’impianto drammaturgico, e le forme vocali e strumentali in uso poche erano le differenze fra opere serie e opere comiche: l’opera seria constava di tre atti, l’opera comica di due; Sinfonia d’introduzione derivata dalla prassi francese detta Ouverture; era l’unico brano interamente strumentale. Nella sua forma più antica, cosiddetta alla francese, vedeva l’alternarsi dei tempi adagio e allegro. Successivamente si ebbe una sinfonia all’italiana costituita da tre parti: allegro, adagio o andante, allegro o presto; questa sinfonia è meglio conosciuta come “sinfonia scarlattina”. Pezzi d’insieme (duetti, terzetti, quartetti, assorbiti anche dal genere serio) erano una peculiarità dell’opera comica; il brano finale dell’opera era eseguito da tutti i personaggi, e si aveva il finale d’atto, e finale d’opera ove predominavano i pezzi d’insieme che dovevano “risolvere” drammaturgicamente (e musicalmente) gli intrecci della vicenda operistica. L’orchestra, è di stampo Haydiniano e Mozartiano: archi, fiati (flauti, oboi, fagotti, corni, raramente insieme, e a gruppi di due), trombe, timpani, clavicembalo per il b.c. Il recitativo era una declamazione intonata; scorrevole e semplice, era definito recitativo secco, ossia sostenuto solo dagli accordi del basso continuo del clavicembalo (la tipologia più antica, derivata dalla camerata Bardi). Nelle scene di maggiore intensità drammatica era usato il recitativo accompagnato, ossia voci sostenute dall’orchestra (archi). l’Aria era il punto cruciale dell’opera: doveva soddisfare appieno le esigenze del pubblico. L’Aria è il momento musicale di espansione lirica del fatto drammaturgico espresso dal protagonista alla fine del recitativo precedente; è il momento di esaltazione virtuosistica dei cantanti. L’ Aria col da capo fu la tipologia che, grazie ad Alessandro Scarlatti, si diffuse per tutto il Settecento; nell’aria col ‘Da Capo vi erano due momenti estetico - musicali evidenti: lo svolgimento musicale in due aree espressivamente diverse (A B), ed un momento di maggiore intensificazione, coloritura, variazione, della prima parte (A¹) realizzato dai cantanti, che manifestavano così anche le loro capacità improvvisative / Nel genere comico si usavano anche arie bipartite (o doppie) ove la prima parte era lenta e la seconda parte più mossa. 3

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Griselda, dramma per musica di Antonio Vivaldi su libretto di Apostolo Zeno, realizzato a Venezia nel 1735. Appositamente messa in musica per una cantante veneziana molto in vista, Anna Girò, viene riportata nell’esempio seguente la più importante aria dell’opera intera: “HO IL COR GIÀ LACERO” alla fine del primo atto. Molto insolita per la prassi settecentesca è già la tonalità di Do minore abbinata al tempro Allegro per un’aria di chiusura d’atto; la scrittura orchestrale evidenzia una grande energia musicale nell’enfatizzare la drammaticità della situazione, tutti i tremoli ed i cromatismi mimano quasi il delirio espresso dal canto. La parte del canto è un eclatante esempio di musica composta ad hoc sulla base delle qualità vocali della primadonna.

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Tratto dal più famoso intermezzo veneziano della storia, La Serva Padrona di Pergolesi su libretto di Carlo Goldoni, questo esempio mostra lo stato d’animo del personaggio (l’anziano padrone Uberto, innervosito da Serpina, la cameriera, che non gli aveva degnamente servito la cioccolata). Il compositore adotta il procedimento delle intersezioni veloci di brevi monosillabi antitetici (su e giù, si e no, ecc.) interrotti da frequenti pause; da notare l’esplicito carattere ritmico della scrittura vocale, che è uno dei principi salienti dell’aria comica rispetto all’aria dell’opera seria. 4

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Uno dei brani d’opera settecenteschi più famosi è il duetto “Ne’ giorni tuoi felici”, tratto dal primo atto (fine) dell’opera L’OLIMPIADE di G.B. Pergolesi su libretto (famosissimo) di Pietro Metastasio. Il duetto presenta uno “stereotipo” operistico settecentesco molto frequentato: l’Addio. Megacle, infelice, temendo di perdere per sempre Aristea, la prega usando parole estremamente semplici; il riserbo verbale e musicale, l’ostentazione angosciosa del dolore, fanno di questo duetto un eclatante esempio di enfasi tragica eminentemente teatrale che tanto incantò il pubblico. 5

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Ecco il famoso scritto satirico ma spietato contro tutti gli eccessi dell’opera settecentesca di Benedetto Marcello: l’”operetta morale” da lui intitolata Il Teatro alla moda (Venezia, 1720 , ove inveisce contro tutte le frivolezze dell’opera del suo tempo. 6

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. II Vol. Bianconi, Lorenzo, Il Seicento, Storia della Musica, quarto volume, Torino, EDT, 1982 “ “ , Il Teatro d’Opera in Italia, Bologna, Il Mulino, 1993 Pestelli, Giorgio, L’età di Mozart e di Beethoven, Storia della Musica, sesto volume, Torino, EDT, 1977 Fabbri, Paolo, Il Secolo Cantante, Bologna, Il Mulino, 1990 Gallarati, Paolo, Musica e Maschera, Torino, EDT, 1993 Strohm, Reinhard, Die Italienische Oper im 18. Jahrhundert, München, Heinrichshofen’s Verlag, 1979 (trad. italiana di Leonardo Cavari e Lorenzo Bianconi, L’opera italiana nel Settecento, Marsilio, 1991) Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Il Settecento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation

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www.haendel.it Strohm, Reinhard, Die Italienische Oper im 18. Jahrhundert, München, Heinrichshofen’s Verlag, 1979 (trad. italiana di Leonardo Cavari e Lorenzo Bianconi, L’opera italiana nel Settecento, Marsilio, 1991) Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. II Vol Basso, Alberto, L’età di Bach e di Handel, Storia della Musica, quinto volume, Torino, EDT,1976

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LA CRISI DELL’OPERA SERIA. GLUCK L’OPINIONE DEI LETTERATI ITALIA

L’Opera italiana settecentesca non fu apprezzata dai filosofi, scrittori e letterati. Fedeli allo spirito razionalistico-cartesiano che dominava la cultura tardo seicentesca (ove il sentimento e l’arte erano considerate delle forme inferiori di conoscenza effetto alla poesia), gli intellettuali in genere del 700 non potevano tollerare che la musica si trovasse un gradino superiore della poesia; le personalità più polemiche furono L. A. MuratorI, CrescimbenI, P. J. MARTELLO, e per la critica in ambito prettamente musicale spiccò Benedetto Marcello, con il suo scritto Il Teatro alla moda (1720). Ma al pubblico aristocratico e borghese, molto poco attento a questioni etiche e morali, l’opera seria settecentesca continuava a piacere, e tanto / CrescimbenI nel suo scritto intitolato Istoria della volgar poesia dichiara espressamente che il primato deve spettare alla poesia nei confronti dell’opera in musica. Ludovico Antonio Muratori fu il critico letterato italiano che mosse la più accesa critica volta a «tuonare» contro lo spezzettamento poetico creato dalla musica nell’opera in musica; nel suo scritto intitolato Perfetta Poesia Italiana, del 1706, così si espresse a proposito dei drammi per musica:

“- Può conchiudersi che i moderni Drammi, considerati un genere di poesia e di Tragedia, sono un mostro, e un’unione di mille inverisimili. Da essi niuna utilità, anzi gravissimi danni si recano al popolo; né può tampoco da loro sperarsi quel diletto per cui principalmente, o unicamente ,sono inventati…-” Al pari del Muratori anche altri letterati in Francia esternarono conclusioni similmente feroci contro l’opera. Merita di essere citata l’opinione di Charles de Saint - Evremond: “- Se volete saper che cos’è un’opera, ebbene vi dirò che è uno strambo lavoro nel quale si mescolano la poesia e la musica, e dove il poeta ed il compositore, danneggiandosi a vicenda, si danno un gran daffare per arrivare a cattivi risultati -” I librettisti dell’Arcadia riuscirono soltanto ad attenuare e per breve tempo gli accessi toni critici; la figura di Metastasio, con la sua poesia ostentante eleganza di versi, funzione educativa dei drammi, ed attenzione alla logicità del testo, ebbe un ruolo determinante all’interno dell’Arcadia / La filosofia illuminista che ovunque si andava diffondendo, esigeva che i drammi per musica evidenziassero la logicità, la coerenza degli elementi costitutivi. Un rappresentante illustre di questa ideologia fu Franceso Algarotti, il quale espresse questa duplice volontà nel suo “Saggio sopra l’opera in Musica”, del 1755. FRANCIA

Insieme all’Italia la Francia fu la nazione ove il problema dell’estetica generale dell’opera fu particolarmente sentito; anche qui si assistette alla proliferazione di trattati critici, satire, articoli. Determinante fu l’apporto critico del filosofo Rousseau . Rispetto all’Italia in Francia, ed in special modo a Parigi, lo scontro fra il diverso gusto del pubblico operistico in generale fece sfociare le tre storiche Querelles: LULLISTI «» RAMISTI (i sostenitori di Rameau contro quelli di Lully 1) 2) Buffonisti «» Antibuffonisti (scoppiata a Parigi dopo la rappresentazione, alla metà del 1700, dell’Intermezzo “LA SERVA PADRONA” di G.B.Pergolesi su libretto di C. Goldoni, che vedeva contrapposti i sostenitori dell’opera Buffa Italiana ed i contrari) GLUCKISTI «» PICCINNISTI (i seguaci di Gluck contro i seguaci di N. Piccinni) . 3)

TESTIMONIANZE CRITICHE SATIRE E PARODIE Tutto il mondo dell’opera destava alla società intellettuale un’impressione di assurdità, era l’emblema e la summa di tutti gli eccessi; le “stravaganze” più odiate possono essere le strambe vicende dei libretti; identificate così:

la frettolosità nella creazione della musica; la mancanza di logica poetica; le licenze esagerate dei cantanti sulla scena.

Questo diffuso sentimento comportò la nascita di un piccolo filone letterario satirico che ebbe vita fino ai primi decenni dell’800. Prendendo le mosse dalla pungente satira data dallo scritto di Benedetto Marcello lI Teatro alla moda, il mondo critico dell’opera cominciò a produrre satire e parodie con l’intento di ridicolizzare lo strambo mondo operistico. Molti di questi scritti avevano la forma dei libretti d’opera buffa, o di intermezzi; meritano di essere ricordati: “Prima la musica, poi le parole”, musicato da Salieri; “Il maestro di cappella”, musicato da CImarosa; “Der Schauspieldirektor” musicato da Mozart. 1

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CHRISTOPH WILLIBALD GLUCK (Baviera 1714 - Vienna 1787) 1

Figlio di un guardaboschi iniziò tardi gli studi musicali a Praga, poi li proseguì a Milano con Sammartini. Intraprese la carriera teatrale nel 1741, componendo pasticci, opèras - comiques e drammi in genere per i teatri di varie città italiane; erano tutte opere serie attratte da libretti per lo più di Metastasio. In seguito fu a Londra, 1745, e venne attratto dallo stile di Händel. Dal 1752 si stabilì a Vienna ove, insieme al librettista livornese Ranieri de’Calzabigi, attuò fra il 1758 ed il 1762 la riforma dell’opera seria italiana, tanto voluta dagli intellettuali / L’opera che sancì la riforma dell’opera seria italiana fu Orfeo ed Euridice; un’azione teatrale in 3 atti, rappresentata a Vienna il 5 Ottobre 1762; questa, insieme alle altre due opere sempre su libretto del livornese Ranieri de’ Calzabigi, cioè Alceste (tragedia in 3 atti, 1767) e Paride ed Elena (dramma per musica in 5 atti, 1770), sancirono storicamente la riforma di Gluck e Calzabigi / Parallelamente si cimentò ad “accontentare” gli intellettuali francesi che auspicavano anch’essi ad una riforma nella loro terra francese; creava così l’opera Iphigènie en Aulide, da considerarsi come la versione francese dell’Orfeo, elaborata nel 1774, ove la parte vocale del protagonista fu variata da Contralto a Tenore, con l’aggiunta di nuovi brani vocali e strumentali. L’opera riscosse a Parigi un successo faraonico: per più di settant’anni, solo nella capitale francese, fu rappresentata ben 297 volte, tant’è che le più grandi personalità del romanticismo conobbero proprio la versione francese di Orfeo. L’opera, e i fatti di entusiasmo che ne conseguirono, portarono all’accensione della terza storica querelle, fra Gluckisti e Piccinnisti.

Il suo catalogo completo relativo alle opere liriche, consta di 50 opere teatrali e 5 balletti. Nelle opere antecedenti la riforma egli adotta sistematicamente lo schema drammaturgico - letterario Metastasiano, contrapponendo nettamente il recitativo e l’aria, e non evitando il dominio assoluto delle voci soliste. Musicalmente accolse l’influenza di Hasse, il più prolifico “musicatore” dei drammi metastasiani, con una spiccata predilezione per le sottolineature drammatiche dei personaggi (influsso questo attribuibile ai Mmestri napoletani Traetta e Jommelli) / In accordo con Calzabigi, Gluck volle creare una musica per l’opera che si sposasse bene con le aspettative di tutte le nazioni, perorando così la causa di far scomparire le distinzioni fra le musiche delle diverse nazioni, ed in special modo fra Italia e Francia / Nelle tre opere della riforma l’impianto stilistico - formale adottato rispecchia quello dell’opera metastasiana per quanto riguarda l’adozione dei pezzi chiusi, ma vengono evitate tutte le “ridondanze strutturali”, ossia: aria col da capo; ripetizioni di parole; esagerato canto virtuosistico. Per Gluck l’aria non fu così importante come lo era stata per gli operisti antecedenti, egli puntò principalmente alla coerenza dell’azione drammatica omogeneamente distribuita fra orchestra, recitativi, arie, cori e balletti. Parallelamente si adotta uno schema drammaturgico influenzato considerevolmente dalla tragèdie lyrique francese / L’imperativo drammaturgico delle nuove opere riformate è l’unitarietà dell’azione / I principali assunti che caratterizzarono la riforma dell’opera seria furono i seguenti: AZIONE TEATRALE SEMPLIFICATA; ELIMINAZIONE DELLO STRIDENTE VUOTO FRA RECITATIVO ED ARIA; NEL LIBRETTO SI ADOTTANO VERSI SCIOLTI RIMATI, CHE ORIGINANO LIBERAMENTE, ED IN SUCCESSIONE, RECITATIVI, ARIE, CORI E BALLETTI; ELIMINAZIONE DEL RECITATIVO SECCO IN FAVORE DEL RECITATIVO ACCOMPAGNATO (ciò annullava lo stacco precedente fra recitativo ed aria, e l’excursus vocale era sostenuto interamente dall’orchestra) NELLE ARIE SI ABOLÌ IL DA CAPO (questa fu una delle più drastiche innovazioni; così si vietarono tutte le fioriture eccessive dei cantanti, le parole del testo divennero più logicamente comprensibili, e la forma dell’Aria divenne più compatta) LO SVOLGIMENTO DELLA VICENDA SCENICA NON SI LIMITÒ PIÙ ALLE VOCI SOLISTE, MA COINVOLSE TUTTO L’INTERO ORGANICO (coro ed orchestra; adesso hanno funzione strutturale per lo svolgimento dell’azione drammaturgica, e l’orchestra non si limita più ad accompagnare) USO ESPRESSIVO DEI TIMBRI ORCHESTRALI (ad es. il Trombone nelle scene infernali) NELLA SINFONIA D’INIZIO FU AFFIDATA ALL’ORCHESTRA LA “PREFAZIONE” MUSICALE DI CIÒ CHE SAREBBE ACCADUTO NEL DRAMMA (si abbandonò lo schema di A. Scarlatti)

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L’opera “riformata” vedeva la fusione di elementi dell’opera francese con elementi dell’opera italiana; Calzabigi auspicò di mantenere tutto il ricco apparato spettacolare di stampo francese, ossia il coro numeroso ed il balletto (così come spiegò nella sua “Dissertazione” scritta per l’edizione parigina dei drammi di Metastasio), e non adottò più scelte drammaturgiche imperniate sulle sentenze morali di stampo metastasiano, sui paragoni, sulle situazioni soprannaturali, considerati dei rigonfiamenti superflui all’azione del dramma. Le cifre più significative della riforma, in termini stilistici, Gluck le sintetizzò nella prefazione dell’Alceste / Händel Gluck e Mozart possono essere considerati i massimi drammaturghi musicali del ‘700. Gluck ebbe una vocazione più tragica, che ostentò nella prefazione dell’Alceste, e che piacque tanto alla cultura illuminista del 1700, la quale voleva cancellare dall’opera tutte le galanterie e le auliche scelte stilistiche proprie dell’opera metastatiana, sostituendole con sentimento e ragione. L’apporto stilistico di Gluck superò le concezioni estetiche del rococò e dell’Arcadia, e rappresentò, in campo operistico, l’impronta illuministica di rivalutazione del sentimento e della ragione / Gluck e Calzabigi apportarono nell’opera riformata grandi ed esemplari passioni, che considerarono lo scopo primario e fondamentale del teatro tragico melodrammatico. Un altro aspetto centrale dell’opera dei due riformisti in netto contrasto con la prassi operistica di stampo impresariale - lucroso del secolo precedente, risiede nei tempi di creazione: Gluck impiegò sette mesi per comporre la musica per L’Orfeo (primavera - estate 1762), ed altrettanto lunghe e laboriose erano le prove per i cantanti; questo lavoro meticoloso di perfezionamento Gluck lo richiedeva espressamente (come spiegò nella prefazione a stampa di Paride ed Elena) per giungere ad una buona riuscita dell’opera. Il cantante, adesso, non può più esternare il suo libero arbitrio esecutivo, ma si assoggetta totalmente alla volontà del compositore (così come succedeva per la tragèdie lyrique di Lully in Francia). L’esempio drammaturgico che diede Gluck influenzò la tradizione delle tragedie liriche parigine fino alla fine del 1700, ed in Italia il suo apporto stilistico influenzò la produzione musicale degli operisti della generazione successiva alla sua. Ma in Italia l’apporto riformatore del Maestro Tedesco non ebbe gli stessi effetti che rende fuori, e non fu così sentito come in Francia. Alcuni importanti esponenti, Traetta, Jommelli, Sarti, tentarono di introdurre nei loro drammi, con soggetti eroici, alcune principali direttive gluckiane di innovazione, specialmente l’intensità espressiva, il vigore drammatico, ma la tradizione italiana delle grandi arie vocali, e di tutti gli assunti stilistici storici, in genere, non si piegarono alle nuove tendenze europee. ORFEO

L’«Azione teatrale» che segnò la riforma; ancora oggi è l’opera più famosa di Gluck e Calzabigi; fu l’esempio di cosmopolitismo nell’opera: partitura scritta per un pubblico tedesco su di un libretto di un poeta italiano (italiani sono, nell’Orfeo, la lingua adottata, il protagonista evirato Guadagni, e l’impianto formale del grande recitativo accompagnato Che Puro Ciel); l’ispirazione drammaturgica è di ascendenza francese (come la scelta del soggetto mitologico, l’orchestrazione complessa e le scene con coro e balletti). In scena non compaiono più di tre personaggi, e l’azione viene divisa unicamente fra i due personaggi protagonisti; anche il coro evidenzia la provenienza dai modelli francesi (Rameau). Il coro gluckiano è un vero e proprio personaggio che interviene direttamente nel dialogo scenico; il suo uso intensivo non ha precedenti anzi, nell’Orfeo gluckiano, esso raggiunge un’intensità ed un’importanza proprie di un Oratorio sacro. Tutte le figure mitologiche proposte ostentano le loro passioni umane e, dunque, non più le allegorie, o le dimostrazioni di virtù intrise di giudizi morali di ascendenza metastasiana; non vengono proposti più intrighi tipici dell’opera metastasiana. Nell’Orfeo dei riformisti Euridice è presente nell’azione drammaturgica in prima persona, e non più passivamente come negli esempi storici precedenti (Peri e Rinuccini, e Monteverdi). 3

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La Prefazione Dell’Alceste di Gluck, riportata di seguito, fu di storica importanza perché in essa il compositore enunciò le sue nuove concezione operistiche unite a quelle del librettista Ranieri de Calzabigi. Egli manifesta la sua volontà di “dignificare” l’opera. 5

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Inizio della scena in cui Orfeo arriva ai Campi Elisi; Gluck evidenzia qui la sua volontà di affidare all’orchestra una parte drammaturgica di prim’ordine mediante l’adozione di scelte timbriche ad hoc: l’orchestra realizza una sorta di inquadramento ambientale affidando idee musicali dal carattere esplicitamente descrittivo a più strumenti dai timbri diversi. 6

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LUIGI CHERUBINI (Firenze 1760 - Parigi 1842)

Allievo di G. Sarti, fu uno dei musicisti più influenti / L’esempio gluckiano lo influenzò molto nella sua produzione operistica, e già nell’opera Il Demophoon del 1788 si scorgono gli influssi estetici di Gluck. I suoi capolavori, annoverabili nel genere dell’opèra - comique, manifestano più esplicitamente l’assimilazione della lezione gluckiana: Lodoiska rappresentata a Parigi nel 1791, Eliza (1794), ma soprattutto Medea, rappresentata a Parigi nel 1797: con quest’opera Cherubini si colloca, nell’evoluzione storica dell’opera, fra Gluck e Beethoven, ove si evincono gli elementi gluckiani nella severità deel’impianto drammaturgico scevro di arie “all’italiana” ed intriso di declamati - ariosi, e l’orchestra evidenzia uno spiccato senso sinfonico unito ad una unitaria visione del dramma / Fu uno dei più stimati compositori contemporanei, Beethoven si annovera tra questi / Cherubini incoraggiò l’opera, in Francia, verso una tendenza alla valorizzazione drammatica del recitativo / Compose anche quattordici Messe, che rappresentano l’altro importante filone della sua attività compositiva, oltre a quartetti con pianoforte. Importante fu il suo trattato “Cours de contrepoint et de la fugue” (1835) molto diffuso fra i suoi contemporanei.

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ANTONIO SACCHINI (Firenze 1730 - Parigi 1785)

ANTONIO SALIERI (Legnago 1750 - Vienna 1825)

Sacchini fu un compositore italiano la cui figura ebbe una particolare importanza del mondo dell’opera seria nel tardo ‘700. Studiò clavicembalo e organo, e composizione con Durante, che lo ebbe in particolare stima. Nel 1722 si trasferì a Londra, dove sarebbe rimasto per dieci anni, e dove conobbe Traetta. In seguito, nel 1781, fui a Parigi che già lo apprezzava come operista, e si trovò coinvolto, suo malgrado, nella querelle tra i seguaci di Piccinni e quelli di Gluck / Scrisse più di 40 opere, molti oratori, musica sacra e vocale. Degne di nota sono le sue opere Armida e Dardanus, che assorbono la lezione operistica riformata di Gluck. Il suo capolavoro fu Oedipe à Colone, che venne rappresentata dopo la sua morte ottenendo uno strepitoso successo a tal punto che l’opera rimase in cartellone per molti decenni dopo la sua prima presentazione.

Musicista, compositore, didatta. Studiò violino con il fratello Francesco e clavicembalo e organo con Simoni organista del paese. A 15 anni, sotto la protezione della famiglia Mocenigo, si recò a Venezia: studiò canto col Pacini e composizione con Pescetti. Qui conobbe L. Gassmann, maestro della cappella imperiale, il quale lo condusse a Vienna e lo seguì come un figlio dandogli anche un'ottima istruzione musicale e letteraria. Successe a Gassmann nel 1774 come compositore di corte e direttore d'orchestra del teatro imperiale / Tra i numerosi viaggi ricordiamo la sua presenza a Milano dove partecipò all'inaugurazione del Teatro Alla Scala, nel 1778, con l'opera L’Europa Riconosciuta / Salieri fu sensibile all’opera riformata; infatti nella sua opera Armida, del 1711, mostra di aver assimilato la lezione e gli influssi gluckiani. Collaborò in prima persona con Gluck nella creazione dell’opera Les Danaides, 1784 / All'attività di compositore affiancò quella molto più nota di didatta: tra i numerosi suoi allievi basti ricordare Beethoven, Liszt, Hummel, Schubert e molti altri. Fu tra i fondatori del conservatorio di Vienna (1817).

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992

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Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. II Vol. Pestelli, Giorgio, L’età di Mozart e di Beethoven, Storia della Musica, sesto volume, Torino, EDT, 1977

7 Bianconi, Lorenzo, (a cura di), La Drammaturgia Musicale, Bologna, Il Mulino, 1986 Gallarati, Paolo, Musica e Maschera, Torino, EDT, 1993 Strohm, Reinhard, Die Italienische Oper im 18. Jahrhundert, München, Heinrichshofen’s Verlag, 1979 (trad. italiana di Leonardo Cavari e Lorenzo Bianconi, L’opera italiana nel Settecento, Marsilio, 1991) Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Il Settecento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 www.music-with-ease.com www.hendel.it www.wikipedia.org www.goiradio.it

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L’OPERA ITALIANA IN EUROPA FRA ‘600 E ‘700 A partire dal 1650 le opere italiane vennero rappresentate in tutta Europa incontrando ovunque il favore generale del pubblico; ciò comportò l’espatrio degli italiani protagonisti dell’opera (compositori, librettisti, cantanti, scenografi) all’estero, specialmente in Austria, Germania inizialmente, e successivamente anche in Inghilterra, Russia / Nel Settecento tutte le nazioni europee conobbero un imponente flusso culturale di provenienza italiana: in tutti i teatri erano presenti gli italiani tranne che in Francia, ove Lully aveva creato un teatro «nazionale» , escludendo agli occhi del mondo francese i protagonisti dell’opera italiana; ma egli, nella propria preparazione musicale, fu profondamente influenzato dalla scuola italiana della musica in generale.

FRANCIA L’INFLUENZA ITALIANA DOPO LULLY Nelle opere di Lully si evince l’originale assimilazione della lezione operistica italiana; con la morte di Lully i sostenitori del modello italiano poterono liberamente attuarne la diffusione. Una delle più importanti personalità francesi che si impegnò attivamente per diffondere il modello italiano fu Marc Antoine Charpentier. Allievo di Carissimi, nel 1693 fece rappresentare la sua opera Médée / Così, dopo “l’assolutismo musicale” operato da Luly il mondo francese potè riallacciare i contatti con la cultura musicale italiana. Il primo segno vistoso di questa “riappacificazione” fu caratterizzato dalla diffusione delle sonate di Corelli, seguita dalla diffusione delle cantate di Bononcini, e delle arie italiane in genere; i musicisti italiani vennero così richiesti anche dalle corti dell’alta aristocrazia francese / Non molti anni dopo la Francia assistette ad una fusione dello stile francese con quello italiano, che venne denominato «réunion des goûts». Il grande clavicembalista François Couperin sarà il massimo esponente di questa fusione di gusti; infatti nei suoi due Aphothéoses per orchestra d’archi del 1724 egli fece coesistere lo stile di Lully con quello di Corelli. L’OPERA BUFFA ITALIANA A PARIGI - LA QUERELLE DES BOUFFONS Nell’agosto del 1752 all’opéra di Parigi venne rappresentata La Serva Padrona di Pergolesi; come si è più volte ribadito il successo fu così enorme da far scoppiare una storica querelle. La compagnia italiana autrice della rappresentazione continuò a rappresentare opere comiche italiane a Parigi ininterrottamente fino al 1754, producendo un totale di 12 fra intermezzi e pasticci. Il pubblico francese rimase entusiasta della freschezza e della vivacità che animavano l’opera comica italiana / Entrando dentro la questione della querelle storica, gli anni che seguirono la prima rappresentazione dell’intermezzo di Pergolesi videro i francesi scissi in due fazioni: pro e contro i «Bouffons» italiani. Rousseau descrisse accuratamente il clima che agitò la querelles, e mostrò un’appassionata predilezione per l’opera italiana. La querelles des Bouffons, che, come ribadito, cancellò di colpo la vetusta e precedente querelles tutta francese fra lullisti e ramisti, venne “combattuta” intellettualmente a suon di pubblicazioni “accusative”: decine e decine di opuscoli furono scritti da personalità di rilievo 1 della cultura francese in genere (> Grimm, Cazotte, Diderot, Rousseau, Rameau). Tutto ciò non aveva però una base logica, si basava solo sull’enorme entusiasmo che destò presso i francesi l’intermezzo buffo italiano; gli oggetti della diatriba erano diametralmente opposti (> comico italiano e serio francese). La qurelles, unita alla rappresentazione delle opere comiche italiane favorì la nascita dell’opéra - comique francese.

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EUROPA CENTRALE OPERA ITALIANA QUALE STRUMENTO POLITICO E VETRINA DI PRESTIGIO CULTURALE

Dal 1650 al 1750 l’opera seria italiana fu ben accolta nell’Europa centrale, specialmente in Austria e Germania. Mentre in Italia l’opera già circolava nei teatri, era già opera impresariale, in Europa si affermava come opera di corte; circolava nei teatri di corte sottoposto all’attenta sorveglianza da parte del sovrano. L’opera seria italiana era considerata nel barocco lo spettacolo più completo ed appagante per la sua sontuosità; era considerata un efficace specchio della e per la monarchia assoluta; inoltre la rappresentazione di opere serie italiane era considerata nelle diverse corti europee (similmente a quanto accadeva in Italia quando l’opera era “di corte”) una manifestazione dell’autorità del sovrano; l’ esaltazione delle istituzioni imperiali. Così ebbe un carattere molto cerimoniale atto ad ostentare il potere tout court del sovrano. Le date delle rappresentazioni erano quasi sempre in concomitanza con importanti eventi politici e dinastici: più importante era l’evento e più importante e sfarzoso era l’impegno artistico profuso all’opera. Leopoldo I, CarloVI, Maria Teresa e Giuseppe II di Vienna, Federico II di Prussia, Carlo Teodoro di Baviera, furono i principali sovrani che si interessarono in prima persona al “loro” teatro d’opera italiano. Le Feste teatrali furono il genere operistico di corte che maggiormente fu in voga: Metastasio ne fu il più alto rappresentante. I suoi testi di azioni e feste teatrali furono più numerosi dei libretti di drammi per musica. Le opere serie rappresentate nei teatri di corte d’oltralpe rispecchiavano i modelli veneziani e napoletani; erano composte espressamente per i teatri di corte / Le corti europee rappresentarono per i compositori italiani il più ambito eden musicale al quale tutti aspiravano maggiormente, soprattutto, in primis, per la loro potenza economica. Le orchestre delle corti europee che erano date “in servizio” ai compositori italiani, non conoscevano affatto le limitazioni e ristrettezze economiche dell’Italia, per cui erano sempre molto numerose e molto curate / Di notevole importanza fu l’influenza del modello francese soprattutto per quanto riguarda i balletti, e i cori; quest’influsso è ben visibile nelle creazioni operistiche di stampo italiano che si ebbero nelle corti europee. Le compagnie operistiche impresariali italiane (come i Febiarmonici, che furono storicamente una delle prime compagnie più famose) fecero la loro fortuna a metà del 1700; erano richiesti dai principati di medie dimensioni di tutta Europa, cosicché effettuavano lunghe tournées in Austria, Boemia, Ungheria, Germania, Danimarca. Solo dopo il 1750 anche in Europa l’affermazione della cultura illuministica fece tramontare la concezione dell’opera di corte, cosicché gli spettacoli non furono più l’esclusivo “sublime” dell’alta aristocrazia, ma furono resi fruibili anche dal popolo borghese. Si impiantò anche in Europa il modello dell’opera impresariale: si pagava il biglietto d’ingresso. L’opera seria andava cedendo il suo primato all’opera buffa italiana, all’opéra - comi-

que francese, ed al Singspiel tedesco. 2

CORTE IMPERIALE DI VIENNA

Leopoldo I, che regno a Vienna dal 1657 al 1705, stabilì i canoni dell’opera seria italiana impiantata nelle corti tedesche; fu molto sensibile alla musica. Durante il suo regno vide rappresentare più di 400 opere; aveva alla sua corte lo scenografo mantovano Ludovico Ottavio Burnacini e l’operista italiano Antonio Draghi il quale fra il 1663 ed il 1700 compose per la corte viennese più di 170 fra opere e feste teatrali, e più di 40 oratori / L’apice di questa produzione operistica fu Il Pomo d’oro di A. Cesti 1666 / Leopoldo I attribuiva alla lingua italiana dell’opera in musica un valore internazionale: la considerò la lingua di aggregazione. Egli istituì la carica di poeta cesareo, ossia coui che aveva il compito di riscrivere i testi della cultura letteraria austriaca (ove si celebravano gli ideali dell’impero) in italiano. I più importanti poeti cesarei furono Apostolo Zeno (1718 - 1729) e Pietro Metastasio (1729 - 1782) / I successori di Leopoldo I furono anch’essi sensibili alla divulgazione dell’opera di corte. CORTE DI BAVIERA

Nel 1653 Enrichetta Adelaide di Savoia fece conoscere l’opera italiana a Monaco; tre anni dopo un allievo di Carissimi (Kerll) rappresentava l’opera Opernhaus, per inaugurare il teatro di Monaco (costruito sul modello del teatro olimpico di Vicenza) /A Monaco operarono i seguenti maestri italiani: Agostino Steffani (1654 - 1728); diffuse lo stile operistico veneziano; Händel e Telemann risentirono del suo influsso; Giuseppe Antonio Bernabei (1649 - 1732); Pietro Torri (1755 - 1737). L’opera italiana a Monaco fu protagonista fino al 1787. in seguito si sviluppò l’opera tedesca per volere di Carlo Teodoro. CORTE DI SASSONIA

Il Paride di G. A. Bontempi (1662) fu la prima opera italiana rappresentata a Dresda (aveva lo stesso soggetto del Pomo d’Oro di Cesti) / Gli elettori di Sassonia Giovanni Giorgio II e III appoggiarono l’opera italiana; nel 1718 il principe Augusto Forte fece porre la prima pietra dell’Hoftheater, che fu uno dei più grandi teatri del tempo, inaugurato l’anno seguente da un’opera del veneziano Antonio Lotti / Nel trentennio 1734 - 64 la presenza del compositore Johann Adolf Hasse (uno dei più rinomati operisti italiani di origini e formazione tedesca), che si circondò di cantanti, operisti e scenografi italiani, segnò un periodo di grande vita dell’opera italiana. CORTE DI PRUSSIA

Federico III fece conoscere l’opera italiana a Berlino nel 1700, facendo rappresentare La Festa dell’Imeneo di Attilio Ariosti; per dieci anni si rappresentarono opere di Ariosti

e di Bononcini / Federico II il Grande fece costruire il Teatro reale dell’opera nel 1742,

Königliche Oper, che fu inaugurata con un opera in stile italiano di C.H. Graun; egli si

circondò di musicisti, librettisti, scenografi e cantanti italiani, ma volle che le opere (in lingua italiana) fossero scritte da maestri tedeschi / Federico Guglielmo II, il suo successore, nel 1787, iniziò a favorire la nascita del repertorio operistico nazionale tedesco, e in special modo il Singspiel , che fu reputata la prima forma di opera tedesca.

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INGHILTERRA L’OPERA ITALIA A LONDRA

La prima opera italiana eseguita a Londra fu Arsinoe regina di Cipro , 1705, libretto tradotto in inglese desunto da un opera omonima di T.Stanzani, e musicato dall’inglese Thomas Clayton / L’opera italiana si impose a Londra nel 1708 con Pirro e Domenico di Alessandro Scarlatti, protagonista era il castrato Nicolino Grimaldi chiamato Il Nicolini. L’opera presentava parti cantate in italiano e parti cantate in inglese. G.F.HÄNDEL (Halle 1685 - Londra 1759)

Contemporaneo di J.S.Bach Händel fu il suo esatto contrario; l’uno fu proteso verso la polifonia e lontanissimo dal melodramma, mentre Händel fu completamente immerso nel melodramma, nei teatri, nelle regge e nei palazzi principeschi; visse la sua vita all’attenzione della più alta aristocrazia europea, e specialmente di quella inglese. Per il pubblico del suo tempo Händel fu reputato il più grande musicista vivente / Il suo soggiorno italiano si concluse con lo spettacolare successo della sua quinta opera, Agrippina (1709), andata in scena per la prima volta a Venezia / Händel nel 1710 era già a Londra, ove determinante fu la sua presenza per l’affermazione dell’opera italiana dal 1710, e per oltre 30 anni, periodo in cui egli compose 35 opere divise in cinque grandi periodi produttivi che vanno da Rinaldo (1711, che ottenne un successo trionfale) a Deidamia (1741, ultima sua opera). A Londra egli produsse opere in stile italiano su libretto italiano. La principale differenza fra le opere italiane rappresentate in Italia e quelle rappresentate a Londra è che in Italia era più importante l’attenzione al testo letterario, mentre a Londra era più importante valorizzare la musica. Nel 1720 un gruppo di potenti gentiluomini fondò la Royal Accademy of Music che ebbe sede al King’s Theatre in Haymarket; essi assegnarono le “funzioni” librettistiche a Paolo Rolli e Nicola Hayn, mentre quelle musicali, > master of orchestra, ad Händel, Bononcini ed Ariosti / Händel compose 13 opere per l’”impresa” dell’Accademia Reale di Musica, a partire da Radamisto (1720). Fu presso l'Academy che andarono in scena molte sue opere; oltre a Radamisto vennero infatti rappresentate: Giulio Cesare (1724), Tamerlano (1724) e Rodelinda (1725). Ma la convivenza fra i tre operisti non fu facile; in tutta l’Accademia Reale di Musica si agitavano lotte fra tutti i membri, e queste lotte sfociarono, nel 1728, nello scioglimento della compagnia / Händel creò così una sua impresa teatrale in accordo con Nicola Heidegger e prese la direzione artistica del King’s Theatre, con il progetto di rappresentare due o tre opere italiane (e anche, ovviamente, pasticci) per ogni stagione / Nel 1727, diventato cittadino inglese, compose quattro inni per l'incoronazione di Giorgio II. Nel 1728 l'Academy fallì e l'anno seguente Händel formò una nuova compagnia. Ma suoi antichi avversari si riorganizzarono costituendo un’altra impresa, L’opera della Nobiltà, affidata artisticamente all’italiano Nicolò Porpora. Ebbe luogo così una storica sfida fra Porpora ed Hendel. La sfida si svolse nei due teatri d’opera italiana rivali: il King’s Theatre di Haymarket ove Hendel mise in scena la sua opera Acis and Galatea, nel 1732, ed il teatro pera of the Nobility, ove N. Porpora fece rappresentare la sua opera Polifemo, su libretto di Paolo Rolli, nel 1735. Vinse in maniera netta Nicolò Porpora. Stanco delle vicende e delle lotte in seno all’ambiente operistico Händel si ritirò nel 1738, dopo aver composto la sua penultima opera, Serse, anche se continuò a scrivere per il teatro fino al 1741, anno in cui fu rappresentata, con scarso successo, l'ultima sua opera, Deidamia / In seguito si dedicò interamente all’Oratorio. Proprio in questo settore musicale visitato nella sua maturità, Hendel conoscerà il grande favore generale del pubblico inglese; il Messiah, rappresentato a Dublino nel 1742 è una fra le pagine musicali più celebri di tutta la storia della musica, e di tutti i tempi / Il genere Oratorio designò Händel come uno dei più importanti musicisti del periodo. L’intera produzione operistica di Händel comprende 42 opere, tutte serie tranne Serse che presenta elementi comici, e 19 fra pasticci, musiche di scena e masques / Senza alcun dubbio l'eredità maggiore di Händel alla posterità è costituita dall'oratorio, un genere in parte derivato da una tradizione preesistente ma profondamente rinnovato dall'inventiva händeliana / Compositori come Joseph Haydn e Felix Mendelssohn-Bartholdy gli sono in tal senso debitori. Benché Händel sia maggiormente noto per opere quali la Water Music e il Messiah, numerosi sono i tentativi atti a riportare oggi all'attenzione del pubblico e agli onori del palcoscenico le sue opere teatrali e le altre composizioni.

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RUSSIA CATERINA II E L’OPERA ITALIANA A San Pietroburgo l’opera italiana si impiantò grazie alla presenza del compositore ed impresario napoletano Francesco Araja, che fu maestro di cappella di corte e direttore della compagnia d’opera italiana nel 1735. Egli fu il primo musicista a comporre un’opera su libretto in lingua russa d’argomento mitologico Tsefal i Prokris (Cefalo e Procri) / Caterina II la Grande oltre ad essere una donna regnante astuta e scaltra (fece deporre il marito zar Pietro III e si fece proclamare zarina), aveva una sensibilità culturale tale da imporle la realizzazione di un radicale rinnovamento della cultura della sua Russia. Ella fu una “principessa illuminata”; manifestò tutta la sensibilità tipica della cultura illuminista. L’opera italiana in Russia ebbe un periodo di notevole splendore che va dal 1762 al 1796. Caterina II fu molto sensibile alla divulgazione della cultura in tutte le sue forme; nel suo progetto culturale ella volle ricreare il fervente ambiente culturale - musicale partenopeo, e chiamò alla sua corte alcuni fra i più noti operisti italiani: Baldassarre Galuppi (dal 1765 al 1768); Tommaso Traetta (dal 1768 al 1774); Giuseppe Sarti (dal 1784 al 1787, e dal 1791 al 1801); Domenico Cimarosa (nel periodo di assenza di G. Sarti); Giovanni Paisiello che fu maestro di cappella a San Pietroburgo dal 1776 al 1784, e qui compose e fece rappresentare la sua La Serva Padrona nel 1781 sullo stesso libretto servito a Pergolesi, oltre a Il Barbiere di Siviglia l’anno seguente, che divenne la sua opera più nota. Nel 1804 il veneziano Catterino Cavos ricevette la direzione artistica dei teatri imperiali russi, ed egli fece rappresentare opere su soggetti di ambientazione Russa con melodie desunte dalla florida tradizione dei canti popolari Russi. Preparò così la strada a Glinka, il primo grande operista russo. 3

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Ritratto di Giuseppe Sarti conservato presso la Scuola di Musica Comunale di Faenza. 4

Caterina II zarina russa in un dipinto dell’epoca.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992

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Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992

Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. II Vol.

2

Ventiru, Simonetta, Paolo Alberghi e Giuseppe Sarti, Faenza, Stefano Casanova editore, 1999

Basso, Alberto, L’età di Bach e di Handel, Storia della Musica, quinto volume, Torino, EDT, 1976

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www.liceodavincitv.it

Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 Gallarati, Paolo, Musica e Maschera, Torino, EDT, 1993 Strohm, Reinhard, Die Italienische Oper im 18. Jahrhundert, München, Heinrichshofen’s Verlag, 1979 (trad. italiana di Leonardo Cavari e Lorenzo Bianconi, L’opera italiana nel Settecento, Marsilio, 1991) Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Il Settecento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation Amadeus, Anno XVI numero 5 (174), Maggio 2004, De agostani - Rizzoli periodici “Amadeus, il mensile della grande musica”, De Adostini - Rizzoli periodici, numero 39 febbraio 1993 www.liceodavincitv.it

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IL TARDO BAROCCO SINFONIA, CONCERTO, SONATA

Il XVIII secolo è stato uno dei più densi di trasformazioni sociali e culturali della storia; in questo secolo l’inasprimento del conflitto fra aristocrazia e classi sociali inferiori giungerà al suo culmine con l’esplosione della Rivoluzione Francese; con questo epocale conflitto l’intera organizzazione sociale dell’Europa ne uscirà completamente trasformata: le vecchie tradizioni feudali verranno affrancate; gli ideali illuministici che alimentarono la rivoluzione, nelle personalità dei Phiposophes francesi (Voltaire, Dideròt, D’alambert, e soprattutto Rousseau) saranno il nuovo orizzonte da seguire; la ragione è il valore principe che non dovrà essere inquinato dal sentimento

(considerato l’elemento posto alla ragione, alla razionalità) / In ambito musicale si avrà lo scontro fra due elementi fondamentali e opposti della musica: L’ARMONIA (considerata tempio della ragione) e la MELODIA (considerata il suo contrario) / Contemporaneamente nasce in Germania un movimento ideologico-artistico che prese il nome di Sturm und drang (tempesta e assalto); questo movimento traendo le mosse dai contenuti antianarchici dell’illuminismo si distaccherà da questo in quanto perseguirà un tipo di approccio con la realtà più impetuoso, in contrasto con l’ideale della ragione / Globalmente l’orizzonte musicale di questo secolo vede la novità data dalla grande emancipazione della musica strumentale (ancora largamente coltivata nei palazzi nobiliari, ma presto a questi si affiancheranno le sala da concerto) accanto al melodramma e alla musica sacra. Ma il mecenatismo è oramai alla fine: il libero professionismo interesserà sempre di più i musicisti che lo preferiranno alla vecchia “prassi” di essere a servizio di un signore, di una corte, di una cappella (anche se all’inizio ciò sarà un rischio) / L’emancipazione economica della classe borghese ed imprenditoriale darà vita, in campo musicale, alla nascita del dilettantismo musicale, che interesserà globalmente tutta l’Europa; ciò comporterà una grande vita economica del mondo musicale: grande creatività, editoria, imprenditoria strumentale, concerti, a tal punto che il mondo musicale del tempo ne uscirà completamente aggiornato, rinvigorito. [vedi cap. XXVIII] La nascita delle “sale da concerto” sarà un fenomeno epocale per la svolta etica e sociale della musica nel secolo in questione: adesso il musicista sarà pagato per ogni prestazione con contratti di mercato. Egli si orienterà nella crea
FORME MUSICALI STRUMENTALI ALL’INIZIO DEL XVIII SECOLO Il 1700 vedrà in campo strumentale l’evoluzione delle forme ereditate dal ‘600. Volendo tracciare un profilo schematico delle forme musicali che “entrarono” nel diciottesimo secolo, e che alla fine di esso ne usciranno profondamente trasformate, si avrebbe suppergiù la seguente panoramica: MUSICA D’INSIEME in questa vasta area rientrano tutte quelle composizioni chiamate “sinfonia”; fra il 1680 ed il 1710 non si è ancora adoperata una netta distinzione fra i termini per identificare un determinato brano strumentale: lo stesso termine viene ancora impiegato per indicare composizioni dalla forma e destinazione diversa. il termine può designare tre tipologie: brano strumentale dalla forma varia, avente funzione introduttiva, interlocutoria, da eseguirsi “avanti” o all’interno di un’opera teatrale (chiamata “sinfonia avanti l’opera”, che era tripartita, sia all’italiana e sia alla francese), o di un oratorio, ecc. Molti brani strumentali d’insieme, specie nel campo operistico, venivano indifferentemente denominati sinfonie o sonate. Non è stato identificato con chiarezza il momento storico in cui si verificò la distinzione netta della sinfonia strumentale, e l’emancipazione di questa dall’impiego nel melodramma. Sinfonie per gruppi strumentali da camera (di solito tre) chiamate “Sinfonie en Trio”; Sinfonie - concerto; CONCERTO

frutto della maturazione seicentesca distinto nella duplice variante di concerto grosso e concerto solista;

SONATA

ossia quella composizione per strumento (o strumenti) frutto della duplice tipologia del ‘600 “da Chiesa” e “da Camera”. Durante il ‘700 la duplicità di destinazione scomparirà e questa tipologia sarà riservata soltanto a pezzi solistici o al massimo di due strumenti; questi brani presto verranno ampliati in “forma - sonata”.

SUITE 1

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IL CONCERTO GROSSO Esiste una duplicità etimologica per il termine concerto: da un lato identifica legare insieme, e dall’altro scontro, lotta. Questa duplicità semantica si riscontra pienamente nel concerto del periodo tardo barocco; queste composizioni presentano sia elementi in accordo e sia elementi che si scontrano fra loro. Il concerto barocco è già una “versione” diversa rispetto alle composizioni denominate concerti create dai Gabrieli, Banchieri, Viadana e Monteverdi; i concerti di questi compositori erano musiche ove si mescolavano voci e strumenti, mentre il concerto barocco fu una forma legata principalmente agli strumenti ad arco, organizzati come segue: TUTTI o concerto grosso costituito da due gruppi di violini, viole e violoncello più b.c. (organo o cembalo), era l’intero organico strumentale; costituito da un gruppo di tre solisti, di solito due violini ed un violoncello; ma le tipologie dei solisti saranno sempre molto varie. SOLI o ripieno o concertino Questo era il principale assunto formale del concerto barocco: l’alternanza stretta e senza interruzioni fra le due realtà soli - tutti, che realizzavano sia l’unione e sia lo scontro, ed era il principale assunto estetico della stessa musica barocca: il contrasto dinamico fra molti e pochi, tra forte e piano. Il concerto grosso deriva direttamente dalla sonata da chiesa, e ne conservava il carattere severo e il contrasto dei tempi diversi fra loro per ritmo ed andamento che seguivano in successione. Nel concerto barocco tramonta la scrittura contrappuntistica grazie all’affermazione di quattro assunti formali determinanti: 1) L’alternanza Tutti - Soli (o Solo) articolata nei singoli tempi che costituiscono il concerto, ossia: GRAVE (introduttivo) ALLEGRO I LENTO ALLEGRO II FINALE (allegro o presto) 2) Il ritornello affidato alla sezione dei Tutti; 3) L’uso degli effetti eco ottenuti tramite ripetizione; 4) L’abbondante uso strutturale delle progressioni melodiche. ORIGINE

La prima storica ripartizione dell’insieme orchestrale in ripieno e concertino trova gli albori nella sonata da chiesa a tre. Alessandro Stradella definì compiutamente per primo il genere del concerto grosso; egli adoperò il raddoppio delle parti della sonata a tre (o a quattro con la viola) ed impiantò nella forma del concerto sinfonie, intermezzi di opere e di oratori nel decennio 1670 - 80. Corelli seguì lo stesso esempio, e i suoi 12 concerti grossi op. 6 si collocano nella prima fase di sviluppo. In Italia dal 1700 al 1740 si ebbe la massima produzione di Concerti grossi; oltre a Corelli diedero importanti contributi i veneziani Tommaso Albinoni (op. 7 ed op. 9), Alessandro Marcello (La Cetra), insieme ad alcuni esempi vivaldiani. In questa forma il gruppo dei soli tende ad integrarsi formalmente nell’insieme / In Germania fu importante la raccolta di concerti grossi di Georg Muffat del 1707. Händel adottò la struttura dei concerti grossi di Corelli, dopo aver assistito a Roma a dei concerti corelliani, che esternò nella raccolta di concerti grossi op. 3 e op. 6 pubblicati a Londra. Apoteosi del genere concerto grosso sono i famosissimi 6 Concerti Brandeburghesi di Johann Sebastian Bach, 1721, ove ognuno di essi presenta una struttura differente / Altri compositori tedeschi che si distinsero per la composizione di concerti grossi furono Georg Philipp Telemann (con le suites orchestrali) e Fux. PROBLEMI DI ESATTEZZA TERMINOLOGICA

Come più volte discusso è stato con l’avvento degli studi musicologici della seconda metà dell’800 che si è avvertita l’esigenza di “etichettare” la maggior parte dei fenomeni musicali del passato per porne avere una più organica catalogazione. Molto spesso però le etichette apposte a stili, forme, correnti estetico - musicali, ecc. non corrispondono esattamente a ciò che realmente è successo. Questo è il caso dei concerti grossi e dei concerti solistici del periodo tardo barocco. La semplice distinzione fra concerto grosso e concerto solistico in realtà è troppo schematica, e a quel tempo non era così sentita; infatti nelle due tipologie di concerto non si esclude categoricamente la presenza di assunti stilistici dell’uno o dell’altro. In pratica non esiste una sostanziale differenza tra la funzione del concertino e la funzione del solista nei confronti del ripieno. Nel periodo in esame i compositori, da parte loro, non si preoccupavano più di tanto di creare delle tipologie nettamente definite;, sono molte le raccolte che recano il titolo generico di concerti o concerti grossi, e che all’interno raggruppano insieme sia concerti che giudicheremmo grossi che concerti solistici; è il caso di Torelli. L’unica traccia stilistica sulla base della quale si può creare una certa distinzione fra concerto grosso e concerto solistico, consiste nel fatto che nel concerto grosso i soli tendono ad integrarsi con l’insieme, mentre nel concerto solistico il solista tende a scontrarsi, a contrapporsi con l’insieme.

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ALESSANDRO STRADELLA

(Roma 1644 - Genova 1682)

Compositore, figlio di una famiglia agiata; gli anni della sua formazione musicale sono a tutt’oggi poco conosciuti, ebbe vita turbolenta. Compositore molto fecondo ha creato una vastissima produzione che solo di recente sta trovando il giusto riconoscimento. Egli è uno dei più importanti personaggi musicali italiani del barocco. Storicamente lui è il primo creatore di un concerto grosso in Italia, ossia la Sinfonia in re maggiore, 1670. Oltre alla produzione per il teatro, egli scrisse circa 220 cantate da camera che rappresentano la vetta stilistica più alta prima di Alessandro Scarlatti. Compose sei importanti oratori; nel suo ultimo oratorio, San Giovanni 1 Battista, 1675, egli specifica un accompagnamento delle arie da parte dell’orchestra di visto fra grosso e concertino; con questo oratorio, e con la Sinfonia in re, egli si iscrive fra le personalità italiane che diedero un grande contributo allo sviluppo del genere concerto grosso. Adoperò il termine sinfonia per le altre sue sonate a tre, e sonate per violino violoncello e basso.

TOMMASO ALBINONI 3

(Venezia 1671 - 1750)

Violinista e compositore. Figlio di una famiglia agiata praticò la musica come dilettante; la sua vita si svolse quasi interamente a Venezia. Compositore molto prolifico scrisse per il teatro (48 melodrammi di cui rimangono però solo poche tracce) e molta musica strumentale; questa è interamente compresa in nove raccolte a stampa, ove cinque sono sonate a tre (sia da camera e sia da Chiesa), e quattro sono sinfonie o concerti a cinque. Quest’ultima raccolta, Sinfonie e concerti a cinque, op. 2, 1700, fa di Albinoni l’iniziatore del grande concerto strumentale veneziano barocco settecentesco, che troverà in Benedetto e Alessandro Marcello e specialmente in Vivaldi, la sua apoteosi.

GIUSEPPE TORELLI

(Verona 1658 - Bologna 1709)

Violinista e compositore. Dopo un periodo di formazione musicale che lo vedrà a Bologna, Vienna e presso la corte di Brandeburgo - Ansbach (1698 - 1699), dal 1701 sarà maestro di cappella in San Petronio a Bologna. Egli è la prima personalità musicale più importante per l’affermazione del genere del concerto barocco. In lui la scuola bolognese identifica l’esponente di primo piano. Il concerto da lui coltivato è sia la tipologia solistica e sia la tipologia concerto grosso. Continuò la caratteristica stilistica bolognese dei concerti solistici con la tromba iniziata da Cazzati. Della sua vasta produzione strumentale circa una quarantina di sinfonie-concerti sono rimaste manoscritte, e fra queste si annoverano i brani con la tromba. Diede alle stampe otto raccolte di composizioni che arrecano denominazioni diverse: sonate a tre, concerti da camera, sinfonie, suite a tre, ecc.; tutti questi brani variamente denominati ostentano lo stesso schema formale, ossia la sonata da chiesa in quattro tempi (adagio - allegro - adagio - allegro). Di grande rilievo è la raccolta 12 concerti grossi con una pastorale per il Sanctissimo Natale, op. 8, che venne stampata pochi mesi dopo la morte del compositore; in questa raccolta figurano sei concerti grossi e sei concerti per violino. In quest’opera otto la struttura del concerto assume una fisionomia di soli tre tempi, ossia allegro - adagio - allegro; il solista è chiamato spesso a sezioni di grande virtuosismo dove la più impegnativa è collocata sempre al centro del tempo lento. 2

La tipologia di concerto preferita da Albinoni era il concerto grosso, ma sono anche mirabili i suoi concerti solistici per violino e specialmente per oboe,op. 7 e op. 9.

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IL CONCERTO SOLISTICO IN EUROPA Il concerto solistico, dopo essere nato in Italia, si sviluppò in Germania nelle corti principesche e nei ducati. Qui si assiste alla formazione storica di aggregazioni di strumentisti dilettanti in molte città, i COLLEGIUM MUSICUM. Storicamente importante fu quello creato ad Amburgo nel 1660 dall’organista Matthias Weckman, che comprendeva 50 musicisti, ed organizzava concerti a cadenza settimanale ove venivano eseguite le migliori musiche provenienti da Roma, Venezia, Dresda, ecc. Vivaldi Corelli e Torelli furono i maggiori modelli seguiti in Germania dai maestri sassoni / Ma in Germania lo strumento solista principale non poté essere il violino data la scarsa presenza di solisti di valore, anche perché si era già profilato pressoché ovunque in terra tedesca una predilezione per gli strumenti a tastiera: organo e clavicembalo. Fra le personalità più rilevanti si ricordano Johan Georg Pisendal, Christoph Graupner e Johan Joachim Quantz. Ma i due musicisti più importanti della Germania tardo barocca, in più campi d’interesse musicale, furono Georg Philipp Telemann e Johann Sebastian Bach. Il grande Bach si avvicinò alla forma del concerto grosso italiano trascrivendo per organo, durante gli anni di Weimar, 22 concerti di compositori italiani, nove dei quali erano di Vivaldi. In questo settore musicale Bach toccò l’apice del proprio percorso con la trascrizione del Concerto in si minore per 4 violini di Vivaldi nel suo Concerto in la minore per 4 clavicembali ed archi; Bach è stato uno dei primi a scrivere concerti solistici affidando il ruolo di solista proprio al clavicembalo. JOHAN GEORG PISENDEL (Baviera 1687 -

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Dresda 1755)

Violinista e compositore, fu allievo di Torelli. Egli fu uno fra i più rinomati violinisti virtuosi del suo tempo in Germania, e rappresentò una personalità singolare, dato che in terra tedesca il violino non fu molto coltivato. Bach lo conobbe a Weimar e si ipotizza che abbia dedicato proprio a lui le Sonate e Partite per violino solo. Rilevanti sono i suoi sette concerti per violino uniti ai quattro concerti grossi, ove egli riversa il modello di Vivaldi assimilato, unitamente al gusto galante. JOHAN JOACHIM QUANTZ (Bassa Sassonia 1697 - Postdam 1773)

Uomo dal talento musicale eccezionale, imparò quasi tutti gli strumenti dedicandosi al flauto solo in seguito, e divenendo il più grande flautista virtuoso mai esistito fino ad allora; fu compositore nonché teorico musicale. L’amicizia che trasse alla corte prussiana con Federico futuro Re di Prussica lo fece vivere in una corsia privilegiata. Anche se diede alle stampe poche sonate per flauto traverso, egli scrisse circa 296 concerti per uno o due flauti, 200 sonate per flauto solo e basso ecc. rimasti manoscritti, per “saziare” la passione del suo amico Federico II Re di Prussica, anche egli eccellente flautista. Celebre fu il suo trattato di flauto del 1752 che conobbe all’epoca molte traduzioni. 7

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GEORG PHILIPP TELEMANN (Magdeburgo 1681 - Amburgo 1767) Nato in una famiglia di pastori luterani, studiò all'università di Lipsia. Auto6 didatta nell'uso di molti strumenti, ebbe vari incarichi presso chiese e orchestre private a Lipsia, Sorau (odierna Zary, in Polonia) e a Eisenach fino al 1721, quando si stabilì ad Amburgo assumendo l'intera direzione della vita musicale della città. Compositore straordinariamente prolifico, Telemann costituisce un importante punto di collegamento tra lo stile alto barocco, quello delle opere di Johann Sebastian Bach, e il primo classicismo, quello rappresentato da Carl Philipp Emanuel Bach e da Cristoph Willibald Gluck / Combinò egregiamente il convenzionale contrappunto barocco con l'eleganza della melodia italiana e la ricchezza dell'orchestrazione francese; infatti nella sua produzione si riscontra una ricchezza formale derivata dalla suite francese, affiancata alla tecnica del concerto italiano / La produzione di Telemann comprende 40 opere, 44 passioni, 45 concerti, 12 cicli annuali di cantate, numerosi oratori, innumerevoli canzoni e un ampio corpus di musica strumentale; opere che fecero di lui uno dei più acclamati compositori della sua generazione. Dopo la sua morte, però, la popolarità acquisita in precedenza conobbe un declino che è durata fino alla recente riscoperta, avvenuta negli anni Trenta del XX secolo. In Francia il concerto solistico vide l’affermazione del piemontese Giovan Battista. Somis (allievo di Corelli) al “Concert Spirituel” di Parigi nel 1733 e la successiva affermazione del suo allievo Jean Marie Leclair (1689 - 1755); considerato il fondatore della scuola violinistica francese, Leclair scrisse due raccolte di concerti op. 7 e op. 10 In Inghilterra il concerto solistico si instaurò più tardivamente grazie ad Händel, che riportò l’esperienza corelliana fruita a Roma in terra inglese nei suoi concerti per organo op. 4 ed op. 7; l’organo inglese del tempo non ha ancora la pedaliera, e vi è poca differenziazione fra la scrittura organistica e quella clavicembalistica. Molto apprezzato fu Giuseppe Sammartini (Milano 1693 - Londra 1751), fratello maggiore del grande sinfonista milanese. Egli si impose nel campo della musica strumentale inglese componendo sonate e concerti in un periodo ove il b. c. era già stato superato.

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Primi due movimenti, Largo - Allegro, del Trio n°4 (Largo - Allegro - Largo - Presto) tratto da:

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IL CONCERTO SOLISTICO IN ITALIA Il Concerto solistico ha avuto origine a Bologna, presso l’Accademia filarmonica, e presso la Cappella di San Petronio, ad opera di Giuseppe Torelli con i suoi 12 concerti musicali op. 6, 1689, ed i 12 Concerti grossi op. 8, 1709 / La netta distinzione adoperata all’inizio del ‘900 dal musicologo Schering, il quale ha “imprigionato” le forme del concerto barocco nelle uniche due tipologie di Concerto grosso e Concerto solistico, è stata presto accantonata, come detto in precedenza; nessuna composizione strumentale del tempo è completamente assimilabile su una delle due tipologie, ma su entrambe / All’epoca, occorre ribadirlo, la terminologia era spesso imprecisa: i Concerti grossi di Torelli op. 8 sono un misto di concerti solistici per due violini, 6, e concerti per violino solo, 6) / Il principio del contrasto vigeva nelle più importanti forme compositive del tempo, dalla Suite per orchestra. Con la denominazione di Concerto grosso venivano indicate, all’epoca, tutte le composizioni orchestrali sacre o profane o teatrali. Giuseppe Torelli fu anche il primo compositore a creare concerti grossi barocchi . Nella sua op. 6 diede le prime “impronte” stilistiche del concerto solistico, ossia:

struttura dei tempi veloci caratterizzata al ritornello per i Tutti, il ritornello inizia e conclude l’Allegro; all’interno si espletano le parti dei Solo che presentano un costrutto tematico sempre differente rispetto alle parti dei Tutti che mantengono sempre lo stesso. Il primo e ultimo ritornello si basano sulla tonalità d’impianto, i successivi alla dominante o su tonalità vicine; la maggior parte delle modulazioni si espletano nelle sezioni solistiche.

Questo schema iniziale di stampo italiano fu portato a maggior sviluppo da Antonio Vivaldi / Sin dall’inizio della diffusione italiana il concerto solistico barocco presentava la successione di tre tempi: mosso - lento - mosso, e l’alternanza fra tutti e soli si aveva nel primo e nell’ultimo tempo. Nel secondo tempo dominava la costruzione melodica dello strumento solista, accompagnato prevalentemente dal b.c. / Questa tipologia di concerto solistico barocco corrispose alle creazioni vivaldiane, che furono circa 450, ove le caratteristiche tonali sono messe chiaramente in risalto. La struttura di un concerto barocco di Vivaldi, impiantato in una tonalità maggiore, è la seguente: Tonica (T) dalla T alla dominante (D) RITORNELLO II D SOLO II dalla D al relativo tono minore (t) RITORNELLO III t SOLO III dalla t alla T RITORNELLO IV T Per i concerti impiantati su di una tonalità minore, invece, lo schema è il seguente: RITORNELLO SOLO

RITORNELLO SOLO

II

II

RITORNELLO SOLO

I

I

RITORNELLO SOLO

I

I

III

III

RITORNELLO

IV

t dalla t alla T T dalla T alla D D dalla D alla t t

Il ritornello vivaldiano presenta un disegno unico e non facilmente riscontrabile nei suoi contemporanei: è formato da più motivi variamente aggregati fra loro; alle sezioni solistiche è riservato lo sfoggio del virtuosismo. Vivaldi fu il primo compositore italiano che non riservò esclusivamente al violino le sezioni solistiche, ma anche al violoncello, viola d’amore, e agli strumenti a fiato flauto, ottavino, oboe, fagotto, tromba, oltre che a pizzico come il mandolino. L’Italia del periodo, oltre alla faraonica figura di A. Vivaldi, conobbe soltanto altre due figure di spicco. Locatelli, autore de L’Arte del violino op. 3, Amsterdam 1733, (12 concerti per violino); questi sono storicamente importanti in quanto contengono in appendice 24 Capricci con funzione di cadenze per i due Allegro di ciascun concerto, e rappresentano la sintesi della tecnica violinistica del tempo; base didattica per tutte le scuole violinistiche. Oltre a Locatelli l’altra figura fu Tartini, artefice di una evoluzione stilistica che traeva le mosse dal modello vivaldiano per approdare a nuove possibilità espressive, e ad uno schema formale ove l’alternanza T - D era estesa ai Tutti ed al Solo; nelle sue composizioni si configurava già la sinfonia preclassica. 12

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LA SONATA BAROCCA PER VIOLINO

Il panorama musicale completo sulla musica strumentale barocca si attua, oltre che con il concerto, anche con la sonata. Concerti e Sonate sono le forme musicali più visitate dai violinisti - compositori sia italiani che europei. L’esempio corelliano fu il più itinerante. Gli allievi di Corelli portarono la fama del Maestro all’estero; l’op. 5 di Corelli fu quella che conobbe il maggior numero di ristampe, edizioni critiche e revisioni per tutto il settecento / L’Inghilterra fu la nazione più corelliana / La scuola di Corelli apportò un principale stilema musicale: la cantabilità, che ebbe un notevole peso nelle scuole violinistiche. Cantabilità naturale, vicina a quella della voce umana per morbidezza, calore e, soprattutto, facile mobilità verso i toni acuti. Il modello stilistico di riferimento, per i compositori di sonate, l’ideale melodico da seguire, fu la grande vocalità del contemporaneo melodramma: qui il violino, grazie ai progressi tecnici - esecutivi raggiunti, dava sfoggio di grande virtuosismo soprattutto negli Allegro dei concerti solistici. La sonata del periodo tardo barocco è divisa in tre o quattro tempi alternativamente lento ~ mosso; ha struttura bipartita ed ostenta una costruzione armonica basata su: T » D, nella prima parte, e D » T nella seconda parte.

GLI

ALLIEVI DI

CORELLI

PIETRO ANTONIO LOCATELLI (Bergamo 1695 - Amsterdam 1764) 9

Dopo aver studiato con Arcangelo Corelli a Roma, si esibì come violinista riscuotendo un grande consenso a Mantova, Venezia, Berlino, Amsterdam, Dresda e altre città europee / Dal 1729 si stabilì ad Amsterdam dove fu attivissimo come insegnante, esecutore, compositore, organizzatore di concerti nonché collezionista di strumenti musicali, manoscritti ed altri oggetti artistici. La sua importanza per l'evoluzione della tecnica del violino fu decisiva: i suoi 24 Capricci ad libitum (> cadenze) contenuti nella raccolta dei 12 concerti solistici denominata L'arte del violino”op. 3, 1733, sono considerati gli antecedenti di-

retti dei Capricci di Paganini. Le novità più rilevanti da lui apportate alla tecnica violinistica riguardarono l'ampliamento del registro acuto, i numerosi colpi d'arco inediti e le possibilità per la mano sinistra, chiamata a eseguire arpeggi, note doppie e accordi con velocità e scioltezza poco sconosciute prima di lui. Nei Concerti grossi Locatelli si allontanò progressivamente dal modello di Corelli, per avvicinarsi a quello di Vivaldi / Le sue raccolte di Sonate per violino e basso continuo sono un efficace riepilogo di tecniche e procedimenti dello stile barocco.

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GIOVANNI BATTISTA SOMIS (Torino 1686 - 1763)

Maestro di musica alla corte dei Savoia, fu caposcuola di una tradizione violinistica che impose nomi illustri in giro per le corti europee; egli diede l’impulso iniziale alla nascita della scuola violinistica francese, che troverà nel suo allievo Leclair il primo esponente francese. Compose oltre 150 concerti per violino ove si denota una fusione di elementi virtuosistici francesi ed italiani. Anche il fratello violinista Lorenzo fu attivo presso la corte dei Savoia e produsse una cospicua quantità di sonate per violino. FRANCESCO GEMINIANI (Lucca 1687 - Dublino 1762) 10

Nel 1714 si stabilì in Inghilterra, dove si affermò come brillante concertista / Molto noti furono i suoi Concerti grossi op. 2 e 3. Attraverso l'insegnamento trasmise la tecnica e lo stile corelliani alle generazioni successive. Egli fu autore di trascrizioni in forma di concerto grosso di alcune sonate da Chiesa op. 3 ed op. 5 di Corelli. Storicamente importanti furono alcuni suoi trattati, tra cui Regole per suonare con buongusto, 1739, il popolarissimo trattato sulla tecnica del violino The Art of playing on the violin, 1741, pubblicato per la prima volta, anonimo, nel 1731, ed una Guida armonica, 1742.

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ANTONIO VIVALDI

(Venezia 1678 - Vienna 1741) 11

Uno dei più grandi esponenti della storia della musica, ed in particolare di quella tardo barocca; egli innovò la forma del concerto mediante lo schema compositivo tripartito: allegro - adagio - allegro, e l'introduzione della cadenza per il solista / Educato alla musica dal padre, violinista della cappella di San Marco, fu ordinato sacerdote nel 1703. Quello stesso anno iniziò a insegnare violino al Pio Ospitale della Pietà, (per fanciulle orfane), dove rimase fino al 1740; qui si dedicò, oltre che all'insegnamento, alla composizione dei concerti e degli oratori che venivano eseguiti tutte le domeniche dalle orfanelle dell'istituto. Le sue prime raccolte di composizioni risalgono al 1705, ed è del 1713 la sua prima opera “Ottone in villa”; l'attività di violinista e la supervisione delle sue opere teatrali lo portarono spesso a Roma e Mantova / Negli ultimi anni della sua vita, fu a Praga, Amsterdam e Vienna, dove morì in povertà.

Vivaldi era dotato di un estro creativo sbalorditivo: concepiva e scriveva un concerto, in tutte le sue parti, in un tempo inferiore a quello impiegato dal copista per stendere la partitura finale! Il catalogo vivaldiano è vastissimo; oggi il catalogo completo più recente dell’intera sua opera è il Verzeichnis der Werke A.Vivaldis di Peter Ryom (Leipzig, 1979). La sua produzione comprende 478 concerti, 90 sonate, 45 opere, 40 cantate, 22 sinfonie, oltre alla musica sacra tra cui oratori, messe e mottetti / Poiché le sonate strumentali, che erano per uno o due strumenti più b.c., o b.c. ed archi, all’epoca seguivano in genere una struttura già stabilita, così come la musica sacra spesso rifletteva lo stile operistico in voga, fu nei concerti che l'arte di Vivaldi raggiunse la massima espressione, ponendosi come modello per il futuro: tutti i musicisti, da Bach in poi, studieranno i suoi concerti e ne accoglieranno le innovazioni nelle proprie opere / Numerosi sono i concerti per strumento solista, altri sono concerti grossi e altri ancora per sola orchestra. Molti di essi sono riuniti in raccolte: la più importante è considerata L'estro armonico op. 3, 1712, dedicata a Ferdinando III di Toscana, seguono La stravaganza op. 4, 1712 - 1713, ed Il cimento dell'armonia e dell'invenzione op. 8, 1725; quest'ultima raccolta si apre con i celeberrimi quattro concerti solistici per violino noti con il nome di Le quattro stagioni (preceduti da sonetti esplicativi; fu uno dei primi importanti esempi di musica a programma. In queste come in altre composizioni, ossia La tempesta di mare, Il gardellino, La caccia, La pastorella, ecc. Vivaldi affida alla musica un compito quasi pittorico, cioè descrittivo circa un contenuto extra-musicale, figurativo / E’ a partire dai concerti per 4 violini inclusi nel capolavoro “L’Estro armonico” che si scorgono i tratti più salienti dell’originalità vivaldiana: le nuove possibilità espressive che derivano dalle strutture d’insieme direttamente provenienti dall’esperienza veneziana dei cori spezzati / I caratteri salienti della musica vivaldiana sono 4. TESSUTO SONORO: Vivaldi tende a snellire la scrittura orchestrale tramite l’uso dei raddoppi e dell’unisono; questo procedimento è particolarmente esteso all’intera compagine orchestrale quando si eseguono tratti particolarmente drammatici. La scrittura musicale non è mai troppo densa, e spesso le parti solistiche sono accompagnate dal semplice pizzicato dei violoncelli e dei contrabbassi. ARMONIA: i suoi impianti tonali sono molto semplici, e si evidenzia il dualismo maggiore - minore; la cadenza è sempre imperniata sulla tipologia T - S - D - T. La sua scrittura armonica denota una tendenza alla modulazione realizzata tramite la S, o la sensibile piuttosto che per la D. MELODIA: la semplicità è sempre un ideale estetico imperante anche per le linee melodiche; Vivaldi concepisce le melodie in funzione delle caratteristiche dello strumento che le dovrà eseguire. RITMO: le sue opere denotano una predilezione per i ritmi molto marcati; egli impiega la sincope come mezzo per produrre tensione.

Mirabile esempio di descrittivismo musicale compiuto da A.Vivaldi: il grande compositore realizza il senso somatico di freddo in apertura del concerto“L’Inverno” facendo risuonare ostinatamente la triade di sopratonica con una settima (preparata) senza la terza. E più avanti egli ricreerà l’effetto (sempre affidato ai violini) dei venti impetuosi, del battere dei denti, degli scrosci della pioggia ecc. 12

I tre esempi esplicano la magistrale perizia di A. Vivaldi nell’impiegare formule musicali che illustrino alcune immagini extra - musicali. Tutti e tre si riferiscono al primo movimento del concerto denominato “L’Estate”; qui il violino solista imita verosimilmente i versi rispettivamente del cuculo, della tortora e del cardellino. 13

La riscoperta della produzione del "prete rosso" (per il colore dei suoi capelli) risale alla fine dell'Ottocento; questo perché durante la vita egli fu apprezzato più all'estero che in patria: mentre J. S. Bach ne riconobbe implicitamente l'importanza trascrivendo i suoi concerti, a Venezia Carlo Goldoni lo riteneva "buon violinista ma mediocre compositore". Anche Benedetto Marcello non risparmiò velenose critiche su di lui nel celebre trattato “Il Teatro alla Moda” (1720). Solo nel 1947, con il completamento dell'edizione moderna delle opere strumentali, si è consolidato il riconoscimento del ruolo assolutamente fondamentale di Vivaldi nella storia della musica. 14

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Prime variazioni tratte dalla monumentale Arte dell’Archetto; una raccolta di 50 variazioni su un tema di Tartini. 15

GIUSEPPE TARTINI (Pirano d'Istria 1692 - Padova 1770)

Fu un grande violinista, compositore e teorico musicale. Dopo aver compiuto gli studi ad Assisi, nel 1721 divenne primo violino nell'orchestra della basilica di Sant'Antonio a Padova. Dopo un soggiorno a Praga, ritornò nella città veneta dove, nel 1728, fondò una scuola che divenne ben presto famosa nel mondo / Considerato uno fra i più grandi maestri e innovatori nell'arte del violino, Tartini è celebre anche per i suoi studi fisicomatematici sulla natura del suono. Nel 1714 scoprì il fenomeno detto del "terzo suono", ovvero la capacità, da parte di due note prolungate eseguite contemporaneamente, di renderne udibile una terza di frequenza pari alla differenza delle frequenze delle onde originarie / Compositore assai prolifico, scrisse 131 concerti e più di 200 sonate, quasi tutte dedicate al violino. Tra queste, le più note sono quelle in sol minore intitolate Il trillo del diavolo, e Didone abbandonata, che denotano una vistosa influenza corelliana / Il suo stile fu influenzato dapprima da Corelli, ed in seguito se ne allontanò puntando a personali soluzioni tematiche, per l’Allegro, unite ad una maggiore profondità drammatica per l’Adagio / Nei suoi concerti grossi, si avvertono le «tracce» della forma sonata classica. Fu anche autore di tre opere teoriche: Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia, 1754, De' principi dell'armonia musicale contenuta nel genere diatonico, 1767, e soprattutto Trattato degli abbellimenti, 1771, pubblicato a Parigi. 14

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LA MUSICA PER STRUMENTI A TASTIERA SUITES E SONATE

Nel tardo barocco, fino alla prima metà del settecento, la musica per strumenti a tastiera conobbe una grande proliferazione; i più illustri musicisti del periodo, ossia Bach Françoise Couperin e Domenico Scarlatti, composero mirabili ed insuperati capolavori / In questo periodo si assiste al graduale declino d’importanza per l’organo e, contrariamente, alla grande produzione clavicembalistica; le composizioni per organo scompariranno quasi del tutto nell’età classica. Solo nella Germania la produzione organistica non conobbe un declino drastico grazie alla diffusione del corale d’organo all’interno delle cerimonie di culto; qui lo sviluppo dello strumento (che aveva ampie dimensioni e pedaliera) favoriva anche esibizioni concertistiche. Nelle altre parti d’Europa, specie in Italia, l’organo non conobbe questo grande sviluppo; era piccolo e senza pedaliera, anche perché già da tempo la musica sacra vocale era stata affiancata dalle sonate a tre da Chiesa eseguite dagli archi, e bastava un semplice organo positivo per realizzare il b.c. La produzione clavicembalistica fu molto corposa in Francia, Italia, Inghilterra, Spagna e soprattutto in Germania / Oltre alla Suite si impose fino a diventare la forma più coltivata la Sonata, in forma binaria con ritornelli; a partire dalla Francia si diffuse una nuova forma strumentale, il Rondeau, che era in cinque sezioni : ABACA.

COMPOSITORI DI MUSICA PER CLAVICEMBALO E ORGANO ITALIA

La produzione a stampa e manoscritta dei Maestri italiani vede una larga diffusione del termine sonata anche per designare forme che esulano da quella bipartita / Per clavicembalo importanti furono le Sonate di Benedetto Marcello e di Francesco Durante, ma particolare importanza rivestirono le composizioni del veneziano Domenico Alberti (del 1742 e 1747); ad Alberti la storia ha attribuito la paternità del “basso albertino”, una formula d’accompagnamento che sarà onnipresente da questo periodo in poi in tutte le composizioni per strumento a tastiera e non / Per organo si ricordano le creazioni di Domenico Zipoli del 1716: Sonate d’intavolatura per organo e cimbalo.

DOMENICO SCARLATTI

(Napoli 1685 - Madrid 1757)

Il Più grande clavicembalista italiano, nonché uno dei più importanti maestri per tastiera di tutti i tempi / Studiò inizialmente con il padre, il grande Alessandro Scarlatti, e in seguito, a Venezia, con Francesco Gasparini. Nel 1701 venne nominato organista e compositore della Cappella reale di Napoli. Il suo debutto teatrale risale al 1703 con l'opera L'Ottavia restituita al trono. Lasciata Napoli al seguito del padre, negli anni seguenti Domenico visse a Firenze, Roma e quindi a Venezia, dove completò gli studi e venne a contatto con Vivaldi e Händel. Tra il 1709 e il 1714 fu nominato maestro di cappella della regina Maria Casimira di Polonia, a Roma; dal 1714 al 1719 ebbe analogo incarico in San Pietro. Nel 1720 entrò al servizio di Giovanni V del Portogallo, dedicandosi principalmente alla musica liturgica. Da allora, tranne brevi periodi trascorsi ancora in Italia, Scarlatti si stabilì definitivamente in Spagna, e nel 1729 seguì a Siviglia l'infanta del Portogallo Maria Barbara di Braganza, ove rimase fino al 1733, anno del trasferimento della corte a Madrid. Nel 1738 pubblicò a Londra una raccolta, dal titolo Essercizi per Gravecembalo, contenente 30 delle 555 sonate tramandateci, composte, si ritiene, tutte nel quindicennio a partire dal 1735. Le più importanti catalogazioni dell’intero corpus sonatistico di D. Scarlatti furono compiute da Alessandro Longo nel 1906 - 10 (> sigla L) e da Ralph Kirkpatrick nel 1953 (> sigla K). Questo intero corpus sonatistico ci è stato tramandato in due gruppi di 15 preziosi volumi manoscritti ciascuno, realizzati per la corte spagnola / Mentre era in vita pubblicò, negli Essercizi del 1738, solo 30 delle sue sonate, queste ebbero un grande successo solo a Londra, in quanto la sua collocazione geografica lo tenne fuori dal grande ambiente musicale d’Europa, ossia quello franco - tedesco - italiano, cosicché il suo vero valore musicale venne conosciuto solo posteriormente, alla fine dell’Ottocento. 17

Scarlatti lasciò un corpus di musiche per clavicembalo che occupano un posto principale nell'evoluzione della tecnica e della composizione per clavicembalo. In questi brevi brani si scorgono gli elementi della musica spagnola (ritmi di danze, scale e modi esecutivi di ascendenza chitarristica). Queste superbe composizioni, che procurarono a Scarlatti una fama ed un’ammirazione altissima presso la corte spagnola, sono costituiti da una sola linea tematica, in un solo movimento bipartito, ove il compositore introdusse per la prima volta arpeggi che si estendono anche per tre ottave, note ribattute in agilità, effetti eco, incrocio delle mani, ecc., il tutto cucito in brani dalla velocità d’esecuzione spesso sbalorditiva, mai vista prima. La leggerezza giocosa e l’elegante vivacità sono tratti inconfondibili dell’opera clavicembalistica scarlattiana. L’excursus armonico che presentano le sue sonate è il già conosciuto T » D (o relativo modo maggiore se la tonica d’inizio è una t) fine prima parte; e D (o T) » T (o t); la scrittura melodica è principalmente a due voci. 17

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Esempio inerente l’inizio di una Sonata di D. Scalatti dal carattere brillante, esplicativa riguardo la vivacità tecnica esecutiva e la brillantezza richiesta al cembalo; da notare la freschezza e snellezza del materiale tematico della primo tema imperniato su due voci che dalla tonalità d’impianto (sol M) con una serie di rapidissimi incisi di sedicesimi conclude la prima sezione sul tono della Dominante. Questa è la riproduzione della copia originale della sonata attinta dal manoscritto XI custodito presso la Biblioteca Marciana di Venezia. Nella sonata in basso il revisore Kirpatrick riporta la sua numerazione della sonata in riferimento alla catalogazione da lui adoperata unitamente alla catalogazione di A. Longo contrassegnata dalla l maiuscola. 19

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IN GERMANIA

Il Tardo Barocco vide anche in Germania una copiosa produzione clavicembalistica; la maggior parte di queste composizioni erano destinate all’intrattenimento, e soddisfavano il mercato editoriale che chiedeva sempre nuove raccolte di suites ad uso della folta schiera di dilettanti. Personalità illustri del clavicembalo furono, oltre a Bach e Telemann, Johann Mattheson (Amburgo 1681 - 1764) e Muffat. Ma più importanti ancora furono i musicisti della Germania protestante, ossia Georg Böhm (Turingia 1661 - Lüneburg 1733),e F. W. Zachow. A partire dal 1740 in Germania, e specialmente a Berlino, si fece più sentito un nuovo interesse per l’espressione del sentimento che si esplicò bene anche nel repertorio cembalistico. Questa corrente stilistica è molto simile a quella dello Stile Galante che si era diffuso in tutta Europa (caratterizzato da melodie molto levigate e cantabili, ritmi uniformi molto affini a quelli della danza, scrittura armonica semplice, tutti tratti stilistici riconoscibili negli esempi dei grandi compositori); ma rispetto al diffuso Stile Galante, la corrente coeva tedesca, chiamata stile EMPFINDSAMER, evidenzia dei caratteri che sono più esplicitamente impetuosi ed espressivi. I principali tratti dello stile empfindsamer sono: 1) 2)

Fantasia bizzarra, spesso eccentrica, dello stile musicale; Indicazioni singolari accanto alle consuete indicazioni di tempo (Allegretto arioso e amoroso, oppure Adagio affettuoso e sostenuto) ; 3) Segni dinamici frequenti, con escursioni rapide dal ff al pp; 4) Brusche spezzature ritmiche, con linee melodiche molto frammentate; 5) Accompagnamento vivo che molto spesso esula dal semplice basso albertino (prerogativa totale dello stile galante); 6) Modulazioni improvvise dal maggiore al minore, con abbondante uso delle cadenze d’inganno ; 7) Volontà di evitare qualsivoglia quadratura delle frasi. Lo stile empfindsamer fu molto coltivato, in seguito, dal più illustre figlio di J. S. Bach, ossia Carl Philipp Emanuell e dai suoi seguaci.

IN FRANCIA

I compositori più in vista del periodo furono Louis Nicolas Clérambault (autore di molte raccolte di Piéces de clavecin), Louis Claude Daquin (singolari sono le sue raccolte di brani per clavicembalo recanti titolo Le coucou, il cucù), e Jean François d’Andrieu, che si distinse per alcuni brani intitolati divertissements sulla guerra, sulla caccia e sulle feste nei villaggi. I compositori più importanti furono François Couperin e Jeaa - Philippe Rameau. 19

FRANÇOIS COUPERIN

(Parigi 1668-1733) 20

Detto François le Grand, compositore, organista e clavicembalista, fu il più grande esponente della musica barocca francese. Iniziò a studiare musica con il padre Charles, organista della chiesa di Saint-Gervais a Parigi (carica ricoperta dai membri della famiglia Couperin fino al 1826), e alla sua morte gli subentrò, non ancora diciottenne. Pochi anni dopo diventò anche organista della cappella reale di Luigi XIV, e in seguito maestro di composizione e di cembalo del duca di Borgogna, nipote del re.

I suoi quattro volumi di musica per clavicembalo, 1713 1730, rappresentano la summa della sua intera opera clavicembalistica, ove Couperin impiegò un tipo di scrittura che evidenzia l’attenzione per le qualità specifiche dello strumento impiegato: le sue creazioni sono fra le prime ad essere esclusivamente per clavicembalo, senza alcuna possibilità di scambio con l’organo. Le quattro raccolte contengono 257 brani suddivisi in 27 ordres (vocabolo da lui coniato per indicare “disposizione”), ognuno con un titolo ed un nome distinto, continuando così la tradizione istaurata da Chambonniéres; questi rappresentano un pilastro fondamentale per l’evoluzione della musica tastieristica che influenzò anche Johann Sebastian Bach. In ogni ordre compaiono un numero variabile da 4 a 23 brevi brani (resi in forma di danza). Ogni brano degli ordres è un distinto quadretto musicale che identifica il carattere o la persona suggerita dal titolo, ad es. La Marinéte, La Principesse Marie ecc., oppure titoli che evocano un carattere come La Visionaire, La Ténébreuse ecc., o un atteggiamento, Le Pudeur, La Coquetterie ecc., o nomi relativi alla natura, Le Rossignol en Amour. La forma adottata da Couperin è binaria o del rondeau, con tessitura melodica a 2 o 3 voci / Uno dei tratti salienti di Couperin è l’uso fitto degli abbellimenti come nessuno prima; egli illustrò tutti i suoi agrèments e le relative risoluzioni nel trattato L'art de toucher le clavecin, 1716 - 17, che in breve tempo divenne uno dei più importanti documenti teorici sulla prassi musicale del XVIII secolo. Couperin introdusse in Francia la sonata per trio, arricchendo questo genere italiano con le caratteristiche melodiche tipicamente francesi. Particolarmente importanti sono la sua raccolta Les nations, 1726, e i 12 concerti per clavicembalo e strumenti, 1714 - 1724. Couperin produsse una mole di composizioni sacre ordinate in più tipi: le Elévations a due o più voci più b.c.; i Mottetti (per voci soliste, strumenti e, qualche volta, il coro). Più ampie sono le Trois leçons de ténèbres composte sul testo delle Lamentazioni di Geremia (per la liturgia della settimana santa), 1714 - 15 circa, per voci, organo e strumenti. Alla sua morte, morì anche la sua importanza e la sua fama in Francia, mentre continuò in Germania / Grazie all’interessamento di J. Brahms, che curò un’edizione tedesca di opere per cembalo (1888), unito alla rinascenza generale d’interesse che si ebbe alla fine del XIX secolo per le musiche clavicembalistiche, Couperin ritrovò il suo antico splendore fra i grandi compositori della storia della musica.

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JEAN PHILIPPE RAMEAU (Digione 1683 - Parigi 1764)

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Il grande avversario di J. B. Lully in campo operistico lasciò una modesta produzione clavicembalistica nel periodo antecedente alla produzione teatrale, racchiusa in tre libri di Piéces de clavecin (1706, 1724, 1728). Importante è la sua raccolta intitolata Piéces de clavecin en concert, 1741, con violino o flauto e viola da gamba e clavicembalo; queste furono tra le prime opere che svincolano la tastiera da un mero ruolo di accompagnamento, affidandole un ruolo indipendente. La terza raccolta di musiche clavicembalistiche è la più interessante, comprende suites in due diverse tonalità strutturate in una tipologia che trova la matrice principale in Couperin;, qui è palese la sua volontà di allargare lo spazio sonoro. 21

La grande importanza di Rameau risiede anche nell’essere stato uno dei padri dell’armonia tonale moderna.

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PRINCIPALI STRUMENTI DELL’ETA’ BAROCCA

Il Barocco, si è visto, è storicamente il momento della piena affermazione strumentale che comportò lo sviluppo della tecnica costruttiva, e delle possibilità sonore degli strumenti, specialmente l’ organo, il clavicembalo, il violino e tutti gli archi in genere.

VIOLINO

Il primo grande costruttore di violini fu Gaspare da Salò (1540 - 1609) che iniziò una tradizione a Brescia; ma in breve tempo si impose la scuola cremonese delle famiglie Amati (dal 1520), Guarneri (dal 1648) e degli Stradivari (dal 1670; Antonio fu il più famoso liutaio della storia). Rilevante è stata anche la scuola tirolese per merito di Jakob Steiner.

ORGANO

La Germania fu la nazione che a partire del 1600 portò l’organo alla più alta perfezione costruttiva. In Italia la storia degli organari porta in luce il nome di Matteo da Prato (seconda metà del XV secolo) che costruì organi per molte chiese toscane e per la cattedrale di S. Petronio a Bologna. Fra il 1500 ed il 1650 si evidenziò la famiglia degli Antegnati di Brescia; Costanzo Antegnati scrisse un importante trattato sulla tecnica costruttiva dell’organo, L’Arte organica. Nel 1700 si imposero i nomi di Azzolino Della Ciaja (in Toscana), di Donato del Pisano, costruttore dell’organo nella chiesa di S. Nicolo all’Arena di Catania, e di Gaetano Callido (autore di circa 40 organi nel Veneto). Il 1800 vide l’affermazione dei fratelli Serassi di Bergamo. In seguito l’arte organaria non fiorì più nel nostro paese in maniera rilevante rispetto agli altri paesi europei. PIANOFORTE

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Il primo esemplare di cui la storia abbia notizia (1709) fu costruito dal fiorentino Bartolomeo Cristofori, liutaio al servizio dei Medici a Firenze, e fu detto gravecembalo col pian e forte, perché al posto dei salterelli Cristofori appose dei martelli rivestiti di velluto che, percuotendo la corda similmente al clavicordo, erano in grado di produrre una differenziazione dinamica del suono / Ma i grandi compositori non si interessarono al nuovo strumento fino al 1770. Il momento più importante nello sviluppo dello strumento si ebbe in Germania nel 1725, quando Gottfried Silbermann di Friburgo, fabbricante di organi, adottò il sistema meccanico inventato da Cristofori. Successivamente il contributo più rilevante fu dato da Johann Andreas Stein di Augusta, che perfezionò il sistema di scappamento favorendo lo sviluppo degli strumenti della scuola viennese amati da Mozart e preferiti da numerosi compositori tedeschi della fine del XVIII e degli inizi del XIX secolo. Intorno al 1760 diversi costruttori si trasferirono dalla Germania a Londra dando inizio alla scuola inglese che, con John Broadwood e altri, si dedicò al potenziamento dello strumento. Il francese Sébastien Erard fondò invece la scuola del suo paese nell'ultimo decennio del Settecento, e nel 1823 creò il doppio scappamento, in uso ancora oggi. A partire da questi anni, costruttori di tutte le nazioni europee si impegnarono per perfezionare il pianoforte. Gli strumenti costruiti in passato e quelli oggi provenienti dalla Germania e dagli Stati Uniti sono considerati generalmente fra i migliori esemplari. Vanno ricordati in particolare i pianoforti creati da Karl Bechstein e dai suoi discendenti, e dagli statunitensi Steinway e Chickering. Molto pregiati sono anche i pianoforti austriaci Bösendorfer. L'estensione dei primi pianoforti era, come nei clavicembali, di quattro o al massimo cinque ottave. L'ambito fu poi gradualmente esteso, fino a raggiungere più di sette ottave. Venne progressivamente potenziata la struttura dello strumento, passando dal telaio in legno, che facilmente non sopportava l’ammontare della tensione delle corde, per cui si “imbarcava”, a quello in ghisa monoblocco, capace di sopportare una tensione complessiva che, nei gran coda moderni, arriva sino a 18 tonnellate. 21

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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BACH ED HÄNDEL SINTESI DELL’ETA’ BAROCCA JOHANN SEBASTIAN BACH (Eisenach, Sassonia 1685 - Leipzig 1750) La famiglia Bach è stata la più numerosa e più giustamente celebre di tutta la storia della musica (da Veit, inizi del 1500 a Wihlem Friedrich Ernst, 1 morto nel 1845); i Bach furono più di 100 fra organisti, compositori, maestri di cappella; operarono in Germania (specie in Turingia ed in Sassonia) / J. S. trascorse la sua vita in una ristretta zona della Germania centrale (Turingia, Sassonia e dintorni); condusse la sua vita in semplicità e modestia lontano dalle grandi capitali della musica; fu al servizio delle comunità luterane e piccole corti / Iniziato alla musica dal padre, Johann Ambrosius ne rimase orfano all’età di dieci anni, ed il fratello maggiore, Johann Christoph, organista, si prese cura di lui. A 15 anni J. S. divenne cantore nel coro della chiesa di San Michele a Lüneburg; a 18 entrò a far parte, come violinista, dell'orchestra da camera del principe di Weimar Johann Ernst; in quello stesso anno si trasferì ad Arnstadt, assumendo il ruolo di organista nella chiesa. Grande ammiratore del celebre organista Dietrich Buxtehude, nell'ottobre del 1705 ebbe l’occasione di frequentarlo per circa quattro mesi. L’influsso che il grande organista ebbe sul giovane J.S. fu di rilevante importanza. Nel 1707 sposò una cugina di secondo grado, Maria Barbara Bach, dalla quale ebbe 7 dei suoi 20 figli, e si trasferì a Mülhausen come organista della chiesa di San Biagio. Tornò a Weimar l'anno seguente occupando il posto di organista e violinista alla corte ducale di Wilhelm Ernst peri nove anni, assumendo nel 1714 l'incarico di direttore dell'orchestra di corte. A Weimar compose circa trenta cantate, oltre a musica per organo e per clavicembalo / Era molto richiesto come consulente e collaudatore di organi, oltre che come virtuoso dello strumento. Nel 1717 divenne maestro di cappella e direttore della musica da camera per sei anni alla corte del principe Leopoldo di Anhalt-Cöthen. Durante tale periodo compose principalmente musica profana per strumenti solisti e gruppi strumentali: sono di questo periodo i 6 Concerti Brandemburghesi (1721), le 6 Sonate e partite per violino solo e le suites per violoncello solo, oltre alla migliore serie di raccolte a scopo didattico per i figli; è di questo periodo il primo libro del Clavicembalo ben Temperato (1722). La moglie morì nel 1720 e l'anno seguente prese in sposa Anna Magdalena Wilcken, cantante presso la stessa corte. Nel 1723 si trasferì a Lipsia, dove trascorse il resto della sua vita assumendo vari incarichi, da direttore musicale e maestro del coro della chiesa, della scuola di San Tommaso, e di direttore del locale Collegium Musicum (fondato da Teleman); qui ebbe numerosi scontri con le autorità cittadine che non apprezzavano il suo genio musicale (lo consideravano un uomo dalle idee antiquate, ostinatamente attaccato a uno stile musicale ormai fuori moda). Negli ultimi anni della sua vita la sua vista peggiorò costantemente a causa di una cataratta, ed una fallace operazione chirurgica lo ridusse completamente cieco. Bach era un fervido credente nel culto luterano, ciò traspare genericamente in tutta la sua opera, ma particolarmente nelle cantate. Bach scrisse tre cicli di cantate sacre (corrispondenti agli oratori di Pasqua, dell'Ascensione e di Natale) che non erano direttamente collegate al culto; in queste composizioni l'evocazione degli avvenimenti sacri è espletata in una forma più narrativa, descrittiva, dialogata. Queste cantate Bach le definisce oratori. In un ciclo liturgico si avevano circa una sessantina di cantate; egli ne scrisse cinque cicli completi, quindi circa 300 cantate, anche se ne sono rimaste poco più di 200 (molta della sua musica è stata oggetto la di vari scempi). La maggior parte di queste furono composte a Lipsia. Le cantate sacre di Bach erano in lingua tedesca, ed erano formate da più brani che alternavano cori, recitativi ed arie. La maggior parte delle cantate sono per soli, coro e orchestra, e alcune solo per soli e orchestra. L'orchestra di Bach era normalmente formata da 20-25 elementii: archi, fiati, oboi, oboi da caccia e d’amore, fagotti, trombe. Dopo l’inizio orchestrale la cantata prosegue poi con una successione alternata di brani per soli e accompagnamento e si conclude con un corale basato su un semplice inno luterano. La musica, sempre aderente al testo, conferisce alle cantate una elevatissima nobiltà spirituale. Le cantate di Bach si possono suddividere in due tipologie: Cantate su corali nei cui testi prevalgono i corali. Un esempio di questa tipologia è la cantata n°4 Christ lag in Todesbanden, il testo è di Martin Lutero. Cantate su testi poetici liberamente composti, ove prevalgono parafrasi di testi biblici alternati a passi della Bibbia e a corali. In questa tipologia sono più numerosi i recitativi che le arie. Un esempio tipico di questa tipologia è la cantata n° 161, Komm, du Süsse Todesstunde. Importanti sono anche i 6 Mottetti a 5-8 voci, a cappella. Anche questi sono destinati al culto; sono su testo biblico e sono cantati come introduzione al rito in circostanze speciali. Le passioni derivano da una tradizione che si era formata già agli inizi del ‘700 in Germania, e aveva assunto tre forme particolari: a) la passione in forma di cantata o di ciclo di cantate (Bach non la trattò); b) la Passione-Oratorio, consistente in un testo poetico originale diviso fra recitativi, cori e arie; c) la Passione tratta direttamente dal Vangelo, ove si inseriscono delle interpolazioni con commenti basati sui corali luterani o su altri pezzi. 1

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Le due monumentali Passioni che sono rimaste fra le cinque che la musicologia attribuisce al grande Bach appartengono a questa terza tipologia. Di una terza Passione (secondo S. Marco, è rimasto solo il libretto). La Passione secondo S. Giovanni e la Passione secondo S. Matteo (per doppio coro, orchestra e due organi) furono composti a Lipsia, insieme alla monumentale Messa in si minore: queste opere rappresentano i più grandi capolavori ove Bach esternò più compiutamente il suo profondo senso religioso insieme al Magnificat.

Bach scrisse circa 30 cantate profane, scritte per il Collegium Musicæ. La maggior parte di queste cantate vennero scritte durante il periodo di Lipsia, o per occasioni celebrative (onomastici, nozze, ecc.). Due di queste cantate sono su testo italiano, le restanti sono su testo tedesco. Bach scrisse circa 250 composizioni organistiche, in parte durante gli anni giovanili (Arnstadt, Weimar) e in parte durante gli anni di Lipsia. In questa produzione spiccano L’Or-

gelbüchlein, composto per finalità didattiche, e per il figlio maggiore Wilhem Friedemann, molte toccate e fughe, e la Passacaglia in Do minore. La produzione organistica della maturità vede i Schübler Choräle e i diciotto cosiddetti Corali di Lipsia.

Bach dedicò una corposa produzione musicale al clavicembalo. Questo strumento fu per Bach il mezzo per poter esternare la sintesi fra gli stili tedesco, francese, italiano, che ebbe modo di fruire durante gli anni di studio compiuti in gioventù. Fu proprio pensando al clavicembalo che Bach scrisse delle opere "sperimentali”, ossia innovative in quanto saranno itineranti per la successiva storia della musica: il Concerto Italiano: un brano scritto per clavicembalo a due tastiere che riporta sulla partitura la prassi dinamica d’esecuzione propria di un concerto barocco italiano (caso quasi unico per quei tempi); le due raccolte del Clavicembalo ben Temperato: una serie di brani eseguibili su qualunque strumento a tastiera accordato secondo il (nuovo) sistema temperato equabile. Bach compose un intero excursus didattico per clavicembalo: per il figlio Wilhem Friedemann scrisse un Clavier – Büchlein (1720) che conteneva una cinquantina di brani suoi e di altri autori; in questa raccolta si trovano: i 15 preambula (che in seguito verranno poi raccolte a parte con nome di Invenzioni a due voci); le 15 fantasie (che, analogamente, saranno poi estrapolate e raccolte con nome di Invenzioni a tre voci);, 11 preludia (che si trovano interi o parte di essi nei preludi del Clavicembalo ben temperato). Un altro Clavier – Büchlein per Anna Magdalena è datato anch’esso 1722, e comprende le prime cinque delle sei Suites, oggi più comunemente definite francesi. Ma la raccolta di gran lunga più importante è Das Woltemperierte Clavier, concepito come una dimostrazione scientifica circa la possibilità di comporre in ventiquattro diverse tonalità una volta che la tastiera venga accordata secondo il "nuovo" sistema temperato. Il progetto didattico clavicembalistico di Bach continua e si ultima con i quattro volumi della raccolta intitolata ClavierUbung (letteralmente esercizi per strumento a tastiera). l primo volume contiene le 6 Suites o Partite; il secondo volume contiene il Concerto italiano e l’Overture alla maniera francese; il terzo volume è la raccolta più singolare e corposa; contiene una ventina di corali d'organo che rappresentano la summa di tutta l’arte organistica bachiana in fatto di elaborazioni di melodie luterane; alcuni sono concepiti in forma di corale-mottetto, altri in forma di canone o di fuga. Il quarto volume comprende il secondo volume del Woltemperierte Clavier, e le Variazioni Goldberg (denominate così da Bach in omaggio ad un suo allievo, per il quale furono scritte, che soffriva di insonnia). La produzione musicale da camera di Bach prevede le 6 Sonate e Partite per violino solo, e le 6 suites per violoncello solo. Nella produzione orchestrale spiccano i 6 Concerti Brandemburghesi, composti per il “margravio” del Brandemburgo. Notevole fu l’influsso di Vivaldi per quanto riguarda la forma del concerto. Questi lavori appartengono alla tipologia dei concerti grossi, e infatti prevale il contrasto netto fra i differenti strumenti (ad arco, a fiato e da tasto) del concertino. Nel terzo e nel sesto concerto il concertino è assente. Rientrano sempre nella produzione orchestrale le cinque suites per orchestra, i 13 concerti per 1, 2, 3 o 4 clavicembali ed archi, i 2 Concerti per violino e archi, ed un Concerto per 2 violini e archi. Di difficile catalogazione rimangono due monumentali opere:

l'arte della fuga; (1749 - 50) il più grande monumento compositivo alla forma principe del contrappunto, rimasta incompiuta; è una raccolta di 14 fughe e 4 canoni basati tutti sullo stesso tema, ove Bach non ha precisato per quale strumento o organico strumentale in particolare fosse destinata.

l'offerta musicale, che raccoglie composizioni in forma di canone e di fuga di ogni tipologia. 2

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Bach trattò tutti i generi musicali conosciuti tranne l’opera: detestava il melodramma; la stragrande maggior parte della sua produzione era destinata ad un uso locale o personale / La sua fama si diffuse presto come organista, molto meno, invece, mentre era in vita, come compositore / Era capace di carpire ogni risorsa del linguaggio musicale del suo tempo; valorizzava al massimo l'importanza che ogni voce e ogni strumento aveva per l'insieme. Quando la musica era associata a un testo, essa seguiva da vicino ciò che veniva espresso verbalmente: così una melodia ondeggiante poteva rappresentare il mare e un canone raffigurare l'adesione dei fedeli agli insegnamenti del Cristo / La maestria nel valutare e sfruttare i mezzi, gli stili e i generi del suo tempo gli permetteva di ottenere straordinarie trasposizioni di linguaggio: egli era in grado di trasformare una composizione italiana d'assieme, come un concerto per violino, in un brano per strumento solista; esemplare è, a tal proposito, il Concerto Italiano (1734) per cembalo: rappresenta la trasposizione per strumento solista (clavicembalo) del modello stilistico adottato nelle composizioni orchestrali dei compositori italiani del tempo. La sua tendenza per le costruzioni complesse trovò la massima espressione nelle numerose opere per clavicembalo e organo. L'enorme sapienza tecnica e la potente espressività della musica di Bach sono gli indiscussi elementi della sua grandezza / Il catalogo sistematico e completo delle opere di Bach è stato redatto da Wolfgang Schmieder (I ed. Lipsia, 1958), la sigla che contraddistingue la catalogazione è BWV (Bach Werke Verzeichnis). LA RISCOPERTA DI BACH

Negli anni che seguirono la sua morte, Bach venne ricordato più come virtuoso di organo e di clavicembalo che come compositore. Le sue esibizioni gli avevano assicurato la fama di grande organista, ma la forma contrappuntistica delle sue composizioni suonava antiquata e oscura alle orecchie dei contemporanei, le cui preferenze andavano generalmente all'emergente stile galante preclassico, più omofonico e scevro di fittezze contrappuntistiche nella struttura, e al melodramma. A causa di ciò negli ottant'anni successivi della sua vita, la sua musica fu pressoché estranea all’attenzione di musicisti e pubblico. Tra i compositori dell'epoca vi fu tuttavia chi ammirò profondamente l'opera di Bach, come ad esempio W. A. Mozart e L. v. Beethoven / Il risveglio dell'interesse per la musica bachiana iniziò verso la metà dell'Ottocento, e coincise con la nascita di una nuova disciplina storica: la musicologia. Quasi istintivamente le personalità ottocentesche si ritrovarono a compiere una indagine storica sui valori (musicali) del passato, riportandoli alla luce. Contemporaneamente si sentì, in Germania, l’esigenza di rinsaldare la cultura germanica ed i suoi valori luterani. Il tedesco Felix Mendelssohn-Bartholdy, uno dei più autorevoli musicisti del romanticismo fu il primo grande artefice della “resurrezione” dei capolavori di J. S. Bach e, contemporaneamente, di G.F.Händel. L’11 marzo 1829 venne allestita a Berlino un'esecuzione della Passione secondo Matteo: fu l’inizio della “Bach Renaissance”. La Bach Gesellschaft, società bachiana istituita nel 1850, si dedicò assiduamente al reperimento, alla cura, alla pubblicazione e allo studio delle sue opere. Il "revival L’OPERA di Bach" coincise con la fioritura del romanticismo; ma agli inizi la sua musica venne interpretata con erronei L’OPERA Composizioni orchestrali: 6 concerti brandeburghesi (1721). 3 concerti per violino (1720 criteri stilistici che, solo in seguito, le ricerche musicoloca). 14 concerti per cembalo. 4 suite per orchestra. giche preciseranno. La musicologia novecentesca, stiComposizioni per clavicembalo: 6 suite inglesi per clavicembalo (1720 ca). 6 suite francesi molata dall'entusiasmo di Albert Schweitzer– medico per clavicembalo (1720 ca). 7 toccate per clavicembalo. 6 partite per clavicembalo. 32 Variazioni Goldberg (1742). missionario, organista e musicologo – arrivò gradual“Il clavicembalo ben temperato”: 48 preludi e fughe in tutte le tonalità maggiori e minori (composti rispettivamente nel mente a individuare principi esecutivi più fedeli alla pratica dell'epoca di Bach e alla sua musica / Nella 1722 e 1744, ma stampati postumi nel 1799). Composizioni per organo: 170 Corali. Toccate, fughe, preludi, fantasie. 18 corali di Lipsia. composizione Bach fu essenzialmente un autodidatta: Corali dell’Orgelbuechlein (1715). il suo principale metodo di studio, secondo l'uso del Musica da camera: 3 sonate e 3 partite per violino solo (1720 ca). 6 suite per violoncello solo (1720 ca). 6 sonate per violino e clavicembalo (1720 ca). 3 sonate tempo, consisteva nel ricopiare le partiture dei maestri per viola da gamba e clavicembalo (1720 ca). 2 suite, 2 partite e 2 preludi francesi, tedeschi e italiani suoi contemporanei – ad per liuto solo. “L’offerta musicale” in Do (1747). “L’arte della fuga” in Re esempio di Antonio Vivaldi, di cui trascrisse vari con(1749 - 1750) Musica vocale: 214 cantate (pervenuteci) fra sacre e profane per soli, coro e orchestra. certi – e di epoche precedenti. Egli seguì questa pratiPassione secondo San Giovanni (1724). Magnificat in Re maggiore (1728). ca per tutta la vita e spesso compose arrangiamenti di Passione secondo San Matteo (1729). Oratorio di Natale (1734) Messa in Si opere di altri autori. minore (1738). Oratorio di Pasqua. 6 mottetti a cappella (5 - 8 voci). 3

Riproduzione della prima pagina manoscritto di un preludio.

Riproduzione di una delle pagine del manoscritto “Quaderno di Anni Magdalena”.

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Stretto trascritto a 5 parti separate della Fuga XXII (I vol.)dal «Clavicembalo ben Temperato» di J. S. Bach.

Esempio di una Fuga di Bach in Sol min. tratta dal I libro del Clavicembalo ben Temperato. La risposta del soprano al soggetto esposto dal contralto è tonale. Nella fuga non esiste nessuna parte secondaria: nessuna voce accompagna, e nessuna prevale; tutte le voci hanno una parte principale. Bach portò la forma della fuga ad un livello artistico e ad una complessità costruttiva mai viste in precedenza.

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Esempio di progressione (in parte monotonale ed in parte modulante) tratto dalla fuga XXIV del I vol del «Clavicembalo ben Temperato» di J. S. Bach.

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Bach impiegò molti artifici quasi “madrigalistici” per il illustrare più efficacemente il senso del testo. L’esempio sopra riportato è tratto dalla Passione secondo S. Matteo; il commento musicale dato alle parole Wohl an dem Kreuze lange (“sopporta le pene della croce”) contenute nell’ultimo verso del corale del brano O Mensch beweine (“Lamenta o uomo il tuo peccato”) che concludono la prima parte della Passione è un esempio eclatante. L’intervallo di semitono esprime il pianto (al contralto ed al tenore nella prima misura), mentre gli arditi salti d’ottava nella linea del basso diventano, sulla parola lange (“sopporta”), salti di settima. Inoltre la linea melodica ascendente e discendente delle due voci superiori è l’esempio di un chiasmo, ossia una “figura retorica” che esplica musicalmente la forma della croce.

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Preludio a fuga in re minore, tratto dal primo libro de “Il Clavicembalo ben Temperato”.

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Un corale (BWV 121) tratto dalla centinaia di corali del grande compositore tedesco; molto rilevante è l’andamento melodico della melodia. 7

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Pagina iniziale della Cantata BWX 51 per Soprano, Tromba, Violini, viola e Basso Continuo.

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La più monumentale costruzione architettonica basata sulla fuga: “L’arte della fuga”; di seguito vengono riportati l’indice è la partitura del primo “contappunto”.

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Tema e prima variazione della monum e n t a l e opera bachiana 32 Variazioni Glodberg”.

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Uno dei più grandi capolavori mai creati per organo: la Passacaglia in do minore di J.S. Bach. Notevole è la pari importanza esecutiva data al pedale, non a caso il brano inizia con il tema affidato alla parte del pedale. In questo supremo capolavoro la perizia contrappuntistica del grande Maestro viene espressa in una moltitudine di combinazioni; le variazioni che si susseguono fittamente una dopo l’altra apportano ogni volta un assunto nuovo, sia nel disegno melodico - armonico e sia nella timbrica, data dalla combinazione dei registri.

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Nella parte centrale, la grandiosa “Macchina contrappuntistica” si arresta sulla tonica per iniziare subito dopo una riesposizione del tema fugatum, ossia con un “controtema”presentato insieme al tema principale; da questo punto lo spessore polifonico diventa ancora più fitto per culminare, dopo un percorso musicale che ha impegnato tutte le canne dell’organo, in un gigantesco accordo di sesta Napoletana sul tono della sottodominante (s). Segue la coda che conclude la magnifica composizione con un cromatismo dissonante sul pedale di tonica che risolve, nell’ultima battuta, sullo splendente accordo di Do Maggiore.

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GEORGE FRIEDRICH HÄNDEL (Halle 1685 - Londra 1759) 14

Händel fu l’esatto contrario del suo coetaneo J. S. Bach in merito alla vita condotta, e alle scelte musicali adoperate; principe nelle più importanti città del periodo, dei più prestigiosi teatri, e delle grandi corti > Händel; “relegato” a piccoli centri di provincia ed alle comunità religiose > Bach; famosissimo e ritenuto il più grande compositore vivente dai contemporanei > Händel; sconosciuto al grosso pubblico come compositore, anzi criticato per le sue vetuste scelte compositive, ed apprezzato solo come organista > Bach; principe del melodramma a Londra > Händel; completamente estraneo al melodramma > Bach. E’ un dato certo il fatto che J. S. Bach abbia conosciuto (per fama, chiaramente) Händel, infatti ricopiò un pò della sua musica; ma non ci sono tracce di prove in merito al fatto che Händel abbia potuto conoscere Bach, o la sua opera / Per tutta la vita Händel evitò la rigorosa osservanza delle rigorose tecniche contrappuntistiche che furono proprie di Bach.

Nacque in Sassonia, e fu avviato dal padre agli studi giuridici che seguì sino all’università, alternandoli a quelli musicali. A 18 anni si recò ad Amburgo, dove lavorò come violinista d’orchestra e fece conoscere le sue prime composizioni teatrali. Attratto dall’ambiente musicale italiano, fu poi a Napoli, Firenze, Roma e Venezia, dove raccolse significativi successi. A Roma ebbe modo di conoscere ed anche più volte “gareggiare” con alcuni suoi contemporanei grandi musicisti come Domenico Scarlatti (che lo giudicò insuperabile all’organo, ma non al cembalo) e Arcangelo Corelli. Nel 1710 ottenne la carica di maestro di cappella alla corte di Hannover ed iniziarono i suoi contatti con l’Inghilterra, dove si stabilì nel 1714. Qui, grazie anche all’appoggio del re Giorgio I, divenne uno dei protagonisti della vita musicale e introdusse il gusto per l’opera seria, o italiana, che tenne campo a Londra per molti anni. Compose una suite per orchestra per celebrare i diporti fluviali di Giorgio I, che chiamò Water Music (1715 - 17). Assunta la direzione di un teatro, trionfò con lavori quali Giulio Cesare e Serse, che mostrano una profondità di espressione ignota all’opera seria del tempo. Nel 1741, amareggiato dai successi delle nuove compagnie italiane e della ballad - opera inglese, Händel abbandonò il teatro. Da allora intensificò la produzione degli oratori. Nel corso degli anni Trenta Händel si dedicò all'oratorio drammatico in lingua inglese, componendo l'Athalia (1733) e il Saul (1739); in seguito si dedicò alla composizione strumentale, e scrisse alcuni dei suoi più celebri concerti > i 6 concerti op. 4, (1736, di cui cinque con organo solista e uno con l'arpa), e i 12 concerti grossi op. 6 (1739). Nel 1742 l'oratorio Messiah, la sua opera più nota, fu eseguito per la prima volta a Dublino. Händel continuò a comporre oratori, creando capolavori come il Samson (1743) e il Solomon (1749), fino al 1751, anno nel quale iniziò ad avere problemi di vista. Nel 1749 compose una delle sue opere più celebri, la Music for the Royal Fireworks, per celebrare la firma del trattato di pace di Aquisgrana, con il quale si pose fine alla guerra di re Giorgio; è una suite per banda di fiati e timpani concepita per accompagnare lo spettacolo dei fuochi d’artificio all’interno delle celebrazioni. Nel 1751, a seguito di un fallace intervento chirurgico che lo ridusse cieco, Händel cessò di comporre, confortato fino alla morte dalla stima del mondo musicale. Si spense a Londra nel 1759. Le opere dei due compositori, viste nel loro insieme, riassumono bene il periodo in cui vissero. Dopo la loro morte le forme musicali più importanti del barocco (trio, sonata e concerto grosso) scomparvero quasi del tutto / L’influenza di Händel è da ricercarsi nella forza drammatica e nel lirismo della sua musica. L'eredità maggiore di Händel alla posterità è costituita dall'oratorio, un genere in parte derivato da una tradizione preesistente ma profondamente rinnovato dal grande Maestro di Halle. Compositori come F. J. Haydn e Felix Mendelssohn-Bartholdy gli saranno debitori / Il modello degli oratori händeliani si ebbe con Esther (1720) / Händel colse appieno il gusto e le aspettative del pubblico inglese della classe L’OPERA Composizioni da camera: 8 suite per clavicembalo (1720). Sonate per 2 strumenti e b.c. media che amava il canto corale e gli argomenti biblici rispetto alle opere Composizioni orchestrali: Musica sull’acqua, suite (1717). 12 concerti per organo op. 4 (1738). 4 concerti per italiane, e le allusioni al patriottismo celate dietro ai personaggi biblici / Nel organo op. 7 (1761 postumi). 6 Concerti grossi op. 3 (1740). 12 Concerti grossi op. 6 più famoso oratorio della storia, Il Messiah, Händel affrontò senza com(1740). Musica per i reali fuochi d’artificio, suite (1749). Composizioni vocali: 1) - 21 oratori sacri e profani, tra cui si segnalano: Esther (1718). Il banchetto di Alessanpromessi il tema cruciale del Cristo, della sua natura e della sua missione. Il dro (1736). Israele in Egitto (1739). Saul (1739). Il Messia (1742). Sansone (1743). libretto si scinde in tre parti: “L’avvento di Cristo”, nn°1 - 19; “La redenzioErcole (1745). Giuda Maccabeo (1747). Teodora (1750). Jefte (1751) 2) - 42 opere, tra cui si segnalano: Rinaldo (1711). Aci e Galatea (1718). Giulio Cesare ne”, nn°20 - 42; “La funzione del Cristianesimo nel mondo”, nn°43 - 52. I (1724). Tamerlano (1724). Rodelinda (1725). Alessandro (1726). Orlando (1733). brani corali presenti sono quasi la metà: 21 Partenope (1730). Sosarme (1732). Alcina (1735). Ariodante (1735). Atalanta su un totale di 52, ed il più famoso è il (1736). Serse (1737, l’unica fra le 42 ad avere elementi comici) Composizioni vocali profane: Apollo e Dafne, cantata (1710 ca). Aminta e Fillide, cantata (1710 ca). celeberrimo ALLELUJA. Ode per il compleanno della regina Anna (1713). Ode a Santa Cecilia (1739).

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Hendel compose quarantadue opere teatrali tutte del genere serio su libretto italiano; fanno eccezione a questa serie poche opere tedesche scritte in gioventù per il teatro di Amburgo. Un commento a se è merita l'opera Serse, del 1738, che a differenza delle altre opere presenta degli elementi comici. Le opere di Hendel presentano dei soggetti che si sposavano bene con il gusto del pubblico, assolutamente il primo obiettivo degli operisti; non bisogna dimenticare che Hendel visse e operò nel periodo del pasticcio, in un periodo cioè in cui la parola d'ordine era tagliare e mischiare. Ogni atto di un'opera di Hendel era interamente occupato dall'alternanza di recitativi e di arie; pochi erano i duetti e i cori; le arie di Hendel hanno spesso la forma con il da capo, anche se Hendel ebbe modo di sperimentare molte altre strutture. Hendel scrisse ventidue oratori: e a questa produzione che si deve la sua più grande gloria sia in Inghilterra sia agli occhi della storia della musica futura. Eccezion fatta per i due oratori giovanili, tutta la sua produzione di oratori nacque in terra inglese. Il grande successo che ebbero gli oratori händeliani si deve in primo luogo alla concezione che egli aveva della forma oratorio > grandiosità, musica dalla grande energia e vigore espressivo, magistrale impiego del coro (che sta dentro e fuori l’azione: dentro quando fa parte della trama come personaggio collettivo, e fuori quando espleta un commento sugli episodi succedutisi). Il grande interesse di Händel per il coro trova radici nella tradizione inglese del canto corale, e agli anthems (> le cantate su testi biblici in inglese per soli, coro ed orchestra). Compose molti anthems, salmi e mottetti . Il grande successo che i suoi oratori ebbero in terra inglese lo si deve a due fattori: questi avevano libretto in lingua inglese e quindi era molto fruibile dai ceti medi, a differenza delle opere in lingua italiana che venivano cantate al King’s Theatre, e che quindi erano destinate ad un pubblico di pochi aristocratici. I suoi oratori svolgevano argomenti tratti dall'antico testamento. Nei suoi oratori Hendel realizzò un tipo di drammaturgia musicale molto dinamica; adesso vengono valorizzati il recitativo accompagnato, l'arioso e l'aria. Molto importanti sono le due raccolte di Concerti grossi op. 3 per flauti oboi e fagotti con archi e basso continuo, insieme ai Concerti grossi op. 6 per archi e basso continuo, pubblicate nel 1740; in questi concerti Hendel mette in risalto il virtuosismo degli esecutori. Egli continuò ad impiegare la forma del concerto grosso di stampo corelliano in un'epoca in cui si sta affermando già il concerto solistico. La figura di Hendel è molto importante anche per lo sviluppo degli strumenti a tastiera, in special modo dell'organo di cui era virtuoso esecutore; e gli conferì una funzione solistica all'organo. Nella sua produzione strumentale assumono rilevante importanza: * i concerti per organo e orchestra op. 6 e op. 7; * le due singolari suites per orchestra barocca: la Water Music che fu eseguita in occasione di una gita del re sul Tamigi, e la suite Music for Royal Fireworks, scritta in occasione della celebrazione della pace di Aquisgrana, nel 1748, tra Francia e Inghilterra. * una serie di concerti: 3 per oboe; 1 per violino e oboe; 1 per corni e 2 clavicembali; 4 per insiemi di fiati. * tre overtures e 8 sinfonie per vari contesti strumentali. * molte sonate da camera per diverse formazioni strumentali, fra cui hanno rilievo particolare le sonate dell'opera 1 (15 per flauto, oboe e violino e basso continuo), dell'opera 2 (6 per due violini e oboe, flauti e basso continuo) e dell'opera 5 (7 per due violini o flauti e basso continuo). Le suites (o partite) di Hendel per clavicembalo rifuggono dagli schemi tradizionali, e si basano su una nuova varietà di movimenti tutti tratti dalla danza. Tratto distintivo di queste suite è il virtuosismo: Hendel ne era un eccellente esecutore. Un esempio molto tipico di questa tipologia di composizioni sono le variazioni sopra l'aria dal titolo il fabbro armonioso.

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Rinaldo, foto di scena con Samuel Ramey nella parte di Argante (regia di Frank Corsaro, scene di Mark Negin, Metropolita Opera, New York, 1984). Lo sfarzo e l’opulenza del barocco dominano l’allestimento del 1984 fin nei minimi dettagli: nella foro è ritratto il re di Gerusalemme come controparte esotica del condottiero cristiano Rinaldo

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Recitativo e Aria di Almirena tratti dalla prima opera italiana interamente nuova (ossia senza nessun procedimento di pasticcio o centonizzazione) di G.F.Händel su libretto di G.Rossi: RINALDO, desunto da una rielaborazione della Gerusalemme Liberata di T. Tasso; prima rappresentazione Londra, Queen’s Theatre 24 Febbraio 1711. La spiccata vocalità della bellissima melodia che caratterizza l’aria ch’i o «Lascia pianga», ha reso questo brano molto celebre.

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Aria

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P r i m e pagine dell’Overture dell’o p e r a Agrippina di Hendel.

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Duetto per due soprani e basso continuo di Hendel.

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Parte iniziale del celeberrimo coro “Allelujah” tratto dall’oratorio Il Messiah di Handel.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, II Vol. Basso, Alberto, L’età di Bach e di Handel, Storia della Musica, quinto volume, Torino, EDT, 1976 Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale Il Settecento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 Amadeus speciale, marzo 2001, De agostani - Rizzoli periodici www.hoasm.org www.kirkenkantoir.de www.icking- music-archiv.com

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L’ETA’ CLASSICA: HAYDN, MOZART, BEETHOVEN

I FIGLI DI BACH

IL ROCOCO’ Il Rococò fu, in musica, il periodo storico che va dal 1740 al 1770, ossia in mezzo fra l’ultimo barocco ed il classicismo. La musica prodotta in questo periodo evidenzia un carattere saliente che la contraddistingue nettamente dal barocco: l’ornamentazione, l’inclinazione esplicita al decorativo; si affievolisce sensibilmente l’estetica della magnificenza propria del barocco. Il rococò in musica si riconosce nello stile galante, diffusosi in Europa, con la variante tedesca dello stile “espressivo” empfindsamer / La cultura europea, nel trentennio in esame, si espresse in un nuovo ideale estetico che, traendo le mosse dalla letteratura (principalmente da due romanzi epistolari: La nouvelle Eloïse di J. J. Rousseau, 1761, e I dolori del giovane Werter di W. Göethe, 1774) si estese a tutte le forme d’arte: il galante. Lo stile galante manifestava l’attenzione al sentimento, alla natura, alla semplicità e spontaneità; la musica prodotta in questo periodo rispecchiò pienamente questi assunti / Lo stile galante impose alla musica l’abbandono di tutte le complicazioni del contrappunto a favore della semplicità melodica > pura melodia, riccamente ornata, poggiante solo sul sostegno del basso. Il basso continuo si andò estinguendo gradatamente, cedendo il posto al basso albertino che era una perfetta sintesi armonica; snello e basato sui gradi fondamentali questo “nuovo basso” veniva realizzato su strumento a tastiera (il clavicembalo, dopo il 1770 il forte - piano, e dal 1800 il pianoforte) / Nel periodo del rococò le forme strumentali largamente impiegate nel barocco furono riviste profondamente nella struttura; sonata, sinfonia e concerto assumeranno adesso una nuova forma, e diverranno le principali forme musicali del classicismo. GIOVAN BATTISTA SAMMARTINI (Milano 1701 - 1775)

Organista e maestro di cappella nella città natale (dove trascorse tutta la vita), cominciò come compositore di musica sacra, ma produsse in seguito una grande quantità di musica strumentale, tra cui 80 Sinfonie, insieme a più di 200 sonate per ensamble / Sammartini fu il primo compositore importante al quale è legato lo sviluppo della Sinfonia, e la più importante personalità musicale pre - classica. Le sue sinfonie sono in tre tempi e, la maggior parte, sono destinate ad una formazione di archi. Nelle sinfonie della maturità Sammartini ha già abbandonato il b.c., ed evidente è l’impiego del bitematismo. Ebbe fra i suoi allievi C. W. Gluck e Johann Christian Bach, ed influenzò la produzione giovanile di Haydn e Mozart / Una delle sue notevoli innovazioni consiste nello sviluppo dell’Andante all’interno della sinfonia orchestrale. 1

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Tre, fra i venti, furono i più autorevoli musicisti del loro tempo; la personalità granitica del padre soggiogò la formazione artistica dei tre, maggiormente di Carl Philipp Emanuel, il quale si fece testimone per tutta la vita dell’opera del padre, e molto meno di Johann Christian, che si diede all’opera / Musicalmente furono distanti dalle scelte stilistiche paterne: nessuno diede la stessa importanza artistica alle cantate ed alle composizioni organistiche (il principale fulcro dell’arte musicale del grande Johann Sebastian). Il Clavicembalo li accomunò tutti e tre; ognuno di loro si dedicò alle forme che divennero più in voga nel loro tempo: lo “stile espressivo” (Carl Philipp Emanuel), lo “stile galante” (Johann Christian). WILHELM FRIEDEMANN BACH (Weimar 1710 - Berlino 1784)

Figlio maggiore di Johann Sebastian Bach, dal carattere ribelle e spesso in contrasto con il padre, che fu il suo primo Maestro; il grande Johann Sebastian compose per lui il Klavierbüchlein. Dal 1733 al 1746 fu organista alla Sophien Kirche a Dresda, e in seguito alla chiesa di Nostra Signora di Halle fino al 1764. Abbandonato quest'ultimo incarico, si guadagnò da vivere dando sporadicamente concerti e insegnando a Brunswick e a Berlino / La sua musica è spesso caratterizzata da contrasti improvvisi che le conferiscono un'impulsività inusuale per il periodo, e rappresenta pertanto in maniera significativa il modello di musica preclassica fiorito a metà del secolo XVIII / La sua produzione comprende una trentina di cantate, nove sinfonie, alcuni concerti e sonate per strumenti a tastiera, diverse fantasie, fughe e preludi; importanti sono le Tre sonate per clavicembalo per l’affermazione della forma - sonata. 2

CARL PHILIPP EMANUEL BACH (Weimar 1714 - Amburgo 1788) 3

Secondo figlio di Johann Sebastian Bach, compì anch’egli i primi studi musicali con il padre. Tra il 1740 e il 1768 fu clavicembalista di Federico II il Grande, re di Prussia, (per questo fu chiamato “il Bach di Berlino”) diventando in seguito direttore di musica delle cinque chiese principali di Amburgo / Carl Philipp Emanuel Bach fu uno dei principali esponenti dell'Empfindsamer Stil. Il suo trattato “Versuch über die wahre Art das Klavier zu spielen” (Saggio di metodo per la tastiera, 2 voll., 1753 - 1763) costituisce una fondamentale fonte di informazioni sull'esecuzione della musica settecentesca / La sua produzione strumentale è molto vasta: 210 brani per clavicembalo, 52 concerti, oratori, passioni e cantate sacre. E’ considerato uno degli iniziatori della musica strumentale moderna. Il suo esempio influenzò Haydn ed il primo Beethoven.

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JOHANN CHRISTIAN BACH (Lipsia 1735 - Londra 1782)

Ultimo figlio di Johann Sebastian Bach, ricevette dal padre la prima istruzione musicale, ma ne rimase orfano a quindici anni, e nel 1750 si trasferì a Berlino per studiare con il fratello Carl Philipp Emanuel Bach. Trascorse otto anni in Italia, dal 1754 al 1760, come direttore di musica del conte Antonio Litta a Milano e, dal 1760 al 1762, come organista del Duomo. In questo periodo fu anche a Bologna, dove studiò con Giovanni Battista Martini. Nel 1762 si stabilì a Londra e presto divenne direttore musicale della regina; gran parte dei successi allora ottenuti derivarono dalla padronanza dello stile proprio dell'opera italiana. Dal 1764 fino alla morte diede numerosi concerti, ove eseguiva brani dei suoi contemporanei, fra cui il giovanissimo Wolfgang Amadeus Mozart / Johann Christian rinnegò la tradizione di famiglia riguardante il ripudio verso l’opera, realizzando una dozzina di opere in musica; a Milano realizzò la sua prima opera, Artaserse (1761). Compose 60 sinfonie ed ouvertures, numerose composizione sacre e sinfonie, nonché molti concerti e pezzi per pianoforte. Realizzò storiche innovazioni; egli fu il primo esecutore solista al pianoforte, ed il primo compositore ad inserire il clarinetto nell’orchestra; il clarinetto si trova, infatti, nella sua prima opera data a Londra, Orione (1763). W. A. Mozart fu influenzato dalla sua musica. 4

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Distribuzione dell’orchestra del Teatro Regio di Torino del 1790. Da F. Galeazzi «Elementi teorico pratici di Musica» (1791 - 96)

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Distribuzione dell’orchestra dell’Opera di Dresda diretta da J. A. Hasse (1750). Da J. J. Rousseau

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Distribuzione dell’orchestra di Haydn per i «Concerti Solomon» (1791 - 93), secondo la ricostruzione di N. Zaslaw (1976)

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IL CLASSICISMO

1770 - 1820

CARATTERI

Per la storia della musica il classicismo è il periodo seguente al Rococò e precedente al Romanticismo. Il mondo culturale di questo periodo (letteratura, ed arti in genere) si avvicinò più sensibilmente all’esempio dell’antica Grecia e dell’antica Roma; il confronto continuo con le grandi testimonianze artistiche del mondo antico fu un aspetto primario della cultura europea del tempo. Questa attenzione aveva profonde radici storiche: si era manifestata a partire dal Medioevo, ma dal pieno Rinascimento alla prima decade dell’Ottocento ciò si fece sempre più sensibile. I teorici in genere, dal ‘500 in poi, avevano dedotto che tutte le arti potevano aspirare alla più alta perfezione solo prendendo come modello le opere della Grecia classica / Accanto al modello dell’antichità si seguirono gli ideali stilistici dell’imitazione della natura; il tutto corroborato, nel periodo illuminista, dal “nuovo” ideale estetico della ragione. Questi assunti si riscontrano nelle arti italiane, francesi, e di tutta Europa / In Italia gli stilemi estetici del classicismo si trovano pienamente nelle opere letterarie del Tasso, del Guarini (così come in Francia nelle tragedie di Corneille e Racine), nei dipinti di Raffaello, negli edifici del Bramante, nelle ville del Palladio. I punti cardine dell’estetica legata al classicismo si identificano principalmente negli aggettivi grazia, decoro, e-

quilibrio, ordine, senso organico delle proporzioni e delle forme, simmetria, ecc.

IL CLASSICISMO IN MUSICA

Il periodo del classicismo vede l’affermazione della musica strumentale (sia orchestrale che cameristica) in una misura mai vista prima; ciò si riscontra pienamente nelle opere dei tre sommi esponenti del genere, ossia Haydn, Mozart, e Beethoven, che crearono (a posteriori) la prima scuola di Vienna. Fu nel successivo periodo romantico che, in Germania, si identificò il concetto del “classicismo” musicale, mosso da rivendicazioni di stampo nazionalista proprie della cultura romantica; per i romantici tedeschi la musica strumentale venne identificata come la sola capace di esprimere veramente la natura intima dell’arte musicale, ed essi ravvisarono in questa la vera rappresentante del “classicismo viennese”. La musicologia ha riconosciuto in Haydn il “Padre dello stile classico”, unitamente a “Padre della forma - sonata classica” / Lo stile classico fu la sintesi di più correnti stilistiche affermatesi dopo il 1760: stile Galante ed Empfindsamer, uniti alle preesistenti tradizioni della musica italiana, tedesca e francese; nelle opere del giovane Haydn si riscontrano tutti questi assunti / Vienna fu il luogo catalizzatore, il centro europeo di confluenza di tutti i più importanti assunti stilistici in musica. Vienna e Parigi furono le capitali europee della musica / Le peculiarità principali del classicismo musicale si possono riscontrare nel grande equilibrio, inteso come supremo ideale compositivo, che governa il senso della proporzione costruttiva, l’attenzione al discorso musicale, armonico, ritmico e melodico. Tutto ciò trova la più piena esternazione nella musica strumentale / Lo stile musicale “classico” fu il risultato di una spontanea sintesi di generi e tradizioni culturali musicali che perdurarono nel corso di tutto il ‘700; fra gli assunti più importanti bisogna citarne quattro: a) la tradizione del concerto, della sinfonia e del virtuosismo strumentale b) la grande tradizione della scuola contrappuntistica (sempre presente nonostante le semplificazioni apportate dallo stile galante) c) i generi musicali, più intimi, da camera d) il mondo del teatro musicale Lo stile classico si diffuse a macchia d’olio in tutta Europa grazie all’ampia diffusione delle opere di Haydn. A Vienna (che condivideva con Parigi il primato di prima città europea nella musica) si istaurò uno stile compositivo cosmopolita (fatto impensabile fino ad un cinquantennio prima) che racchiudeva le principali direttive estetiche del classicismo in musica.

DIDATTICA ED EDITORIA MUSICALE

Il periodo storico in cui si affermò il classicismo musicale è il momento storico in cui gradualmente si affrancano i governi aristocratici-assolutisti e cominciarono a fiorire i governi incentrati sugli ideali della borghesia liberale; le ripercussioni che questi eventi politici ebbero sulla vita musicale tout court furono rivoluzionarie: progressivamente cambiarono completamente le condizioni di vita dei musicisti ed il loro rapporto con il pubblico, si modificarono le tipologie di fruizione; si modificò drasticamente il concetto di didattica / Furono rivisti ideologicamente gli antichi trattati allo scopo di creare dei metodi didattici che prevedevano un corso di studi progressivo per ciascuno strumento; il “Gradus ad Prnassum” di M. Clementi per il pianoforte, così come i metodi Kreutzer e Rode per violino, sono tutt’ora in uso / Furono i filosofi dell’illuminismo a riconoscere l’importanza della diffusione a tutta la società della musica in tutte le sue forme, e non solamente, come era prassi fino al 1750, ad un ristretto numero di interessati; D. Diderot e J. J. Rousseau furono i primi esponenti che si impegnarono in tal senso / In questo periodo si intensifica l’interesse per la storia dei fatti musicali; grande eco ebbe “Storia generale della musica dai Greci all’anno 1789” di C. Burney, seguita dal “Lessico storico - biografico dei musicisti” di E. L. Gerber, 1790 - 92 ecc. / La grande richiesta di spartiti, unita allo sviluppo della didattica, di metodi ed esercizi per strumento, comportò una crescita quantitativa di edizioni musicali impensabile fino ad un cinquantennio prima. I processi di stampa furono migliorati con l’invenzione del procedimento litografico / Fra le principali case editrici che storicamente iniziarono la loro attività in questo periodo, furono la Ricordi di Milano, e la Boosey di Londra.

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MUSICA E SOCIETA’

Il teatro in musica era il genere dominante: l’opera italiana (ed in misura minore quella francese) spadroneggiava ovunque. La lingua italiana era, allora, la lingua internazionale ed ufficiale parlata da tutti i musicisti / Contemporaneamente si afferma tangibilmente la musica strumentale rispetto al passato: le composizioni orchestrali e da camera divennero appannaggio di un pubblico più vasto, e non più solamente accessibili soltanto alle classi aristocratiche e nobili: nacquero i concerti pubblici, manifestazioni a pagamento ove poteva accedere qualunque pubblico pagante; importante fu Londra con i “Professional Concerts”, istituiti dal 1785, diretti da I. Pleyel; i “Salomon Concerts”, dal 1791 al 1795, ove vennero organizzate le due tournèes di Haydn; nel 1815 nacque la “Royal Philarmonic Society”; a Parigi venne fondata nel 1725 la società “Concert Spirituel”, a Lipsia dal 1781 operò il “Gewandhaus” / I musicisti passarono gradatamente dall’essere alle dipendenze di un principe o di una congregazione religiosa (situazione sociale protrattasi fino a circa il 1750) all’attività di liberi professionisti che creavano su committenza. Haydn e Mozart si trovarono in mezzo all’epoca di tali cambiamenti. I musicisti ebbero più occasioni di suonare in pubblico; i compositori scrivevano opere su commissione per i teatri, e vendevano le loro composizioni agli editori / Nacquero le prime scuole pubbliche di musica, il Conservatorio Nazionale di Musica di Parigi, fondato nel 1795, fu storicamente il primo istituto pubblico; dal modello parigino scaturirono istituti coevi nelle maggiori città europee; il Conservatorio di Milano fu fondato nel 1808.

LA FORMA SONATA

La più importante fra tutte le forme musicali, la forma - sonata, si definì completamente nel periodo del rococò. Sonate, Sinfonie, Concerti, Trii, Quartetti, ecc. saranno tutti imperniati sulla forma - sonata. Con questo termine si identifica principalmente la struttura del I tempo, l’Allegro, e venne impiegata soprattutto nei primi movimenti di qualsiasi forma strumentale, sia solistica (sonate) che cameristica (quartetti, quintetti) nonché orchestrale (sinfonie e concerti) . L’Allegro in forma - sonata è costituito da due temi, e tre parti; la forma - sonata è, dunque, bitematica e tripartita. La nascita della forma - sonata non viene attribuita nettamente ad un compositore, o un gruppo; la musicologia moderna ritiene che in tutta l’Europa musicale del periodo si siano ravvisate da più parti, e nello stesso periodo, testimonianze compositive univoche riguardo l’adozione della nuova forma. Lo stesso J. S. Bach diede un significativo esempio di preludio considerabile come “archetipo” della forma - sonata (> il preludio in Re Magg., da II vol. del Clavicembalo ben Temperato del 1744, BWV 874). Carl Philippe Emanuel Bach realizzò compiutamente le prime importanti composizioni in forma sonata (> le 6 Sonate Prussiane, 1742). La forma sonata è incentrata sullo scontro di due entità tematiche, una l’opposta dell’altra, dalle quali scaturiscono le tre parti: Esposizione Sviluppo Ripresa Nell’esposizione il primo tema inizia sulla tonica; segue un ponte modulante che porta al tono della dominante. Qui viene esposto il secondo tema che conclude l’ Esposizione; alla fine dell’esposizione si esegue il primo dei due ritornelli. Nello sviluppo vengono ripresentati i due temi unitamente ad altri elementi, ma sviluppati, ossia modificati, variati secondo le intenzioni del compositore; lo sviluppo è caratterizzato da una tensione musicale maggiore, da uno scontro dualistico dei due temi di maggior intensità, e RAPPRESENTA LA CIFRA PIÙ IMPORTANTE DELL’EVOLUZIONE STILISTICO - FORMALE DELLA MUSICA STRUMENTALE DEL PERIODO. La tensione accresciuta data dallo sviluppo, si acquieta nella ripresa. Qui viene riproposto il primo tema come all’inizio, al quale segue il secondo tema ma, ora, anch’esso sulla tonica; una coda conclude la ripresa. Alla fine della ripresa si esegue il secondo ritornello. La forma - sonata sarà la tipologia principe del classicismo, così come la fuga fu la tipologia più importante, ed elaborata, del barocco / Il primo musicista che illustrò lo schema della forma - sonata fu Antonin Reicha (1770 - 1836), il quale nel trattato “Traitè de haute composition” elencò le “norme” da seguire nella composizione di un primo movimento di in brano strumentale / La forma - sonata fu la tipologia formale più importante e diffusa, ma già alla data del 1840, quando Carl Czerny, rifacendosi alle indicazioni di Reicha, stilò il trattato didattico “School of practical composition”, ove ampliava le deduzioni di Reicha, il mondo musicale l’aveva già superata. Un insigne musicologo americano odierno, Charles Rosen, ha spiegato esaustivamente il significato formale ed estetico e l’importanza della forma - sonata nel periodo in questione: “ - ...Non è una forma in senso stretto, come può essere il Minuetto, o l’Aria, o l’Ouverture francese; è piuttosto, al pari della fuga, un modo di scrivere in musica, rappresenta una determinata sensibilità per la proporzione e per gli stati di tensione - „ .

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LA SINFONIA

La forma della sinfonia riferita alla musica strumentale si rifà alla sinfonia d’opera di A. Scarlatti, ed è in tre tempi: Allegro - Largo - Presto. La sinfonia d’opera settecentesca che fungeva da introduzione, non era connessa tematicamente all’opera stessa, per cui poteva benissimo venir eseguita separatamente. Così vennero eseguite da sole in luogo di un concerto grosso a partire dal 1730. G.B. Sammartini fu la principale figura musicale di rilievo per l’affermazione della sinfonia / Fuori dall’Italia nei decenni a cavallo il 1750 emerse la città di Mannheim per la produzione sinfonica; a Mannheim operò la migliore orchestra d’Europa sotto la direzione del violinista Johann Stamitz. A Mannheim si sviluppò il quartetto d’archi senza b.c. ad opera di Franz Xaver Richter; egli delineò la tipologia del quartetto per archi classico.

P (temi principali) T (temi di transizione) S (temi secondari) K (temi di chiusura aventi funzioni di cadenza) sono dei simboli convenzionali adottati da Jan LaRue per indicare la funzione dei temi musicali all’interno di un movimento in forma - sonata. Il seguente schema riporta gli eventi armonici e tonali che in essa si susseguono. 8

Il rococò fu testimone dell’aggregazione formale in seno alla musica strumentale: sonata, sinfonia, concerto, trio, quartetto ecc., acquisirono una tipologia standard formata da 3 o 4 movimenti:

Allegro (in forma sonata); Adagio (in forma binaria);

Minuetto (con trio e ripresa, non nel concerto solistico); Allegro (in forma di rondeau, o in forma sonata). Il consolidamento strutturale della sinfonia, da un punto di vista formale, andò di pari passo con l’assestamento degli organici orchestrali; le orchestre migliori erano la prerogativa di regnanti e principi in tutta Europa. L’Orchestra di questo periodo è formata da non più di 20 - 25 elementi, divisi in archi > violini I e II, viole, violoncelli, contrabbassi, fiati > 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni (ai quali si potevano aggiungere 1 o 2 flauti, ed 1 o 2 trombe) / Particolare diffusione ebbero, in questo periodo, le sonate facili > per il folto numero di dilettanti; a questa corrente creativa è legato il nome di Johann Schobert il quale, a partire dal 1760, diffuse le sonate per clavicembalo con violino ad libitum / Dalla sonata a tre si passò al quartetto (> 2 violini, viola e violoncello, senza b.c.), che divenne la principale forma di musica da camera. A. Scarlatti compose, per primo, 4 Sonate a quattro, senza b.c.. Haydn e Boccherini definiranno completamente il quartetto per archi del periodo classico, impostando lo stile della “conversazione musicale” che sarà propria del quartetto.

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Schema - tipo di un movimento in forma - sonata

Schema dell’excursus tonale nel quale i gravitano le due parti di un movimento in forma sonata 10

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FRANZ JOSEPH HAYDN

(Rohrau, Vienna 1732 - Vienna 1809)

Il primo grande esponente del classicismo musicale a livello europeo / Di umili origini, a sei anni entrò nel coro della cattedrale di Santo Stefano a Vienna. Uscito dal coro a diciassette anni, studiò per proprio conto sui testi classici di contrappunto e prese qualche lezione dal compositore e maestro di canto italiano Nicola Porpora; in questo periodo si esibiva in piccoli complessi, dava lezioni private, e realizzò le sue prime composizioni. Nel 1755 fu impiegato per un breve periodo presso il barone Karl Josef von Fürnberg, al quale sembra aver dedicato i suoi primi quartetti d'archi. Nel 1759 fu assunto dal conte Ferdinand Maximilian von Morzin come compositore e direttore di una piccola orchestra in Boemia / La svolta nella vita di Haydn avvenne nel 1761, quando ricevette l'incarico di vicemaestro di cappella alla corte del principe Pál Antal Esterházy, una delle più illustri famiglie dell’aristocrazia ungherese; nel 1766 fu promosso primo maestro. Haydn restò al servizio di tre principi Esterházy; il secondo di questi, Miklós József soprannominato "il Magnifico", era un ardente e colto appassionato di musica: suonava uno strumento singolare, il baryton (violone con corde di risonanza), per il quale il giovane Haydn scrisse diversi pezzi. A Esterház, la sua immensa residenza estiva, il principe aveva allestito una grandiosa organizzazione per la produzione e la realizzazione musicale. Oltre a sinfonie, opere (anche opere per marionette), messe, musica da camera, danze di corte, Haydn dirigeva musiche proprie e di altri, istruiva i cantanti, curava la raccolta degli strumenti musicali, la biblioteca, e si esibiva come organista, violista e violinista. Aveva mille mansioni nel dorato isolamento di Esterházy: godeva di una posizione invidiabile. Inoltre, dopo il 1779, gli venne permesso di vendere la propria musica agli editori e di accettare altre commissioni della corte di Esterházy. Fu così che molta della sua musica negli anni Ottanta venne conosciuta da un pubblico assai più vasto di quello degli ospiti degli Esterházy, contribuendo in tal modo a diffondere ulteriormente la fama del compositore; dal 1780 Haydn è già uno dei più rinomati d’Europa / Dopo la morte del principe Miklós nel 1790, suo figlio Antal chiuse l'orchestra di corte: Haydn cambiò così il suo status, divenne un libero professionista, anche se il principe Antal gli garantì una cospicua pensione annua / L'intraprendente violinista e impresario inglese Johann Peter Salomon lo scritturò subito per una serie di concerti a Londra. Haydn fu così protagonista di due storiche tournèes in Inghilterra (1790-1792 e nel 1794-1795); a questo periodo risalgono le 12 sinfonie "londinesi", fra le quali figurano grandi capolavori, tra cui “La sorpresa “(n. 94), “La militare” (n. 100), “L'orologio” (n. 101), “Il Rullo di tamburo” (n. 103), e”Londra” (n. 104). Per questi suoi capolavori Haydn ricevette la Laurea Honoris Causa all’università di Oxford. Nei suoi ultimi anni, trascorsi a Vienna, Haydn assorbì la lezione Händeliana degli oratori, e si dedicò alla composizione di musica sacra: messe e i due oratori, ossia “ La creazione” (1798) e “Le stagioni “(1801). Di questo stesso periodo è il Quartetto dell'Imperatore (1797), divenuto in seguito l'inno nazionale tedesco / Opera molto singolare è Le sette parole di Cristo sulla croce; inizialmente concepita per orchestra su commissione della cattedrale di Cadice e nel 1785 gli aveva ordinato sette adagi da intermediari ai sermoni del tempo di Pasqua, fu in seguito prima trascritto per quartetto d’archi ed poi trasformato in un oratorio per soli, coro e orchestra. 11

Haydn fu un compositore prolifico e versatile in quasi tutti i generi musicali: in cinquant’anni infaticabili di attività la sua impronta spazia dal vocale allo strumentale, dal sacro al profano. I suoi lavori furono molto conosciuti e vistosa fu la sua influenza. Le 108 sinfonie (105 secondo la numerazione tradizionale, a cui se ne aggiungono tre attribuitegli recentemente) e gli 83 quartetti per archi testimoniano la creatività e la freschezza L’OPERA con cui Haydn affrontava il materiale melodico, e la maestria con cui padroneggiaMusica da camera: 52 sonate per pianoforte. 41 trii per pianoforte, violino e violoncello. 6 divertimenti per flauto, violino e violoncello (1794). 83 quartetti per archi, tra cui si segnalano: 6 quartetti va la strumentazione / Le 62 sonate per clavicembalo (poi per forte - piano) e i 43 op. 20 “Del sole” (1772). 6 quartetti op. 33 “Russi” (1781). 6 quartetti op. 50 “Prussiani” trii con pianoforte documentano l'evoluzione della sua musica, la quale, partita dal(1787). 6 quartetti op. 54 (1790). 6 quartetti op. 76, “Erdoedy” (1799). Musica per orchestra: 108 sinfonie per orchestra, tra cui si segnalano: “Il mattino” (n. 6, 1761). “Il merig- la facile eleganza abbordabile da musicisti non professionisti, giunse fino al virtuosigio” (n. 7, 1761). “La sera o la tempesta” (n. 8, 1761). “Il filosofo” (n. 22, 1764). Sinfonia di Na smo concertistico delle ultime creazioni /Alla corte degli Esterhàzy Haydn doveva tale (n. 26, 1765). Alleluia (n. 30; 1765). Il segnale del corno (n. 43, 1765). produrre una mole imponente di musica su più fronti; per le opere di maggior impe“Sinfonia del mattino” (n. 44, 1771 ca). “Sinfonia degli addii “(n. 45, 1772). Maria Teresa (n. 48, 1773). La passione (n. 49, 1768). “L’imperiale” (n. 53, 1774 ca). “Il maestro di gno, le partiture orchestrali in genere, il suo metodo compositivo si scindeva in quatscuola” (n. 55, 1774). “Il fuoco” (n. 59, 1769 ca). “Il distratto” (n. 60, 1774 ca). “La Rossolana “(n. 63, 1777).“Laudon” (n. 69, 1776 ca). “La caccia “(n. 73, 1781 ca). “L’orso” (n. 82, 178 tro fasi: 6). “La gallina (n. 83, 1785). “Oxford” (n. 92, 1788). “L’orologio” (n. 101, 1794). “Il rullo di timpani “(n. 103, 1795). “Londra” (n. 104, 1795)

Concerti per pianoforte e orchestra: in Re maggiore e in Sol maggiore (1782 ca). Concerti per strumento ed orchestra: Concerto per violoncello e orchestra in Re (1783 ca) e in Do. Concerto per tromba in Mib maggiore (1796). Concerti per corno e orchestra in Re maggiore (1762) Opere: Lo speziale (1768). L’infedeltà delusa (1773). Il mondo della luna (1777 ca). La fedeltà premiata (1780). L’Orlando paladino (1782) Oratori: La Creazione (1798). Le Stagioni (1801). Musica vocale religiosa.: 14 messe, tra cui si segnalano: Messa dei Timpani (1796). Heilig - messe (1797). Nelson - messe (1798). Theresien - messe (1799). Messa della Creazione (1801). Haronien - messe (1802).

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a) creava i temi principali; b) stilava degli abbozzi di strutture armoniche in 2 pentagrammi (che includevano accordi, bassi figurati e contromelodie); c) abbozzava la partitura orchestrale includendo le particolarità per la strumentazione; 4) completava la partitura.

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Molto profonda fu in particolare l'influenza di Haydn nello sviluppo della sonata, non a caso la storia lo ha designato come “Il padre della forma - sonata”. Da un lato, l'influsso di Haydn si manifestò nell'espansione di una semplice ripetizione del tema in tonalità diverse, con una sempre più sofisticata interazione di gruppi tematici le cui tonalità costruiscono l'impalcatura di un tempo o movimento di sinfonia; dall'altro il suo lavoro aprì le porte a un uso sempre più calibrato del materiale tematico. Nel primo movimento della sinfonia n. 104, ad esempio, il primo e il secondo gruppo tematico sono uguali, cambia soltanto la tonalità / La cifra più importante della sua produzione cameristica furono gli 83 quartetti per archi; qui egli stabilì i criteri della scrittura per quartetto ove i quattro strumenti avevano pari importanza; da questo assunto Haydn perfezionò quello che venne definito il suo “stile di conversazione” / Fra le opere di maggior rilievo si collocano le sinfonie. Quasi tutte le sinfonie di Haydn sono in 4 tempi, tranne alcune del periodo giovanile che sono in 3 tempi. Fino alla n° 81 le sinfonie appartengono al periodo di Esterhàzy; forma più ampia hanno le 6 sinfonie ”parigine” e le 12 “londinesi”. Nelle sinfonie giovanili si denota l’influsso dello stile galante attinto dai precedenti modelli (> Sammartini, C. Ph. E. Bach), mentre nelle sinfonie della maturità Haydn realizzò lo stile classico. La sinfonia Haydniana della maturità è composta da 4 tempi così strutturati: I Allegro in forma - sonata (spesso preceduto da un Adagio); II Andante avente forma di romanza, o di tema con variazioni; è imperniato sul tono della sottodominante; III Minuetto (con trio e ripresa); IV Allegro (o Presto, o Vivace) in forma - sonata o rondò. Molto corposa è la sua produzione cameristica nel ventennio dal 1760 al 1790, ciò denota la grande importanza che il principe Nicola attribuiva alla musica: Haydn compose 126 trii per baryton viola e basso, una ventina di duo per baryton e violoncello, ed un’altra dozzina di divertimenti per baryton archi e due corni. Il divertimento fu una forma prettamente austriaca (insieme alle forme ad esso affini, ossia serenata, cassazione, notturno); era destinata a gruppi di archi o fiati solisti. Il divertimento era il genere di “intrattenimento” musicale non molto impegnativo per gli ascoltatori, che veniva eseguito nelle situazioni legate allo svago. La struttura era molto varia, ma la più tipica comprendeva: allegrominuetto-andante-minuetto-allegro. Haydn ne compose circa 50; questo genere di musica di intrattenimento è da considerare alla stregua della nostra odierna musica leggera non impegnativa / Il catalogo completo dell’opera di Haydn è stato curato da Anthony van Hoboken e pubblicato in due volumi (uno per la musica strumentale, 1957, e l’altro per la musica vocale, 1971; si usa la sigla Hob) / La capacità di Haydn di trasformare un semplice motivo in sviluppi tematici grandemente complicati fu ammirata e ritenuta altamente innovativa già dai suoi contemporanei / Caratteristica singolare del suo stile è la sorpresa drammatica, spesso culminante in burla, che si rifà alle melodie popolari. Haydn ebbe la forza e la capacità di trasformare la musica strumentale del XVIII secolo, coniugando sapientemente tradizione e sperimentazione. 7

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Veduta del Parco del castello degli Esthràzy, a lato sud, 1784.

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Una parata nella corte del castello degli Estheràzycon musici, 1784.

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CRONACA DELLA VITA MUSICALE AL CASTELLO DI ESTHERÀZY

Tratto da un giornale del 1784 il seguente articolo riproduce fedelmente la vita quotidiana satura d’arte e di musica che si respirava al castello di Estheràzy: “… Ogni giorno vengono eseguite alternativamente “opere serie” e “opere buffe” italiane oppure commedie tedesche, alle quali è sempre presente il principe, che per lo più le fa iniziare esattamente alle sei di sera. È indescrivibile quando ne godano occhi e orecchie. Grazie alla musica, quando tutta l’orchestra suona contemporaneamente, ora una toccante soavità, ora una possente sonorità, trapassano l’anima. E’ merito del grande musicista, il signor Haydn , il Kappelmeister al servizio del principe, che le dirige personalmente, ma anche dell’eccellente illuminazione, delle più “ingannevoli” decorazioni quando dall’altro scendono lentamente le nubi con le divinità e queste poi risalgono dal basso verso l’alto, e in un istante scompaiono: ecco che tutto si trasforma nel più grazioso dei giardini, in un bosco incantevole, in una sala sfarzosa..„ 15

Raffigurazione concernente una rappresentazione, molto verosimile, a Estheràza, fra il 1766 ed il 1790. Qui viene eseguita un’opera di argomento esotico. La qualità della scenografia e la figura d’angelo fra le nubi testimoniano l’altissima qualità tecnica e pittorica del teatro barocco. Rilevante è la sistemazione dell’orchestra: a sinistra al cembalo siede il Kappelmeister (Haydn), circondato dagli strumenti “bassi” (violoncello, contrabbasso, fagotto), questi costituiscono il “basso continuo”. Oltre all’ora vi sono sei o sette violinisti.

Il principesco teatro dell’opera nel castello Estheràzy, proiezione orizzontale e verticale, incisione da Joseph von Fernstein. 8

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WOLFGANG AMADEUS MOZART (Salisburgo 1756 - Vienna 1791) Fu iniziato alla musica dal padre Leopold, maestro di cappella del principe arcivescovo di Salisburgo e celebre violinista composito17 re; il buon Leopold rimase sbalordito dalla eccezionale precocità del figlio: a sei anni Mozart era già in grado di esibirsi al clavicembalo, al violino, all'organo, suonando brani a prima vista, e componeva Minuetti per clavicembalo; a 9 anni iniziò a comporre le sue prime sinfonie. Nel 1762 Leopold portò il piccolo Wolfgang e sua sorella Nannerl di undici anni, in giro per le corti d'Europa. Durante il viaggio, Wolfgang compose sonate per violino e clavicembalo (1763), una sinfonia (1764), un oratorio (1766), e l'opera buffa “La finta semplice“(1768). Nel 1769 Wolfgang, che nel frattempo era stato nominato Konzertmeister (a 13 anni) dall'arcivescovo di Salisburgo, si mise in viaggio con il padre alla volta delle principali città italiane, allora capitali della musica: soggiornarono a Venezia, Milano, Bologna, Roma e Napoli. A Milano Mozart compose l'opera seria “Mitridate re di Ponto”, rappresentata nel 1770 al teatro Ducale / Nel 1772, morto l'arcivescovo di Salisburgo, gli succedette Hyeronimus Colloredo, poco interessato alla musica e ostile ai Mozart, che tuttavia concesse (anche se malvolentieri) a Wolfgang di recarsi ancora in Italia per assistere a Milano alla rappresentazione della sua opera Lucio Silla (1772). Da allora fino al 1777, a eccezione di brevi viaggi a Vienna dove prese lezioni da Franz Joseph Haydn e si dedicò allo studio del contrappunto, Mozart restò quasi sempre a Salisburgo. Nel 1777, l'ambiente angusto della cittadina e i contrasti con l'arcivescovo Colloredo spinsero Mozart a dare le dimissioni da Konzertmeister e a partire per Monaco con la madre / Le corti europee non si mostrarono interessate al talento del giovane compositore; trasferitosi da Monaco a Mannheim, Mozart rimase colpito dalla modernità dell'orchestra di corte presso la quale credette di trovare l'apertura mentale di cui il suo genio aveva bisogno. Ospitato dai coniugi Weber, s'innamorò della loro figlia Aloysia, giovane e promettente soprano. Informato della situazione, Leopold Mozart ordinò a sua moglie e al figlio di recarsi a Parigi. Qui l'accoglienza assai tiepida e l'improvvisa morte della madre nel luglio del 1778 spinsero Wolfgang, rassegnato a un posto di organista di corte e del Duomo, a ritornare a Salisburgo, dove si dedicò alla composizione di sonate, sinfonie e concerti. L'inatteso successo dell'opera seria “Idomeneo re di Creta”, rappresentata a Monaco il 29 gennaio 1781, convinse il giovane musicista a tentare la carriera a Vienna, abbandonando definitivamente Salisburgo. In seguito a questa decisione, e a quella di sposare Costanza Weber, sorella minore di Aloysia, egli ruppe i rapporti con il padre / A Vienna, i primi anni di attività come libero professionista videro un discreto successo: egli si esibiva come solista eseguendo i suoi concerti per pianoforte e orchestra, e dava lezioni private. Nel 1782 l'imperatore Giuseppe II commissionò a Mozart un'opera: egli creò un singspiel; fu così che, su libretto di Gottlob Stephanie, vide la luce “Il ratto dal serraglio”. Mozart tornò all'opera quattro anni dopo con “Le nozze di Figaro”(1784) e “Don Giovanni”(1787), i suoi sommi capolavori teatrali insieme a “Così fan tutte” (1790) entrambe su libretti di Lorenzo Da Ponte; le opere ottennero successi senza precedenti per l'epoca e fruttarono a Mozart la carica di Kaiserlicher Kammermusikus, ovvero compositore di corte (ciò provocò una profonda invidia nel suo rivale Antonio Salieri). Nel 1787 la morte del padre arrecò un altro grave colpo al suo precario equilibrio economico e psicologico. Il successo esile dell'opera “Così fan tutte„, fu seguito dalla morte dell'imperatore Giuseppe II. Il successore, Leopoldo II, pur non essendo interessato alla musica quanto Giuseppe II, nel 1791 per la sua incoronazione commissionò a Mozart l'opera seria La clemenza di Tito (su soggetto di Pietro Metastasio). Nel frattempo, il compositore era riuscito anche a creare alcune fra le sue più grandi opere strumentali, le sinfonie in mi bemolle maggiore, n. 39, n. 40 in sol minore e n. 41 in do maggiore, Jupiter (1788). Sebbene malato, Mozart continuò a comporre e, nel 1791, compose “Il flauto magico”, singspiel su libretto di EmmaL’OPERA nuel Schikaneder, il Requiem (che la tradizione vuole commissionato da uno sconosciuto e che verrà comunque completato dal suo allievo Musica per orchestra: 49 sinfonie, tra cui si segnalano: Sinfonia n. 29 in La maggiore (1774). Sinfonia n. 35 in Re maggiore, Haffner (1782). Sinfonia n. 38 in Re maggiore, Praga (1786). Sinfonia Franz Süssmayr dopo la morte del maestro) e due concerti, quello per n. 39 in Mi b maggiore (1788). Sinfonia n. 40 in Sol minore (1788). Sinfonia n. 41 in Do maggiore, Jupiter (1788). Marce, serenate e divertimenti per orchestra. pianoforte e orchestra K 595 in si bemolle maggiore e quello per clariConcerti per pianoforte e orchestra: 23 tra cui si segnalano: Concerto n. 20 in Re minore (1785). Concerto n. netto e orchestra K 622 in la maggiore. La sua condizione economica 21 in Do maggiore (1785). Concerto n. 23 in La maggiore (1786). Concerto n. 26 in Re maggiore, Incoronazione (1790). Concerto n. 27 in andava peggiorando sempre più; chiedeva prestiti ai fratelli della logSi b maggiore (1791). gia massonica. Morto in povertà, per cause rimaste sconosciute (che Concerti per strumento ed orchestra: 5 concerti per violino (1775). 4 concerti per corno (1782-86). Concerto per clarinetto in La (1791). 2 per flauto. 1 per oboe per fagotto e per hanno dato adito a leggende, come quella dell'avvelenamento da parclarinetto. 1 per flauto ed arpa. 23 per pianoforte Opere: 24 opere teatrali, fra cui: “Mitridate Re di Ponto “ “Ascanio in Alba” “Lucio Silla” “Il ratto del serra- te di un invidioso Antonio Salieri), Mozart venne seppellito in una fossa glio”(1782) “Le Nozze di Figaro “(1784) “Don Giovanni “(1787) “Così fan tutte “(1790) comune e il suo funerale fu seguito da un numero esiguo di persone. “Il flauto magico “ (1791). Musica da camera: Sonate per pianoforte. Sonate per violino e pianoforte. Quartetti d’archi. Quintetto per La catalogazione delle opere di Mozart fu effettuata più di un secolo fa clarinetto e archi (1789) da L. von Köchel, e in seguito completata e perfezionata da altri musiMusica religiosa: 17 Messe fra cui: Messa in Do, Dell’Incoronazione (1779). Grande messa in Do (1783). Requiem in Re (1791) cologi, e tra questi A. Einstein.

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Mozart creò più di 600 composizioni in poco più di un trentennio dal 1759 al 1791, dando prova di una stupefacente coerenza stilistica, di linguaggio, nonché di una insuperata padronanza della materia musicale del suo tempo. Sempre attento al lavoro dei suoi contemporanei, Mozart seppe armonizzare in uno stile particolarissimo e inconfondibile le tendenze dell'epoca. A cominciare dal teatro musicale la sua produzione annovera 24 opere divise in tre tipologie: 1) OPERE SERIE SU LIBRETTI ITALIANI. Qui si evince ancora l’impronta Metastasiana (che va a scemarsi); in questa tipologia rientrano le opere Die Schuldigkeit der ersten Gebotes (l’obbligo del primo comandamento), Apollo et Hyacinthus (Salisburgo 1767), Mitridate Re di Ponto, Ascanio in Alba (festa teatrale sul libretto di Giuseppe Parini, in 2 atti), Lucio Silla (in tratti, libretto di Metastasio). Queste furono tutte rappresentate al teatro ducale di Milano nelle stagioni 1770-1771-1772. Idomeneo Re di Creta, Monaco 1781: questa è l’opera della piena maturità, la più completa fra quelle serie con cui la stagione dell’opera seria italiana settecentesca si chiuse. In Idomeneo l’intensità del tessuto drammatico attinge a piene mani da Gluck e dalla tragèdie - liryque. La Clemenza di Tito (libretto tratto da un vecchio libretto metastasiano, Praga 1791, fu la sua ultima opera). 2) OPERE BUFFE SU LIBRETTI ITALIANI. Quelle di maggior spicco sono La finta semplice, Vienna 1768. La finta Giardiniera, Monaco 1775; con quest’opera lo tratta esterna una personale concezione del teatro musicale con un interesse principale per la caratterizzazione psicologica dei personaggi. Le nozze di Figaro, Don Giovanni, e Così fan Tutte, tutte su libretto di Lorenzo da Ponte, rappresentano il massimo traguardo dell’opera buffa italiana (prima di Rossini). 3) SINGSPIEL IN LINGUA TEDESCA. Furono tre: Bastien und Bastienne ,1768, Il Ratto del serraglio, 1782, Il Flauto magico, 1791). La maggior parte di tutte le sue quarantanove sinfonie furono scritte fra il 1769 ed i 1779; in quest'excursus decennale si compie la piena maturazione musicale e orchestrale di Mozart. Dall'iniziale influsso di J. Christian Bach, il suo stile assorbirà la strumentalità italiana, le influenze di Mannheim per giungere all'assimilazione allo stile di Haydn. Negli anni di permanenza a Vienna Mozart si è impegnato a scrivere solo se sinfonie, che rappresentano i suoi più alti traguardi compositivi in ambito sinfonico: in Re maggiore K 385, del 1782, detta Haffner, in Do maggiore K 425, del 1783 detta Linz, in Re maggiore K 504, del 1787, Praga. Le più alte vette sinfoniche sono rappresentata dalle tre sinfonie scritte nel 1788: in Mi b maggiore, K 543, in Sol minore K 550, in Do maggiore K 551 (Jupiter). Mozart trascese abbondantemente i limiti e le “regole” stilistiche dei generi operistici; le sue opere teatrali sono degli esempi assolutamente inediti: i personaggi esprimono tutti i loro affetti, e lo scontro dialettico fra essi si attua nei duetti, e nei numerosi brani d’insieme. Egli supera la divisione tutta italiana fra opera seria ed opera buffa puntando, invece, alla esaltazione della psicologia del personaggio. Nel teatro musicale avviò, senza proclami teorici, una profonda rivoluzione. Le figure del melodramma tradizionale, fatto di ruoli fissi e ripetitivi, cedono il passo a personaggi vivi e credibili; la musica ha la magia delle fiabe e segue da vicino la storia, dandole unità e coerenza / A differenza di Haydn Mozart coltivò maggiormente la produzione dei concerti solistici: ne compose molti e per svariati strumenti. Dei 23 concerti per pianoforte, 17 furono composti a Vienna; Mozart li scrisse per se, ossia per eseguirli in pubblici concerti o private esibizioni, che contribuirono a renderlo popolare fra gli anni 1782 - 1786. Nei concerti Mozart portò a massima definizione il concerto solistico in stile classico / Le sue opere strumentali spaziano dalle forme tradizionali, come sonata, concerto, sinfonia, a quelle meno note di serenate, divertimenti, cassazioni; la sua musica da camera annovera capolavori nelle forme classiche del trio, del quartetto e del quintetto come nelle combinazioni strumentali più nuove. Le sue doti musicali eccezionalmente feconde gli permettevano di comporre di getto, come dimostrano i suoi manoscritti, e di trascrivere sulla carta le proprie e le altrui improvvisazioni. Non si conosce una brutta copia di una composizione mozartiana, egli elaborava in mente e (come egli stesso affermava) quando giungeva a cantare in mente tutta la composizione in un solo istante, prendeva la carta e trascriveva (quasi sotto dettatura) ciò che aveva concepito / Fu lui che di fatto inventò il genere cameristico del pianoforte a quattro mani, in un suo soggiorno a Londra e insieme alla sorella Nannerl / L’influenza Haydniana si riscontra maggiormente nei quartetti per archi. Il vecchio Haydn stimava grandemente il giovane Mozart (lo reputava “il più grande compositore del mondo”); la stima del Maestro era ben accetta da Mozart al quale dedicò, nel 1785, 6 quartetti per archi / Mozart compose per tutti i generi musicali da camera per e con il pianoforte; impiegò il linguaggio del classicismo in modo personale, evitandone gli aspetti deteriori come l'eccessiva regolarità e prevedibilità. L'apparente facilità della sua musica è ingannevole: gli esecutori tendono infatti a considerare le composizioni mozartiane tra le più difficili da interpretare in modo adeguato. La musica di Mozart ostenta una complessità ben maggiore rispetto alle opere Haydniane; ciò fu anche causa della lentezza con cui la fama del grande saliburghese si impose in Europa. Rispetto alla fama acquisita da Haydn, quella mozartiana tardò molto ad arrivare, anche perché Mozart morì precocemente; solo negli ultimi anni di vita, all’incirca dal 1789, il suo nome iniziò a spaziare a livello europeo / La genialità del grande saliburghese è stata interpretata dalla recente musicologia (G. Pestelli) come “virtuosismo dell’intelligenza”. La sua “impronta” musicale non è mai prolissa, né mai scarna; le sue linee melodiche manifestano una compiutezza sotto tutti gli aspetti estetici e formali, ed una bellezza eterna che ha soggiogato il mondo musicale successivo. 13

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LUDWIG VAN BEETHOVEN (Bonn 1770 - Vienna

1827)

Beethoven è considerato uno dei grandi geni della storia della musica occidentale per la sua potenza creativa e l'estrema libertà compositiva. Crebbe in un ambiente familiare segnato dalla capricciosa autorità del padre, i cui problemi di alcolismo ed il carattere irascibile lo costrinsero a farsi presto carico del mantenimento della famiglia; così nel 1784 il giovane Ludwig si impiegò come organista al servizio dell'arcivescovo di Bonn, Maximilian Franz. Gli studi musicali veri e propri iniziarono intorno al 1790 sotto la guida di Christian Gottlob Neefe, la cui influenza è ravvisabile nella Cantata in morte dell'imperatore Giuseppe II (1790). Le doti del giovane erano eccellenti, così l'arcivescovo di Bonn lo inviò a studiare a Vienna dove, nel 1792, divenne allievo di Franz Joseph Haydn. Nella capitale dell'impero asburgico Beethoven seppe conquistarsi il favore dell'aristocrazia con esibizioni private che gli permisero di far apprezzare il virtuosismo dei suoi brani pianistici, e, conseguentemente, di stringere accordi con le case editrici. Grazie a tali relazioni e all'ampliamento del mercato delle edizioni musicali, egli riuscì là dove molti altri musicisti prima di lui, tra cui Wolfgang Amadeus Mozart, non erano riusciti: intraprendere la strada del libero professionismo musicale / Nei primi anni dell'Ottocento, Beethoven rinunciò allo stile piacevole e discorsivo proprio della tradizione “Galante”, come si evince già dal celebre Settimino per archi e fiati op. 20 (1800), ed intraprese la ricerca di un proprio, originale stile compositivo. Nelle opere di questo periodo si manifesta una personale assimilazione delle forme musicali classiche, come la sinfonia, il concerto, il quartetto d'archi e la sonata, particolarmente evidente nella produzione del cosiddetto "decennio eroico" che va dalla composizione della Terza sinfonia “Eroica” (1803; prima esecuzione 1805), all'Ottava (1812); tale produzione comprende le opere più spesso eseguite anche ai nostri giorni / Fu in questo decennio che Beethoven divenne un compositore di fama internazionale; negli stessi anni egli si accorse dei primi espliciti disturbi all'udito di cui il compositore aveva avvertito i primi sintomi già nel 1798. Poco incline alla vita mondana, con l'aggravarsi della sordità Beethoven si isolò progressivamente, il suo carattere divenne sempre più spigoloso, ritirandosi per periodi sempre più lunghi nella quiete di Heiligenstadt, nella campagna viennese. Risale al 1802 il Testamento di Heiligenstadt, una lettera indirizzata ai due fratelli, nella quale Beethoven confida la propria crescente angoscia di fronte alla prospettiva della completa sordità / Dopo il 1805 il suo comportamento divenne sempre più scostante, le esibizioni in pubblico si fecero sempre più rare, sino a concludersi nel 1814. Nel 1815, alla morte del fratello maggiore Kaspar Karl, il compositore decise di farsi carico della tutela del nipote di nove anni, che ottenne legalmente in affidamento nel 1820. A partire dal 1818 Beethoven, diventato totalmente sordo, affidò i suoi rapporti con il mondo esterno ai "quaderni di conversazione", mediante i quali rispondeva ai suoi pochi interlocutori. I quaderni, circa quattrocento, vennero quasi totalmente distrutti secondo la volontà del compositore dopo la sua morte. Di questi, solo 137 sono stati salvati dalla distruzione. Gli ultimi tormentati anni della sua vita videro, nella completa solitudine, e nel completo isolamento acustico dal mondo esterno, la creazione dei suoi sommi capolavori: la nona sinfonia (primo esempio storico di una sinfonia con, annesso, solisti e coro), gli ultimi quartetti per archi, le ultime sonato per pianoforte (dall’op. 109 all’op. 111) e la Missa Solemnis. Ai suoi funerali (Vienna, 1827) furono presenti migliaia di persone. La vita di Ludwig van Beethoven, travagliata e solitaria, è la riprova della sua concezione dolorosa dell'esistenza come espressione del dramma dell'umanità e del nobile e disperato coraggio nell'affrontare il destino avverso / Beethoven fu la prima personalità musicale che si fece testimone degli ideali, delle lotte e delle sconfitte che travagliavano il suo mondo; la sua opera rappresenta la testimonianza spiriL’OPERA Composizioni orchestrali: 9 sinfonie: n°1 in Do Maggiore op. 21, 1800; n°2 in Re Maggiore op. 36, tuale (tradotta in stili, forme e suoni) dell’Europa idealmente scossa dalla Rivoluzione fran1802; n° 3 in Mi bemolle “Eroica” op. 55, 1803; n°4 in Si bemolle Magcese e dalle guerre napoleoniche; nella sua musica si rispecchiano gli ideali illuministici, ed il giore op. 60, 1806; n° 5 in Do Minore op. 67, 1808; n° 6 in Fa maggiore pensiero di Kant, Göthe e Schiller / La produzione di Beethoven fu molto meno vasta op. 68 “Pastorale”, 1808; n°7 in La Maggiore op. 92, 1812; n°8 in Fa maggiore op. 93,1812; n°9 in Re op. 125 “Corale”, 1824. 11 ouverture, tra rispetto a quella di Haydn e di Mozart, ma nelle sue opere si raggiunsero proporzioni e cui: “Le creature di Prometeo”, 1801. Leonora n. 1, 2 e 3, 1805 - 06. dimensioni impensabili dai suoi predecessori; inoltre a differenza di Mozart, Beethoven Coriolano, 1807. Egmont, 1810. Le rovine d'Atene op. 113, 1811 Musica concertante: 5 concerti per pianoforte e orchestra, tra cui: Concerto n. 4 in Sol op. 58, 1806. ultimava una composizione dopo un lungo periodo di maturazione che comportava abConcerto n. 5 in Mi bemolle op. 73 “L’Imperatore”, 1809. Triplo concerto per bozzi, rifacimenti, pause. La summa di tutta la sua produzione consta della 32 Sonate pianoforte, violino, violoncello e orchestra in Do op. 56, 1804. Concerto per violino e orchestra in Re op. 61, 1806. Romanze per violino op. 40 e 50, 1802 per pianoforte (che compose nell’arco di tutta la sua vita), nei 17 quartetti per archi Musica vocale: Fidelio, opera, versione definitiva 1814. 80 Lieder (celebre il Lied “An die ferne Ge e nelle 9 sinfonie; seguono l’opera Fidelio (che ebbe una gestazione lunga e travagliata) liebte” ("All'amata lontana") op. 98. Musica sacra: “Cristo sul monte degli Ulivi”, oratorio op. 85, 1804. Messa in Do op. 86, 1807. e la Missa Solemnis / Le 32 sonate per pianoforte rappresentano il pilastro più imponen“Missa Solemnis” in Re op. 123, 1823. te dell’intera produzione beethoveniana; Beethoven ha assorbito il pianismo di Clementi Musica da Camera: Settimino in MI bemolle op. 20, 1800. 17 Quartetti per archi (1798 - 1826). 10 sonate per violino e pianoforte, tra cui: Sonata n. 5 (Primavera), 1801. Sonae di Dussek, e da queste basi instaura un nuovo processo di sviluppo della musica pianistita n. 9 (A Kreutzer), 1803. 7 trii per piano, violino e violoncello, tra cui: Trio n. ca di inesplorate proporzioni. 5, “Gli spiriti”, 1808. Trio n. 7 “L'Arciduca”, 1811. 5 sonate per violoncello e 23

pianoforte, 1796-1815. 32 sonate per pianoforte

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Le sonate sono la testimonianza dell’evoluzione stilistica compiuta dal grande maestro di Bonn nell’arco di tutta la sua vita; è proprio a partire dalle monumentali sonate beethoveniane che inizia l’epopea del grande virtuosismo pianistico, fulcro del successivo romanticismo strumentale. Beethoven impiegò la tipologia della forma - sonata per tutta la sua produzione musicale; ma, a differenza di Haydn e Mozart, egli non la intese come una forma finita; in tutta la sua vita Beethoven cercherà sempre di allargarla ed arricchirla, ma senza sfaldarla o distruggerla; nell’arco delle 32 sonate egli rivoluzionerà completamente la tipologia formale primaria del classicismo sottoponendola a continue innovazioni. Stilisticamente tutte le sonate vengono distinte in tre periodi: il primo (1795 - 1800) comprende le sonate dall’op. 2 (dedicate ad Haydn), op. 10, la Sonata Patetica op. 13, e fino all’op. 22; il secondo periodo (1801 - 1814) si riferisce alle sonate dall’op. 27 (celeberrima la seconda, dedicata alla contessa Guicciardi, nota come “sonata al achiaro di luna”) all’op. 90; nel terzo periodo si collocano le ultime 5 sonate, dall’op. 106 all’op. 111 / L'importanza sociale della figura di Beethoven riguarda la trasformazione del ruolo del compositore: da artigiano al servizio della Chiesa o dell'aristocrazia, ad artista che crea per necessità interiore, finanziariamente indipendente grazie ai proventi ottenuti dalla pubblicazione ed esecuzione delle sue opere. Beethoven fu il primo vero musicista indipendente della storia: non scrisse mai su commissione (solo piccoli lavori d’importanza secondaria). Egli compose musica per se stesso, per la propria esigenza creativa; la sua musica, estranea a qualunque condizionamento ispirativo, è l’esatta espressione delle sue aspirazioni tout court; esprime la lotta titanica contro le avversità, unita ad una fede generosa e incrollabile nella redenzione umana. Questi personali assunti si trovano molto esplicitamente nelle sinfonie: la dimensione eroica e religiosa della Terza (sinfonia con la quale si inaugura la stagione delle grandi proporzioni rispetto al passato), l'agonismo intrepido della celeberrima Quinta, la gioia della natura ritrovata della Sesta; in ogni sua opera si evince un respiro epico, una potenza ritmica e un empito d'eloquenza, assolutamente inediti / La produzione musicale di Beethoven viene tradizionalmente considerata una sorta di ponte tra classicismo e romanticismo; nel corso dei secoli, la critica musicale ha spesso suddiviso, peccando di superficialità, il percorso musicale del compositore in tre periodi (corrispondenti ai tre periodi delle sonate per pianoforte): la formazione (compresa fra gli anni 1793 - 1802, definita da V. d’Indy “dell’imitazione”), gli anni del classicismo (dal 1803 al 1815, definito “dell’Estrinsecazione”)e il cosiddetto ultimo Beethoven (dal 1818 alla morte, identificato esteticamente col termine della “Riflessione”). Più recentemente, si è preferito considerare l'autore come l'ultimo grande rappresentante del classicismo viennese: la sua musica, in cui viene dato particolare risalto all'espressione dei sentimenti, rimane infatti nell'ambito di un profondo riesame della tradizione di Haydn e Mozart: ne sono un chiaro esempio il Quartetto per archi in la maggiore op. 18, n. 5 (1800), modellato sul Quartetto K. 464 di Mozart, e i brani influenzati dalla musica italiana, come ad esempio il lied “Adelaide” (1795) / Le opere del cosiddetto "ciclo eroico" (1802 - 1812) ampliano e modificano le forme rigorose di Haydn e Mozart; ciò è particolarmente evidente in capolavori grandiosi e inconcepibili prima di allora, come la sinfonia Eroica e il Quinto concerto per pianoforte “Imperatore” (1809) o in opere di struttura formale più controllata, come la Quinta sinfonia (1808) e la Sonata per pianoforte op. 57 (Appassionata 1805). L’impeto incisivo dei temi, i contrasti drammatici e le novità armoniche rappresentano l’assunto più originale di Beethoven / Nel 1812, il completamento dell'Ottava sinfonia e la disillusione nei confronti dell'"amata immortale" (identificata in Josephine von Brunswick, moglie di un mercante di Francoforte con cui il compositore ebbe una relazione problematica e frustrante) lasciarono Beethoven in uno stato di travaglio e di incertezza creativa. La fecondità del decennio precedente si affievolì. Nelle opere che egli compose negli anni immediatamente successivi, come il ciclo di Lieder op. 98 “An die Ferne Geliebte “(All'amata lontana, 1816) e la Sonata per pianoforte in la maggiore op. 101 (1817), Beethoven istaurò un modello compositivo sperimentale, ravvivando ed espandendo ulteriormente quelle strutture musicali più libere che già aveva impiegato nelle opere del periodo a cavallo tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento. Queste nuove composizioni "aperte" o "cicliche", comporteranno un'influenza determinante sulla generazione romantica / Nel 1818 Beethoven iniziò una nuova fase creativa che viene solitamente designata come "terzo periodo". La svolta è segnata dalla Sonata per pianoforte in si bemolle maggiore op. 106 “Hammerklavier”, di ampiezza e difficoltà tecniche senza precedenti (dura circa 45 minuti). Agli strumenti Beethoven chiede una presenza musicale ai limiti delle proprie possibilità espressive; il suo linguaggio si arricchisce di tecniche contrappuntistiche (la fuga, il canone) e soprattutto si concentra sulla variazione, sentita come metamorfosi infinita della forma. In questa prospettiva si comprende la logica delle ultime composizioni: i quartetti, le sonate per pianoforte, e la Messa solenne / Beethoven continuò ad impiegare l’organico orchestrale ereditato da Haydn e da Mozart ma con delle oculate aggiunte: egli innovò l’impiego degli strumenti a fiato esaltando la peculiarità timbrica di ciascuno; eclatante è, a tal proposito, lo “stile spezzato” adottato nell’Eroica ove il discorso melodico è affidato a tutti i fiati in successione, ossia uno strumento dopo l’altro. L’Eroica è la prima sinfonia che esplica totalmente la personalità beethoveniana / Le opere dell'ultimo periodo beethoveniano non sono più raggruppabili in cicli: ognuna di loro si presenta con una propria fortissima individualità. Non venne mai meno la preoccupazione agli ideali umanitari e il richiamo alla libertà e alla fratellanza, infatti sia per i temi universali della Nona sinfonia e della Missa solemnis, sia per i motivi più individuali e legati alle relazioni familiari, come nell’opera Fidelio (1814), la “vocazione” all’umana fratellanza sarà, anzi, sempre in primo piano / Nella monumentale Nona sinfonia, Beethoven guarda proprio alla gioia sublime, che aiuta a superare ogni ostacolo, ed esorta gli uomini alla fratellanza ed alla comunione dello spirito. L’arditezza delle scelte sonore, nella nona sinfonia, è enorme: Beethoven fu il primo compositore ad introdurre quattro voci soliste ed un coro in una sinfonia, facendo loro intonare l'“Inno alla Gioia" di Schiller. A queste opere radicali e sconvolgenti, che testimoniano il compimento di una straordinaria parabola creativa, il compositore affidò il suo testamento spirituale / La dimensione intima emerge più sensibilmente nell'ultima produzione, rappresentata soprattutto dalle ultime 5 sonate per pianoforte e dai cinque quartetti per archi del 1824 - 1826. In queste opere Beethoven raggiunse una straordinaria concentrazione espressiva, accompagnata da radicali novità nel linguaggio che ne hanno fatto un punto di riferimento per i compositori nei due secoli successivi / L'influenza di Beethoven sui compositori successivi fu enorme: ammirato da Franz Schubert e dai romantici come l'iniziatore di un'età nuova, è considerato dai compositori del Novecento come figura cardine dell'evoluzione musicale di ogni tempo, nonché una delle tappe storiche più importanti verso il linguaggio e le tecniche della musica contemporanea. 19

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Riproduzione di una pagina manoscritta della sonata op. 111 di Beethoven.

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Abbozzo dell’ode alla gioia di Beethoven per la nona sinfonia. La gestazione della Nona sinfonia occupò un periodo straordinariamente lungo, quasi 10 anni (i primi abbozzi risalgono al 1824). Il manoscritto sopra riportato è del 1822.

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Melodia cantata dal baritono solista dell’Ode alla Gioia, IV movimento della IX Sinfonia. Dopo l’enunciazione del baritono, la melodia è ripresa dagli altri cantanti solisti, poi da tutto il coro ed infine dall’intera orchestra. Le successive variazioni, che comportano maestosi agglomerati sonori e ritmici espletano la volontà beethoveniana di esplicitare intensamente il messaggio umanitario della fratellanza universale comunicato dai versi di Schiller.

I PERIDO Tre sonate op. 2 dedicate ad Haydn. Tre sonate opera 10. La sonata patetica opera 13 dedicate al principe Lichnowski. Le due sonate opera 14. Prima e seconda sinfonia (in Do maggiore, op. 21, 1800; in re maggiore, op. 36, 1802) II PERIODO La sonata opera 22, anch’essa dedicata al principe Lichnowski. Le due sonate "quasi una Fantasia" opera 27. La sonata opera 28. Le tre sonate opera 31. Le due sonate facili opera 49. La sonata opera 53 dedicata al conte Waldstein. La sonata opera 54. La sonata opera 57 dedicata al conte Brunswik (Appassionata). La sonata opera 78 dedicata a Teresa Brunswik. La sonata opera 81 (Les Adieux) dedicata all'arciduca Rodolfo. La sonata opera 90. La terza sinfonia, Eroica, in Mi b maggiore, op. 55, 1804. La quarta sinfonia, in si bemolle maggiore, op. 60, 1806. La quinta sinfonia, in do minore, op. 67, 1808. La sesta sinfonia, in fa maggiore, op. 68, 1808 (Pastorale). La settima sinfonia, in La maggiore, op. 92, 1812. L'ottava sinfonia, in fa maggiore, op. 93, 1812. III PERIODO Le ultime cinque sonate, opera 101, 106,109, 110, 111. La nona sinfonia, in Fa maggiore, op. 125, 1823 (Corale)

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LUIGI BOCCHERINI (Lucca 1743 - Madrid 1805) 33

Violoncellista italiano. Rinomato come autore di musica da camera e apprezzato esecutore di violoncello, Boccherini fu il primo compositore ad innalzare lo strumento a livelli di virtuosismo. Egli definì compiutamente la musica da camera per strumenti ad arco / Studiò a Roma, fu primo violoncello della Cappella lucchese, svolse un'intensa attività concertistica in tutta Europa, dalla Francia alla Russia, dall'Austria alla Spagna / Il grosso della sua produzione è costituito da trii, quartetti e, soprattutto, quintetti per archi (oltre 300), che costituiscono la cifra più originale della sua produzione; le sue composizioni sono caratterizzate da grande eleganza e raffinatezza, nel lieve stile galante o rococò, e dalla preminenza assegnata al ruolo del violoncello. Tra i suoi quintetti, quello in mi maggiore op. 13 n. 5 è particolarmente celebre per il suo Minuetto. Le opere per violoncello comprendono 6 sonate per violoncello e b.c., e undici concerti. Boccherini compose anche 29 sinfonie, musica vocale (celebre è lo Stabat Mater), sacra e profana, quest'ultima perlopiù su testi di Pietro Metastasio / La sua musica da camera influenzò Haydn e Mozart, ma non uscì mai dagli stilemi del galante e del rococò.

MUZIO CLEMENTI (Roma 1752 - Evesham, Worcestershire 1832)

Compositore e pianista italiano, fu anche editore, nonché proprietario di una fabbrica di pianoforti. Dopo un periodo di studi a Fonthill Abbey, nel Dorsetshire, dal 1766 al 1774 - 75, Clementi si stabilì a Londra, dove cominciò la propria carriera come pianista, insegnante e maestro di cembalo al King's Theatre. In seguito alternò i periodi di permanenza nella capitale inglese a lunghe tournée in Europa; i primi caratterizzati da un ampliarsi delle sue attività imprenditoriali, le seconde legate più ai concerti e all'insegnamento / Clementi fu uno dei primi musicisti a dedicarsi completamente al pianoforte. La sua produzione pianistica comprende 100 sonate, valzer, capricci ecc. Le sue composizioni per pianoforte si collocano ad un livello di importanza, all’interno del classicismo, subito seguente quelle di Mozart e Beethoven. Egli fu il primo ad ampliare la tecnica esecutiva al pianoforte; ampliò le dimensioni musicali della tastiera, e nella composizione impiegò fedelmente la forma sonata. Beethoven fu molto influenzato dal suo operato al pianoforte / Monumentale ed unica nel suo genere è, nella sua produzione, l'opera didattica Gradus ad Parnassum (1817): una serie di 100 studi per pianoforte ancora oggi pilastro didattico fondamentale del pianoforte; in questa magistrale opera l’intento di Clementi è quello di sviluppare gradatamente determinati procedimenti di tecnica pianistica; ma contemporaneamente egli si adopera a presentare svariate tipologie formali. Nel “Gradus” figurano infatti canoni, fughe, preludi, rondò, e primi tempi di sonata / In totale le opere di Clementi per pianoforte sono 113 / Clementi compose anche 6 sinfonie. Tra i suoi allievi vi furono il compositore irlandese John Field e l'operista Giacomo Meyerbeer / Clementi non godeva della simpatia di Mozart, il quale lo giudicava stilisticamente manierato, e attribuiva poco valore alle sue composizioni. 34

GIOVAN BATTISTA VIOTTI (Fontaneto Po, Vercelli 1755 - Londra 1824)

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Celebre violinista. Nel 1782 si stabilì a Parigi, dove le sue esibizioni quello stesso anno ottennero grandi trionfi. Molto ammirato dalla regina Maria Antonietta, nel 1789 fondò il “Théatre de Monsieur”, ma nel 1793 il mutato clima politico lo costrinse a trasferirsi a Londra; qui, sospettato di avere amicizie con rivoluzionari francesi, rimase poco trasferendosi in Germania. Nel 1801 poté tornare a Londra, dove morì in miseria dopo il fallimento di un'attività commerciale / Oltre che grande violinista Viotti fu notevole e felice compositore: ha lasciato 29 concerti per violino e orchestra, 2 sinfonie concertanti, 42 duetti, 18 sonate e varia musica da camera. Nelle sue opere si avverte la nuova sensibilità romantica, mentre la sua attività concertistica prefigura il virtuosismo di Niccolò Paganini. Viotti è storicamente considerato il capostipite della moderna scuola violinistica.

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GIOVANNI BOTTESINI (Crema 1821— Parma 1889) 36

Contrabbassista e compositore. Fu il primo grande virtuoso del contrabbasso, e raggiunse una fama mondiale anche in veste di direttore d’orchestra: basterà citare solo il fatto che fu lui a dirigere la prima di Aida in Egitto / Verdi aveva una grande stima di lui, e nel 1889, grazie al suo interessamento, Bottesini venne nominato direttore del conservatorio di Parma / Il suo contributo più originale è rappresentata dalle composizioni per contrabbasso pianoforte, ove spicca una grande genialità data dalle sue soluzioni tecniche; il suo contributo alla tecnica contrabbassistica fa tuttora scuola.

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NICOLO’ PAGANINI (Genova 1782 - Nizza 1840) Giustamente reputato il più grande violinista di tutti i tempi. Il suo 37 esordio di virtuoso di violino avvenne a nove anni e già a quindici anni intraprese alcune tournée in Lombardia e nell’Italia centrale, iniziando a condurre una vita sregolata ed irrequieta, costellata da innumerevoli avventure sentimentali unite a disavventure economiche e giudiziarie. Nel 1801 si dedicò alla chitarra, scrivendo oltre venti composizioni per questo strumento. Già nel 1810 Nicolò Paganini è il più grande violinista mai visto nella storia. Dal 1805 al 1813 fu direttore musicale alla corte di Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone Bonaparte e principessa di Lucca. Nel 1813 lasciò la Toscana per compiere una tournée nelle principali città italiane, nel corso della quale il suo sconvolgente approccio con lo strumento, ove egli esternò la possibilità di abbracciare spazi sonori che andavano ben oltre i limiti tecnici dell’epoca, soggiogò l'attenzione di un folto pubblico. In seguito, tenne concerti a Vienna, Praga e Berlino (1828) e a Parigi e Londra (1831), raccogliendo trionfi ovunque / Per la storia dell’evoluzione tecnico - esecutiva agli strumenti la figura di Nicolò Paganini è la più importante: Liszt (come Chopin) rimasero folgorati dal suo stratosferico virtuosismo; con Paganini inizia il Trascendentalismo esecutivo che, in breve tempo si estese dal violini a tutti gli strumenti, a cominciare dal pianoforte (grazie a Liszt) / Nel 1834, dopo aver eseguito più di 600 concerti, si ritirò quasi completamente dalle scene. La tecnica e l'abilità esecutiva di Paganini erano sbalorditive al punto tale da indurre i suoi contemporanei a considerarle come facoltà di origine diabolica. Era in grado sia di eseguire pezzi di grande complessità usando una sola corda dello strumento (come le sonate in forma di variazione Napoleon, Maria Luisa, e la sonata sentimentale, tutte da eseguire solo sulla quarta corda!), sia di suonare contemporaneamente due o tre parti dando l'illusione di essere in presenza di più violini. Monumentali sono i 24 Capricci per violino solo (1810), eredi più illustri della lezione lasciata da Locatelli, e testimonianza completa delle sue grandi doti violinistiche. I 24 Capricci rappresentano, per il violino, gli studi da concerto più arditi che siano mai stati scritti; vi figurano, oltre a velocità d’esecuzione notevoli, tricordi, armonici doppi, glissandi, registri sopracuti, pizzicati arditi alla sinistra, salti di corde e arpeggi di stupefacente ampiezza / La sua produzione annovera anche 9 concerti per violino e orchestra (ma ne rimangono 6; molto celebre il primo in Re maggiore, ed il finale del secondo che costituisce la celeberrima Campanella), variazioni (Il carnevale di Venezia, Le streghe), 12 sonate per violino e chitarra, 24 quartetti per violino, eccetera. 39

«Un Concerto di Paganini a Vienna». Caricatura di Lyser. Capriccio n° 24 in La minore di Paganini: Tema.

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Manoscritto dei 24 Capricci per Violino solo di N. Paganini. Qui è fedelmente riportata la copertina esterna, la prima pagina interna ed il primo capriccio in Mi maggiore.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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www.bottesini.com

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IL PRIMO ROMANTICISMO IL ROMANTICISMO CARATTERI

Fu il movimento culturale più importante del 1800, prima nella letteratura e dopo in tutti i campi artistici, in tutta Europa / Nel 1776 un romanzo dello scrittore tedesco F. M. Klinger diede i primi impulsi al movimento romantico; il romanzo, intitolato Sturm und Drang (tempesta e assalto) comportò la nascita di un movimento artistico - letterario che portò lo stesso nome del romanzo di Klinger. Figura centrale del movimento romantico, ma anche della letteratura tedesca e mondiale, fu Johann Wolfgang von Goethe, il quale scrisse in versi, in prosa, e per il teatro. Il suo romanzo epistolare “I dolori del giovane Werther” (1774) fu una perfetta sintesi degli assunti estetici dei romantici / Ma le prime esplicite affermazioni del romanticismo vengono riconosciute nella pubblicazione della rivista "Athenäum" (1797) da parte del “Gruppo di Jena“ fondato dai fratelli August Wilhelm e Friedrich Schlegel; essi enunciarono le linee programmatiche del nuovo movimento; le repulsioni nei confronti dell’arte classica e nei confronti della concezione illuministica riguardante il primato della ragione, furono nette / In Francia J. J. Rousseau fu il primo ad attribuire un atteggiamento al termine “romantico”, ossia uno stato d’animo incline alla riflessione ed alla malinconia / Le teorizzazioni del romanticismo sulla musica furono posteriori a quelle coeve in campo letterario; la Germania ne fu la patria / Le direttive estetiche del romanticismo rifiutano i vetusti ideali dell’ispirazione greco - romana a favore della spontaneità nella creazione individuale, del primato attribuito ai sentimenti ed all’istinto rispetto alla ragione; si esalta la superiorità della libera fantasia / I romantici tedeschi esaltarono le fonti di ispirazione desunte dal Medioevo: leggende e storie dell’età medievale; essi ritenevano che nel Medioevo bisognava ricercare le radici della coscienza nazionale del popolo germanico / Spontaneità e soggettività furono i tratti salienti del nuovo movimento culturale / Una delle matrici più determinanti per l’affermazione del romanticismo fu la riscoperta dei valori della natura, il senso della vita legata alle forze misteriose della natura / Nel romanticismo sarà l’elemento soggettivo il protagonista di tutti i generi letterari: soggettività specchio di un’anima inquieta ed irrequieta, che perennemente cerca una felicità che mai troverà. Una parola-simbolo molto importante per i romantici tedeschi è Sehnsucht (intraducibile in italiano, ma letteralmente significa “male del desiderio”); il senso di questo termine fu il simbolo del movimento romantico / I primi letterati romantici erano accomunati da una insoddisfazione generale data dallo squilibrio fra i loro ideali e la vita quotidiana / La polemica classico - romantica che ha impegnato molti musicologi, ha fatto dedurre che non vi sono delle nette linee di demarcazione fra età classica ed età romantica, e che, quindi, è più esatto considerare Classicismo e Romanticismo come una unica età, intrisa di eclatanti contraddizioni e molteplici atteggiamenti.

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LA MUSICA NEL ROMANTICISMO

Il romanticismo musicale abbraccia un arco di tempo lunghissimo, circa cento anni dal 1820 al 1915. Le prime teorizzazioni sulla musica romantica furono antecedenti alla musica stessa, e si scindono in due componenti: a) letterario - musicale b) estetico - filosofica. E.T.A.Hoffmann (1776 - 1822) fu la figura più importante; egli identificò i tratti riguardanti la prima componente. Hoffmann (poeta, pittore, scrittore, compositore e, non ultimo, direttore d’orchestra) delineò, nel decennio 1810 - 20 gli ideali del musicista romantico nelle opere “Kreisleriana” “Serapionbründer” ed in alcune critiche su Beethoven. Il musicista romantico è ribelle, caustico, in antitesi con il mondo, attento alla propria interiorità spesso allucinatoria. Hoffmann si applicò a trovare le origini dell’ideologia romantica in musica ovunque (> a suo giudizio non solo Beethoven ma anche l’ultimo Mozart, come l’ultimo Haydn, e Gluck, ostentavano atteggiamenti romantici). Hoffmann si preoccupò, più che di tracciare i lineamenti stilistici del romanticismo, di riscontrare nel linguaggio musicale del passato tutti quegli assunti di “espressività” dei contenuti che si avvicinassero agli ideali romantici / I romantici riconobbero la musica come il principale linguaggio della natura; > l’Urklang (il suono originario) ha dato vita al mondo. Hoffmann fu il primo a dare supremazia assoluta alla musica strumentale; per lui la musica strumentale è “la più romantica di tutte le arti” perché “..soltanto l’infinito è il suo tema”; nella musica strumentale i “puri suoni” vengono separati dall’antico connubio con la parola. Unitamente a lui altri poeti romantici (Wackenroder, Tieck, ecc.) richiamarono questi ideali, che furono sempre espliciti durante tutto l’arco dell’epopea romantica da parte dei filosofi, scrittori musicisti ecc. (> Hegel, Schopenhauer, Wagner, Schumann, ecc.) / La musica del romanticismo risulta problematica da delineare, a causa della molteplicità dei suoi assunti e dei suoi atteggiamenti. Due caratteri sono nettamente in contrasto con l’epoca precedente: Vengono riconosciuti i valori delle culture nazionali (> riscoperta e rivalutazione dei canti e di tutte la tradizioni popolari che comporteranno la nascita delle scuole nazionali). Si affranca “l’assolutismo” tutto classico della forma - sonata come centro creativo della forma musicale; i musicisti romantici distrussero la simmetria formale ed iniziarono a prediligere le asimmetrie strutturali oltre a creare nuove forme; la forma musicale per i romantici rappresenta il trionfo del personale.

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NUOVE INNOVAZIONI DEL ROMANTICISMO MUSICALE

Le espressioni musicali che meglio di tutte evidenziarono gli assunti romantici furono le composizioni orchestrali, le composizioni per pianoforte e i Lieder / Data la poliedricità delle espressioni con cui il romanticismo musicale si è manifestato, risulta generalmente molto complesso procedere a delle sistematiche analisi stilistiche; ad ogni modo è possibile delineare quattro tratti salienti della musica strumentale. SONORITA’: il primo aspetto molto esplicito del romanticismo in musica. La sonorità romantica è molto più accentuata rispetto al passato, assunto, questo, scaturito dalla nuova sensibilità per il suono in sé; adesso il suono in sé è il primo valore musicale determinante dell’invenzione musicale. Questo nuovo ideale estetico comporta l’accrescimento orchestrale (timbrico e dinamico) proprio del romanticismo. ARMONIA: I musicisti romantici concepiscono l’armonia più per funzioni espressive e non più, come in precedenza, per la funzione architettonico - formale. Gradatamente si assisterà al progressivo allontanamento e sfaldamento delle funzioni tonali principali, procedimento, questo, mosso da esigenze puramente espressive; le armonie romantiche esterneranno intervalli neutri (> tritoni, settime diminuite) che saranno gli accordi emblematici del romanticismo, e punto di partenza, nell’ultimo Liszt, verso l’atonalità; armonie cromatiche che eludono le risoluzioni delle dissonanze.

LO SVILUPPO DELLA SINFONIA Nel periodo romantico l’orchestra ricevette particolari attenzioni, la sua evoluzione sarà grandiosa. L’orchestra classica di Haydn e Mozart (formata da non più di 20, 25 elementi) sarà il punto di partenza per l’espansione di quella romantica (che identificherà in quei modelli l’orchestra “da camera”) ove si assisterà, nell’arco di circa un secolo, ad un imponente incremento di numero e di evoluzione costruttiva, dalle prime sinfonie di Beethoven fino a Bruckner. Infatti la II Sinfonia di Beethoven presenta un organico formato da 40 unità divise fra fiati (a gruppi di due > flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe) archi e timpani; l’VIII Sinfonia di Bruckner (composta fra il 1894 ed il 1890) richiede più di 100 esecutori divisi fra fiati (a gruppi di tre > flauti, oboi, clarinetti, fagotti e controfagotto, trombe, tromboni) 8 corni, timpani, percussioni, 3 arpe, archi / L’evoluzione orchestrale testimoniò l’evoluzione della sensibilità verso nuove esigenze espressive. Vengono moltiplicate le parti: R. Strauss nell’orchestra dell’Opera di Dresda, nel 1929, arriverà ad impiegare 6 strumenti per ogni famiglia di fiati. Con Weber e Mendelsshon alcuni strumenti assumeranno una funzione evocativa (clarinetto e corno), e costituiranno il tramite di immagini e situazioni prettamente romantiche / L’accrescimento numerico è solo un dato esterno, visibile, di tale evoluzione; l’orchestra romantica è chiamata ad esprimere una maggiore fittezza coloristica e timbrica. Compaiono altri strumenti: l’ottavino, il controfagotto (già usati da Beethoven nella V e nella IX Sinfonia) il trombone, il basso tuba, il corno inglese e la cornetta (introdotti dopo il 1830, e precedentemente limitati solo alle orchestre teatrali) oltre a varie tipologie di percussioni / Questi accrescimenti comportarono lo sviluppo di una scrittura orchestrale più fitta e variegata, che richiederà una nuova, equivalente figura coordinatrice: dal maestro al cembalo e dal primo violino si delineerà la figura del maestro concertatore (colui che istruisce gli strumentisti durante le prove) e del direttore d’orchestra (che dirige, appunto, l’esecuzione finale del brano) / Nei primi anni dell’800 si attuò la divisione in file fra gli strumenti ad arco (> violini, prima a due e poi a quattro file); gli ottoni presentarono vari tipi di sordine (testimonianza palese di una volontà mirata ad ampliare la gamma timbrica); le arpe scoprirono i glissandi (e in seguito anche il pianoforte). Furono rivisitati gli strumenti a fiato in legno, con l’introduzione di chiavi, e gli ottoni adottarono cilindri e pistoni allo scopo di poter eseguire tutti i suoni della scala cromatica.

MELODIA: la più importante componente musicale del romanticismo; la melodia è, adesso, più sciolta e flessibile rispetto al classicismo, non si presentano più strutture periodiche e regolari, ma estese melodie e frasi irregolari. RITMO: la concezione dell’irregolarità pervade anche l’aspetto ritmico; i metri sono molto arricchiti da diverse combinazioni fra loro discordanti.

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IL PIANOFORTE

Già nei primi anni del 1800 il pianoforte era diventato il principe degli strumenti a tastiera per tutte le sue qualità: escursione dinamica, estensione della tastiera, varietà timbrica e coloristica, nonché varietà di forme e dimensioni. Il romanticismo musicale riconobbe nel pianoforte il più autorevole fra gli strumenti, anzi, nel pianoforte furono convogliate tutte le aspirazioni dei romantici; la storia della sua globale diffusione inizia adesso. In breve tempo il pianoforte diverrà il “banco di prova” di qualunque musica scritta / Fu il centro catalizzatore di un vasto mondo: fabbricanti, editori, compositori, insegnanti, impresari, concertisti e, non ultimi, dilettanti: questi, sulla scia di una tradizione quasi secolare iniziata con i collugium musicæ, costituirono, la grossa fetta dei fruitori (specie nei paesi tedeschi). Numerosissimi furono i brani che, rispondendo ad una richiesta commerciale vasta, circolarono in tutta Europa / Dopo il 1820 il repertorio delle forme musicali per pianoforte si arricchì, oltre ai brani molto impegnativi per durata ed esecuzione (come le sonate), di brani più brevi, semplici (almeno nella forma) che ebbero una storica fortuna / Nei primi decenni dell’ottocento nasce il grande virtuosismo pianistico: Paganini, con le sue leggendarie innovazioni violinistiche, rivoluzionò l’ideologia dell’approccio uomo ~ strumento musicale, dettando legge sulle nuove possibilità musicali, espressive, acrobatiche e funamboliche realizzabili, nel suo caso, con il violino. Egli soggiogò totalmente Liszt (primo di una lunga serie di grandi); Liszt si fece portavoce e traduttore, al pianoforte, degli stessi risultati sbalorditivi: gigantesche sonorità, tempeste di note, uragani di accordi, salti, e funambolismi di ogni genere, che, ridondandemente, catturavano l’attenzione visiva degli ascoltatori.

LA PRIMA GENERAZIONE DEI MUSICISTI ROMANTICI La maggior parte delle grandi personalità musicali del romanticismo, manco a dirlo, si iscrivono nel registro dei più grandi musicisti di tutta la Storia della Musica : Weber, Berlioz, Mendelsshon, Schubert, Schumann, Chopin, Liszt. Tranne Weber (il più anziano, del 1786) tutti appartennero alla stessa generazione essendo nati fra il 1797 (Schubert) ed il 1811 (Liszt). IL LIED

Il Canto per voce solista e pianoforte fu una delle più originali espressioni del romanticismo musicale tedesco, a partire dalla produzione liederistica di Schubert, che annovera circa 600 lieder. Nessuna tipologia di composizione, come il Lied, è stata specchio più autentico di tutte le sfumature espressive del romanticismo / Il Lied tedesco ottocentesco ostenta una compenetrazione fra testo poetico e musica pianistica. Furono le personalità di Schubert, Schumann ed in seguito Brahms, R. Strauss e Wolf che elevarono il Lied ai più grandi traguardi artistici; quasi tutti i compositori dell’ottocento riversarono al Lied una accurata attenzione, consapevoli di poter esprimere tramite esso le più sensibili ed intime sfumature ispirative / Dal punto di vista testuale il Lied è una forma poetica chiusa, breve e dal contenuto lirico; questa si sposa con una musica pianistica ove prevale una linea melodica spiccatamente cantabile. La forma musicale è determinata precedentemente dalla struttura poetica dei versi; il rapporto testo - musica è quasi sempre sillabico / La letteratura che alimentò il filone liederistico era, ovviamente, quella romantica di Goethe, Schiller, Eichendorff, Heine, ecc. FORMA MUSICALE

Vi sono due tipologie formali: 1) Lied strofico: la tipologia principale, ove una sola melodia è impiegata per tutte le strofe; può però presentare delle variazioni 2) Lied durchkomponiert ; questa tipologia presenta, nelle varie strofe, costrutti musicali sempre diversi. Il Lied più diffuso inizialmente fu quello per voce solista con uno o più strumenti come accompagnamento; ma nel corso dell’ottocento si diffuse il Lied corale (a cappella, e con accompagnamento anche orchestrale), dopo l’esperienza del Lied solistico con pianoforte.

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FRANZ SCHUBERT

(Vienna 1797-1828)

Iniziò a studiare musica con il padre, attivo insegnante di scuola. Trascorse l’infanzia in gravi ristrettezze economiche. A undici anni viene ammesso con regolare concorso nel coro della Cappella Imperiale, dove ha la possibilità di completare la propria formazione musicale sotto la guida, tra gli altri, di Antonio Salieri. Il padre lo spinge verso la carriera di insegnante e per due anni studia pedagogia, alternando però al dovere didattico l’attività compositiva. E’ in questo periodo che si forma intorno a Schubert una ristretta cerchia di artisti, amici intimi ai quali il compositore resterà legato tutta la vita. La sua musica, misconosciuta dal grosso pubblico, sarà sempre una costante “comunicazione agli amici” in un’atmosfera intima e meditata, di raccolta felicità o di desolata solitudine. Nel 1816 si distacca dall’ambiente paterno; si stabilisce a Vienna e per due brevi periodi segue in Ungheria il conte Esterhazy come insegnante di musica delle figlie. E’ una parentesi di gaia spensieratezza in una vita disordinata e incerta, fatta di stenti, rischiarata solo da una febbrile attività di compositore / Il Lied, forma musicale tipicamente tedesca e romantica, è al centro del suo universo: Schubert ne lascerà una raccolta vastissima, composta di canti d’amore, di morte, di solitudine, inni alla natura e alle sue bellezze, carichi di magiche suggestioni paesaggistiche e dolci melodie d’intonazione popolare. Oltre ai Lieder, il giovane compositore scrive pagine sinfoniche, musica da camera e brani per pianoforte. In ogni settore trasfonde i fremiti romantici della sua anima candida e trova la grazia di un lirismo spontaneo e felice. Mostra una concezione compositiva libera da vincoli e dettata da una sensibilità profonda e inquieta, tipica del romanticismo / Schubert tenta anche, con minore successo, la strada del teatro d’opera, ove mostra un tratto classico unito al gusto novellistico e medievaleggiante. Compie un paio di tournée di concerti in Austria con il baritono Vogl, suo intimo amico, e i suoi Lieder riscuotono una buona accoglienza / Quando finalmente gli editori mostrano di accorgersi della sua produzione, inizia il declino fisico causato anche dalla vita disordinata e incerta. Le ultime composizioni, come il quartetto “La morte e la fanciulla” o il ciclo di Lieder “Viaggio d’inverno”, sembrano concentrarsi con intensa suggestione sugli aspetti più desolati del suo mondo. Nella primavera del 1828 le sue musiche ottengono a Vienna un grande successo artistico e finanziario. E’ una tarda consolazione: pochi mesi dopo infatti muore, stroncato da un attacco di tifo. Verrà sepolto nel cimitero di Waehing accanto a Beethoven, il musicista che più di ogni altro aveva amato. Molti dei suoi lavori, tra cui anche la sua sinfonia più celebre, l’Incompiuta, dovranno attendere decenni prima di riemergere dall’oblio / Le prime opere strumentali di Schubert, che seguono il modello indicato da Mozart e Haydn, portano il segno di una nuova sonorità e ricchezza armonica e melodica proprio del romanticismo. Nelle prime sonate per pianoforte, Schubert cercò di distaccarsi dal potente predominio della musica di Beethoven, autore che egli aveva peraltro eletto a modello. Il risultato di questo tentativo di superamento furono le sinfonie e le sonate che, pur adottando la forma classica, nelle sezioni di sviluppo raggiungono raramente la tensione drammatica della forma sonata del classicismo; esse tendono piuttosto a enfatizzare la melodia e le armonie più evocative. Va infine sottolineato che mentre le opere strumentali di Schubert mostrano un continuo sviluppo nel corso del tempo, alcuni dei suoi Lieder più celebri (complessivamente ne compose più di mille) 2 racchiudevano un perfetto equilibrio tra elementi musicali e letterari, benché fossero stati scritti prima dei vent'anni / Nel momento in cui crollarono tutti i grandi ideali illuministici, gli intellettuali, e in particolare i musicisti, reagirono con il disimpegno sociale, oppure ripiegando sul personale e sull'inconscio, divenuti unico metro possibile di realtà. Schubert fa entrambe le cose: creatore di musiche brillanti e affabili per gli allegri ritrovi dei compagni bohemiens, si rende nel contempo protagonista di solitarie effusioni sempre meno riconducibili alla tradizione / Egli incarna l'aspetto più spontaneo e istintivo del romanticismo, che tocca con una inesauribile vena melodica e lirica le infinite pieghe dell'aL’OPERA nimo. Enorme importanza assume nella Musica per orchestra: 10 sinfonie; (Incompiuta), 1822. Rosamunda, musica di scena D 797, 1823 sua produzione il Lied, sentito come Musica vocale: Opere Il castello del diavolo (“Des Teufels Lustschloss”) D 84, 1814. Claudine di Villa Bella, Singspiel D 239, 1815. I fratelli gemelli (“Die Zwillingsbrüder”), Singspsiel D 647, 1819. L’arpa magica (“Die frammento lirico capace di schiudere le Zauberharfe”), Zauberspiel D 644, 1820. Alfonso ed Estrella, opera D 732, 1822. Fierabras, opera D più profonde rivelazioni. La varietà del 796, 1823 mondo poetico di Schubert sembra frutLieder: circa 600 Lieder per voce e pianoforte, su testi di Schiller, Goethe, Mayrhofer, Klopstock, Schlegel, Novalis, Mueller, Ruckert, Heine e altri. Si segnalano i cicli: La bella mugnaia (“Die schöne to dell'assenza di un centro. Il vagabonMullerin”) D 795, 1823. Viaggio d’inverno (“Winterreise”) D 911, 1827. Canto del cigno do errare del Viandante, figura che si (“Schwanengesang”) D 957, 1828 incontra in molti suoi Lieder, incarna una Musica sacra: Lazarus, cantata D 689, 1820. 8 Messe Musica da camera: per complessi vari: 15 quartetti per archi, tra cui: 2 trii per archi in Si bemolle D 471 e D 581, 1817. condizione di perenne estraneità ed eQuintetto per archi e pianoforte in La D 667 (La trota), 1819. Sonata per arpeggione e pianoforte in sclusione che rispecchia fedelmente la Schubert protagonista delle La minore D 821, 1824. 2 trii per violino, violoncello e pianoforte in Si bemolle D 898 e in Mi besua vita. “schubertiadi” in casa dei propri amici molle D 929, 1827. Quintetto per archi in Do D 956, 1828 1

Musica Pianistica: 23 sonate per pianoforte. Fantasia in Do D 760 (Wanderer, “Viandante”), 1822. 6 Momenti musicali D 780, 1823. 11 Improvvisi D 899, D 935 e D 946, 1827-1828

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e protettori

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Il Ländler è una danza austriaca sempre in tempo 3/4 dall’andamento lento, molto simile al valzer dal quale proviene. Schubert ne diede un mirabile esempio compositivo nei suoi 17 ländler; di seguito ne sono riportati i primi sei. Notevole è la semplicità del costrutto tematico. 4

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Primo brano del ciclo liederistico Winterreise di Schubert. Da notare la stretta fedeltà dell’accompagnamento pianistico anche nelle brevi introduzioni. Qui il pianoforte espone, come introduzione, il primo incipit discendente della linea melodica vocale.

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HECTOR BERLIOZ 6

(La Côte-Saint André, presso Isère, 1803 - Parigi 1869)

Iniziati gli studi di medicina a Parigi, abbandonò l'università per iscriversi al Conservatorio dove studiò sotto la guida del compositore francese Jean-François Le Sueur e del cecoslovacco Anton Reicha. Nel 1830 vinse il prestigioso Prix de Rome, il più importante riconoscimento accordato in Francia ai giovani artisti di tutte le discipline. In seguito, nel 1838, venne nominato conservatore della biblioteca del Conservatorio; la nomina coincise con l'inizio della carriera internazionale di direttore d'orchestra e con quella di critico musicale per il periodico "Journal des Débats" / La posizione di Berlioz nell'ambito della musica del XIX secolo fu di primo piano: influenzò direttamente la forma sinfonica e l'uso dell'orchestra, come pure l'estetica musicale, impersonando pienamente l'immagine romantica del compositore come grande genio artistico. Lavorò incessantemente alla promozione della nuova musica del suo tempo e, trovandosi costretto a preparare le orchestre in modo specifico (ossia secondo le sue nuove direttive), educò un'intera generazione di musicisti; divenne inoltre il primo virtuoso della direzione orchestrale / La sua Symphonie Fantastique (1831) determinò una rivoluzione estetica in campo musicale grazie all'uso integrale di un programma letterario (ispirato dalla sua famosa infatuazione per l'attrice irlandese Harriet Smithson, che divenne sua moglie) e fece della musica a programma uno dei generi orchestrali più importanti del romanticismo / Nell'opera per viola e orchestra Harold in Italia (1834), il suo modo di utilizzare e trasformare un tema ricorrente (la idée fixe, o idea fissa) si avvicinò al genere chiamato poema sinfonico dal compositore ungherese Franz Liszt. Esso venne poi sviluppato da grandi compositori quali Richard Strauss e, soprattutto, Richard Wagner nel Leitmotiv / Il suo celebre “Traité d'instrumentation et d'orchestration modernes“ (Trattato di strumentazione e orchestrazione moderna, 1844), fu il primo manuale mai scritto su questo argomento, si presentò subito anche come manifesto di una determinata estetica dell'espressione musicale / Tra le sue composizioni più importanti vi sono: l'opera Les Troyens (1856-1859), nella quale il suo impeto romantico è frenato da un sobrio classicismo, la sinfonia con soli e coro Roméo et Juliette (1836-1838); la cantata “La damnation de Faust” (1846), la messa da requiem Grande messe des morts (1837); l'oratorio L'enfance du Christ (1850-1854); l'ouverture Le Carnaval Romain (1844). L'ouverture della sua opera Benvenuto Cellini fu tremendo fiasco (18351838). Tra gli scritti più significativi si ricordano Mémoires (pubblicati postumi nel 1870) e Soirées d'orchestre (1853).

Temperamento visionario e passionale, genio e sregolatezza, Hector Berlioz è il primo protagonista dell'aspetto enfatico e monumentale del romanticismo contrapposto al linguaggio dell'interiorità dei musicisti tedeschi. Per molto tempo egli non venne degnamente apprezzato dai suoi contemporanei e dal pubblico in genere. L'ispirazione letteraria e la narrazione autobiografica accompagnano gran parte della sua produzione che si esprime al meglio nella musica a programma e nell'opera lirica / Berlioz è, con Liszt, l'iniziatore del poema sinfonico, composizione orchestrale che si sviluppa da un preciso programma letterario. Le scelte poetiche di Berlioz si orientano sempre su testi capaci di trasmettere immagini fantastiche e visioni evanescenti, come nell'opera da concerto La dannazione di Faust (1846). Visioni soavi e pastorali si alternano a immagini di lugubre satanismo nella Sinfonia fantastica (1830), che scandalizza il pubblico del tempo portando in musica le allucinazioni di un poeta tossicomane. Il lato oscuro e decadente della natura poetica di Berlioz si esprime sfruttando a fondo tutte le risorse timbriche e di colore dell'orchestra e portandole a L’OPERA dimensioni grandiose, che già preludono al tardo romanticismo. Opere teatrali: “Benvenuto Cellini”, 1838. “Les troyens”, tragèdie - liryque di grandi proporzioni in due parti: “La La rivoluzionaria modernità della musica di Berlioz consiste proPrise de Troye” in 3 atti, e “Les Troyens à Carthage” in 5 atti. “Bèatrice et Bènedict” opèra - comique prio nel trattamento dell'orchestra che il compositore plasma in 2 atti, 1862. Musica sinfonico corale: Huit scènes de Faust per soli, coro ed orchestra 1828 - 29, successivamente mutate ed am- come materia musicale elegante e grandiosa. Egli stesso disse di pliate, e portarono il titolo di La damnation de Faust 1845 - 46. Lèlio, ou Le retour à la sé in una lettera del 1838: vie , monodramma lirico per recitante, soli, coro e orchestra, 1831 - 32. Grande Messe des Morts, 1837. Te Deum ,1849. L’enfance de Christ, trilogia sacra, 1854. Musica sinfonica: Symphonie fantastique , “episodi della vita di un artista”, in 5 parti ognuno con un titolo: I (Sogni, passioni) II (Un Ballo) III (Scena nei campi) IV (Marcia del supplizio) V (Sogno di una notte del sabba) 1830. Harold en Italie , sinfonia per viola concertante ed orchestra, 1834. Romèo et Jiuliette, sinfonia drammatica 1839.

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“Il mio stile è molto audace...Ho sempre cura di rendere le mie

composizioni abbondantemente melodiche…Gli aspetti dominanti della mia musica sono l’espressione appassionata, intensità intima, impeto ritmico e imprevedibilità.” XXVII

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“Malvenuto Cellini„ caricatura di Banger, Parigi, 1838. Questa famosa caricatura fu molto celebre ai tempi della prima rappresentazione dell’opera: a giudicare dall’esito, avvenuto nel 1838, l’opera d’esordio di Berlioz si sarebbe proprio potuta chiamare“Malvenuto„; questo fu il più colossale fiasco dell’avventurosa vita del compositore. Solo la sinfonia iniziale venne bene accolta dal pubblico, tutti i restanti “numeri” dell’opera vennero abbondantemente fischiati. Il pubblico non era ancora pronto alle grandi innovazioni di una mente geniale come quella di Berlioz; Benvenuto Cellini è un’opera di grande effetto, ricca di situazioni comiche e di momenti sublimi. 8

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Storica caricatura del busto di Berlioz, con la testa sproporzionata rispetto al corpo, per prenderne in giro la rinomata intelligenza. Disegno seguito da Gustave Dorè.

Altra storica caricatura, molto celebre nella Parigi degli anni 30 del 1800, raffigurante Berlioz alla direzione della sua...orchestra. L’autore è Etienne Carjat, che intitolò la caricatura Concert à Mitraille.

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FELIX MENDELSSOHN 9

(Amburgo 1809 - Lipsia 1847)

Figlio di un’agiata famiglia ebrea convertitasi al protestantesimo, Felix Mendelssohn-Bartholdy ricevette una completa educazione filosofica, letteraria e musicale, come si conveniva, a suo tempo, alla classe privilegiata alla quale apparteneva. Presto si fece benvolere da Goethe. A Parigi prese lezioni da Cherubini, conobbe Rossini e Meyerbeer. Perfezionatosi nella tecnica pianistica, comincia anche a dirigere l’orchestra e a comporre intensamente, sempre eccellendo in tutto ciò che intraprende. In questi anni riesuma con una storica rappresentazione la Passione secondo San Matteo di Bach, iniziando così la riscoperta del grande musicista, sino allora quasi dimenticato / A vent’anni inizia un ciclo di tournée in varie città tedesche e quindi in Austria, in Italia e soprattutto nell’amata Inghilterra, che è congeniale alla sua natura raffinata e romantica. A questa terra Mendelssohn rimane sempre legato, fin dalla giovanile ouverture “Sogno di una notte di mezza estate” da Shakespeare, dove dipinge con intensa passione poetica il mondo fatato degli elfi. La bellezza serena e arcana del paesaggio scozzese si riflette invece, con sottile malinconia, nella Sinfonia n. 3, capolavoro della maturità. Con un lungo viaggio in Europa, Mendelssohn corona la sua perfetta formazione culturale: tappa obbligata l’Italia, ricca di un secolare passato musicale, a cui dedica una delle sue pagine musicali più luminose, la Sinfonia n. 4 detta appunto Italiana / Nel 1835 si trasferisce definitivamente a Lipsia come direttore della Gewandhaus, che sotto la sua guida diventa uno dei migliori complessi orchestrali europei. A Lipsia fonda, otto anni dopo, il Conservatorio destinato a essere un importante centro europeo di cultura musicale / Si impegnò con entusiasmo a far conoscere le musiche di compositori dalla fisionomia artistica molto diversa dalla sua: Liszt, Chopin, Schumann. Geniale divulgatore e organizzatore di musica del suo tempo, compone e dà concerti in Europa. La sua vita scorre facile e serena, allietata anche dalle gioie del matrimonio e di una famiglia numerosa. Nel 1847 mentre si trova a Londra per dei concerti, lo coglie improvvisa la notizia della morte dell’amata sorella Fanny, che egli considerava “la sua coscienza musicale”. E’ un colpo fatale che annienta la sua fragile salute e uccide in lui ogni volontà di vita. Sei mesi dopo muore a Lipsia.

Classico per la scelta e l'uso delle forme musicali, Mendelssohn si rivela protagonista del movimento romantico nei colori orchestrali e nel modo di rappresentare luoghi, storie o personaggi attraverso i suoni. Egli ripropone, rinnovandola, la tecnica compositiva contrappuntistica del barocco tedesco, facendo da cardine fra la tradizione bachiana e il tardo romanticismo di Brahms e Reger / Schumann ha definito Mendelssohn “il Mozart del XIX secolo, un limpido musicista che, primo, ha chiaramente viste e conciliate le contraddizioni della nostra epoca.” In effetti Mendelssohn è il compositore romantico più vicino alla tradizione classica precedente. La sua musica è il frutto di un romanticismo sereno e felice, non agitato da irruenti passioni e non travolto da sentimenti impetuosi / Il suo mondo è lo specchio fedele della sicurezza dorata e confortevole della borghesia tedesca degli anni ‘30 e ‘40, una classe benestante e attiva che guarda con ottimismo alla vita e svolge un ruolo di preminenza culturale ed economica nella società dell’Ottocento / Mendelssohn è anzitutto uno straordinario orchestratore, che continua il modello di misura formale perfezionato da Haydn e Beethoven, mostrando in tutta la sua produzione un equilibrio impeccabile fatto di rapporti tonali precisi, di eleganza architettonica e di naturale bellezza melodica. Il suo magistero resta esemplare per molti compositori, fornendo un contributo al sorgere delle scuole nazionali dell’Ottocento e in particolare quella scandinava.

L’OPERA Musica per orchestra: Sinfonia n.1 in Do minore op. 11, 1824. Sinfonia n.2 in Si op. 52 (Canto di lode), 1840. Sinfonia n.3 in La op. 56 (Scozzese), 1842. Sinfonia n.4 in La op. 90 (Italiana), 1833. Sinfonia n.5 in Re op. 107 (Riforma), 1830. Sogno di una notte di mezza estate, ouverture op. 21, 1826. Sogno di una notte di mezza estate, musica di scena op. 61, 1843. Le Ebridi (La grotta di Fingal) ouverture op. 26, 1829. Calma di mare e felice viaggio, ouverture op. 27, 1832. La favola della bella Melusina, ouverture op. 32, 1833 Concerti per strumento solista: Concerto n. 1 in Sol minore per pianoforte e orchestra op. 25, 1831. Concerto n. 2 in Re minore per pianoforte e orchestra op. 40, 1837. Concerto in Mi minore per violino e orchestra op. 64, 1844 Musica vocale profana: La prima notte di Valpurga op. 60, 1841 sacra: Elia, oratorio op. 70, 1846. Paulus, oratorio op. 36, 1836 Musica da camera per complessi vari: 3 Trii per pianoforte, violino e violoncello op. 49 e op. 66, 1820-1845. 2 Sonate per violino e pianoforte, 1823-1838. Sonata in Do minore per viola e pianoforte, 1824 Ottetto in Mibem op. 20, 1825. 7 Quartetti per archi, 1823-1847 per pianoforte: Romanze senza parole, 1829. Variations Serieus op. 54, 1841. ecc

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ROBERT SCHUMANN

(Zwickau, Sassonia 1810 - Endenich, Bonn 1856)

Il più “caratteristico” musicista romantico. Ebbe una vita breve, intensa e travagliata, egli fu l’eroe romantico che si consuma alla fiamma della passione e all’anelito della libertà / Ultimo di cinque figli di un colto editore, viene avviato inizialmente verso gli studi umanistici, dedicandosi con passione alla lettura di Goethe, Scott, Byron, Richter, poi si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Lipsia, non tralasciando la sua vera vocazione, lo studio del pianoforte. Prende lezioni di piano dal famoso organista Kuntsch e da Weber, ma dovrà rinunciare alla carriera di concertista per una paralisi al 4°dito della mano sinistra (> metodo didattico antifisiologico da lui congegnato). Dopo aver ottenuto, non senza lunghi contrasti, il consenso materno di dedicarsi soltanto alla musica, completa la propria preparazione sotto la guida di Friedrick Wieck, di cui sposerà nel 1840 la figlia Clara, eccellente pianista e magistrale interprete della sua musica. Collabora come critico ad alcune riviste, inaugurando un metodo di critica musicale più personale e spregiudicato, teso verso il futuro / Nel 1834 fonda la “Nuova rivista musicale” che si occupa soprattutto delle ultime tendenze e si impegna in un’accesa battaglia contro l’accademismo critico allora imperante. Svolge una geniale e appassionata attività di valorizzazione dei nuovi talenti come Chopin, Brahms, Liszt, Berlioz / Nel primo decennio della sua attività di compositore, sino al 1840, Schumann si dedica esclusivamente al pianoforte, con una ricerca formale profondamente innovatrice rispetto alla tradizione classica. Essenziali sono tra gli altri, i cicli Carnaval, Kinderszenen le Sonate e gli Studi sinfonici. Nei brani pianistici esprime compiutamente la sua intima sensibilità e la complessa natura di artista, che egli amava dissociare in tre diverse figure: Eusebio (timido e sognatore); Florestano (focoso ed estroverso); Maestro Raro (conciliatore dei due nella raggiunta perfezione della dottrina musicale). Nell’unico suo lavoro per il teatro musicale, l’opera Genoveva, 1850, Schumann persegue l’ideale di creare un’opera tedesca, ossia scevra da contaminazioni provenienti dall’Italia e dalla Francia / Lavora come insegnante di pianoforte al Conservatorio di Lipsia, chiamato da Mendelssohn, poi è a Dresda e a Duesseldorf come direttore d’orchestra / Si accostò al Lied, scrivendo cicli preziosi e profondamente poetici, punto d’incontro tra la nuova poesia tedesca (Heine) e il suo sensibile pianismo. In seguito si confrontò con le forme e i generi classici in una intensa produzione sinfonica, cameristica e vocale, nella quale riversa la profondità del suo temperamento romantico / In questo periodo, ha circa quarant’anni, manifesta i primi segni di un pauroso squilibrio mentale. Nel 1853 per un peggioramento del suo stato psichico è costretto ad abbandonare ogni incarico e l’anno dopo, per un attacco violento di pazzia, tenta il suicidio gettandosi nel Reno. Viene allora ricoverato in clinica a Endenich, vicino a Bonn, dove si spegne dopo tre anni ottenebrati dalla follia. La moglie Clara, insieme a Brahms amato discepolo, gli è vicina fino all’ultimo e per molti anni continuerà a diffondere con i suoi concerti la musica del marito scomparso. 10

Schumann incarna in modo esemplare le inquietudini, gli aneliti e i temi poetici del romanticismo tedesco più irrazionale e spiritualista. Concepisce l’arte come sintesi globale di poesia, filosofia e musica, entità che insieme contriL’OPERA buiscono al progresso della civiltà e dello spirito. La musica è, dal Musica per orchestra: Sinfonia n. 1 in Si bemolle op.38 (La Primavera), 1841. Sinfonia n. 2 in Do op.61, 1846. Sinfonia n. 3 canto suo, espressione soggettiva del sentimento del compositore, in Mi bemolle op. 97 (Renana), 1850. Sinfonia n. 4 in Re minore op.120, 1841-1851. Manfred, uvertu- il quale osserva leggi e moduli propri. Per Schumann la necessità re op. 115, 1849 di rifiutare la forma classica e di approfondire la ricerca espressiConcerti: Concerto per piano e orchestra in La minore op.54, 1841-45. Concerto per violoncello e orchestra in La minore op.129, 1850. Pezzo da concerto per quattro corni e orchestra in Fa op.86, 1849. Pezzo da concerto per pianoforte va nasce dal contrasto intensamente drammatico tra l’Io e la e orchestra op.92, 1849. Concerto per violino e orchestra in Re minore, 1853. Natura, tra le sensazioni e i pensieri del musicista e la forma con Musica vocale Lieder: Circa 200 su testi di Heine, Rückert, Goethe, Eichendorff e altri. Il Paradiso e la Peri, oratorio per la quale essi si esprimono. Questo dissidio è all’origine del travasoli, coro e orchestra op. 50, 1841-43. Genoveva, opera, 1850. Requiem per Mignon op. 98b per soli, glio che porterà il compositore alla follia / Con lui compare per coro e orchestra, 1849 Musica da camera per complessi vari: 3 quartetti per archi op. 41, 1842. 2 quartetti con piano in Mi bemolle op. 47, 1842). la prima volta nella storia della musica la figura dell’intellettuale Quintetto per pianoforte e archi in Mi bemolle op.44, 1842. 3 trii per piano, violino e violoncello in Re minore op.63, in Fa op.80 e in Sol minore op.110, 1847-1851. 2 Sonate per violino e pianoforte in La minore op.105 e e musicista: la sua opera è densa di richiami filosofici e letterari, e la Re minore op. 121, 1851 sua attività di critico militante è battagliera e anti accademica, per pianoforte: Variazioni sul nome Agegg op. 1, 1830. Papillons op. 2, 1832. Studi sinfonici op. 13, 1834. aperta alle novità e tesa al rinnovamento della cultura e della Carnaval op. 26, 1835. Davidsbuendlertänze (“Danze della lega di Davide”), 1837. Sonata in Sol civiltà. m op. 22, 1837; in fa# op. 11 e in fa op. 14 (detta concerto senza orchestra). Phantasiestücke (“Pezzi fantastici”) op. 12, 1837. Kinderszenen (“Scene infantili”) op. 15, 1838. Kreisleriana op.16, 1838. Fantasia op.17, 1836. Album für die Jugend (“Scene infantili”) op. 15, 1848. Waldszenen (“Scene della foresta”) op. 82, 1849.

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Genoveva, pagina della “Illustrirte Zeitung„ (Lipsia, 13 luglio 1850) per la prima rappresentazione, tratta dal giornale di Schumann “Schumanns gesammelte Zeitungsstimmen„.

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Una rara fotografia ritraente R o b e r t Schumann con sua m o g l i e Clara al pianoforte

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FRYDERYK CHOPIN

(Zelawola - Wola, Varsavia 1810 - Parigi 1849)

Il più grande “poeta del pianoforte” Chopin si avviò sin da giovanissimo, al Conservatorio di Varsavia, allo studio del pianoforte che diventerà la voce della sua più intima e vera espressività. Conclusi brillantemente gli studi, lascia la città per cercare altrove più ampie possibilità professionali. Si fa presto conoscere a Vienna e in Germania con le sue prime composizioni per orchestra (i due Concerti per pianoforte), rivelandosi come concertista e compositore in grado, come intuirà Liszt, di “aprire una nuova fase nel sentimento poetico, a fianco di felici innovazioni nella forma dell’arte” / Nel 1831 si stabilisce a Parigi, capitale artistica d’Europa, che elegge a sua patria adottiva. Qui entra in contatto con i migliori musicisti della generazione precedente, tra cui Cherubini e Rossini, e stringe una viva amicizia con Liszt, Mendelssohn, Berlioz. Diviene frequentatore dei colti salotti aristocratici, dove la sua figura delicata e sensibile e la raffinata educazione lo rendono ben accetto e amato. Riserva il proprio talento di pianista a questo pubblico esclusivo, limitando le apparizioni pubbliche a poche straordinarie occasioni. Conduce una disordinata vita di società che ben presto danneggia la sua salute cagionevole / Chopin compone quasi esclusivamente pezzi per pianoforte, strumento più congeniale al suo spirito romantico, che gli consente di esprimere il suo lirismo interiore e psicologico soprattutto nelle composizioni libere e brevi: i Notturni, gli Improvvisi, i Preludi. Ma dietro l’ineffabile bellezza di questi lavori, si cela un’ardita ricerca armonica e ritmica, che trova la prima affermazione matura nei 24 Studi (più tre postumi). Le Ballate e gli Scherzi mostrano novità tecniche e timbriche di scrittura profondamente innovatrici. Le Marzurche e le Polacche testimoniano invece il suo profondo interesse per la tradizione popolare dell’amata Polonia, romanticamente infusa di nostalgia e patriottismo / Dopo un infelice amore per la nobildonna polacca Maria Wodzinski, Chopin si rifugia nell’amore quasi materno della scrittrice George Sand (1804-89), unione che conosce momenti di feconda esaltazione, come la fuga a Maiorca nell’inverno del 1838. Gli otto anni di legame con la Sand sono i più placidi e creativi della breve esistenza di Chopin, che svolge un’intensa attività compositiva, sempre più richiesto dall’alta società e dagli editori. La sua musica è ormai libera da ogni formalismo e vibra di intensa poesia, come la straordinaria Polacca Fan14 tasia che si dispiega in un clima quasi visionario. Minata dalla tisi polmonare, la salute di Chopin peggiora progressivamente. Dopo la dolorosa rottura con la Sand, gli ultimi due anni della sua vita registrano soltanto uno sfortunato soggiorno a Londra e la quasi totale paralisi creativa / Benché avesse lasciato la Polonia in età giovanile, il compositore espresse sempre nella sua musica il legame con la terra d'origine, in quegli anni martoriata dalla guerra; segnate dal sentimento eroico del suo popolo, le mazurke ripropongono ritmi e melodie della musica popolare polacca. Con gli Studi op.10 e op.25 Chopin superò la concezione scolastica dell'esercizio per le dita, creando veri e propri pezzi da concerto. Gli aspetti fondamentali dell'arte di Chopin emergono anche nelle ballate, nelle polacche e nei valzer: ovunque si trovano le melodie affascinanti, le raffinate armonie e i ritmi coinvolgenti che hanno fatto di Chopin il compositore romantico per eccellenza. Queste caratteristiche hanno influenzato l'opera di altri importanti artisti, quali Franz Liszt, Claude Debussy, Aleksandr Skrjabin e Sergej Rachmaninov / Chopin condivide con Liszt il ruolo di grande pianista dell’età romantica. Appassionati e poetici sono i temi della sua ispirazione: l’impeto dell’amore, la coscienza della sofferenza e della privazione, la svagata fantasia. Ogni motivo muove da una condizione umana sconfitta e dolente, talora “ammalata e febbrile”, che richiama la poetica di Leopardi e di Baudelaire. Ma nella sua musica si manifesta anche un’altra corrente romantica, nutrita di valori umani e politici: è la no13

L’OPERA Concerti; Concerto n.1 in Mi minore per pianoforte e orchestra op. 11, 1830. Concerto n.2 in Fa minore per pianoforte e orchestra op. 21, 1829 Musica da camera per pianoforte: 24 Preludi op. 28, 1836-1839. 24 Studi op. 10 e 25, 1829 -1836. 4 Ballate op. 23, 38, 47, 52, 1831-1842. 4 Improvvisi op. 29, 36, 51, 66, 1834-1842. 4 Scherzi op. 29, 31, 39, 54, 1831-1842. 3 Sonate op. 4, 35, 58, 1828-1844. 21 Notturni, 1837-1846. 16 Polacche, 1817-1846. 20 Valzer, 1827-1848. 59 Mazurche, 1820-1849. per complessi vari Trio in Sol minore per pianoforte, violino e violoncello op. 8, 1829. Sonata in Sol minore per violoncello e pianoforte op. 65, 1846.

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stalgia della terra lontana, la forza virile dell’animo popolare Particolare dell’ultimo pianoforte appartenuto a Chopin e l’orgoglio nazionalista / “Le opere di Chopin sono cannoni sepolti sotto i fiori”, notava Schumann. Questa varietà sentimentale è trasfusa nella purezza formale delle composizioni, che, dettate da un forte spirito individualistico, si fanno libere e personali, rivoluzionarie sul piano tecnico ed espressivo. Dedicando totalmente le proprie energie creative al pianoforte, Chopin ne trasforma in modo così radicale la scrittura timbrica e armonica da trovare epigoni solo alla fine del secolo, in Debussy e Skrjabin.

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Liszt in posa fotografica con sua figlia Cosima, moglie di Hans von Bülow e poi di Wagner.

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Una rara foto dell’abate Liszt durante il suo soggiorno romano. Una rara foto di Liszt al pianoforte in età matura.

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Disegno d’epoca raffigurante Chopin che esegue al pianoforte nel salotto del conte Radzwille a Parigi.

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FRANZ LISZT

( Raiding 1811 - Bayerut 1886)

Il più grande pianista di tutti i tempi, Liszt viene avviato alla musica dal padre, funzionario del principe Esterhazy e violinista per diletto nell’orchestra di Haydn. All’età di nove anni già si esibisce in pubblico come pianista, dando prova di un talento straordinario. Lascia l’Ungheria per trasferirsi a Vienna dove si perfeziona sotto la guida di Czerny e Salieri, dedicandosi anche agli studi letterari e filosofici. Ben presto si impone in tutta Europa come virtuoso della tastiera, in possesso di un carisma in grado di “avvolgere la sala di un’atmosfera di magnetismo, di elettricità, di epilessia istrionica”. A Parigi è accolto nei salotti più importanti, conosce Hugo e Berlioz, Lamartine e Paganini, George Sand e Chopin. Suscita uno scandalo la sua relazione con la moglie del conte d’Agoult, da cui avrà tre figli. Intanto prosegue la sua attività concertistica che lo rende in pratica cittadino europeo. Si esibisce in quasi tutto il continente stringendo amicizia con artisti e nobili e intrecciando legami amorosi molto chiacchierati. Ovunque i suoi concerti sono accolti con grande successo / Fu storicamente il primo pianista ed esibirsi in concerto da solo senza orchestra, dando origine al moderno recital pianistico / Nel 1848 abbandona le tournée per il posto di direttore d’orchestra presso la corte di Weimar; qui s’innamora della principessa von Sayn-Wittgenst e sotto la sua guida intelligente e devota si dedica di più alla scrittura orchestrale, con l’ambizione di presentarsi al mondo musicale come compositore in senso lato. Nascono così, fra gli altri lavori, la Sonata in si minore, ed i due Concerti per pianoforte, lirici e appassionati, mentre l’eclettica cultura di Liszt si esprime nella sua più tipica creazione, i poemi sinfonici, ispirati dalla lettura di opere poetiche e letterarie. Weimar diventa il centro della musica contemporanea: Liszt, dall’alto della sua autorità, si fa ambasciatore della nuova musica tedesca e in particolare delle opere di Wagner, con il quale ha profondi rapporti di amicizia e di parentela (sua figlia Cosima andrà in sposa, in seconde nozze, con il grande operista tedesco) / La rottura con la corte di Weimar nel 1859 prelude a una profonda svolta nella sua vita, caratterizzata da una crisi di misticismo. Si reca a Roma e ottiene in Vaticano il titolo di abate. Mostra un crescente interesse per il canto gregoriano e per l’antica polifonia vocale, e compone musica corale affascinante e inconsueta, come il grandioso oratorio Christus / La solitudine ascetica romana non dura però a lungo: il richiamo del bel mondo lo riporta a riallacciare i contatti con Weimar e a riprendere l’attività concertistica internazionale. E’ spesso presente anche a Budapest, dove nel 1875 è eletto presidente dell’accademia di musica. La sua fama di pianista è sempre viva, ma le sue musiche registrano scarso interesse. Le composizioni pianistiche degli ultimi anni, solitarie meditazioni come La lugubre gondola, sono caratterizzate da un’ascetica sobrietà e da presagi di geniale modernità: egli apre la strada verso la atonalità. E’ questa la fase estrema della sua musica: nel 1886 una polmonite stroncherà a Bayreuth la sua vita di successi, di amori e di avventure. 19

Liszt ebbe un'attività musicale frenetica: oltre che pianista e direttore d'orchestra di successo, fu un valente didatta (formò più di 400 allievi); come compositore lasciò un repertorio di circa 350 lavori, trascrisse inoltre più di 200 opere (generalmente per pianoforte) di altri compositori contribuendo alla diffusione della loro musica. Liszt fu un importante innovatore. Dal punto di vista armonico, con l'uso di accordi cromatici assai complessi, rivoluzionò la tradizione della musica ottocentesca. Nei confronti della forma compositiva, il suo influsso si fece sentire soprattutto nel trattamento del materiale tematico. Un esempio in tal senso è la Sonata in si minore (1853): da un unico tema, trasformato variamente, ha origine tutto il materiale tematico dell'opera. La sua tecnica e la sua armonia cromatica influenzarono molti musicisti tra i quali, in modo particolare, Richard Wagner e Richard Strauss. La scrittura pianistica di Liszt inaugurò un'era completamente nuova nella letteratura per pianoforte, permettendo di raggiungere una gamma di sonorità e tessiture impensabile prima di allora / Liszt, analogamente a Paganini, esercita un’importante suggestione sulla civiltà musicale romantica che vede nel suo magico virtuosismo una manifestazione della libera capacità L’OPERA creatrice del genio. Musica per orchestra:

13 poemi sinfonici, tra cui: I preludi, 1848. Mazeppa, 1851. Tasso, lamento e trionfo, 1854. Orfeo, 1854. Faust, sinfonia, 1854. Dante, sinfonia, 1856. Due episodi dal Faust di Lenau, 1860.

Concerti: Concerto in Mi bemolle per pianoforte e orchestra n. 1, 1849. Concerto in La per pianoforte e orchestra n. 2, 1849. Totentanz (Danza macabra) per pianoforte e orchestra, 1849. Musica vocale: 74 Lieder per canto e pianoforte, 1838-1883. Musica sacra: La leggenda di S. Elisabetta, oratorio, 1862. Salmi 13, 18, 23, 125, 129 per soli, coro e orchestra, 1859-1862. Missa choralis, 1865. Christus, oratorio, 1867. Messa ungherese dell’Incoronazione, 1867.. Requiem, 1868. Missa solemnis, 1869. Via crucis, 1879 Musica da camera per pianoforte: 6 studi di esecuzione trascendentale da Paganini, 1838. Liebestraume (Sogni d’amore) op.62, 1841. Années de pèlerinage (Anni di pellegrinaggio): 1. Svizzera, 2-3. Italia, 4. Italia, 1838-1877. 19 Rapsodie ungheresi, 1846 -1885. Consolations, 1850. 12 studi di esecuzione trascendentale, 1851. Sonata in SI minore, 1853. 2 Leggende, 1863. Valzer dimenticati, 1881-1885. Mefisto valzer n. 3, 1881. Die trauere Gondel (La lugubre gondola), 1883. Trascrizioni e parafrasi da opere di Bach, Schubert, Beethoven, Wagner, Verdi, Gounod e altri. per organo: Fantasia e fuga sul corale “Ad nos, ad salutarem onda”, 1850. Preludio e fuga sul nome B.A.C.H., 1870.

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Con Chopin, Liszt condivide le esplorazioni più avanzate delle possibilità della tastiera: abbandonando i modelli del passato, tenta sperimentazioni che investono tutti gli aspetti strutturali ed espressivi della composizione. La sua musica è spesso ispirata a ricordi letterari, a impressioni poetiche, e rivela una concezione musicale molto avanzata. Forme libere, continue ricerche di novità armoniche e timbriche, atmosfere sonore sempre più indeterminate: tutto questo fa di Liszt un tipico esponente del romanticismo maturo e un precursore, per diversi aspetti, della musica del Novecento. Importante è anche la figura di operatore di cultura: Liszt forma i maggiori pianisti delle generazioni successive, sostiene e diffonde la nuova musica romantica, e non ultimo, afferma il valore della musica popolare, come testimoniano le Rapsodie ungheresi.

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Les Prèludes è uno dei poemi sinfonici di Liszt più eloquenti riguardo la tipologia del poema sinfonico. Liszt realizza un costrutto musicale (tabella II) che “traduce” musicalmente (e soggettivamente) il contenuto del poema di Lamartine (tabella I)

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Esempio eclatante del virtuosismo funambolico di F. Liszt. I salti “sovrumani” (che comportarono il fiorire di una cospicua satira in vignette nei suoi confronti) voluti da Liszt, in una variazione di un tema per pianoforte tratto dal celeberrimo capriccio paganiniano, espletano quasi un effetto orchestrale, oltre che sbalorditivo. Un passo del genere era (ed è!) dominabile da pochissimi stratosferici esecutori. E’ bene precisare che Liszt, realizzò più 22 versioni delle raccolte dei suoi studi. L’esempio in esame è tratto dalle trascrizioni pianistiche di sei studi paganiniani (“Etudes d’exècution trascendante d’après Paganini”). Nell’esempio a) si evince la variazione originale di Paganini per violino, e nella b (spettacolare anche alla vista) la trascrizione di Liszt nella prima versione del 1838. Lo stesso Liszt si rese conto che la versione del 1838 era sovrumanamente difficile (così come la prima versione degli studi trascendentali), cosicché nella “facilitata” (si fa per dire) versione del 1851 egli procederà ad una rettifica delle difficoltà.

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Storiche caricature di Liszt al pianoforte, che evidenziano chiaramente il dato sbalorditivo che le sue esecuzioni infondevano sugli ascoltatori.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, III Vol. Pestelli, Giorgio, L’età di Mozart e di Beethoven, Storia della Musica, sesto volume, Torino, EDT, 1977 Di Benedetto, Renato, L’Ottocento I, Storia della Musica, settimo volume, Torino, EDT, 1982 Casini, Claudio, L’Ottocento II, Storia della Musica, ottavo volume, Torino, EDT, 1978 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation

1, 2, 9, 10, 19 Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori 3, 7, 11 Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 4 Schubert, F., Ländler, ed. Peters. 5 Schubert, F., Winterreise, ed. Peters 6 www.latribunedelart.com 7a “Amadeus, il mensile della grande musica”, De Agostini - Rizzoli periodici, numero 169 dicembre 2003 8, 24 www.jackgibbons.com 12 www.music-with-ease.com 13 www.pianosociety.com 14, 18 “Amadeus, il mensile della grande musica”, De Agostini - Rizzoli periodici, numero 26 gennaio 1992 15 “Amadeus, il mensile della grande musica”, De Agostini - Rizzoli periodici, numero 43 giugno 1993 16 www.musicahermeneutica.free.fr 17 “Piano Time, il mensile di pianoforte e musica”, numero 88/89 luglio/agosto 1990 20,22 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, III Vol. 21 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation 23 “Piano Time, il mensile di pianoforte e musica”, numero 84 marzo 1990

Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 “Amadeus, il mensile della grande musica”, De Agostini - Rizzoli periodici, numero 26 gennaio 1992 “Amadeus, il mensile della grande musica”, De Agostini - Rizzoli periodici, numero 43 giugno 1993 “Piano Time, il mensile di pianoforte e musica”, numero 88/89 luglio/agosto 1990 “Piano Time, il mensile di pianoforte e musica”, numero 84 marzo 1990 www.latribunedelart.com www.latribunedelart.com www.music-with-ease.com www.pianosociety.com www.musicahermeneutica.free.fr

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L’OPERA ITALIANA NELL’OTTOCENTO: DA ROSSINI A VERDI

Melodramma e Operarono da intendere come sinonimi / L’Opera italiana nell’800, da Rossini a Puccini, è il prodotto musicale più conosciuto ed apprezzato in tutta Europa e, successivamente, anche in America / Mentre nel ’600 e nel ’700 il grosso pubblico si scindeva fra le diverse forme musicali (musica teatrale, sacra, strumentale) nell’800 il grosso pubblico sarà tutto per l’opera. Antonio Gramsci fu una delle prime importanti personalità politiche italiane che è identifico l’opera come “l’unica forma di teatro nazional ~ popolare degli italiani”. Ciò si spiega anche con il fatto che nel XIX secolo si diffonde una alfabetizzazione di massa senza precedenti che porterà in un breve decennio una grande fetta sociale ad accostarsi alla letteratura: Dante, Petrarca, Tasso, Leopardi, furono, in questo periodo, conosciuti da una porzione sociale alla quale in passato tutto ciò era rimasto negato / Il numero dei teatri si moltiplicò nel giro di un settantennio: nel 1890 i teatri in Italia erano circa 1055, e molti di essi, proprio perché contenevano molti posti, vennero denominati politeama / Dopo il regime napoleonico nascono in Italia le bande, che fonderanno il loro repertorio proprio sulla musica operistica, e saranno diffuse in ogni angolo d’Italia / L’amore per l’opera nell’800 fu vistosamente più sentito che in precedenza per due principali motivi: 1) FUNZIONE SOCIOLOGICA > il teatro d’opera è il principale luogo d’incontro per la società, non solo luogo di rappresentazione melodrammatica ma efficace punto di aggregazione della società bene. Il pubblico amava riascoltare le opere. 2) FUNZIONE CULTURALE > l’opera fu lo specchio delle concezioni globali della società (pensiero politico, gusto estetico, evoluzione sociale, ecc.) / Il libretto d’opera dell’800 fu la sintesi degli assunti inconsci della collettività espressa con una efficace versificazione; il libretto incarnò gli ideali di sei sette generazioni di italiani (dall’Italiana in Algeri a Sonnambula a Lucia di Lammermoor a Nabucco a Rigoletto a Cavalleria Rusticana a Bohème) / Nell’800 il melodramma era anche mezzo d’informazione e di svago, che ben presto cederà alla radio, prima, e alla televisione poi.

TEATRI IMPRESARI PUBBLICO EDITORI L’espansione notevole del melodramma in Italia nell’800 fu l’effetto dell’organizzazione delle stagioni operistiche; vere e proprie aziende di produzione queste rappresentano la naturale evoluzione dell’opera impresariale precedente / I teatri italiani erano diventati o pubblici (erano stati dei vari regni e ducati italiani, poi dopo l’unità d’Italia nel 1867 lo stato li diede ai singoli comuni) o proprietà di associazioni denominate palchisti (ossia le persone più facoltose di ogni città); gli impresari svolgevano nel teatro le mansioni che oggi competono ai direttori artistici; fra i più importanti impresari ottocentesche un posto da principe ebbe Domenico Barbaja, il quale dominò per oltre trent’anni i massimi teatri di Napoli, Milano e Vienna; amico di Rossini, scoprì i talenti di Bellini e Donizetti, e fu il protettore di Mercadante / Il pubblico dei teatri era un condensato di tutto il popolo, molti scrittori e cronisti hanno lasciato testimonianze scritte circa la tipologia di pubblico ed il tipo di partecipazione; gli aristocratici seguivano l’opera seria nei teatri più importanti, i meno abbienti frequentavano i teatri minori e l’opera semiseria e buffa. Nei teatri l’architettura assecondava le differenti gerarchie sociali del pubblico: i primi due o tre ordini di palchi erano dati in abbonamento ai nobili; i palchi più in alto erano riservati all’alta borghesia; mentre la platea (con poche file di sedie, e nella parte posteriore si stava in piedi) era appannaggio della media borghesia o comunque di un pubblico eterogeneo; infine il loggione (il più in alto) era riservato al ceto più basso, al “popolo minuto”. Col tempo la distribuzione classista del pubblico nel teatro si modifico a favore della borghesia.

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Ritratto di Domenico Barbaja (1778 - 1841); egli fu il più celebre impresario della storia dell’opera, infatti non a caso a Napoli lo chiamavano con il soprannome di “vicerè di Napoli”. Intrattenne una fruttuosa relazione artistica con Rossini, Bellini, Donizetti e con il giovane Giuseppe Verdi.

Nell’800 un’opera di successo poteva venir rappresentata anche venti o trenta volte in una stessa città; nei cartelloni ciò non veniva specificato: si presentavano non più di 4 o 6 titoli, e l’alta aristocrazia era presente abitualmente ad ogni replica, rispettando così una sorta di costume sociale, ostentazione classista, iniziata già alla metà del 1600. 1

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L’editoria musicale ebbe nell’800 un assoluto ruolo determinante per lo sviluppo del melodramma. Nacque all’inizio del 1800 e si configurò nella “macchina operistica” in un modo tale da decapitare il potere dispotico degli impresari: gli editori acquistavano i documenti musicali giacenti negli archivi dei teatri e stampavano spartiti per canto e pianoforte (anche variazioni per pianoforte ed altri strumenti di arie celebri); contemporaneamente arrivarono a fare da tramite fra operisti ed impresari: si cimentavano a stampare le opere dei compositori ritenuti di successo assicurando loro una quota economica in base alla quale trattavano con gli impresari. Giovanni Ricordi fu il primo importante editore. Con l’avvento degli editori la figura dell’impresario andò perdendo la sua precedente importanza e potenza; egli divenne, così, una figura di scarso rilievo perché i diritti d’autore sulle partiture passarono direttamente e repentinamente dalle mani dell’impresario, al singolo teatro, all’editore, il quale si preoccupava spesso anche di fornire, a noleggio, i materiali orchestrali / Non vi era però, ancora, la tutela delle opere: gli operisti e i compositori erano alla mercé degli impresari senza scrupoli, e furono vittima di pirateria editoriale, e di furti delle proprie creazioni musicali. Bellini e Donizetti lamentarono furti in decine di lettere. La forte necessità di un organo che proteggesse il lavoro dei compositori comportò la nascita della legge sul diritto d’autore; questa si ebbe nelle 1865 e fu voluta da tutti i musicisti ed editori. Fino all’avvento della legge sul diritto d’autore, l’ideologia o valore estetico dell’originalità compositiva non era ancora nata: i compositori creavano ancora come in passato le musiche per il melodramma con l’intento di raggiungere solo sicuri e lauti guadagni, e, dunque, l’originalità non era ancora un fatto di primaria importanza. Rossini e Donizetti si attenevano ancora alla prassi creativa della velocità, ossia di comporre la musica d’opera tutta di getto e nel minor tempo possibile; Bellini fu il primo compositore che soppiantò questa prassi / In seguito, nel 1882, a Milano, a nacque la SIAE; in questo modo i compositori si assicurarono lauti e duraturi guadagni per la stessa opera nelle varie altre rappresentazioni postume, dando in affitto una partitura operistica che aveva avuto un grande successo. Verdi fu uno dei primi ad essere interessato alla nuova “conduzione” operistica che la legge sul diritto d’autore comportò: egli, come poi tutti gli altri, si assicurò un posto di prim’ordine all’interno del repertorio operistico, cosicché la rappresentazione successiva della medesima opera su scala europea avrebbe garantito un sicuro e duraturo guadagno / Verdi fu il primo compositore ad esigere che l’editore (G. Ricordi), nei contratti con i teatri, inserisse una clausola che proibisse qualunque modifica alla versione della partitura originale da lui data alle stampe. Nell’Ottocento comincia a sentirsi la corposità di un repertorio operistico già consolidato, per cui i teatri non allestiscono più soltanto opere nuove come nel settecento (ove il libretto era lo stesso e la musica sempre nuova), ma, complice anche la nuova ideologia di produzione operistica legata all’avvento del diritto d’autore, i teatri mettono in scena opere che hanno già avuto successo altrove senza lo pseudonimo della “novità”. Rossini fu già il primo compositore che contribuì alla diffusione dell’ideologia del repertorio. GIOVANNI RICORDI (1785-1853)

Figlio di un vetraio, si dedica allo studio del violino e diventa primo violino e direttore d'orchestra di un piccolo teatro milanese. Studiando da vicino l'ambiente musicale della città incomincia a concepire il suo primo progetto commerciale, aprendo un banco di copisteria musicale per i teatri, rifornendo di materiale manoscritto orchestre e cantanti. Nel 1806 il primo grosso contratto con il teatro Carcano diede più solide basi all'impresa, grazie anche a una geniale clausola che garantisce al copista Giovanni Ricordi la proprietà dei materiali copiati. Nel 1807 il giro d'affari è già abbastanza ampio, e Giovanni Ricordi va formando un suo archivio di materiali di proprietà, primo esempio di biblioteca musicale. Per passare dal lento e pesante lavoro della copisteria a quello più agile e redditizio della stampa, Giovanni Ricordi parte nell'estate del 1807 per Lipsia, dove per alcuni mesi studierà i metodi calcografici presso Breitkopf & Härtel. Nel gennaio del 1808 viene steso l'atto di nascita della Casa editrice Ricordi. La prima sede fu la stessa abitazione di Giovanni, due stanze in Contrada di Santa Margherita, centro del commercio librario della vecchia Milano e vicinissimo al Teatro alla Scala. Con Le stagioni dell'anno di Antonio Nava, che recano il n. 1 di edizione, ha inizio una lunga serie di pubblicazioni, il cui ritmo addirittura vertiginoso è sicura testimonianza del prosperare della ditta. Giovanni Ricordi si assicura man mano tutta la più recente produzione teatrale allineando nel proprio archivio, oltre a tutte le produzioni di secondo piano, anche le opere di Rossini, Bellini, Donizetti, Mercadante, nonché la produzione giovanile di Giuseppe Verdi. 2

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PROTAGONISTI DEL MELODRAMMA OTTOCENTESCO I COMPOSITORI Cinque furono i massimi operisti italiani, che furono e sono famosi in tutto il mondo, ed operarono in un periodo di tempo consecutivo: ROSSINI (attivo fra il 1810 ed il 1829) DONIZETTI (attivo fra il 1818 ed il 1843) BELLINI (attivo fra il 1825 ed il 1835) VERDI (attivo fra il 1839 ed il 1893) PUCCINI (attivo fra il 1884 ed il 1924). Accanto ai cinque grandi operistici affiancano anche i nomi di Mayr, Pacini, Mercadante (prima metà del 1800); Ponchielli, Boito, Gomez (contemporanei di Verdi); Catalani, Mascagni Leoncavallo, Giordano, Cilea (i rappresentanti della cosiddetta giovane scuola italiana, l’opera verista, a cavallo del ‘900); Alfano, Zandonai (1900 - 1920).

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ARRIGO BOITO (Padova 1842 - Milano 1918)

I LIBRETTISTI Il librettista ottocentesco non è più limitato alla stesura o alla riduzione di un romanzo per uso musicale, non è più un umile artigiano del verso. Per un letterato la carriera operistica era una sicura via verso il successo sia musicale sia economico / Librettisti molto in voga e molto richiesti anche dai grandi compositori furono Solera, Cammarano, Piave, Foppa, Ferretti; ma le personalità più illustri della librettistica teatrale dell’800 furono Felice Romani, Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa, Luigi Illica / Librettisti e musicisti trassero gli spunti per i melodrammi ottocenteschi da fonti letterarie europee più che italiane; i più visitati poeti furono Shakespeare, Schiller, Scott, Hugo, Byron.

FELICE ROMANI (Genova 1788 - La Spezia 1865)

Fu il librettista più famoso del suo tempo; scrisse circa un centinaio di testi, alcuni di essi musicati più volte, e produsse quasi tutti i libretti di Bellini, e molti di Rossini e Donizetti. La sua attività letteraria comprende un arco che va dal 1813 al 1834. Il suo periodo di più grande celebrità coincide con quella in cui collaborava con Bellini per il quale scrisse i libretti di: “Il Pirata”, 1827, “La Straniera”, “Capuleti e Montecchi”, “La Sonnambula”, “Norma”. A Rossini fornì i libretti per “Aureliano in Palmira”, “Il Turco in Italia”. Per Donizetti scrisse sette libretti: “Chiara e Serafina”, 1822, “Alina, regina di Golconda”, 1828, “Anna Bolena”, 1830, “Ugo, conte di Parigi”, 1832, “L’elisir d’Amore”, 1832, “Parisina”, 1833, “Lucrezia Borgia”, 1833. interessato in prima persona nella polemica classico-romantica, si è espressa esplicitamente in merito in una lettera che inviò, nel 1839, a Camillo Benso conte di Cavour; nella lettera egli esplicitamente dichiarava che “ - Io non sono né classico nè romantico; amo il bello e l’ammiro ove c’è - “. Anche se molto forti erano le sue inclinazioni riguardo la concezione classica, egli riuscì mirabilmente ad esprimere lo spirito del primo melodramma romantico. 3

GIUSEPPE GIACOSA (Torino 1847 - 1906)

Figlio di un magistrato fu avviato agli studi di Giurisprudenza. Conse4 guita la laurea nel 1868 fu avviato presso lo studio del padre; durante questi anni frequentò l'ambiente letterario torinese, e strinse rapporti di amicizia soprattutto con gli scrittori che frequentavano la società "Dante Alighieri" (Sacchetti, Boito, Camerana). Divenne commediografo e librettista; la sua prima opera, Una partita a scacchi (1873), fu una commedia in versi d'ambientazione medievale; contemporaneamente pubblicava i "proverbi drammatici" Non dir quattro se non l'hai nel sacco e collaborò con giornali e riviste. Nel 1888 si trasferì a Milano come direttore della Scuola di recitazione filodrammatica e in seguito insegnò Letteratura drammatica e recitazione al Conservatorio. Dopo il successo di alcuni suoi testi teatrali, lasciò l'insegnamento per dedicarsi a scrivere per il teatro a tempo pieno. I testi di questo periodo trattano di temi d'attualità e sono di orientamento naturalista: Tristi amori (1887), I diritti dell'anima (1894), Come le foglie (1900). Il suo nome è legato alla collaborazione con Giacomo Puccini, per il quale insieme a Luigi Illica, redasse i libretti dii: Boheme (1896), Tosca (1899), Madama Butterfly (1904). Dal 1901 fu direttore de "La Lettura", importante rivista milanese. 3

Librettista, musicista e scrittore. Compiuti gli studi al Conservatorio di Milano, nel 1861 incontrò a Parigi Giuseppe Verdi, per il quale scrisse i libretti di Otello e Falstaff. Dopo altri viaggi, in Germania e in Inghilterra, tornò a Milano ed entrò a far parte del gruppo degli scapigliati, di cui fu esponente di spicco. Nel 1866 si arruolò come volontario con Giuseppe Garibaldi. Al ritorno, frequentò insigni letterati: Verga, De Amicis, Fogazzaro e Giacosa. Le sue poesie sono raccolte nel Libro dei versi (1877), ma il testo poetico più sperimentale è Re Orso (1865). Quattro sono le novelle: L'Alfier nero (il suo capolavoro narrativo, del 1867), Iberia (1867), Il pugno chiuso (1870), Trapezio (1873). La prima rappresentazione del Mefistofele, alla Scala di Milano nel 1868, fu un fiasco; Boito successivamente rielaborò l'opera, che finalmente ottenne il favore del pubblico al Comunale di Bologna nel 1875. Il Nerone, per il quale Boito, come per l'opera precedente, compose anche la musica, andò in scena postumo (1924) alla Scala di Milano; direttore d'orchestra d'eccezione fu Arturo Toscanini / Nella sua produzione poetica, perennemente intrisa del conflitto disperato e tutto romantico fra bene e male, egli manifestò delle doti che, agli occhi dei contemporanei e dei posteriori, lo posero in un piano più alto rispetto alla sua stessa figura di musicista. Scrisse il libretto della Gioconda di Ponchielli. 5

LUIGI ILLICA (Castell’Arquato, Piacenza 1857 - 1919) 6

Drammaturgo di rilievo, ebbe sempre un rapporto conflittuale con la critica del tempo: gli rimproveravano di essere un autodidatta che cercava di compensare una cultura improvvisata con un sensazionalismo di maniera e un linguaggio enfatico. Ultimo esponente dei librettisti che hanno contribuito a rendere grande il melodramma italiano, scrisse circa 80 libretti, e fu molto conosciuto il apprezzato dai maggiori compositori italiani del tempo. Con Giacomo Puccini, ed in trio con il librettista Giuseppe Giocosa, realizzò i libretti per i capolavori operistici pucciniani: “Manon”, Madame Butterfly”. Realizzò i libretti per le opere “Iris”, “Le Maschere” ed “Isabeau” di Ma scagni, nonché per “La Wally di Catalani.

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STRUTTURA FORMALE DEL MELODRAMMA

Nel melodramma dell’800 venne mantenuta la struttura dei “pezzi chiusi” tipica dell’opera settecentesca, detta struttura «a numeri». L’opera si apriva con un preludio o una sinfonia, che fu più formalmente elaborata; con Rossini la sinfonia aveva un primo tempo un forma sonata bitematica, ma senza sviluppo. Il melodramma ottocentesco è generalmente costruito dai seguenti “pezzi”: SCENA ove si prepara la situazione emotiva che precede il “pezzo chiuso”; TEMPO D’ATTACCO ove si consuma lo scontro dialettico fra i personaggi, con conduzione vocale spesso sillabica; ADAGIO CANTABILE è il momento di maggior sfogo del culmine sentimentale; TEMPO DI MEZZO simile al tempo d’attacco, spesso segue un colpo di scena; CABALETTA è la seconda sezione di una doppia aria o di un duetto ed aveva un carattere spiccatamente virtuosistico e tempo allegro; erano di solito in ritmo binario e tonalità maggiore, e normalmente erano la parte conclusiva ove si risolveva una situazione. Il nome cabaletta, però, non appare mai negli spartiti. Viene ancora impiegato il recitativo secco, specie per le opere buffe, e circa fino al 1820, ma viene presto sostituito dalla scena affidata all’orchestra. Ciò comportava una maggiore scioltezza rispetto ai recitativi accompagnati settecenteschi. Le arie scomparvero alla fine del secolo; nell’ultimo Verdi vennero trasformate in ariosi, e con Puccini e Giordano si affermano le romanze, che non avevano più la forma col da capo, ma presentavano un’ampia architettura e diverse denominazioni: Ballata; Romanza;, Cavatina: questi brani vocali tipicamente ottocenteschi avevano una struttura molto semplice ed un carattere lirico; molto spesso erano collocate nel primo atto, con la funzione di presentazione ed ambientazione. Erano già impiegate dal 1750: Mozart e Cimarosa, ne diedero esempio, ma furono molto usate da Rossini, Bellini, Donizetti. Nei recitativi rimangono i versi sciolti (settenari mischiati con libertà agli endecasillabi). I Pezzi d’insieme furono più impiegati; i duetti e terzetti inglobavano le più intense situazioni drammatiche, ed erano i momenti centrali dello svolgimento del dramma insieme alle arie; gli atti terminavano con un pezzo d’insieme chiamato finale. Nuova posizione e funzione drammatica assume il coro: non sarà più impiegato come una sorta di commento, ma diventa una presenza attiva nel dramma, un personaggio. Sarà la figura della donna innamorata (soprano), caratterizzata da parvenze angeliche e destinata al sacrificio, il principale “oggetto” drammaturgico del melodramma romantico ottocentesco / I librettisti ottocenteschi attinsero grandemente dalla tradizione francese delle opèra - comique per l’aspetto drammaturgico, specie per gli effetti spettacolari, per le situazioni clamorose e per i colpi di scena (coups de thèatre), molto sfruttati nel repertorio semiserio e nelle farse in un atto / Alla fine del secolo l’esempio Wagneriano indusse tutti gli operisti a non usare più i pezzi chiusi ma a realizzare una maggiore libertà di articolazione formale del melodramma entro ogni atto / Nell’ottocento la censura sui libretti d’opera ebbe modo di mietere molte vittime: vennero censurati tutti gli spunti ad ideali sovversivi (specie nel periodo pre - unitario), sia prima ma talvolta anche dopo la pubblicazione di un libretto. La primissima stesura non elegante del libretto, preparata di comune accordo fra librettista e musicista, doveva obbligatoriamente essere sottoposta alla supervisione delle autorità politiche; questo canovaccio grezzo veniva chiamato selva. “Tormentata” dalla censura fu l’opera Un ballo in maschera di Verdi, in quanto eraincentratasull’assassinio del re di Svezia / Il libretto d’opera ottocentesco è suddiviso solitamente in tre atti, e presenta una serie di distinte situazioni che, nella loro logicità consequenziale, ostentano una relativa autonomia. Non vi sono più le alternanze degli affetti, tipico carattere dei drammi seri settecenteschi a numeri chiusi, ed ogni momento drammaturgico presenta una successioni di episodi musicali poliedrici. 4

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Ritratto di Isabella Colbran, prima moglie di Rossigni, dal 1822 al 1835. Fu la più famosa prima donna dell’epoca.

I CANTANTI

I primi decenni dell’ottocento videro melodrammi non eccelsi, ma i cantanti ne garantirono in prima persona il successo degli stessi; a differenza del secolo precedente adesso i cantanti non si impegnano in virtuosismi fini a se stessi, ma si servono della loro abilità tecnica per rendere meglio il significato delle parole, per intensificarne le situazioni sceniche / In questo periodo nasce la figura de “l’artista di canto”: cantante - interprete, cantante - attore / La nuova sensibilità artistica dell’800 impone a musicisti ed impresari di realizzare un’attenta compatibilità fra voce e tipologia del personaggio; non così in passato: nel‘600 e ‘700 non ci si preoccupava delle congruenze sceniche. Qualunque personaggio, sia visibilmente maschile o femminile, poteva essere interpretato da qualunque tipologia di voce, acuta e/o grave, quindi castrati, soprani, e tenori. Nel melodramma romantico, a partire dal 1820, sparì completamente la figura drammaturgica dell’eroe impersonato da una voce acuta, ossia quella asessuata del castrato (baluardo dell’opera seria settecentesca); i castrati cominciarono a sparire, cosicché le loro antiche parti furono realizzate da contralti femminili “travestiti”. Con l’affermarsi dell’ideologia legata al “repertorio operistico” il cast vocale viene scelto sulla base del repertorio da eseguire, e non più il contrario (come accadeva nel ’700) / Nell’ottocento si diffonde una nuova “consuetudine” estetica:

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Soprano L’ eroina, dai buoni principi, leale e virtuosa amata dal Tenore. Mezzo soprano - contralto Colei che impersona la cattiveria femminile, ed è antagonista del soprano. Tenore Sinceramente innamorato del soprano, ne è il suo equivalente maschile; questi è insidiato dal Basso - baritono L’equivalente maschile del mezzo soprano: geloso ed invidioso insidiatore. Questo modello basilare per l’impianto drammaturgico ottocentesco ebbe infinite varianti / Con Bellini e Donizetti si affermò il tenore romantico per eccellenza, l’uomo costretto dalla fatalità, innamorato passionale, eroe dolente; mentre la voce del basso (grave e tenebrosa) sarà il simbolo drammaturgico della saggezza, della tarda età, della solennità. Solo a metà ottocento si adopererà la netta distinzione fra le funzioni drammaturgiche di baritono e basso; il baritono, nato come antagonista in amore del tenore, così come il mezzosoprano ne è l’equivalente femminile, ossi antagonista in amore del soprano, sarà una delle voci cardine del melodramma verdiano. Ogni tipologia di voce adesso realizza vocalmente e scenicamente una determinata gamma di affetti e personaggi: i tenori esternano adesso virilità, i soprani languide passioni femminili, i bassi espressioni di minaccia; ciò intensificò pienamente la coerenza fra la natura scenica del personaggio ed il timbro di voce a cui era affidato, e ciò ebbe un’ influenza enorme sul pubblico / I primi grandi cantanti famosi si ebbero a partire dal 1820; fra i nomi più illustri si ricordano: Maria Malibran, Isabella Colbran, Giuditta Pasta, Adelina Patti, Giambattista Rubini, Enrico Caruso ecc. 5

Ritratto di Giuditta Pasta (a destra).

Ritratto di Maria Felicia Malibran (1808 1836). Apparteneva ad una delle più celebri famiglie spagnole di cantanti del XIX secolo. La sua voce comprendeva il doppio registro di contralto e di soprano drammatico. Morì a soli 28 anni in un tragico incidente a cavallo.

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Storica foto ritraente Enrico Caruso nella parte di Dick Johnson nella prima rappresentazione dell’opera La fanciulla del di W est, Puccini, New York, 1910. Già da sette anni il grande Caruso era ospite fisso del metropolitan, con un ingaggio di $ 10.000 a rappresentazione. Il suo primo ruolo fu quello del duca nel Rigoletto di Verdi, ma gli

anni che seguirono lo videro come principale interprete di tutti i luoghi che non i più significativi dell’opera italiana.

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GIOACHINO ROSSINI

(Pesaro 1792 - Parigi 1868) 11

Il primo grande genio operistico dell’800; conservatore convinto sancì la forma melodrammatica prima dell’avvento di Verdi e gettò le basi del grand - opéra parigino / Figlio di un trombettista e di una cantante lirica studiò musica fino a diciotto anni al Liceo Musicale di Bologna (pianoforte, violoncello, contrappunto); la sua versatilità verso il melodramma fu eccezionale, già a quattordici anni, nel 1806, aveva composto la sua prima opera, Demetrio e Polibio, rappresentata sei anni dopo, seguita da La Cambiale di Matrimonio data al teatro S. Moisè di Venezia nel 1810; in quattro anni seguenti compose 14 opere destinate principalmente ai teatri veneziani / Nel 1815 fu ingaggiato dal maggior impresario del tempo, Domenico Barbaja , per il quale produsse opere per i teatri napoletani da lui gestiti (tra cui il San Carlo). Si trasferì a Napoli fino al 1823 componendo 19 opere; qui sposò la cantante spagnola Isabella Colbran, e fu in quegli anni l’incontrastato dominatore delle scene italiane.

Le opere composte fino al 1815 sono quasi tutte buffe, ciò è dovuto in larga misura al fatto che per un esordiente era più agevole ricevere ingaggi per opere comiche o per le farse in un atto, inoltre il repertorio dei teatri del tempo era più numeroso di opere comiche rispetto alle serie. Sono di questo periodo: La cambiale di matrimonio, L’equivoco stravagante (1811), L’inganno felice, La scala di seta, La pietra del paragone (che sancì il suo esordio alla Scala di Milano) L’occasione fa il ladro, tutte composte nel 1812; Il signor Bruschino (1813); le uniche opere serie di questo periodo furono la primissima Demetrio e Polibio e Ciro in Babilonia (1812). Dal 1813 inizia la storica epopea dell’opera comica rossiniana, a soli vent’anni egli entrò nella sua piena maturità artistica. L’Italiana in Algeri, Il Turco in Italia (1814), Il Barbiere di Siviglia (1816) La Cenerentola (1817) rappresentano i quattro grandi capolavori del genere buffo sia per Rossini sia per la storia dell’opera buffa in Italia, e ne sanciscono l’apoteosi, il massimo insuperato sviluppo. Ma la sua importanza storica, anche se non carpita dal grosso pubblico risiede nella sua produzione operistica seria che influenzò gli operisti fino al primo Verdi. Tancredi fu l’opera seria con la quale Rossini volle tentare di ridare vita alla tradizione dell’opera seria settecentesca. Le opere serie furono composte principalmente per i teatri napoletani, ossia: Elisabetta regina d’Inghilterra, 1815, Otello o sia il Moro di Venezia, 1816, Armida, 1817; celebri sono anche le opere semiserie Gazza ladra, 1817, e Matilde di Shabran, 1821, ove per semiserio si intende un’opera con ambientazione borghese espletante una vicenda drammatica che si conclude a lieto fine. In quest’opera vi sono figure comiche ed è impiegato anche il recitativo secco accanto a quello accompagnato (nelle vicende più intense). Altre opere serie furono: Mosè in Egitto, 1818, Riccardo e Zoraide, 1818, Ermione, 1819, La donna del lago, 1819, Maometto II, 1820, Zelmira, 1822, Semiramide, 1823. Nel 1824 decise di stabilirsi nella capitale europea della musica, Parigi, a seguito dell’incarico offertogli come dirigere del Théatre Italien; in Francia il romanticismo si era già impiantato stabilmente, la borghesia pilotava la vita artistica e Rossini si inserì con grande cautela presentando due lavori del periodo napoletano radicalmente riaddatati: Le siége de Corinthe (L’assedio di Corinto, 1826, rifacimento di Maometto II), e Moïse et Pharaon (rifacimento di Mosè in Egitto, 1827); in queste opere vengono eliminate le sezioni spiccatamente belcantistiche a favore di una intensificazione drammatica di stampo romantico, che tanto piaceva al pubblico francese, con un impianto drammaturgico di ampie dimensioni fedele alla nuova corrente operistica francese che comporterà la nascita del grand - opéra. La prima opera tutta francese fu Le Comte Ory, 1828 (melodramma giocoso diverso dall’opera buffa italiana): fu un capolavoro di modernismo. L’anno successivo le scene francesi videro la rappresentazione del Guillame Tell, l’apoteosi del modernismo rossiniano, la massima espressione dell’adeguamento di Rossini al nuovo genere (romantico); Guillame Tell fu uno dei primi grand - opéra, in 4 atti, che ostentava alcuni importanti assunti tutti romantici: tema patriottico, esplicita presenza della natura, vicenda amorosa imperniata in situazioni tragicamente insormontabili ed impossibili, coinvolgimento attivo di montanari, pastori e soldati (partecipi attivamente alla vicenda) / Guillame Tell fu l’ultima sua opera dopo diciannove anni di produzione. Nel 1845 si risposò con Olimpie Pélissier, la sua attività si incentrò sulle composizioni sacre e sulle arie da camera; famosa è la cantata per voce e pianoforte Giovanna d’Arco, la raccolta delle Soirées musicales,. Un’importanza particolare riveste un’altra raccolta di brani vari da lui ironicamente denominata «Péchés de viellesse», peccati di vecchiaia, in 14 fascicoli, composti nei momenti di lucidità che la malattia gli concedeva; vi trovano posto molti brani per pianoforte, musica da camera, musica corale. Queste composizioni non furono concepite per essere pubblicate, ma per un privato utilizzo nel salotto parigino frequentato da Rossini. In seguito la sua vena ispirativa si esaurì, anche perché nel 1831 Rossini fu colpito da una grave forma di esaurimento nervoso dalla quale non guarirà mai completamente. Ritornò in Italia (Bologna, Firenze) ma nel 1855 si ristabilì definitivamente in Francia (Passy, alle porte di Parigi). 6

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I tre esempi seguenti mostrano l’aria D’amore al dolce impero tratta dall’Armida. E’ una delle arie più virtuosistiche che Rossini abbia mai composto; la melodia principale riappare due volte con due diversi “procedimenti ” di coloratura

Scrisse anche una raccolta di studi vocali che chiamò Gorgheggi e Solfeggi / L’ultima fase creativa rossiniana vide la creazione del celebre Stabat Mater (iniziato nel 1841) e, nel 1863, la Petit messe solennelle, il suo ultimo grande capolavoro, per dodici cantanti (di cui 4 solisti), due pianoforti ed armonium. Qui le soluzioni timbrico - armoniche sono di inaudita audacia, vi si scorgono anticipazioni della musica del ‘900 che scavalcano completamente gli assunti romantici ai quali Rossini non si era mai completamente adeguato / La riscoperta del valore rossiniano è stata impiantata solo di recente, e le accuse ottocentesche mossegli dal mondo musicale romantico (ossia incapacità di conformarsi ai loro ideali di inquietudini e passioni) sono state confutate dalla moderna musicologia, che ha così avviato la strada per la riscoperta del suo vero, intrinseco valore: Rossini ha inglobato l’esperienza conclusiva del melodramma settecentesco ed illuminista, tracciando la via per le espressioni esplicitamente postromantiche. Storicamente è considerato il maestro dell’opera buffa italiana in quanto ebbe una fantasia musicale prodigiosa. Anche se la sua produzione buffa occupò i primi otto anni della sua carriera di operista, egli determinò il massimo sviluppo del genere buffo di matrice settecentesca, sviluppando il modello napoletano e perfezionandolo; molto personale infatti ful’uso ossessivo di brevi formule ripetute, l’uso del semi-parlato, oltre alla fittezza ritmica, alla grande perizia nell’uso della dinamica, con il suo originalissimo crescendo che Rossini usa parossisticamente fino al fortissimo nella ossessiva ripetizione delle stesse formule; il crescendo rossiniano sarà famosissimo, ed è uno dei suoi assunti musicali di maggior originalità.

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Rossini fu il primo compositore operista a scrivere le colorature vocali per esteso, e per questa sua prassi esigeva che i cantanti non si sbizzarrissero nelle libere fioriture vocali non segnate e seguissero le minuziose sue indicazioni “belcantistiche”. Le melodie rossiniane sono imperniate per la maggior parte su abbellimenti sviluppati (rigorosamente scritti)che diventano tutt’uno con la linea melodica principale. L’esempio seguente, tratto da Semiramide, ne è una testimonianza eclatante. 12

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Incipit melodici tratti dall’opera “L’Italiana in Algeri” di Rossini. Il maestro pesarese fu abilissimo nell’evidenziare gli effetti comici di una scena per mezzo di giochi di parole ed effetti fonetico-sonori (che discendono direttamente dalla tradizione delle opere buffe napoletane), come nel finale del primo atto “Nella testa ho un campanello”, e ancora di più nel terzetto di irresistibile comicità che accompagna il conferimento a Mustafà del “prestigioso” titolo di”Pappataci”.

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Esilarante scena tratta dall’Italiana in Algeri; foto di scena, regia, scene e costumi di Jean Pierre Ponnelle, direttore Claudio Abbado, Staatsoper, Vienna 1994. E’ il momento scenico dell’arrivo degli europei prigionieri nel serraglio. Taddeo non conosce ancora le nuove regole del gioco. Nelle due “opere turche” di Rossini l’elemento esotico è utilizzato dal compositore come fonte della comicità, la musica però è priva di rimandi orientali. 16

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“Il Turco in Italia”, la seconda delle due “opere turche” di Rossini. Nicola Rossi Lemeni interpreta magistralmente il ruolo di Selim. Teatro alla Scala. 1954 55.

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La prima del Barbiere di Siviglia di Rossini si ebbe a Roma, al Teatro Argentina, il 20 febbraio 1816: e fu uno dei più colossali fiaschi di tutta la storia dell’opera; in quel momento Roma credette che l’opera fosse morta irrimediabilmente. Ma proprio grazie all’esagerata critica, quella serata passò alla storia come la più famosa serata operistica di tutto il teatro d’opera romano. A spiegare in parte ciò che accadde concorrono alcune circostanze: sembra ad esempio che quella sera all'Argentina ci fosse parecchia gente pagata per fischiare l'opera di Rossini. Erano interessati al fiasco il compositore Giovanni Paisiello, che poco prima aveva musicato un'altra riduzione dell'opera di Beaumarchais e temeva la nuova opera, e l'impresario del Teatro Valle che temeva a sua volta la concorrenza dell'Argentina. Al di là di questi retroscena, tuttavia, sembra esserci stato dell'altro. Come ammise un giorno lo stesso Rossini in una lettera a Wagner, tutti fecero del loro meglio quella sera, per affossare il Barbiere. Il tenore che cantava la parte del conte d'Almaviva, ad esempio, fece ridere tutti quando, mentre cantava sotto la finestra dell'amata accompagnandosi con la chitarra, ruppe una corda dello strumento; poco dopo don Basilio scivolò sul palcoscenico e quando si rialzò versava abbondante sangue dal naso. Verso la fine dell'opera, infine, un gatto nero attraversò con aria spaesata il palcoscenico e questo contribuì per buona parte a far naufragare tutto nel ridicolo. In mezzo a quel finimondo Rossini si comportò con grande dignità. Secondo la consuetudine del tempo, quella sera egli suonava il cembalo e, quando più alti si levarono i clamori del pubblico, egli si alzò in piedi in mezzo ai colleghi dell'orchestra e applaudì ostentatamente gli interpreti, ringraziandoli per la buona volontà che avevano dimostrato. [Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation]

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La libertà di combinazione dei vari pezzi che compongono un’opera fu molto variegata fra i grandi compositori dell’800. un quadro schematico di base, ossia una sorta di riferimento dei tempi che in genere costituiscono una Scena e cavatina, o un duetto e un finale, può essere il seguente: SCENA: CAVATINA(Aria):

versi sciolti Cantabile Tempo di mezzo Cabaletta

PRELUDIO E SCENA: DUETTO:

versi sciolti Tempo d’attacco Cantabile Tempo di mezzo Cabaletta

FINALE:

Coro (introduttivo) Tempo d’attacco Brano concertato (che equivale al cantabile del duetto)

Tempo di mezzo Brano finale (Stretta, o comunque l’equivalente della cabaletta)

Ma con l’avvento dell’esempio wagneriano il mondo operistico si indirizzerà verso l’abbandono dei pezzi chiusi a vantaggio di una maggiore libertà e variegata nella costruzione del melodramma. Questa realtà la si può già riscontrare nell’ultimo Verdi, mentre Puccini prediligerà fin dall’inizio della propria carriera operistica l’utilizzo di forme libere.

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Per Rossini presentarsi nel tempio del melodramma, come già da molto tempo era considerata la città di Napoli, era un impegno grandissimo; era cosciente del fatto che la Napoli operistica non gli avrebbe perdonato nulla. L’episodio è da “leggere” come una sorta di sfida fra settentrione e meridione in ambito teatrale! I napoletani non avrebbero perdonato nulla ad un “estraneo” proveniente dal Nord, e con la pretesa di imporre le sue opere a Napoli (che si considerava la patria del melodramma). Date queste premesse il grande successo che ebbe la sua opera d’esordio a Napoli, ossia Elisabetta regina d’Inghilterra, 1815, assunse

una valenza di enorme portata per la carriera del maestro pescarese, che così divenne protagonista indiscusso della Napoli operistica fra il 1815 ed il 1822. Rossini ebbe modo di introdurre le innovazioni da tempo in uso nel Nord Italia anche nel mondo operistico napoletano, e tentò di compiere una sorta di unificazione nazionale in musica che già da tempo si era verificata nel campo della letteratura, e fra non molto si verificherà anche in campo politico. La lettera sopra riportata appartiene al carteggio di circa 246 lettere custodite dalla Fondazione Rossini inerente la corrispondenza del compositore con i propri genitori (principalmente), ma anche con la prima moglie Isabella, ed altri destinatari. In queste lettere, egli a caratteri cubitali informava i genitori dell’esito delle opere; e proprio questa lettera 56 è quella che informa l’amatissima madre (Anna Guidarini) circa l’esito dell’opera Elisabetta regina d’Inghilterra. Sull’intestazione della busta Rossini scriveva FURORE oppure FIASCO, a seconda dell’esito dell’opera (fiasco infatti fu amaramente riservato per l’opera Aureliano in Palmira), e tutto maiuscolo, affinché la madre ed il padre potessero sapere immediatamente com’era andata la “prima” della sua opera.

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VINCENZO BELLINI 18

(Catania 1801 - Puteaux, Parigi 1835)

Figlio di musicisti: Rosario era organista e maestro di cappella; il nonno, Vincenzo Tobia, si dedicava al teatro d’opera, Vincenzo Bellini ricevette le prime lezioni di musica dal nonno. Fu un talento musicale precocissimo: a sei anni aveva già composto la sua prima musica; seppe presto suonare l’organo, ed iniziò subito a comporre musica sacra; si mise in luce agli occhi del pubblico catanese dei salotti, tant’è che ottenne dal Comune di Catania, nel 1819, una borsa di studio per poter studiare al conservatorio di Napoli. Trasferitosi a Napoli studiò con G. Furno, G. Tritto e, soprattutto, con Nicola Zingarelli che lo avvicinò al melodramma napoletano e alla musica strumentale dei grandi classici, soprattutto Haydn e Mozart / Durante i sei anni napoletani Bellini conobbe personalità importanti del tempo quali: Mercadante, e F. Florino (che in seguito diverrà il suo biografo). Qui componeva musica sacra e da camera; A Napoli diede alle stampe la sua prima opera: la romanza da camera Dolente immagine / A conclusione degli studi napoletani Bellini presentò, nel saggio di fine corso del 1825, la sua prima opera, Adelson e Salvini, (opera semiseria) che riscosse un successo tale da fargli ottenere il suo primo incarico importante, la composizione di un’opera per il teatro San Carlo (Bianca e Fernando, poi rinominata Bianca e Gernaldo, 1826). Attirò subito l’attenzione del grande impresario Domenico Barbaja, il quale spinse Bellini a trasferirsi a Milano, ove nel 1827 Bellini compose un’opera per il teatro alla Scala, Il Pirata, che storicamente è la prima opera del Bellini maturo, e la prima opera nata dalla feconda collaborazione con il librettista Felice Romani, il quale fornirà a Bellini i libretti di tutte le sue successive opere sino alla penultima.

A Milano Bellini fu conteso dalla più alta aristocrazia per sei anni, dal 1827 al 1833, e visse con le sole ingenti entrate economiche che le sue opere riscuotevano (cosa non comune per i tempi). In seguito fu a Londra, dal febbraio all’agosto del 1833, e, tranne un breve viaggio a Napoli e nella natia Catania (ove gli fu riservata un’accoglienza trionfale), si fermò a Parigi dove conobbe e divenne amico dei più grandi esponenti della musica strumentale: Chopin e Liszt, che furono profondamente influenzati dal suo belcanto, come, del resto, tutto il mondo musicale del tempo. A Parigi strinse rapporti con Rossini, il quale fu molto affettuoso nei suoi confronti, e raccolse il plauso generale dell’ambiente intellettuale (Paër, Hugo, de Mussenet, ed il poeta tedesco Heine). A Parigi coltivò passioni amorose nei confronti di donne celebri (le cantanti Giuditta Pasta, Giuditta Turina e Maria Malibran, le prime storiche interpreti delle sue opere). Morì precocemente nel 1835 a causa di una grave malattia intestinale che lo tormentava da tempo. In soli otto anni di attività operistica, dal 1827 al 1835, Bellini creò i suoi immortali capolavori operistici, tutti del genere che convenzionalmente potrebbe definirsi serio, in quanto il compositore catanese non si sentì mai vicino al genere ove fu principe G. Rossini. Ma le motivazione estetiche belliniane trascendono tutte le tipologie convenzionali; i suoi personaggi sono intrisi delle maggiori inflessioni romantiche (dalla malinconia all’elegia, dal notturno alla follia). La sua poetica è profondamente influenzata dalla poesia sepolcrale inglese, dalla vocazione all’esilio di matrice foscoliana, dal concetto di amore come fatalità, attinto a piene mani dalla poesia di Lamartine (amore = dolore, mentre nel ‘700 amore = piacere) / La sua produzione operistica, oltre l’opera d’esordio Adelson e Slavini, consta di sole nove opere: Il Pirata (che determinò il suo trionfo alla Scala nel 1827) La straniera (sempre per il teatro alla Scala nel 1829) Bianca e Fernando (riproposta con il suo titolo originale per la riapertura del teatro Carlo Felice di Genova nel 1828) Zaira (uno dei due episodi di insuccesso della sua folgorante carriera, rappresentata a Parma nel 1829) I Capuleti e i Montecchi (rappresentati alla Fenice di Venezia nel 1830)

La Sonnambula Norma (i suoi più grandi capolavori, entrambi del 1831, insieme a I Puritani. Il 1831 fu l’anno più florido della sua vita; le due opere furono rappresentate rispettivamente al teatro Carcano e alla Scala di Milano)

Beatrice di Tenda (il secondo ed ultimo insuccesso rappresentata alla Fenice nel 1833), I Puritani (rappresentata pochi mesi prima della sua morte nel 1835 al Thèatre Italien di Parigi). E’ nel campo operistico che Bellini infonde tutte le sue migliori energie, infatti la produzione cameristica e strumentale fu nettamente in secondo piano rispetto a quella operistica / Di rilevante importanza è il fatto che i tempi di creazione belliniani, al contrario di quelli di Rossini, siano stati lunghissimi: egli impiegava un anno intero per comporre la musica per un’opera; ciò rispondeva alla sua concezione del lavoro come egli stesso scrisse in una lettera del 1828: «-..Io mi sono proposto di scrivere pochi spartiti, non più

che uno l’anno, ci adopro tutte le forze dell’ingegno, persuaso come sono che gran parte del loro buon successo dipenda dalla scelta di un tema interessante, da accenti caldi di espressione, dal contrasto delle passioni-». 12

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La gestazione molto lunga delle opere è la testimonianza della sua visione prettamente romantica dell’opera in musica. E’ la melodia, la purissima melodia, il fulcro totale dello stile belliniano; il suo canto è spianato, intriso da un inconfondibile pathos lirico, e rifugge dal canto fiorito meramente virtuosistico. Il suo belcanto ha segnato e soggiogato tutto il mondo musicale operistico e non. Chopin come Liszt, al pianoforte, furono profondamente influenzati dall’estetica belcantistica belliniana. La sua sublime concezione melodica non conosce asimmetrie, le sue frasi comportano sempre l’impiego di 4 + 4 o 8 + 8 battute. Sobrietà di stampo classico unita ad inusitata enfasi lirica hanno conferito alla sua scrittura vocale quella eterna bellezza e sublime vocalità rimaste insuperate nella storia del melodramma.

“Ah non credea mirarti”, celeberrima Scena e Aria di Amina tratta dalla parte finale di uno dei tre grandi capolavori belliniani, La Sonnambula. E’ l’esempio tipico di melodia d’ampio respiro, lunga, dalla continuità incessante. L’arco melodico consta di 11 battute, dopodiché l’oboe intona una linea melodica in modalità maggiore ove la seconda parte è cantata da Elvino ed Amina conclude ritornando nella modalità minore; questa alternanza maggiore - minore è uno dei tratti distintivi della scrittura musicale belliniana.

La scrittura orchestrale fu il vero neo belliniano, la sua tecnica musicale è generalmente scarna. Recentemente Ildebrando Pizzetti definì Bellini come il più puro e lirico compositore di tutto il teatro musicale dell’ottocento. Egli sintetizzò tutti gli insegnamenti di Zingarelli ed apprese la vitalità rossiniana sposandoli, nella maturità, con gli ideali del Risorgimento (come si evince, ad es., in «Suoni la tromba e intrepido» da I Puritani, definita “la marsigliese italiana”). Peculiarità del lirismo belliniano è il crescendo lirico impiegato sui tempi lenti che infonde una dilatazione melodica ed una massima intensificazione della sensualità, appoggiata su di una scrittura armonica imperniata su frequenti scambi di modalità (maggiore e minore) unita ad un parsimonioso uso delle dissonanze e modulazioni ai toni lontani / Per molti versi la forma vocale belliniana si impernia ancora sui modelli del melodramma settecentesco, con pezzi chiusi, ma questi vengono plasmati alle diverse esigenze sceniche. Bellini non intese maggiormente la necessità di mettere in risalto la psicologia del personaggio trattato, ma si preoccupò di intensificare il senso, il clima scenico; l’orchestrazione, saldamente imperniata sulla lezione classica attribuibile agli insegnamenti di Zingarelli, si colora di espressioni sensuali espresse tramite l’uso efficace dei colori timbrici, ove, specie nelle zone centrali delle arie, viene fatta “sentire” pienamente per sottolineare i più intensi motivi e gli spunti melodici.

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Con Bellini e Donizetti il Tenore si afferma come la voce cardine dell’orizzonte vocale e drammatico: è la voce romantica per eccellenza.

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Maria Callas interpreta Norma. Teatro alla Scala, 1955.

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GAETANO DONIZETTI (Bergamo 1797 - 1848) 23

Fu il più prolifico operista ottocentesco: il suo catalogo conta più di settanta opere, fra serie, semiserie, buffe, farse, grand - opèra e opèra - comiques / Per l’amico - rivale Bellini compose una Messa da Requiem in re min. nel 1835 / Di umili origini, iniziò a studiare musica a Bergamo nel 1806 grazie al personale interessamento e alle lezioni del compositore Simone Mayr, che lo seguì fino al 1815, quando Donizetti poté entrare al Liceo filarmonico di Bologna per perfezionare le proprie conoscenze di contrappunto con padre Simone Mattei. La sua formazione musicale fu improntata sui modelli classici viennesi direttamente appresi da Mayr; al rientro a Bergamo Donizetti compose musica da camera, e precisamente: 28 cantate con accompagnamento d’orchestra o pianoforte, musica vocale religiosa, 19 quartetti per archi, ecc. appartenenti al primo periodo in cui egli sentiva l’esigenza del guadagno. I suoi primi melodrammi presentano l’influsso di G. Rossini (Enrico di Borgogna, la sua prima opera, Venezia 1818, Il falegname di Livonia, 1819). Legate al teatro rossiniano sono pure le opere La zingara (semiseria) e La lettera anonima (farsa) entrambe

date a Napoli nel 1822 / Donizetti conobbe un grande successo nei teatri centro - meridionali dell’Italia, ciò fu la testimonianza che nei teatri del nord (figli di un ambiente più colto e politicamente più teso) vennero presto soppiantate le vecchie scuole operistiche settecentesche. Infatti modesto fu il debutto alla Scala con Chiara e Serafina (1822), mentre molto più successo ebbero le sue opere buffe L’Ajo nell’imbarazzo ed Emilia di Liverpool (1824), Gabriella di Vergy (1826), Le convenienze ed inconvenienze teatrali (1827, farsa su testo composto da lui stesso, in seguito divenne un’opera buffa in due atti), L’esule di Roma (1828). L’opera Il Paria, 1829, fu un fiasco. Tutte queste opere vennero composte per i teatri romani e napoletani. Successivamente Donizetti instaurò un felice rapporto collaborativo con Felice Romani, e nacquero Anna Bolena (Milano, 1830, fu un grande successo), Parisina (Firenze, 1833), L’Elisir d’Amore (opera comica, Milano, 1832) e Lucrezia Borgia (Milano 1833); in queste opere Donizetti rende esplicita la sua vena giocosa, con invenzioni fresche e spunti popolari intrisi di lirismo melanconico. Le opere successive, ossia Maria Stuarda (1834), Marin Faliero (1835) e, soprattutto, Lucia di Lammermoor (Napoli 1835, su libretto di Salvatore Cammarano) ostentano una raffinata stratificazione delle voci e dei timbri orchestrali; qui il canto Donizetti lo plasma in semplicissime frasi, frammenti divaganti, ariosi, recitativi nudi. Nel momento storico della prematura morte di V.Bellini (con il quale ebbe spesso contrasti) e della non ancora affermata posizione di G. Verdi, Donizetti si trovò ad essere il massimo operista italiano. Si stabilì a Napoli per dieci anni ove conobbe i più lusinghieri consensi. In questo periodo la collaborazione con il librettista S. Cammarano portò alla creazione delle opere Belisario (1836) Pia de’Tolomei (1837) Roberto Devereux (1837) Maria di Rudenz (1838), Poliuto (1838). In queste opere l’amore viene trattato nella pienezza dello stile romantico, quindi infelicità, amore e morte ecc. / Fa eccezione l’opera L’assedio di Calais (1836) sempre su testo di Cammarano; questo fu un raro esempio di opera imperniata sulle tematiche di un popolo vittima delle aggressioni. Il 1838 fu un anno triste per Donizetti: perse la moglie Virginia Vasselli, e non fu nominato direttore del conservatorio di Napoli; la sua opera Poliuto venne censurata. Egli si trasferì in Francia ove, grazie all’appoggio di Rossini, conobbe il successo nei teatri parigini. Opere di questo periodo sono: Le duc d’Albe (su libretto di Eugene Scribe e Devèyrier, rimasto incompiuto), La fille du règiment (opera comica), Les Martyrs (versione francese su libretti di Scribe di Poliuto) e La Favorita, tutte del 1840. Successivamente rientrò in Italia e, assistendo al Nabucco di Verdi alla Scala di Milano, si impegnò a diffondere l’opera verdiana a Vienna / Nel 1843 a Parigi fu dato il suo capolavoro giocoso Don Pasquale, il grand - opèra Dom Sebastien (sempre su libretto di E.Scribe) e al San Carlo di Napoli venne allestita l’opera Caterina Cornaro (1844) / A Parigi, nel 1845, Donizetti fu colpito da una paralisi cerebrale che lo tormenterà per tre anni prima di morire. Per lungo tempo, specie per tutto l’ottocento, Donizetti è stato considerato come un operista di levatura inferiore a Bellini, tranne che per tre suoi lavori, unanimemente considerati i suoi capolavori: Elisir, Lucia e Don Pasquale; ma da trent’anni a questa parte la moderna musicologia ha fatto cambiare rotta a tale vetusta opinione / Donizetti fu l’inventore del baritono «romantico», concepito quasi come avversario del tenore (che rispecchia sempre più non tanto i canoni belcantistici italiani, ma gli esempi francesi), e sua fu l’iniziativa di concentrare il dramma in un susseguirsi di brani di grande brevità; questi furono assunti che tanto influenzarono il giovane Verdi. Donizettiana è pure l’assunzione di una eroina, ossia la scelta di una protagonista donna dalle virtù eroiche che soccombe per morte violenta o pazzia; questo assunto è il fulcro delle vicende di amore - morte.

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SAVERIO MERCADANTE (Altamura, Bari 1795 - Napoli 1870)

Importante figura operistica italiana. Trasferitosi dalla Puglia a Napoli per completare la formazione musicale, studiò con Nicola Zingarelli, al quale sarebbe successo, dal 1848 alla morte, nella direzione del Conservatorio napoletano di San Pietro a Majella. La sua carriera di operista ebbe inizio molto presto con la rappresentazione, nel 1819, del melodramma L'apoteosi di Ercole al San Carlo di Napoli. La sua ricca produzione, che comprende una cinquantina di opere, tra serie, semiserie e comiche, gli avrebbe procurato una grandissima popolarità in Italia e all'estero. Egli raggiunse massima fama verso la fine degli anni Trenta con le opere Il giuramento (1837), Le due illustri rivali (1838) o Il bravo (1839). Con l’opera La Vestale egli venne giudicato dal pubblico allo stesso livello degli altri tre grandi operisti dell'epoca: Gioacchino Rossini, Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti. Mentre il musicista era ancora in vita, le sue composizioni persero tuttavia il favore del pubblico e presto egli fu relegato nell'ambito dei minori. Solo negli ultimi decenni la critica ha rivalutato la musica di Mercadante, evidenziandone l'originalità e l'interessante contrasto tra la modernità prettamente romantica delle forme e del linguaggio e gli aspetti conservatori di un classicismo mai rinnegato / Mercadante scrisse anche musica sacra (tra cui 20 messe, l'oratorio Le ultime parole di Nostro Signore), orchestrale (la Sinfonia Garibaldi, un concerto per corno), cantate e musica da camera. 27

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GIUSEPPE VERDI 29

(Roncole di Busseto, Parma 1813 - Milano 1901)

Dominatore del teatro musicale italiano per oltre mezzo secolo. Di origini molto modeste anch’egli, come Donizetti, ebbe una travagliata crescita musicale in giovinezza. Iniziò gli studi con l’organista della chiesa di Roncole, frequentò il liceo Ginnasio di Busseto ove continuò a studiare organo; già a quindici anni iniziò a comporre musica sacra e profana. Incontrò non poche difficoltà per poter proseguire gli studi musicali fuori provincia (non ebbe aiuti economici, e a Milano non fu accettato al conservatorio). Prese lezioni private da Vincenzo Lavigna (operista e maestro concertatore al cembalo alla Scala); frequentò l’ambiente del teatro alla Scala negli anni in cui imperava il repertorio donizettiano e di Mercadante dai quali fu influenzato per la sua formazione operistica / Nel 1836 gli venne assegnato un posto di maestro di musica nel comune di Busseto e sposò Margherita Barezzi (figlia del suo protettore). La sua prima opera fu Oberto conte di San Bonifacio (su libretto di A. Piazza) che venne rappresentato alla scala di Milano nel 1839, ed ebbe buon esito; la stagione successiva venne eseguita la prima delle sue due opere comiche, ossia Un Giorno di Regno (su un vecchio libretto di F. Romani), ma fu un fiasco.

Lo stesso anno Verdi patì la morte della moglie insieme ai suoi due figli; ciò lo fece piombare in una situazione di profondo sconforto; pensò di abbandonare Milano, ma l’impresario che curò la rappresentazione della sua prima opera (B. Merelli) ebbe un ruolo determinante nel convincerlo a non abbandonare. Verdi riprese il lavoro e musicò un libretto di T. Solera, Nabucodonosor (Nabucco), che venne rappresentato alla Scala il 9 Marzo 1842. Fu un grande successo oltre ogni aspettativa, che si ripeterà l’anno seguente con I Lombardi alla prima crociata (sempre su libretto di Solera). L’efficacia drammatica dei due lavori fu notevole, anche se i libretti di Solera, molto inclini a scene di massa, al grande patriottismo e privi di concisione, non permisero a Verdi di mostrarsi nelle sue piene qualità operistiche / Verdi fu molto sensibile al principio all’essenzialità dell’effetto, principio che ha determinato il successo del Nabucco, ed in seguito cercò un librettista che meglio rispondesse alle sue esigenze, al suo carattere tirannico, al quale il librettista doveva plagiarsi. Con Francesco Maria Piave, il problema venne risolto. Nacque Ernani (tratta da V. Hugo e dato a Venezia nel 1844); qui è presente già tutto il mondo drammatico verdiano: conflitto fra protagonisti (triangolo soprano - tenore -baritono). L’opera è imperniata su una vicenda popolare e romantica. Verdi divenne improvvisamente popolare, e la sua popolarità venne associata alla fama di patriottismo che alimentava l’animo degli italiani alla vigilia dei moti insurrezionali del 1848; sui muri milanesi veniva scritto Viva V.E.R.D.I. (Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia). Verdi incontrò il favore del grande pubblico perché la conduzione drammaturgica dei suoi personaggi, tutta tesa verso l’ostentazione dello scontro eroico di elevato sapore romantico, trovò un obiettivo riscontro nella realtà passionale ed eroica del primo risorgimento. Dopo Ernani Verdi fu travagliato da un lungo periodo di lavoro per cercare una sua più personale realizzazione melodrammatica; questi anni egli stesso li definì «anni di galera», ove si impegnò a conquistare il primato nell’ambiente operistico, lasciato libero da Donizetti. Nacquero in questo periodo le opere I due Foscari (1844, su libretto di Piave), Giovanna d’Arco (1845, ove lavorò di nuovo insieme a Solera). L’ultima collaborazione con Solera la ebbe con l’opera Attila (1846); qui vengono sperimentate nuove vie drammaturgiche, come la creazione di una cupa figura di tiranno / In seguito, con maggiore attenzione all’orchestrazione, nacque Macbeth (1847), su libretto di Piave; il protagonista qui è femminile (Lady Macbeth); essa manifesta il suo carattere romantico su allucinanti scene di sfondo. Agli «anni di galera» appartengono anche Il Corsaro (1848), e La battaglia di Legnano (1849, su libretto di Cammarano). Sulla scorta dell’esperienza di Macbeth Verdi sentì l’esigenza di creare nuovi personaggi. Successivamente gli venne affidato l’incarico di direttore dell’Opéra di Parigi; rielaborò così l’opera I Lombardi facendola diventare un grand - opéra rinominata Jerusalem. Del 1849 è Luisa Miller: qui Verdi ritornò alla poetica di Schiller; la vicenda operistica di Luisa Miller è intima e tormentata. Con Luisa e con la successiva Stiffelio Verdi sancì la conquista di nuovi traguardi drammaturgico. Nei tre anni dal 1851 al 1853 Verdi realizzò la sua prima grande produzione operistica, la cosiddetta trilogia popolare, Rigoletto, Trovatore, Traviata. Ha già acquistato grande fama e con questa trilogia, ove il compositore impiega un lungo periodo di creazione (un anno circa per opera), la sua popolarità arriva a livelli ancora più alti. Una grande padronanza di mezzi espressivi accomuna le tre opere. Rigoletto (su libretto di Piave, andato in scena a Venezia nel 1851) ampliò i confini del teatro romantico italiano: qui la figura paterna presentata si tinge di connotati più inquietanti entrando in conflitto con la corte di Mantova corrotta. Il Trovatore (Roma 1853, su libretto di Cammarano) è un dramma puro; presenta un tradizionale conflitto fra tenore e baritono per il possesso della donna amata immersa in una ambientazione popolare di sanguigno carattere. Due mesi dopo va in scena la Traviata a Venezia (libretto di Piave); qui il dramma popolare cede il posto a quello borghese, non vi sono connotati eroici ma i problemi della vita quotidiana. L’opera venne clamorosamente fischiata (soprattutto per l’audacia del soggetto); ma l’anno dopo presentata in un altro teatro veneziano, l’opera venne pienamente accolta. 22

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Ognuna delle tre opere della trilogia ha una veste diversa, ma tutte presentano lo stesso segno drammaturgico deciso e quegli stilemi formali (ossia cabalette, accompagnamenti puntati e arpeggiati) che saranno il bersaglio delle accese critiche dei suoi sterili denigratori / Dopo la trilogia la produzione verdiana sarà segnata da un tempo di lavoro ancora più lungo. Verdi convive con Giuseppina Stepponi (soprano, prima interprete del Nabucco, che sposerà nel 1859) e segue attentamente la produzione operistica europea con particolare attenzione alla Francia. Nasce infatti nel 1855 un grand - opéra, Les vespres siciliennes su libretto di E. Scribe, seguita da Simon Boccanegra (1857) su libretto di Piave. Sono anni di maturazione formale che porteranno alla creazione di un altro grande capolavoro Un Ballo in Maschera (1859, libretto di Antonio Somma); opera tormentata dalla censura ove si fondono l’esperienza francese (soggetto e struttura provenienti dal grand - opéra) con quelle italiane. Qui Verdi rinuncia alle cabalette a favore di un Leitmotiv per esternare l’amore impossibile di Riccardo per Amelia; imperante è il tema del fato. Nella successiva opera, Forza del destino (1862, libretto di F.Piave, data a San Pietroburgo) il tema del fato è di principale importanza; Verdi qui riprende alcune strutture formali del vecchio melodramma, con tinte violente e molti colpi di scena. Il fato avverso dominerà anche la successiva opera Don Carlos (grand - opéra, su libretto del francese M. Du Locle; Parigi 1867), una tenebrosa storia di ragion di stato e personaggi dilaniati. Su richiesta del Kedivè d’Egitto per celebrare l’apertura del canale di Suez, Verdi realizzò uno fra i più grandi ed immortali capolavori del melodramma ottocentesco, Aida (1871, grand - opéra su libretto di Ghislanzoni, andata in scena al Cairo); l’orchestrazione viene trattata con particolare riguardo all’ambientazione esotica (di gusto francese), e molta attenzione è riposta per le raffinate danze. Dopo Aida, Verdi compose con spazi di tempo sempre più lunghi e coltivò altri generi: del 1873 è il Quartetto per archi in Mi magg. L’anno seguente vide la luce la sua Messa da Requiem (già abbozzata per la morte di Rossini ma successivamente dedicata a Manzoni). Di questo periodo sono i quattro pezzi sacri, fra cui la celebre Ave Maria per coro, ove Verdi ampliò le possibilità armoniche con l’innovativa scala “enigmatica” (come egli stesso la chiamava), molto protesa verso l’atonalità; lo Stabat Mater ed il Te Deum per coro e orchestra, ecc. / Sono gli anni dell’affermazione della «giovane scuola italiana» dalla quale Verdi si tenne prudentemente distante. Arrigo Boito, uno dei suoi più accesi criticatori, divenne in seguito collaboratore di Verdi per l’ultima produzione del Maestro di Roncole; il vecchio melodramma era già da tempo oggetto di aspre critiche cosicché Verdi affidò a Boito il compito di rifare il libretto di Simon Boccanegra, ma egli non cedette mai al wagnerismo. Nell’ultima grande opera verdiana, Otello, del 1887 (su libretto di Boito) venne definitivamente superata la concezione del pezzo chiuso, e si condensò in essa tutta l’esperienza maturata in decenni di produzione melodrammatica. Nel 1893 con Falstaff (la sua seconda opera comica, sempre su libretto di Boito) Verdi si congedò dalla produzione operistica. Falstaff rappresenta una sorta di addio malinconico al mondo operistico. 23

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Stampa d’epoca risalente al periodo della collaborazione fra Giuseppe Verdi ed Arrigo Boito, 1890.

Rara fotografia ritraente l’anziano Giuseppe Verdi nel giardino della “Casa Verdi”, Milano, negli ultimi anni.

Fotografia scattata durante i funerali di Giuseppe Verdi. Milano gennaio 1901.

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Il suo completo catalogo operistico consta di 26 lavori, realizzati fra il 1839 ed il 1893, così come segue: Oberto, conte di San Bonifacio Un giorno di regno o il finto Stanislao (opera buffa) Nabucco I Lombardi alla prima crociata (ver. franc. Jerusalem) Ernani I due Foscari Giovanna d’Arco Alzira Attila Macbeth I Masnadieri Il Corsaro La battaglia di Legnano Luisa Miller Stiffelio Rigoletto Trovatore Traviata I vespri siciliani Simon Boccanegra Un ballo in maschera Don Carlo (ver. franc. Don Carlos) Aida Otello Falstaff (opera buffa)

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1839 1840 1842 1843 1844 1844 1845 1845 1846 1847 1847 1848 1849 1849 1850 1851 1853 1853 1855 1857 1859 1867 1871 1887 1893

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Tratto dal III atto del Rigoletto il quartetto “Bella figlia dell’amore” è un mirabile esempio di “polifonia di sentimenti”, della capacità verdiana cioè di scolpire e simultaneamente differenziare la situazione psicologica dei singoli personaggi; il tutto è affidato alla vocalità, e Verdi fa sfoggio della sua altissima maestria compositiva per caratterizzare distintamente ciascuno dei quattro personaggi con un andamento ritmico melodico ben distinto.

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Falstaff; foto di scena con Giuseppe Taddei nel ruol o di Falstaff. Regia di Filippo Sanjust, direttore Sir George Solti, Staatsopera, Vienna, 1980. Falstaff è un personaggio immortale, ama i piaceri della vita come Don Giovanni, è burlone, è un instancabile sognatore ed avventuriero come Don Chisciotte.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. II e III Vol. Pestelli, Giorgio, L’età di Mozart e di Beethoven, Storia della Musica, sesto volume, Torino, EDT, 1977 Casini, Claudio, L’Ottocento II, Storia della Musica, ottavo volume, Torino, EDT, 1978

1, 7, 8, 9, 10, 14, 15, 16, 17, 20, 21, 22, 24, 25, 26, 28, 33, 34, 35, 36, 37, 38 Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000

Bianconi, Lorenzo, (a cura di), La Drammaturgia Musicale, Bologna, Il Mulino, 1986 “ “ , Il Teatro d’Opera in Italia, Bologna, Il Mulino, 1993 Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation

2 www.ricordi.it 3, 4 www.radio.rai.it 5, 18, 30, 32, www.cs.princeton.edu 6 www.mascagni. Org 11 Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori 12, 13, 19 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. III Vol 17 a Amadeus, il mensile della grande musica, anno XVI numero 11, Novembre 2004. De Agostini Rizzoli periodici 23 www. jpaubel.chez.tiscali.fr 27 www.comune.altamura.ba.it 29, 31 www.unipr.it

Amadeus, il mensile della grande musica, anno XVI numero 11, Novembre 2004. De Agostini - Rizzoli periodici www.giuseppeverdi.it www.ricordi.it www.radio.rai.it www.liberliber.it www.mascagni. Org www.cs.princeton.edu www.comune.castellarquato.pc.it www. jpaubel.chez.tiscali.fr www.comune.altamura.ba.it

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L’OPERA ITALIANA NELL SECONDO OTTOCENTO: LA GIOVANE SCUOLA. PUCCINI

Per tutto il primo cinquantennio dell’ottocento in Italia vennero rappresentate solo opere italiane. Nel 1871 al Teatro Comunale di Bologna venne realizzata la prima rappresentazione italiana del Lohengrin di Wagner, e l’anno successivo il Teatro alla Scala di Milano vide la prima rappresentazione del Franco Cacciatore di weber. La rappresentazione dopo il 1850 di opere di Meyerbeer, Weber e Wagner segnò l’inizio del favore italiano verso l’opera tedesca e francese, che, unito al malcontento dei musicisti italiani per l’opera italiana, fece nascere un movimento atto a rinnovare il melodramma nazionale. Questo movimento si appoggiò alla Scapigliatura ed i musicisti che ne fecero parte divennero antiverdiani.

AMILCARE PONCHIELLI (Paderno Fasolaro, Cremona 1834 - Milano 1886) 1

Studiò al Conservatorio di Milano e fu quindi organista e direttore di banda a Cremona. Divenne in seguito maestro di cappella in Santa Maria Maggiore a Bergamo, incarico che mantenne per più di vent'anni. Dal 1883 insegnò al Conservatorio di Milano, dove furono suoi allievi Puccini e Mascagni, prima che una polmonite lo stroncasse tre anni più tardi. Non ebbe difficoltà ad affermarsi come operista: dopo il successo dei Promessi Sposi dato a Milano (1872), ebbe l'appoggio dell'editore Ricordi, il che favorì la rappresentazione al Teatro alla Scala dell'opera I Lituani (1874). Seguì la collabo-

razione con il librettista Arrigo Boito che, pur tra riserve e perplessità di Ponchielli, scrisse il libretto di quella che fu la sua opera più riuscita: La Gioconda (1876 1880). Il libretto realizzato da Boito si ascrive al gusto tipico del grand - opèra. Celeberrima è la danza delle ore, di chiara ascendenza francese, che, insieme a tutte le danze, rappresenta la precipua volontà della ricerca dello spettacolo che Ponchielli volle per quest’opera. Gli eccessi violenti e grotteschi del libretto sono bilanciati dalla varietà e dalla ricchezza della musica che, pur cercando gli effetti spettacolari, non perde il proprio carattere di raffinatezza. ALFREDO CATALANI (Lucca 1854 - Milano 1893) 2

Studiò composizione al liceo musicale di Lucca e poi al Conservatorio di Milano, dove frequentò gli ambienti musicali e letterari della scapigliatura. Milano rimase il centro della sua attività di compositore fino alla morte, nonostante i soggiorni sulle montagne svizzere imposti dalla tubercolosi. Fu amico di Arturo Toscanini, che ne apprezzò e diresse le opere. Dopo La falce (1875) ed Elda (1880), scrisse Loreley (1890), che di Elda è una profonda rielaborazione, e La Wally (1892), il suo lavoro più conosciuto, in cui si precisò il mondo poetico dell'autore.

Formatosi al di fuori dell'influenza di Verdi, Catalani fu vicino al clima di raffinato estetismo della scapigliatura milanese, avviata verso fine secolo a esiti crepuscolari. Uomo con interessi di ampio respiro, musicista colto e ferrato non solo nel campo dell'opera, Catalani accolse in parte le novità armoniche di Wagner e ammirò il verismo francese di Zola, guardando alla civiltà musicale d'Oltralpe come modello per le sue accurate parti orchestrali / Fu il precursore degli operisti della giovane scuola italiana. 1

LA GIOVANE SCUOLA Durante tutto l’800 il melodramma romantico italiano vedrà un graduale processo di sfaldamento amplificato grandemente dall’imposizione del modello del grand opèra, dell’opèra lyrique francese, unitamente al “faro” wagneriano. Il melodramma italiano dell’ultima decade dell’800 è incentrato su modelli melodrammatici che si ascrivono alla retorica romantica, e rimodellato profondamente dagli influssi francesi verrà denominato Verista. L’Italia a cavallo fra i due secoli vedrà primeggiare cinque compositori che verranno etichettati come velisti: Leoncavallo, Puccini, Cilea, Mascagni, Giordano; essi si imposero nei teatri italiani fino a prima della I guerra mondiale. I compositori “veristi” abbandonarono l’antica omogeneità formale del melodramma a favore di una vocalità maggiormente veemente, ed un’orchestra più sofisticata. Dal punto di vista letterario si trascesero i “limiti” estetici della corrente letteraria propria del verismo, per cui la loro opera melodrammatica, che era così molto più originale, venne “etichettata” con il termine di Giovane scuola (anche se opera verista rimane ancora oggi il termine che identifica la loro produzione). Verismo: la corrente letteraria che fa capo a Giovanni Verga, e Luigi Capuana; essi sono testimoni del mondo dei poveri, della vita “vera”. I compositori veristi riportano sulla scena vicende della vita di tutti i giorni ove il pubblico poteva rispecchiarsi con i personaggi presentati. Cavalleria Rusticana di Mascagni, e Pagliacci di Leoncavallo segnarono la nascita e l’affermazione del nuovo genere verista / Lo stile di canto accomunò l’opera dei veristi; esso traeva le mosse dal declamato melodico verdiano caricato da modi espressivi accesi ed agitati / I compositori “veristi” arrivarono al successo con una sola opera.

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RUGGERO LEONCAVALLO (Napoli 1857 Montecatini, Pistoia 1919) c

Il primo storico esponente della giovane scuola, e del verismo, studiò musica al Conservatorio della città natale, mentre all'università di Bologna seguì i corsi di letteratura tenuti da Giosuè Carducci. Dopo alcuni anni di permanenza in Egitto e in Francia, (ove si guadagna da vivere suonando nei caffè) 3 fu ispirato forse dalla trilogia popolare di Giuseppe Verdi nel progettare la composizione di una trilogia sul Rinascimento italiano: I Medici, Savonarola, Cesare Borgia, ma riuscì a completare soltanto la prima opera rappresentata nel 1893. Particolarmente colpito da Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, Leoncavallo nel 1892 compose, su suo libretto, ed in soli cinque mesi, il suo più grande capolavoro: I Pagliacci, opera tratta da un fatto di cronaca nera realmente accaduto (> un tale Montalto Uffugo, che anni addietro era stato giudicato dal padre del compositore, magistrato, a Cosenza). L'opera riscosse un grande successo fin dalla prima rappresentazione, che si tenne a Milano nel 1892 sotto la direzione di un giovanissimo Arturo Toscanini. L’Opera, di grande forza espressiva e di immediato impatto, conserva ancora oggi un'immutata popolarità, ed è entrata nel repertorio di grandi voci storiche come Enrico Caruso e Titta Ruffo. Nel 1897 compose una Bohème, tentando così di rivaleggiare con Puccini; l’opera riscosse solo un tiepido successo, e venne messa subito in ombra dall'omonimo capolavoro pucciniano, andato in scena un anno prima. Con quest’opera inizio il processo della sua decadenza. Leoncavallo scrisse numerose altre opere liriche (come Zazà, 1900). Compose anche operette (tra cui La reginetta delle rose, 1912, e La candidata, 1915, entrambe su libretto di G. Forzano) e romanze da salotto . 2

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UMBERTO GIORDANO (Foggia 1867 - Milano 1948) Studiò a Napoli. Le prime sue due opere, Mala Vita (rielaborata e ribattezzata Il Voto, era presentata a Roma nel 1892) e Regina Diaz (1894), ebbero alterna fortuna: accolte con riserve dalla critica, furono in parte apprezzate a Vienna e a Berlino, ma caddero miseramente a Napoli. Licenziato dal proprio editore e in serie difficoltà economiche, fu aiutato dal compositore Alberto Franchetti che gli cedette il libretto di Andrea Chénier, scritto da Illica originariamente per lui. L'opera fu rappresentata al Teatro alla Scala di Milano nel 1896 e riscosse un successo al di là di ogni previsione, facendo di Giordano un autore acclamato sia in Italia che all'estero. Seguirono Fedora (1898), Siberia (1903), La cena delle beffe (1924) e Il Re (1929). Negli ultimi anni la sua produzione andò diradandosi, in concomitanza con l'esaurirsi delle motivazioni poetiche e musicali della scuola verista, cui Giordano apparteneva. Il suo primo dramma, Mala Vita, era stato un manifesto di questa tendenza: una storia di miseria e squallore improntata all'impossibilità di cambiare il proprio destino. Con le opere successive l'autore mise a punto uno stile che, senza rinunciare ai toni forti e drammatici, distribuiva sapientemente la tensione lungo i vari episodi della vicenda, sottolineandone i momenti culminanti con commenti musicali a effetto. 5

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PIETRO MASCAGNI

(Livorno 1863 - Roma 1945)

Studiò nella città natale e in seguito a Milano con Amilcare Ponchielli. Allontanato dal Conservatorio per indisciplina, iniziò la carriera di direttore d'orchestra con varie compagnie d'operetta. Si oppose in prima persona all’influsso del eagtime e della musica nera in Italia. Nel 1886, durante una tournée, si fermò a Cerignola, in Puglia, dove divenne direttore della scuola musicale. Qui compose il suo lavoro più celebre, l'opera Cavalleria rusticana (1890), con la quale vinse il concorso per operisti bandito dall’editore Sonsogno nel 1889; l’opera andò in scena l’anno dopo al teatro Costanzi di Roma, ed ebbe un’accoglienza trionfale che ancora oggi si ripete in tutti i teatri del mondo. L’opera è basata su una novella dello scrittore siciliano Giovanni Verga e riscosse un successo strepitoso. E’ ancora oggi considerata uno dei migliori esempi del verismo operistico, che mette in scena la potenza delle emozioni. Il grande favore del pubblico verso quest'opera influenzò altri compositori italiani come Ruggero Leoncavallo e Umberto Giordano / Mascagni compose 15 opere, un'operetta e un balletto, oltre a musica sinfonica e musica sacra, ma solo Cavalleria rusticana e L'amico Fritz (1891) vengono regolarmente ancor oggi messe in scena. 6

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FRANCESCO CILEA

(Palmi, Reggio Calabria 1866 Varazze, Savona 1950)

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Studiò composizione a Napoli, diplomandosi nel 1889. fu un valente di data presso il conservatorio di Firenze (dal 1896 al 1904), di Palermo (dal 1903 al 1916), e di Napoli dal 1916 al 1935. Nello stesso anno il Conservatorio lo incaricò di scrivere un'opera da rappresentare nel teatro dell'istituto: nacque così Gina (1889). A questa seguirono altri melodrammi, tra cui Tilda (1892, molto influenzata dalla Cavalleria Rusticana di Ma scagni). I suoi più grandi capolavori furono le opere L'Arlesiana (1897), e Adriana Lecouvreur (1902), che decretarono la sua affermazione su scala internazionale. Molto meno conosciuta è l’opera Gloria (1907). Dopo la tiepida accoglienza ricevuta da quest'ultimo lavoro, Cilea smise quasi completamente di comporre, ritirandosi in silenzio per oltre quarant'anni. Personalità tormentata e complessa (attribuiva gli occasionali insuccessi delle sue opere a una congiura contro di lui), appartenne alla generazione di musicisti che, tra la fine dell'Ottocento e la prima guerra mondiale, praticarono l'opera "verista", pur non potendo rientrare appieno nei canoni dello stile. Alla passione per il realismo tragico e truculento della giovane scuola italiana, Cilea contrappose un'indole lirica e delicata che sottolineava le sfumature e i toni sognanti, e che lo distingueva da Mascagni e da Leoncavallo. Nelle due opere più riuscite, L'Arlesiana e Adriana Lecouvreur, i sentimenti sono espressi pudicamente e le delicate melodie immergono con discrezione i personaggi in un'atmosfera di meditazione e rimpianto.

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GIACOMO PUCCINI (Lucca 1858 -

Bruxelles 1924)

Il più importante compositore d’opera dopo Verdi / Ultimo figlio di una famiglia di musicisti da cinque generazioni, Giacomo rimase orfano del padre Michele (organista e maestro del coro di Lucca) a soli 6 anni. Seguì gli studi ginnasiali e musicali nel locale Istituto Musicale; in seguito il Maestro Carlo Angeloni (insegnante di Catalani) ne curò la formazione musicale, facendo scoprire al giovane Giacomo la sua vena teatrale / Agli anni lucchesi appartengono le prime composizioni, che furono di genere sacro: Plaudite populi (mottetto, 1877), un Credo e la Messa a quattro voci con orchestra / Nel 1880 si trasferì a Milano, dividendo l’appartamento con Mascagni, ove studiò con Ponchielli al Conservatorio. Frequentò assiduamente il teatro familiarizzando con l’ambiente operistico e con quello della scapigliatura / Negli anni milanesi compose un Preludio Sinfonico (1882) ed un Capriccio Sinfonico (1883 eseguito come saggio di diploma) / Conobbe l’esordiente librettista Ferdinando Fontana con il quale creò le sue due prime opere d’esordio, Le Villi (1883) ed Edgar (1889). Le Villi venne bocciata al concorso per opere in un atto indetto da Sonsogno, ma venne comunque messa in scena (con il titolo originale Le Willis il 31 maggio 1884 al teatro Dal Verme di Milano) e catturò l’attenzione dell’editore G. Ricordi. Le due opere sono ambientate in terra nordica e presentano torbide vicende amorose con epilogo tragico / Divenuto amico di G. Ricordi Puccini conobbe il primo grande successo operistico con Manon Lescaut (1893, Teatro Regio di Torino) nata dalla collaborazione con molti librettisti fra cui Luigi Illica (ideatore dell’intreccio drammatico) e G. Giacosa (che versificò il libretto). L’opera è tratta dal romanzo omonimo del 1731 dell’abate A. F. Prévost; è la storia di una passione fatale di un giovane gentiluomo per una donna amorale, ma fragile ed affascinante. La collaborazione di Puccini con i librettisti della Manon porterà alla creazione delle tre opere che sanciranno la fama mondiale di Puccini, ossia: La Bohéme 1896, Torino teatro regio; Tosca 1900, Roma teatro Costanzi; Madama Butterfly 1904, Milano: fu un fiasco terribile. Puccini la rivisitò profondamente e la fece rappresentare al teatro grande di Brescia ove ottenne successo / La Bohéme è ambientata a Parigi nel mondo bohèmien degli artisti squattrinati. In Tosca gli ingredienti sono molto più “pesanti”: sesso, brutalità, sadismo, religione. Questa prima fase creativa è ritenuta dalla critica come la fase romantica e borghese; queste opere si fondano sulla poetica delle “piccole cose”. Magistrale è l’uso che Puccini fa della scala per toni interi, usata come mezzo di intensificazione drammatica di inusitata efficacia. 9

Nel 1907 fu a New York ove dalla collaborazione con i librettisti G. Civinnini e C. Zangarini nacque La fanciulla del West (1910, New York Metropolitan opera). In quest’opera il canto abbandona completamente le forme strofiche e si impernia sulla tipologia del “parlato”. L’opera tratta di una vicenda amorosa fra i ricercatori d’oro della California / Il primo decennio del novecento per Puccini, nonostante la brillante carriera già avviata, fu denso di amarezze private: nel 1903 rimase coinvolto in un grave incidente d’auto; nel 1909 si suicidò una sua donna di servizio; ecc. Soffrì il confronto con il teatro musicale europeo, specialmente quello di Richard Strauss e Claude Debussy. In seguito nacquero le opere La Rondine (1917, Montecarlo) ed il cosiddetto «trittico», ossia le opere in un atto: Il Tabarro (libretto di Giuseppe Adami)

Suor Angelica Gianni Schicchi (libretto di G.Forzano)

andate in scena a New York (Metropolitan) nel 1918. Queste tre minuscole opere furono concepite per essere rappresentate insieme, e testimoniano la volontà di Puccini di accostare tre brevi vicende dal carattere nettamente diverso. Nel Tabarro si ha un dramma dell’orrore che si svolge su di un barcone ormeggiato sulla Senna di Parigi; in Suor Angelica si svolge una tragedia sentimentale ambientata in un convento; in Gianni Schicchi è realizzata una commedia desunta da un episodio del XXX Canto dell’Inferno di Dante. In questa sua seconda grande fase creativa, ossia quella rappresentata dalle opere della piena maturità (Fanciulla del West, Trittico, Turandot) Puccini instaura un rinnovamento vocale e sinfonico in senso modernista del melodramma. Nell’ultimo periodo della sua vita dietro la spinta del giornalista Renato Simoni iniziò a lavorare, nel 1920, a Turandot, opera ispirata alla fiaba teatrale di Carlo Gozzi; è una vicenda fiabesca e tragica ambientata in Cina / L ’aggravarsi delle sue condizioni di salute dovute ad un tumore alla gola lo costrinse a sospendere il lavoro per sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico a Bruxelles. Non si riprese dall’intervento e si spense il 24 novembre 1924, Turandot fu completata da Franco Alfano, il quale si basò sugli abbozzi che Puccini stesso aveva portato con se durante il viaggio a Bruxelles. Turandot venne rappresentata alla Scala di Milano nel 1926 diretta da Arturo Toscanini; il grande direttore d’orchestra, per rispetto al Maestro, sospese l’esecuzione dell’opera nel punto in cui Puccini l’aveva lasciato, ossia dopo il corteo funebre di Liù.

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Nelle opere pucciniane si evince un perfetto equilibrio fra musica ed azione scenica. Anche il suo excursus creativo è caratterizzato da un tempo lungo di gestazione. Tema centrale della poetica pucciniana è la dualità amore ~ morte. Peculiarità della drammaturgia pucciniana è la crescita graduale della tensione che porta alla catastrofe finale / Anche Puccini fu influenzato dalla tecnica del Leitmotiv wagneriano che egli applicò per ottenere maggiore coesione musicale sin dagli esordi della sua carriera operistica. Il linguaggio armonico di Puccini fa uso di una poliedrica gamma di accordi e successioni accordali di ogni tipo; peculiare fu la sua volontà di attuare procedimenti armonici che indebolissero le forze di tonali consuetudinarie; ed in questo si evince la sua preoccupazione di esplorare le possibilità armoniche a fini espressivi, procedendo in sintonia con l’evoluzione del linguaggio armonico di fine ottocento che si era già da qualche decennio (ossia dall’ultimo Liszt) incamminato verso l’allargamento tonale. Puccini sperimentò sequenze di accordi paralleli (trascendendo qualunque vetusta “regola”), come quinte vuote, settime diminuite, seste aumentate, accordi per

quarte e per quinte sovrapposte. Usò tenacemente scale per

toni interi ed armonizzazioni di semplici melodie con accordi alterati a scopo di ottenere grande intensità espressiva.

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Il maestro fotografato nel suo studio ove componeva con il suo pianoforte. 12

Puccini e Toscanini, in una rara fotografia di fine secolo. Foto di gruppo restaurata; (da sinistra a destra): Giacomo Puccini, i librettisti Giuseppe Giocosa e Luigi Illica. Puccini definiva scherzosamente il suo “trio” “La Santa Trinità”. La fotografia risale al l ’ e p o c a d el l a composizione di Bohème. I tre erano molto amici. Puccini non era mai contento di un libretto, e frequentemente portava i suoi due amici quasi alla disperazione; ma essi riconoscevano appieno il suo talento, e continuarono a collaborare con lui in futuro.

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Solo di Lauretta tratto da una delle opere del Trittico di Puccini, Gianni Schicchi. Notevole è, per l’intensità espressiva, l’uso dell’accordo di settima di seconda specie sulla dominante nella seconda frase (“vo’andare in Porta Rossa”). 17

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FRANCO

ALFANO (Posillipo, Napoli 1876 Sanremo 1954)

Studiò al conservatorio San Pietro a Maiella di Napoli con De Nardis e Serrao. In seguito fu a Lipsia, dove si perfezionò con Sitt (in violino) e con Jadassohn ed il grande Hugo Riemann 19 nella composizione. Dal 1896 fu a Berlino dove svolse attività di pianista e dove esordì con la sua prima opera teatrale Miranda nel 1898. in seguito fu a Parigi dove fece rappresentare i suoi due balletti Folie Bergères e dove iniziò l’opera Risurrezione, che completò in seguito fra Mosca e Napoli. Nel 1916 si stabilì a Bologna insegnando composizione al conservatorio che poi diresse. Nel 1923 si stabilì a Torino; qui su proposta di Toscanini e dietro incarico di Ricordi, lavorò allo storico completamento della Turandot di Puccini. Nel 1939 lasciò Torino e fu nominato sovrintendente del teatro Massimo di Palermo, dal 1940 al 1942. Dal 1947 al 1950 diresse il conservatorio di Pesaro. In seguito si stabilì a Sanremo dove trascorse gli ultimi suoi anni.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991. II e III Vol. Casini, Claudio, L’Ottocento II, Storia della Musica, ottavo volume, Torino, EDT, 1978 Bianconi, Lorenzo, (a cura di), La Drammaturgia Musicale, Bologna, Il Mulino, 1986 “



, Il Teatro d’Opera in Italia, Bologna, Il Mulino, 1993

Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation www.rodoni.com www.cs.princeton.edu www.klassika.info www.cyberartsweb.org www.jcarreras.homestead.com www.comune.bagnaradiromagna.ra.it www.r-ds.comopera

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L’OPERA IN FRANCIA ED IN GERMANIA NELL’800 GASPARE SPONTINI (Maiolati, Ancona 1774-851)

Frequentò il Conservatorio della Pietà di Napoli,allievo di N. Piccinni, ma dovette abbandonarlo dopo soli due anni per cattiva condotta. Dopo un soggiorno a Palermo, bruscamente interrotto per vicende amorose, approdò a Roma e poi a Parigi, dove cominciò la sua fortuna di autore di opere. Entrato nelle grazie di Giuseppina Bonaparte e poi dello stesso Napoleone, fu nominato compositore particolare della camera dell'imperatrice, divenendo in pochi anni musicista ufficiale dell'Impero. Enorme successo ottennero La Vestale (Parigi, Opéra 1807); ottenne un successo così straordinario da non essere più ripetuto da nessuno negli anni successivi: Napoleone attribuì a quest’opera il premio decennale di composizione che da poco era stato istituito. Con La Vestale e con Fernand Cortez (1809), Spontini si consacrava autore di opere serie, dopo anni di apprendistato nel campo dell'opera buffa / La produzione di Spontini è divisibile in due parti: il tirocinio giovanile (debitore dell'opera buffa napoletana) che è abbondante ma privo di vette artistiche; la produzione della maturità, influenzata principalmente dalla lezione drammatica ereditata da Gluck, dall'arte di Cherubini e dal vivace ambiente parigino, che è invece meditata, e oltre alla Vestale e Fernand Cortez comprende Olimpye (1819), Alcidor (1825), Agnes von Hohenstaufen (1829) e pochi altri titoli. I grandiosi interventi corali e i toni solenni di questi lavori ebbero grande influenza sugli operisti dell'Ottocento, da Rossini a Wagner, che ne ammirarono l'alta retorica celebrativa / Spontini scrisse anche cantate profane, generalmente in occasione di cerimonie civili, e varia musica strumentale. 1

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L’OPERA IN FRANCIA Il XIX secolo segnò profondamente la Francia dal punto di vista politico e civile; molti furono i cambiamenti e gli assestamenti politici fino ad arrivare alla Terza Repubblica. Due opere assurgono anche il significato di “estremi” storici del fervido secolo creativo nonché tormentato della Francia: “La Vestale” di Spontini (1807) e “Pellèas et Mèlisende” di Debussy (1912). Questo excursus del teatro musicale francese conoscerà il succedersi di notevoli mutamenti: dalla tipologia operistica della tragedie - lirique al Grand - opèra al dramma lirico ed, infine, al dramma verista / Nel primi decenni del 1800 si affermarono gli italiani (Cherubini, Spontini, Rossini, Bellini, Donizetti) ed il tedesco Meyerbeer insieme ad essi; dopo la prima metà del secolo si affermarono gli operisti francesi, ossia Gounod, Bizet, Massenet. Per tutto il 1700 in Francia, specie a Parigi, vera capitale europea dell’opera in musica, si diffuse la concezione di creare opere in musica che rappresentassero una mescolanza di stili provenienti da varie tipologie e nazioni (specialmente italiane) / In Francia il diritto d’autore si instaurò molto tempo prima che in Italia. A Parigi L’Opéra era la sede operistica principale ove venivano rappresentate le più importanti opere teatrali, tradizione che continuava la traccia istaurata da Lully; venivano anche rappresentati gli spettacoli di danza. Parallelamente si era sviluppata l’Opera comique nella sede omonima; le opere comiche avevano parti dialogate e non cantate. Nel Thèatre Italien venivano rappresentate commedie dell’arte italiane molto apprezzate dal pubblico parigino; in seguito vi vennero rappresentate opere italiane. Nella seconda metà dell’800 ebbe grande importanza il Thèatre Lyrique. Il teatro in musica francese, durante i primi trent’anni dell’800 si sviluppò in modo unitario e graduale; si arrivò quasi naturalmente al Grand - opèra. Si passò da soggetti mitologici greci a personaggi storici, mentre nell’opèra comique venivano repulsi argomenti drammatici in favore di quelli più frivoli e leggeri.

GLI ANNI DEL “GRAND - OPERA” I primi decenni dell’ottocento operistico francese, che coincisero con gli ultimi anni della Restaurazione dei Borboni, videro il grande successo riscosso da tre opere: La Dame Blanche di Boildieu (1825, su libretto di Eugene Scribe); La Muette de Portici di Auber (anch’essa su libretto di E.Scribe); Guillame Tell di Rossini (1829). EUGENE SCRIBE (1791 - 1861) 2

Fu il più prolifico commediografo e librettista della Francia dell’epoca di Luigi Filippo, sia per il grande successo che ottennero i suoi scritti, sia per la produzione copiosissima, di più di 420 lavori, che lasciò. Oltre ai molti successi nel genere teatrale della commedia borghese, Scribe si affermò anche come librettista di opere per il teatro lirico, in particolare dell’opéra comique. Dal 1830 collaborò con i più grandi musicisti francesi e stranieri: Auber, Rossini, Meyerbeer, Adam, Halévy, Donizzetti, nonché Giuseppe Verdi con Les Vêpres siciliennes (1855), scritto in collaborazione con Charles Duveyrier. Si trovò al centro dell’interesse nel periodo in cui, in Francia, fiorì il grand - opéra e l’opéra - comique.

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Il Grand - opéra francese si affermò intorno al 1830, e fu per oltre un ventennio il genere di teatro musicale che i francesi predilige ancora di più; esso fu esportato in tutta Europa. Queste opere erano costituite da una esteriore, appariscente maestosità; le scenografie erano faraoniche con soggetti storici e la presenza di molti colpi di scena dati, anche, da violenti contrasti di passioni.

GIACOMO MEYERBEER (Berlino 1791 - Parigi 1864)

Compose sei opere in stile italiano, la più fortunata delle quali fu Il Crociato in Egitto (1824). Trasferitosi a Parigi, si diede a studiare l'opera francese, ed in breve

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tempo egli divenne il musicista più importante per la prima affermazione internazionale del grand - opèra. I suoi indiscussi capolavori del genere sono: Robert le diable (1831); Les Huguenots (1836); Le prophète (1849); L’ètoile du nord (1854); Le Padron de Plöermel ou Dinurah (1859); L'Africaine (rappresentata postuma nel 1865).

Il coro è sempre presente nel grand - opèra, esso rappresenta uno dei principali personaggi che fa sentire la sua importante presenza quasi sempre nei momenti cruciali del dramma. Queste mutate caratteristiche dell’opera francese fecero nascere la necessità di una presenza vocale maggiore; così anche la tecnica vocale ebbe modo di evolversi: ai cantanti veniva richiesta la capacità di dominare una poderosa orchestra, per cui la tecnica vocale cambiò orientandosi verso fraseggi incisivi, acuti estremi, attaccati con forza grazie all’ausilio di una voce piena e vigorosa detta “di petto”. Nel grand - opèra si valorizzò, come per l’opera italiana contemporanea, il registro del tenore e del basso. La grande complessità scenica richiesta nel grand - opèra richiese l’introduzione di una nuova figura scenica, il direttore di scena (oggi chiamato regista) ossia colui che coordinava tutti i movimenti dei cantanti, coro, e comparse sulla scena; nacquero così, a partire dal 1828, i libretti per la messa in scena (livrets scéniques), ove veniva spiegato minuziosamente come poter mettere in scena le opere.

Ma le sue portate innovative all’interno del teatro musicale non furono subito apprezzate; alcuni suoi contemporanei quali Schumann, Berlioz, e lo stesso Wagner, lo criticarono aspramente; Schumann, in modo particolare, attaccò quasi con sdegno le sue opere, e la sua stessa concezione del grand - opèra; a Schumann pareva che il grand - opèra fosse solo una mera estrinsecazione di “effetti senza causa”, ossia un’accozzaglia di spettacolari efetti scenici fini solo a se stessi. Meyerbeer prestò particolare attenzione a potenziare ed arricchire le combinazioni timbriche dell’orchestra, molto spesso chiamata ad assolvere compiti prettamente drammaturgici, come, ad esempio, rendere più incisiva l’ambientazione scenica. Inoltre egli ampliò le possibilità armoniche, esplorando agglomerati accordali desueti: successioni dissonanti attorno, o sopra, una nota “pedale”, sezioni cromatiche in progressione, o modulazioni verso tonalità lontane ottenute per scivolamento cromatico.

DANIEL - ESPRIT AUBER (Caen 1782 - Parigi 1871)

Allievo di Luigi Cherubini, si affermò come compositore d'opera con La bergère châtelaine nel 1820. Tre anni dopo cominciò una lunga collaborazione con il drammaturgo e librettista Eugène Scribe, con il quale diede vita a opere di grande successo, soprattutto del genere opéras - comiques; il suo grande capolavoro fu La Muette de Portici, del 1825 / Influenzato da Gioachino Rossini, Auber diede alle voci un carattere virtuosistico estraneo alla tradizione settecentesca. I personaggi delle sue opere mantengono i ruoli fissi tipici del genere (soldati, contadini, nobili) e si muovono spesso in atmosfere esotiche. Tra le principali 4 opere di Auber si ricordano Fra diavolo (1830), ambientata nell'Italia del Sud, Gustavo III (1833) e Manon Lescaut (1856). 2

FRANCOIS A. BOIELDIEU (Rouen 1775 - Parigi 1834) 5

Dopo gli studi musicali effettuati nella città natale nel 1796 si trasferì a Parigi ove inizia una fortunata carriera operistica a partire dall’opera Le calice de Bagdad, 1800. nel 1811 gli viene assegnata la cattedra di composizione presso il conservatorio della capitale francese. Negli anni che seguirono egli conobbe una grande fortuna operistica con le opere Jean de Paris, 1812, Le petit chaperon rouge (cappuccetto Rosso), 1815, ma soprattutto con il suo capolavoro,La Dame Blanche, su libretto di Scribe; l’opera venne rappresentata in tutta Europa.

Il suo catalogo di opere teatrali annovera 37 lavori, che si ascrivono pienamente nel genere dell’opèra - comique. Il suo stile musicale può essere considerato di transizione fra la tipologia settecentesca di Modest Grètry e quella ottocentesca romantica.

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IL DRAMMA LIRICO Dopo la piena affermazione del Grand - opéra distinto e complementare all’Opéra - comique, il teatro musicale francese allargò i suoi orizzonti puntando all’affermazione dei musicisti francesi nati tra il 1810 ed il 1840: Thomas, Massenet, Bizet, Gounod; questi compositori diedero vita al dramma lirico / Adesso al teatro d’opera non accedeva più soltanto l’alta borghesia, ma anche il ceto medio, che rappresentava il grosso della popolazione parigina durante il secondo impero di Napoleone III. L’impresario del thèatre lyrique parigino, Lèon Carvalho, ebbe l’arguzia di intuire e soddisfare le aspettative di questo “nuovo” pubblico: un teatro musicale desunto dalla narrativa e dal teatro europeo, quindi non più i soliti soggetti originali e d’invenzione; ad Eugnène Scribe, ormai anziano, si sostituirono Jules Barbier e Michel Carrè. Questo indirizzo di gusto divenne il principale assunto estetico dramma lirico / I protagonisti di questa corrente operistica si collocarono, cronologicamente, a breve distanza l’uno con l’altro.

CHARLES - F. GOUNOD (Parigi 1818 - 1893)

Studiò al Conservatorio di Parigi con Jacques-François Halévy e nel 1839 vinse il Prix de Rome. Durante il soggiorno romano che conseguì alla vittoria del premio ebbe modo di ascoltare le composizioni polifoniche a cappella della Cappella Sistina, e ne rimase particolarmente affascinato / Il suo primo successo fu Le médecin malgré lui (1858), tratta dalla comme7 dia di Molière. La sua fama rimane tuttavia legata all'opera Faust, tratta dal romanzo di Goethe (1859). Tra le altre opere di Gounod si ricordano Mireille (1864) e Roméo et Juliette (1867). La musica teatrale del i Gounod, ricca di fascino, invenzione melodica e magistralmente orchestrata, è nota più per il suo carattere lirico che per la qualità drammatica.

AMBROISE C. L. THOMAS (Metz 1811 - Parigi 1896) 6

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Ricevette la prima educazione musicale dal padre (imparò il violino e pianoforte). Al conservatorio di Parigi studiò pianoforte con il grande Kalkbrenner. Nel 1832 vinse l’ambitissimo Prix de Rome con la cantata Hermann et Kelly. Esordì all’opèra comique nel 1837 con La double échelle, ma il vero grande successo in Francia per lui arrivò soltanto nel 1850 con Songe d'une nuit d'été, con quest’opera egli si evolve rispetto ai tradizionali schemi dell’opèra - comique. La sua opera Mignon del 1866 rimase in cartellone per ben 28 anni. La sua restante produzione annovera solo un’altra opera di grande successo, ossia Francoise de Rimini, del 1882, tratta da Dante.

Egli fu travagliato da una profonda vocazione religiosa, il che spiega la sua fiorente produzione di musica sacra, nata quasi da una lotta interiore ove a volte aveva la meglio rispetto alle ambizioni operistiche. La sua produzione sacra comprende oratori, messe, mottetti, inni e la celebre Ave Maria basata su un preludio di Johann Sebastian Bach.

JULES MASSENET (Montaud, Loire 1842 - Parigi 1912) 8

Studiò al Conservatorio di Parigi con Thomas, e dal 1878 al 1894 tenne la cattedra di composizione. Compose oratori, cantate, pezzi strumentali e suite orchestrali, ma la sua popolarità è legata alle opere, alle loro melodie sensuali ed eleganti e alle loro trame sentimentali / Manon (1884), dal romanzo Manon Lescaut di Prévost, fu il suo capolavoro. Tra le altre opere di Massenet si ricordano Hérodiade (1881), Le Cid (1885), Werther (1892), altro suo grande capolavoro, Thaïs (1894), Le jongleur de Notre-Dame (1902) e Don Quichotte (1910). La celebre Elégie è un'aria dalla musica di scena composta nel 1873 per il dramma Le Erinni di CharlesRené-Marie Leconte de Lisle.

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GEORGES BIZET

(Parigi 1838 - Bougival, Parigi 1875)

Figlio di musicisti, studiò al Conservatorio della capitale francese con il compositore Jacques Halévy; anch’egli vinse l’ambito prix de Rome. La sua breve vita si svolse quasi tutta Parigi, dove morì poche settimane dopo la prima rappresentazione di Carmen, e non poté assistere alla consacrazione del suo capolavoro. Tra le principali opere si ricordano: I Pescatori di perle (1863);

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La bella fanciulla di Perth (1867); Djamileh (1872). La sua creazione più importante è Carmen (1875), non solo al-

l’interno della sua produzione, o del genere dramma lirico francese; Carmen è considerata, a buon diritto, uno dei più grandiosi capolavori del teatro musicale di tutti tempi. Composta tra il 1873 e il 1874, la Carmen segnò un punto di svolta nella storia dell'opéra-comique e divenne una delle opere più popolari della storia della musica lirica, popolarità che conserva ancora oggi. Il pubblico della prima, scandalizzato dalla messa in scena di una vicenda giudicata scabrosa e da personaggi lontani dall'aulicità a cui il teatro d'opera lo aveva abituato (un taglio e uno stile che sarebbero diventati i cardini della scuola verista), decretò al lavoro un clamoroso insuccesso. In Carmen il suo creatore introdusse vicende amorose, passioni ed un finale tragico. Venne concepita come un’opèra - comique con sezioni parlate; in seguito, per l’allestimento viennese (ottobre 1875) Ernst Giraud trasformò i dialoghi in recitativi così come la conosciamo oggi. Singolare capacità mostrò Bizet nelle ambientazioni esotiche delle sue opere; infatti quasi tutte le sue creazioni operistiche sono ambientate fuori dalla Francia / Compose inoltre la Sinfonia in do maggiore (1855), la suite sinfonica Roma (1866-1868), le musiche di scena (1872) per L'Arlesiana di Alphonse Daudet e l'ouverture drammatica Patrie (1873), oltre a varie composizioni per voce e per pianoforte, come i dodici Jeux d'enfants per pianoforte a quattro mani, in seguito trascritti anche per orchestra / Bizet influenzò molti musicisti italiani e francesi del tempo e Carmen, con la sua storia scaturita dal realismo drammatico, segnò il cammino alla corrente operistica italiana del verismo. 4

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L’OPERA IN GERMANIA Storicamente la prima opera del teatro musicale composta in Germania fu Dafne, rappresentata nel 1627. Il libretto era lo stesso dell’omonima opera di Rinuccini, tradotta in tedesco dal più importante poeta del tempo, Martin Optiz; la musica fu scritta da Schütz, ma è andata perduta. Per due secoli successivi a quest’evento, la vita del teatro musicale nei paesi tedeschi fu direttamente e indirettamente dominata dall’opera italiana. Nelle corti di alcuni piccoli regni o ducati fra il 1670 ed il 1730 circa, venivano messe in scena opere di compositori tedeschi su libretti tedeschi, ma erano lavori di chiaro stampo italiano o francese.

Momento scenico in cui Carmen canta la suggestiva habanera.

GUSTAVE CHARPENTIER (Dieuze, Lorena 1860 - Parigi 1956)

Allievo di Jules Massenet al Conservatorio di Parigi, e fortemente influenzato da Richard Wagner, nel 1887 vinse l'ambito Prix de Rome, che gli permise un soggiorno di tre anni a Roma, dove completò due vaste composizioni orchestrali. La sua fama è legata all'opera Louise (1900), la cui protagonista era un'operaia; l'opera ebbe un enorme successo e i proventi ricavati da questa gli permisero di aprire nel 1902 il Conservatoire Populaire, dove le lavoratrici potevano gratuitamente studiare musica e imparare danza. Charpentier scrisse un'altra opera, Julien (1913), e diverse composizioni orchestrali e vocali, nessuna delle quali raggiunse tuttavia la popolarità di Louise. 12

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Le grandi città come Vienna, ad esempio, erano influenzate direttamente, in quanto venivano rappresentate opere italiane di maestri italiani su libretti italiani e con artisti italiani. Qui, l’ opera italiana primeggiava incontrastata: nell’ottocento già da tempo i compositori tedeschi avevano messo di lato l’usanza di mettere in musica libretti tedeschi; le opere di Rossini e Donizetti erano molto richieste; le personalità organizzative italiane come Salieri, l’impresario Barbaja (specie a Vienna) Morlacchi (a Dresda) e Spontini (a Berlino), si contendevano il monopolio assoluto della vita musicale tedesca del tempo. Il primo genere di teatro musicale nazionale fu il Singspiele ma ai primi dell’800 non era ancora molto diffuso, ed era gradito soltanto ad un ceto sociale medio. Con l’apporto determinante dato dal classicismo strumentale viennese, Haydn, Mozart, Beethoven (la prima «scuola di Vienna»), l’area austriaco - tedesca maturò gradualmente la formazione di un nazionalismo culturale germanico, che fu voluto da musicisti e letterati. E. T. A. Hofmann (compositore e direttore d’orchestra) fu uno dei primi scrittori che anticipò il romanticismo musicale e le direttive della futura “opera tedesca”; questa, secondo la sua ideologia, si sarebbe dovuta contrapporre all’opera italiana. Egli ravvisò in Gluck il modello da seguire, e sull’onta gluckiana si cimentò a comporre quattro opere, la più caratteristica delle quali fu Undine, 1816. Queste opere, però, sono semplicemente da intendere come degli ibridi; nessuna di esse ebbe modo di imporsi nella società tedesca, non presentavano ancora solide qualità artistiche. Il suo spessore di letterato fu molto più importante della sua figura in ambito musicale. Fu con Carl Maria von Weber che ha storicamente inizio l’opera romantica tedesca. Le sue composizioni ebbero un ruolo decisivo per la nascita del romanticismo in Germania.

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CARL MARIA VON WEBER (Eutin, Lubecca 1786 - Londra 1826) 13

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La fama di Weber è legata alla contrapposizione dell’orgoglio tedesco (in ambito musicale teatrale) sullo strapotere italiano. Il culmine di questo processo socio culturale si ebbe con le sue tre maggiori opere:

Der Freischütz Il franco cacciatore, rappresentato a Berlino nel 1821; fu considerato il suo capolavoro, e contemporaneamente il prototipo dell’opera romantica tedesca. L’opera è una felice miscela di elementi fantastici e soprannaturali attinti in modo particolare dal folclore germanico;

Euryanthe (1823); Oberon (1826). Queste tre opere costituirono per diversi decenni le migliori creazioni del teatro musicale tedesco, ed influenzarono le opere di altri musicisti tedeschi della prima metà dell’800 / Weber nel 1817 fu nominato Kapellmeister presso il Teatro Reale di Dresda, ed ebbe numerosi scontri con Francesco Morlacchi: si impegnò ad oppore l’opera francese allo strapotere italiano / Con Der Freischütz, in cui il folclore tedesco si combina con elementi leggendari, esotici e sovrannaturali, Weber inaugurò la scuola romantica dell'opera tedesca. Le sue prime composizioni teatrali manifestano l’influsso sia del genere Singspiele (come in Abu - Hassan del 1811, singspiele tratto dalla leggenda delle mille e una notte), e sia dell’opèra - comique francese; ma in Der Freischütz Weber creò un’opera nuova, innovativa nella musica, nell’orchestrazione, nella scelta dei personaggi ed in ciò che questi rappresentano. Erano questi tutti elementi prettamente romantici: passioni, natura, vicende demoniache, storie ambientate nel Medioevo. Tutto ciò accese l’entusiasmo della società tedesca e dei letterati. Weber introdusse importanti innovazioni all'interno del genere operistico tedesco, tra cui l'impiego del Leitmotiv e del recitativo cantato in luogo del dialogo parlato / La sua opera esercitò una particolare influenza su Richard Wagner. Weber ebbe anche una storica importanza per lo sviluppo della musica strumentale. Tra le numerose opere lasciate dal compositore tedesco si ricordano due sinfonie, alcuni Lieder, due concerti per pianoforte, cantate, messe e musica per pianoforte (celebre è l'Invito alla danza, 1819). I due concerti per clarinetto e orchestra del 1811 rappresentano dei capisaldi per il repertorio dello strumento, così come il concerto per fagotto e orchestra in fa maggiore, denso di elementi musicali tipicamente tedeschi. 7

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RICHARD WAGNER

(Lipsia 1813 - Venezia 1883)

E’ la personalità centrale nella storia della musica del XIX secolo, non solo tedesca; portò al massimo compimento il progetto dell’opera tedesca, tanto agognata dai suoi predecessori. Di tutti i suoi lavori teatrali Wagner compose sia la musica che il libretto. Fu uno dei massimi esponenti del romanticismo e una delle figure più influenti della cultura europea del XIX secolo.

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Formatosi all'Università di Lipsia, studiò musica quasi completamente da autodidatta. Si dedicò al teatro musicale, iniziando presto a comporre: del 1823 è l'opera rimasta incompiuta Le nozze. Tra il 1833 e il 1839, anni in cui lavorò presso vari teatri lirici provinciali, scrisse le opere Le fate (1834) e Il divieto d'amare (1836), oltre a vari pezzi orchestrali. Iniziò poi la carriera di direttore d'orchestra, lavorando a Magdeburgo e a Königsberg, dove sposò l'attrice Minna Planner / Nel 1837 ottenne il posto di maestro di cappella a Riga, dove scrisse il libretto e compose due atti della sua prima opera importante, Rienzi, che completò nel 1840 / Nel 1839 si recò a Londra e fu durante la tempestosa traversata del mare del Nord che egli concepì l'idea della sua opera successiva L'Olandese volante, o Il vascello fantasma (come venne conosciuta in Italia) che compose poi a Parigi. L’opera è ispirata all'omonima leggenda del mare, e fu il primo grande successo del compositore tedesco. Nell'Olandese volante sono presenti lo stile e i temi che Wagner avrebbe approfondito nel corso della sua carriera, soprattutto la forza redentrice dell'amore, che è musicalmente narrata attraverso i leitmotiv e la sontuosa orchestrazione / Nel 1842 tornò a Dresda come maestro di cappella del teatro di corte e riuscì finalmente a portare in scena le sue opere grazie al personale interessamento del giovane re Luigi II. A Dresda compose il Tannhäuser (rappresentato il 19 ottobre 1845). L'opera con le sue innovazioni strutturali e tecniche, disorientò il pubblico, abituato al melodramma convenzionale, e venne duramente criticata. Tre anni dopo, fu comunque portata sulle scene a Weimar da Franz Liszt, il quale divenne in seguito grande amico del compositore e sostenitore entusiasta della sua musica (la sua seconda figlia, Cosima, si legò in matrimonio in seconde nozze a Wagner) / Nello stesso anno, il 1848, fu completato il Lohengrin, ma la direzione del teatro di corte di Dresda, temendo il ripetersi delle reazioni negative di pubblico e critica, si rifiutò di metterlo in scena. Fu di nuovo Liszt a venirgli in aiuto: il Lohengrin venne rappresentato a Weimar il 28 agosto 1850. L’Olandese Volante, Tannhäuser e Lohengrin sono considerate la sua triade di opere romantiche composte a Dresda (nella stessa città dove aveva avuto inizio il rinnovamento a favore dell’opera tedesca compiuto da Weber). Per aver partecipato alla fallita rivoluzione del 1848 Wagner dovette fuggire da Dresda, riparando prima a Parigi e poi a Zurigo; l’”esilio” durò tredici anni. Qui scrisse il libretto e iniziò la composizione della musica della tetralogia L'anello del Nibelungo, basata sul Nibelungenlied, un'epopea medievale tedesca. La tetralogia è composta dalle opere: L'oro del Reno; La Valchiria; Sigfrido;

Il Crepuscolo degli dei Questa tetralogia sarebbe stata portata a termine soltanto nel 1872 / Nel 1852, Wagner aveva conosciuto il ricco mercante Otto Wesendonck e sua moglie Mathilde, che misero a disposizione di Wagner e Minna un piccolo cottage nella loro tenuta presso Zurigo; qui il compositore trovò l'ispirazione per alcune delle sue musiche più belle. L'amicizia tra Wagner e Mathilde, poetessa e drammaturga, si trasformò presto in un amore destinato a rimanere inappagato e che trovò espressione nella musica appassionata di Tristano e Isotta (18571859). A questo periodo risalgono anche i Wesendonck Lieder per voce e orchestra o pianoforte (1857-58); cinque dei poemi di Mathilde Wesendonck furono messi in musica da Wagner / Nel 1861 Wagner ritornò in Prussia e si stabilì a Biebrich, dove cominciò a lavorare alla sua unica opera non tragica, I maestri cantori di Norimberga, completata nel 1867. L'opera andò in scena il 21 giugno 1868 a Monaco. Il 25 agosto 1870, dopo nove anni dalla separazione dalla moglie, sposò Cosima Liszt. Il lavoro orchestrale L'idillio di Sigfrido (1870) fu scritto per Cosima dopo la nascita del loro figlio, Siegfried. All'agosto 1876 risale l'inaugurazione, in occasione della prima messa in scena dell'intera tetralogia, del Festspielhaus, un teatro di Bayreuth appositamente progettato e costruito per l'esecuzione della musica di Wagner; il faraonico progetto fu realizzato grazie al grande sostegno economico di Luigi II di Baviera, il quale era mosso da una grande ammirazione per Wagner; il re fu il primo “wagneriano” illustre della storia. In questo teatro l’opera d’arte totale (concepita da Wagner) si poté realizzare così come la intendeva il suo creatore.

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La tetralogia è il culmine della creazione melodrammatica wagneriana; essa è costituita da un “Prologo” e tre “Giornate”; le quattro opere svolgono tutte un unico argomento in successione (ossia a “puntate”). Nel 1877 il compositore cominciò a lavorare al Parsifal, opera in tre atti ispirata alle leggende del Sacro Graal. Ultimo dei suoi drammi musicali, Parsifal venne rappresentato per la prima volta il 26 luglio 1882. In quello stesso anno la salute del compositore cominciò a peggiorare. Pensando che un cambiamento di clima potesse giovargli, si stabilì a palazzo Vendramin sul Canal Grande a Venezia; qui morì all'improvviso il 13 febbraio dell'anno seguente. Cinque giorni dopo fu sepolto nel mausoleo della sua villa di Bayreuth.

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La musica di Wagner rappresenta la massima espressione del romanticismo europeo: tale grandezza è dovuta anche alla rivoluzione che Wagner introdusse nella teoria e nella pratica della composizione operistica. Egli cominciò la sua carriera come compositore di opere tradizionali, ma già L'anello del Nibelungo rivela la propensione a creare una forma musicale e drammatica totalmente nuova. Lo sviluppo del dramma musicale wagneriano si articola lungo una linea che va dal teatro greco (al quale Wagner deliberatamente ispirò i suoi testi) al poeta tedesco Friedrich Schiller attraverso le saghe e leggende delle mitologie nordiche e i drammi di William Shakespeare. Nel trattamento dell'armonia Wagner spinse ai limiti il tradizionale tonale, infrangendo le convenzioni e aprendo le porte all'atonalità novecentesca, storicamente iniziata con il cosiddetto tristan - akkord / Partendo soltanto dalla musica, principio fondamentale della sua concezione, Wagner inglobò in essa tutte le componenti possibili volte alla drammatizzazione della storia; testo, musica, allestimento scenico e recitazione avrebbero dovuto culminare nell'"opera d'arte totale", la Gesantkunstwerk, il coronamento dell'aspirazione romantica al superamento dei limiti e alla fusione delle arti. Attraverso il leitmotiv, o tema conduttore, (da lui concepito come elemento di coesione drammatico-musicale, denominato Grundtheme), e la melodia infinita, (un ininterrotto scorrere melodico senza alcuna stroficità o regolarità ripetuta di periodi o frasi) lo sviluppo tematico si svolge senza interruzioni, né ripetizioni e né riprese: durchkomponiert / I tradizionali ostacoli al fluire della narrazione nel teatro musicale, come la frattura fra aria e recitativo, le ripetizioni e l'inserzione di balletti sono completamente superate. Le complesse evoluzioni di ciascun leimotiv e l'intrecciarsi di questo con altri temi conduttori sottolineano il dato emozionale del dramma. L'accresciuta unità drammatica dell'opera postwagneriana fu una delle conseguenze dell'immensa influenza della sua arte su ogni forma di musica.

Luigi II di Baviera.

Nell’orchestrazione Wagner apportò il suo originale contributo con la tuba da lui inventata, che inserì nella sua orchestra, e che si evidenzia per la potenza sonora e la grande differenziazione delle sonorità. Nella sua orchestra compaiono strumenti che al suo tempo erano da poco in uso (l’ottavino, il corno inglese, il controfagotto, il clarinetto basso). Wagner suddivise le singole parti degli archi e creò così un’orchestra ben caratterizzata in agglomerati definiti di colore sonoro (che non subito piacque ai suoi contemporanei). Wagner lasciò un numero imponente di scritti letterari, che si possono catalogare in saggi, articoli, riflessioni estetiche, progetti ideologici. qui Wagner sottolinea il carattere spirituale del suo concetto di rivoluzione. L’Arte e la Rivoluzione, 1849, in 12 volumi; l’Opera d’arte dell’avvenire, 1850; Opera e dramma, 1851; Queste due opere sono di epocale importanza in quanto illustrano la sua concezione sulla musica e circa il teatro. In questi due scritti Wagner chiarisce la propria concezione di Wort - Ton - Drama, termine con il quale identifica la coesione delle tre espressioni teatrali più sublimi: musica, poesia, arte drammatica. Nei suoi numerosi scritti letterari Wagner sottolinea sempre i concetti di redenzione, rigenerazione e rivoluzione; rigenerazione dell’umanità intera e del popolo tedesco. Egli pose le basse ideologiche di quell’antisemitismo che il nazismo assurgerà a leitmotiv politico. Wagner è il primo ad intravedere nella popolazione ebraica, nella cultura ebraica, una grande minaccia a quella personale concezione della redenzione della società. 9

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Festspielhaus di Bayreuth; incisione di Otto Brückwald, 1872 - 76 (deutsches Theatermuseum di Monaco). Il teatro dell’avvenire. Non vi è nessuno sfarzo; il teatro è assolutamente funzionale. Qui tutto è a servizio della grande opera musicale e drammatica; il pubblico non si reca più all’opera solo per mostrarsi o divertirsi. Il nuovo teatro d’opera diventa una sorta di luogo di pellegrinaggio ove le rappresentazioni che vi hanno luogo sono manifestazione del genio umano assolutamente necessarie. Ogni anno si recano al teatro migliaia di pellegrini. 17

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Il golfo mistico di Bayreuth. Disegno di Heinrich Venzi, 1882. Festspielhaus di Bayreuth; interno della sala. Wagner stesso diede le seguenti istruzioni:



la sala può essere oscurata (novità assoluta per l’epoca); in questo modo viene favorita la concentrazione sulla scena;



La scena può essere “allontanata”, grazie a un’illusione ottica di prospettiva;



L’orchestra sarà collocata in un apposito abbassamento chiamato “golfo mistico” posto fra la scena e il pubblico; in questo modo l’attenzione degli ascoltatori non sarà più distratta dagli orchestrali.

Nel 1882 in occasione di una prova del Parsifal al Festspielhaus, il primo clarinetto Heinrich Venzi lasciò questo prezioso documento: un disegno del golfo mistico. Qui viene abbassata la posizione dell’orchestra restando completamente coperta rispetto agli ascoltatori; il suono fuoriesce da una buca molto attutito ed omogeneo, consentendo così agli ascoltatori di comprendere meglio il testo cantato sulla scena. La disposizione dell’orchestra è facile da individuare; gli orchestrali vengono disposti su sei pedane. Gli strumenti più potenti (tromboni, tube, timpani) si trovano sulla pedana più in basso; gli archi su quella più in alto. In mezzo si trovano, nell’ordine (dal basso): trombe, corni e controfagotti nella seconda pedana; corni e legni nella terza pedana; violoncelli e flauti nella quarta; secondi violini nella quinta. Sui lati sono sistemati i contrabbassi le arpe e il corno inglese. Questo schizzo mostra chiaramente un momento in cui Wagner, attraverso un finestrino che dalla sala comunicava con il podio, impartiva istruzioni al direttore, l’Hofkapellmeister. In questo disegno è presente anche fra i cronisti Franz Strass, padre di Richard (il secondo da sinistra nella terza pedana).

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IL TRISTAN - AKKORD A questo accordo, unito alla rivoluzionaria armonia di quadriadi defunzionalizzate wagneriane, è stata dedicata un’ampia letteratura armonica; l’accordo ha cambiato la storia dell’armonia tonale tradizionale; esso presenta dei suoni cromatici estranei all’armonia d’impianto che distruggono in buona parte le forze attrattive tonali della “vecchia” armonia tonale; questo fu il primo “accordo vagante” della storia tonale.

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Das Rheingold L'oro del reno. 1911

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Die Walküre, Lilli e Marie Lehmann, rispettivamente Helmqige e Ortlinde; Bayruth, 1876, fotografia di J. Albert, Monaco. L’elmo di ferro e un’armatura da guerra completa costringevano le interpreti delle Valchirie nell’età gloriosa di Bayrueth ad uno sforzo considerevole anche dal punto di vista fisico. Per interpretare al meglio questo ruolo era davvero necessario che le donne avessero un fisico da...Valchiria.

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Crepuscolo degli dei. foto di scena, regia scene e costumi di Herbert Wernicke. Thèatre de la Monnaire, Bruxelles, 1991.Il dramma volge al termine: le tre Norne svolgono i fili del destino con lo sguardo puntato sul Walhalla, a distanza di sicurezza.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992

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Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, II e III Vol. Di Benedetto, Renato, L’Ottocento I, Storia della Musica, settimo volume, Torino, EDT, 1982 Casini, Claudio, L’Ottocento II, Storia della Musica, ottavo volume, Torino, EDT, 1978 Bianconi, Lorenzo, (a cura di), La Drammaturgia Musicale, Bologna, Il Mulino, 1986 Baroni, Fubini, Petazzi, Santi, Vinay, Storia della musica, Torino, EDT, 1999 Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation

www.teatropergolesi.org www.klassika.info Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori 4, 5, 7, 8, 9, 12, 14 www.cs.princeton.edu 10, 16, 17, 18, 21, 22, 23, 24, 25, 26 Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 11 Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation 13 Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori 13 a www.batonmusic.nl 15 Amadeus, il mensile della grande musica, anno IV n° 9, Settembre 1992. De Agostani - Rizzoli 19 De la Motte, Diether, Kontrapunkt - Ein Lese - und Arbeitsbuch, Kassel, Bärenreiter - Verlag, 1981 (trad. It di Loris Azzaroni, Il Contrappunto, Milano, Ricordi, 1991) 20 Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992

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LA MUSICA STRUMENTALE NELLA SECONDA META’ DELL’OTTECENTO LA MUSICA ASSOLUTA

Il processo di emancipazione della musica strumentale ha comportato fra il 1700 ed il 1800 la formulazione del concetto letterario - filosofico ed estetico di musica assoluta, ossia musica come “linguaggio assoluto”, che identifica un brano strumentale ove il suo significato, la sua logica, e tutto il suo sviluppo, rimanda esclusivamente ad una ispirazione, e ad un concetto, esclusivamente musicale, senza implicazioni extra - musicali / In questa nuova ideologia estetica il pianoforte assume un ruolo di grande rilevanza / I primi esempi si hanno già antecedentemente al 1790, ma la coscienza esplicita di musica assoluta, unitamente alle formulazioni ideologiche ad essa legate, si devono ai grandi teorici del romanticismo musicale, E. T. A. Hofmann, Wackenroder, e Tieck. Il filosofo von Herder, in particolare, fu colui che decretò la superiorità della musica assoluta definendo che essa si fonda esclusivamente sul linguaggio musicale non “inquinato” da quello poetico, ed è tramite il linguaggio musicale puro, a suo giudizio, che si può giungere alla conoscenza o all’intuizione dell’assoluto / Meno metafisicamente Hofmann identificò nelle opere della triade Haydn Mozart Beethoven i sommi esempi di musica assoluta, precisando come il genere musicale che più intensamente ostenta la concezione di musica assoluta è la Sinfonia / Nel corso dell’800 queste concezioni diverranno più marcate. E. Hanslick, un critico musicale, nel trattato estetico “Il Bello Musicale” (1854), partendo dalle precedenti concezioni, sarà il primo ad impiegare l’espressione «musica assoluta» come paradigma di riferimento, ove forma e contenuto di una composizione devono essere intesi esclusivamente in senso musicale. Hanslick affermò che il bello musicale è scevro da “contaminazioni” di qualsivoglia natura, e consiste unicamente nei suoni, nel loro collegamento / Più metafisiche saranno le considerazioni di Schopenhauer, che attribuisce alla musica assoluta la capacità di penetrare sotto il livello “fenomenico” / La piena affermazione della concezione legata alla musica assoluta si è avuta nel momento in cui si affermava il suo contrario, ossia la musica a programma; lo stesso Liszt ebbe ben chiara la differenza, affermando che “- Nella cosiddetta musica classica le riprese e lo sviluppo dei temi sono determinati da regole formali imprescindibili … Nella musica a

programma, invece, ripetizioni, alternanze e variazioni dei motivi sono condizionate dal loro rapporto con una idea poetica -”

Hanslick era in stretti rapporti con tutti i maggiori musicisti suoi contemporanei, e, prendendo parte all’accesa polemica fra brahmsiani e wagneriani, si schierò apertamente a favore di Brahms. Ciò contribuì ad accrescere il suo peso all’interno della rinascita d’interesse nei confronti della “musica assoluta”. Le condanne all’estetica romantica concernente il mito dell’unità delle arti espresse da Hanslick nel trattato Il Bello Musicale, furono infatti largamente riprese nei primi decenni del Novecento, mosse da un diffuso sentimento antiromantico ed antiimpressionista ed appoggiate, in seguito, dal nascente neoclassicismo, che rivalutò appieno la forma classica. Il titolo stesso dell’opera estetica di Hanslick era già itinerante: esiste una bellezza propria della musica non condizionata, o accresciuta, da altre arti. Strawinsky si fece portavoce del pensiero di Hanslick, così come testimoniò nelle Cronache della mia vita del 1935 / Lo stesso Wagner nella sua produzione teorica successiva a Opera und Drama, esalta il concetto paradigmatico di musica assoluta intendendola come la quintessenza del dramma, che avrà una grande eco in Francia (> Ars Gallica) / Dal 1850 al 1930 circa, le due ideologie estetiche di musica a programma e musica assoluta coesistettero, soprattutto perché non erano nettamente scindibili; inoltre le due ideologie si scambiarono il primato di innovazione, modernità, e progresso musicale all’interno del periodo in esame / Brahms, Bruckner, Dvorak, furono fedeli agli ideali della musica assoluta, mentre Ciaikovsky manifestò interesse per le due ideologie estetiche / In pieno ottocento l’ideologia estetica di musica assoluta incarnò l’essenza del gusto musicale della borghesia tedesca.

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MUSICA A PROGRAMMA Opposta alla musica assoluta è quella musica atta a descrivere, tramite un linguaggio colmo di effetti che le sono propri, un concetto non musicale (una vicenda, un fenomeno o una scena, un evento naturale, ecc.). Il campo musicale di riferimento è sempre quello strumentale > è sviluppata in un articolato schema di riferimenti extra - musicali che vanno da quelli poetico - letterari ai pittorici, biografici, descrittivi ecc. / La dottrina razionalista del ‘700 formulò le prime concezioni di musica a programma legandole all’estetica del bello naturale; per i razionalisti la musica strumentale poteva aspirare ad una dignità ed una legittimità solo nel momento in cui espletava l’intenzione di descrivere la natura ed i suoi suoni; questi concetti furono molto cari all’estetica razionalista francese (Dudos, Batteaux, Blainville, Pluche), e si ritrovarono contemporaneamente nelle concezione italiane dell’Arcadia (Vincenzo Gravina). ESEMPI PREROMANTICI: LA MUSICA DESCRITTIVA Già in molte composizioni del Cinquecento si riscontrano intendi descrittivi > la polifonia vocale del tempo è densa di costruzioni musicali di tipo mimetico, onomatopeico ed imitativo in genere circa il fatto descritto; esempi eclatanti ne sono le cacce italiane dell’Ars Nova, o alcune chansons di Clement Janequin (una per tutti: Le Chant des oiseaux). Janequin, con “La Bataille de Marignan” diede l’avvio ad una forma musicale descrittiva particolare, quella della battaglia, per liuto e strumenti a tastiera; celebre fu in Inghilterra “Mr. Byrd's Battell”, un brano per virginale di William Byrd che descrive una battaglia / F. Couperin e J. Ph. Rameau, con le loro composizioni clavicembalistiche contribuirono in modo originale al filone descrittivo; Couperin, in particolare, con le sue monumentali 257 composizioni per clavicembalo divise in 27 ordres, fu il più autorevole esponente del genere / In tutto il barocco musicale si riscontrano brani dal carattere descrittivo, molto spesso accompagnati da versi stampati insieme alle note, che esplicitavano l’oggetto descritto musicalmente. Storico esempio, in proposito, furono le Sonate bibliche di J. Kuhnau, le celeberrime Quattro stagioni di Antonio Vivaldi, ove compaiono quattro sonetti, uno per stagione, che descrivono immagini ed eventi “metereologici” stampati assieme alle parti musicali proprio nei punti corrispondenti, o ancora alcune sinfonie di Tartini che avevano una “programma segreto” costituito da versi di importanti poeti come Tasso o Metastasio scritti in un codice leggibile solo dall’autore, o ancora le innumerevoli imitazioni onomatopeiche del cuculo (Frescobaldi, Bach, ecc.) / Ma la vera e propria musica a programma comparve dopo la seconda decade, circa, dell’800, quando alcuni compositori si basarono sul programma poetico per determinare la forma complessiva di una composizione, oltre che le sue relazioni interne.

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LA SINFONIA A PROGRAMMA Con questo termine si possono etichettare alcune sinfonie del primo Ottocento che si collocano immediatamente prima delle “autentiche” forme di poema sinfonico. Questi “ibridi”, ostentano contenuti romantici imperniati nelle forme classiche; il più eclatante esempio in tal genere è la VI Sinfonia Pastorale di L. V. Beethoven. Nei cinque movimenti della sinfonia compaiono didascalie atte a richiamare l’ambiente agreste; Beethoven voleva che l’ascoltatore venisse maggiormente indotto al ricordo del mondo campestre tramite queste indicazioni. Anche nella sonata op. 81 per pianoforte Les Adieux Beethoven inserisce intendi quasi programmatici (> i tre movimenti sono “etichettati” con i termini “Das Lebewohl”, “Abwesenheit” e “Das Widersehn”, ossia l’addio, l’assenza, il ritorno). LA MUSICA A PROGRAMMA NELL’OTTOCENTO E NEL NOVECENTO La musica a programma si affermò pienamente nel Romanticismo. I suoi esponenti principali furono Hector Berlioz e Franz Liszt; essi crearono opere ispirate a soggetti letterari, pittorici e di altro genere. Storicamente importante è la Symphonie fantastique (1830) di Berlioz, ove un tema melodico ricorrente rappresenta la donna che turba i sogni del compositore. Berlioz la definì Fantastica e fece seguire al titolo un sottotitolo letterario (“Episodio della vita di un artista”). Si iscrivono all’interno delle sinfonie a programma anche Faust-Symphonie (1854) e Dante-Symphonie (1857) di F. Liszt, basate sui capolavori di Dante e Goethe. In questi lavori e in opere come Les préludes (1854) Liszt utilizzò anche il Leitmotiv wagneriani / Il XX secolo vede l’elaborazione del dibattito sulla musica a programma articolato in due differenti posizioni: coloro che sostenevano l’autonomia della musica anche quando questa era accompagnata da un’intenzione letteraria manifesta, che adesso, rispetto al passato, assume soltanto la funzione di rendere partecipe il fruitore esterno delle circostanze ispirative del compositore, delle ragioni interiori del creatore (l’impulso creativo del musicista > R. Strauss), e coloro che continuavano a credere indefessamente nel ruolo fondamentale del programma letterario per la costituzione stessa della forma musicale (Otto Klauwell). Programma esteriore, inteso come mezzo letterario per creare una predisposizione al pubblico, e programma interiore, inteso come espressione dell’intimo che coincideva con le idee musicali, furono oggetto di particolare attenzione del Mahler delle prime sinfonie.

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IL POEMA SINFONICO Termine coniato da Liszt (> “Tondichtung” ossia “poesia di suoni”) per la partitura del Tasso da Goethe (1849), ed in seguito lo adottò per tutte le sue composizioni sinfoniche (rinominando anche quelle precedenti). Gli antecedenti più diretti del poema sinfonico si riscontrano su due fronti: in riferimento allo schema programmatico nella Sinfonia Pastorale di Beethoven, e nella Symphonie fantastique di Berlioz, ed in riferimento alla struttura musicale, in quanto spicca una forte concentrazione espressiva, nelle overtures da concerto come l’Egmont e Coriolano di Beethoven, e Waverly di Berlioz / L’idea estetica di Liszt, nel poema sinfonico, era quella di realizzare l’ideale romantico della fusione fra tutte le arti realizzata tramite lo stretto rapporto poesia ~ musica. Liszt appone un’idea poetica (in versi o in prosa) ad ognuno dei suoi 12 poemi sinfonici all’inizio della partitura; così è anche per i celebri brani pianistici inclusi nelle tre raccolte degli “Annèes de pèlerinage”, nelle due leggende di S. Francesco, nei quattro Mephisto Valzer per pianoforte, e nei “Sonetti del Petrarca”, ove l’intero sonetto petrarchesco è riportato all’inizio dello spartito / Il Poema sinfonico è in un tempo solo, i temi extra - musicali possono essere ripresi letteralmente, o limitarsi a un richiamo non specifico ed evocativo, come in Les Préludes. Il poema sinfonico adatta spesso la sua forma al soggetto del programma extramusicale a cui fa riferimento / Il programma letterario di un poema sinfonico è da intendersi come un elemento principale, fondamentale della creazione stessa, è un elemento interno alla genesi del lavoro, un pre-testo: esso facilita il compito di assimilazione dell’opera musicale da parte dell’ascoltatore, vistone il carattere rapsodico / Seguendo l'esempio di Liszt e Berlioz, compositori successivi come Antonin Dvorák, Johan Sibelius, Bedrich Smetana, Richard Strauss e Pëtr Ilic Cajkovskij diedero continuità e coesione ai loro poemi sinfonici usando uno o più temi ricorrenti (spesso dotati di significato simbolico) che trasformavano e mutavano a seconda delle esigenze narrative o evocative del programma. L'utilizzo dell'armonia e degli impasti timbrici a scopi espressivi nel poema sinfonico portò a innovazioni nelle progressioni armoniche e nelle combinazioni strumentali / Nel Novecento, il genere subì un declino, a causa della preferenza dei compositori per le forme musicali concise e astratte e per formazioni strumentali più ridotte. Alcuni autori hanno tuttavia continuato e imposto rigorose strutture formali ai loro poemi sinfonici / Il poema sinfonico è sopravvissuto alla profusione novecentesca di opere orchestrali scritte al di fuori di uno specifico genere / Nel corso dell'Ottocento, i nascenti nazionalismi si rifletterono in opere come Má Vlast (La mia patria, 1874-1879), ciclo di poemi sinfonici del boemo Bedrich Smetana e del Finlandese Johan Sibelius / La musica a programma raggiunse la sua massima complessità con i poemi sinfonici di Richard Strauss, che impiegò tutte le risorse dell'orchestra moderna per descrivere eroi romantici ed eventi, come nel Don Quixote (1898), tratto dal romanzo di Miguel de Cervantes; qui il violoncello rappresenta il protagonista e la viola solista il suo servitore, mentre tutta l'orchestra commenta e illustra le loro avventure. In seguito scrissero musica a programma compositori come Camille Saint-Saëns (La danse macabre, 1874), Claude Debussy (Prélude à l'après - midi d'un faune, 1894).

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I COMPOSITORI D’AUSTRIA E DELLA GERMANIA Tranne Richard Strauss, i maggiori compositori tedeschi fra il 1850 ed il 1900 rifiutarono il modello della musica a programma e del poema sinfonico perseguendo, invece, i tratti stilistici della musica assoluta, e recuperando le forme classiche; ancora una volta Vienna fu la capitale della musica, e la residenza dei maggiori compositori in esame: Brahms, Bruckner, Wolf, Mahler, ed in seguito anche della triade dei compositori che suggellò l’affrancarsi dell’armonia tonale a favore della nascente dodecafonia, ossia Schönberg, Berg, Webern, i quali determinarono l’affermarsi della seconda scuola di Vienna / A Vienna si attuò il recupero del classicismo musicale che sarà fuso con i traguardi espressivi raggiunti dal romanticismo e dal tardoromanticismo.

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JOHANNES BRAHMS

(Amburgo 1833 - Vienna 1897)

Fu avviato alla musica dal padre, un modesto contrabbassista, suonando violino e violoncello. Si dedicò poi al pianoforte e studiò composizione con Eduard Marxsen, la prima figura importante per il giovane Brahms / Nel 1853, in occasione di una tournée nella quale accompagnava al pianoforte il violinista ungherese Eduard Reményi, Brahms incontrò Joseph Joachim, il quale lo presentò ai principali circoli musicali del luogo / Strinse una storica amicizia con Robert Schumann a Düsseldorf, il quale rimase colpito dalle composizioni del giovane Brahms; Schumann scrisse un articolo (intitolato Vie nuove, quasi di encomio) sulle pagine della sua rivista di critica musicale, la "Neue Zeitschrift für Musik"; da quel momento, Brahms nutrì sempre un profondo attaccamento per Schumann e per sua moglie Clara. L'amicizia e l'apprezzamento che ricevette da entrambi lo incoraggiarono nella sua strada di compositore / Nel 1857 Brahms accettò l'incarico di maestro di cappella presso la corte del principe di Lippe-Detmold, e vi rimase fino al 1859. Fu molto acclamato come pianista, compositore e direttore d’orchestra / La sua prima grande opera presentata al pubblico fu il Primo concerto per pianoforte e orchestra in re minore, eseguito a Lipsia nel 1859. L'opera fu accolta con alcune riserve: la critica gli rimproverò la mancanza di sezioni virtuosistiche e d'effetto in genere, che erano, allora, di basilare importanza per un pianista solista / Trasferitosi a Vienna nel 1863 Brahms divenne direttore della locale Singakademie (Accademia corale), incarico che abbandonò l'anno seguente. Nel 1868 divenne famoso a livello europeo grazie alla prima esecuzione del suo Requiem tedesco. Il requiem, diviso in sette sezioni, presentava la “novità” estetica, all’interno del genere, data dall’ostentare il dolore dei vivi, piuttosto che rimarcare la sorte di chi ha lasciato la vita terrena / Dal 1871 Brahms si stabilì definitivamente a Vienna, accettando l'incarico di direttore della Società degli amici della musica. Nel 1874 si dimise dall'incarico per dedicarsi esclusivamente alla composizione.

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Brahms fu molto sostenuto da Schumann e rappresentò agli occhi dei contemporanei il prodotto più illustre della tradizione classica da contrapporre al romanticismo di Wagner e di Bruckner. Condusse un'esistenza schiva e tranquilla al di fuori delle polemiche (che comunque lo riguardavano), intimamente coinvolto solo dalla sua musica (in ciò molto simile al grande Bach) / Completamente immerso nell’equilibrio formale del classicismo viennese, Brahms realizzò la più felice sintesi fra forma classica e sensibilità romantica. Uno dei suoi tratti distintivi è lo spostamento dei punti agogici delle frasi nei tempi deboli: ciò ha determinato una mirabile lezione compositiva per tutto il mondo musicale successivo / Brahms ha lasciato la sua più profonda lezione sotto l’aspetto della forma; la sua densa e flessibile maglia musicale rappresenta la base del linguaggio moderno / In ogni ambito della sua ampia produzione di musica sinfonica, cameristica e vocale, Brahms ha lasciato pagine di notevole spessore artistico. Dagli slanci del romanticismo giovanile sino alle dolorose e austere meditazioni delle opere tarde, la sua musica percorre tutto l'arco dell'esperienza romantica / In un'epoca dominata dall'enfasi e dalla sperimentazione armonica di Wagner, Brahms (più giovane di vent'anni) preferì tornare alla lezione di Beethoven, in una perfetta sintesi di classicismo, espresso nella purezza della sonata, della sinfonia e del concerto, e di romanticismo, travolgente e intimista, ben rappresentato dagli ultimi intermezzi per pianoforte. L’assoluta osservanza delle regole era un principio basilare della sua stessa libertà stilistica: era una necessità interiore / Nel 1850 Johannes Brahms incontrò il violinista ungherese Eduard Reményi, che gli fece conoscere la produzione musicale dei nomadi Rom. Rielaborando le melodie tradizionali gitane, egli compose le celebri Danze ungheresi, scritte originariamente per due pianoforti e pubblicate in quattro volumi tra il 1869 e il 1880 / Fino al 1873 Brahms aveva L’OPERA composto per pianoforte, per coro e sporadicamente per orchestra. In quell'anno, Composizioni orchestrali: 4 Sinfonie: n°1 in Do min. op. 68, 1876. N°2 in Re Magg. op. 73, 1877. N°3 in Fa Magg. Op. tuttavia, egli compose le Variazioni sopra un tema di Haydn. La sua produzione 90, 1883. N° 4 in Mi min. op. 98, 1885. “ Serenate . Variazioni su un tema di Haydn op. 56a. sinfonica fu, sin dalla sontuosa Prima sinfonia in do minore, di notevole spessore Ouverture accademica op. 80. Ouverture Tragica op. 81 artistico, ove la passionalità romantica non è mai assente. Concerti per strumento ed Orchestra: 2 Concerti per pianoforte: N°1 in Re min. op. 15, 1858. N°32 in Si b Magg. op. 83, 1881. Concerto per violino ed orchestra in Re Magg. Op. 77, 1878. Doppio concerto per violino e violoncello in La min. op. 102 1887. Musica da camera: 2 sestetti per archi. 2 quintetti per archi. 1 quintetto per clarinetto e archi. 1 quintetto per pianoforte ed archi in fa min. 3 quartetti per archi, e 3 per archi e pianoforte. 3 trii con pianoforte. 2 trii per diverse formazioni. 3 sonate per violino. 2 sonate per violoncello. 2 sonate per viola (o clarinetto) e pianoforte.. 3 sonate per pianoforte (op. 1, 2, 5). Variazioni e fuga su un tema di Händel op. 24. 2 raccolte di Variazioni su un tema di Paganini. Klavierstücke op. 76. 2 Rapsodie op. 79. Fantasie op. 116. Intermezzi op. 117 Composizioni vocali: Ein deutsches Requiem (s, b, coro e orchestra) op. 45, 1868. Rapsodia per contralto, coro maschile e orchestra op. 53, 1869. 8 quartetti vocali con pianoforte “Liebeslieder Walzer”. Numerose composizioni corali, a cappella e con accompagnamento. Numerose raccolte di Lieder : Sechs Gesänge op. 3, 1853; Vier ernste Gesänge op. 121, 1896; 49 Deutsche Volkslieder (in 7 libri)

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Brahms compose in tutti i generi musicali, escluso il melodramma (ed anche in questo fu veramente molto simile al grande Bach) / Tutte le sue opere mostrano un solido senso della forma, eredità del classicismo viennese, anche là dove le idee musicali sono più complesse / A differenza dei suoi contemporanei tardoromantici, Brahms non perseguì la strada delle sperimentazioni armoniche o timbriche fini a se stesse; egli si dedicò piuttosto alla creazione di una musica dotata di una grande coerenza interiore, sfruttando la novità di un passaggio o di un colore solo per evidenziare, all'interno della costruzione, alcuni particolari / Il classicismo di Brahms fu un caso unico, perché “capitato” in un’era dominata dalla figura e dall'opera di Richard Wagner .

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BRAHMS E LA MUSICA DA CAMERA

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Il pianoforte ha occupato per Brahms un posto di primo piano nella sua formazione di musicista: egli era pianista e voleva diventare virtuoso; degni di nota sono, in tal proposito, la raccolta dei suoi 51 esercizi tecnici per pianoforte, ove riversa particolari attenzioni alla scioltezza del polso. Tramite il pianoforte Brahms si affacciò alla grande musica sinfonica, e di più ampio respiro in genere: la genesi del Primo concerto per pianoforte orchestra ne è un esempio tipico; vene concepito all’inizio come una sinfonia e poi come una sonata per due pianoforti / La sua concezione formale classica non sarà mai abbandonata, egli concepì quasi tutti i suoi lavori cameristici articolati in quattro movimenti (palese predilezione per l’architettura di vaste proporzioni), ma spostò al terzo posto il tempo lento, e in luogo dello Scherzo introdusse una sorta di intermezzo meditativo, dal carattere più intimo e molto spesso affine alla danza. Anche il ritmo fu oggetto delle sue oculate attenzioni: Brahms gli affida il ruolo di guida interna, e molto spesso lo ravviva con figure sincopate / Nel vasto panorama della sua produzione di musica da camera i Trii assumono un rilievo tutto loro, ostentando una perfetta sintesi di tutto il suo stile compositivo / Notevole è il suo impiego del principio polifonico basato sul contrappunto imitato: egli utilizza i contro-temi, alla stregua di una doppia fuga, unitamente all’uso della variazione (onnipresente in tutta la sua produzione) / Il grande compositore amburghese riversò la sua più intima coscienza alla produzione cameristica, che fu condotta per un quarantennio nell’arco del secondo ‘800 (sonate per strumento solista, violino, violoncello, clarinetto, e pianoforte, sestetti per archi, trii, quartetti e quintetti per organici diversi / I due Quartetti con pianoforte in sol minore e in la maggiore (op. 25 e 26) furono le prime opere cameristiche veramente importanti che Brahms si portò con sé nel suo primo viaggio a Vienna, nell’autunno del 1862; in questi mirabili capolavori spicca la densità e la compattezza di suono unitamente ad una pienezza e ricchezza dell’armonia, ove i rapporti tonali sono tesi fino all’estremo delle possibilità, e i giri armonici sono così ampi da legare l’uno all’altro i vari episodi in un unico ininterrotto flusso musicale / Brahms osservava la consuetudine di scrivere opere della stessa natura, gemelle, una dopo l’altra: ciò era un suo metodo di lavoro ove l’esperienza acquisita serviva da stimolo per la immediata creazione di un’altra opera simile alla prima / Dopo il 1880 il suo interesse per la musica da camera si intensificò, ne nacquero le Sonate per violino e pianoforte op. 78, 100 e 108, la seconda Sonata per violoncello in fa maggiore op. 99, i Trii con pianoforte in do maggiore op. 87 e in do minore op. 101, e i due capolavori ossia i Quintetti per archi in fa maggiore e in sol maggiore. Negli anni ‘90 giunse alle opere dedicate al clarinetto: il Trio in la minore op. 114, il Quintetto in si minore op. 115, ed infine le due Sonate op. 120. In queste opere il traguardo raggiunto da Brahms è la riduzione all’essenza e la grande concisione.

Riproduzione della parte iniziale dell’articolo “Vie nuove„ scritto da Robert Schumann nel 1853 per la sua rivista Neue Zeitschrift für Musik

“Ed è venuto questo giovine sangue, alla culla del quale hanno svegliato Grazie ed Eroi. Si chiama JOHANNES BRAHMS [...] Trasparivano dalla sua persona tutti quei segni che ci annunciano: ecco un eletto! Quando si mise al pianoforte cominciò a scoprirci regioni meravigliose: noi venimmo attirati in un circolo sempre più magico. Aggiungete a questo un modo di suonare quanto mai geniale, che fa del pianoforte un’orchestra dalle voci ora lamentose ora esultanti di gioia. Erano sonate, o piuttosto delle sinfonie velate - canzoni, la cui poesia si potrebbe comprendere senza saper le parole, benché una profonda melodia di canto le attraversi tutte - singoli pezzi per pianoforte, in parte d’una natura demoniaca ma dalla forma più leggiadra, poi sonate per violino e pianoforte - quartetti per archi - e tutto così diverso che ogni cosa pareva sgorgare le altre sorgenti. Poi sembrava ch’egli, passando come un fiume scrosciante, riunisse tutte queste sorgenti in una cascata che, coronata da un calmo arcobaleno, veniva accompagnata nel precipitare del suo corso da svolazzanti farfalle e da canti di usignoli„

La disputa, cara solamente a tutti quanti amano le questioni oziose, se Brahms sia da considerare classico o romantico non potrà mai trovare una netta definizione: non è possibile stilisticamente adoperare una netta distinzione fra pagine ascrivibili all’autentico classicismo o all’autentico romanticismo; egli è uno spirito creatore che ha integrato una natura d’origine romantica e un’educazione di impronta severamente classica. 5

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ANTON BRUCKNER

Di umilissime origini, Bruckner fu quasi interamente un autodidatta nello studio della composizione musicale. Il suo primo lavoro, una messa da requiem, fu composto nel 1842. Profondamente religioso, divenne l'organista del monastero di St Florian, nei pressi della sua cittadina natale, nel 1848 e quindi, tra il 1856 e il 1868, della cattedrale di Linz. Durante la sua permanenza a Linz studiò brevemente con Simon Sechter, esperto in contrappunto, e compose tre delle sue principali opere corali: la Prima messa in re minore (1864), la Seconda messa in mi minore (1866) e la Terza messa in fa minore, detta “La Grande” (1867). La sua Prima sinfonia in do minore fu composta nel 1866. Dal 1868 al 1892 Bruckner fu organista di corte e professore al Conservatorio di Vienna. Compose altre otto sinfonie e molte opere sacre, per orchestra, coro, organo e pianoforte. Morì mentre stava lavorando alla Nona sinfonia in re minore / Il suo caso fu molto singolare: rimase nell’ombra per circa sessant’anni, e solo dopo la composizione e l’esecuzione della sua Settima Sinfonia in Mi maggiore (1883), ritenuta il suo capolavoro, conobbe un’improvvisa celebrità / Profondamente influenzato da Richard Wagner, fu molto osteggiato da musicisti e critici del partito antiwagneriano di Vienna, i quali si opposero alle sue opere. Ampliò considerevolmente le dimensioni complessive della sinfonia, componendo secondo una struttura più grande di quella adottata fino quel momento. La sua orchestrazione è nota per il suono alternato di intere famiglie di strumenti, creando effetti simile al corale che rivelano sia l'influenza di Wagner sia il suono caratteristico del suo strumento prediletto, l'organo. Ma è stato solo dopo il 1945 che la sua portata artistica è stata rivalutata. 2

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HUGO WOLF

(Linz 1824 - Vienna 1896)

(Slovenia 1860 - Vienna 1903)

Iniziò gli studi al Conservatorio di Vienna. Nel 1884 divenne critico musicale del "Wiener Salonblatt", rivista viennese attraverso la quale esternò la sua grande ammirazione per la musica di Wagner e di altri compositori contemporanei, e nel frattempo produceva feroci critiche contro Brahms e Dvorak. Dal 1887 si dedicò agli studi musicali e alla composizione / Colpito da una grave forma di malattia mentale, i cui primi sintomi si manifestarono intorno al 1893, trascorse il resto della sua vita ricoverato in un ospedale psichiatrico / Il suo nome è legato al Lied: composte circa 300 Lieder, e divenne il protagonista del genere nella seconda metà dell’800. Wolf, partendo dal modello liederistico wagneriano, portò il Lied tedesco a nuovi vertici di raffinatezza e complessità, e attuò nei suoi brani lirici una straordinaria sintesi di musica e poesia / La maggior parte delle sue composizioni liederistiche furono pubblicate in sei raccolte, e dedicate ognuna ad un grande poeta o gruppo di poeti (come Eichendorf, Mörike, Goethe). Egli utilizzò per i suoi testi opere di eminenti poeti tedeschi come Eduard Mörike, Joseph von Eichendorff e Johann Wolfgang von Goethe. I suoi Spanisches Liederbuch (1891) e Italienisches Liederbuch (in 2 volumi, 1891 1896) mettono in musica poesie tedesche su temi spagnoli e italiani. Tra le non molte composizioni che esulano l’ambito liederistico si ricordano un quartetto per archi (1879-1880), la Italienische Serenade (1892) e l'opera Il Corregidor (1895), ispirata al Cappello a tre punte di Juan Ruiz de Alarcón. 3

Tratto saliente del linguaggio sinfonico di Bruckner è l’uso di lunghe distese di tremoli d’archi come sostegno di melodie eseguite da altri strumenti. Quasi tutte le sue sinfonie iniziano così. L’esempio qui riportato si riferisce all’inizio della quarta sinfonia. Questo procedimento, insieme ad altri elementi stilistico - musicali, conferisce alle sinfonie di Bruckner un carattere spiccatamente estatico, oltre che devoto e solenne.

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Tratto dalla raccolta di lieder “Italianisches Liederbruch„(“Canzoniere italiano”,1890-91, raccolta basata su testi popolari italiani tradotti in tedesco), questo Lied evidenzia la grande padronanza di Wolf nell’uso della tecnica enarmonica.

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GUSTAV MAHLER

(Kalištè, Boemia 1860 - Vienna 1911)

Figlio di un modesto commerciante ebreo, manifestò un precoce talento musicale che gli comportò l’ammissione al conservatorio di Vienna, ove concluse gli studi nel 1878; qui ricevette le simpatie di Bruckner. La sua carriera di direttore d’orchestra iniziò a 20 anni nel 1880, in quello stesso anno fu maestro sostituto al teatro di Bad, in Austria, ed intraprese la carriera di direttore d'orchestra che lo portò nei principali teatri d'opera centroeuropei. Nel 1897 divenne direttore artistico dell'Opera imperiale di Vienna, contribuendo a rendere la città un centro musicale di prestigio mondiale nel decennio successivo. Nel 1907, in seguito a spiacevolezze verificatesi a Vienna, partì per New York dove diresse prima la Metropolitan Opera House, dal 1908 al 1910, e quindi la New York Philharmonic Orchestra. Al suo rientro in Europa la morte lo coglierà l’anno seguente, nel 1911 a Vienna.

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La sua testimonianza musicale rappresentò il culmine dello sviluppo tardoromantico della sinfonia, ed esercitò una profonda influenza sull'opera di compositori del Novecento come Schönberg e Berg. Le sue grandi capacità interpretative, gli elementi innovatori di cui seppe arricchire le opere da lui dirette e la vastità del repertorio musicale fecero di Mahler uno dei più acclamati direttori d'orchestra. Una particolare curiosità è il fatto che Mahler dedicava alla composizione soltanto i mesi estivi, in quanto era l’unico periodo in cui era libero dai vari impegni (sia di teatro che di direzione), da ciò si evince la limitatezza di numero delle sue composizioni / La summa dell’opera mahleriana è rappresentata dalle 9 Sinfonie e dai cicli di Lieder con orchestra. Quattro delle sue nove sinfonie includono parti vocali soliste o corali. Monumentale è l’ottava sinfonia in Mi b magg. (1906 - 7) ove compaiono 8 voci soliste, doppio coro, coro di bambini; Mahler la chiamò “Dei Mille”, è in due tempi, ove nel primo tempo compaiono i versi del Veni Creator Spiritus, e nel secondo tempo i versi della scena finale del Faust di Goethe. La più celebre fra le sue sinfonie è la settima in Mi minore detta “Il canto della notte” (1904 - 5). Fra i più importanti cicli di lieder si inseriscono “Il canto della terra “(1908), una fusione tra il Lied e la sinfonia, “Il corno magico del fanciullo” (1888), i “Canti dei bambini morti” (1902), sia con accompagnamento pianistico che orchestrale, e i ”Canti di un compagno viandante” (1883).

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Ritratto fotografico del giovane Mahler

Per alcuni importanti assunti si è soliti suddividere l’attività compositiva di Mahler in tre periodi, non foss’altro che per la predilezione nei confronti dei testi di Wunderhorn, nella prima fase, a cui delle sinfonie furono legate da una sorta di “programma”. In seguito, nella quinta, sesta e settima sinfonia Mahler abolirà ogni sorta di programma: saranno solamente sinfonie strumentali, ove più marcata sarà l’interesse per la polifonia. Dopo l’Ottava sinfonia (che rappresenta un caso se) il terzo periodo compositivo di Mahler ostenterà dei colori molto vicini all’espressionismo. L’opera di Mahler è originale, non si trovano precedenti della sua personalità musicale in nessun musicista; egli adoperò una sintesi dell’opera di Beethoven e Brahms oltre che di Wagner e Bruckner. Egli era assolutamente convinto che la sinfonia doveva scaturire da un programma ideale extramusicale; è noto che per alcune sinfonie scrisse dei programmi letterari / L'uso del coro e della voce solista nell'ambito sinfonico estende il procedimento già adottato da Beethoven nella celebre Nona sinfonia, raggiungendo nel contempo un'unità musicale e drammatica di stampo wagneriano / Come Wagner e Bruckner, Mahler impiegò vaste risorse orchestrali; ma l'orchestrazione, con la sua enfasi sul timbro degli strumenti, anticipa per molti versi la musica del XX secolo. Il sinfonismo di Mahler accrebbe, oltre alle dimensioni grandiose dell’organico orchestrale, le concezioni temporali, le sue sinfonie avevano una durata ben più lunga rispetto alla consuetudine: le più brevi, la Prima e la Quarta, durano oltre un'ora e la più lunga, la Terza, in sei movimenti, più di un'ora e mezza, con il solo primo movimento di trentacinque minuti / Testimone di un'epoca che ormai volgeva al termine, Mahler esternò nella sua musica una molteplicità di atteggiamenti che riconducono al suo senso di nostalgia verso un mondo, quello del tardoromaticismo musicale, che si avviava al tramonto. Le sinfonie mahleriane rappresentano una sorta di viaggio psicologico, una lotta titanica tra ottimismo e disperazione, che si manifesta sotto forma di acuta ironia. In questa miscela inestricabile di gioia e sofferenza Sigmund Freud, che lo ebbe in cura, individuò un aspetto fondamentale della sua personalità.

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MAHLER ED IL RAPPORTO CON LA NATURA

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Il suo rapporto con la natura, i grandi spazi, il senso del cosmo, furono onnipresenti nelle sue fonti d’ispirazione compositive. Da bambino le lunghe passeggiate fra i baschi di Iglau e fra le montagne gli provocavano quasi uno stato di trance. Egli stesso ebbe a dire che “Ogni opera d’arte deve racchiudere in sé una briciola di infinito perché deve essere in qualche modo specchio della natura. Ciò che è più importante è che abbia in sé qualcosa di misterioso, di incommensurabile. Se è possibile abbracciare l’opera interna con un solo sguardo vuol dire che ha perduto la sua magia, il suo fascino, esattamente come nel caso del più bello dei parchi, che sembra noioso se se ne conoscono tutti i sentieri„. Queste parole rappresentano la chiave di lettura della sua musica; egli trovò nella natura gli elementi fondamentali del suo stile: le sue grandi creazioni sinfoniche furono materializzate nero su bianco in una piccola casetta all’ombra dei boschi. Non a caso compaiono numerose le sezioni musicali quasi “etichettate” con il titolo di Rumore della natura nelle sue sinfonie / Mahler si trovò quasi istintivamente proiettato a fuggire dalla mediocrità della vita di provincia sin dalla più tenera età per rifugiarsi nella lettura, e per scoprire una dimensione assolutamente personale della natura, e del contatto con essa; di ciò si trova traccia a partire dalle prime lettere che Mahler scrisse, all’età di 18 anni:

La cassetta nel bosco a Toblach (Dobbiaco) dove Mahler si ritirava per comporre.

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“Oh mia amata terra, quando, oh quando accoglierai nel tuo grembo il misero abbandonato… Accogli il solitario, l’inquieto, te ne prego oh terra eterna„. Il giovane Mahler si immerge così completamente in un desiderio appassionato d’Assoluto, di palese sapore romantico; le letture dei poeti romantici saranno il suo pane quotidiano / Con queste premesse ideologiche il ruolo del compositore aveva per Mahler un significato che sconfinava nell’apostolato, ed una dedizione di anima e corpo alla creazione musicale. Più volte ebbe a dire che “Le mie sinfonie esprimono tutt’intera la mia vita...vi ho riversato tutto quello che ho vissuto e sofferto, sono verità e poesia divenute musica….ciò che si mette in musica è l’uomo nella sua interezza, l’uomo che prova sentimenti, che pensa, che respira e che soffre„. Mahler concepì che per fare delle proprie sinfonie un vero e proprio universo non doveva attribuire scarsa considerazione a niente, nemmeno alle buffonerie più scatenate, neanche ai motivetti più insolenti. Ciò si evince nella sua opera dal fatto che opposte ispirazioni coesistettero insieme.

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Rara fotografia di Mahler a passeggio con un’amica cantante nell’estate del 1897 in Carinzia.

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RICHARD STRAUSS

(Monaco 1864 - 1949 Garmisch-Partenkirchen)

Figlio di un eminente cornista che lo avviò fin dall'età di quattro anni allo studio della musica, Richard Strauss cominciò la carriera di direttore a ventuno anni, e per gran parte della sua vita guidò orchestre importanti nei maggiori teatri lirici in Germania e in Austria. Dopo l'avvento del nazismo, fu dal 1933 al 1935 capo onorario dell'ufficio musicale del Terzo Reich / Le opere di Strauss vengono solitamente divise in tre periodi: una prima fase iniziale; gli anni contraddistinti dalla produzione di poemi sinfonici; il periodo dedicato prevalentemente alla composizione di opere liriche. Le composizioni del primo periodo (1880-1887), oggi raramente eseguite, mostrano la forte influenza dei maestri classici e romantici; sono di questo periodo una Sonata per violoncello e pianoforte (1883), la Burleske per pianoforte e orchestra (1885) e la fantasia sinfonica Aus Italien (Dall'Italia, 1887). Nel secondo periodo (1887-1904) Strauss mise in campo il suo più grande contributo nei confronti della musica a programma: portò il poema sinfonico ad altissimi livelli e utilizzò la tecnica del Leitmotiv derivata da Richard Wagner. Nacquero in questo periodo i suoi grandi poemi sinfonici come Don Juan (1889), Macbeth (1890), Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione, 1890), Till Eulenspiegels lustige Streiche (I tiri burloni di Till Eulenspiegel, 1895) che fu il più noto e geniale fra i suoi poemi sinfonici, Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra, 1896), tratto dall’omonimo scritto filosofico di F. Nietzsche (l’opera letteraria storica dell’esaltazione del mito del superuomo), Don Quixote (1898) ed Ein Heldenleben (Vita d'eroe, 1899) / Introdusse inoltre alcune innovazioni nell'armonia e nella strumentazione, ampliando grandemente le potenzialità espressive dell'orchestra moderna / Al terzo periodo (1904-1949) appartengono le creazioni per il teatro d’opera, tra le più importanti del Novecento. Dopo l'allestimento della sua prima opera di successo, Salomè (1905), Strauss iniziò la collaborazione con il poeta e scrittore austriaco Hugo von Hofmannsthal, con cui produsse le sue opere migliori, come Elektra (1909), Der Rosenkavalier (Il cavaliere della rosa, 1911), Ariadne auf Naxos (Arianna a Nasso, 1912; nuova versione, 1916), Die Frau ohne Schatten (La donna senz'ombra, 1919) e Arabella (1933) / Strauss compose oltre cento liriche, il balletto Josephslegende (La leggenda di Giuseppe, 1914), la Symphonia domestica (1904), Eine Alpensinfonie (Sinfonia delle Alpi, 1915), entrambe per orchestra, e Vier letzte Lieder (Quattro ultimi canti, 1948), per soprano e orchestra. 7

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Richard Strauss in posa con il cast vocale per la foto relativa alla prima rappresentazione di Ariadne auf Naxos avvenuta nel 1926 al festival di Salisburgo. Quell’anno rappresentò per il festival di Salisburgo una data storica, in quanto per la prima volta veniva rappresentata un’opera contemporanea, e la prima storicamente fu proprio l’opera di Strauss. In quell’edizione del festival vennero anche eseguite altre composizioni di Strauss in uno dei due concerti eseguiti dai Wiener Philharmoniker. 9

Richard Strauss sessantanovenne al pianoforte dà istruzioni ai cantanti Lotte Lehmann e Alfred Jerger ed al regista Lothar Wallerstein in occasione della prima di Arabella data a Vienna il 21 ottobre 1933. 10

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HANS ERICH PFITZNER (Mosca 1868 - Salisburgo 1949)

MAX REGER (Brand, Baviera 1873 - Lipsia 1916)

Eminente organista e compositore Dopo gli studi musicali effettuati con il padre e con Hugo Riemann, insegnò ai Conservatori di Wiesbaden e di Lipsia, all'Accademia Musicale di Monaco e all'Università di Lipsia / Egli incarnò l’ideale del ritorno a una concezione pura della musica, con particolare attenzione alla rinascita del contrappunto tipicamente barocco / La produzione di Reger è caratterizzata da forme musicali rigorose, come la fuga, e dal disinteresse tipicamente tardoromantico per le limitazioni armoniche convenzionali / Tra i suoi lavori più importanti si ricordano la Fantasia e Fuga in do minore op. 29, per organo, i concerti per violino (1908) e per pianoforte (1910), nonché una ricca produzione di musica da camera. Le sue composizioni organistiche, sonate, fantasie preludi corali, variazioni, rappresentano un notevole originale esempio di fusione delle antiche tradizioni organistiche luterane del barocco con le correnti tardoromantiche del suo periodo.

E’ considerato uno degli ultimi esponenti della tradizione classico-romantica, ed è ricordato in modo particolare per aver composto opere teatrali dalla grande drammaticità di stampo wagneriano. La sua opera più famosa, Palestrina, venne rappresentata per la prima volta a Monaco nel 1917. Compose inoltre tre sinfonie, concerti per diversi strumenti (pianoforte, violino, violoncello), musica per orchestra e musica da camera.

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MAX BRUCH (Colonia 1838 - 1920) 12

Fu direttore della Liverpool Philharmonic e della Breslau Orchesterverein e, quindi, docente di composizione alla Berlin Hochschule für Musik. Il suo stile si ascrive al romanticismo di Mendelssohn. Bruch è ricordato soprattutto per la sua Fantasia Scozzese per violino e orchestra (op. 46), per il Concerto per violino in sol minore (op. 26) e per Kol Nidrei (1881), per violoncello e orchestra, su melodie ebraiche. Compose tre sinfonie e molta musica da camera.

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IL RINNOVAMENTO STRUMENTALE IN FRANCIA Come per l’Italia anche in Francia il grosso del pubblico ottocentesco era “assorbito” dal teatro operistico, e ciò relegava decisamente in secondo piano tutti gli altri generi musicali, soprattutto il reparto “musica strumentale”. Rispetto all’Italia la Francia musicale, profondamente influenzata da Wagner, vide un ritorno del grande interesse verso la musica strumentale più imponente e rapido; ciò fu contemporaneamente causa ed effetto della presenza di numerosi musicisti di elevato calibro, i quali convogliarono verso la loro musica molti strati di pubblico / Nel 1871 nacque la Società Nazionale per la Musica Francese che determinò la rinascita della musica in Francia, soprattutto strumentale. I maggiori musicisti francesi manifestarono tendenze e stili diversi: Franck ed il suo discepolo d’Indy assorbirono la lezione wagneriana; Saint - Saëns e Faurè furono inclini al recupero della tradizione classica e francese. Su tutti spiccò, in seguito, Claude Debussy il quale rappresentò la personalità più originale della musica francese di fine ottocento / La musica francese, in generale, tra la fine delll’800 e l’inizio del 900, si va organizzando in una stratificazione di stili che si intrecciano fra di loro, sulla quale si inseriranno presto le figure di Debussy e di Ravel. CESAR AUGUSTE FRANCK (Liegi 1822 - Parigi 1890) Studiò musica al Conservatorio di Parigi, e si stabilì nella capitale francese, dove si mantenne insegnando musica privatamente e suonando l’organo in 13 varie chiese parigine soprattutto, dal 1859 fino alla morte, nella chiesa di Sainte - Clothilde; nel 1872 divenne docente d'organo al Conservatorio della capitale. Fu tra i fondatori della Società Nazionale per la Musica Francese e, nel 1886 ne divenne presidente / L'opera di Franck è caratterizzata dall'uso delle forme classiche, incluse la sinfonia e la sonata, che egli tuttavia adattò al gusto del tardo romanticismo e all'estetica musicale proveniente da Wagner; alternando tematiche mistiche ad accenti drammatici, egli seppe rinnovare la forma ciclica già adottata da Berlioz, mantenendone la caratteristica del tema ricorrente, con le opportune modifiche, in tutti i movimenti, ma rinnovandola dal punto di vista armonico con un l’uso ardito del cromatismo / L’ultimo decennio della sua vita fu il più fecondo ed il più ricco di onori, tanto agognati precedentemente. La Sinfonia in re minore (1886-1888) dedicata al suo amico ed allievo Henri Duparc, sarà tra i brani sinfonici più eseguiti, anche se la sua prima esecuzione avvenuta 17 febbraio 1889, suscitò non poche perplessità, incomprensioni e critiche negative protrattesi ben oltre la sua morte (Ravel e Milhaud non risparmiarono inequivocabili termini di mediocrità e scarsa concezione dell’orchestrazione). Nella sua produzione si segnalano inoltre l'oratorio Les Béatitudes (1869-1879); musiche per orchestra, tra cui tre poemi sinfonici; le Variations symphoniques per pianoforte e orchestra (1885); la Sonata per violino e pianoforte (1886); e le opere per organo, tra le quali la Grande pièce symphonique op. 17 (1860-1862) e i Trois chorals (1890). Il Preludio corale e fuga (1884) ed il Preludio aria e finale (1887) per pianoforte si iscrivono nelle pietre miliari della letteratura pianistica / Nobile figura di uomo religioso e austero, trascorse una vita raccolta e serena come organista di una chiesa parigina, circondato da un eletto gruppo di ammirati discepoli. Come compositore non incontra un unanime consenso del pubblico, ma contribuisce in maniera decisiva, con Saint-Saëns, alla rinascita della musica strumentale francese. Seppe creare una felice sintesi fra gli elementi estetici di ascendenza wagneriana ed un vibrante lirismo romantico, che gli valse l'appellativo di "Brahms francese"; nella sua musica si mischiano insieme misticismo ed eleganza / Innovatore è il suo uso della forma sonata ciclica, caratterizzata da uno o più temi fondamentali ripresi ogni volta nei vari momenti della composizione. La forma ciclica scaturisce in Franck dal mescolarsi, nella sua concezione compositiva, di sperimentazione e 13 a

Rara fotografia d’epoca che ritrae Cèsar Franck (seduto al centro) insieme ad amici musicisti; alla sua sinistra il celebre virtuoso violinista Eugene Ysaye.

tradizione. In questo senso le fantasiose Variazioni sinfoniche per pianoforte e orchestra (1885) e la vibrante la Sinfonia in re minore (1888) compendiano tutta l'estetica del compositore, il più importante maestro delle nuove generazioni della musica francese, da Debussy a Ravel. Debussy nel 1903 esternò il seguente commento a proposito della figura di Franck: “Cèsar Franck si accomuna ai grandi musicisti per i quali i suoni hanno un senso esatto nella

loro accezione sonora; essi li utilizzano nella loro precisione senza mai domandare nient’altro che ciò che essi contengono. Ed è tutta la differenza che esiste tra l’arte di Wagner, bella e singolare, impura e seducente, e l’arte di Franck che serve la musica senza quasi domandarle gloria. Quello che egli prende in prestito alla vita lo restituisce all’arte con una modestia che sfiora quasi l’anonimato”.

Ravel, nel 1912, così si espresse a proposito di Franck: “Nella musica di Franck, una melodia di carattere elevato e sereno, armonie ardite, di una

singolare ricchezza; ma una povertà di forma desolante…. gli errori strumentali si accumulano. Qui dei contrabbassi si trascinano maldestramente, appesantendo un quartetto già incolore. Lì, delle trombe fragorose vengono a sostituire i violini. Nel momento della massima ispirazione, si è sconcertati da sonorità da baraccone”. 12

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VINCENT D’INDY (Parigi 1851-1931)

Allievo più in vista di César 14 Franck, D'Indy raggiunse la notorietà nel 1886 con la leggenda drammatica Le chant de la cloche (1879-1883). Nel 1890 divenne presidente della Société nationale de musique, e dal 1900 insegnò composizione alla Schola Cantorum di Parigi, che aveva fondato e diretto; la Schola si prefiggeva il compito di rivalutare lo studio del canto gregoriano. Storicamente importante fu il suo Corso di composizione musicale in 4 volumi che è ancora oggi usato a scopo didattico. Dal suo maestro, D'Indy raccolse il principio della forma ciclica. La musica di d'Indy è più complessa di quella di Franck, complessità in parte bilanciata dall'attenzione alla natura e ai temi tratti dalla musica popolare francese. Compose tre sinfonie, tra le quali la Symphonie sur un chant montagnard français (1886), ove egli impiega come tema una canzone popolare / Tra le sue opere letterarie si trovano le biografie di Beethoven (1906) e Franck (1911) / Sulla scia operistica wagneriana d’Indy compose sette opere ove volle realizzare contenuti di carattere nazionale; celebre fu l’opera Fervaal, ispirata ad una leggenda celtica.

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CAMILLE SAINT - SAËNS

(Parigi 1835 - Algeri 1921)

Debuttò come pianista all'età di dieci anni e in seguito studiò organo e armonia al Conservatorio di Parigi. Nel 1853 compose la sua prima sinfonia, e dal 1858 al 1877 fu organista alla chiesa della Madeleine, sempre a Parigi. Il lavoro più conosciuto è l'opera lirica Sansone e Dalila (1877) / La sua musica, che si inscrive nella tradizione classica, è elegante e precisa nei dettagli e nella forma; allo stile lirico della musica francese ottocentesca unisce una maggiore attenzione alla forma / Saint - Saëns compose cinque concerti per pianoforte e orchestra e tre per violino e orchestra. Tra gli altri lavori sono il poema sinfonico Danza Macabra (1874), la Terza sinfonia in do minore (1886) per organo, pianoforte e orchestra, e la suite per orchestra Il carnevale degli animali (1886). Ebbe tra suoi allievi il compositore Gabriel Fauré / In un’epoca molto incline al sentimentalismo, lo stile improntato al neoclassicismo di Saint Saens non riscosse il giusto plauso in quanto sembrò troppo freddo e privo di sentimenti; solo di recente il suo stile ha trovato la giusta rivalutazione / Infaticabile organizzatore e musicista colto ed eclettico, Saint-Saëns contribuisce magistralmente alla rinascita della musica strumentale francese con l’adesione nel 1871 alla Società Nazionale di Musica. Sostenne la musica francese e viaggiò a lungo in Africa e in Oriente, assimilandone le atmosfere musicali / Come compositore si cimenta in tutti i generi, anche nel nuovissimo filone della musica per film (infatti compose la partitura dell'accompagnamento musicale del film muto di Charles de Bargy “L'assassinio del duca di Guisa„ per ensambe da camera nel 1908), mostrando una brillante versatilità unita a un sereno razionalismo, elementi che danno alle sue composizioni una scorrevole eleganza. 15

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GABRIEL FAURE’

(Pamiers, Ariège 1845 - Parigi 1924)

Allievo di Saint-Saëns dal 1866 al 1905 fu 17 organista in diverse chiese, come SaintSulpice e la Madeleine di Parigi. Nel 1896 ottenne la cattedra di composizione al Conservatorio parigino e dal 1905 al 1920 ne fu direttore. Ebbe tra i suoi allievi Maurice Rave / Insieme a Saint-Saëns, si adoperò per mantenere vivi i valori musicali francesi in un'epoca in cui la tendenza dominante in Europa era quella di adottare le finalità estetiche e le tecniche della musica romantica tedesca. Fauré preferì una gamma emotiva discreta alle espressioni magniloquenti di Wagner e dei suoi discepoli. Le sue composizioni rientrano in generi più ridotti, come le liriche e i brevi pezzi per pianoforte / Tra le sue opere più note si ricordano la Ballade per pianoforte e orchestra (1881), la suite per il Pelléas et Mélisande (1898) da Maeterlinck, la Messa da Requiem (1887), i cicli di liriche La bonne chanson (1891-1892, tratto da un poema di Verlaine) e L'horizon chimérique (1922), nonché due tragedie liriche Prométhée (1900) e Pénélope (1913). La summa della produzione musicale di Faurè si estrinseca in musica per canto e pianoforte, e musica da camera. Per canto e pianoforte il compositore francese scrisse un centinaio di liriche organizzate in raccolte che avevano come titolo Poème d’un jour (1880-81), Cinq mèlodies (1891), ecc. Ma tutte le sue liriche per canto e pianoforte sono ben lontane dalla liederistica romantica tedesca (Schumann, Schubert, Brahms): dalla scelta dei testi simbolisti all’uso di armonie che rispolverano il modalismo, egli è molto vicino a quella che fra breve sarà l’era debussyana / Nella produzione cameristica spiccano le due sonate per violino e pianoforte, per violoncello al pianoforte, la celebre fantasia per flauto e pianoforte op. 79, Trii, Quartetti, ecc. / Nutrita è anche la produzione per pianoforte solo, strumento prediletto da Faurè, (Improvvisi, Preludi, la suite a quattro mani Dolly, Romances sans paroles op. 17, la celeberrima Pavane op. 50, in seguito trascritta per orchestra con coro ad libitum, ecc.) / Gabriel Fauré diede un impulso decisivo all'emancipazione della musica francese dal sinfonismo tedesco. Temperamento mite e solitario, conosce inizialmente le suggestioni dei romantici per giungere alla fine a confrontarsi con le generazioni di Debussy e Ravel, che da lui assimilano i sognanti effetti timbrici e armonici / Fauré rimase sempre fedele a un ideale di schiva eleganza e di raffinata delicatezza, senza che venga meno la razionale nitidezza tipica della tradizione francese. L'atmosfera tersa e trasparente della sua musica si esprime pienamente nelle composizioni da camera e nelle numerose Melodie per canto e pianoforte (1880-1900), su testi di poeti francesi contemporanei.

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Esempio tratto dalla canzone Une sainte en son aurèole (una santa nella sua aureola) di G. Faurè facente parte del ciclo “La Bonne chanson” (1894). Il brano evidenzia le peculiarità armoniche della scrittura di Faurè; la scrittura pianistica (molto essenziale, con figurazioni indipendenti rispetto alla parte vocale)conferisce una particolare evidenziazione alla parte vocale. La sintassi tonale è un altro punto di grande originalità; Faurè ha la tendenza a rimpiazzare i consueti andamenti fondamentali per quinte con le successioni per terze (la famosissima Pavone ne è un esempio eclatante), ed impiega spesso melodie modali.Queste caratteristiche influirono decisamente sullo stile di Debussy.

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M i s u r e iniziali della celeberrima Pavane di Gabriel Faurè, in un arrangiamento per strumenti. Moto notevole è l’intero costrutto compositivo affidato alle terze, che disegnano un gioco melodico di spiccata languida raffinatezza.

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CLAUDE ACHILLE DEBUSSY (Saint-Germain-en-Laye 1862 - Parigi 1918) L’Impressionismo in musica, sorto in Francia tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, vide in Claude Debussy il suo più autorevole rappresen1 tante, anche se egli si definiva “simbolista”. Il movimento nacque sulla scia dei dipinti degli impressionisti francesi e dalla poesia di Verlaine, Baudelaire e Mallarmé. L'impressionismo musicale dava maggior peso ai timbri e alle atmosfere rispetto alle strutture formali. Debussy, critico militante oltre che compositore, vide nel simbolismo e nell'impressionismo una reazione al rigore formale dello stile classico e alla tendenza sentimentale del romanticismo. A questo scopo, Debussy sviluppò nella sua musica una combinazione di vecchi e nuovi espedienti. Da una parte usò la scala slendro per toni interi e intervalli complessi e inusuali, come quelli di nona e tredicesima, dall'altra tornò alle quarte e alle quinte parallele della musica liturgica medievale / Iniziò gli studi musicali al Conservatorio di Parigi all'età di dieci anni. Compì numerosi viaggi in tutta Europa e fu a Mosca nel 1879 come musicista privato. Durante il soggiorno in Russia, Debussy entrò in contatto con la musica di compositori quali Cajkovskij, Borodin, Balakirev e Mussorgskij e con le tradizioni popolari. Nel 1884 compose la cantata L'enfant prodigue: l'opera gli fece vincere il più importante ed ambito riconoscimento culturale per giovani artisti francesi, il Prix de Rome, che gli valse un soggiorno a Roma di due anni, durante il quale continuò a presentare regolarmente (ma senza riscuotere il successo de L’enfant prodigue) nuovi lavori alla commissione del premio. Tra questi, la suite sinfonica Printemps e una cantata, La demoiselle élue, composta su una poesia di Dante Gabriel Rossetti. Nell'ultimo decennio del secolo, la fama di Debussy cominciò a consolidarsi. Tra le opere di questi anni spiccano il Quartetto per archi in sol minore (1893), e il Prélude à l'après-midi d'un faune (1894), basato sul poemetto di Stéphane Mallarmé. L'opera Pelléas et Mélisande, dal lavoro teatrale omonimo di Maurice Maeterlinck, andata in scena nel 1902, consacrò definitivamente la sua fama / Dal 1902 al 1910 Debussy scrisse soprattutto per il pianoforte con uno stile che, rifiutando l'approccio tradizionale di tipo percussivo a questo strumento, ne sottolineava le capacità delicatamente espressive. Tra le importanti composizioni del periodo sono Estampes (1903), L'Isle joyeuse (1904), Images (due serie, 1905 e 1907), e i due libri di Preludi per pianoforte. La maggior parte della produzione di questo ultimo periodo comprende musica da camera, con un gruppo straordinario di sonate (per violino e pianoforte, per violoncello e pianoforte, e per flauto, viola e arpa) in cui l'essenza del suo stile viene distillato in rarefatte strutture di gusto quasi neoclassico / La musica dello stile maturo di Debussy anticipò molta musica moderna e fece di lui uno dei più importanti compositori a cavallo dei due secoli. Le sue innovazioni furono di tipo soprattutto armonico. Pur non essendo stato lui a ideare la scala di toni interi, esatonale, fu il primo a utilizzarla con successo / Il suo trattamento degli accordi è rivoluzionario per i tempi: essi vengono disposti in modo da indebolire, anziché rafforzare, la percezione della tonalità, e vengono usati per il loro individuale colore ed effetto, piuttosto che funzionalmente all'interno di una progressione tradizionale. Nella musica di Debussy non vi è dramma, non vi sono tensioni di stampo romantico; la sua musica ne è scevra / L'assenza di una tonalità fissa fornisce alla sua musica un carattere vago e sfumato che determinò la coscienza dell’impressionismo musicale, in analogia con l'effetto pittorico dell'omonima corrente nelle arti visive. Debussy non creò una scuola compositiva, egli liberò la musica dalle limitazioni dell'armonia tradizionale; inoltre, la qualità delle sue composizioni sollecitò altri compositori a sperimentare nuove idee e tecniche. L’OPERA Opere Teatrali: Pellèas et Melisandre , dramma lirico in 5 atti, 1893. Le Martyre de Saint Sèbastien, mistero danzato per soli coro e orchestra, 1911. Khamma leggenda danzata (postuma, 1924). Juex poema danzato, 1913 Composizioni vocali: Printemps cantate giovanili per coro femminile e orchestra, 1882. L’enfant prodigue per soli coro e orchestra, 1884. La dèmoiselle èlue per soli coro e orchestra, 1868. Cira 80 melodie per canto e pianoforte Composizioni orchestrali: Prèlude à l’après - midi d’un faune , 1894 (ristrumentato nel 1908). 3 Nocturnes , 1899. La Mer, tre schizzi sinfonici, 1905. Images, tre brani, 1908. Composizioni pianistiche: Deux arabesque, 1888. Suite bergamasque, 1890 - 1905. Pour le Piano , suite, 1894. Estampse 1903. I Images, due libri, 1905 e 1907. Children’s corner, 1908. L'Isle joyeuse (1904)Prèludes, due libri, 1910 e 1913. 12 Etudes 1915. Musica da camera: Syrinx, per flauto solo, 1912. Sonata per violoncello e pianoforte, 1915. Sonata per flauto, viola e arpa, 1915. Sonata per violino e pianoforte , 1917 (l’ultima sua creazione)

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Questo incipit melodico, tratto dal preludio Voiles per pianoforte, evidenzia chiaramente l’uso della scala esatonale da parte di Debussy. 16

Una delle peculiarità armoniche di Debussy è la dissoluzione della dissonanza ottenuta scrivendo molto distanziati i blocchi sonori, l’esempio su riportato, tratto dalle battute 8 e 9 dell’Etude n°3 per pianoforte, evidenzia chiaramente questa tecnica.

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ERIK ALFRED LESLIE SATIE (Honfleur, Normandia 1866 - Parigi 1925)

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Esempio tratto dalla parte finale di “Reflets dans l’Eau” (dalla prima serie delle Images) di C. Debussy. Nelle misure successive al Lent Debussy realizza un costrutto musicale dissonante che evoca, con una sonorità lievissima, il canto iniziale, creando un impasto sonoro originalissimo. 24

Pagodes, primo brano tratto dalla serie Estampes, presenta un uso costante della scala pentatonica. Notevole è il senso di movimento dato dal discorso melodico imperniato su di un ritmo anacrusico.

Pianista e compositore, studiò al Conservatorio di Parigi e lavorò in seguito come pianista in un caffè della capitale francese. Nell'ultimo ventennio del secolo compose numerosi pezzi per pianoforte, tra cui le famose Gymnopédies (letteralmente feste dell’antica Grecia ove si esibivano giovani danzatori nudi, 1888) e Gnossiennes (brani dal titolo enigmatico probabilmente riferite alle danze di Cnosso, o dell’antica Creta, 1890) / Le sue composizioni per pianoforte si imperniano su titoli enigmatici, dalla singolarità unica ed improntati su uno stile che si può definire del non senso. I suoi brani 25 pianistici lo fecero balzare all’attenzione del grande pubblico borghese, che lo reputò un artista eccentrico. Egli fece scandalo presso la borghesia bene del suo tempo / Convinto che la sua preparazione contrappuntistica non fosse sufficientemente solida, all'età di quarant'anni decise di tornare a studiare alla Schola Cantorum, sotto la guida di Vincent d'Indy e Albert Roussel. Ricominciò allora a comporre, soprattutto musica per pianoforte, dando spesso ai pezzi titoli surreali che sembravano avere poca attinenza con la musica, come “Stanchi preludi per un cane” (1913), “Sonatina burocratica” (1917) e “Tre pezzi a forma di pera“ (1903, per pianoforte a quattro mani) / Compositore ribelle, in netta contrapposizione con la pesantezza e complessità della musica del suo tempo, e innovatore nell'uso di determinati espedienti armonici, Satie anticipò la futura tendenza della musica francese. Molti compositori della generazione successiva videro in lui un maestro, soprattutto i giovani del Gruppo dei Sei, che arrivarono a lui tramite Jean Cocteau. La sua influenza fu notevole anche su compositori più anziani come Claude Debussy e Maurice Ravel / Tra le altre sue composizioni si ricordano il balletto Parade (1917), prodotto da Diaghilev e Cocteau e con scene di Picasso e Mercure (1924); Socrate (1919), per quattro soprani e orchestra da camera, tratto dai dialoghi di Platone; Vexations, un breve corale per pianoforte, quasi atonale, che l'esecutore deve ripetere 840 volte senza interruzioni.

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Esempio tratto dalla prima Gymnopèdie di E. Satie. Qui Satie vuole realizzare il suo intento di raggiungere la più completa staticità di movimento, cosicché si ha l’impressione che questa musica invece di fluire normalmente nel tempo, rimane ferma. Questo è uno degli esempi musicali più antiromantici.

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MAURICE RAVEL (Ciboure, Pirenei, 1875 - Paris 1937) 26 a Figlio di un ingegnere svizzero e di una madre spagnola, fu avviato alla musica nel 1882 a Parigi con Henri Ghys ed Emile Decombes; nel 1889 entrò in conservatorio, e sempre nello stesso anno rimase molto affascinato dalle musiche orientali ascoltate all’esposizione universale di Parigi. Studiò in seguito composizione con Gabriel Faurè con il quale terminerà gli studi nel 1905. Nel 1893 conobbe Satie e scrisse la sua prima composizione pianistica rilevante, una Sèrènade grotesque (inspirata dallo stile di Chabrier). La personalità musicale del Ravel compositore è già formata in quegli anni (Menuet antique, 1895, la prima versione della Habanera per due pianoforti): raffinato gusto armonico, spiccata tendenza alla linearità melodica di ascendenza classica e preclassica. Del 1898 è la celebre Pavane pour une enfante dèfunte, e il suo primo lavoro orchestrale, l’Overture Shèhèrazade. Nel 1901 si presentò al prestigioso Prix de Rome ottenendo il secondo premio con la cantata Myrrha. Nello stesso anno compose una delle sue pagine pianistiche più famose: Jeux d’Eau, che per molto tempo gli comportò agli occhi della critica la “posizione artistica” di epigono di Debussy. Ma ben presto il mondo musicale di Ravel si delineò in netta contrapposizione con quello debussyano: all’opposto dell’impressionismo e del simbolismo. Se gli esordi del suo stile compositivo vedevano l’utilizzo dei tratti coloristici distintivi della musica francese di fine secolo (ove primeggiavano Faurè e Chabrier) l’evoluzione della sua maturità artistica lo condusse verso una netta delineazione artistica rispetto ai musicisti francesi suoi contemporanei / Nel 1902 il suo interesse si riversa nel mondo cameristico, e nel 1905 nacque la le altre due monumentali pagine della sua produzione pianistica: Miroirs e la Sonatine. Ma il suo capolavoro pianistico lo scriverà nel 1908, vincendo una non esplicita “battaglia”concernente la realizzazione del prezzo pianistico più impegnativo scaturita fra lui ed il compositore russo Mili Balakirev; Gaspard de la Nuit (tre poemi per pianoforte su testi di del poeta Aloise Bertrand, dall’intenso sapore macabro: Ondine, Le Gibet, Scarbo) venne unanimemente giudicato il brano pianistico originale più impegnativa della letteratura pianistica di quegli anni, più ancora della trascendentale e rutilante Islamey del compositore russo / Nel 1909 Ravel stringere rapporti con S. Diaghilev, il quale gli commissiona il balletto Daphnis et Chloè, rappresentato nel 1912. Nel 1909 insieme al suo maestro Faurè e ad altri suoi contemporanei fondò la Sociètè Musicale Indèpendante con l’obiettivo di diffondere alla musica contemporanea. Sempre negli stessi anni collaborò inoltre nella veste di critico musicale a delle rinomate riviste. Lo scoppio della prima guerra mondiale comportò dei pesanti influssi negativi nella vita di Ravel: la sua volontà di arruolarsi sfociò nel ruolo di conduttore di autocarri, ma nel 1916 si ammalò è bene congedato. Nel 1917 completò il Tombeau de Couperin che incarna il suo omaggio esplicito al grande clavicembalista francese, ma contemporaneamente il suo omaggio implicito ai compagni caduti in guerra / Nel 1919, dietro suggerimento di Diaghilev scrisse La Valse, un vasto poema coreografico che però il grande impresario russo si rifiutò di mettere in scena. Negli anni seguenti Ravel conobbe una consolidata fama che lo lusingava (anche se gli caratterialmente sfuggiva ad ogni esplicita ufficialità). Nel 1922 iniziò a orchestrare i Quadri di un’esposizione di Mussorsgkij; questi sono gli anni in cui la fama di Ravel varcò l’oceano Atlantico, facendogli compiere delle straordinarie tournée nella duplice veste di pianista e di direttore d’orchestra / Nel 1928 l’università di Oxford gli conferisce la laurea honoris causa / Sempre in quell’anno sarà in Canada e negli Stati Uniti dove stringerà una significativa amicizia con George Gershwin, il quale vorrà prendere lezioni da lui ma Ravel risponde “storicamente” che “...è meglio fare dell’ottimo Gershwin piuttosto che del cattivo Ravel.„. Rimase 26 b incantato della sua geniale Rhapsody in Blue. In America assorbe il jazz, dandone una palese testimonianza nei due Concerti per pianoforte e orchestra (1929-30: il concerto per la mano sinistra, scritto per un suo amico pianista austriaco mutilato di guerra Paul Wittgenstein, ed il concerto in sol) / Gli anni che seguono vendono il suo interesse per le etnie spagnole ed ungheresi: da Tzigane, rapsodia per violino e pianoforte composta nel 1924, si arriverà, nel 1928 al suo più grande capolavoro, nonché il brano più popolare di tutto il 900: Bolèro / Agli inizi degli anni 30 Ravel cominciò ad accusare dei crescenti disturbi al cervello che la condurranno alla morte sette anni più tardi. Uomo molto riservato, schivo da qualunque forma di grande pubblicità, che riuscì egregiamente a vivere del solo mestiere di compositore, dall’intelligenza e dalla sensibilità molto acuta, grande e stimato orchestratore, nonché profondo conoscitore della tecnica pianistica;Stravinskij ammirando profondamente le sue pagine musicali lo definìun orologiaio svizzero / Ravel assume il posto, all’interno della musica del 900, dell’ultimo grande rappresentante che tentò il recupero attivo della tradizione francese classica, ma non rivissuta attraverso il nuovo filone neoclassico, ma, quasi in sintonia con il modus operandi brahmsiano, portando ad una naturale ed estrema maturazione di linguaggio diatonico, senza mai sfociare nell’atonalismo, ed arricchendolo molto Maurice Ravel fotografato al pianoforte in casa sua. spesso di spunti modali.

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LA MUSICA STRUMENTALE IN ITALIA Analogamente alla Francia, l’Italia vide lo strapotere delle figure operistiche, da Rossini a Puccini. Ma gli altri generi musicali ebbero modo di fiorire; furono gli stessi grandi operisti che dedicarono cospicue attenzioni ai generi non teatrali: musica sacra, strumentale, per canto e pianoforte. Le figure più eminenti della seconda metà ottocentesca in Italia furono Respighi, Sgambati, Martucci, Bossi e Busoni. GIOVANNI SGAMBATI (Roma 1841 - 1914)

Inizò appena sedicenne una brillante carriera concertistica. Conobbe a Roma Franz Liszt e divenne suo allievo; con lui fu in Germania, dove ebbe modo di ascoltare la musica di Richard Wagner, con cui in seguito strinse un rapporto di amicizia e di reciproca ammirazione. Anche come direttore d'orchestra evidenziò la sua predilezione per la musica strumentale romantica e tardoromantica: molti suoi concerti furono prime esecuzioni locali di lavori importanti come la Terza sinfonia o il Quinto concerto per pianoforte di Beethoven. Diresse inoltre di Liszt la prima assoluta della DanteSymphonie (1866) e dell'oratorio Christus (1867) / Instancabile organizzatore musicale nel 1867 fondò a Roma la Società del quartetto, e nel 1877 il Liceo musicale e fu, con Giuseppe Martucci e pochi altri, fervido sostenitore e artefice della rinascita della cultura strumentale in Italia, specialmente pianistica, in un periodo dominato dal melodramma. Anche la sua produzione (pezzi sinfonici e per pianoforte e orchestra, musica da camera e sacra) mostra un solido impianto culturale di respiro europeo e risente degli influssi della scuola tedesca. 27

MARCO ENRICO BOSSI (Salò 1861 - 1925 su un piroscafo dell’Atlantico) 28

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Organista e compositore. Diresse i licei musicali di Venezia, Bologna e Roma. La sua figura è legata alla rinascita dell’organo in Italia, sia dal punto di vista musicale che costruttivo / La triade Bossi, Sgambati Martucci fu la più significativa per la rinascita della musica strumentale in Italia, traendo spunto dai romantici tedeschi e specialmente da Mendelsshon e Brahms / Compose opere teatrali, Oratori, Messe e composizioni sinfoniche ove spiccano quelle per organo ed orchestra. Celebri sono i Cinque pezzi per pianoforte op. 137 in stile cromatico.

OTTORINO RESPIGHI (Bologna 1879 - Roma 1936) Nato in una famiglia di musicisti, frequentò il liceo musicale 30 della sua città natale. Diplomatosi in violino, si trasferì prima a San Pietroburgo, dove studiò con Nikolaj Rimskij-Korsakov, e in seguito a Berlino, dove lavorò con Max Bruch; tornato in Italia, dal 1913 al 1926 insegnò al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Dopo aver esordito come compositore di melodramma, Respighi si rivolse al poema sinfonico, creando le opere che lo resero celebre: Le fontane di Roma (1916), I pini di Roma (1924), Feste romane (1928). Senza trascurare le caratteristiche melodiche della nostra tradizione, Respighi 31 diede prova di possedere grandi doti di sinfonista all'interno di un genere (il poema sinfonico appunto) piuttosto trascurato dalla scuola musicale italiana. Respighi seppe inoltre coniugare felicemente le sue qualità di compositore con rare capacità di trascrittore, come è possibile constatare in Antiche arie e danze per liuto (1917 - 1931, tre suites per orchestra d'archi tratte da opere di musica antica). Tra gli altri lavori si ricordano il melodramma Belfagor (1922), i balletti La boutique fantasque (1919), su musiche di Gioachino Rossini, allestito da Sergej Diaghilev, e Passacaglia (1948), su musiche di Johann Sebastian Bach; la suite per piccola orchestra Gli uccelli (1927), da cui fu tratto l'omonimo balletto del 1933, nonché musica da camera, come la SonaCaricatura di Ottorino Respighi, autore del ta in si minore per pianoforte e violino. poema sinfonico «I Pini di Roma»

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Esempio tratto dall’inizio del poema sinfonico Le Fontane di Roma di O. Respighi; questa melodia, realizzata dall’oboe, presenta un carattere modale, caratteristica tipica della melodia di Respighi. 32

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GIUSEPPE MARTUCCI (Capua, 1856 - Napoli 1909)

FERRUCCIO BUSONI

Allievo al pianoforte di Beniamino Cesi al Conservatorio di Napoli (storico esponente della scuola pianistica napoletana che faceva capo allo storico rivale di Liszt, Sigismund Thalberg) ne fu in seguito insegnante e poi direttore. Fu, con Giovanni Sgambati, tra i più attivi fautori e diffusori in Italia della musica tedesca, soprattutto sinfonica e cameristica (Schumann, Brahms, ma anche l'opera wagneriana) adoperandosi, in un'epoca in cui la cultura musicale del paese era dominata dal melodramma, per la rinascita della musica strumentale italiana, con un particolare occhio di riguardo a pianoforte / Dell'influsso degli autori tardoromantici risentono anche le sue composizioni, tra le quali si ricordano 2 sinfonie (1895 e 1904), 2 concerti per pianoforte e orchestra (1878 e 1885), ed in più varia musica da camera: quintetto in do maggiore con pianoforte (1878) e numerosi pezzi per pianoforte; celebre divenne la Tarantella op. 44 n° 6, ove convogliò le più diffuse tradizioni folcloristiche partenopee con i principi del virtuosismo pianistico di ascendenza lisztiana. 33

R a r a fotografia del giovane, ma già gr an de, pianista Busoni al pianoforte dedicata ad un amico.

(Empoli, Firenze 1866 - Berlino 1924)

La più eminente personalità pianistica italiana a cavallo fra ottocento e novecento. Ricevette la prima formazione musicale dai genitori, entrambi musicisti, e in seguito studiò composizione a Graz e a Lipsia / Insegnò pianoforte e composizione a Bologna, Berlino, Helsinki, Mosca e Boston (1891-1893). Le sue tournée pianistiche in Europa e negli Stati Uniti lo imposero come uno dei grandi pianisti dell'inizio del Novecento / Attivamente interessato al progresso della musica moderna Busoni introdusse diverse nuove scale / Come direttore diede impulso ai lavori dei suoi contemporanei. Scrisse numerosi testi di teoria e critica musicale, fra cui l’importante Saggio di una nuova estetica musicale, 1906. Compositore prolifico, i suoi contributi più importanti restano quelli di promotore della musica moderna oltre che di grandissimo didatta. Memorabili sono le trascrizioni di buona parte della musica per tastiera di Johann Sebastian Bach / Lasciò incompiuta un'opera monumentale, Doktor Faust (1916-1924), per la quale scrisse anche il libretto (fu completata dopo la sua morte dall'allievo Philipp Jarnach), mosso com’era dal desiderio di scrivere un’opera italiana; un'altra opera incompiuta, Turandot (da Carlo Gozzi) fu completata da Anthony Beaumont / La sua musica pianistica, spesso di estrema difficoltà tecnica e di tipo prevalentemente contrappuntistico, comprende un imponente concerto per pianoforte e orchestra nel quale viene utilizzato anche un coro maschile / Anche se generalmente la produzione musicale di Busoni non è così voluminosa come quella di molti musicisti a lui precedenti, ed anche se egli non scrisse sinfonie, le sue composizioni hanno una pienezza tale da suscitare una sorta di timore reverenziale. In ognuna di esse si coglie la grande arditezza con cui sono state concepite; il suo stile è rappresentata dalla sua grande individualità / Busoni idealizzò una nuova estetica in campo musicale che denominò “nuova classicità „ pubblicando i principi di tale concezione nel giornale Frankfurter allgemeine Zeitung il 7 febbraio 1920. Nuova classicità non è però sinonimo di neoclassicismo, che negli anni venti era già diffuso un po ovunque in Europa, ossia ritorno nostalgico agli stili remoti (prerogativa artistica dello Strawinskij maturo), ma, per Busoni, rappresenta l’imprescindibile continuità con il passato che sfocia in un processo di sintesi fra il vecchio ed il nuovo. Busoni spiegò che: 34

“Per nuova classicità intendo il dominio, il vaglio, e lo sfruttamento di tutte le conquiste di esperienze precedenti: il racchiuderle in forme solide e belle..” “..Il distacco definitivo dal tematismo e il rinnovato impiego della melodia quale dominatrice di tutte le voci, di tutti gli impulsi, supporto dell’idea genitrice dell’armonia, in breve: della polifonia sviluppata al massimo..”

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Busoni superò le tradizionali strutture metriche, annullando ogni periodicità ed ogni quadratura ritmica. Egli abolì le suddivisioni di battuta così come si evince dalla Sonatina Seconda riportata nell’esempio.

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Un disegno di F. Busoni raffigurante se stesso che si trascina dietro il pianoforte in una tournèe negli Stati Uniti (Berlino Deutsche Staatsbibliothek).

LA ROMANZA DA CAMERA Un genere vocale che si impose un po’ ovunque nei salotti e nelle riunioni mondane dell’aristocrazia italiana fu la romanza per canto e pianoforte, autentica versione italiana sia del Lied tedesco che della mèlodie francese. I 5 grandi operisti italiani coltivarono questo genere, ma le figure maggiormente in rilievo furono quelle di Stanislao Gastaldon e soprattutto Francesco Paolo Tosti.

FRANCESCO PAOLO TOSTI (Ortona, Chieti 1846 - Roma 1916) 38

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Fu allievo di Saverio Mercadante al Conservatorio di Napoli. Negli anni Settanta si trasferì a Roma, dove si fece conoscere negli ambienti mondani e aristocratici, divenendo ben presto una celebrità. Possedeva una buona voce tenorile, che gli valse la nomina a maestro di canto di Margherita di Savoia. La sua brillante carriera proseguì a Londra, dove ebbe pari successo negli ambienti nobiliari e presso i regnanti. Fu in contatto con diversi letterati italiani dell' epoca, tra cui D'Annunzio e Fogazzaro, che scrissero testi per le sue composizioni / Il suo nome è legato a circa 500 romanze per canto e pianoforte, tra le quali si ricordano Vorrei morir, Non t'amo più, Ideale, Mattinata, “’A Vucchella” su testo di G. D’Annunzio, ecc. che sono un tardo frutto della tradizione italiana del "belcanto". In esse si trovano abbinate la passionalità romantica con la raffinata spensieratezza del gusto Belle Epoque .

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Una delle romanze da camera più famose di Francesco Paolo Tosti, Ideale.

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BIBLIOGRAFIA Allorto, Riccardo, Nuova Storia della Musica, Milano, Casa Ricordi, 1989. Seconda edizione, 1992 Surian, Elvidio, Manuale di Storia della Musica, Milano, Rugginenti Editore, 1991, III e IV Vol. Di Benedetto, Renato, L’Ottocento I, Storia della Musica, settimo volume, Torino, EDT, 1982 Casini, Claudio, L’Ottocento II, Storia della Musica, ottavo volume, Torino, EDT, 1978 Salvetti, Guido, Il Novecento I, Storia della Musica, nono volume, Torino, Edt, 1977 Dahlhaus, Carl, L’Idea di Musica Assoluta, (trad. di Laura Dallapiccola), Firenze, La Nuova Italia, 1988 Enciclopedia della Musica Garzanti, Le Garzantine, Musica, Garzanti Editore, 1996 Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori Enciclopedia multimediale Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993 - 2001 Microsoft Corporation Sergio Sablich, Una vocazione autentica, Brahms i Trii, AMADEUS, il mensile della grande musica, Marzo 2003, pag. 29 e segg. Henry - Louis de la Grange, Il Suono degli spazi infiniti, AMADEUS, il mensile della grande musica, Ottobre 1992. Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 Heinrich F. Fleck, Busoni Umanista, Roma, atti di convegno, 1970 www.klassiekemuziekgids.net www.alsergrund.net. www.filomusica.com.

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LE SCUOLE NAZIONALI

RUSSIA

IL NAZIONALISMO Dopo il 1830 si cominciò a diffondere nella maggior parte dei popoli europei un intenso sentimento di nazionalismo, ossia un’attenzione generale mai avvertita così intensamente prima d’ora nei confronti di tutto ciò che è patrimonio culturale intrinseco della propria nazione / Si manifestò la volontà di mettere in risalto le peculiarità culturali tout court intrinseche di ogni nazione, di ogni popolo, nelle principali espressioni artistiche e non solo / Questo “nuovo” ideale largamente diffuso influenzò non poco le vicissitudini politiche sia all’interno degli stessi stati e sia nei rapporti politici esteri; Giuseppe Mazzini rese esplicita detta ideologia asserendo che la nazione è “- ...l’universalità

dei cittadini parlanti la stessa favella, associati con eguaglianza di diritti civili e politici, all’intento comune di sviluppare e perfezionare progressivamente le forze sociali e l’attività di quelle forze -” / Il desiderio di mettere in risalto le diverse peculiarità etniche andò in netta contrapposizione con l’ideologia cosmopolita propugnata dalla cultura illuminista del ‘700 / Politicamente l’ideologia nazionalista diventò sinonimo di unificazione degli stati; ciò si manifestò pienamente con l’unità d’Italia (1871) e, dieci anni dopo, con l’unificazione della Germania; ma queste profonde trasformazioni, come è noto, comportarono un caro prezzo in vite umane ed esili pagati dai fautori della nuova ideologia che si scontrarono con le secolari tradizioni dei regimi conservatori / Filosofia politica, storia, letteratura, pittura e, non ultima, la musica furono le “armi” culturali che affermarono l’ideologia nazionalista sotto molteplici aspetti. I RIFLESSI IN CAMPO MUSICALE

Per due secoli circa, a partire dal 1600, le scene musicali europee furono totalmente dominate dalla musica italiana, prima, tedesca e francese poi; le espressioni musicali originali degli altri stati non ebbero mai, fino a questo periodo, pari importanza e risonanza, anche perché le personalità musicali italiane tedesche e francesi, investite da sommi onori, ed ori, erano sparse un po’ ovunque, preoccupate di diffondere il loro peculiare stile musicale / Con l’affermazione degli ideali nazionali venne adoperata una massiccia opera di rivalutazione delle tradizioni musicali di molti popoli europei e non; > si scoprì come molti di essi adoperavano scale modali, ritmi e forme di danza del tutto ignote alla cultura musicale europea / L’Europa musicale colta mostrò un interesse verso il patrimonio legato al passato > i libretti operistici ed i programmi dei poemi sinfonici si incentravano su argomenti storico - medievali (es. Tannäuser di Wagner) o su episodi di gloria di una nazione. Molte personalità musicali di grande rilievo (Weber, Chopin, Liszt, Brahms) considerarono artisticamente il loro repertorio di canti e tradizioni legato alle proprie nazioni; > nelle sue numerose mazurche Chopin riesumò ritmi, danze e melodie della campagna polacca; > le rapsodie di Liszt unitamente alle danze brahmsiane furono la fedele rivalutazione di ritmi e danze del folklore ungherese. / La rivalutazione del patrimonio folkloristico ~ musicale è uno dei tratti estetici che caratterizza pressoché tutta l’Europa musicale del periodo. 1

Uno degli eventi storico - musicali più importanti dopo il 1850 fu l’affermazione della nazione russa; proprio i musicisti della nazione russa del periodo in questione incarnano la tipologia più compiuta di scuola nazionale, > il “gruppo dei cinque” (Balakirev, Rimskij - Korsakov, Cui, Borodin, Mussorgsky) fu l’emblema del movimento patriottico - musicale più caro alla nazione-patria russa / Già ancora agli inizi dell’ottocento in Russia predominava l’opera italiana e la musica strumentale di ascendenza tedesca; l’inversione di tendenza in favore di un processo di espressione musicale autonomo fu compiuto da Glinka e da Dargomizski, ed il primo campo musicale di azione fu l’opera.

MICHAIL IVANOVIC GLINKA

(Novo-Spasskoe, Smolensk 1804 - Berlino 1857)

Dopo gli studi al Conservatorio di San Pietroburgo, seguendo la prassi della nobiltà dell'epoca, proseguì la sua formazione privatamente avvalendosi dell'aiuto di maestri italiani e tedeschi (uno fra tutti Mendelsshon); i suoi soggiorni milanesi, ove entrò in contatto con Bellini e Donizetti, furono determinanti per la sua formazione; compose opere liriche fino al 1835 / Dal 1837 al 1839 fu direttore della cappella corale di corte / La sua produzione operistica si esplica in due opere, che testimoniano i fermenti prodotti dall'opera italiana, e rappresentano le tappe fondamentali per il sorgere del teatro musicale russo, l'una nel dramma storico, l'altra nel dramma fiabesco / Nel 1836 conobbe la grande notorietà con l’opera Zizn za carija (Una vita per lo zar, su libretto di Aleksandr Puškin), opera che inaugurò la grande stagione operistica russa; egli attingeva dal serbatoio della musica folkloristica e dalle leggende russe; questa fu la prima opera di chiara impronta nazionalista. Con la seconda opera, Russlan e Ludmilla (1842, anch’essa su un poema di Aleksandr Puškin, ma che non ebbe il grande successo della prima) Glinka si impose come il fondatore della scuola musicale russa / Vivo fu il suo interesse per la musica popolare e in modo particolare per le danze spagnole (in Spagna visse dal 1845 al 1847), generi che gli ispirarono le ouverture Jota Aragonesa e Une nuit à Madrid (1851) / Tra le altre composizioni sono la fantasia orchestrale Kamarinskaya (1848), musica da camera e brani per pianoforte / Glinka è l’iniziatore della scuola russa, sia nel campo dell’opera, e sia in quello della romanza da camera e degli altri generi strumentali / La sua musica sottintende i gusti di una borghesia nazionale giovane e orgogliosa della propria identità. La formazione del musicista è fortemente influenzata dalla cultura occidentale, che assimila viaggiando in Europa e facendo poi conoscere in patria Liszt e Berlioz, gli artefici della "musica a programma" che tanto avrebbe influenzato lo sviluppo della musica russa. Introducendo elementi del folklore, soprattutto nel largo uso di melodie popolari, e fissando i caratteri del declamato melodico / Glinka pone le basi di uno stile drammaturgico che sarà poi sviluppato dal Gruppo dei Cinque. 1

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IL PIÙ GRANDE TEATRO D’ OPERA DEL MONDO

Uno degli assunti più notevoli della veemenza nazionalistica russa, in campo musicale,fu senza dubbio il progetto per la costruzione di un teatro così grande... da non venir mai realizzato; nel progetto dello zar Alessandro III questo sogno operistico faraonico avrebbe dovuto far impallidire persino il Palais Garnier di Parigi; egli stesso affidò l’incarico progettuale all’architetto tedesco Viktor Schroeter, il quale costruì un gigantesco palazzo privato per le rappresentazioni operistiche volute dallo zar. Purtroppo la morte improvvisa di Alessandro III fece andare in fumo il progetto, cosicché gli zar (fino al tramonto del regime zarista nel 1917) dovettero “accontentarsi”del Teatro Bol’soj (che letteralmente significa “grande”, e che fu eretto nel 1776, due anni prima dell’apertura del Teatro alla Scala di Milano, e che in seguito fu denominato Mariinskij)

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ALEKSANDR DARGOMYZSKIJ (Dargomyz 1813 - S. Pietroburgo 1869)

IL GRUPPO DEI CINQUE

Discendente da una famiglia agiata fu un autodidatta in campo musicale. L’amicizia con Glinka lo convinse a dedicarsi completamente alla musica; Glinka gli procurò, a 20 anni, la possibilità di annoverarsi fra gli intellettuali della sua città. Nel 1856 ebbe molto successo l’opera Russalka (su proprio libretto). L’altra sua opera, che rappresenta il suo capolavoro, ll Convitato di Pietra (su libretto di Puškin), venne rappresentata postuma nel 1872. Dargomyzskij non riuscì a completare l’opera la quale fu portata a compimento da Cui ed orchestrata da Rimskij - Korsakov. Il Concitato di Pietra è un’opera unica nel suo genere; fu interamente concepita in forma di recitativo e del declamato naturale. L’opera impiantò una nuova tipologia di canto che influenzò la formazione teatrale di Mussorgsky. Nella sua produzione si annoverano molte liriche e brani orchestrali.

Fra il 1830 ed il 1840 il più intenso movimento nazionalista fu quello slavofilo il quale, rifiutando qualunque assioma politico, si fece portavoce artistico - musicale di una rinascita della Patria Russa, già iniziata da Glinka; i suoi seguaci auspicavano ad innalzare il modello russo, grazie al loro operato in campo musicale, mirando ambiziosamente a creare un archetipo di umanità per tutte le nazioni. Nella loro ideologia le tradizioni popolari stavano in prima linea / Intorno al 1860 S. Pietroburgo divenne un acceso focolaio di queste nobili ideologie, e cinque musicisti divennero l’emblema vivente del movimento nazionalista / Essi accettarono e coltivarono le più importanti forme della musica occidentale (sinfonia, poema sinfonico, opera) arricchendole di molti assunti: scale modali di provenienza sacra (culto cristiano ortodosso russo), ripetizione variata dei motivi (derivata dalle prassi dei canti popolari), arricchimento dei colori orchestrali. Fra i cinque il musicista di maggiore levatura fu Mussorgsky. CÉSAR CUI (Vilna, Lituania 1835 - Pietroburgo 1918)

Figlio di un ufficiale francese arrivato in Russia con le armate napoleoniche, intraprese studi scientifici e insegnò all'Accademia di ingegneria militare di S. Pietroburgo. Studiò musica, sostanzialmente da autodidatta, ma anche sotto la guida di Milij Balakirev / Agli ideali del gruppo dei cinque Cui contribuì più con l'attività teorica che non con la produzione musicale, fu infatti critico musicale per vari giornali di Pietroburgo e nel 1880 pubblicò “La musica in Russia„ / Le sue composizioni mostrano gli influssi della musica tedesca (soprattutto Robert Schumann) e francese. Compose undici opere basate su lavori di Puškin e di scrittori francesi (Victor Hugo, Alexandre Dumas, Guy de Maupassant, Prosper Mérimée) e tedeschi (Heinrich Heine), più quattro operette per bambini. Compose inoltre oltre duecento liriche, musica corale e sinfonica, ma il meglio della sua produzione è individuabile nella musica da camera. 3

MILIJ ALEKSEEVIC BALAKIREV (Nižnij Novgorod 1837 - San Pietroburgo 1910) 2

Il principale membro del Gruppo dei cinque. Studiò nella città natale e a diciott'anni si trasferì a San Pietroburgo, dove entrò in contatto con Glinka / Sotto la sua influenza il Gruppo dei cinque si staccò dalle forme musicali tradizionali, utilizzando melodie popolari russe nelle composizioni, e fiabe della tradizione nazionale come base per le opere / Nel 1862 Balakirev fu tra i fondatori della Libera scuola di musica di San Pietroburgo, e nel 1869 divenne direttore della Cappella imperiale e della Società imperiale di musica. Tra le sue composizioni sono i poemi sinfonici Tamara e Russia, e la fantasia per pianoforte Islamey, uno dei pezzi più brillanti e impegnativi di tutto il repertorio pianistico, che rappresentò il brano per pianoforte più difficile e rutilante del periodo. Scrisse anche composizioni per pianoforte e per voce.

ALEKSANDR BORODIN (San Pietroburgo 1833 - 1887) 4

Celebre medico e chimico, fu un musicista istintivo, estroso e appassionato; suonò egregiamente il violoncello, il pianoforte ed il flauto. Allievo del chimico Dmtrij Mendeleev, fu autore di importanti studi sulle aldeidi che gli valsero, nel 1864, la cattedra di chimica organica all'Accademia militare di San Pietroburgo / Alla ricerca, mai abbandonata, Borodin affiancò la passione per la composizione, un'attività cominciata sin dall'adolescenza: il primo lavoro, un concerto per flauto, fu composto a tredici anni; fu molto influenzato dallo stile di Mendelsshon che elaborò in toni lirici e descrittivi. Determinante fu l'incontro con Modest Musorgskij, che lo liberò dal pesante influsso della musica romantica e lo introdusse nell'ambiente dell'avanguardia musicale. In seguito, con Balakirev, Cui, Musorgskij e Rimskij-Korsakov, fondò il Gruppo dei Cinque, impegnandosi per la riforma della musica russa e la valorizzazione del patrimonio popolare, che studia con serietà di etnomusicologo / Agli anni compresi tra il 1862 e il 1867 risale la composizione della Prima Sinfonia; due anni più tardi, nel 1869, Borodin cominciò l'opera Il principe Igor (su proprio libretto), ispirandosi al Canto della schiera di Igor, un poema epico del XII secolo; la composizione dell'opera, che rimase comunque incompiuta, impegnò Borodin per diciassette. Parti delle sezioni finite vennero incorporate nella Seconda sinfonia (1869-1876), mentre l'orchestrazione e il definitivo completamento si devono a Rimskij-Korsakov e Glazunov. Altri lavori importanti di Borodin sono l'opera Bogatyri (1867); il quadro musicale Nelle steppe dell'Asia centrale (1880), ove manifestò la sua influenza nei confronti delle musiche orientali, che cercò di conciliare con la tradizione sinfonica europea; due quartetti per archi (1874-1879; 1881) e

diverse liriche. 3

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NIKOLAJ ANDREEVIC RIMSKIJ-KORSAKOV MODEST MUSSORGSKY

(Karevo 1839 - S. Pietroburgo 1881)

Proveniente da una famiglia di antica nobiltà rurale iniziò a studiare pianoforte con la madre; a 10 anni si trasferì a S. Pietroburgo ove studiò composizione con Balakirev. Sottotenente dell’esercito dal 1860 decise di abbandonare la carriera militare dedicandosi interamente alla musica; nel 1868 iniziò a lavorare al Boris Godunov che assorbì tutte le sue attenzioni. Nel 1872 iniziò la composizione dell’opera Kovancina e due anni dopo iniziò la Fiera di Soricinskij (rimasta incompiuta) / Nell'ambito del nazionalismo del Gruppo dei Cinque, Modest Petrovic Mussorgskij, fu la figura più radicale e rivoluzionaria. La sua musica, del tutto priva di influssi o derivazioni occidentali, si rivolge direttamente alle fonti popolari russe per esprimersi con un linguaggio crudo e ardito, primitivo e vigoroso. La scrittura armonica, come rivelano i monumentali Quadri di una esposizione pianistici (1874), è aspra e dissonante, ed il pianoforte è più volte chiamato a sviluppare una grande potenza di suono. I Quadri di una esposizione si iscrivono nella letteratura dei più importanti e complessi brani per pianoforte di tutti i tempi; qui Mussorgsky si preoccupò di tradurre in musica non solo parole e situazioni emotive, ma anche i gesti e le più svariate manifestazioni di vita russa. Anche la sua grande opera, Boris Godunov (ultimata nel 1874), come appare nella versione originale, ha una bellezza scabra e drammatica che esprime, come la grande letteratura contemporanea, l'anima russa nella sua grandezza e nelle sue contraddizioni / Fra le composizioni non teatrali si annoverano La notte di S. Giovanni sul monte calvo per orchestra (1860 - 67) e molte liriche per canto e pianoforte, fra cui i cicli La camerata dei bambini (1868 - 72) e i Canti e danze della morte (1875 - 77) / Il linguaggio drammatico di Mussorgskij possiede grande spessore emotivo e notevole forza comunicativa. L'uso del tema ricorrente in chiave psicologica, le arditezze armoniche, la sovrapposizione degli elementi melodici, il carattere modale dei temi russi, le irregolarità di sintassi contribuiscono a dare voce di protagonista al popolo russo e a esprimere con forza rivoluzionaria il dramma della sua storia / Il successo più grande della sua carriera lo ottenne con la prima dell’opera di Boris Godunov nel 1874; purtroppo tutto il resto della sua produzione non è stato ben visto dai suoi contemporanei i quali rimasero abbastanza scettici nei confronti del suo stile ardito. Sì chiuse in se, e si rifugiò nell’alcool, che lo trasse a morte precocemente / La sua personalità ha comunque influenzato i musicisti della successiva era moderna 6

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1908)

(Tikhvin, Novgorod 1844 - San Pietroburgo

Di famiglia nobile, ricevette un’educazione cosmopolita ed emerse con la sua personalità più preparata e forte sugli altri componenti del Gruppo dei Cinque. Nel 1856 entrò all'Accademia navale di San Pietroburgo, continuando al tempo stesso gli studi musicali intrapresi sin dall'infanzia. Nel 1861 entrò in contatto con Balakirev. Ritiratosi dal servizio attivo nella marina nel 1873, dal 1871 fino alla morte fu professore di composizione e strumentazione al Conservatorio di San Pietroburgo (oggi Conservatorio di stato Rimskij-Korsakov); inoltre, dal 1886 al 1890 fu alla testa dell'Orchestra sinfonica russa. Completò l'opera incompiuta di Borodin Il principe Igor nel 1889 e riorchestrò il Boris Godunov di Musorgskij nel 1896, dopo la morte dei due autori / Rimskij-Korsakov oggi è ricordato per la brillantezza e freschezza delle sue strumentazioni, più ancora che per l'originalità delle idee musicali. Scrupoloso cultore del folklore russo, tenta di fondere il patrimonio musicale con la sensibilità e l'esperienza occidentale. Le sue eccezionali doti di orchestratore ebbero un'influenza diretta sui suoi allievi, come avvenne per Igor Stravinskij e Aleksandr Glasunov, e vennero in seguito ampiamente divulgate grazie al suo Trattato di strumentazione, pubblicato postumo nel 1913. La sua produzione teatrale conta 15 opere fra cui Sadko (1898), Lo Zar Saltan (1900), Snegoyrachka (La fanciulla di neve, 1880-1881) e Le coq d'Or (1909); le opere sinfoniche Capriccio Espagnol (1887), la suite sinfonica Shéhérazade (1888); ricca di colori strumentali e di elementi esotici è l'ouverture La grande Pasqua russa (1888). Importante fu il suo Trattato pratico di armonia e, soprattutto, i Principi di strumentazione , che lo designeranno come il più importante maestro d’orchestrazione russo, continuatore della traccia Lisztiana / Il suo peso artistico in merito all’orchestrazione trascese i limiti geografici della Russia e si estese fini a Debussy.

MUSICISTI RUSSI FILO - OCCIDENTALI Le ideologie del gruppo dei cinque non furono seguite da altri compositori i quali impostarono la loro produzione musicale sui più vasti criteri della musica occidentale. Nel versante opposto al gruppo dei cinque si schierarono Rubinstein, Grecianinov, Glazunov, Rachmaninov, Skrjabin e Caikovsky. ALEKSANDR GLASUNOV ALEKSANDR GRECIANINOV (Mosca 1864 - New York 1956)

Dopo aver studiato nei conservatori di Mosca e San Pietroburgo con Rimskij - Korsakov, si stabilì prima a Parigi e dopo negli stati Uniti. Il suo stile musicale risente l’influsso di Caikovsky e dell’impressionismo. La sua produzione annovera musica vocale (opere, romanze, corali liturgici, liriche per canto e pianoforte, opere per bambini) e brani pianistici che ebbero molta diffusione.

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(S. Pietroburgo 1865 - Neully - sur - Seine 1936)

Allievo di Rimskij - Korsakov insegnò al Conservatorio di S. Pietroburgo e fu direttore d’orchestra. Fu una figura di primo piano nella Russia dei primi decenni del 1900. Compose 9 sinfonie, 6 suites, 4 ouvertures, poemi sinfonici e molta musica da camera; il suo stile, influenzato da Liszt e da Brahms, evidenzia inclinazioni per l’esotico . Il suo catalogo compositivo consta di 110 opere

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Boris Godunov, Ivan Aleksandrovic MELNIKOV nella parte di Boris Godunov. Ivan Aleksandrovic MELNIKOV (1832 1906) fu il primo interpreta nel personaggio di Boris Godunov. Ai suoi tempi fu uno dei più importanti cantanti di San Pietroburgo.

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ANTON RUBINSTEIN 1

(Vikhvatinetz, Podolia 1829 - Peterhof, San Pietroburgo 1894)

Pianista e compositore russo. Studiò a Mosca, tenne il suo primo concerto pubblico all'età di dieci anni e proseguì i propri studi a Berlino. Si esibì come solista in numerose tournée e influenzò significativamente la cultura musicale russa. Nel 1862 fondò l'Imperiale Conservatorio di musica di San Pietroburgo. Nonostante le sue numerose composizioni musicali includano opere, lavori orchestrali, canzoni e concerti per pianoforte, Rubinstein è noto soprattutto per i suoi brani per pianoforte che si ispirano a modelli occidentali in netto contrasto con lo stile nazionalista del gruppo dei Cinque. Il fratello, Nicholai Rubinstein, fu, anch’esso, un celebre pianista.

SERGEI RACHMANINOV (Oneg, Novgorod 1873 - 1943 Beverly Hills, California ) Uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi, dalle capacità tecniche esecutive eredi di quel 11 trascendentalismo di matrice lisztiana che, passando per Anton Rubinstein, raggiunse con lui delle vette ancora più alte. La sua produzione per pianoforte rappresenta l’epigono ultimo dell’epopea romantica, e comprende i 13 Preludi op. 32, le due monumentali raccolte degli Etudes Tableaux op. 33 ed op. 39, le due sonate (la seconda del 1936 in si b minore conobbe due versioni), i famosissimi 4 concerti per pianoforte e orchestra (in seguito largamente utilizzati nelle produzioni cinematografiche), le Variazioni su un Tema di Corelli, e la Rapsodia su un tema di Paganini per pianoforte e orchestra op. 43 / Compì gli studi al pianoforte con Aleksandr Siloti (allievo di Franz Liszt) a Mosca, e studiò composizione anche con Cajkovskij al quale dedicò, 1893, il Trio élégiaque. Il Preludio in do diesis minore (1892), per pianoforte, e l'opera Aleko (1893) lo resero celebre come compositore. Nel 1897 fu eseguita la sua Prima sinfonia in re minore, la cui accoglienza disastrosa lo indusse a smettere di comporre, così per tre anni si dedicò esclusivamente all'attività di pianista e direttore / Il Secondo concerto per pianoforte in do minore op. 18 (1900) segnò il suo ritorno alla composizione. Nei successivi diciassette anni vennero la Seconda sinfonia in mi minore (1906), il poema sinfonico L'isola dei morti (1909), la Liturgia di San Giovanni Crisostomo (1910) per coro, la sinfonia corale Le campane (1913, su un poemetto di Edgar Allan Poe) / Lasciata la Russia nel 1917, Rachmaninov si stabilì negli Stati Uniti ove si concentrò sulla carriera di pianista e direttore d'orchestra, incidendo dischi in entrambe le vesti / Le poche composizioni successive al 1917 comprendono le Variazioni sopra un tema di Corelli (1934), per pianoforte, la Rapsodia sopra un tema di Paganini (1934), per pianoforte e orchestra, la Terza sinfonia in la minore (1936), e il Quarto concerto per pianoforte in sol minore (1937) / Rachmaninov visse una vita profondamente tormentata: nel suo animo di musicista aleggiava costantemente la dualità (rivalità) compositore o interprete, ovvero l’amore e le circostanze della vita: divenne un pianista di fama internazionale più per bisogno economico che non per principale aspirazione, e questa tragica dualità si riscontra nelle due tormentate attività, vi è, suo giudizio nel catalogo delle sue composizioni non proprio nutrito, come egli avrebbe voluto / I poeti suoi contemporanei lo definirono “Cantore d’orrore e tragedia”, ed egli stesso affermava che “...Sorella della musica è la poesia, e madre la sofferenza”. 13

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S e r g e i Rachmaninoff durante le prove di un suo concerto per pianoforte e orchestra.

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Anton Rubinstein suona il pianoforte alla presenza di L. Tolstoj. Dipinto di L.O. Pasternak.

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ALEKSANDER NIKOLAEVIČ SKRJABIN (Mosca 1872 - 1915)

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Uno dei più grandi pianisti del tempo, Skrjabin fu una delle personalità più singolari della storia; profondamente influenzato dalle dottrine teosofiche e dalle concezioni mistiche, manifestò una volontà di trascendere i limiti dell’armonia tonale sin dalle prime composizioni per pianoforte. Purtroppo la critica musicale ha da tempo “etichettato” di scarsa originalità la sua prima produzione, ove nel riconoscere profonde influenze chopiniane e lisztiane, ha oscurato, fino ai nostri giorni, il reale peso artistico della sua prima fase creativa, armonicamente imperniata sulle leggi della tonalità ma intrisa dei molteplici effetti derivati dall’uso dei tritono, e da una sinuosità melodica senza precedenti. Dalla IV Sonata per pianoforte op. 30 in poi Skrjabin realizzerà musicalmente le sue fantastiche concezioni musicali puntando ad una esplorazione armonica che passando per il suo famoso “accordo mistico” giungerà alla sbalorditiva armonia nucleo - polare nella sublime ed eccezionale 7ª Sonata per pianoforte op. 64, detta “La Messa Bianca”, da lui giudicata il suo capolavoro pianistico / La sua vasta produzione pianistica annovera 10 Sonate, 19 Poemi, 26 Studi, 90 Preludi (che testimoniano più compiutamente l’evoluzione del linguaggio armonico), oltre a valzer, mazurche e notturni. Il tema demoniaco è uno dei suoi costanti assiomi ideologici, e viene svolto con attenzione teosofica al significato dei numeri: ad esempio la 6ª e la 9ª Sonata per pianoforte sono esplicitamente realizzate sulla base di un “programma” legato al demonio; la 6ª è una sorta di “esorcismo” musicale, mentre la 9ª, così come la 7ª, reca il titolo programmatico di “Messa Nera”. Il tema demoniaco diventa maggiormente presente nelle sue produzioni pianistiche tarde /L’opera per orchestra evidenzia grandi lavori come “Il poema divino” (1903) , Il poema dell'estasi (1908), il poema sinfonico Prometheus, il poema del fuoco (1910), suo grande capolavoro sinfonico per il quale Skrjabin cercò di dimostrare il rapporto tra altezze e colori progettando un clavier à lumières, una tastiera luminosa che proiettava su uno schermo i colori che dovevano corrispondere agli accordi musicali; lo strumento non è stato mai costruito, e il suo poema sinfonico Prometheus venne eseguito con la proiezione di semplici diapositive colorate / Trasferitosi nelle alture Tibetane (mosso da pure e coraggiose ragioni mistiche) iniziò il lavoro di un’opera musicale totale che, nelle sue intenzioni, doveva avere proporzioni faraoniche; in quest’opera suoni, immagini, profumi e sensazioni dovevano coesistere ed essere rappresentate in luogo simbolicamente più vicino all’aldilà (> le massime alture del Tibet); Skrjabin denominò quest’opera Mysterium, ma riuscì a comporre solo una parte del primo “atto” (chiamato “Atto preliminare”), in quanto la puntura di un insetto velenoso lo uccise prematuramente.

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Frontespizio della partitura per orchestra del Prometeo di A. Skrjabin.

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Accordo mistico per quarte di A. Skrjabin. Misure iniziali del capolavoro pianistico di Skrjabin, la VII sonata detta “La Messa Bianca”. Qui ogni cosa rimanda al numero sette, e tutto il costrutto armonico è imperniato sull’accordo mistico che scaturisce da una concezione armonica nucleo - polare a partire dalla frequenza “la”. 17

Dopo un’esplosione di 24 suoni si conclude di fatto il discorso musicale della “Messa Bianca”; qui Skrjabin realizza un effetto di polverizzazione fonica ottenuto tramite la “scomposizione” dell’accordo mistico in figurazioni ascendenti che generano lunghi trilli ai quali è affidata la chiusura del brano.

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PËTR ILIC CAJKOVSKIJ (Votkinsk, Vjatka 1840 - San Pietroburgo 1893) Una delle figure di maggior rilievo del panorama musicale dell'epoca romantica. Figlio di un ingegnere minerario e di una pianista di origine francese, ricevette la prima educazione musicale dalla madre; visse fino a dieci anni con i suoi cinque fratelli, è già da allora diede i primi segni di 19 depressione. Trasferitosi con la famiglia a San Pietroburgo, dopo aver abbandonato gli studi giuridici, seguì i corsi al Conservatorio della città baltica tenuti da Anton Rubinstein, con il quale studiò in seguito orchestrazione. Nel 1866 ottenne la cattedra di armonia al Conservatorio di Mosca, dove conobbe il drammaturgo Aleksandr Nikolaevic Ostrovskij, che scrisse il libretto della sua prima opera, Il Vojvoda (1868). Risalgono a questo periodo anche le opere Ondina (1869) e L'ufficiale della guardia (1872); le prime tre sinfonie: Sogni d'inverno (1868); Piccola Russia (1873), Polacca (1875); l'ouverture Romeo e Giulietta (1869; rivista nel 1870 e nel 1880); il Primo concerto per pianoforte (1875). Il concerto per pianoforte era dedicato originariamente a Nicolai Rubinstein, che lo giudicò però ineseguibile. Profondamente offeso, Cajkovskij apportò ampie modifiche al lavoro e lo dedicò questa volta al pianista tedesco Hans von Bülow, che lo eseguì nella sua prima tournée negli Stati Uniti (1875-76). Rubinstein in seguito riconobbe i meriti della composizione riveduta e la inserì nel suo repertorio; ancora oggi è uno dei concerti per pianoforte più popolari e più eseguiti. Dopo il fallimento della relazione con la cantante belga Désirée Artot, nel 1877 Cajkovskij sposò Antonina Miljukova, anche per mascherare agli occhi dell'opinione pubblica la sua omosessualità. Il matrimonio dura poche settimane e si conclude drammaticamente: la moglie è internata in un manicomio, Cajkovskij tenta il suicidio, poi va a curarsi in Svizzera. Prostrato psichicamente, si riprende grazie all’aiuto della ricca ereditiera Mme von Meck, l’“amica amatissima” che gli assicura un vitalizio, a cui si aggiunge presto quello personale dello zar. La sicurezza economica gli consente di condurre un’esistenza più serena e di dedicarsi maggiormente alla composizione. Al fertile periodo in cui fu in relazione con Madame von Meck appartengono le opere Evgenij Onegin (1878, libretto di A. Puškin), La pulzella d'Orléans (1879), Mazeppa (1883) e La maliarda (1887). In questa fortunata stagione compositiva scrisse anche balletti Il lago dei cigni (1876) e La bella addormentata (1889); le Variazioni rococò per violoncello e orchestra (1876) e il Concerto per violino (1878); i lavori orchestrali Marcia Slava (1876), Francesca da Rimini (1873), la Sinfonia n. 4 (1877), l'Ouverture 1812 (1880), Capriccio Italiano (1880), la Serenata per archi (1880), la sinfonia Manfred (1885), la Quinta sinfonia (1888), l'ouverture-fantasia Amleto (1885) e numerose liriche. Dal 1887 al 1891 Cajkovskij tenne numerose tournée nelle maggiori città europee e statunitensi. Compose inoltre una delle sue opere migliori, La dama di picche (1890, da Aleksandr Puškin) e il celebre balletto Lo schiaccianoci (1891). All'inizio del 1893 cominciò a lavorare alla Sesta sinfonia, poi intitolata Patetica. La prima esecuzione, a San Pietroburgo il 28 ottobre 1893, sotto la direzione del compositore, ricevette un'accoglienza fredda / Nonostante la matrice russa della loro ispirazione, le opere di Cajkovskij hanno un carattere cosmopolita che le colloca nel solco del romanticismo europeo. Come il suo contemporaneo Rimskij-Korsakov, Cajkovskij era un orchestratore straordinariamente dotato; i suoi balletti, in particolare, contengono spettacolari effetti timbrici, e sono ancora oggi i capisaldi del repertorio per balletto. Il lago dei cigni e La bella addormentata, composti a stretto contatto con il coreografo Marius Petipa, spiccano per intensità melodica e brillantezza strumentale / Cajkovskij estese la portata del poema sinfonico e dei suoi lavori all'interno di questo genere, comprese le ouverture Romeo e Giulietta e Amleto, sono notevoli per la ricca evocazione melodica dell'atmosfera dei drammi di William Shakespeare / Le sinfonie, divenute molto popolari grazie alla orecchiabilità delle melodie, possiedono una notevole forza nello sviluppo tematico / Nelle opere liriche migliori, come Evgenij Oneghin e La dama di picche, il compositore fece sfoggio di melodie dalla forte struggenza per dipingere in maniera concisa ed efficace situazioni drammatiche / Molte sue composizioni, come Lo schiaccianoci (balletto e suite, 1891 - 92), il Secondo concerto per pianoforte e orchestra (1880), il Quartetto per archi n. 3 (1876) e il Trio per violino, violoncello e pianoforte (1882), sono caratterizzate da passaggi fortemente melodici in cui sezioni di profonda malinconia spesso si alternano a movimenti di danza derivati dalla musica popolare / Il suo pianismo attinge a piene mani dall’esempio virtuosistico lisztiano. L’OPERA Composizioni orchestrali: 6 sinfonie, tra cui: Sinfonia n. 2 in Do minore op. 17 (Piccola Russia), 1872 - 1879. Sinfonia n. 4 in Fa minore op. 36, 1877. Sinfonia n. 5 in Mi minore op. 64, 1888. Sinfonia n. 6 in Si minore op. 74 (Patetica), 1893. Romeo e Giulietta, ouverture fantastica, 1869, rev. 1880. Francesca da Rimini, fantasia sinfonica op. 32, 1876. Capriccio italiano op. 45, 1880. Serenata in Do per orchestra d’archi op. 48 (Mozartiana), 1880. Ouverture op. 49, 1880. Manfredo, sinfonia op. 58, 1885 Composizioni per balletto: Il lago dei cigni op. 20, 1876. La Bella addormentata op. 66, 1889. Lo schiaccianoci op. 71, 1892 Concerti: 3 Concerti per pianoforte ed orchestra, n° 1 op. 23, 1875. N°. 2 in Sol op. 75, 1893. N° 3 (in un tempo) in Mi b op. 75, 1893. Concerto in Re per violino op. 36, 1878. Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra op. 33, 1876

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Composizioni vocali: 11 opere, tra cui: Eugenio Oneghin op. 24, 1878. La dama di picche op. 68, 1890. Iolanta, 1892. Varie melodie per voce e pianoforte Musica da camera: Per complessi vari: Tre quartetti per archi (op. 11, 1871; op. 22, 1874; op. 30, 1876) . Trio con pianoforte op. 50, 1882. Sestetto per archi op. 70 (Souvenir de Florence), 1887-1890. Per pianoforte: Grande sonata per pianoforte in Sol op.37, 1878. Le Stagioni. L’album dei fanciulli

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IL NAZIONALISMO IN BOEMIA, UNGHERIA, NORVEGIA, FINLANDIA E SPAGNA.

BOEMIA

I moti insurrezionali del 1848 coinvolsero anche la Boemia che, insieme alla Moravia, rivendicò all’Austria condizioni di parità con tutti gli altri popoli sotto il dominio austriaco / In Boemia vi erano tradizioni musicali ricche databili a prima del 1700, e Boemi erano la maggior parte degli orchestrali che formarono la leggendaria orchestra di Mannheim guidata da Stamitz / Con la fondazione del primo teatro musicale ceco, nel 1862, iniziò la storia del nazionalismo musicale boemo. Smetana e Dvorak furono le personalità musicali più importanti e le loro opere furono le prime ad essere rappresentate nel teatro musicale ceco.

BEDRICH SMETANA (Litomysl 1824 - 1884 Praga) 20

Figlio di un violinista dilettante compì gli studi musicali a Praga, dove nel 1840 conobbe Franz Liszt, di passaggio per alcuni concerti, e nel 1846 Hector Berlioz. Dopo un anno dedicato all’attività concertistica in giro per l'Europa, tornò a Praga nel 1848 con l'idea di fondare una propria scuola di musica, aiutato nel progetto da Liszt stesso. Nel 1850 accettò di diventare maestro di pianoforte dell'imperatore Ferdinando I, trasferitosi a Praga dopo l'abdicazione; in seguito, scontento del clima politico e culturale della sua patria, accettò la direzione dell'orchestra della Società Filarmonica di Göteborg, in Svezia, incarico che mantenne dal 1856 al 1861. Nel 1863 Smetana si ristabilì definitivamente a Praga, dove fondò un'altra scuola di musica e divenne direttore della società filarmonica Hlalol. Nel 1866 fu nominato direttore dell'allora nascente Teatro d'Opera ceco, ma nel 1874 rassegnò le dimissioni per disturbi all'udito, cosa che non gli impedì tuttavia di continuare a comporre fino alla morte / La sua musica, così suggestivamente melodica, trae dal repertorio di danze popolari e canti boemi quella vitalità che consente al compositore di ritrarre la vita e i costumi della sua terra come nell'opera comica La sposa venduta (1866) e nel ciclo di sei poemi sinfonici Ma Vlast (La mia patria, 1874 - 1879), due dei quali, La Moldava e Dai prati e dai boschi di Boemia, sono spesso eseguiti da soli / La produzioni operistica di Smetana comprende sette opere fra cui: I brandeburghesi in Boemia (1866), Dalibor (1868), Libussa (1872), Le due vedove (1874), Il bacio (1876), Il segreto (1878) e Il muro del diavolo (1882). I poemi sinfonici, molto aderenti allo stile lisztiano, includono Riccardo III (1858) e Haakon Jarl (1861). Tra le altre composizioni vi sono un trio per violino, violoncello e pianoforte (1855), due quartetti per archi, di cui il primo (1876), detto anche Dalla mia vita, in mi minore, e il secondo (1882) in do minore, pianistici per coro e Lieder / Fervente patriota e discepolo di Liszt, egli si fa portavoce di uno stile musicale nuovo, che ricrea i modelli occidentali con l'apporto vitale della tradizione popolare. Riesce a elaborare un vero e autonomo linguaggio nazionale boemo, in primo luogo nel teatro musicale / La sposa venduta (1863-1866) è una gustosa e colorita sagra paesana intessuta di vivaci danze popolari, realizzata con un linguaggio solidamente classico, ricco di brillanti spunti originali / La valorizzazione della cultura e delle tradizioni boeme si approfondisce nel ciclo di sei poemi sinfonici La mia Patria (1874-1879), appassionato omaggio alla natura, alle tradizioni e alla storia della propria terra, dettato da una profonda ispirazione lirica e drammatica. 12

ANTONÍN DVORÁK (Nelahozeves, Praga 1841-1904) 21

Uno dei più importanti musicisti europei dell'Ottocento e il maggior rappresentante della scuola nazionale ceca insieme a Smetana. Da bambino studiò il violino e, dal 1857 al 1859, frequentò la scuola di organo di Praga; quindi entrò nell'orchestra del Teatro nazionale della città boema. La sua vocazione sinfonica si delinea sotto l'influenza della musica tedesca e in particolare del modello formale di Brahms. I primi riconoscimenti li ebbe nel 1873, con la cantata Hymnus, e cominciò ad affermarsi a livello internazionale nel 1878 con la pubblicazione della prima serie delle Danze slave. Dal 1892 al 1895 fu direttore del National Conservatory of Music di New York. Negli Stati Uniti subì il fascino degli spiritual e della musica dei nativi americani. Due delle sue composizioni più famose, la Nona sinfonia “Dal Nuovo Mondo” e il Quartetto in fa, detto Americano, furono composti in America nel 1893; pur non contenendo veri e propri temi ispirati alla tradizione nera o dei nativi, le loro melodie hanno una profonda affinità di struttura e di spirito con questi tipi di musica. Dvorák tornò in Boemia nel 1895 e nel 1901 divenne direttore del Conservatorio di Praga. Le prime opere di Dvorák furono influenzate anche dalla musica di Schubert e di Beethoven; per tutta la sua carriera subì in una certa misura l'influsso di Wagner, specialmente nelle opere liriche, alle quali si dedicò con particolare interesse nel corso degli ultimi anni. Attinse alla musica popolare ceca e slava, e la sua produzione matura riflette una profonda coscienza nazionale / La sua ricca produzione comprende 9 sinfonie (1865 - 1893); molti brani pianistici (celebre è l'Humoresque, 1894); due serie di Danze slave (1878 e 1886) per pianoforte a quattro mani (successivamente da lui stesso orchestrate); alcune opere, tra cui Il giacobino (1887 - 88), Rusalka (1901) e Armida (1904); 5 poemi sinfonici; l'oratorio Santa Ludmilla (1885-86); musica da camera; cantate; messe; un concerto per pianoforte, uno per violino e una corposa serie di Lieder. Rilevante è anche la sua produzione per coro a cappella e con orchestra, come lo Stabat Mater (1881) che nell’esecuzione londinese decretò il suo successo su scala internazionale, il Requiem op. 89, ed il Te Deum op. 103.

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UNGHERIA

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FERENC ERKEL (Gyula 1810 - 1893 Budapest) 22

Figlio di una famiglia di musicisti e di insegnanti, ricevette la sua prima formazione musicale in patria fra il 1822 ed il 1834; fu un eccellente pianista, nonché compositore e direttore d’orchestra; a lui si deve la prima esecuzione assoluta in Ungheria del concerto in mi bemolle di Chopin / Nel 1834 si trasferì a Pest, ove svolse una intensa vita musicale, e nel 1838 fu nominato Kappelmaister nel primo Teatro Nazionale ungherese / La sua fama come compositore si cominciò ad avvertire intorno al 1840, e di questo periodo sono le prime due significative opere per il teatro, fra cui Hunyadi Làszlò (che divenne l’opera nazionale ungherese più famosa), ed il Lied corale patriottico Manhurf; suo è l’inno nazionale ungherese / Insieme al grande pianista Franz Liszt egli può essere considerato il padre del nazionalismo musicale ungherese; fondo dell’Accademia musicale insieme a Liszt, bella di essere un in seguito / Nel 1884 venne inaugurato il teatro dell’opera di Budapest con una sua opera / Gli anni delle sanguinose repressioni dovute alle lotte di liberazione della propria patria, lo segnavano profondamente, ed egli dopo il 1850 ritornò alla composizione ma molto provato e non più con quella freschezza ed originalità che aveva contraddistinto la sua prima produzione / Le sue opere liriche sono tutte di argomento storico, ed hanno un impianto formale nonché sinfonico di chiara matrice wagneriana / Erkel fu il musicista a cui toccò una delle sorti più sfortunate: nonostante la sua rilevante produzione compositiva nella quale si annoverano 9 opere per il teatro musicale, il suo nome è rimasto a lungo e a tutt’oggi quasi sconosciuto al di fuori dell’Ungheria; non riuscì a far conoscere sui palcoscenici internazionali la musica, cioè la storia musicale del suo paese. Lo stesso Franz Liszt, suo amico oltre che contemporaneo, non ebbe modo di appoggiarlo nel suo desiderio cosmopolita, anche perché la lingua ed il suo stile di vita molto introverso, a differenza dell’amico Liszt, non furono certo favorevoli a ciò.

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Anne de la Grange nel ruolo di Erzsèbet, litografia. Nel 1850 il celebre soprano francese Anne de la Grange fu ospite del Teatro Nazionale ungherese (tanto in vari ruoli da protagonista nelle opere di Rossini, Bellini e Meyerbeer). Il pubblico molto entusiasta della sua voce, la volle sentire anche in un’opera ungherese; cosìcchè ella cantò la parte della madre di Hunyadi Làszlò nell’opera omonima di Erkel. Il compositore ungherese per questa occasione scrisse espressamente per lei in un’aria molto virtuosistica, adatta al suo tessuto vocale, che entrò presto nella prassi teatrale come “Aria della Lagrange”. Durante la sua straordinaria esibizione, ella venne ritratta nel costume nazionale ungherese da uno dei più celebri artisti del XIX secolo.

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FINLANDIA

NORVEGIA

JOHAN JULIUS SIBELIUS (Hämeenlinna 1865 - Järvenpää, Helsinki 1957)

Il più importante compositore finlandese. Dopo aver studiato al Conservatorio di Helsinki, si trasferì a Vienna per studiare composizione. Insegnò teoria al Conservatorio di Helsinki dal 1892 al 1897, da allora in poi si dedicò unicamente alla composizione, ritirandosi (con l'eccezione di rari viaggi all'estero) a Järvenpää, nei pressi di Helsinki / Oltre a essere il più importante compositore finlandese, Sibelius è considerato anche uno dei maggiori musicisti sinfonici del XX secolo. La sua musica si ispira soprattutto alla natura e alle leggende del suo paese, simboleggiate dal poema finnico Kalevala, e, pur non incorporando direttamente brani popolari, ne impiega molti tratti ritmici e melodici caratteristici. Uno dei suoi lavori sinfonici più famosi, il poema Finlandia (1899; riveduto nel 1900), fu oscurato dalla censura russa, perché suscitava un eccessivo fervore patriottico tra i finlandesi / Lo stile di Sibelius si caratterizza per l'uso frequente di brevi motivi, continuamente trasformati, che divengono melodie compiute. La sua concezione della sinfonia fu complementare a quella di Mahler / Per Sibelius di fondamentale importanza era la "logica profonda che crea un legame tra tutti i motivi". Se le sinfonie di Mahler sono connotate dall'espansione della forma, che riprende e prosegue l'esempio di Ludwig van Beethoven, le sinfonie di Sibelius, al contrario, presentano una marcata tendenza verso l'austerità e la compressione della forma: Sibelius condensò i primi due movimenti della sua Quinta sinfonia e i tradizionali quattro movimenti della Settima in uno solo / Tra le principali opere del compositore finlandese vi sono 7 sinfonie (1899-1924) e i poemi sinfonici Una Saga (1892; riveduto nel 1901), Il cigno di Tuonela (1893), Corsa notturna e alba (1909), Le ninfe dell'Oceano (1914) e Tapiola (1926). Scrisse anche un concerto per violino (1903), musica da camera e corale, brani per pianoforte e varie canzoni. Tra le diverse musiche di scena da lui composte si ricorda Kuolema (La morte, 1903) che contiene la celeberrima Valse triste. 25

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EDVARD GRIEG (Bergen 1843 - 1907)

Il più importante compositore norvegese. Figlio di un’agiata famiglia viene iniziato allo studio della musica dalla madre, ottima cantante e pianista di talento. Su consiglio del violinista Ole Bull si perfeziona per quattro anni, dal 1858 al 1862, al Conservatorio di Lipsia, dove viene in contatto con il mondo del romanticismo tedesco e in particolare con Schumann e Mendelssohn, che esercitarono una forte influenza su di lui. Grieg rinuncia tuttavia alle grandi forme sinfoniche a favore di composizioni più breve e raccolte, di intimistica sensibilità. Tornato in patria, prende profonda coscienza della cultura musicale scandinava, impegnandosi nello studio del folklore e fondando a Oslo nel 1867 un’Accademia musicale norvegese. Entrò nei circoli artistici e letterari nazionali, nel comune interesse per la 26 storia e le tradizioni patrie, ed entra in rapporto d’amicizia con i maggiori letterati del tempo quali Bjorson e Ibsen. Collabora con quest’ultimo, conosciuto durante un soggiorno a Roma, componendo le musiche di scena per il dramma Peer Gynt. Ripetuti soggiorni in Italia e in Germania gli consentono di allargare il proprio orizzonte culturale e artistico: è in contatto con Liszt e Wagner, di cui è entusiasta ammiratore. Risente dell’influsso del sinfonismo tedesco, come nell’appassionato Concerto per pianoforte e orchestra, ma dedica il suo più profondo impegno allo studio dei motivi popolari della propria terra che rielabora in un linguaggio per quanto possibile autonomo dagli schemi europei / Grieg infonde al patrimonio folklorico norvegese uno stile ispirato e intimistico, tutto venato di malinconici colori, in cui si riconosce il particolare paesaggio dei fiordi, come quello di Hardanger, dove il compositore ha soggiornato / Grieg è il vero iniziatore della scuola norvegese: per tutti gli anni ‘70 dirige a Oslo una società musicale finalizzata alla diffusione della musica nazionale. La moglie Nina Hagerup, sposata nel 1867, diventa l’interprete più appassionata dei suoi Lieder, intima evocazione del mondo popolare nordico. Per i suoi meriti artistici, Grieg ottiene dal governo norvegese una pensione a vita che gli consente di dedicarsi in prevalenza alla composizione. Nel 1898 organizza il primo festival di musica norvegese a Bergen, ritirandosi dal mondo ufficiale, pur circondato dalla stima e dall’affetto in patria e all’estero. Le Università di Cambridge e Oxford gli conferiscono la laurea in musica honoris causa. Alla sua morte venne dichiarato il lutto nazionale / Egli liberò la musica norvegese dai predominanti influssi tedeschi e francesi e le conferì un carattere spiccatamente nazionale / Notevole la sua originalità in campo armonico, dove le novità non nascono da una ricerca solo formale ed espressiva, ma prendono corpo dallo studio attento e amoroso del canto e della danza popolare. In questo Grieg preannuncia Bartok e De Falla e si pone come un precursore dell’etnomusicologia, che avrà un ruolo determinante nell'avanguardia novecentesca / All’espressione popolare Grieg conferisce una veste armonica tenue e raffinata, essenzialmente lirica, che racchiude con intensa concisione un particolare stato d’animo, una fresca e rapida impressione. Il potere di suggestione racchiuso nella musica di Grieg, se evoca l’ambiente nordico caro all’autore, storicamente rappresenta un’emancipazione dal sinfonismo tedesco e mostra caratteri originali che precorrono stili più moderni, come quello di Debussy e dell’impressionismo francese. L’OPERA Composizioni orchestrali: Sinfonia in Do minore, 1864. In autunno, ouverture da concerto op. 11, 1868. Danze norvegesi op. 35, 1881 Holberg suite op. 40, 1885. Peer Gynt suite n. 1 op. 46, 1888. Peer Gynt suite n. 2 op. 51, 1891. Sigurd Jorsalfar, musica di scena op. 52, 1892. Danze sinfoniche op.64, 1898. Suite lirica, 1904. Concerti: Concerto in La minore per pianoforte e orchestra op.16, 1868. Musica da camera: Sonata in Mi minore per pianoforte op.7, 1865. 70 pezzi lirici per pianoforte, 1867-1901. Danze norvegesi per pianoforte a 4 mani op.35, 1881. Arie di danze popolari norvegesi (1902). Tre sonate per violino e pianoforte, 1865, 1867, 1883. Quartetto in Sol minore op.27, 1878. Sonata per violoncello e pianoforte, 1883

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SPAGNA

La nazione spagnola è stata presente a tratti all’interno dell’evoluzione storica della musica. Nella metà del 1800 era in voga la Zarzuela, l’equivalente spagnolo del Singspiel tedesco. La scuola nazionale spagnola, in musica, nacque dietro iniziativa di alcuni grandi musicisti catalani residenti a Parigi, e si cominciò a definire alla fine del 1800. Questi musicisti, grandi concertisti, erano Pablo de Sarasate (violinista), Francisco Tàrrega (chitarrista), i quali affiancarono le ben più note personalità di Albeniz e di Granados / La musica legata alla scuola nazionale spagnola presenta un carattere evidente, dato dai numerosi ritmi, dalle numerose danze e forme in genere (come la Jota, la Copla, il Fandango ecc.), e dalle melodie legate alla musica popolare spagnola, alle vicende storiche ed alla cultura propria della regione iberica.

FELIPE PEDRELL (Tortosa 1841 - Barcellona 1922)

La figura più importante legata alla rinascita dell’interesse musicale della Spagna. Si dedicò allo studio della tradizione polifonica spagnola, curando l'opera omnia di Tomás Luís de Victoria, e al canto popolare iberico, col Cancionero musical popular español in 4 volumi (1919-1922), frutto di ricerche filologiche che anticipano quelle sul folclore ungherese di Béla Bartók. Egli asseriva che la tradizione popolare di un paese doveva essere la base della sua musica colta. Nel 1891 pubblicò lo scritto Por nuestra musica, in cui poneva le basi per la rinascita del dramma musicale spagnolo. I punti 27 essenziali individuati da Pedrell erano l'uso della lingua spagnola, la trattazione di temi tratti dalla storia nazionale, il riferimento alle tradizioni e ai costumi del paese. Un'applicazione pratica di questi principi fu la trilogia Els Pireneus, del 1902, la cui importanza storica fu maggiore di quella musicale. Pedrell fu infatti considerato un punto di riferimento da musicisti della scuola nazionale spagnola come Granados e De Falla.

ISAAC ALBENIZ (Campród, Catalogna 1860-1909)

Compositore e pianista, uno dei principali autori spagnoli dell'Ottocento. È noto soprattutto per le composizioni pianistiche, in cui si avverte fortemente lo spirito del folclore musicale del suo paese. Iniziò da bambino lo studio del pianoforte, con risultati di grande rilievo. A tredici anni fuggì di casa per esibirsi come pianista itinerante in America Latina. In seguito studiò al Conservatorio di Bruxelles (1875-1878), perfezionandosi poi con Franz Liszt (1878) e nel 1883 con il compositore nazionalista spagnolo Felipe Pedrell. Nel 1892 si stabilì a Parigi, dove poté dedicarsi con continuità alla composizione e dove strinse amicizia con i principali esponenti del mondo musicale del tempo, come Claude Debussy, Gabriel Fauré, 29 Paul Dukas, Vincent d'Indy. La sua produzione comprende musica teatrale, sinfonica, musica da camera e pianistica. La produzione pianistica rappresenta la sua cifra più significativa; fra le numerose composizioni per pianoforte si annovera la Suite Española, la serie di danze España, ecc. Il suo capolavoro è la suite per pianoforte Iberia in 4 quaderni(1906-1909), evocativa, virtuosistica e musicalmente complessa. Tra le composizioni non pianistiche degna di nota è l'opera Pepita Jiménez (1896). 15

ENRIQUE COSTANZO GRANADOS Y CAMPINA (Lérida, Catalogna 1867 - Canale della Manica 1916)

Fu un grande pianista concertista e compositore. Studiò con Felipe Pedrell, e dal 1889 visse a Barcellona tenendo concerti e insegnando musica. Il suo capolavoro è la suite per pianoforte Goyescas comprendente 6 brani: Los Requiebros, Coloquio en la Reja, El Fandango de Candil, Queja o la Maja y el Ruiseñor (il suo brano più famoso),El Amor y la Muerte, Serenata del Espectro (2 voll., 1912, 1914), ispirata alle opere del pittore spagnolo Francisco Goya. Alcuni temi della suite furono in seguito usati in un'opera, anch'essa intitolata Goyescas (1916), che contiene il famoso Intermezzo per orchestra. Tra le altre composizioni vanno ricordate le 17 Danzas españolas per pianoforte / Il suo pianismo attinge a piene mani dalla scuola virtuosistica lisztiana, ed è proteso verso una ricerca timbrica e coloristica assolutamente originale. Squisiti sono i suoi effetti pianistici che evocano, quasi madrigalisticamente, immagini o movenze particolari; celebre è, ad esempio, l’imitazione dell’usignolo nel quarto brano dei Goyescas / Il suo stile incarna semplicità armonica a grande virtuosismo pianistico, unito a scelte ritmiche esplicitamente iberiche. 28

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Albeniz al pianoforte in una rara fotografia de 1908 in compagnia di sua figlia.

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LA SECONDA GENERAZIONE Sulla scia dei compositori già discussi, nei primi decenni del 1900 da più parti d’Europa venne continuata ed ampliata la corrente nazionalistica. Ma la loro posizione, ed il loro modo di operare cambiò; essi non si limitarono a trascrivere o riportare etnie musicali all’interno delle forme “colte”, ma attuarono una più profonda compenetrazione delle tradizioni musicali tout court. A tal proposito risulta molto chiarificatrice la deduzione di C. Debussy: “- I musicisti ottengono migliori risultati nel trattare la musica popolare non quando fanno uso di melodie popolari, ma allorché ne penetrano l’essenza assorbendone le origini e scrivendo musica propria -” LEÓŠ JANÁCEK (Hukvaldy, Moravia 1854 - Ostrava 1928)

Compositore ceco, noto per il suo stile derivato dalla musica popolare morava. Dopo gli studi in Russia, in Germania e in Austria, diresse la Filarmonica ceca (1881-1888); fondò la scuola organistica di Brünn (odierna Brno) dove insegnò dal 1882 al 1920, prima di passare al Conservatorio di Praga (1920-1925) / Fu il primo a maturare uno stile musicale basato sull’impiego molto personale del canto popolare (cecoslovacco). Raccolse musica popolare e per breve tempo pubblicò una rivista di folclore / Il suo stile compositivo, forgiato su basi popolari assolutamente originali approda ad linguaggio musicale imperniato sull’intonazione del canto popolare, e poggiante su di una concezione ritmica, armonica e melodica, molto diversa da quella della tradizione colta europea: il suo linguaggio musicale è strettamente legata a quello verbale ed alle suggestioni drammatiche che questo comporta / Raggiunse la fama internazionale con l'opera Jenufa (1904, rivista nel 1916), influenzata, come la Messa Glagolitica (con l’Ordinarium Missæ in versione slava, 1926), dai ritmi e dagli accenti della lingua morava / La rinascita del sentimento patriottico alla formazione della Cecoslovacchia, nel 1918, coincise con un periodo di intensa creatività: la maggior parte dei lavori per cui è noto risalgono all'ultimo decennio della sua vita, e questo ne fa a buon diritto un compositore del Novecento. A questo periodo appartengono i due quartetti per archi, il sestetto per fiati Mladi, le composizioni orchestrali Taras Bulba e la Sinfonietta, e altre cinque opere tra cui Ká’ta Kabanová (1921), La volpe astuta (1923) e Il caso Makropulos (1925). 31

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MANUEL DE FALLA (Cadice 1876 - Alta Gracia, Argentina 1946)

Figura di spicco del nazionalismo musicale spagnolo. Fu un talento precoce, studiò composizione con il musicologo Felipe Pedrell. Dal 1905 al 1907 insegnò pianoforte a Madrid e, dal 1907 al 1914, visse a Parigi. Stabilitosi di nuovo in Spagna vi rimase sino allo scoppio della seconda guerra mondiale, quando si trasferì in Argentina. Sotto l'influenza di Pedrell, De Falla sviluppò uno stile nazionalistico che caratterizzò in maniera del tutto originale le sue composizioni / In generale i suoi temi non adottarono mai in maniera evidente i canti popolari spagnoli, ma li ricrearono interpretandone pienamente lo spirito. Un'ulteriore componente fondamentale della musica di De Falla è data dall'influsso dell'impressionismo, che egli assimilò da Claude Debussy e Maurice Ravel, da lui frequentati durante il soggiorno parigino / La sua produzione annovera le Siete canciones populare españolas per canto e pianoforte (1912), i balletti El Amor Brujo (L’amore stregone, 1915), e Il cappello a tre punte (1919, tratto da Alarcón); le Notti nei giardini di Spagna (1909 - 1915) per pianoforte e orchestra, un concerto per clavicembalo e cinque strumenti (1923 - 1926). Nella produzione operistica si evidenzia La vita breve (1913) e l’opera da camera Il teatrino di mastro Pietro (1924). Notevole fu la sua produzione chitarristica. 32

ZOLTÁN KODÁLY (Kekskemét, Ungheria 1882 - Budapest 1967)

Compositore, etnomusicologo, figura di spicco della musica e, soprattutto, della didattica ungherese; egli utilizzò il canto po33 polare come mezzo educativo oltre che come mezzo comunicativo: egli spogliò il canto corale da tutte quelle complicazioni linguistiche che non lo rendevano fruibile al grande pubblico / Dopo gli studi a Budapest, dal 1905, insieme a Béla Bartók, oltre a condividere un accesso spirito di ribellione antiasburgica, raccolse in modo sistematico la musica folcloristica della campagna ungherese / Nelle sue composizioni, Kodály citò o imitò forme, armonie, ritmi e linee melodiche della musica popolare del suo paese senza trasfigurarne i contenuti. Tra i suoi lavori si ricordano il Psalmus Hungaricus (1923), l'opera Háry János (1926), le Danze di Galánta (1933) per orchestra, e la Missa Brevis (1945). Egli fu autore di un metodo corale didattico adottato dalle scuole musicali di molti paesi ancora oggi, basato sulle melodie popolari e sull’esclusivo impiego della voce.

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BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA DELLE ILLUSTRAZIONI:

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1,28, 32,33 www.cs.princeton.edu -~composers 2 www.pianoparadise.com 4,6,7,20,21 Enciclopedia multimediale L’Ottocento, Corriere della sera, Milano, RCS Editori

Opera, a cura di Andràs Batta, Könemann, 2000 “Piano Time, il mensile di pianoforte e musica”, numero 94, gennaio 1991 www.pianoparadise.com www.russisches-musikarchiv.de

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www.balletmet.org www.ogz.ch/saison-99-00/saison-99-00.html www.lib.umd.edu/PAL/YALE www.dra.de janacek

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PRINCIPALI FORME MUSICALI DELLE ETA’ BAROCCA, CLASSICA E ROMANTICA

XXXII CAP

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