Endocrinologia 2019 - Iv D Catania 2019/20

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Questo testo è stato scritto seguendo le lezioni del prof. Regalbuto e della prof.ssa Sciacca durante l’anno 2019-2020 al polo D Ed opportunatamente rivisitato, riscrivendo le frasi dette dai professori a lezione per renderle quanto più comprensibili, Ed eventualmente integrando con il Rugarli, che pur non essendo il testo consigliato dai professori, è molto completo e simile nel linguaggio utilizzato. Per correttezza qualsiasi dato discordante tra i professori ed il Rugarli viene riportato in entrambe le versioni. Si farà menzione di qualche caso clinico, scritto in corsivo, così come ogni esperienza o lavoro diretto riportato dai professori come racconto. Alcuni di questi casi, sono ripresi dalle sbobine dell’anno 2015 e riportati per completezza. Per qualsiasi dubbio a riguardo, si consiglia sempre la visione del libro di testo consigliato dai professori. L’ordine delle lezioni potrebbe essere differente dalla sequenza numerica poiché per cause puramente logistiche i due professori si sono alternati nello svolgimento delle lezioni. Per chiunque volesse le copie word dei file per aggiornamenti vari, non esiti a contattare qualcuno degli autori riportati in copertina. Ci scusiamo per eventuali errori grammaticali. Buono studio.

INDICE – per ordine di impaginazione: Lezione 1 (generalità)

1-4

Lezione 2 (Ipofisi, Adenomi Ipofisari, Prolattinomi, Adenomi Secernenti GH) Lezione 3 (Ipopituitarismi, Diabete Insipido) Lezione 4 (Gonadi)

5-14

15-21

22-38

Lezione 8 (Pubertà) 39-47 Lezione 5 (Tiroide e Gozzi) 48-56 Lezione 6 (Noduli della Tiroide) 57-64 Lezione 7 (Ipotiroidismo e Tireotossicosi) 65-71 Lezione 9 (Morbo di Basedow, Tiroiditi, Tumori) 72-86 Lezione 10 (Carcinoma Midollare della Tiroide, Paratiroidi) 87-96 Lezione 11 (Surrenale, Morbo di Cushing, Malattia di Addison) 97-106 Lezione 12 (Addison parte 2, Mineralcorticoidi, Midollare del Surrene) 107-115 Lezione 13 (Obesità) 116-128 Lezione 14 (Diabete parte 1)

129-146

Lezione 15 (Diabete parte 2)

147-164

Lezione 16 (Complicanze del Diabete) 165-190 Lezione 15 – Parte 2 (Dislipidemie)

191-206

All’interno delle singole lezioni sono presenti più microargomenti relativi al macroargomento.

Endocrinologia - Lezione 1 Il sistema endocrino comunica con il sistema nervoso e con il sistema immunitario (PNEI). Questo è importante perché alcune patologie endocrine hanno eziogenesi immunitaria. Alcuni ormoni infatti sono anche dei neurotrasmettitori. Il sistema endocrino ha molte funzione: - Metabolismo​; - Omeostasi​, ad esempio nel mantenimento delle concentrazioni del calcio; - Sviluppo somatico e neuropsichico​; - Interazione con l’ambiente​. Anche l’inquinamento ambientale ha effetto sul sistema endocrino, infatti in alcune plastiche con il calore si liberano delle sostanze che interferiscono con gli ormoni. Gli ormoni vengono secreti da ghiandole e da strutture non ghiandolari (SNC, cuore, fegato, intestino, rene, tessuto adiposo), infatti possiamo individuare dei gruppi cellulari in organi non endocrini. Ormone deriva dal greco “ormao” che significa “eccito”. Gli ormoni possono essere trasportati o trovarsi liberi, come ad esempio insulina ed IGF 1. Una caratteristica della cellula endocrina è che essa può produrre più ormoni, esempio ne è la tiroide con la produzione di T3-T4, e allo stesso modo più cellule endocrine diverse possono produrre lo stesso ormone. Peculiarità del meccanismo d’azione dell’ormone è l’azione a distanza rispetto al sito di produzione dello stesso. Gli ormoni non hanno tutti la stessa composizione o derivazione chimica. Posso essere: - Peptidi, la maggior parte di essi; - Ammine; - Steroidei, derivati dal colesterolo; - Eicosanoidi; La sintesi degli ormoni peptidici inizia quando vengono attivati i geni e prodotto un mRNA che poi andrà a livello del RER. Qui verrà prodotto poi un pro-ormone che andrà nell'apparato del Golgi dove grazie a delle modifiche strutturali verrà prodotto l’ormone finale che verrà poi successivamente liberato. La sintesi degli ormoni steroidei deriva da quelli che sono processi di trasformazione della molecola di colesterolo. Gli ormoni amminici derivano invece da amminoacidi, come ad esempio l’aminoacido tirosina, dal quale vengono poi ricavate le catecolamine e gli ormoni tiroidei.

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Molti ormoni vengono protetti dalla degradazione mediante legame a proteine circolanti come ad esempio la TBP (lega ormoni tiroidei), CBG (ormoni derivati dal colesterolo), SHBG (lega gli ormoni sessuali), Neurofisine (legano ADH). Saranno comunque le concentrazioni di ormone libere ad avere attività biologica. La tappa indispensabile per l’azione ormonale è il legame dell’ormone ad un recettore specifico sulla cellula. Molte terapie si basano proprio sul blocco del recettore, neutralizzando quindi l’effetto dell’ormone nonostante esso sia normalmente presente (inibitore competitivo del sito enzimatico). Da sottolineare è un’altra caratteristica del legame tra ormone e recettore, infatti, quando tra due ormoni simili in struttura, uno è in elevate concentrazioni, questo può legarsi al recettore dell’altro ormone e quindi bloccare il suo legame (es: IGF e insulina). I recettori non sono altro che molecole (proteine) che legano l’ormone, infatti solo cellule che possiedono recettori funzionanti (vedi sindromi da resistenza ormonale) sono suscettibili all’azione ormonale. La relazione tra ormone e recettore è caratterizzata da: - Identificazione​ (specificità); - legame​ (affinità); - trasmissione​ ​segnale​ (amplificazione, integrazione). La maggior parte degli ormoni agiscono tramite dei recettori di membrana che possono agire direttamente attivando le cascate enzimatiche o tramite l’attivazione dei secondi messaggeri (cAMP, cGMP, NO ecc) che andranno ad interagire con altri enzimi intracellulari che attiveranno le cascate di segnale. Altri ormoni si legano direttamente a recettori interni alla cellula (ormoni steroidei), in virtù della loro capacità di attraversare la membrana cellulare. Altri ancora presentano dei recettori direttamente nel nucleo cellulare (Ormoni tiroidei) funzionando da fattori di trascrizione. Gli ormoni possono essere classificati anche in base al meccanismo d’azione (recettori intracellulari, su membrana con secondo messaggero, cascata chinasica, calcio/fosfatidilinositolo o entrambi). Ad esempio, l’insulina una volta legata, fa si che le due subunità intracellulari del recettore si avvicinano, attivando le subunità catalitiche (tirosin-k) e questo porta poi all’attivazione delle cascate intracellulari alla base dei cambiamenti metabolici della cellula.

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La produzione ormonale viene regolati attraverso il meccanismo del feedback (feedback negativo o attivo). Il meccanismo retroattivo (feedback negativo) è basato sulla concentrazione dell’ormone stesso, infatti crescendo le concentrazioni, la sintesi dell’ormone viene ridotta. Nei tumori il controllo con il feedback negativo può non funzionare perché abbiamo una ipersecrezione dell’ormone (esempio classico di iperproduzione). Tipico esempio di controllo a feedback negativo è il sistema ipotalamo-ipofisi-ghiandola periferica. L’ipotalamo produce il fattore di rilascio che stimola l’ipofisi, essa produce le tropine che agiscono sulle ghiandole periferiche. L’ormone prodotto dalle ghiandole periferiche agisce con un feedback negativo bloccando la sua sintesi sia a livello ipotalamico che a livello ipofisario (regolazione ad ansa lunga, corta ed ultra corta). Altro modo per controllare l’eccessiva secrezione di un ormone, è la sensibilizzazione (down-regulation) ovvero la riduzione numerica dei recettori per ridurre l’effetto. Patologie del sistema endocrino Queste possono essere: - da ipofunzione (primaria, secondaria, terziaria) - da iperfunzione (primaria, secondaria, produzione ormonale ectopica) - patologia endocrina senza alterazione della funzione (noduli tiroidei non funzionanti). Sindromi da ipofunzione L’ipofunzione può essere primaria, secondaria o terziaria. Primaria quando riguarda direttamente la ghiandola che produce l’ormone, secondaria se il problema è localizzato a livello ipofisario. Per i deficit ipotalamici o ipofisari può anche essere utilizzato il termine centrale. Il deficit può essere quantitativo o qualitativo. Nel quantitativo, vengono prodotte piccole concentrazioni ormonali che non riescono ad attivare il recettore. Il qualitativo è dato da una struttura ormonale non adatta all’attivazione del recettore. Sindromi da iperfunzione Possono essere primarie quando avremo incremento di produzione ormonale a causa di una patologia della ghiandola, secondarie quando avremo produzione di fattori che stimolano la ghiandola in caso di patologia extraghiandolare o ectopica come per esempio un microcitoma polmonare che produce ACTH. Tips su esami di laboratorio​: se noi chiediamo il cortisolo e rileviamo un livello alto, questo può essere dovuto a varie cause (surrenalica, centrale). Avere solo il cortisolo non ci porta alla diagnosi, ma subentrano esami di secondo livello che permettono l’orientamento nella diagnosi. Se questo dovesse essere dovuto ad un difetto ipotalamico, dosiamo l’ACTH

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(anche se non si fa mai, solo scolastico): - Se il problema è a livello ipotalamico, avremo tutti e tre i valori alti. - Se è a livello ipofisario avremo CRH basso e ACTH e cortisolo alti. - Se è a livello surrenalico invece avremo solo il cortisolo alto e gli altri ormoni saranno bassi.

Le definizioni di patologia secondaria e patologia terziaria possono essere unificate in un unico termine, ovvero nelle cosiddette forme centrali, mentre la patologia primitiva sarà una forma periferica. Per esempio, l'ipotiroidismo può essere primitivo o centrale, e quando parliamo di centrale intendiamo che può essere o di origine ipofisaria o di origine ipotalamica. Molti ormoni posseggono un ritmo secretivo caratteristico, possono infatti essere secreti in modo ciclico o intermittente. Quando parliamo di ritmi biologici, questi possono essere: - infradiani (inferiore alle 24h), - circadiani (circa 24h) come il cortisolo con zenit alle 6-8 di mattina (mentre è minore la sera, prima verso le 3-4 viene prodotto l’ACTH e poi alle 6-8 il cortisolo), - ultradiani (superano le 24h) ormoni del ciclo ovarico. La cosa da sottolineare è che questo ovviamente determina anche un periodo nella quale eseguire il dosaggio (esempio classico è il cortisolo che va dosato di prima mattina, anche se successivamente vedremo come un cortisolo dosato a quest’ora sia poco utile per esempio nella diagnosi di un Cushing, quindi è importante conoscere l’orario del prelievo e farlo al momento giusto). Alcuni soggetti presentano alti livelli di prolattina che possono essere dovuti allo stress, quindi si fanno due prelievi uno prima quando viene inserita la cannula (ci aspettiamo valori altini) e uno dopo sempre dalla stessa cannula (ci aspettiamo valori più bassi perché lo stress dell’inserimento della cannula è passato). Il prelievo della prolattina non deve essere fatto da appena svegli. Se si deve impostare una terapia sostitutiva è necessario andare a valutare anche l’orario della somministrazione (esempio il cortisolo, va somministrato la mattina e se necessario nel pomeriggio 16-17, perché il cortisolo ha due picchi).

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Endocrinologia - Lezione 2 Malattie del sistema endocrino - Ipofisi

L’ipofisi è una ghiandola molto piccola, pesa pochissimi grammi, eppure è fondamentale per la corretta omeostasi, dato che controlla la maggior parte delle nostre ghiandole endocrine. Essa viene distinta in una porzione anteriore denominata adenoipofisi, embriologicamente derivata dalla tasca di Rathke, che ha la funzione di produrre e rilasciare le tropine, ovvero ormoni che andranno poi a stimolare le ghiandole periferiche, ed una posteriore chiamata neuroipofisi, derivata del pavimento del diencefalo, la quale ha la funzione di stoccare gli ormoni ossitocina e vasopressina prodotti nei nuclei sopraottico e paraventricolare dell'ipotalamo e rilasciarli nel circolo sistemico. L’ipofisi giace nella sella turcica dello sfenoide, accanto ad essa troviamo alcuni nervi ed altre stutture tra le quali meritano una menzione i seni petrosi inferiori, utilissimi anche nella diagnostica (leggasi lezione sul Cushing). La vicinanza con molte strutture è importante dal punto di vista clinico, poiché la sella turcica è una struttura ossea che non si può adattare alle modifiche patologiche dell’ipofisi che quindi andrà ad esercitare effetto massa su altre strutture vicine. Tra le strutture interessate ad esempio il peduncolo ipofisario, ovvero la connessione tra ipofisi ed ipotalamo che dà passaggio a nervi e vasi e che può portare anche a deficit produttivi, ma anche e di notevole importanza clinica il chiasma ottico, motivo per il quale il pz potrebbe presentare disturbi del campo visivo. Il controllo ipotalamico sull’ipofisi può essere positivo o negativo. Ad esempio per quanto riguarda la secrezione di prolattina è quasi sempre di tipo inibitorio. La ​PRL è un ormone che aumenta durante la gravidanza e l’allattamento (aumenta anche grazie alla suzione, tramite un riflesso nervoso). Durante la gravidanza, nonostante i livelli siano elevati per favorire la formazione di nuovi dotti galattofori e la produzione di caseina, gli elevati livelli di

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estrogeni fanno si che non vi sia fuoriuscita di latte. Con il parto, la diminuzione degli estrogeni farà si che la PRL esplichi la sua funzione. La secrezione della PRL viene bloccata dalla dopamina, generalmente prodotta dall’ipotalamo e questo ha importanti implicazioni dal punto di vista clinico. Condizioni parafisiologiche che aumentano la secrezione di PRL sono il sonno e lo stress. Il TRH stimola anche la secrezione della prolattina. Il TRH nelle sindromi da ipofunzione secondaria (ipofisaria) è inappropriatamente normale o normale-basso. In realtà ce lo aspetteremo alto dato che manca la produzione a valle dell’ormone. Proprio il fatto che è normale-basso nella forma secondaria non si ha un eccesso di TRH e quindi non si verifica iperproduzione di PRL (mentre nel primitivo si avrebbe iperproduzione di PRL). Questo vale per gli ormoni tiroidei ma anche in generale in tutte le forme secondarie, ad esempio per il cortisolo il CRH sarebbe normale, se fosse primitivo sarebbe alto. Nell’ipotiroidismo dobbiamo quindi anche dosare anche la PRL. Vale la stessa cosa al contrario. Il controllo dell ​ACTH (corticotropina) è tramite CRH. ACTH agisce soltanto sulla corteccia del surrene e non sulla midollare, in particolare il suo bersaglio sono le cellule della fascicolata che producono e secernono cortisolo e della reticolare dove si ha la sintesi di ormoni sessuali. Mentre la parte glomerulare non risente dello stimolo dell’ACTH ma lo stimolo principale è l'iperosmolarità ed in secondo luogo l’ipovolemia. Il ​GH viene stimolato dal GHrh ed inibito dalla somatostatina (bersaglio principale di questa è il GH ma in realtà inibisce la secrezione di tutti gli ormoni, così come anche il cortisolo inibisce molti ormoni in maniera più o meno blanda, ad esempio la secrezione di TSH. Nei soggetti in terapia con cortisone e che hanno TSH basso, questo indica una ricaduta). Il GH ha azione dirette ed indirette, mediate dalle somatomedine prodotte dal fegato (IGF-1 ed IGF-2). In generale le tropine hanno effetto su molti tessuti e quindi sull’organismo. FSH e ​LH sono controllate da GnRH. LH stimola la secrezione nelle gonadi di androgeni mentre FSH controlla la spermatogenesi e la follicologenesi. Gli ormoni ipofisari: - GH​ responsabile della crescita somatica ma anche di azione metaboliche; - PRL​ stimola sintesi della caseina e della lattazione; - ACTH stimola la corteccia surrenalica e viene co-secreta con la MSH. in tutte le condizioni dove c’è eccesso di ACTH c’è eccesso di MSH con questi soggetti che hanno iperpigmentazione (si cercano nelle zone non esposte al sole perché sono poco evidenti - Leggasi Addison). Se c’è sospetto di ipercortisolismo o di ipersecrezione in caso di adenoma si cerca anche nelle mucose. - TSH​ regola la funzione tiroidea; - LH ​stimola la produzione di testosterone da parte delle cellule della teca e delle cellule del Leydig, permette anche l’ovulazione nella donna; - FSH, ​stimola la spermatogenesi e la maturazione follicolare nella donna. Nella neuroipofisi: - ADH​ responsabile del riassorbimento di acqua dai tubuli renali e dal dotto collettore; - OXT è importante sia per l’eiezione del latte ma anche per le contrazioni uterine nel travaglio.

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Fattori di rilascio ipotalamici: - TRH​, è il principale stimolatore del TSH ed in parte stimola la secrezione di PRL; - CRH ​stimola la liberazione di ACTH; - GHRH stimola la secrezione di GH. Esiste anche un fattore inibitore la secrezione di GH di produzione ipotalamica, ma il suo ruolo è marginale; - GnRH ​permette la liberazione delle gonadotropine. Le malattie dell’ipofisi Quando si parla di malattie dell’ipofisi bisogna tenere a mente che esistono delle alterazioni funzionali legate alle concentrazioni ormonali (ad esempio ballerine con amenorrea. Per tutta una serie di motivi, come le endorfine che si rilasciano durante l’attività fisica, si ha alterazione del Gnrh e questo determina un alterazione del ciclo mestruale. L’ipofisi è normofunzionale e non abbiamo neanche deficit nelle gonadotropine, il fatto è che non vi è una normale pulsatilità. Esistono più fattori che poi possono alterare il ciclo come l’eccesso di prolattina) e delle alterazioni organiche, legate ad un aumento del volume della ghiandola stessa (effetto massa). Le malattie organiche: - Adenoma ipofisario secernente e non secernente; - Ipopituitarismo; - Diabete insipido centrale. I quadri clinici che si possono verificare in corso di malattie dell'ipofisi dipendono dalla funzione delle cellule bersaglio dell'ormone deficitario: ad esempio se mancano l'FSH e LH avremo un quadro clinico da alterata funzione gonadale, se manca il TSH un quadro clinico da alterata funzione tiroidea, e così via. Al contrario, se c'è un eccesso di liberazione di TSH o di ACTH, noteremo un quadro clinico dove c'è un eccesso di cortisolo. Adenomi ipofisari Gli adenomi ipofisari sono rari. Se sono secernenti (o anche non secernenti) sono delle patologie gravi. Sono dei tumori benigni e vengono classificati in microadenomi se sono sotto 1 cm e in macroadenomi se sopra. Per quanto riguarda i secernenti il più frequenti è il prolattinoma nel 50% dei casi. Il secondo per frequenza è il non secernente 20-25% e poi il GH secernente nel 20% dei casi (molte volte insieme a PRL secernente). L’ACTH secernente è al 6%, infine sono ancora più rari quelli LH/FSH e TSH secernenti. Il PRL secernente è più frequente nella forma micro nelle donne e macro nei maschi perché nella donna non ha il tempo di diventare macro. I sintomi sono simili ma nel sesso femminile si nota precocemente perché ci sono delle alterazioni del ciclo sessuale quindi i sintomi sono molto più evidenti. I GH secernenti sono quasi sempre macroadenomi. La caratteristica di tutti gli adenomi ipofisari è la lenta evoluzione e nel caso di quelli GH secernenti, GH diventa anche un fattore che permette la crescita dell’adenoma stesso. L’ACTH secernente è un microadenoma mentre il TSH secernente e gonadotropine secernente sono macro. Il problema dei non secernenti (25% dei casi), generalmente rilevati in maniera accidentale o perché possono dare alterazioni visive (diplopie, mal di testa) oppure ritrovati in caso di una TAC o RM, è la sintomatologia non evidente perché non producono fattori ormonali. Una cosa molto importante sui macroadenomi sia secernenti che non è che, man mano che si espandono, si ingrandisce un tipo

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cellulare e, nel caso del secernente, distrugge le altre cellule e si arriva ad un ipopituitarismo. Quando il microadenoma cresce può essere aumentata PRL perché manca inibizione della dopamina a causa della compressione del peduncolo. Alcuni fattori sono coinvolti nella patogenesi dei tumori ipofisari, molti dei quali sono simili a quelli che sono i meccanismi patogenetici di altri tumori: - Mutazioni di oncogeni​: come per gli altri tumori, anche qui mutazioni di RAS, mutazioni attivanti di geni che trasformano le cellule ipofisarie, e così via; - Mutazioni di oncosoppressori​: inattivazione degli oncosoppressori, che sono implicati nella soppressione della crescita cellulare; - Mutazioni di geni normalmente espressi nell'ipofisi​: controllano le diverse parti di sviluppo della ghiandola; - Fattori di crescita​: si legano a recettori cellulari di membrana. Accanto a questi fattori, che sono per così dire ‘’classici’’, ci sono anche alcune forme ereditarie che caratterizzano quelle che vengono definite sindromi multi-endocrine (MEN). Per l'excursus sulle MEN si consiglia la visione degli appunti di chirurgia del prof. Veroux. Clinica Le manifestazioni cliniche sono per lo più neurologiche: cefalea, difetti della visione. Abbiamo i segni endocrini da iper o iposecrezione parziale o totale. L’effetto massa: la sella turcica è rigida e non si espande quindi l’adenoma che cresce comprime prima le cellule diverse da quella che cresce e poi il chiasma ottico.

La massa può determinare anche alterazione della motilità oculare per interessamento del III, IV, VI nervo cranico. In base al rapporto che ha con il chiasma si possono avere alterazioni diverse del campo visivo. Più dura la compressione sul chiasma ottico meno sarà recuperabile il danno. Quindi, riscontrare un adenoma che comprime il chiasma ottico è indicazione urgente alla asportazione dell'adenoma, anche se questo potrebbe essere trattato con terapia medica per tentare di ridurre questa massa, se c'è già un'alterazione del campo visivo,

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non posso aspettare l'efficacia della terapia medica: l'intervento chirurgico diventa obbligatorio ed urgente. Diagnosi Per la diagnostica si fa prevalentemente una RM piuttosto che la TC perché non ci sono radiazioni e si vede comunque bene. Si richiede esame del campo visivo, dato che la compressione avviene nella porzione postero mediana del chiasma, con interessamento delle fibre della porzione nasale ed emianopsia temporale bilaterale. Si richiedono indagini di laboratorio con dosaggi ormonali. L’orientamento clinico ci dà una mano ma si devono chiedere tutti gli ormoni perché ci possiamo trovare nella condizione di ipopituitarismo. Se dovessimo avere una ipersecrezione di qualche ormone ma non abbiamo indagato se c’è un difetto di secrezione di ACTH, mandando all’intervento chirurgico il soggetto, egli potrebbe morire se non trattato immediatamente con il cortisone. PRL e Prolattinoma La dopamina prodotta dall’ipotalamo ha un effetto inibitorio sulla PRL. Invece la suzione, gli estrogeni ed TRH ne stimolano la secrezione. Normalmente i livelli sono tra 5-25 ng/ml nella donna, arrivano a 20 ng/ml nell’uomo. Le condizioni in cui aumenta la prolattina possono essere distinte in fisiologiche e patologiche. Le ​fisiologiche​ sono: - il sonno (attenzione a non fare prelievo mentre dorme); - stress da prelievo, o qualsiasi stress fisico o psichico; - Allattamento e gravidanza; - suzione del capezzolo e lo stimolo della parete toracica, come ad esempio un herpes. Durante la gravidanza la presenza degli estrogeni stimola la crescita delle cellule lattotrope ipofisarie e l’aumento della PRL (100-300 ng/ml). L’alta concentrazione di estrogeni però ne inibisce l’azione sulla mammella, infatti la lattazione comincia subito dopo il parto per la rapida caduta estrogenica. Le cause di iperprolattinemia di origine ​patologica​ sono: - adenoma ipofisario PRL secernente; - l’interruzione del peduncolo ipofisario perché viene a mancare la dopamina prodotta dall’ipotalamo; - ipotiroidismo primitivo; - sindrome da ovaio policistico; - insufficienza renale, legato quindi alla clearance della prolattina stessa; - Craniofaringioma; - Farmaci, antidopaminergici, estrogeni ad alte dosi, anti-H2, oppiacei. Nel momento in cui si trova iperprolattinemia si deve pensare ad escludere un effetto di blocco della dopamina come ad esempio a causa di farmaci che la bloccano, ovaio policistico, ipotiroidismo primitivo, herpes o traumi che durano per un certo tempo nella parete toracica. Per ultimo, quando non è stata rilevata una causa può essere idiopatica.

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Segni e sintomi In presenza di segni o sintomi associati ad una condizione di iperprolattinemia si può ipotizzare la presenza di un adenoma PRL secernente. Nella donna: - Oligomenorrea​, ​amenorrea​, poiché causa alterazioni dellla pulsatilità della GnRH e quindi LH e FSH; - Anovularietà​; - Infertilità​; - Galattorrea​, ovvero la fuoriuscita di latte o di una secrezione simile dalla mammella, in assenza di gravidanza o dopo 6 mesi dal parto in una donna che non allatta. Essa può essere spontanea o provocata, mono o bi- laterale; se associata ad alterazioni mestruali è sinonimo di iperprolattinemia. Nel 50% delle donne con galattorrea i livelli di PRL sono normali. Nell’uomo: - Disfunzione erettile; - Ginecomastia; - Oligo-azoospermia; - Bassi valori di testosterone plasmatico​, quindi riduzione della forza e del tono muscolare nonché della conta eritrocitaria (il testosterone ha azione positiva sull’eritrogenesi e questo spiega perché il valore maggiore rispetto alla donna); - Calo della libido​; - Galattorrea​, rara poiché non è presente una ghiandola mammaria ben sviluppata. Nell’uomo e nella donna determinano ​ipogonadismo, infertilità​. La differenza dei sintomi fa si che nella donna la patologia si renda più evidente (amenorrea e galattorrea) rispetto al maschio, dove la diagnosi è spesso tardiva e avviene in stato di macroadenoma e quindi probabilmente rilevata grazie ad alterazioni a carico del visus. Un microadenoma, potrebbe essere silente qualora si sviluppi nella donna in menopausa dove sintomo presente sarà la cefalea. Diagnosi di laboratorio e strumentale Ci possiamo aiutare con i valori. Se il valore è molto alto maggiore di 200, è probabile che sia un adenoma ipofisario. Se il valore è tra 100-200 è possibile che vi sia una interruzione del peduncolo ipofisario. Se il valore è poco più alto del normale, come valori tra 40 e 100, potrebbe essere dovuto ad altri fattori come lo stress o anche ad un microadenoma preso nelle fasi iniziali, ma è molto più probabile che sia legato alle altre cause. Devono essere verificate sempre altre cause e devono essere fatte almeno 2 misurazioni in clinostatismo che siano concordanti. Soprattutto nei pazienti con macroadenoma, è necessario andare a valutare tutti gli ormoni pituitari per escludere ipopituitarismo e una campimetria. Alla ​RM della sella con contrasto, se non c’è nulla si dice a tendina canadese (concava). Microadenomi molto piccoli (2-3 mm) potrebbero anche non essere rilevati. La lesione (nel caso dell’immagine è un microprolattinoma) si presenta ipodensa rispetto al parenchima circostante ed altera il profilo superiore della ghiandola che si presenta convesso.

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Terapia La terapia risponde bene ai farmaci. La prima scelta è rappresentata dai dopaminergici che riducono anche la massa mentre se è un macroprolattinoma non si ha la scomparsa totale ma la risposta ai farmaci è sempre ottima. Nei casi in cui c’è una compressione del chiasma ottico con alterazioni della vista si può ricorrere alla terapia chirurgica così come in caso di mancata risposta ai farmaci. Terza scelta sono infine le radiazioni (il gamma knife) nei casi in cui chirurgia e terapia farmacologica falliscono. Tra i farmaci il più vecchio è la ​bromocriptina (2.5 - 7.5 mg/die) la quale permette una normalizzazione dei livelli di PRL nell’80% dei casi ed una riduzione della massa tumorale nel >50% dei casi, con possibilità di utilizzarla anche in gravidanza. Il farmaco è stato sostituito dalla cabergolina​, con effetto dopaminergico più prolungato e % di normalizzazione della PRL e riduzione del tumore leggermente maggiori (viene utilizzato oggi se c’è la gravidanza (lei dice di non utilizzarla) e la PRL viene mantenuta a livelli tali da consentire il proseguimento di essa.-Rugarli). Gli effetti collaterali dando un dopaminergico sono nausea, vomito, ipotensione, vertigini, cefalea e disturbi del sonno. Si inizia con dosi basse post prandiali o di sera e aumentare gradualmente fino alla posologia ottimale. GH, Adenoma ipofisario GH secernente e Acromegalia Acromegalia è una parola che deriva dal greco: Akron (estremità = viso, mani e piedi), Megas (ingrossamento). Condizione patologica in cui vi è un aumento di volume delle estremità delle mani, piedi e volto, quindi una condizione clinica caratterizzata da eccessiva crescita scheletrica e dei tessuti molli, ed alterazioni metaboliche determinate da un eccesso di GH circolante con livelli plasmatici dei fattori di crescita IGFs elevati. Essendo una malattia presente in soggetti adulti, non vi è un allungamento delle ossa in lunghezza (crescita in altezza), poiché è già avvenuta la saldatura delle cartilagini epifisarie, ma la crescita scheletrica è per apposizione ossea, per cui si ingrandiscono le ossa larghe: mani, piedi, mascella, mandibola. Nel caso in cui, invece, l'eccesso di GH si verificasse in un soggetto in fase ancora puberale, si realizzerebbe la situazione del ​gigantismo​. È quasi sempre dovuta ad un macroadenoma GH secernente. In rari casi è dovuta alla secrezione ectopica di GH da parte di tumori insulari del pancreas, microcitomi polmonari, Linfoma non Hodgkin, tumori della mammella e dell’ovaio. Nel 25% dei casi può essere misto e produrre anche PRL. Le alterazioni dipendono dall’aumento delle IGFs (azione indiretta del GH). L’IGF2 agisce per lo più durante la vita fetale tranne che nelle forme tumorali. Le azioni dirette sono quelle metaboliche. Il GH è un

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ormone iperglicemizzante aumenta anche gli acidi grassi liberi e riduce il tessuto adiposo mentre aumenta la massa magra (falsamente aumentata) perché aumenta il grasso tra una cellula e l’altra. Normalmente, i livelli circolanti di GH in condizioni basali sono molto variabili: oscillano tra 1 e 10 ng/ml. Il GH viene prodotto con una secrezione pulsatile, con picco massimo durante il sonno profondo (Fase NREM). Il valore massimo si ha alla nascita, il secondo picco alla pubertà. Alla nascita poiché la velocità di crescita è maggiore rispetto a qualunque altro momento della vita. Un meccanismo che fa liberare GH è lo stress, inteso non soltanto in senso psicologico, ma anche come stress fisico: l'ipoglicemia è uno stress per l'organismo, perché, abbassandosi la glicemia, devono mettersi in atto delle risposte che riportino il tutto alla normalità, pena la morte. Altre due condizioni che fanno liberare il GH sono l'esercizio fisico, ovvero un'altra condizione di stress, e lo stato nutrizionale. Gli effetti locali compressivi sono più frequenti rispetto a quelli della PRL perché sono macroadenomi. Gli effetti diretti dovuti a GH sono: - Eccessiva crescita dello scheletro gigantismo o acromegalia (aumento in larghezza e spessore quindi acromegalia); - Eccessiva crescita di tessuti molli e degli annessi cutanei; - Visceromegalia, cardiomiopatia dell’acromegalico; - L’aumento del GH induce anche insulino resistenza. A carico del fegato e dei muscoli riduce la captazione del glucosio: questo fa aumentare la glicemia e l'insulina. L’insulina, prodotta in eccesso, può essere responsabile di una condizione di insulino-resistenza, che è quello che si riscontra in questi pazienti all'inizio della malattia. L’insulina per poter agire deve essere prodotta in concentrazioni maggiori. Persistendo questa condizione si esaurisce la secrezione di insulina ed il paziente diventa diabetico, e questa forma di diabete non è né di tipo 1 né di tipo 2, dato che non ne riconosce i meccanismi patogenetici tipici, ma si definisce come diabete metaipofisario. Quindi, nelle fasi iniziali, l'acromegalico avrà un'alterata tolleranza al glucosio, avrà una glicemia che, in condizioni normali, può essere normale, sotto carico il glucosio aumenta in maniera eccessiva; - A carico degli adipociti aumenta la lipolisi, quindi aumenta la produzione di acidi grassi liberi; - Aumenta la produzione di corpi chetonici, quindi altra condizione che peggiora l'insulino-resistenza; - Effetto anabolizzante sulla sintesi proteica; - Aumento dell’aterogenesi e quindi aumentato rischio cardiovascolare; - Apparato gastrointestinale con dolicocolon e poliposi; - Neuropatia periferica; - Segni articolari; - Segni psichici; - ipertensione.

Altri segni endocrini:

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- Ipopituitarismo; - Gozzo diffuso o nodulare; - Diabete mellito; - Alterazioni mestruali; - Galattorrea; - Irsutismo; - Disfunzione erettile. Gli effetti indiretti: - Sono tutti gli altri effetti del GH, e sono mediati dalle IGF 1 e 2 (dette anche somatomedine) prodotte nel fegato, nel rene e nelle cartilagini. I segni possono essere ad esempio la necessità di allargare la fede o nell’aumentare il numero di scarpe o il fatto che non entra più un cappello. Diagnosi L’attenzione del medico viene richiamata soprattutto dalle alterazioni ossee che i pazienti presentano. A causa dell’effetto massa potrebbero essere presenti sintomi quali una cefalea che non si risolve. L’anamnesi è di fondamentale importanza, poiché i pz riferiscono tutta una serie di cambiamenti quali ad esempio allargare le fedi, il numero di scarpe o anticamente il cappello. Il pz, i familiari o chi gli sta vicino tutti i giorni, generalmente non presta attenzione a questi cambiamenti poiché molto lenti e graduali (ci si abituano) o perché si pensa ad un aumento di peso/cambiamento relativo alla sedentarietà e all’età che avanza. A parte quella fisionomia classica dell’acromegalia che si manifesta nella fase tardiva della patologia, molto utile per fare diagnosi precoce e mettere in risalto questi cambiamenti, è chiedere al pz di mostrare una foto di qualche anno fa che lo ritrae. Per quanto riguarda l’approccio laboratorista: si dosano il GH e IGF1. Il problema è sempre relativo al ritmo di secrezione. Facendo un dosaggio di base potrebbe essere già elevato ma potrebbe anche non esserlo. Si fa un test che sfrutta un effetto paradosso, cioè si fa un test con la curva da carico orale di glucosio (soluzione orale con 75 g di glucosio. Prelievo a tempo 0 alle 2 ore, valutando insulina e glucosio) ma anziché dosare il glucosio, andremo a dosare GH ed IGF 1 che inaspettatamente rimangono alti essendo ormoni iperglicemizzanti. Possono essere riscontrati falsi positivi nei soggetti adolescenti, diabetici, anoressia nervosa, insufficienza epatica e renale. Falsi negativi nei soggetti che presentano adenomi secernenti ma con basse quantità di GH. Il sospetto di ipersecrezione di GH è confermato da: - GH elevato (>40 ng/ml) e/o GH > 1 ng/ml (il rugarli parla di positività qualora i livelli di GH dopo 2h siano > 0,4 ng/ml) dopo test carico orale di glucosio; - IGF superiore al range di normalità per sesso/età. Confermato il sospetto, per la diagnosi: - RM della sella o TAC per confermare la presenza dell’adenoma, definire l’estensione ed i rapporti. Nell’immagine macroadenoma secernente GH; - Esame del campo visivo.

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Al solito si devono valutare tutti gli altri ormoni (TSH e ormoni tiroidei, gonadotropine ecc...). Bisogna valutare tutte le complicanze sistemiche dell’acromegalia, generalmente associata a presenza di neoplasie a livello del colon retto, mammella, bronchi e midollo. Si farà un’ecografia tiroidea per valutare la presenza dei tumori alla tiroide, una colonscopia per la poliposi del colon e i tumori del colon, ecocardiografia, misurazione della pressione arteriosa. Aumenta anche l’incidenza dei polipi della colecisti. Terapia La prima scelta è la ​terapia chirurgica trans-naso-sfenoidale​, viene aspirato l’adenoma (il rischio potrebbe essere diabete insipido transitorio o permanente). Nei casi in cui la chirugica non ha avuto successo o non si può fare per varie complicazioni o nei casi in cui il soggetto non vuole sottoporsi all’intervento o infine, nei casi un cui persiste la patologia si usa prima la terapia medica tramite ​analoghi della somatostatina a lunga durata d’azione: octreotide LAR (10-40 mg ogni 28 giorni i.m.), lanreotide (30-120 mg ogni 20-56 giorni i.m)​. Cosa importante è che nella maggior parte dei pazienti oltre al miglioramento delle condizioni generali si avranno: riduzione del gonfiore, della cefalea, dell’ipertrofia cardiaca, delle apnee notturne e in molti casi dell’ipertensione arteriosa e del metabolismo glucidico. Effetti collaterali sono legati a sintomi gastroenterici come nausea, diarrea, malassorbimento e meteorismo e aumento del rischio di calcolosi biliare (riduzione della contrattilità della colecisti). Si possono utilizzare farmaci che ​inibiscono il recettore del GH (pegvisomant 10-40 mg/die s.c)​. Il ​pasireotide ​è un farmaco analogo della somatostatina multi-target recettoriale. La ​radioterapia ha perso il ruolo di terapia adiuvante soprattutto per le problematiche relative ai rischio di altri tumori cerebrali ed ipopituitarismo.

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Endocrinologia - lezione 3 Ipopituitarismi Con il termine si intende la carenza di uno o più ormoni dell’ipofisi anteriore a causa di una patologia che provoca distruzione delle cellule ipofisarie. Questi possono essere globali o parziali, congeniti o acquisiti. Spesso, la condizione globale (panipopituitarismo) è associata ad un deficit ipofisario posteriore con diabete insipido. Parliamo di una condizione rara con incidenza di 4/centomila casi e prevalenza di 45,5/centomila abitanti. Cause di Ipopituitarismo Congenite: - La mutazione dei fattori di trascrizione ipofisari che regolano la sintesi delle tropine; - Mutazione del gene del GH; - Mutazioni dei geni del GnRH, GHRH, TRH ecc; - Traumi da parto, come nella presentazione podalica, evenienza che avviene nei paesi in via di sviluppo. Qui non succede perché viene effettuato il cesareo; - Eziologia sconosciuta. Acquisite: - Adenomi ipofisari​, fanno parte delle cosiddette forme sellari. Vengono divisi sia in secernenti che non secernenti, rappresentano la causa più frequente 53% dei casi, perché man mano che si ingrandisce l’adenoma va a comprimere le altre cellule oppure nel caso dei secernenti perché le altre cellule vanno in apoptosi; - Tumori dell’area ipotalamo-ipofisaria (es. Craniofaringioma), ​fanno parte delle forme sovrasellari perché sono dei tumori che non invadono la sella. Se ad esempio si sviluppasse un tumore ipotalamico che colpisse le cellule produttrici del TRH, l’ipofisi non produrrà TSH non perché danneggiata a causa del tumore, ma perché viene proprio a mancare il TRH. Nel caso specifico del craniofaringioma, esso invece cresce all’interno della sella turcica, portando ad una mancata produzione ipofisaria a causa della compressione della stessa; - Forme iatrogene​, come nei soggetti che subiscono degli interventi chirurgici o terapia radiante fino all’ipopituitarismo globale; - Ipofisi autoimmuni; - Traumi cranici; - Sindrome di Sheehan​ o necrosi ischemica post partum dell’ipofisi; - La Sindrome della sella vuota è una condizione definita radiologicamente nella quale si nota come l’ipofisi viene schiacciata sul pavimento sellare perché c’è un’erniazione dello spazio subaracnoideo, molto rara come causa, rappresenta il 5-10% dei casi, non è detto che sia associato ad ipopituitarismo. Nell’età evolutiva la forma acquisita più frequente è un ​craniofaringioma, ​tumore che colpisce nel 50% dei casi bambini ed adolescenti. È caratterizzato da: - Mal di testa e deficit della visione (segni locali di espansione tumorale); - Deficit endocrini come arresto della crescita (bambino) e ritardo nello sviluppo puberale (adolescente), se presente, la ginecomastia è indicativa. I sintomi dovuti all’assenza delle altre tropine sono sfumati.

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Diagnosi eseguita tramite RM encefalica, ma devono sempre essere effettuati esami del campo visivo, valutazione delle tropine ipofisarie e dell’età ossea. La terapia prevede un approccio neurochirurgico, seguito da radioterapia con distruzione di eventuali residui chirurgici e terapia medica sostitutiva della funzione ipofisaria. Le manifestazioni sono tanto più importanti tante più sono le tropine coinvolte. La risposta paradossa dopo la chirurgia può prevedere la ripresa della crescita in statura. Obesità presente nel 75% dei soggetti post-chirurgia nonostante la restrizione calorica. In età adulta, la forma più frequente è il ​macroadenoma sia secernente che non. Le manifestazioni cliniche riguardano il tipo di deficit: - Eterogenee, rispecchiano i deficit secondari di tiroide, surrene e gonadi; - Condizioni di nutrizione buone, con tendenza alla disposizione dell’adipe intorno alla vita (mancanza effetto lipolitico del GH). Errore gravissimo è non valutare le altre tropine, dato che il macroadenoma ipersecernente può causare ipopituitarismo relativamente alle altre funzioni ipofisarie. La ​Sindrome di Sheehan è dovuta ad una forte emorragia da parto che provoca infarto ischemico dell’ipofisi. Il sintomo più evidente è la mancata montata lattea (ipoprolattinemia) a cui fanno seguito mancata ricomparsa del ciclo mestruale ed infertilità. In forma acuta può presentarsi con ipotensione, nausea, vomito, tachicardia ed ipoglicemia. La terapia è di tipo sostitutivo. Le manifestazioni cliniche di qualunque di queste condizioni sono variabili in rapporto a diversi fattori: - Estensione del deficit​: se è coinvolto un solo ormone, le manifestazioni cliniche saranno più limitate, se sono coinvolti più ormoni il deficit sarà multiplo, fino ad arrivare alle condizioni in cui tutta l'ipofisi non funziona, per cui si parlerà di panipopituitarismo, e tale situazione clinica dipende non solo dal numero di ormoni interessati dal deficit, ma anche dall'entità del deficit di ciascuno degli ormoni interessati dal deficit stesso (parziale o totale); - Epoca di insorgenza: se un ipogonadismo avviene in un soggetto prepubere, questo soggetto non va incontro alla pubertà. Se l'ipogonadismo avviene in un soggetto adulto, il soggetto ha già attraversato la pubertà, quindi non ci sarà una mancanza o un deficit di quelli che sono i caratteri sessuali secondari, ad esempio, perché si sono già sviluppati; - Rapidità di insorgenza del processo​: più lentamente si sviluppa una patologia, più le manifestazioni saranno graduate e progressive e, molte volte, non vengono attenzionate perché si verificano lentamente ed il paziente non si rende conto delle modifiche che stanno avvenendo. Segni clinici dell’ipopituitarismo anteriore. Deficit di: - GH​: il quadro clinico dipende dall'età di insorgenza: se un deficit di GH insorge in età giovanile (condizione più frequente), il quadro che ne scaturisce è quello che viene identificato come nanismo ipofisario​, anche se è consigliabile non usare mai il termine nanismo: infatti, il concetto di nanismo evoca, nei familiari e nei soggetti affetti, una condizione particolarmente importante. Bisogna, invece, parlare sempre di bassa statura. In età giovanile, se vediamo un bambino che non cresce adeguatamente, la prima cosa cui bisogna vedere è vedere se c'è deficit di GH. Il più delle volte una bassa statura non è dovuta ad un deficit di GH, ma ad una

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serie di altre condizioni, prima tra tutte la bassa statura familiare, sulla quale non si può fare nulla perchè è, appunto, costituzionale, familiare o genetica. Esistono una serie di basse stature non legate agli ormoni. Se il deficit di GH avviene in età adulta è chiaro che non ci possono essere i segni del deficit nell'età giovanile perché il soggetto è già cresciuto. Ci possono essere i segni legati a quello che è l'effetto del GH su una serie di organi e apparati, ed in particolare: astenia, aumento della massa grassa, diminuzione di massa magra e tessuto osseo, mentre non c'è sicuramente un'alterazione della statura. Nell'adulto un deficit di GH isolato è molto raro, questo perchè il più delle volte è una condizione di ipopituitarismo multiplo dipendente da un intervento chirurgico, da un tumore o da un qualcosa che ha compresso l'ipofisi; - TSH è simile all’ipotiroidismo primario, si manifesta con torpore, intolleranza al freddo, apatia, sonnolenza e facile affaticabilità. La cute è secca e non è presente mixedema. L’ipotiroidismo di origine ipofisaria è raro come manifestazione singola, poiché generalmente è associato a deficit secretivi delle altre popolazioni cellulari; - ACTH è simile al primitivo, con atrofia della zona reticolata e della fascicolata e riduzione nella produzione di glucocorticoidi e androgeni, mentre la secrezione di aldosterone è mantenuta, mancano infatti le alterazioni elettrolitiche e della volemia. Manca l'iperpigmentazione a causa della mancata produzione di ɑ-MSH, anzi abbiamo depigmentazione delle aree fisiologiche come l’areola mammaria. Per il resto la sintomatologia è simile a quella del deficit primitivo, ma più attenuata: astenia, nausea, anoressia, vomito, ipotensione arteriosa e ipoglicemia (Il cortisolo è uno degli ormoni della controregolazione). La sintomatologia può precipitare in concomitanza di un evento stressante, mostrando come l’asse non sia in grado di gestirlo. Se vi è un deficit di androgeni la sintomatologia è più sfumata dato che la maggior parte degli ormoni steroidei viene prodotta nelle gonadi (almeno per il maschio); - PRL, come deficit singolo è rarissimo. Dato che la prolattina ha una sola funzione, ovvero preparare la ghiandola mammaria per la lattazione, non ho nessun segno clinico che mi possa far pensare ad una condizione di deficit di prolattina; - LH/FSH in età evolutiva assenza di sviluppo sessuale con pubertà ritardata ed eunucoidismo. Nell’uomo adulto avremo riduzione del volume testicolare, calo della libido e riduzione dei caratteri sessuali secondari come rarefazione dei peli e calo della massa muscolare. Nella donna adulta le alterazioni del ciclo mestruale con oligomenorrea e amenorrea saranno i sintomi più precoci. Seguono anche nella donna alterazione dei caratteri secondari sessuali con atrofia della mammella e scomparsa dei peli pubici (dovuti in parte all’assenza di DHEA-S). I sintomi sono a lenta evoluzione e dipendono oltre che dall’età di insorgenza anche dall’entità del coinvolgimento ghiandolare. Se il danno è progressivo, abbiamo generalmente interessamento sequenziale: GH, LH, FSH, TSH e infine ACTH. Negli stadi avanzati i pazienti assumono un aspetto caratteristico, conseguenza dell’interessamento multighiandolare, che già al primo impatto può portare alla diagnosi: - Volto apatico ed inespressivo con rughe sottili; - Cute pallida e sottile; - Areole mammarie depigmentate; - Rarefazione dei peli e della barba; - Aumento dell’adipe a disposizione centrale; - Poliuria, evidente quando entra in atto la terapia con glucocorticoidi; - Riduzione della qualità della vita: tendenza all’isolamento, depressione e insicurezza. - Paziente sembra più anziano rispetto all’età anagrafica.

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Diagnosi Quadro clinico suggestivo di ipopituitarismo ​(es deficit plurighiandolare); Insufficienza ghiandolare periferica secondaria; Presenza di lesioni che possono causare ipopituitarismo ​(es massa sellare > 1 cm, anche in assenza di segni clinici). Regola d’oro​: ​dimostrazione di deficit della ghiandola periferica in presenza di un valore non elevato della corrispondente tropina ipofisaria. IMPORTANTE: nell’insufficienza secondaria la riduzione dei livelli di ormoni periferici non si associa all’aumento degli ormoni dell’adenoipofisi, come invece avverrebbe in un deficit primario, pertanto questi saranno nel range della normalità: Il rilievo di valori ridotti di fT4 in presenza di TSH non elevato è indicativo di un ipotiroidismo secondario. Indicativo è il valore della cortisoluria delle 24 h che si presenta al di sotto del range normale. Il valore di GH basale non è sufficiente e si preferisce quello di IGF-1 che è quasi sempre al di sotto del range normale. Data i limiti della diagnostica basata su livelli random, assumono molta importanza i test dinamici basati sullo stimolo dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e sul GH. il test di stimolazione rapido con ACTH mette in mostra la mancata produzione del cortisolo perché la risposta del surrene all’ACTH è diminuita in acuto. Per dimostrare la carenza di ACTH si deve ricorrere ad un’attivazione stress-mediata del sistema ipotalamo-ipofisi con liberazione di ACTH, GH e PRL. Per indurre questo stress, i valori di glicemia devono scendere al di sotto di 40 mg/dl (Il test è mal tollerato dal soggetto adulto che manifesta torpore, tremore e sudorazione). L’impiego del CRH permette di differenziare delle carenze di ACTH dovute a deficit ipotalamico (livelli basali ridotti di ACTH con risposta al CRH presente) da quelli dovuti a deficit ipofisario (risposta al CRH assente). Oltre all’ipoglicemia a digiuno, possono essere presenti anemia normocromica e iponatriemia. La presenza di un deficit ormonale deve comunque fa pensare sempre alla presenza di un problema a livello centrale. -

Trattamento Terapia sostitutiva degli ormoni periferici a seconda del deficit che trovo, se singoli o multipli. In caso di GHD con GH umano ricombinante. In caso di iposurrenalismo secondario solo glucocorticoidi e non con steroidi mineraloattivi, essendo i livelli normali. Levotiroxina per la tiroide come per il primitivo. Nel caso di ipogonadismo secondario nell'uomo con testosterone, nella donna con estroprogestinici. Le gonadotropine vengono utilizzate per indurre spermiogenesi ed ovulazione. -

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Deficit di GH: ​rhGH 25-35 µg/Kg/die s.c.​ (GH umano ricombinante) Iposurrenalismo secondario: ​cortisone acetato 25 mg + 12.5 mg /die per os Ipotiroidismo secondario:​ L-tiroxina 1.0-1.4 µg/Kg/die per os Ipogonadismo secondario: - uomo: ​testosterone enantato 250 mg i.m. ogni 3-4 settimane, oppure cerotto transdermico - donna: ​formulazione estroprogestinica (HRT) infertilità: ​gonadotropine ​per entrambi i sessi

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Sindrome da alterata secrezione di ADH Diabete insipido Sindrome caratterizzata da intensa poliuria e polidipsia, con urine a basso peso specifico, causata da un ridotto assorbimento di acqua a livello dei dotti collettori del rene con aumento della sete. Il diabete di origine centrale (DI, Diabete insipido neuroipofisario) è dovuto alla carenza di ADH mentre se nefrogenica (DIN, Diabete Insipido Nefrogenico) è caratterizzata da insensibilità dell’epitelio dei dotti collettori renali all’ADH. La secrezione di ADH è regolata da: - Osmolarità plasmatica > 280 mOsm; - Ipovolemia (pressione arteriosa. Grazie ai barocettori atrio ventricolari e al seno carotideo); - Ipossia: - Nausea; - Dolore. Se c’è aumento dell’osmolarità plasmatica o la riduzione della pressione arteriosa si ha stimolo alla secrezione da parte della neuroipofisi. l’ADH fa si che la maggior parte dell’acqua venga riassorbita a livello del dotto collettore e del tubulo distale , infatti nel deficit uno dei sintomi principali è la poliuria (in assenza totale di ADH la quantità di urina sarebbe 15-20 l/die). L’ADH presenta due recettori: - V1, mediano vasocostrizione; - V2, permettono il riassorbimento di acqua libera nei tubuli renali e nel dotto collettore. Cause Una delle cause più frequenti è di tipo chirurgico e può anche essere transitorio, guarendo in qualche settimana o mese. Altre cause possono essere tumori dell’area ipotalamica o idiopatiche. Due forme distinte di diabete insipido sono il diabete insipido gestazionale e la polidipsia primaria. Il diabete insipido gestazionale, compare nel terzo trimestre della gravidanza e il deficit di ADH è legato prevalentemente ad una degradazione a livello placentare dell’ADH (non confondere con il mellito). La polidipsia primaria (potomania) è una patologia a sfondo psichiatrico caratterizzata da un bisogno di assumere liquidi in quantità maggiori rispetto al fabbisogno reale. Questo porta alla soppressione di ADH con conseguente poliuria. Sintomi La mancata secrezione di ADH porta ad una perdita di acqua libera con riduzione notevole dell’osmolarità urinaria, lieve disidratazione, aumento dell’osmolarità plasmatica e sete. Il quadro clinico è caratterizzato da: - Poliuria​, può arrivare anche a 20L al giorno e le urine avranno peso specifico molto basso ( < 1005 g/L); - Nicturia​; - Enuresi​;

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Sensazione di sete e ​polidipsia​. Quando c’è diabete insipido il soggetto non deve essere inibito dal bere perché sennò ci sarà ​disidratazione​. (legato alla perdita di liquidi). Gli elettroliti plasmatici e urinari e i soluti totali sono spesso normali. La presentazione clinica può variare quando il diabete insipido non è idiopatico. In questo caso avremo sintomi come cefalea, alterazioni del campo visivo e deficit ormonali, oltre che la sintomatologia della patologia di base. Diagnosi Si effettua la raccolta delle urine delle 24 ore e si valutano osmolarità plasmatica ed elettroliti (2 Na + glicemia/18 + Azotemia/2,8) normalmente i valori normali di osmolarità sono vicini a 280-300. Valutare il peso specifico delle urine permette di distinguere il diabete insipido dalle poliurie che rappresentano un meccanismo di compenso necessario ad eliminare un carico di soluti (l’osmolarità sarà uguale a quella del plasma). La valutazione di alcune componenti permette di distinguere delle patologie che causano poliuria: - Glucosio (diabete mellito); - Urea e creatinina (malattie renali); - Ipercalcemia e Ipokaliemia (Difetto di concentrazione renale secondario); - L’anamnesi permette di escludere le poliurie da farmaci; Diabete Insipido se: - Osmolarità urine 24h < 300 mOsm/l; - Osmolarità plasma >300 mOsm/l. - Na plasma >144 mmol/l (disidratazione). La misura dell’osmolarità plasmatica e urinaria in condizioni basali può essere indicativa ma non diagnostica del diabete insipido. La diagnosi richiede l’esecuzione della prova di concentrazione e in casi particolari dell’infusione di soluzione salina ipertonica. -

DI con polidipsia Se vi è una compromissione dell’ADH notiamo che il peso specifico delle urine è basso (<1200, <1005 g/dl - Rugarli). L’osmolarità delle urine è bassa (tante ma diluite) mentre l’osmolarità plasmatica è aumentata. Se c’è disidratazione troviamo anche il sodio alto. Con questo abbiamo sospetto di diabete insipido. Test dell’assetamento​, è un test delicato che deve essere fatto in ospedale durante la notte.

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Nel caso di diabete insipido centrale non si avrà nessun aumento dell’ADH plasmatico, mentre nel caso del diabete insipido nefrogenico e nella polidipsia primitiva si osserva un normale incremento di ADH. la presenza di lesione ipotalamiche deve essere ricercata in tutti i casi di diabete insipido tramite indagini strumentali con RMN ipofisi. La distinzione tra diabete insipido centrale e nefrogenico viene eseguita valutando la responsività renale all’ADH dove in caso di Diabete insipido nefrogenico non avremo nessuna riduzione del flusso urinario. Tra le indagini strumentali nelle malattie della neuroipofisi possiamo eseguire: - TC alta risoluzione della sella; - RM; - Esami del fondo oculare e campimetria visiva. Terapia Al paziente deve essere sempre garantito il libero accesso all’acqua, poiché anche piccoli periodi di privazione possono portare alla precipitazione della sintomatologia. La terapia prevede la somministrazione di un analogo dell’ADH, la ​desmopressina​, che ha il vantaggio di presentare maggior durata di attività e trascurabile attività sulla pressione sanguigna. In caso di diabete insipido nefrogenico si deve curare la patologia renale di base e sospendere i farmaci nefrotossici. Deficit multipli (panipopituitarismo) Condizioni di deficit multipli che realizzano panipopituitarismo. Anche qui il quadro clinico è variabile secondo età, sesso, insorgenza ed eziologia. Possono essere presenti sia i segni endocrini, legati al deficit delle singole tropine, sia i segni neurologici nelle forme neoplastiche ed invasive, ed infine una serie di segni che non sono specifici di un singolo deficit, ma che sono probabilmente legati all'insieme di tutte queste alterazioni: apatia, astenia, intolleranza al freddo, ipotermia, cute depigmentata, caduta dei peli, capelli radi e sottili, ovvero tutti segni legati al quadro clinico di panipopituitarismo, dove mancano molti degli ormoni e dove la terapia diviene complicata in quanto bisogna sostituire gli ormoni mancanti (GH, androgeni, ormoni tiroidei, ad esempio).

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Endocrinologia - Lezione 4 Gonadi maschili e femminili Ovaio L’ovaio è un organo pari a struttura ovoidale situato nello scavo pelvico. Esso ha una duplice funzione: - Endocrina; - Gametogenica, permettendo la maturazione e liberazione degli ovociti durante la vita fertile. Dal punto di vista anatomico distinguiamo due parti: - Midollare, contente tessuto fibrovascolare e residui follicolari; - Corticale, formata da uno strato di cellule colonnari che costituiscono l’epitelio germinale. Lo strato corticale contiene i follicoli in vario grado di maturazione. Il complesso follicolare è costituito da oocita rivestito dalle cellule della granulosa ed esternamente ad esse le cellule della teca. Nell’ovaio ci sono 2 tipi di cellule con funzioni diverse ma che comunque comunicano tra di loro, le cellule della teca e le cellule della granulosa. LH stimola la cellule della teca da cui si formano gli ormoni sessuali maschili. FSH ha i recettori sulle cellule della granulosa, dove è presente la aromatasi che converte androgeni in estrogeni. Gli ormoni ovarici (estrogeni, progesterone e androgeni) derivano tutti dal colesterolo. Tutte le cellule posseggono l’enzima che permette la sintesi dell’estradiolo a partire da pregnenolone, mentre possono presentare diverso corredo enzimatico a seconda della diversa necessità ormonale che caratterizza ciascun segmento. Infatti a livello del corpo luteo avremo produzione di progesterone, le cellule della teca stimolate da LH producono androstenedione e testosterone, mentre le cellule della granulosa sotto stimolazione di FSH producono estrogeni grazie al processo di aromatizzazione. Il ​17β-estradiolo (E2) per il 95% viene prodotto dall’ovaio per azione dell’aromatasi ed è l’estrogeno più potente di tutti. L’​estrone (E1) viene prodotto dalla conversione extraghiandolare periferica (tessuto epatico, muscolo, adipe) del Δ4 androstenedione ed è più debole. Qualora la sua sintesi aumentasse, si può assistere all’inversione del normale rapporto E1/E2. È l’ormone sessuale predominante dopo la menopausa. Dall’estrone si forma l’estradiolo. Si trovano in circolo legati alla SHBG che in alcuni casi viene dosata. Con minor affinità si legano ad albumina e soltanto il 2-3% è la quota libera che si lega ai recettori. Gli estrogeni sono fondamentali per lo sviluppo sessuale della donna, infatti tutte le modifiche sia in fase puberale che nella fase post-menopausa sono da imputare ai loro livelli. Durante la vita feconda sensibilizzano l’ovaio all’azione delle gonadotropine ed influenzano l’endometrio. Stimolano la libido, inducono lo sviluppo della ghiandola mammaria e l’accrescimento dei dotti galattofori oltre che la pigmentazione areolare. Sono responsabili della deposizione ginoide del tessuto adiposo. Permettono il passaggio di liquidi dal compartimento intra a quello extracellulare con ritenzione compensatoria di acqua e sodio a livello renale, favorendo l’imbibizione cutanea (effetto edemigeno). A livello osseo sono responsabili nella prima fase della pubertà della crescita staturale, mentre successivamente ne determinano l’arresto grazie alla saldatura delle cartilagini di coniugazione. Inibiscono i processi di riassorbimento osseo con positivizzazione del bilancio del calcio e del fosforo (favorisce azione della Vit D), infatti la forma più comune di osteoporosi è quella

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postmenopausale. Favoriscono la coagulazione (effetto antitrombotico, riducono i livelli di PAI-1, omocisteina e fibrinogeno). Se si fa terapia sostitutiva o anticoncezionali invece si aumenta il rischio trombotico. Permettono l’aumento di SHBG e della TBG. Per questo motivo infatti esistono dei valori di riferimento diversi tra la donna non gravida e la donna gravida. Hanno azione anti-ateromasica sul sistema cardiovascolare proteggendolo, tant'è che dopo la menopausa il rischio di malattie cardiovascolari aumenta notevolmente nella donna, superando il maschio. Il ​progesterone ​è il principale ormone prodotto dal corpo luteo (abbiamo piccole quantità prodotte dalle cellule della teca e della granulosa) durante la fase luteinica (raggiunge valori di 10-20 ng/ml) mentre durante la fase follicolare è prodotto in modeste quantità (< 1 ng/ml). Durante la gravidanza viene prodotto dalla placenta. La sua funzione principale è quella di generare le migliori condizioni possibili per la fecondazione e l'annidamento. Oltre ad influenzare l’attività ghiandolare a livello endometriale, riduce la contrattilità delle cellule miometriali. Ha un ruolo termogenico ben definito ed è responsabile dell’aumento della temperatura durante la fase luteinica. In presenza di cicli irregolari, viene richiesto il dosaggio del progesterone. L’ovaio produce anche degli ​androgeni (androstenedione, DHEA, testosterone) responsabili dello sviluppo pilifero in sede ascellare e pubica durante la pubertà. L’androstenedione è debole, per la maggior parte si lega alle SHBG e poi viene trasformato perifericamente sia in testosterone che in estrone che poi darà estradiolo. Nella donna il testosterone è prodotto al 25% dall’ovaio, 25% dalle surrenali ed il 50% deriva dalla conversione in periferia. Il DHEAS ed il DHT vengono prodotti al 100% dalla surrenale. L’ovaio produce anche degli ormoni proteici che avranno attività di tipo paracrino. L’​Inibina (A e B) viene prodotta dalle cellule della granulosa sotto stimolazione di FSH ed a sua volta esse hanno azione paracrina inibendo l’aromatasi e azione a distanza inibendo il rilascio di FSH, mentre stimola la produzione di androgeni ovarici LH dipendenti. l’​Attivina ​è prodotta dalle cellule della granulosa e stimola la secrezione di FSH, mentre riduce la produzione di androgeni ovarici LH dipendenti. La follistatina sembra agire legando l’attivina ed impedendo la sua funzione. Questi ormoni sono ancora poco richiesti e non tutti i laboratori sono in grado di rilevarli. Caratteri sessuali primari:​ organi genitali e riproduttivi maschili o femminili. Caratteri sessuali secondari (CSS): riguardano organi ed apparati non riproduttivi che a partire dalla pubertà assumono caratteristiche diverse tra i due sessi. Tra essi annoveriamo: - Masse muscolari; - Distribuzione dell’adipe; - Distribuzione dei peli; - Modifiche a carico della laringe e del timbro della voce; - Crescita della barba; - Prima eiaculazione maschile; - Sviluppo della mammella; - Menarca.

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Ciclo mestruale L’ovulazione dipende dalla ciclica maturazione di un follicolo. Le gonadotropine sono secrete in maniera pulsatile, evento molto più evidente su LH che non su FSH a causa della sua lunga emivita e dell’azione dell’inibina. Nella donna adulta, la liberazione delle gonadotropine riflette quella del rilascio ipotalamico pulsatile di GnRH (un rilascio/somministrazione continuo andrebbe ad inibire l’asse). Le gonadotropine hanno azione inibente il rilascio di GnRH ed a loro volta sono inibite dagli estrogeni, ad eccezione della parte tardiva della fase follicolare dove sono responsabili del picco di LH. Il ciclo mestruale dura circa 28 giorni e culmina con la mestruazione. Può essere diviso in 4 fasi: - Fase follicolare​, dura circa 13-14 giorni ed è caratterizzata dalla progressiva crescita dei follicoli fino alla selezione di quello dominante. Dal follicolo terziario in poi, il controllo ormonale diviene indispensabile. Si assiste ad un progressivo incremento di FSH, LH ed estrogeni. Quest’ultimi raggiungono i valori massimi il giorno prima del picco di LH passando da valori di 50 pg/ml fino a 200-300 pg/ml. È proprio questa alta concentrazione ad attivare il feedback positivo che porta alla liberazione di LH durante il suo picco; - Fase ovulatoria​, si verifica tra il 13-14° giorno, è un evento rapido che si verifica dopo 24-48h dal picco estrogenico e 12-24h dopo da quello di LH. Con quest’ultimo inizia la produzione di progesterone e la caduta dei livelli estrogenici che poi aumenteranno di nuovo nella seconda parte della fase luteinica. Gli estrogeni rendono il muco vaginale più fluido e alcalino (favorendo gli spermatozoi) mentre il progesterone lo rende più denso, cellularizzato e vischioso; - Fase luteinica, ​è caratterizzata dall’aumento dei livelli ematici del progesterone e dalla trasformazione secretiva delle ghiandole endometriali. FSH non è necessario durante questa fase e si assiste ad una sua riduzione (onde evitare attivazione della follicologenesi), insieme a quella di LH grazie al feedback negativo degli estrogeni che tendono nuovamente ad aumentare; - Fase mestruale​, qualora non si abbia la fecondazione e l’impianto, mancando la produzione di Β-hCG da parte del sinciziotrofoblasto, il corpo luteo si atrofizza e mancando la produzione di progesterone, avremo produzione di prostaglandine a livello uterino con progressiva costrizione dei vasi spirali, ischemia endometriale e successivo sfaldamento (mestruazione).

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Metrorragia: ​sanguinamento abbondante al di fuori della normale fase mestruale (da non confondere con gli spotting, ovvero delle piccole perdite ematiche che possono essere dovute all’ovulazione o alla somministrazione del contraccettivo). Ipermenorrea o menorragia: ​eccessivo sanguinamento per quantità e/o durata di un flusso mestruale (normalmente è 5 giorni) di un ciclo con durata normale. La domanda da fare alla donna è quanti assorbenti utilizza in 6h, in base alla risposta la si porta al ps. Ipomenorrea: ​sanguinamento molto scarso in un ciclo di durata normale. Polimenorrea: ​mestruazioni ravvicinate <21 giorni. Oligomenorrea: ​mestruazioni distanziate >35 giorni. Amenorrea È la mancanza di mestruazioni per un periodo > 3 cicli o > di 6 mesi. Può essere primaria, quando il soggetto non ha mai avuto il menarca o secondaria, quando avuto il menarca e cicli successivi per un periodo più o meno lungo, si assiste alla scomparsa delle mestruazioni. La regolazione del ciclo mestruale è molto delicata e delle alterazioni minime anche di assi ghiandolari che non lo regolano direttamente, possono determinare amenorrea. Le cause principali di amenorrea primaria sono l’ipogonadismo, l’eccesso di androgeni e le forme non endocrine dovute a malformazioni, infezioni o malattie gravi. Tra le principali cause di amenorrea secondaria avremo ipogonadismo causato da patologie dell’ipofisi e dell’ovaio, aciclicità dovuta a causa ipotalamiche, obesità o eccessiva magrezza, ed eccesso di androgeni. Tra le altre cause di amenorrea secondaria rileviamo iperprolattinemia, stress, menopausa e la gravidanza. L’approccio diagnostico ci può aiutare molto nella diagnosi: - Β-hCG nella gravidanza; - LH, FSH, E2 nell’ipovarismo ovarico e nella PCOS; - PRL nell’iperprolattinemia; - Testosterone nelle PCOS ed altri iperandrogenismi; - TSH nell’ipotiroidismo. MAP-test consiste nella somministrazione di un progestinico per 10 giorni e nell’osservare dopo la sospensione, nel giro di una settimana, la presenza o meno del flusso mestruale. Se è presente il flusso si dice che il test è positivo. Ciò sta a significare che l’endometrio si era preparato in modo tale da essere pronto per il prodotto del concepimento e per fare questo vuol dire che c’era produzione di estrogeni (normale). Nella PCOS è il map test è positivo e anche nelle amenorree ipogonadotrope funzionali. Se il MAP-test è negativo si ripete un’altra volta. Se nuovamente negativo vuol dire che mancano gli estrogeni, quindi siamo di fronte a problemi uterini (non c’è l’utero o ci sono sinechie) o tutte le condizioni dove non ci sono estrogeni. Nella Sindrome di Turner, ad esempio è negativo.

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Ipogonadismi femminili L’insufficienza endocrina dell’ovaio causa alterazioni diverse a seconda della fase della vita in cui si manifesta. Anche nelle forme congenite, le prima manifestazioni si avranno in età puberale con: - assenza del menarca (amenorrea primaria); - Mancata maturazione dei genitali; - Mancato/incompleto sviluppo della mammella, dell’apparato pilifero e dei CSC; - Possibile sviluppo eunucoide del soggetto. Nella donna adulta: - Amenorrea secondaria; - Anovulazione cronica ed infertilità; - Involuzione dei genitali esterni; - Regressione dei CSC; - Disturbi trofici al tessuto osseo (osteoporosi) e cutaneo (cute secca); - Manifestazioni neurovegetative (vampate di calore e ipersudorazione notturna). Cause di ipoovarismo primitivo (FSH elevato, 17b-estradiolo ridotto) • Sindrome di Turner e sue varianti; • Disgenesie gonadiche, nella quale le ovaie sono sostituite da tessuto fibroso; • Sindrome dell’ovaio resistente (follicoli scarsamente responsivi ad elevati livelli di gonadotropine); • Cause autoimmuni (isolato o polighiandolare); • Cause infettive (herpes zoster, CMV, ecc); • Iatrogeno (ovariectomia, chemioterapia, radiazioni in sede pelvica); • Altre forme: idiopatica, da deficit da 17 alfa-idrossilasi (avremo una ridotta sintesi di estrogeni, ipersecrezione di mineralcorticoidi con ipernatriemia, ipokaliemia ed ipertensione arteriosa), da tabagismo (le donne fumatrici in media entrano in menopausa 2 anni prima rispetto alle donne non fumatrici) Negli ipogonadismi primitivi (ipergonadotropi) avremo un incremento del rapporto FSH/LH che può superare anche l’unità. I livelli di estradiolo e progesterone sono ridotti con assenza di variazioni legate al ciclo. La somministrazione di progestinici (medrossiprogesterone acetato) non provoca sanguinamento da privazione (MAP test negativo) simbolo che gli estrogeni non sono sufficienti a stimolare la proliferazione dell’endometrio.

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Sindrome di Turner classica (cariotipo 45X0) Rappresenta la forma più frequente di disgenesia gonadica colpendo 1:duemila donne nate vive. Il 50% dei casi è caratterizzato da un fenotipo 45X0 (forma classica), il 25% presenta mosaicismo, con quadri clinici differenti a seconda di quante linee cellulari sono coinvolte, ed il restante 25% presenta il cromosoma x alterato nella struttura. La presenza di entrambi i cromosomi x durante la vita fetale è importantissima per la maturazione della gonade femminile ed in presenza di un solo cromosoma x conterrà ovociti, ma i follicoli saranno atresici. La mancanza del cromosoma x può avvenire durante la gametogenesi o può essere dovuta ad un errore mitotico nelle replicazioni successive alla formazione dello zigote e questo permette anche la distinzione tra la forma classica e i mosaicismi. La sindrome è dovuta nei ⅔ alla perdita del cromosoma x paterno. Non esiste correlazione tra l’età della madre la comparsa della malattia. Nei soggetti con Turner sono state descritte numerose associazioni con patologie autoimmuni quali diabete mellito, tiroidite, celiachia, artrite reumatoide e altre condizioni come obesità, ed ipertensione arteriosa. Alla nascita le neonate avranno un peso ed una lunghezza inferiori alla norma. Le caratteristiche cliniche principali della forma classica sono: - Collo corto e palmato (pterigio); - Impianto basso delle orecchie; - Volto a sfinge; - Attaccatura bassa dei capelli; - Alterazioni dentarie; - Ipostaturalismo; - Assente sviluppo di CSS (rari peli pubici e mammelle ipoplastiche); - Amenorrea primaria, anche se sono presenti casi rari dove si ha menarca e qualche ciclo successivo; - Genitali esterni immaturi, le ovaie non saranno presenti mentre lo posso essere tube ed utero; - Anomalie a carico di altri organi (stenosi aortica, coartazione aortica, rene a ferro di cavallo); - Linfedema delle mani e dei piedi (epoca neonatale). Diagnosi Si potrebbe avere il sospetto in fase neonatale perché il pz è piccolo e ha linfedema. L’ipostaturalismo e il ritardo nello sviluppo, spesso rappresentano il primo sintomo che mette in allarme i genitori. Esso non è tanto legato a GH ma proprio al fatto che manca il cromosoma x. Nella maggior parte dei casi le donne si rivolgono al medico per l’amenorrea. Il 2-5% delle donne che presentano mosaicismi può concepire anche se resta elevato il rischio di malformazioni fetali, anomalie cromosomiche e aborti spontanei. La diagnosi definitiva viene posta mediante cariotipo e le analisi di laboratorio evidenziano alti livelli di FSH e LH mentre saranno bassi i livelli di estrogeni, mentre non risulteranno alterati i livelli di GH. Terapia Prevede la terapia con estrogeni a basso dosaggio a partire dai 12 anni aumentando progressivamente le dosi. La terapia con progesterone viene iniziata 2 anni dopo rispetto a quella estrogenica. La terapia estroprogestinica va continuata fino alla menopausa per mantenere la femminilizzazione ed evitare l’osteoporosi. La terapia con GH si è dimostrata efficace nel promuovere l’accrescimento staturale anche se ancora non è stata definita l’età ottimale di inizio. Le pazienti adulte dovrebbero essere monitorate per diabete, ipertensione arteriosa e dal punto di vista cardiovascolare.

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Ipogonadismo secondario (centrale) (gonadotropine basse, estrogeni bassi) • Panipopituitarismo; • Adenoma ipofisario (PRL-oma), altri tumori ipotalamo- ipofisari; • Iperprolattinemia; • Sindrome di Kallman (deficit congenito di LHRH, associato ad ipo-anosmia, per mancata migrazione delle cellule GnRH- produttrici dai bulbi olfattori all’ipotalamo); • Thalassemia, in particolare l’emocromatosi, oggi si verifica di meno perché le terapie viene fatta con farmaci senza ferro. Il ferro ha trofismo per cellule che producono solo le gonadotropine; • Anoressia, stress, altre cause psicogene; • Eccesso di attività fisica nelle atlete; • Altre rare sindromi ipotalamo-ipofisarie (es. Laurence-Moon, Prader Willi); • Altre gravi malattie croniche (grave IRC, grave insufficienza epatica, malnutrizione proteico calorica). Anche l’assunzione di estroprogestinici a scopo anticoncezionale può determinare soppressione dell’attività ciclica dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (amenorrea post-pillola). Nell’ipogonadismo centrale, il MAP-test è positivo.

Rare Sindromi ipotalamo-ipofisarie Sindrome di Laurence-Moon e di Bardet-Biedl​: Ipogonadismo ipogonadotropo (da deficit di GnRH), obesità, retinite pigmentosa (causa di cecità), ritardo mentale, bassa statura. Sindrome di Alstrom​: ipogonadismo ipogonadotropo a genesi ipotalamica, degenerazione retinica che conduce a cecità, coesistono sordità, obesità, bassa statura, nefropatia cronica, diabete insipido vasopressina-resistente, insulinoresistenza. Sindrome di Prader-Willi: dovuta a delezione in q11 del cromosoma 15 paterno, caratterizzata da ipogonadismo ipogonadotropo (per difetto di GnRH ipotalamico), ritardo mentale, obesità grave, occhi a mandorla, instabilità emozionale, ipotonia muscolare. Sindrome di Angelman: delezione del cromosoma 15 materno caratterizzata da ipogonadismo ipogonadotropo (per difetto di GnRH ipotalamico), non c’è obesità, microcefalia, grave ritardo psicomotorio, povertà di linguaggio, atassia e tremore agli arti, riso eccessivo e immotivato, ipereccitabilità

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Iperandrogenismi Patologie caratterizzate da elevata produzione di androgeni nella donna. I principali dal punto di vista quantitativo sono androstenedione, prodotto principalmente a livello surrenale e il DHEA (DHEA-S) prodotto dal surrene. L’iperproduzione di androgeni può derivare da processi morbosi del surrene, dell’ovaio (PCOS) o da una accelerata produzione periferica. A tal proposito è rilevante la produzione di DHT che determina il loco irsutismo idiopatico. L’eccesso di androgeni causa irsutismo e virilizzazione sui tessuti androgeno-sensibili, prima fra tutti la pelle con irsutismo ed acne che rappresentano le manifestazioni principali. Poiché gli androgeni in periferia vengono convertiti in estrogeni, gli elevati livelli di androgeni causeranno elevati livelli di estrogeni che andranno ad interferire con il meccanismo di controregolazione del sistema GnRH-LH/FSH provocando anovulazione e oligomenorrea. Tra le condizioni che determinano iperandrogenismo, la più frequente è la PCOS (Sindrome dell’ovaio policistico). Sindrome dell’ovaio policistico (Stein-Leventhal) Eterogenea e multifattoriale è caratterizzata da: - Iperandrogenismo; - Anovulazione cronica; - Insulinoresistenza ; - Ovaie policistiche. Colpisce circa 5-10% donne in età fertile, ed è la causa più frequente di endocrinopatia, irsutismo ed infertilità femminile (anovulazione cronica). Se non trattata può avere conseguenze gravi. Eziopatologicamente, il substrato biologico è rappresentato dall’iperandrogenismo che causa irsutismo ed indirettamente anovulazione. I livelli di LH sono elevati e presentano numerose variazioni causate dall’irregolare pulsatilità, mentre i livelli di FSH sono al limite basso della normalità. La causa della patologia sembrerebbe da ricercarsi in un alterato sviluppo del surrene durante la fase puberale con alta produzione di androgeni e conseguente irsutismo e eccesso ponderale. Anche l’obesità ha un ruolo patogenetico, a livello del tessuto adiposo (in periferia) gli androgeni vengono convertiti in estrogeni (Δ4androstenedione convertito in estrone). L’elevato livello di estrogeni (ricordiamo che a concentrazioni molto elevate il feedback sul rilascio di gonadotropine non è negativo ma positivo) andrà a determinare aumentata responsività dell’ipofisi al GnRH con aumento del rilascio di LH. LH andrà a determinare iperplasia dello stroma ovarico e delle cellule della teca con produzione degli androgeni, mantenendo questo circolo vizioso, mentre bassi livelli di FSH combinati agli alti livelli di androgeni non permettono il completamento della maturazione dei follicoli ovarici (anovulazione cronica e

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ipoestrogenismo ovarico) che comunque vengono reclutati in modo massiccio. L'endometrio prolifera grazie agli estrogeni ma la mancanza della fase luteinica portata avanti dal progesterone non permette la desquamazione dell'endometrio e quindi il flusso mestruale. Queste donne hanno una proliferazione endometriale non seguita da desquamazione con rischio di carcinoma endometriale se non si interviene. L'iperandrogenismo oltre a determinare il blocco della maturazione follicolare agisce sull'unità pilo-sebacea, dove c'è una particolare sensibilità per il testosterone e il diidrotestosterone, determinando irsutismo. Altro aspetto caratteristico della patologia è l’insulino-resistenza (presente in percentuale variabile anche nelle donne non obese). Insulina ed IGF-1 sono molto importanti a livello ovarico ed influenzano anche la steroidogenesi. L'insulina in eccesso (come nell'insulino- resistenza) ha un effetto gonadotropino-simile, comportandosi a livello delle cellule tecali come se fosse l'LH e stimolando quindi la secrezione di androgeni, con conseguente proliferazione e iperplasia delle cellule tecali. L’insulina determina anche una riduzione delle SHBG aumentando la quota di testosterone libero e aumenta la disponibilità di IGF-1. Caratteristiche importanti sono quindi: - Insulino resistenza; - Alterazione ipotalamo- ipofisarie; - Obesità, oltre all’insulino resistenza, determina un quadro più grave; - Eccesso di DHEA-S; - Disregolazione della steroidogenesi ovarica (rapporto FSH/LH a favore di LH). Il follicolo viene inibito nella maturazione non arrivando all’ovulazione, va incontro ad atresia ed è quello che vediamo come cisti; - Irsutismo. Segni clinici e diagnosi​: Un rilevante numero di pazienti presente le seguenti manifestazioni cliniche e di laboratorio: - Obesità 53%; - Insulino-resistenza, rischio di diabete mellito 80% (il Rugarli in merito parla di percentuali più basse);; - Irregolarità mestruali 52%, spesso costituiscono il motivo per il quale la paziente si rivolge al medico. Generalmente il menarca avviene in età fisiologica ma seguono subito delle irregolarità non legate da una particolare progressione evolutiva; - Irsutismo 80%; - Ridotta fertilità (grande variabilità) ? - Acne 45%; - LH/FSH alterato 50%; - Aumento degli androgeni 35% (testosterone, D4-androstenedione, DHEA-S); Per la diagnosi, devono esserci (Consensus Workshop Group, Rotterdam 2004) 2 elementi su 3: - Alterazioni mestruali; - Segni clinici (irsutismo) o biochimici di iperandrogenismo: - Quadro ecografico di policistosi ovarica (presenza di >12 piccole areole transoniche, che rappresentano follicoli in arresto maturativo e/o aumento del volume delle ovaie >10 ml);

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Esclusione di iperplasia surrenale, Cushing, tumori surrenalici e ovarici secernenti androgeni (Rugarli). Se l’iperandrogenismo è insorto di recente ed è rapidamente progressivo si deve valutare la possibile presenza di un tumore invece che di PCOS. Dato che bastano solo 2 su 3 non necessariamente dobbiamo avere le cisti a livello ovarico. L’​ecografia è meglio farla transvaginale soprattutto se c’è obesità. Si fa durante il ciclo follicolare (3-5 giorno del ciclo), se non sempre presente si fa random. L’aspetto di ovaio policistico all’ecografia non è specifico e patognomonico, infatti il 30% donne affette non presentano aspetto ecografico di PCO e il 25-30% di donne normali presenta aspetto PCO. Tra i problemi di salute inerenti la PCOS: La donna ha problemi legati: - Cosmetica (per questo va dall’endocrinologo) con irsutismo, acne, alopecia androgenetica. - Fertilità (anovularietà), - Insulino resistenza (sindrome metabolica e malattie cardiovascolari). Se c'è obesità il quadro è più grave. Le alterazioni metaboliche sono: Alterazione della tolleranza ai carboidrati fino al diabete 2, aumento ldl, ipertrigliceridemie, sindrome metabolica.

Trattamento​: Prima di tutto la paziente deve apportare una modifica dello stile di vita con una dieta ipocalorica ed esercizio fisico perché migliorano insulino-resistenza. Negli obesi basta una riduzione di 500-1000 cal/die può ridurre il peso corporeo del 7-10% in un periodo di 6-8 mesi. Programma di gestione e supporto per i cambiamenti dello stile di vita è cruciale, molto più che non la composizione della dieta. L’individuazione del programma, follow up intensivo e supporto migliora la compliance del paziente. Esercizio fisico almeno 30 minuti al giorno, offre benefici migliorando le funzioni riproduttive. Il trattamento è diverso a seconda del desiderio della donna: - Alterazioni mestruale (estroprogestinici); - Irsutismo (antiandrogeni più estroprogestinici); - Infertilità (induttori dell'ovulazione come il clomifene citrato che aumenta i livelli di FSH. Circa l’80% delle donne trattate con clomifene citrato ovula. In caso di insuccesso si procede all’utilizzo di preparati di gonadotropine); - Insulino-resistenza (insulino sensibilizzanti come la metformina); - Obesità, dieta e attività fisica. Se la donna dovesse restare incinta gli androgeni possono alterare il differenziamento sessuale del feto. Per questo motivo si danno estroprogestinici perché si deve evitare che resti incinta.

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Irsutismo Sindrome caratterizzata dall’eccesso di peli in zone androgeniche (labbro superiore, mento, guance,petto, cosce, pube, linea alba). Definizione clinica di irsutismo: - Ferriman and Gallwey >10, in donne del mediterraneo (nel libro si trova se maggiore di 8); - Idiopatico, senza iperandrogenismo; - Irsutismo con iperandrogenismo moderato (PCO, CAH a insorgenza tardiva, Cushing, altro); - Con iperandrogenismo grave (tumore ovarico o surrenalico virilizzante). Lo Score di Ferriman e Gallwey è operatore dipendente si deve avere molta esperienza per eseguirlo correttamente. Esso permette una valutazione semi clinica quantitativa dell’irsutismo. Si guardano le varie aree androgeniche e si da un punteggio da 0 a 4. Si fa la somma di tutte e se questa è maggiore di 10 si dice che c’è irsutismo. I peli possono essere classificati come: - Vello: pelo sottile e liscio, non pigmentato e diffuso su tutta la superficie corporea. Già presente prima della pubertà; - Peli terminali: spessi e pigmentati, ruvidi, presenti in età prepuberale su cuoio capelluto e sopracciglia. Dopo la pubertà sotto l’influenza degli androgeni, si ha la trasformazione del vello in pelo terminale nelle regioni ascellare e pubica, in parte agli arti. Tra gli androgeni coinvolti nella trasformazione del vello in pelo terminale il DHT ha ruolo prevalente. Nell'anamnesi il medico deve indagare su: - Familiarità; - modalità insorgenza (se insorta in poco tempo è più forte il sospetto che possa essere un tumore); - caratteri delle mestruazioni (ci orientiamo verso ovaio policistico). All’esame obiettivo: - Peso, altezza (BMI), circonferenza vita; - indice di FG, - Acne, seborrea Tra le indagini di laboratorio e strumentali: - Ecografia pelvica (SOP); - LH/FSH/PRL (se presenti alterazioni mestruali); - Testosterone, androstenedione, DHEAs; - Progesterone. Irsutismo idiopatico: indagini normali in presenza di irsutismo; Irsutismo di origine ovarica: PCO, tumore ovarico secernente; Irsutismo di origine surrenalica: Cushing, PCO di origine surrenalica (1 o più androgeni elevati tra cui DHEA-S), Iperplasia surrenalica congenita (CAH con progesterone elevato);

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Testicolo Il testicolo è di forma ovoidale, ha un volume compreso tra i 15 e i 30 ml nell’adulto ed una lunghezza media di 4,5 cm. Normalmente è sito nella borsa scrotale, la quale funzione principale è quella di assicurare una temperatura di 2°C inferiore rispetto alla componente intraddominale per permettere la spermatogenesi. Il testicolo contrae rapporti posteriormente con il funicolo spermatico che permette il passaggio a strutture che ne assicurano la vascolarizzazione e l’innervazione. Le vie spermatiche non solo permettono il passaggio degli spermatozoi, ma fanno sì che essi vadano incontro ad un processo di maturazione con la capacitazione, ovvero la capacità di penetrare l’ovocita. Le ​ghiandole accessorie ​(vescichette seminali, prostata, ghiandole Bulbo uretrali) sono responsabili della produzione del liquido seminale. I testicoli hanno due funzioni: - Fertile, grazie alla produzione degli spermatozoi; - Sessuale, grazie alla produzione degli ormoni che permettono lo sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari, la funzione peniena ecc. L’unità anatomofunzionale è il lobulo, costituito da due componenti: - Tubulare​, di cui fanno parte le cellule del Sertoli, con funzione spermatogenica e le cellule germinali (funzione riproduttiva); - Interstiziale​, costituita dalle cellule del Leydig con funzione steroidogenica (produzione del testosterone e quindi funzione endocrina). Le ​cellule germinali più immature sono gli spermatogoni e si trovano a ridosso della parete delle cellule del Sertoli. Man mano che maturano, passando dallo stadio di spermatociti, spermatidi ed infine spermatozoi, si spostano verso il centro del tubulo. Le ​cellule del Sertoli sono delle cellule di supporto, strettamente adese alla membrana basale, con la quale formano la barriera emato-tubulare. La loro funzione è quella di creare l’ambiente adatto per la spematogenesi. Esse presentano recettori per FSH (induce e mantiene la spermatogenesi) ed il suo legame a recettori specifici determina la produzione di inibina B, la quale blocca la secrezione di FSH (inibita anche dagli steroidi gonadici, anche se si pensa che questo avvenga solo per dosi farmacologiche e non fisiologiche). Altro prodotto delle cellule del Sertoli è l’AMH (Ormone anti-Mulleriano) la quale funzione è quella di determinare l’involuzione dei dotti di Muller durante l’embriogenesi (permette la differenziazione in senso maschile). I suoi livelli sono alti fino alla pubertà e il suo declino all’inizio di essa è simbolo di attività locale del testosterone il quale agisce con feedback negativo (FSH con feedback positivo). Le cellule del Sertoli producono anche questa proteina ABP (proteina che lega gli androgeni) che fa sì che i livelli di testosterone nel testicolo siano maggiori rispetto a quelli circolanti. In sintesi, le cellule del Sertoli hanno funzione: - di sostegno, sostengono e proteggono le cellule durante la gametogenesi; - metabolica, forniscono elementi per la gametogenesi; - di regolazione, tramite la produzione ormonale. Le ​cellule interstiziali ​sono sparse tra i tubuli seminiferi. Presentano i recettori per LH. Sono responsabili del 95% della produzione di testosterone nell’individuo adulto, mentre la restante quota è prodotta a livello del surrene. Altri prodotti delle cellule interstiziali sono i due androgeni ‘’deboli’’ ovvero DHEA e androstenedione, la cui origine tuttavia è maggiormente surrenalica e di DHT diidrotestosterone, l’androgeno più potente prodotto per la maggior parte in periferia ad opera dell’enzima 5 ɑ-reduttasi (espresso a livello della prostata, tratto uro-genitale e della cute). Le cellule del Leydig producono anche piccole quantità di estrogeni, anche se la maggior parte di essi

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nell’uomo viene prodotto dell’enzima aromatasi (espresso nel tessuto mammario, adiposo, muscolare, cerebrale, epatico e scheletrico). Circa il 2% del testosterone è libero, il 38% legato all’albumina e il 60% alla SHBG. la quota libera è facilmente utilizzabile e viene rimpiazzata dalla quota legata all’albumina (quota libera + quota legata all’albumina = Biodisponibilità). La sintesi di SHBG viene stimolata dagli estrogeni ed inibita dal DHT e dal testosterone. Il testosterone ha un picco secretorio nelle prime ore del mattino e poi nella seconda parte della giornata. La produzione di testosterone da parte delle cellule di Leydig è promossa da LH, la quale secrezione viene inibita sia dal testosterone sia dall’estradiolo. Il testosterone penetra con meccanismo passivo a livello cellulare e qui può avere due destini: - Legame con recettore e formazione del complesso Testosterone recettore; - Essere ridotto a DHT e formare il complesso DHT-recettore. In entrambi i casi avremo la migrazione a livello nucleare e la sintesi di mRNA con successiva produzione di materiale proteico. Gli androgeni stimolano la sintesi proteica con positivizzazione del metabolismo azotato a livello muscolare (effetto anabolizzante) e stimolano il tessuto emopoietico (motivo per il quale gli uomini hanno più RBC delle donne). Il testosterone permette la differenziazione dei genitali interni dai dotti di Wolff durante la vita fetale e promuove la spermatogenesi, mentre il DHT è responsabile della differenziazione dei genitali esterni e della prostata durante la vita fetale. Entrambi permettono la maturazione dell’apparato genitale e lo sviluppo dei CSS (caratteri sessuali secondari) durante la pubertà. A livello osseo ha azione diretta, soprattutto nella prima fase della pubertà favorendo l’accrescimento staturale, e indiretta tramite la conversione in estrogeni da parte dell’aromatasi. Il testosterone influenza anche il comportamento del soggetto, aumentando la libido e al di fuori della sfera sessuale lo sviluppo di un atteggiamento competitivo e aggressivo, tramite l’azione sul sistema limbico. Ipogonadismi maschili Riduzione della funzione testicolare (ipogonadismo). Può essere o meno associata a ginecomastia. Distinguiamo forme primarie, dovute a patologia testicolare, associate ad ipergonadotropinemia e delle forme secondarie, associate ad ipogonadotropinemia, generalmente dovute a disfunzioni dell’asse. Entrambe comunque sono differenti dalle forme di ipogonadismo dovute a resistenza del recettore verso androgeni ed LH. L’ipogonadismo può essere globale se vi è interessamento della componente interstiziale e di quella tubulare, o può essere parziale con interesse della sola componente tubulare. L’ipogonadismo ipogonadotropo può essere congenito o acquisito. Le forme congenite sono quasi sempre dovute a deficit di GnRH, mentre le forme acquisite, più comuni, possono dipendere da masse sellari o da lesioni infiltrative e la maggior parte di esse sono definite idiopatiche. Possono anche essere dovute a malattie gravi croniche, stress, malnutrizione, obesità. L’ipogonadismo ipergonadotropo è legato principalmente a disgenesie gonadiche, alterazione della differenziazione dei genitali ed anomalie del cariotipo (Klinefelter e Noonan detta anche Turner Maschile).

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Ipogonadismo primario (o ipergonadotropo) • sindrome di Klinefelter (cariotipo 47XXY) e sue varianti • anorchia, criptorchidismo • difetti enzimatici (17a-idrossilasi, 17-chetoreduttasi) • sindrome a “sole cellule del Sertoli” (infertili, adeguato sviluppo CSS) • orchite post-parotitica, si può manifestare qualche giorno o settimana dopo l’infezione con rigonfiamento scrotale ed associarsi a sintomi come vomito, mal di testa e malessere generale. La sterilità è un evento raro. • iatrogeno (chirurgia, chemioterapia, radiazioni) • sindrome di Turner maschile (o S. di Noonan) • distrofia miotonica • altre anomalie della differenziazione sessuale maschile: femminilizzazione testicolare (sindrome di Morris); • deficit di 5a-reduttasi Ipogonadismo secondario (o ipogonadotropo) • Panipopituitarismo • Adenoma ipofisario, altri tumori ipotalamo-ipofisari • Iperprolattinemia • Sindrome di Kallman (deficit congenito di GnRH) • Thalassemia • Sindrome di Lawrence-Moon-Biedl (mutazioni del gene BBS5 ) • Sindrome di Prader-Willi-Labhart (delezione in q11 del cromosoma 15 paterno) • Altre rare sindromi ipotalamo-ipofisarie • Altre gravi malattie croniche (grave IRC, cirrosi epatica) Segni e sintomi Le manifestazioni variano a seconda del periodo di insorgenza. Nella vita fetale la carenza di androgeni provoca incompleta differenziazione dei genitali con pseudoermafrotidismo. L’insorgenza prepuberale potrà presentare dei segni premonitori come micropene e criptorchidismo che di per sé non sono comunque segni di deficit androgenico, mentre saranno assenti le alterazioni somatopsichiche tipiche del periodo. L’insorgenza nell’adulto può determinare dapprima un calo della libido ed in seguito disfunzione erettile. La prostata diminuisce velocemente di volume mentre la riduzione di volume di pene e testicoli è più tardiva. Si osserverà anche riduzione delle masse muscolari e innalzamento del tono della voce. Tra le complicanze a lungo termine la più temuta è l’osteoporosi. I segni dell’ipogonadismo maschile: - ​Eunucoidismo​: - Volto infantile; - Scroto e pene infantili; - Mancata comparsa dei peli nelle zone androgene; - Voce a tonalità alta; Mancato sviluppo della prostata; - Assenza della libido; - Mancato incremento staturale.

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-Ginecomastia ​(presenza di tessuto mammario) presente soltanto in alcune forme (Klinefelter, Reifenstein); -Volume testicolare ridotto​; -Peli sul corpo e scarsi/assent​i; -​Alterazioni antropometriche, ​Apertura delle braccia superiore all’altezza (almeno 5 cm), con segmento corporeo inferiore più lungo del superiore; -​Ipotrofia muscolare​ evidente agli arti; -​Disposizione ginoide del grasso​ (ai fianchi); Nella sindrome di Kallmann è caratteristica l’​iposmia/anosmia​ per le sostanze fortemente odorose. Laboratorio​; Ci concentriamo su: FSH, LH, PRL, esame del liquido seminale (ove possibile e/o opportuno).

Anorchia congenita​: Mancano i testicoli a causa di un evento lesivo che colpisce il testicolo fetale dopo la 16ma settimana. Prende il nome anche di vanishing testis, ad indicare un testicolo inizialmente normale e poi sparito. I pazienti fenotipicamente sono maschi e hanno uno sviluppo normale. L’assenza di testicoli viene inizialmente intesa come criptorchidismo, ma all’esplorazione chirurgica non si rileva presenza del testicolo. Il testosterone è bassissimo e non responsivo a stimoli con gonadotropine corioniche mentre LH ed FSH sono alte. Questi soggetti possono presentare anche dei peli perché il testosterone viene prodotto anche a livello della surrenale.

Klinefelter. È stata descritta per la prima volta nel 1942 come una entità clinica caratterizzata da: - Ginecomastia; - Testicoli piccoli e duri (tubuli sostituiti da tessuto fibroso) che contrastano con un pene normale; - Spermatogenesi assente; - Elevata statura con notevole velocità di crescita tra i 5 e gli 8 anni; - Problemi cognitivi; - Normale o ridotta funzione delle cellule del Leydig; - Aumento dei livelli di FSH. È la causa genetica più comune di infertilità maschile. L’80% dei maschi affetti presenta la forma classica mentre il 20% ha mosaicismo. La diagnosi di certezza con cariotipo e nella forma classica è 47XXY. Il fatto che ci sia una x in più, fa funzionare meno il cromosoma y e da quindi infertilità, anche se nelle forme con mosaicismo la fertilità può essere conservata e i sintomi i generale sono meno gravi. Le tecniche di fecondazione assistita hanno migliorato la fertilità dei pazienti: TESE (preleva gli spermatozoi anche forme meno mature tramite biopsia) e ICSI (lo spermatozo viene inoculato dentro l’ovocita).

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Laboratorio In fase prepuberale i livelli di LH ed FSH sono normali e poi aumentano fino al grado di ipergonadotropia mentre il testosterone dopo un iniziale aumento raggiunge un plateau e successivamente i livelli saranno bassi. Se analizziamo il liquido seminale notereo azoospermia (pochi spermatozoi). Alcuni spermatozoi possono completare il processo di maturazione, ma avremo un rischio elevato di alterazioni genetiche. Esame del liquido seminale​ – ​parametri normali (si effettua dopo un periodo di astinenza dai rapporti sessuali di 3-4 giorni) • volume >1.5 ml • pH 7.2-8.0 • concentrazione spermatozoi >20 x 106/ml • motilità >50% alla 2a h • motilità valida >25% del totale • morfologia >20% forme tipiche • concentrazione leucociti <1 x 106/ml • spermioagglutinazioni assenti • parametri biochimici utili: fruttosio (vescicole seminali); acido citrico, fosfatasi acida, zinco (prostata) glicerilfosforilcolina, carnitina (epididimo) PgE1 + PgE2 (prostata, vescicole seminali). Terapia La terapia sostitutiva è con testosterone e se c’è ginecomastia si opera.

Sindrome di Turner maschile o Sindrome di Noonan Cariotipo 46XY. Dovuta a mutazioni del gene PTPN11. Il fenotipo ricorda quello della S. di Turner (vedi sopra). Spesso presente criptorchidismo, ipoplasia testicolare, aplasia germinale, deficit androgenico puberale.

Distrofia Miotonica Testicoli piccoli e molli per distruzione completa o parziale delle cellule germinali con sclerosi tubulare e ialinizzazione peritubulare. Cellule di Leydig normali ma funzione compromessa. Presenza di calvizie, cataratta, affaticabilità muscolare.

Sindrome di Morris (Sindrome da resistenza agli androgeni o sindrome delle belle donne) Cariotipo: 46XY Difetto congenito del recettore per gli androgeni. Disturbo della differenziazione sessuale con Pseudoermafroditismo maschile: Presenza di testicoli bilateralmente (inguinali o addominali), genitali esterni femminili (assenza di ovaie). Livelli di testosterone normali/alti per sesso maschile ma LH ed estradiolo ridotti rispetto al fenotipo. Ginecomastia. Data l’assenza di responsività periferica al testosterone, si avrà una elevata secrezione di GnRH e quindi di LH con massiccia stimolazione delle cellule del Leydig. Queste oltre a produrre testosterone producono in minima parte anche estrogeni. La particolarità sta nel fatto che mancando completamente il meccanismo di feedback negativo, una secrezione elevata di LH porta

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l’estradiolo prodotto a diventare biologicamente importante, influenzando in senso femminile l’individuo. Infatti alla nascita non vi sarà nessun sospetto e la patologia può essere individuata quando i testicoli presenti nel canale inguinale vengono scambiati per un’ernia inguinale e quindi ritrovati durante l’operazione. L’attenzione del medico viene richiamata quando in età puberale non vi è il menarca. Nonostante l’assenza dei cicli si ha comunque uno sviluppo ginoide completo sia dal punto di vista somatico (disposizione adipe e sviluppo della mammella) sia psicologico. Il soggetto avrà un aspetto tipicamente femminile fatta eccezione per l’assenza o la ridotta presenza di peli a livello ascellare e pubico. Dato che le gonadi possono andare incontro a degenerazione neoplastica (al pari del criptorchidismo) si sceglie di asportarli (si preferisce sempre dopo la pubertà).

Ipogonadismo secondario (ipogonadotropo) Sindome di Kallmann caratterizzata dalla mutazione del gene KAL (cromosoma x) che codifica per l’anosmina, la quale media la migrazione degli assoni olfattivi e dei neuroni GnRH secernenti durante la vita embrionale verso il bulbo olfattivo e l’ipotalamo. Nella forma completa: - Infantilismo sessuale; - Mancata maturazione sessuale; - Assenza dei CSS:, - Bassi valori di LH ed FSH; - Ipo/anosmia. Importante: ​in generale la terapia con testosterone permette di indurre e mantenere i caratteri sessuali secondari e la funzione sessuale, ma non ripristina la fertilità. La terapia con gonadotropina è necessaria ed avrà maggiore effetto se eseguita precocemente in terapia combinata con testosterone. Prima di iniziare il protocollo terapeutico è necessario eseguire uno screening prostatico.

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Endocrinologia - Lezione 8 Pubertà È il periodo di transizione dall’età infantile a quella adulta. Vi sono una serie di cambiamenti che riguardano non solo la maturazione delle gonadi e dei caratteri sessuali secondari ma anche l’aspetto psicologico. Essa è caratterizzata da: - Maturazione delle gonadi; - Maggior rapidità di accrescimento; - Sviluppo dei caratteri sessuali secondari (CSS); - Acquisizione di capacità procreativa. Nei paesi industrializzati si verifica tra i 10 e 14 anni. La malnutrizione o alcune condizioni come l’obesità grave, ne ritardano l’inizio, mentre l’obesità lieve sembra anticiparla di poco. L’aspetto nutrizionale ha un ruolo importante nell’avvio della pubertà, ma la componente maggiore è di tipo genetico, infatti è da valutare in anamnesi anche l’inizio di questa nei genitori. L’evento che da inizio dal punto di vista ormonale della pubertà è l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, grazie al centro nervoso generatore della pulsatilità (Pulse Generator) che si trova nel nucleo arcuato dell’ipotalamo, sensibile al feedback esercitato dagli ormoni sessuali e dall’inibina che influenzano l’ampiezza e la frequenza dei picchi secretivi di GnRH. Questo sistema è attivo durante la vita fetale e nella prima infanzia (sino ai 2 anni circa) dove comunque la secrezione è di tipo continuo, successivamente riduce la sua attività (pausa giovanile). Si riattiva all’avvicinarsi della pubertà inizialmente con una secrezione pulsatile notturna che si estende successivamente nell’arco delle 24 ore a maturazione sessuale raggiunta (circa 12 picchi di LH/die), attivando così l’asse. La conseguente attivazione delle gonadi, provoca un aumento di androgeni ed estrogeni, che raggiungono una concentrazione sufficiente ad influenzare a livello ipotalamico il centro di controregolazione negativo (Nota bene, la secrezione continua di GnRH come avviene durante l’infanzia, inibisce l’asse, non lo attiva. Vedi lez 4). In tal modo si stabilisce l’equilibrio tipico dell’adulto in cui il feedback negativo è sempre operante a un livello più elevato. Negli stadi finali della pubertà (più o meno rapidamente dopo il menarca) nella femmina si sviluppa il meccanismo di feedback positivo tra estrogeni ed LH indispensabile per rendere i cicli mestruali ovulatori. ​Immagine: Se andassimo ad effettuare dei prelievi seriali di LH, noteremo come nel periodo prepuberale, troveremo delle concentrazioni simili, senza differenze tra notte e giorno. Già a metà della pubertà vediamo dei picchi durante la notte, che man mano che procede il periodo si fanno più alti finché non aumentano di ampiezza e coinvolgono anche il giorno. Fattori influenzanti lo sviluppo Tra i fattori che influenzano la maturazione del pulse generator, vi è la leptina, ormone prodotto dagli adipociti. La presenza dell’ormone indica che vi sono le riserve energetiche e che la donna è pronta a poter portare avanti una gravidanza, è quindi come un segnalatore di benessere. In entrambi i sessi i livelli di leptina aumentano infatti subito prima dello sviluppo puberale.

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La natura è fatta in modo tale che in condizione di malattie importanti, croniche o profondo stress, la procreazione venga meno in modo tale da preservare la specie. Le donne sviluppano prima, circa due anni, rispetto ai maschi per motivazioni genetiche.

Definizioni importanti Adrenarca: Aumento degli androgeni di origine surrenalica. Circa 2-3 anni prima della pubertà, con meccanismi ancora non ben compresi, la corteccia surrenalica aumenta la secrezione di DHEA (deidroepiandrosterone), DHEA-S, e D4-androstenedione. Questi sono tutti androgeni deboli ma sono proprio loro i responsabili della comparsa dei peli pubici e ascellari. Pubarca:​ è la comparsa dei peli pubici. Ircarca:​ comparsa dei peli ascellari Telarca: ​sviluppo mammario Menarca: ​prima mestruazione. Nella ​femmina ​il primo segno della pubertà è l’accrescimento staturale (spurt puberale) che però se non monitorato costantemente è difficile da evidenziare pure per i genitori. Infatti viene considerato come primo segno di pubertà lo sviluppo della ghiandola mammaria (telarca) determinato principalmente dagli estrogeni ovarici, responsabili anche dello sviluppo dei genitali interni. Lo sviluppo pilifero pubico inizia qualche mese più tardi e si completa dopo circa 2 anni. A pubertà istituita (pubarca 4), circa due anni dopo lo sviluppo mammario compare il menarca (prima emorragia nella donna) ad un'età media di 12-13 anni. I primi cicli sono spesso anovulatori, infatti fare diagnosi di PCOS in questa fase è difficile. Lo scatto staturale (spurt puberale) è ravvicinato allo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e avviene in una fase precoce rispetto al maschio. Nel ​maschio il primo segno di sviluppo puberale, oltre allo spurt, è l’aumento del volume testicolare (> 4ml), grazie allo sviluppo dei tubuli seminiferi e solo in piccola parte all’aumento delle cellule del Leydig, che mediamente si verifica tra gli 11 ei 12 anni. Accanto a questo, aumenta anche la pigmentizzazione a livello scrotale. L’accelerazione della crescita è preceduta dallo sviluppo pilifero pubico che, da un’iniziale distribuzione triangolare, nel corso di 4-5 anni si distribuisce a losanga. Lo sviluppo dei peli ascellari inizia circa 2 anni dopo rispetto alla comparsa dei primi peli pubici. Gli altri CSS si sviluppano in tempi diversi da soggetto a soggetto. Lo spurt puberale è più tardivo rispetto alla femmina. Pubertà Precoce Parliamo di pubertà precoce quando la comparsa dei caratteri sessuali secondari ad un’età: - < 9 anni nel maschio; - < 8 anni nella femmina. Si devono dinstingere: - Pubertà precoce vera ​(o GnRH-dipendente). ​È dovuta ad una prematura attivazione dell’asse Ipotalamo-ipofisi-gonadi, quindi vi è un aumento delle gonadotropine. Può essere idiopatica (sporadica o familiare) oppure secondaria a disordini del SNC (neoplasie, meningiti, traumi, idrocefalo, craniofaringioma) cioè tutto ciò che può fare attivare l’asse; Nelle femmine si osservano sviluppo mammario e dei peli pubici che generalmente rimangono solitari e possono rimanere tali per più di un anno. Nei maschi si ha aumento del volume testicolare. Entrambi i sessi sono

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caratterizzati da un spurt precoce rispetto e quindi ad un iperstaturalismo rispetto alla fascia di età che, a causa della saldatura delle cartilagini di coniugazione, risulterà in una bassa statura finale. La diagnosi viene posta grazie al fatto che i livelli di gonadotropine e steroidi sessuali sono aumentati rispetto all’età cronologica e la risposta delle gonadotropine alla stimolazione con GnRH è di tipo puberale; Pseudopubertà precoce (o GnRH-indipendente)​, non c’è attivazione che dipende dal GnRH quindi è indipendente, le gonadotropine non vengono dall’ipofisi ma da una sede ectopica. Questa produzione ectopica può essere dovuta ad un tumore secernenti hCG (human gonadotropin), alla produzione di ormoni sessuali dal testicolo, ovaio o dal surrene in maniera autonoma a causa di tumori, o a sindromi adrenogenitali (CAH). Quindi GnRH è basso così come le gonadotropine. La produzione di steroidi sessuali provoca manifestazioni in genere molto evidenti di maturazione sessuale, caratterizzate dal contrasto tra CSS e sviluppo delle gonadi. L’eccesso di ormoni gonadici in circolo inibisce la secrezione di gonadotropine e inibisce lo sviluppo delle gonadi, si ha pertanto infertilità con anovularietà nelle femmine e azospermia nel maschio. Pseudopubertà precoce incompleta ​(Rugarli)​, è caratterizzata da un’aumentata responsività di alcuni tessuti periferici agli ormoni sessuali presenti in quantità fisiologiche. È caratterizzata dalla presenza di segni di sviluppo isolati. Queste vengono considerate come anomalie dello sviluppo prive di importanza clinica.

Ritardo costituzionale della pubertà Si parla di ritardo di pubertà quando la maturazione avviene: - > 15 anni nei maschi; - > 14 anni nelle femmine. L’orologio biologico del programma puberale e tutti gli eventi ad esso collegati sono posticipati di circa due anni. Non è una condizione patologica ma è solamente un ritardo, con successivo sviluppo normale. Bisogna riconoscerla perché spesso sono gli stessi bambini che si vedono più piccoli rispetto ai coetanei, con possibili ripercussioni dal punto di vista psicologico, e si preoccupano chiedendo ai genitori di indagare. In questi casi bisogna solo aspettare. Il grado di sviluppo dei CSS viene valutato secondo la Scala proposta da Tanner -B1, è lo stadio infantile, -B2, è proprio l’inizio nella femmina, con rigonfiamento del bottone mammario che si apprezza l’inizio nello sviluppo della ghiandola B3 a B5 che è la forma a pubertà completa, si ha lo sviluppo della ghiandola con l’inizio dell’areola, del capezzolo che si stacca.

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Questi stadi sono importanti perché si deve sempre valutare lo stadio di sviluppo puberale. Quello che succede durante la pubertà è che aumenta la velocità di crescita. Si valuta prendendo l’altezza in varie volte e si valutano i cm/anno, quindi sono necessarie almeno 2 valutazioni con distanza di 6 mesi. La velocità di crescita varia a seconda dell’epoca. La maggiore non è quella che si ha durante la pubertà bensì quella del primo anno di vita post uterina (durante la vita intrauterina l’accrescimento fetale è quello maggiore in assoluto). Nel secondo anno di vita resta comunque alta, ma diminuisce. Man mano che si va avanti si riduce e resta in media 6-7 cm anno. Si avrà poi uno scatto durante la pubertà. Normalmente lo spurt puberale avviene, come precedentemente detto, prima nella femmina, ma allo stesso modo si arresta prima e quindi la crescita annua e la statura saranno minori rispetto al maschio (ricordasi l’effetto estrogenico sulla saldatura delle cartilagini metafisarie). Quando rileviamo il primo segno di pubertà nel maschio, ovvero l’aumento volumetrico dei testicoli, siamo ancora nella fase iniziale della pubertà. Solitamente se alla femmina si chiede l’età del menarca per valutare l’età dello sviluppo, nei maschi si chiede quando quando è avvenuta la prima rasatura della barba, anche se già siamo nella fase calante della pubertà, prendiamo comunque questa età. Se andiamo a guardare la femmina vediamo che la comparsa del bottone mammario è abbastanza precoce rispetto alla mestruazione, e quando compare il menarca già siamo nella fase di diminuzione della fase di crescita che poi si ridurrà ulteriormente.

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Per valutare la crescita di un bambino, valutiamo 6 parametri: - Altezza dei genitori​, dobbiamo calcolare il bersaglio genetico del bambino; - Epoca di sviluppo puberale dei genitori; - Età anagrafica; - Età staturale su carte auxologiche​: età corrispondente al 50° percentile per quella altezza. Non è detto che il bambino che stiamo valutando abbia un’altezza relativa alla propria età. 50° percentile vuol dire che il 50% dei bambini di quell’età sono sotto quella curva. Valutando l’altezza, si traccia una retta dal 50° percentile e si va a congiungere con l’età anagrafica del bambino e non è detto che coincida. Curva tra maschio e femmina è diversa; - Età scheletrica; - Velocità di accrescimento​, quindi l’intervallo di crescita con almeno 2 misurazioni in 6 mesi. Il ​bersaglio genetico​ si ottiene facendo

Altezza dei genitori 2

± 6, 5 .

Questo ci serve quando abbiamo una condizione patologica, trattiamo e dobbiamo porci qual è l’obiettivo e quindi avvicinarsi al bersaglio genetico. Se uno si fa i conti con i propri genitori si accorge che c’è qualcosa di differenza per vari fattori come ad esempio l’attività fisica che aumenta il GH, la nutrizione, il fumo ecc. Per calcolare bene l’altezza utilizziamo lo stadiometro, si fa attenzione che le gambe siano tese e che le caviglie siano adese alla tavola. Si mette la testa in modo tale che se tirassimo una linea dall’angolo dell’occhio, essa deve arrivare in perpendicolare sulla tavola dello stadiometro. Si fanno fare espirazione ed inspirazione e si prendono 3 misurazioni per essere certi della misura esatta. È importante anche il momento in cui si fa la misurazione, perché se si misura la mattina il soggetto si dovrà sempre misurare di mattina, perché durante la giornata si ha l’accorciamento delle vertebre dovuto alla forza di gravità. In generale resta comunque preferibile misurare l’altezza di mattina. Età scheletrica è l’età delle ossa. Si fa una rx della mano sx e si valuta che età ha la mano attraverso la ricerca dell’ossificazione dei nuclei del carpo. Esistono degli atlanti ma anche dei sistemi più avanzati e si fa il paragone per valutare a che età corrisponde il nucleo di ossificazione. Le cartilagini del metacarpo e delle falangi, sono quelle più scure che quando si saldano diventano bianche e non ci sono più. Attraverso l’analisi del polso e della mano valutiamo quindi l’età ossea. Oltre questi due si

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possono valutare le cartilagini a livello del ginocchio, soprattutto per vedere se ci sono ancora margini di crescita essendo questa l’ultima cartilagine che si chiude. ​Consiglio: Quando si fa l’rx per l’età ossea in un reparto di radiologia, loro danno indicazioni ma lo fanno con dei programmi al pc che non sempre corrispondono al vero (sono grossolani) e quindi quando si fa rx è bene valutare sempre con l’atlante perché dobbiamo essere molto certi.

Cause di ipostaturalismo - 1/3 dei casi è dovuto al ritardo di crescita; - La bassa statura familiare è la causa più frequente. Dipende dal fatto che i genitori sono bassi. Tra le condizioni patologiche: - Anomalie cromosomiche​ (turner, Down, Prader-WIlli); - Cattivo sviluppo intrauterino​. In questo caso i fattori possono essere tanti come deficit di vascolarizzazione della placenta, abuso di sostanze (alcol, fumo, droghe), patologie durante la gravidanza di stampo infettivo. In generale quindi qualsiasi cosa che ha effetto sull’utero e quindi sul bambino; - Disordini endocrini (circa il 15% delle cause di ipostaturalismo). ​Il dato numerico è un po’ antiquato, ma anche se arrivassimo al 25% vuol dire che molti dipendono da cause endocrine, ma non tutti e quindi prima di valutare questa ipotesi dobbiamo escludere le due varianti normali e le altre cause​; - Il ​malassorbimento ​determina un’alterazione della crescita, prima fra tutte la celiachia quando ancora non è diagnosticata. Una dieta priva di glutine permette di superare il problema; - Anomalie rare della cartilagine e dell’osso (acondroplasia)​; - Gravi malattie sistemiche renali o cardiache​. In generale qualsiasi malattia del bambino ha effetto sulla crescita: - Cause psicologiche​ come ad esempio il Maltrattamento o in generale lo stress.

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Ipostaturalismi Endocrini. Deficit di GH/IGF-1 ​(il più frequente tra questi); Ipotiroidismo; Terapia cortisonica prolungata; Pubertà precoce (varie cause); Diabete mellito scompensato; pseudoipoparatiroidismo.

L’ipostaturalismo e il suo grado è diverso a seconda se il difetto è parziale o totale e se siano coinvolte o meno altre tropine (ipogonadismo o ipotiroidismo). Nella maggior parte dei casi prevalgono forme idiopatiche e genetiche (mutazioni sull’ormone, sul recettore, sulla sintesi o sulla struttura chimica). In entrambi i sessi sia GH che gli steroidi svolgono un ruolo importante nell’aumento della velocità di crescita durante la pubertà. Anche gli ormoni tiroidei sono importanti, infatti seppure in presenza di una normale secrezione di GH e ormoni gonadici, gli ipotiroidei non hanno lo spurt puberale. Nel caso di deficit endocrini, l’età staturale quella cronologica saranno molto distanti.

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Esempio clinico. Anna entra in ambulatorio, ha un altezza di cm 98 e peso di 21 kg. Ha 3 anni di età staturale mentre lei ne ha 7 anagraficamente. Dal punto di vista dell'anamnesi dei genitori è tutto nella norma (quindi nulla di genetico). Non esiste nessuna malattia. Il ritardo genetico di crescita lo escludiamo per i genitori. Ci orientiamo sulle patologie endocrine perché la distanza tra età anagrafica ed ossea è troppo elevata. Deficit di GH Il quadro clinico variabile a seconda dell’eziologia, dall’età di insorgenza, dal grado del difetto (totale o parziale) e dalla sua associazione con deficit secretivi di altre tropine ipofisarie. La maggior parte dei deficit non è dovuta a processi patologici malformativi documentabili a carico di ipofisi o ipotalamo ma a forme idiopatiche. Ci sono anche delle forme genetiche con mutazioni a carico di GHRH, gene del GH, GH-R, geni per la sintesi di IGF-1). Nel deficit di GH i neonati hanno un peso e una lunghezza appropriata per l’epoca (AGAAppropriate Gestational Age) e questo conferma che GH ed IGF-1 durante la vita fetale hanno un ruolo marginale mentre sono importantissimi IGF-2 ed insulina. . Posso fare insospettire il pediatra: - Velocità di crescita molto inferiore alla norma dopo 6-12 mesi; - Episodi ipoglicemici a digiuno nei primi 6 mesi di vita. Questi sono difficilmente trattabili tendono a ridursi e scomparire tra il 2° e il 5° anno di vita; - Chiusura tardiva della fontanella anteriore; - Pannicolo adiposo ben sviluppata soprattutto ai fianchi e in addome per mancanza dell’effetto lipolitico del GH. - Età ossea molto ritardata rispetto all’età anagrafica (valutazione rx radio-carpica). - Rapporto è di tipo armonico (nanismo ipofisario). Diagnosi Prima cosa dobbiamo escludere le altre cause (es. Celiachia, ipotiroidismo, diabete, malattie renali) che sono più frequenti. Se sono già state escluse, facciamo dei test: - Livelli di IGF-1 ridotti per l’età e stadio puberale; - Risposta ridotta o assente del GH ad almeno 2 test di stimolo (ipoglicemia insulinica, argininica, clonidina). Per poter prescrivere il GH sono necessari due test concordanti; - RMN ipotalamo-ipofisi per escludere cause organiche; - Studio degli altri assi ipotalamo-ipofisari per differenziare tra deficit isolati e combinati. La​ terapia sostitutiva​ si fa con il GH ricombinante finché : - Bersaglio genetico raggiunto (anche se può non arrivarci); - Velocità di crescita si riduce, perché se questa resta sotto 2-1.5 cm/anno è molto probabile che non cresca più. Si fa rx di conferma al ginocchio. La terapia andrebbe terminata al raggiungimento di questi obiettivi, però chi ha deficit di GH totale può avere un beneficio con una terapia continuativa grazie ai vantaggi anche a livello cardiovascolare (se il deficit è parziale si deve valutare la terapia in età adulta).

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Nanismo di Laron È una forma un po’ più rara del deficit di GH. Essa è una sindrome da resistenza ormonale dovuta a mutazioni del recettore di GH (GH-R). È molto frequente tra gli ebrei sefarditi e i peruviani (​Secondo l’ipotesi del prof.Longo, questi soggetti a causa del deficit recettoriale e dei bassi livelli di IGF-1 sarebbero meno propensi allo sviluppo di tumori, si attendono maggiori approfondimenti a riguardo)​. I soggetti con sindrome di Laron hanno alla nascita peso e lunghezza normali. Diagnosi In questa forma il GH è ovviamente alto ma troviamo basso IGF-1 (viene sempre valutato per età e per sesso con i proprio valori di riferimento) che non aumenta dopo test di stimolazione con GH (livelli bassi di IGFBP-3). Trattamento Terapia con IGF-1 e non GH. Per la mancanza di IGFBP-3, per la difficoltà di somministrare dosi ottimali di IGF-1, la risposta terapeutica è incompleta. Ipotiroidismo Congenito AGA alla nascita, ritardata chiusura delle fontanelle, relativa brevità degli arti rispetto al tronco (nanismo disarmonico). L’avvento delle screening neonatale, rapida diagnosi e trattamento con Tiroxina precocemente, ha ridotto i casi di ipostaturalismo per questa causa. Ipotiroidismo Acquisito In fase evolutiva può determinare ipostaturalismo ed essere di difficile individuazione. Il pediatra se ne ne deve accorgere quando: - Il bambino è svogliato; - Meno concentrato; - Sente sempre freddo; - Cresce poco; - Tendenza al sovrappeso; - Stipsi; - pallore. Ipostaturalismo da Diabete Mellito Scompensato Oggi è difficile da trovare, ma è caratterizzato da questa triade: - Diabete scompensato in età evolutiva; - Epatomegalia importante; - Ipostasturalismo. Le cause non sono note, c’è sicuramente una malnutrizione mentre l’asse GH/IGF-1 non sembra compromesso. L’ipostaturalismo non sembra dovuto al deficit di GH a causa dell’iperglicemia. Si corregge correggendo lo sviluppo glicemico.

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Pseudoipoparatiroidismo È una resistenza al PTH per mutazione della subunità ɑ delle proteine G accoppiate al recettore. Il soggetto sarà caratterizzato da bassa statura lievemente disarmonica per brevità degli arti e del IV e V metacarpo. Spesso sono coinvolti tutti gli ormoni i cui recettori sono accoppiati a proteine G (TSH, LH, FSH, ACTH, ecc). Essendo una resistenza al PTH esso è alto ma c’è comunque una ipocalcemia ed una ipofosfatemia.

Cause psicologiche (abuso psichico/fisico) In questo caso si parla di un deficit di crescita ma non dello sviluppo puberale. Il deficit di GH è isolato, infatti vediamo questi bambini che sono più piccoli ma con sviluppo puberale partito. Le cause e i meccanismi del deficit isolato di GH non si conoscono. La terapia sostitutiva con il GH ha un certo beneficio nell’immediato ma non nel lungo termine. Se a questi bambini non si toglie il motivo psicologico, avranno alla fine un’altezza minore rispetto a quella bersaglio. Si deve rimuovere la causa per avere l’effetto totale. Ritardo costituzionale di crescita In questo caso vi sarà familiarità per pubertà ritardata. La curva di crescita sarà rallentata fino alla comparsa della pubertà. La velocità di crescita è normale bassa. Cosa importantissima è che l’età staturale e l’età ossea hanno lo stesso ritardo. Caso clinico. Vincenzo ha un’altezza di 137 cm e pesa 35 kg. La velocità di accrescimento è di 4,5 cm/anno, mentre dovrebbe essere 6 cm/anno, non ha nessuna patologia degna di nota e fa tennis. L’anamnesi familiare psicologica è normale. La madre ha avuto una pubertà ritardata (menarca a 15 anni) mentre il papà normale. L’età staturale è un po’ più di 10 anni, quindi c’è un ritardo rispetto a quello che ci aspettiamo. Ci orientiamo su un ritardo costituzionale di crescita. L’età ossea e quella staturale hanno lo stesso ritardo (qui sono simili quindi non ci aspettiamo un problema ormonale). Bassa statura familiare Esiste una familiarità per la bassa statura. La curva di crescita parallela ma inferiore al 3° percentile (ritardo staturale). La velocità di accrescimento è normale/bassa. Cosa importante è che l’età ossea corrisponde all’età cronologica.

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Endocrinologia - lezione 5 Patologie della Tiroide Anatomia La tiroide è una ghiandola costituita da due lobi, destro e sinistro, uniti da una interconnessione che si chiama istmo, il quale si trova anteriormente alla cartilagine cricoidea. Le dimensioni dei lobi corrispondono generalmente all’ultima falange del pollice del soggetto esaminato e globalmente la tiroide pesa 15-20g. Nella faccia posteriore della tiroide sono allocate le 4 ghiandole paratiroidi. La tiroide completa si forma alla ventesima settimana di vita intrauterina. Avremo dei recettori per gli ormoni tiroidei nel cervello che però durante la vita embrionale derivano dalla madre, quindi è importantissima la dieta della madre durante la gravidanza. A livello tiroideo distinguiamo due tipi cellulari: - cellule follicolari​, le quali si trovano attorno ad una cavità centrale detta follicolo tiroideo. All’interno del follicolo si deposita una sostanza molto densa chiamata colloide, dentro la quale si trova la tireoglobulina; - cellule parafollicolari ​o ​cellule C​, producono calcitonina. Metabolismo dello Iodio Al giorno d’oggi si parla molto di iodio profilassi per prevenire le patologie legate alla sua carenza. Oggi questo problema è ridimensionato rispetto al passato, dove una volta a causa della carenza di tale elemento, soprattutto nei paesi dell’entroterra, dilagavano patologie tiroidee come il gozzo o alcuni noduli. Nella nostra regione i nostri focolai di endemia gozzigena li abbiamo riscontrati soprattutto nelle zone interne della Sicilia, tutta la zona dei Nebrodi e delle Madonie. Lo stesso fenomeno, se andiamo fuori dalla nostra regione è molto spiccato nelle Alpi e negli Appennini. questo è dovuto alla grande distanza dal mare, il luogo più ricco di iodio, e nell’assenza a tavola di sale iodato. Lo iodio per evaporazione passa dal mare all’atmosfera e quindi attraverso le precipitazioni atmosferiche ritorna nel suolo. Dal suolo va a finire nelle acque, laghi e fiumi ed è quindi chiaro che gli stessi elementi di cui ci nutriamo, animali e vegetali che siano, sono tanto più ricchi di iodio quanto più ci troviamo in prossimità di zone marine, viceversa saranno tanto più poveri di iodio quanto più quella zona geografica si trova distante dal mare. Gli alimenti più ricchi di iodio sono quindi il pesce o la carne ma altre fonti di iodio possono essere anche composti iodati quali farmaci (antiasmatici, antisettici locali), additivi chimici o coloranti come Eritrosina (E127), mezzi di contrasto usati nelle TC. Questi elementi hanno aumentato notevolmente l’apporto di iodio, la cosiddetta “​iodoprofilassi silente​” (diversa da quella attiva). Uno dei farmaci antiartimici più utilizzati, l’amiodarone, contiene elevate quantità di iodio ed il 15% circa dei pazienti svilupperà una patologia da eccesso di iodio (nel resto, 85% casi, non succede perchè la tiroide ha dei buoni meccanismi di autoregolazione). L’apporto iodico giornaliero raccomandato da WHO, UNICEF ed ICCIDD) varia in base alla fascia di età: - 90 µg nei bambini in età prescolare; - 120 µg nei bambini in età scolare; - 150 µg negli adulti; - 250 µg nelle donne in gravidanza ed allattamento. Lo iodio introdotto con la dieta (circa 500 µg) viene in parte captato dai tireociti mediante un trasporto attivo contro gradiente di concentrazione da parte della proteina NIS (Na I symporter),

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permettendo di raggiungere concentrazioni endocellulari di iodio di circa 20-50 volte maggiori rispetto alla controparte plasmatica. Questo meccanismo permette alla tiroide di sintetizzare gli ormoni anche in periodo di privazione. La quasi totalità (488 µg) viene eliminato con le urine e soltanto una minima parte viene eliminato con le feci. La quantità di iodio che l’individuo urina (ioduria) è per certi versi proporzionale alla quantità di iodio che ha ingerito. Se volessimo valutare in una popolazione se presente una carenza di iodio, preleveremo un certo numero di campioni di urine e doseremo la ioduria: Se questa è bassa indirettamente capiremo che l’assunzione di iodio in quella zona è bassa. Negli studi sulla popolazione, la ioduria è uno degli elementi più importanti per dire se quella popolazione è esposta o meno a una condizione di carenza iodica, non viene invece usata per valutare la concentrazione di iodio nel singolo soggetto perché influenzata da una serie di fattori individuali. Produzione ormoni tiroidei - Il primo step nella sintesi degli ormoni tiroidei è la captazione dello Iodio inorganico nelle cellule follicolari. Come già detto, avviene un trasporto attivo (ATP-dipendente) stimolato dal TSH (tireotropina). La proteina vettrice prende il nome di NIS. - A questo punto, lo Iodio deve essere organificato attraverso la perossidasi tiroidea (TPO). Come è possibile vedere dalla figura, questo processo avviene a livello apicale. - Lo iodio ossidato, sempre grazie all’azione delle TPO, viene a contatto con le molecole di tirosina per formare i precursori MIT e DIT. Nella terapia dell’ipertiroidismo uso dei farmaci che bloccano le perossidasi (metimazolo, propiltiouracile) inibendo la sintesi degli ormoni. Per bloccare i sintomi invece utilizzo i Betabloccanti perché l’azione degli ormoni tiroidei è mediata dalle catecolamine. -Gli ormoni tiroidei T3 e T4 derivano dalla coniugazione ossidativa di MIT e DIT (MIT + DIT = T3…. DIT + DIT = T4), processo sempre catalizzato dalla TPO. T4 e T3 vengono incorporate nella molecola di tireoglobulina. La Tireoglobulina (tg) si accumula nel lume follicolare e rappresenta il 95% delle proteine della colloide. Essa rappresenta un'importante riserva di ormone tiroideo e riesce ad assicurare l’eutiroidismo per almeno due mesi. Quando vi è necessità di immettere in circolo ormoni tiroidei, la

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tg viene inglobata all'interno della cellula mediante pinocitosi, viene inglobata dai lisosomi che la degradano liberando T3, T4, MIT e DIT. Questo processo è stimolato da ​TSH ​e inibito dallo Iodio. Essendo T4 circa l’80% della quota totale di produzione (anche se questo viene prodotto esclusivamente a livello della tiroide mentre il T3 è prodotto qui solo per il 15-20%), una parte viene deiodinata ad opera delle 5’-deiodinasi tiroidee (D1 e D2), permettendo di ottenere un rapporto T4:T3 di 11:1. La produzione e la secrezione di T4 e T3 vengono regolate in due modi: - controllo endocrino​, regolato tramite la produzione di TRH che stimola il rilascio di TSH a livello ipofisario. La controregolazione negativa avviene grazie ai valori di T3 che agiscono a livello diretto sull’ipotalamo bloccando il rilascio di TRH e a livello ipofisario bloccando quello di TSH. Il TRH agisce a livello ipofisario modulando la sensibilità (set point) verso gli ormoni tiroidei. Il TSH attraverso il suo recettore TSHR attiva la PKA e permette la sintesi di NIS, TPO, Tg e dello stesso TSHR. - autoregolazione tiroidea. ​Grazie a questo meccanismo, in caso di carenza intracellulare di Iodio per breve e medio termine, aumenterà la captazione dello iodio e la formazione di ormoni tiroidei, nello specifico T3 rispetto a T4, mantenendo le concentrazioni di ormoni circolanti e di TSH normali. In caso di carenza prolungata, la quota di ormoni in circolo potrà essere mantenuta solamente a spese di un aumento del TSH e dell’iperplasia tiroidea. Nel soggetto eutiroideo l’assunzione di elevate quantità di iodio determina a breve termine una riduzione della sintesi ormonale e un modesto aumento del TSH, che tuttavia rimangono nel range normale. Queste modifiche sono dovute ad un blocco transitorio sia della secrezione ormonale (blocco del riassorbimento della Tg dalla colloide e della liberazione degli ormoni da essa) sia dall’organificazione dello iodio (​effetto acuto di Wolff-Chaikoff​, ovvero riduzione della sintesi di tg e TPO). Quando l’assunzione di Iodio a dosi elevate è prolungata (> 7-10 gg) la tiroide sfugge all’effetto inibitorio dello iodio e la concentrazione di esso diminuisce e diviene insufficiente a mantenere il blocco di WC. Questa sfuggita previene lo sviluppo del gozzo e dell’ipotiroidismo nei soggetti normali. In caso di incidenti nucleari, vengono subito somministrate delle pillole di iodio, facendo si che si instauri il blocco e lo iodio radioattivo non venga assorbito a livello tiroideo. (NB: Importante sottolineare come questo meccanismo non è attivo durante la vita fetale e quindi una dieta ricca di iodio potrebbe portare a gozzo e ipotiroidismo fetale). Gli ormoni tiroidei agiscono in maniera ubiquitaria, in tutto il corpo. L’ormone biologicamente attivo, che esplica la sua funzione a livello del nucleo delle cellule è T3 che per l’80% deriva dalla deiodinazione periferica di T4, tanto che molti definiscono quest’ultimo pro-ormone, ad opera delle 5’-deiodinasi (D1, D2, D3). Gli ormoni tiroidei sono praticamente insolubili in acqua e vengono trasportati in gran parte grazie a delle proteine vettrici: - TBG ​(globulina legante T4), lega il 70% di T4 e l’80% di T3 circolanti con alta affinità; - TTR ​(Transtiretina) o ​TBPA ​(Frazione pre albuminica legante T4), lega il 15% di T4 e il 5% di T3 con affinità media; - Albumina​, compensa le restanti quote. Vediamo che le quantità dei due ormoni liberi sono differenti: - fT4 ​8-18 pg/ml (0.03%): - fT3 ​2,5-5 pg/ml (0,3%).

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Il complesso ormone tiroideo-proteina costituisce una rapida fonte di ormoni in caso di necessità. Variazioni della concentrazione delle proteine determinano delle variazioni nello stesso senso di T4 o T3 totali, ma mai delle loro forme libere, quindi in presenza di un asse ipotalamo-ipofisi-tiroide funzionante, questi non determinano effetti biologici rilevanti. Ad esempio, un aumento della TBG si ha in gravidanza, nella terapia estrogenica o anche nelle patologie epatiche. In questo caso la minore disponibilità di T4 a livello periferico, determina aumento nella produzione del TSH e quindi della quota ormonale che satura le proteine in più e ripristina il normale valore della quota libera. Funzione degli ormoni tiroidei T3 è trasportata all’interno della cellula dove lega dei recettori della superfamiglia dei recettori nucleari i TR. Ciascun recettore delle varie isoforme, contiene un sito di legame per T3 e uno per il DNA. Una volta avvenuto il legame T3-TR, previa la dimerizzazione e l’interazione con i fattori di trascrizione, avremo l’attivazione del gene bersaglio e la sintesi di proteine necessarie all’effetto fisiologico dell’ormone. Tra le azioni degli ormoni tiroidei avremo: - Effetto Inotropo e cronotropo positivo nel cuore e aumenta la pressione differenziale ​(aumento della sistolica e riduzione della diastolica), potenziando l’azione delle catecolamine attraverso un effetto favorente l’azione dei recettori β2. Il pz ipertiroideo avrà tachicardia, cardiopalmo, ipertensione sistolica; - Sviluppo del sistema nervoso nel periodo fetale, natale e postnatale, stimolando la sinaptogenesi e la mielinizzazione. Il neonato ipotiroideo rischia un’alterazione dello sviluppo neurologico e psico-neurologico (cretinismo) che se non trattato tempestivamente diventa irreversibile. Per questo motivo tutti i neonati sono sottoposti allo screening dell’ipotiroidismo congenito (Legge 104/92). Il test consiste nel prelievo di sangue dal tallone eseguito tramite una lancetta al 3-5 giorno e nella valutazione del TSH (Guthrie Card). Nel soggetto adulto stimolano l’eccitabilità del SNC tramite la stimolazione delle sinapsi - Sviluppo somatico​. Favoriscono l’accrescimento staturale (scheletrico e corporeo). Nel bambino ipotiroideo si nota uno ipostaturalismo disarmonico, questo comunque è caratterizzato da un maggiore tempo di intervento rispetto al rischio neurologico; - Effetto termogenico in quanto favorisce la produzione di calore. Il soggetto ipertiroideo sentirà sempre caldo mentre il soggetto ipotiroideo sentirà sempre freddo; - Azione iperglicemizzante poiché favorisce la gluconeogenesi (non fa parte degli ormoni della controregolazione come cortisolo, catecolamine, GH e glucagone); - Azione catabolica sul colesterolo​. Il soggetto iper- generalmente andrà incontro ad ipercolesterolemia mentre hanno azione minore sui trigliceridi. - Azione sul catabolismo proteico dose dipendente (Carenza = no sintesi proteica. Eccesso = catabolismo proteico). Sia i pazienti ipo- che iper- tiroidei si sentono profondamente stanchi. L’astenia del pz ipo- è quella classica del paziente pigro/depresso, mentre nel pz iper- avremo un’astenia che contrasta con l’ipereccitabilità nervosa, quindi sarà astenico per l’aumentato catabolismo proteico, ma allo stesso tempo è nervoso, agitato e logorroico; - Aumentano la motilità intestinale​, con il soggetto ipertiroideo avrà alvo frequente e diarrea mentre l’ipotiroideo può avere stipsi;

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Aumentano il metabolismo basale ​(catabolismo) il dimagrimento del pz iper- non è tanto dovuto all’aumento della lipolisi bensì ad un aumento del catabolismo generale; Aumentano il metabolismo osseo​. I soggetti iper- possono andare incontro ad un peggioramento dell’osteoporosi soprattutto nella menopausa; Effetti su cute e sistema pilifero​. La pelle del soggetto ipo- è secca, vi è accumulo di mucopolisaccaridi con tipica facies mixedematosa. Il pz iper- avrà invece una cute umida e sudata, si potrà avere caduta dei capelli, fragilità delle unghie e una caratteristica particolare, è rappresentata la caduta del terzo esterno delle sopracciglia; Mantenimento di una corretta funzione respiratoria.

Sintomi tipici dell’ipertiroideo sono: aumento della differenziale, è nervoso, agitato, suda, intolleranza al caldo, tachicardia, cardiopalmo, dimagrimento. L’ipotiroideo invece presenta come sintomi stanchezza, depressione, sonnolenza, bradicardia, tendenzialmente stitico, intolleranza al freddo. Tutto questo va visto nell’ottica di un quadro di insieme, perchè non tutti gli ipo- o gli iper- devono avere questi sintomi. Semeiotica La tiroide è apprezzabile all’ispezione solamente quando molto ingrossata. Il momento fondamentale è rappresentato dalla palpazione, con il pz disposto avanti e con collo inclinato posteriormente ed il medico posto dietro. Durante la palpazione si invita il pz a deglutire al fine di poter attribuire la presenza di tumefazioni alla tiroide, infatti sia essa che le sue derivazioni seguiranno i movimenti di trachea e laringe. Particolare importanza riveste l’identificazione dei noduli tiroidei e la loro caratterizzazione su piano dimensionale e nei rapporti. Nei pz iper- l’esame può essere completato all'ascoltazione che metterà in evidenza un soffio dovuto all’ipervascolarizzaizone. Patologie tiroidee con eutiroidismo Gozzo tiroideo Rappresenta la patologia più diffusa in ambito tiroideo. E’ caratterizzata da un aumento della dimensione dell’organo che possono essere di dimensioni variabili. Palpatoriamente definiamo gozzo quando le dimensioni di un lobo della tiroide supera come dimensione l’ultima falange del pollice del soggetto esaminato. Può essere classificato secondo criteri: - Epidemiologici​: - Endemico se investe una fetta di popolazione in età prescolare maggiore del 5% della popolazione secolare di un determinato territorio; - Sporadico​ se insorge spontaneamente senza una causa; - Morfologici​: - Diffuso​, aumento di volume dell’intera ghiandola senza noduli; - Uninodulare​; - Multinodulare​; - Funzionali - Normofunzionante​; - Ipofunzionante​; - iperfunzionante​.

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Domanda tipica del paziente è : perchè la mia tiroide ha un sacco di noduli e funziona bene o non ha noduli ma funziona male? Attenzione a non confondere la funzione con la dimensione. Si potrebbe avere un gozzo enorme che funziona normalmente e una tiroide perfettamente normale per dimensioni che funziona male. Secondo dati epidemiologici mondiali, la popolazione mondiale a rischio per carenza iodica è quasi di 2 miliardi di persone. Il gozzo è presente in 750 milioni di persone al mondo, il danno cerebrale in 26 milioni, mentre il cretinismo in 5,7. Alla fine degli anni ’70 inizio anni ‘80 in molte zone dell'interno della Sicilia si arrivava al 40-50% della popolazione scolare affetta da gozzo, alcune zone per esempio quella di Sperlinga si arrivava anche al 60-70% della popolazione scolare, una condizione di endemia veramente grave. Il gozzo sporadico può essere causato da: una carenza di iodio, un eccesso di iodio, da fattori ormonali: Il gozzo è più frequente nel sesso femminile perché dipendente degli estrogeni, infatti in gravidanza aumentando la TBG, si legano gli ormoni tiroidei diminuendo così le quote periferiche di T4-T3, e questo fa salire il TSH (ormone tireostimolante) che favorisce la crescita del volume della tiroide e la produzione di nuovi ormoni che equilibrano sia le quote libere sia l’eccesso di TBG portando ad un aumentato valore globale di ormoni tiroidei - Rugarli (il prof dice che aumentando la quota totale di ormoni tiroidei il TSH scende). Anche i fattori genetici sono importanti. ​Facendo riferimento agli studi epidemiologici (in Sicilia) la frazione che detiene il record di Gozzo, circa l'80% della popolazione è la frazione di San Giorgio, questo perché gli abitati erano tutti parenti tra di loro, quindi al fattore ambientale si univa il fattore genetico. Importante è anche il fattore socio-culturale: In degli studi condotti in periodo universitario, il prof notò che c'erano due scuole in un paese (preso in considerazione per i suoi studi epidemiologici riguardo alla carenza iodica) una in pieno centro e una in periferia, i ragazzi che vivevano in pieno centro non avevano il gozzo, mentre quelli che vivevano in campagna lo avevano, questo perché i ragazzi che vivevano in campagna si nutrivano dei prodotti autoctoni poveri di iodio, mentre al centro i ragazzi avevano un livello socio-culturale più elevato quindi dal punto di vista epidemiologico il gozzo era meno diffuso​. Cause frequenti di gozzo sporadico sono anche i fattori iatrogeni. Tra le cause più frequenti abbiamo la carenza di iodio, ma anche l’eccesso di iodio può essere alla base della formazione di un gozzo, ad es. nella zona di Hokkaido in Giappone per il nutrimento con alghe che sono ricche di iodio. Altra causa sono i gozzigeni alimentari, in realtà è una causa teorica più che pratica (​il professore stesso ha smontato questa teoria, dice che nei libri c'è scritto che un'alimentazione ricca di vegetali della famiglia delle brassicacee e crucifere, per esempio i cavoli, cavolfiori, broccoletti favoriscono l’insorgenza di gozzo perché contengono tiocianato che è un alogeno e che quindi compete con lo iodio nell'ingresso a livello della tiroide, il professore fece uno studio per vedere gli effetti che aveva

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un’alimentazione ricca di tiocianato in alcuni suoi colleghi e li costrinse a mangiare per una settimana soltanto cavolfiore e misurò il tiocianato nelle loro urine, il professore sapeva che il tiocianato era contenuto anche nel fumo di sigaretta infatti le urine dei fumatori di sigaretta avevano una concentrazione 10 volte maggiore rispetto ai soggetti che avevano assunto soltanto broccoli e cavolfiori, quindi questa teoria è facilmente contestabile​). Esistono anche causa come quelle dovute ad agenti infettivi, ma rappresentano dei casi sporadici.

Esistono due forme di ​cretinismo​: - Neurologico ​in eutiroidismo, è dato dalla carenza di iodio che determina un deficit selettivo, ciò vuol dire che indipendentemente dalla concentrazione degli ormoni tiroidei, lo iodio ha una sua funzione nello sviluppo del SNC. Il soggetto presenta grave ritardo mentale, andatura spastica, sordomutismo e strabismo; - Mixedematoso, ​caratterizzato dalla carenza di ormoni tiroidei quindi, ipotiroidismo, ritardo mentale, bassa statura e spasticità agli arti inferiori. Patologie da carenza iodica ​Le alterazioni sono diverse a seconda della fase della vita.

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Gozzo endemico e iodoprofilassi La principale causa di gozzo endemico è la carenza nutrizionale di iodio e quindi la prevenzione deve basarsi sull aumento dell’apporto di iodio alla popolazione che vive in quell’area. In presenza di un apporto giornaliero di 100-150 microgrammi la prevalenza di gozzo nella popolazione si riduce drasticamente.

Metodo di iodoprofilassi attiva - Sale addizionato con iodio​; - Iodazione dell’acqua potabile​, ​noi a ct siamo stati i primi nel mondo a provare questo nel comune di Troina. I risultati sono stati notevolissimi ​(non si dovrebbe dire che questo rappresenta il metodo migliore di iodoprofilassi poiché rappresenta un caso più unico che raro e non viene utilizzato comunemente per le enormi difficoltà che comporta metterlo in atto)​; - Aggiunta di iodio al pane​ (si vanno a iodare gli alimenti più comuni); - Tavolette di cioccolatini iodati; - Olio iodato per via sottocutanea​, quantità di iodio restavano nel corpo degli individui per mesi; - Aggiunta di iodio nei mangimi animali​ come latte, formaggi ecc... - Aggiunta di iodio nei vegetali (biofortificazione)​. si sfrutta la capacità di assorbimento dei vegetali introducendo microelementi; Questi ultimi due sono stati provati in alcuni paesi. Il metodo di iodoprofilassi più usato e che si propaganda da decenni in Italia è quello del ​Sale iodato​. Si è diretti verso questa scelta perché il sale è consumato da tutta la popolazione, il consumo è abbastanza stabile e i costi di produzione sono molto contenuti. Il sale iodato presenta alcuni svantaggi pratici come la perdita di contenuto di iodio se la conservazione non è ottimale (una volta sconfezionato conviene metterlo in barattoli ben chiusi per evitare l’evaporazione) e il fatto che dovrebbe essere usato a crudo perché sennò tenderebbe ad evaporare con le alte temperature. L’eccesso di sale in determinate categorie di individui fa male (instaurarsi di ipertensione arteriosa, aumento di rischio di malattie cardiache, renale e dei vasi). La fortificazione del sale iodato è standardizzata (30 μg/g di sale). Normalmente noi consumiamo 9g di sale al giorno. Se dimezzassimo questa quantità a 4-5g di sale, significherebbe che l’individuo assuma 120-150μg di iodio e quindi riesca a soddisfare il proprio fabbisogno di iodio L’indicazione è poco sale ma iodato. Il programma sperimentale di iodazione dell’acqua potabile, forse unico al mondo, è stato fatto a Troina. Nel ‘78 a troina il 55% della popolazione infantile di Troina aveva il gozzo. Venne aggiunto sperimentalmente lo iodio nell’acqua per 9 anni. Si conducevano valutazioni sia sulla concentrazione delle urine sia sulla concentrazione dello iodio nei serbatoi dell’acqua. Nell’87 siamo arrivati al 5.5% quindi a limite del cut-off per parlare di gozzo endemico. Qualcuno poteva pensare che questo fosse dovuto all’effetto della iodoprofilassi silente. Fu allora presa un’altra città campione nella stessa zona ovvero Maniace per vedere se era scesa la prevalenza del gozzo. Questa scendeva ma con una velocità molto minore, si era arrivati nello stesso momento al 30%.

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Endocrinologia - Lezione 6

Patologie tiroidee con eutiroidismo Noduli della tiroide. La prevalenza dei noduli della tiroide aumenta con l’aumentare dell’età. Se noi palpiamo il collo di 100 persone (nostra età), la probabilità di trovare un nodulo è di circa il 3-4%. Man mano che si va avanti con gli anni la probabilità cresce. Se alla stessa popolazione facciamo ecografia della tiroide, la probabilità già sale al 6-10% nella stessa fascia di età di prima. Addirittura salendo con gli anni, la probabilità di trovare all’ecografia un nodulo è del 50% della popolazione cinquantenne. Grazie all’affinamento delle tecniche strumentali, abbiamo ampie incidenze di incidentaloma (scoperta incidentalmente di un problema facendo indagine per qualcos’altro). Quando i noduli superano 1 cm possono essere palpabili come tumefazioni a carico del parenchima tiroideo, mobili con gli atti della deglutizione. Diventano visibili quando di grandi dimensioni o se coinvolgono la porzione anteriore e/o dell’istmo ghiandolare. I punti di riferimento per la palpazione sono la cartilagine tiroidea (il pomo d’adamo per i maschi, per le femmine la parte più sporgente della cartilagine tiroidea), quella in basso è la cartilagine cricoidea, dove troviamo l’istmo della tiroide. Ai lati, nell’incavo tra laringe, trachea e tendine del muscolo sternocleidomastoideo troviamo i lobi della tiroide, che o non si palpano affatto o si palpano appena: se vi ricordate vi ho detto che si parlava di gozzo quando superavano, alla palpazione, l’ultima falange del soggetto esaminato. Posso palpare quindi con un approccio posteriore, mettendomi quindi dietro al paziente ed usando i polpastrelli di indice o medio: metto le mani e faccio inghiottire il paziente; sapete che la tiroide sale e scende agli atti della deglutizione, (“ndr: muovendosi in modo concorde alla laringe”). Poi abbiamo anche la palpazione con approccio anteriore, usando i polpastrelli del pollice o la palpazione con approccio laterale, usando indice e medio.

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Quando ci si trova di fronte ad un nodulo, in qualsiasi parte del nostro organismo, la prima cosa che ci viene in mente è capire se è benigno o maligno. La frequenza dei noduli tiroidei e del carcinoma della tiroide è nella popolazione generale: - incidenza clinica dei noduli 5-10%; - incidenza ecografica 20-50%: - Incidenza del carcinoma tiroideo è del 4-5% dei noduli clinicamente rilevabili (non di quelli ecograficamente rilevabili). Nonostante la prevalenza del gozzo nodulare sia abbastanza presente nella popolazione adulta, questo raramente è un carcinoma. Nella popolazione infantile invece si associa un bassa prevalenza ad una più elevata possibilità di malignità.

Fattori di rischio​ per la diagnosi di carcinoma tiroideo Per quanto riguarda l’irradiazione su testa e/o collo è importante soprattutto nei giovani per la maggiore radiosensibilità rischio alto; ​qualche anno fa il prof ha avviato ricerca con i colleghi pediatri del policlinico. Sono stati chiamati tutti i pz trattati con radioterapia esterna ed incidentalmente e sono stati beccati sia noduli che carcinomi; Il carcinoma Midollare ha un alto grado di familiarità. Questo prevede la necessità di eseguire oltre all’anamnesi familiare anche uno screening genetico familiare per valutare la presenza di una neoplasia sporadica, familiare o di un MEN (Multi Endocrine Neoplasia). Questo ci fa capire l’importanza dell’anamnesi e dell’esame obiettivo. Soltanto alla fine di questi si passa alla diagnostica.

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Oltre agli esami riportati in tabella, possiamo effettuare una scintigrafia. Essa permette la diagnosi di noduli caldi e freddi. (la chiedi nel soggetto con valori di laboratorio di sospetta tireotossicosi, quindi ipertiroideo con valori molto alterati di ​TSH (basso) quindi ci aspettiamo un nodulo caldo, se il TSH è alto non si fa perché sarebbe comunque freddo e questo vorrebbe dire somministrare delle radiazioni inutili al paziente).

Esami di laboratorio Si inizia facendo TSH e poi T4. In America fanno solo il TSH perché sono meno spendaccioni (si perdono l’ipotiroidismo secondario). La Tireoglobulina, sarà elevata per molte cause, infatti il dosaggio nel preoperatorio non serve a nulla. È estremamente importante quando è stata eseguita una tiroidectomia totale per un carcinoma della tiroide perché in questo caso dovrebbe essere 0. Se la troviamo elevate i motivi sono due: o il chirurgo ha lasciato un pezzo di tiroide o ci sono delle metastasi. Nel preoperatorio è invece utile la calcitonina, che in genere è bassissima ma se è alta ci fa pensare ad un carcinoma. Il ​TSH ​ci fa seguire una strada. Se il TSH è normale ci può indirizzare verso l’ago aspirato. I noduli caldi nel 99% dei casi sono iperfunzionanti ma benigni e quindi non c’è necessità di fare l’ago aspirato. Quindi: - Dosare sempre il TSH nella valutazione iniziale di un paziente con nodulo tiroideo; - Dosare fT4 ed fT3, AbTPO e AbTg (se positivi possono suggerire tiroidite autoimmune) in presenza di valori TSH alterati; - Dosaggio della Tg non è raccomandato nella valutazione iniziale del nodulo della tiroide, bensì nel follow up del carcinoma; - Dosaggio della Calcitonina è raccomandato nella valutazione iniziale. Sul dosaggio della calcitonina c’è un contenzioso. Le linee guida europee raccomandano il dosaggio della calcitonina mentre quelle americane lo raccomandano solo nei noduli sospetti. In America il rapporto costo beneficio non conviene. Gli europei invece ragionano al contrario perché i casi sono pochi ma se il carcinoma midollare non lo diagnostici in tempo diventa uno dei più brutti.

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L’Ecografia ​è l’esame principe, il primo step, e deve essere eseguita in maniera scrupolosa e contenendo tutte le informazioni richieste. Essa deve essere sempre eseguita: - Tutti i pz con uno o più noduli; - Pz ad alto rischio per carcinoma (vedi sopra) anche in assenza di noduli palpabili; - Estesa alle stazioni linfonodali cervicali, per valutare possibile presenza di linfoadenomegalie che possano rappresentare la spia per una patologia neoplastica. L’ecografia ci deve: - Misurare la dimensione dei noduli e della tiroide definendone le caratteristiche (ecogenicità, margini, presenza di calcificazioni, vascolarizzazione); - Permette di rilevare presenza di noduli non palpabili; - Aiuta a selezionare i noduli da sottoporre ad agoaspirato nel caso di noduli non palpabili o di gozzo multinodulare e di guidare FNA nella componente soldi dei noduli misti - Evidenzia linfoadenopatie nelle stazioni del collo, definendone le caratteristiche. Il ​nodulo ​ha una forma ellissoide, e per calcolarne il volume si usa il Modello di Brun (qualcosa del genere ma comunque è il volume dell’ellissoide che si fa con l’integrale triplo). Parametri da valutare in eco: - Parenchima tiroideo; - Volume ghiandola; - Dimensioni del nodulo (nei tre diametri); - Caratteristiche ecografiche del nodulo; - Presenza o assenza di linfonodi cervicali sospetti. 1) Il nodulo può essere: - Solido​, compatto (grigio in ecografia); - Cistico​, a contenuto liquido (anecogeno, scuro); - Misto​, in parte solido e in parte liquido che a volte assume un aspetto spongiforme se il liquido è maggiore del 50%. 2) A seconda dell’​ecogenicità​: - Isoecogeno​, stessa ecogenicità del parenchima delle tiroide; - Iperecogeno ​(bianco); - Ipoecogeno​ (scuro); - Anecogeno ​(cistico quindi presenza di liquido all’interno). 3) ​Margini​: - Regolari - Irregolari ​(sospetto!!!!) 4) Presenze e tipo di ​calcificazioni​: - Grossolane ​non sono un problema (a guscio d’uovo) e sono generalmente di vecchia data; - Microcalcificazioni ​(sono sospette) da non confondere con le Pitfall (benigne) 5) Rapporti dei ​diametri​: - Diametro A-P maggiore del trasverso è segno sospetto; 6) ​Vascolarizzazione​: - Perinodulare ​(normalmente); - Intranodulare ​(da attenzionare, ma nella gerarchia è l’ultimo da considerare);

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Metanalisi (sono delle valutazioni scientifiche che prendono più studi e tirano le somme). La metanalisi di 31 studi e 18288 noduli ha detto che i caratteri con maggiore potere predittivo di malignità​ se: - Aspetto più alto che largo; - Microcalcificazioni interne; - Margini irregolari; - Ipoecogenicità; - Ipervascolarizzazione ​(una delle ultime per importanza). Mentre i caratteri con maggiore potere predittivo di ​benignità​: - Aspetto spongiforme; - Nodulo cistico. Caso clinico Viene ragazza di 30 anni inviata da un collega con nodulo da 2,5 cm. Si guarda eco, si descrive nodulo isoecogeno, margini regolari senza microcalcificazioni, apparentemente tranquillo ma di 2.5 cm si punge lo stesso ovvero di fa l’FNA (​le linee guida indicano l’agoaspirato quando il nodulo è solido, palpabile o comunque di diametro superiore a 1-1,5 cm in assenza di segni di autonomia funzionante (quindi si fa sul nodulo freddo) oppure su noduli più piccoli se sono presenti segni ecografici di malignità, segni clinici, se presenti fattori di rischio o noduli che aumentano di volume durante monitoraggio -Rugarli). ​Siccome si l’FNA è ecoassistito nel passare la sonda troviamo nodulo non descritto nell’altro lobo di 7 mm con margini irregolari, microcalcificazioni interne ecc quindi si deve fare puntura dall’altro lato. Il nodulo di 2,5 cm era tranquillo mentre quello di 7 mm era un carcinoma papillifero. Il risultato è che si deve scendere nei dettagli. La TAC non serve a niente. Linfonodi devono essere descritti bene. Il ​nodulo infiammatorio (tipico) facile da averlo nel soggetto giovane è : - Solido; - Ipoecogeno; - Ellittico; - Stria centrale (iperecogena) presente ​(rappresenta l’ilo del linfonodo). Quello ​sospetto (atipico) ​è : - Solido; - Ipoecogeno ​(nodulo sospetto)​; - Tondeggiante; - Stria centrale (ilo) assente. Generalmente i linfonodi infiammatori si fermano ai latero-cervicali e anche patologie come una gengivite o una infezione alla gola possono causa delle linfoadenopatie, si deve stare molto attenti quindi a dosare le informazioni. Si va a dosare la tg sull’aspirato del linfonodo che sarà alle stelle (in caso di metastasi di un carcinoma). Scintigrafia Man mano che il nodulo cresce la produzione ormonale tende a salire ed il TSH diminuisce. Si ha una maggiore captazione nel nodulo perché i recettori sono attivati costitutivamente. La scintigrafia trova indicazione quando il TSH è basso perché si sospetta un nodulo caldo iperfunzionante. Il rischio che il nodulo caldo sia carcinoma è dello 0,5%, mentre quella che lo sia un nodulo freddo è

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del 5%. Quando abbiamo un adenoma tossico il resto della tiroide non si vede perché il TSH è basso: la tiroide quindi non capta, ma il nodulo è autonomo poiché ha i recettori costitutivamente attivi e quindi non ha bisogno del TSH per produrre. Il nodulo cresce, produce più ormone, il TSH si abbassa (feedback negativo) e la captazione della tiroide, che è regolata dal TSH, si abbassa. Sinonimi di: ​nodulo caldo: nodulo autonomo, Morbo di Plummer, Adenoma tossico. Esame citologico (FNA) Quando vogliamo sapere la natura del nodulo freddo si fa l’esame citologico. L’indicazione all’FNA: - A) Noduli freddi > 1 cm; - B) Noduli < 1 cm con: - Caratteristiche cliniche di sospetto; - Fattori di rischio per carcinoma (familiarità, Basedow, CT elevata…) - Noduli che aumentano di volume durante monitoraggio. Nel nodulo cistico il rischio che sia un carcinoma è inferiore all’1%. Se il nodulo è spongiforme il rischio è inferiore al 3% (lo facciamo solo se il nodulo è maggiore di 2 cm). Man mano aumentano i rischi e quindi si fa l’agoaspirato. -TIR1 non diagnostico, la quantità di materiale citologico è troppo scarsa per fare una diagnosi; -​TIR2​ benigno; -​TIR3 è il vero problema, non si sa cosa fare esattamente dal punto di vista terapeutico. Si fanno interi congressi sul TIR3, per cercare di capire cosa fare. Tra i vari tentativi, si è cercato di dividerlo in due sottoclassi: - ​TIR3A​, rischio di malignità 5-15%, si decide di fare terapia medica; - ​TIR3B​, rischio di malignità 15-30%, si decide di mandare precauzionalmente alla chirurgia; -TIR4 fortemente sospetto, 60-75% di malignità, va in chirurgia; -TIR5​ 97-99% di malignità, va in chirurgia; La differenza numerica dipende da autore ad autore. Gli anglosassoni utilizzano i numeri progressivi mentre il prof. Regalbuto utilizza dividere lo stadio 3 in A e B secondo le linee guida Italiane ma dal punto di vista classificativo non cambia assolutamente nulla (prof. Veroux).

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L’​elastosonografia è un esame diagnostico relativamente nuovo, va a misurare il grado di durezza: quanto più il nodulo è duro, tanto più aumenta il rischio di malignità. L’importante è che questo esame vada coadiuvato con le informazioni che noi abbiamo, quali ecografia, esami di laboratorio, citologia, ecc! Un carcinoma può anche avere una consistenza molle: l’elastosonografia non può essere usata da sola e non può sostituire la l’ecografia o il doppler, ma potrebbe essere integrato con queste tecniche, ad esempio su un nodulo TIR3 per aiutarmi a decidere. Quindi l’elastosonografia è un esame coadiuvante, non determinante. Terapia Oggi un nodulo benigno in tiroide normofunzionale nella stragrande maggioranza dei casi prevede solo ​monitoraggio​. Nel nodulo tiroideo isolato l’efficacia del trattamento è controversa e prima della prescrizione devono essere accuratamente escluse le condizioni che lo controindicano. I noduli benigni all’FNA richiedono monitoraggio clinico ogni 12 mesi (max 6). Se il nodulo ha dimensioni stabili nel tempo gli intervalli possono essere allungati. La ​terapia medica si basa sulla tiroxina. Si diceva ai pz che dando questa pillola si metteva a riposo la tiroide. Il principio teorico è abbassare i livelli di TSH, in questo modo non stimola la crescita della tiroide e quindi del nodulo. In 40 anni sono stati pubblicati molti lavori che hanno messo in evidenza il rapporto costo beneficio di questa e i rischi della terapia con tiroxina dopo una certa età. La terapia soppressiva sottopone il paziente ad ipertiroidismo soppressivo quindi considerando il rapporto costo beneficio la tiroxina non va data. I rischi sono: - Sovrastimolazione a livello cardiaco; - Osteoporosi (soprattutto dopo la menopausa); - Sintomi dell’ipertiroidismo; Terapia con LT4 (tiroxina) dei noduli tiroidei Le principali linee guida internazionali non raccomandano più l’utilizzo routinario della terapia soppressiva con LT4 nei noduli benigni tiroidei. Il trattamento con tiroxina è indicato nel caso di coesistenza di gozzo nei soggetti giovani-adulti, soprattutto se provenienti da aree a carenza iodica, con normali livelli di TSH, al fine di ridurre i livello dello stesso (terapia semi soppressiva). Il 10-30% di questi pazienti sviluppa un ipertiroidismo subclinico. Chirurgia Trova indicazione in presenza di malignità alla citologia (TIR5). Nel nodulo a citologia indeterminata o sospetta (TIR3B e TIR4) e/o in presenza di anamnesi o clinica di sospetto carcinoma. In caso di gozzi voluminosi multinodulari con segni di compressione. (vedi appunti di chirurgia). Radioterapia (radioiodio). Il radioiodio nelle patologie benigne (anche se trova l’applicazione nelle maligne) viene indicato in caso di nodulo tiroideo iperfunzionante o multinodulare iperfunzionante dove il trattamento chirurgico non è possibile. Caso clinico Paziente di sesso maschile, anni 24, riferisce da qualche settimana una tumefazione in sede tiroidea non dolente. Faccio un’accurata a ​ namnesi​: il paziente nega familiarità e precedenti patologie degne di nota, assenza di sintomi soggettivi ed obiettivi.

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Esame obiettivo​: tiroide aumentata di volume x2, nodulo dx di circa 2 cm alla palpazione, di consistenza lievemente aumentata, mobile, non dolente. Ricordate che questi sono elementi indicativi, il 99% dei carcinomi sono mobili, per essere fisso deve essere un nodulo molto avanzato. Alla palpazione, linfoadenomegalia bilaterale, non dolente alla palpazione. Quali ​esami ​posso richiedere, in ordine di importanza? - TSH - FT3, FT4 - Anticorpi anti-tiroide - Calcitonina Non bisogna chiedere né la tireoglobulina, né è necessario chiedere emocromo e indici di flogosi, perché gli indici di flogosi risultano molto elevati (“ndr: nel caso della tiroide”) soprattutto in caso di flogosi acute. Valori ​ottenuti ​- ​TSH: 3,3 (limite superiore 3,4), quindi normale ai limiti alti - C ​ alcitonina: 11 (limite superiore 10) Quali ​esami strumentali​ facciamo? - ​Ecografia tiroidea​, in primis - ​Ago aspirato​ perchè il nodulo è >2 cm - No scintigrafia perché il TSH è alto - No TAC perché si fa solo nei gozzi retrosternali L’​eco tiroidea ci dice: l​ obi tiroidei aumentati, ad ecostruttura diffusamente ipoecogena e disomogenea. Nodulo ipoecogeno al lobo destro di mm 23x17x14 (diametri trasverso, antero posteriore e longitudinale). Il volume dell’ellissoide, si calcola moltiplicando tutti e tre i diametri per pi greco diviso 6. Questo serve per calcolare il volume del nodulo! Ecograficamente si chiama formula di Brun. ​Vascolarizzazione perinodulare ed intranodulare​, p ​ resenza di linfoadenomegalie bilaterali, di forma allungata, con stria iperecogena centrale​. Ecograficamente è un nodulo che non sembra avere grandi caratteristiche di malignità, i linfonodi sembrano infiammatori. L’​ago aspirato​ dice che è un ​TIR3A​. Cosa fare? La calcitonina non c’entra niente col metabolismo calcio-fosforo (il padrone è il paratormone) Il paziente è giovane, ha una tiroide aumentata di volume e valori di TSH alti: in questo caso si potrebbe fare una terapia medica. Il paziente, inoltre, fa altri esami: -​Calcitonina 9 ​(valore massimo 10) -​Anticorpi positivi​. Essendo un soggetto giovane, lo specialista da terapia medica con tiroxina, 100 microgrammi al giorno per abbassare livelli di TSH (“ndr: che erano al limite superiore”) e vedere quello che succede al follow up! A questo punto, chiaramente la calcitonina 11, per un non addetto ai lavori è da attenzionare. Lo specialista però sa che 11 di calcitonina è molto difficile che sia carcinoma midollare, dove generalmente la calcitonina va oltre i 50 (ed in questi casi va mandato subito dal chirurgo!!). L’11 era borderline. La calcitonina può salire per: - Carcinoma midollare; - Iperplasia delle cellule c; - Insufficienza renale; - Tumori neuroendocrini non tiroidei; - Tiroidite cronica autoimmune (nel pz del caso clinico); - Gastrite e terapia con inibitori di pompa; - Anticorpi eterofili (mononucleosi);

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La conclusione del caso è che il ragazzo aveva un nodulo verosimilmente benigno (TIR3A ha rischio massimo 15%) normofunzionante con livelli di TSH normali nel contesto di ​tiroidite cronica autoimmune.​ Si decide, solo perché è giovane, di dare tiroxina con terapia soppressiva o semi-soppressiva, se il follow up va bene il paziente si tiene il nodulo, se il follow up va male il paziente viene mandato, con suo piacere alla chirurgia.

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Endocrinologia - Lezione 7 Alterazioni Funzionali Ipotiroidismo Primitivo In gran parte dei casi l’ipotiroidismo è primitivo, quindi causato da patologie che riguardano direttamente la tiroide con conseguente compromissione della secrezione ormonale. Meno frequentemente è causato da patologia che riguardano la secrezione di TSH (secondario). Ancor più raro è l’ipotiroidismo causato da resistenza dei recettori periferici (Sindrome di Refetoff). L’ipotiroidismo primitivo, può essere congenito o acquisito. Cause di ipotiroidismo primitivo: Distruzioni del tessuto tiroideo: - Tiroidite cronica autoimmune; - Radiazioni (I 131, RTE); - Tiroidectomia totale o subtotale; - Raramente le malattie infiltrative della tiroide. Alterazione sintesi degli ormoni tiroidei: - Alterazione congenita (gozzo disormonogenetico); - Carenza iodica. Farmaci: - Antitiroidei di sintesi (metimazolo, propiltiouracile, usati nella terapia dell’ipertiroidismo. Qualora il pz in terapia ne prendessi troppi, si verrebbe a determinare un ipotiroidismo iatrogeno), Iodio, litio (terapia del bipolarismo), fenilidantoina, carbamazapina, rifampicina, interferone ɑ. L’assi ipofisi tiroide ci permette di valutare la funziona della ghiandola e quindi la capacità degli ormoni tiroidei di svolgere il meccanismo di controregolazione. In caso di ipotiroidismo primitivo il TSH sarà aumentato, mentre in caso di ipotiroidismo secondario, il TSH sarà basso. Possiamo ulteriormente distinguere: - Ipotiroidismo clinico, ​bassi livelli di fT4 e alti livelli di TSH; - Ipotiroidismo sub-clinico, ​normali livelli di fT4 (generalmente tendenti verso il limite basso) e alti livelli di TSH in pazienti spesso asintomatici. Nel caso del sub-clinico si parla di una condizione abbastanza frequente tra la popolazione generale (4-10%) che può raggiungere anche il 20% nelle donne in età geriatrica. Studi recenti hanno dimostrato che non si parla di una mera entità laboratoristica quanto di una condizione patologica che può portare anche alla sintomatologia e, specialmente se cronica, a complicanze cardiovascolari (disfunzione diastolica, dislipidemie, ipertensione arteriosa). Comunque, generalmente l’ipotiroidismo sub-clinico non è cronico, ma nel 5% dei casi si normalizza mentre nel 5-15%, evolve verso il tipo clinico. L’indicazione al trattamento del pz con ipotiroidismo sub-clinico è accettata, il problema risiede sul quando iniziare il trattamento. Le recenti linee guida suggeriscono di iniziare il trattamento quando: - TSH > 10 mU/L, poiché in questo caso il rischio di evoluzione è molto alto; - TSH > 2,5-3,0 mU/L per le donne in gravidanza; - Soggetti giovani con gozzo nodulare; Il trattamento non viene iniziato quando: - TSH < 4,5 mU/L (escludendo giovani e donne in gravidanza).

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Per i valori compresi tra 4,5 e 10 mU/L non è ancora stato chiarito come agire. In questi casi si deve scegliere paziente per paziente valutando età e rischio dell’utilizzo dell’ormone tiroideo (es Fibrillazione atriale, quindi avremo cautela nel trattare il cardiopatico). Vengono trattati solo pz sintomatici o con patologia tiroidea importante (gozzo, noduli), pz con Ab anti-TPO, pz con ipercolesterolemia. Se non hanno queste condizioni si aspetta e si valuta. Esistono delle condizioni dove il TSH è alterato (​Sindromi da inappropriata secrezione di TSH) ma non associato ad ipotiroidismo subclinico come: - Adenoma ipofisario TSH secernente​ (abbastanza raro ndr) - Sindrome di Refetoff​. In questo caso si nota una resistenza periferica agli ormoni tiroidei, dovuta ad alterazioni del TRβ a livello del sito di legame dell’ormone che comporta l’incapacità di legare il T3 determinando repressione nella trascrizione del gene bersaglio. Quindi saranno elevati sia il TSH che T3 e T4. dal punto di vista clinico si avrà il gozzo, con i pz che tendono a sviluppare noduli a causa del TSH elevato, e una sintomatologia che può variare dall’assenza di sintomi (resistenza generalizzata), alla presenza di tireotossicosi organica (la resistenza degli organi non è la stessa) soprattutto a livello cardiaco (resistenza parziale). La patologia, si può manifestare durante il corso della vita con un quadro clinico anche molto soft. Il trattamento prevede dosi sovra fisiologiche di tiroxina per cercare di forzare la resistenza, basandosi sulla resistenza dell’organo e quindi sulla sintomatologia piuttosto che sui valori di TSH. ​Per quanto riguarda l’esperienza clinica, di fronte a valori del genere si fanno ripetere gli esami. In caso di nuova conferma, essendo la patologia familiare (trasmissione autosomica dominante) si guardano i familiari e casomai si esegue una RMN (per escludere l’adenoma TSH secernente); - Ritmo pulsatile del TSH (picco notturno); - Uso di antidopaminergici (Plasil, Domperidone)​, aumenta il TSH poiché il suo rilascio viene inibito anche dalla dopamina; - Anticorpi anti-TSH; - Malattie non tiroidee. Nell’adenoma TSH secernente il pz è ipertiroideo (gli ormoni agiscono in periferia), mentre nel caso della Refetoff il pz sarà ipotiroideo (gli ormoni non possono agire in periferia). Nonostante dal punto di vista biochimico sono identiche, poiché le concentrazioni ormoni TSH e T3-T4 aumentano in entrambe, saranno estremamente diverse dal punto di vista clinico. Il TSH è come la spia della benzina che si accende. Ipotiroidismo congenito Si tratta di una forma presente già alla nascita, con una prevalenza variabile in base all’area geografica di endemia gozzigena. In questo caso è strettamente correlata alla carenza iodica. L’importanza della funzione degli ormoni tiroidei nello sviluppo neuro-somatico del bambino è di fondamentale importanza, poiché se non diagnosticato in tempo, si può andare incontro a delle alterazioni irreversibili soprattutto dal punto di vista neurologico (cretinismo). Per questo motivo si è arrivati alla necessità dello screening neonatale, valutando al 4-5° giorno di vita il valore di TSH. Se il test è positivo, la diagnosi viene completata dal dosaggio dell’interno pattern ormonale su sangue venoso. Se il bambino ipotiroideo screenato non sia più rintracciabile, è obbligo del medico avvisare i CC per procedere alle ricerche.

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Nelle aree ad endemia gozzigena, la carenza iodica causa una ridotta funzionalità tiroidea sia nella madre che nel figlio e pertanto l’ipotiroidismo comincia più precocemente con gravi conseguenze nello sviluppo neurologico di madre e feto. Mentre nei casi sporadici, la secrezione materna riesce a supplire durante la fase fetale e l’ipotiroidismo si manifesta alla nascita. Oltre al problema neurologico, qualora non venisse curato l’ipotiroidismo, si assisterà ad un deficit dell’accrescimento che esiterà in una statura bassa e disarmonica.

La ​disgenesia, letteralmente diverso dal fisiologico, in termini di posizione o forma, è la causa più frequente. Questa può essere distinta in ​agenesia​, ovvero la mancanza totale dell’organo, emiagenesia​, oppure più frequentemente, possiamo assistere all’​ectopia linguale. ​In quest’ultimo caso, la bozza embrionale della tiroide non scende lungo il canale tireoglosso, rimanendo localizzata alla base della lingua. La caratteristica principale è che non tutti i pz sono ipotiroidei sin da subito, poiché il deficit di funzionalità si può estrinsecare in qualsiasi momento. Per la diagnosi si esegue una scintigrafia, individuando il tessuto iodocaptante, in questo caso alla base della lingua. Casi rarissimi sono quelli di carcinomi insorti su ectopie linguali. Caso clinico. Ricordo, quando venne un’informatrice farmaceutica (quindi un soggetto adulto) con una situazione di ipotiroidismo quasi subclinico, lei aveva 35 anni. Ho fatto la diagnosi di ectopia con ’ecografia, perché non vedevo la tiroide all’eco del collo. Teoricamente il metodo più certo è la scintigrafia, che ti fa vedere dove è localizzato il tessuto iodocaptante. Caratteristicamente, nella paziente in questione si vedeva un abbozzo della tiroide nell’istmo delle fauci: lei non se n’era accorta perché non dava fastidio. Lei era stata eutiroidea tutta la vita: quando ormai la sua tiroide non ce la faceva più, stava cominciando a diventare ipotiroidea e, pian piano, avrebbe avuto uno sviluppo del suo ipotiroidismo. Il TSH sarebbe aumentato ed avrebbe fatto aumentare di dimensioni la tiroide, che, con la sua sede, avrebbe dato sintomatologie più gravi quali disfagia e asfissia. L’​Alterazione della biosintesi ormonale è dovuta a mutazioni germinali dei geni che codificano proteine essenziali per la sintesi degli ormoni. Clinicamente può presentarsi modesto o sub-clinico. Esempio ​Sindrome di Pendred​, caratterizzata da ipotiroidismo e sordità neurosensoriale. È causata da un difetto di organificazione della Tg. (test del perclorato, Rugarli pag 1454).

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L'ipotiroidismo mediato da Ab materni contro il TSHR​. questi anticorpo attraverso la placenta e possono permanere nel circolo neonatale qualche mese dopo il parto. Possono essere sia di tipo inibente (ipotiroidismo) sia di tipo eccitatorio (ipertiroidismo). Questo è uno dei casi che è impossibile rilevare allo screening, ma per fortuna piuttosto raro. Gli affetti da ​ipotiroidismo centrale TSH è inappropriatamente normale/basso e quindi non viene individuato con lo screening (leggasi in basso). Causa di ipotiroidismo congenito di breve durata, può essere dovuto all’assunzione di iodio o di farmaci antitiroidei da parte della madre (​Rugarli​). Sintomatologia dell’ipotiroidismo congenito: - Cretinismo; - Mixedema; - Nanismo; - Ittero prolungato; - Difficoltà nell’alimentazione; - Macroglossia; - Ipotonia muscolare; - Pianto rauco; - Il gozzo è presente nelle forme disormonogeniche ma non in quelle con disgenesia. Ipotiroidismo nell’adulto Sintomi La pressione diastolica alta perché aumentano le resistenze vascolari. Diminuzione della resistenza al freddo per diminuita termoregolazione. La voce rauca è dovuta al mixedema. Segni La lentezza nei movimenti viene rilevata facendo spogliare il paziente. Bradilalia, vuol dire parlare lentamente.

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Nello ​Score Zulawski, ​ogni segno e sintomo ha un valore. Se ne prendono 6-7 tra quelli più specifici, si fa la somma e tanto più alto è questo score, tanto maggiore è la probabilità che il paziente sia ipotiroideo. Quando si imposta una terapia, si preferisce partire da una dose bassa e poi aumentare seguendo i valori del TSH. Tanto più è anziano, o cardiopatico il pz tanto più deve essere bassa la dose eccessiva di ormone. Tra i rischi della terapia, avremo ischemia o nel peggiore dei casi infarto del miocardio (aumento del consumo di O2 a livello cardiaco). Se il pz non dovesse seguire la terapia oppure non dovesse essere diagnosticato, si potrà arrivare al coma mixedematoso, ​una condizione oggi molto rara, fase terminale di un ipotiroidismo. Tra le cause scatenanti più comuni l’esposizione al freddo, infezioni, traumi con emorragia, ingestione di grandi quantità di alcool e somministrazione di sedativi o tranquillanti. Generalmente colpiti pz anziani, talora con ipotiroidismo non noto o non adeguatamente trattato, affetti da patologie respiratorie croniche o cardiovascolari. Clinicamente è caratterizzato da: - Stupore; - Profonda astenia; - Ipoventilazione; - Ipotermia; - Ipoglicemia; - Iponatriemia; - Intossicazione da acqua; - Cute giallastra ed edematosa; - Capelli sottili; - Versamento pericardico.

Terapia ​si effettua mediante somministrazione di tiroxina per sondino naso-gastrico o endovena. Fondamentale che essa sia accompagnata da terapia di supporto con liquidi ipertonici, correzione dell’ipoglicemia, somministrazione di cortisone e di antibiotici a largo spettro. Mortalità ​è del 4-50% e dipende molto dal trattamento e dalle malattie concomitanti.

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Caso clinico il primo che vidi fu da appena laureato, nel 1980 alla guardia medica; la figlia della paziente mi chiamo perchè la mamma stava male, aveva il comodino pieno zeppo di farmaci ipocolesterolemizzanti (il medico di base le provava tutte per farle abbassare la colesterolemia). Questo perché l’ipercolesterolemia è una conseguenza dell’ipotiroidismo. Appena spostai il lenzuolino, subito mi colpì la facies, che mi fece pensare al fatto che fosse ipotiroidea. Chiesi alla figlia: ha mai sofferto di tiroide: la figlia disse no –probabilmente non lo sapeva-. La signora aveva una cicatrice al collo, era probabilmente stata operata alla tiroide. La donna aveva una voce rauca ed era soporosa, risposte che era stata operata ai tempi di Mussolini. Lei probabilmente subì un intervento di tiroidectomia subtotale: la sua povera tiroide ce l’ha fatta fino ad un certo punto e poi ovviamente, senza terapia ormonale, non ce l’ha fatta più, e l’ipotiroidismo andò via via peggiorando. Ipotiroidismo secondario e terziario Sono delle condizioni caratterizzate da ridotta secrezione di TSH e TRH in pz con malattie ipofisarie ed ipotalamiche o in pz sottoposti a ipofisectomia o radiazioni ipofisaria. In questi casi alle manifestazioni di ipotiroidismo si accompagnano quelle di ipopituitarismo. Peculiarità è la non affidabilità del dosaggio del TSH nella diagnostica e nel follow-up della terapia. Il quadro bioumorale tipico è caratterizzato da livelli di fT4-fT3 inferiori alla norma e da quelli di TSH inappropriatamente bassi o nella norma. Il test al TRH consente di fornire informazioni diagnostiche utili nei pz con ipotiroidismo centrale (risposta del TSH assente o ridotta nelle forme ipofisarie, ritardata, esagerata e prolungata nelle forme ipotalamiche).

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Tireotossicosi Sono patologie caratterizzate da un eccesso di ormoni tiroidei in circolo. Queste possono essere distinte in tireotossicosi causate da iperfunzione ghiandolare (ipertiroidismo) e senza iperfunzionalità ghiandolare. Gli ipertiroidismi a loro volta possono essere divisi in primitivi e secondari (tiroide normale ma bersaglio di una iperstimolazione da parte del TSH) o extratiroidei (produzione ectopica di ormoni). La tireotossicosi può anche essere dovuta ad un eccesso di terapia (tireotossicosi iatrogena) o anche ad una tiroidite che causa la lisi delle cellule follicolari con rilascio massivo di ormoni (​Tiroidite di De Quervain​). Cause: Aumentata produzione di ormoni tiroidei​: - Morbo di Basedow​. Forma in assoluto più frequente. Causa autoimmunitaria (Ab anti-TSHR di tipo stimolante). La famiglia di Anticorpi (Ab) è quella dei TRAB (TireoTropinAntiBody) divisi in: - TSab stimolatori; - TBab inibitori. - Gozzo multinodulare tossico ​(fra le più frequenti)​; - Adenoma tossico (Morbo di Plummer, tra le tireotossicosi più frequenti. Si intende il classico nodulo sganciato dal controllo del TSH. Man mano il TSH si sopprime, alla scintigrafia scompare il parenchima e rimane solo il nodulo​; - Adenoma ipofisario TSH secernente; Aumentata liberazione di ormoni tiroidei​: - Tiroidite linfocitaria; - Tiroidite Postpartum; - Tiroidite Subacuta Dolente ​(tra le cause più frequenti); Iatrogena - Factizia​. ​Il termine è presente in molte patologie e vuol dire finto, poiché spesso dovuto a manifestazioni psichiatriche o isteriche. In queste il pz attira l’attenzione di familiari e parenti auto provocandosi una patologia. Il pz prende ormoni tiroidei e non lo dice. Esiste anche l’ipoglicemia fattizia, dove i pz usano insulina senza dirlo e stanno male attirando le attenzioni della famiglia. La differenza dalla iatrogena sta nel fatto che il medico non è a conoscenza dell’utilizzo del farmaco.; - Jod-basedow; - Da Amiodarone;

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Endocrinologia - Lezione 9 Tra i sintomi elencati, a proposito del dimagrimento, i pz di questo sono felici perché mangiano tanto senza ingrassare. Esiste però, circa il 2% dei casi, un particolare tipo di Basedow dove i pz invece di dimagrire ingrassano perché la patologia li fa mangiare di più di quello che riescono a smaltire (Basedow grasso). Ovviamente quando l’ipertiroidismo viene compensato, il pz ingrassa perché è come se si togliesse il piede dall’acceleratore del metabolismo. IMPORTANTE​: all’aumentare degli ormoni tiroidei circolanti, qualunque sia la causa, si sopprime il rilascio di TSH a causa del meccanismo di feedback negativo. Malattia di Graves-Basedow (gozzo tossico diffuso o ipertiroidismo primitivo autoimmune) È la forma più frequente di ipertiroidismo, circa 50-80% dei casi, ed ha una prevalenza dello 0,5% nella popolazione generale, seppure con qualche variabilità regionale. Predilige per lo più il sesso femminile con un rapporto M/F di 1:10. Può colpire a qualsiasi età, ma il picco è nelle donne in età fertile tra i 20 ed i 40 anni. La patologia è conosciuta in Europa come Malattia di Basedow mentre nei paesi anglosassoni come Malattia di Graves. La patologia è caratterizzata da un incremento nella sintesi degli ormoni tiroidei da parte della tiroide, la quale appare aumentata di volume in toto a causa della presenza di anticorpi in grado di stimolarne la crescita e la funzione cellulare, attraverso l’attivazione incontrollata del recettore (TSAb Tireotropin Stimulating Antibodies). La diagnosi si fa classicamente attraverso la triade sintomatologica (non necessariamente presente nel 100% dei pz): - Gozzo diffuso tossico​, tiroide aumentata di volume in toto con grandezza modesta. Quando raggiunge dimensioni ragguardevoli è possibile anche auscultare un soffio dovuto all’aumento della vascolarizzazione​; - Oftalmopatia basedowiana (20-30%) oggi non si usa basedowiana ma esoftalmopatia tiroide correlata. Non è tanto il Basedow quando l’autoimmunità che si associa a questo problema, quindi può essere presente anche in altre patologie a patogenesi autoimmune. È da sottolineare come utilizzando degli esami strumentali, la percentuale di pz in cui essa viene rilevata sale al 50-60%; - Ipertiroidismo​: aumento fT3, fT4 e soppressione del TSH. L’​eziopatogenesi è su base autoimmunitaria. Come in tutte le patologie autoimmuni è presente una predisposizione genetica sulla quale agiscono fattori ambientali ed endogeni. Per spiegare la predisposizione del sesso femminile verso le malattie autoimmuni tiroidee e il Basedow nello specifico si è pensato a fattori sesso specifici, e nello specifico, all’analisi del cromosoma X anche se i dati in letteratura necessitano ancora di conferma. Tra i fattori ambientali è stato suggerito un ruolo per: - Agenti infettivi ​(descritta cross-reattività tra antigeni tiroidei e proteine di ​Yersinia enterocolitica ​ed alcuni antigeni retrovirali). - Lo ​stress ​è un altro fattore ambientale che può determinare la patologia soprattutto in soggetti predisposti o favorire le recidive dopo trattamento farmacologico; - Farmaci ​(immunomodulatori e quelli contenenti grandi quantità di iodio) possono essere responsabili dell’innesco del processo autoimmune che porta alla malattia; - Recente gravidanza; - Fumo di sigaretta ​che predispone e aggrava la patologia;

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La patologia rappresenta uno dei due estremi dello spettro di presentazione delle Tireopatie autoimmuni (all’altro estremo si trova la Hashimoto). È possibile che nello stesso pz vi sia una transizione da un estremo all’altro a seconda del comportamento della risposta autoimmunitaria. La coesistenza di risposte diverse e della produzione di classi separate di autoanticorpi con proprietà biologiche diverse rappresenta il substrato immunologico delle diverse espressioni anatomocliniche delle tireopatie autoimmuni. All’origine delle tireopatie autoimmuni vi è un disordine dell’immunoregolazione (meccanismi di riconoscimento ‘’Self’’ ‘’-non Self’’) con comparsa di elevata reattività verso la tiroide. Il comportamento clinico sarà diverso a seconda del tipo di risposta che si realizza contro la ghiandola (Th1 vs Th2). Nel caso del Basedow è predominante la risposta anticorpo mediata (Th2). La risposta anticorpo mediata porta alla formazione di tre autoanticorpi diretti contro antigeni tiroidei: - Anticorpi Anti Tireoglobulina (Ab-Tg); - Anticorpi Anti TPO (Ab-TPO); - Anticorpi contro il recettore del TSH (TSAb). Fino a questo momento è stato citato solamente il Rugarli. Gli anticorpi più coinvolti nella patologia sono quelli anti recettore del TSH. Sono degli anticorpi tireostimolanti che legandosi alla porzione amminica del recettore, attivano tutta la cascata del segnale che porta poi alla sintesi ed al rilascio degli ormoni e all’iperplasia ed ipertrofia delle cellule tiroidee. Un meccanismo autoimmune sta anche alla base dello sviluppo dell’oftalmopatia tiroide correlata. I linfociti T diretti contro il TSHR riconoscerebbero lo stesso antigene espresso sulla superficie dei fibroblasti orbitali in via di differenziazione ad adipociti. Questo legame innescherebbe un processo infiammatorio autoimmune con liberazione di citochine, che stimolano i fibroblasti a produrre GAG (glicosaminoglicani) che si accumulerebbero con effetto massa nei muscoli e nei tessuti retrorbitali. Si pensa che i TSAb possano svolgere un ruolo di innesco ma ancora non è sicuro. (Rugarli) All’​ecografia si vede una tiroide ipoecogena e spesso e volentieri si ha presenza di gozzo diffuso ma ci possono essere anche noduli. Il quadro ecografico è simile a quello di una tiroidite. In acuto si vede una tiroide ipervascolarizzata all’ecocolordoppler (quadro chiamato: inferno tiroideo, poiché è come se si vedessero delle fiamme). curva di iodocaptazione ​(capsula di I131 e poi si valuta la captazione) normalmente va in accumulo, invece nel Basedow spesso si ha una captazione intensa verso la seconda ora per poi calare nettamente alla 24ima (ad angolo di fuga) perché la tiroide è talmente attiva che capta lo iodio velocemente, ma altrettanto

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velocemente lo rilascia. Questo esame ci aiuta tantissimo per la diagnosi differenziale. ​Scintigrafia mostra una tiroide diffusamente aumentata. Oftalmopatia endocrina​, non si deve confondere con l'esoftalmo che è una espressione dell’oftalmopatia (alterazione a carico dell’occhio). Spesso il pz sembra che abbia gli occhi di fuori (sguardo sbarrato). Questo è caratterizzato da una importantissima retrazione della palpebra superiore (se immaginassimo l’occhio come un orologio, normalmente le nostra palpebra superiore cadrebbe intorno alle 10:10 e quindi la parte superiore della pupilla viene coperta). Questa a dx è una semplice retrazione palpebrale. In alcuni pz infatti, già il semplice ipertono del simpatico (caratteristico dell’ipertiroidismo) determina la contrazione del muscolo elevatore della palpebra che si ritrae ed il soggetto ha quindi questo sguardo sbarrato. L’oftalmopatia tiroide correlata si presenta nel 75% dei pz entro un anno (prima o dopo) dalla comparsa dei sintomi di tireotossicosi ed in alcuni può comparire anche in assenza di tireotossicosi. L’interessamento oculare in genere è bilaterale, ma in alcuni casi è asimmetrico. Il quadro clinico è tanto più grave quanto è maggiore la pressione nella cavità orbitaria. Le cause dell’esoftalmo sono state già analizzate sopra. L’alterata motilità può anche causare alterazioni della vista (i muscoli sono 6, 4 retti e 2 obliqui) con strabismo, diplopia e così via dicendo. (​Nel caso della foto si ha la proptosi cioè la sporgenza dell’occhio​). Tramite l'oftalmometro, ovvero degli specchietti che permettono di vedere quanto sporge l’occhio, dopo 3-4 mm parliamo di esoftalmo. Ci può essere anche coinvolgimento dei tessuti molli con edema palpebrale. Ci sono dei casi rarissimi, descritti in letteratura, di lussatura del bulbo oculare. Non tutti i soggetti riescono a chiudere le palpebre perché se l’esoftalmo è importante c’è lagoftalmo. L’occhio rimane aperto e questo è un problema perché seccherebbe (evaporazione delle lacrime) e diventerebbe suscettibile ad infezioni e traumi. Per questo ai pz si consiglia di fare un bendaggio notturno. I sintomi dell'oftalmopatia inizialmente sono molto simili a quelli di una congiuntivite. Per quanto riguarda la diminuzione dell’acuità visiva, così come anche per la diplopia, si possono avere se c’è compressione del nervo ottico. Si deve intervenire prima che si abbiano queste ultime perché si può arrivare alla cecità.

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Terapia dell’oftalmopatia è cortisonica a scopo immunosoppressivo perché l’eziopatogenesi è autoimmune mentre quando il quadro è grave si ricorre ad interventi di decompressione orbitaria (anche per via transcranica). La prima cosa da dire al pz è di smettere di fumare. Il fumo in generale è un fattore di rischio per tutte le patologia autoimmuni. La patologia una volta prevalentemente il sesso maschile mentre al giorno d’oggi colpisce di più le donne perché fumano più degli uomini e sono anche più restie a smettere. L’oftalmopatia rappresenta anche un problema dal punto di vista estetico, dato che il pz prova vergogna a farsi vedere in quel modo, ma nonostante tutto, difficilmente smette di fumare. La radioterapia esterna, con azione linfocitolitica serve a contrastare l’azione autoimmunitaria, causa dell’oftalmopatia. Segni clinici del Basedow Le manifestazioni cliniche sono legate per lo più all’ipertiroidismo ed in gran parte riconducibili alle modificazioni metaboliche e all’iperattività del sistema adrenergico, contemporaneamente ad una riduzione del tono vagale (sintomi generali della tireotossicosi, vedi segni lezione 7 parte finale). Sono invece peculiari le manifestazioni dovute ai processi autoimmunitari come ad esempio l’oftalmopatia e la dermopatia basedowiana. Entrambe sono causate dall’accumulo di GAG che causano la ritenzione idrica. Terapia del Basedow La malattia può essere trattata con terapia farmacologica (conservativa). Radiometabolica o chirurgica (radicale). Inizialmente si utilizzano farmaci inibitori della TPO ​(metimazolo) che permettono di ridurre la sintesi degli ormoni tiroidei. Tra gli effetti collaterali del suo utilizzo l’agranulocitosi su base idiosincrasica, per questo è necessario eseguire l’emocromo durante la terapia. La terapia va iniziata con dosaggi elevati per poi ridurli valutando la clinica e la biochimica dell’ipertiroidismo. È necessario ricordare come nei primi il TSH non rappresenta un buon marker dato che l’ipofisi necessita di tempo per tornare al normale ritmo secretivo. La terapia viene condotta per 12-18 mesi anche nei pz che rispondono bene già dopo pochi mesi. Per riduzione dei sintomi si utilizzano 𝛃 ​ -bloccanti ​(propranololo). Il 30% guarisce definitivamente mentre il 70% recidiva e va incontro a terapia risolutiva radicale.

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Da questo momento la terapia è uguale per le varie tireotossicosi, ma la riporto qui per completare il discorso. L’utilizzo della ​terapia radiometabolica ha come scopo la somministrazione di radioiodio per distruggere la tiroide e causare ipotiroidismo che compare generalmente tra l’ottava e la ventiquattresima settimana dopo la somministrazione. In questo periodo di stallo il pz esegue terapia con farmaco antitiroideo (somministrare 5-7 giorni prima del radioiodio). Questo tipo di terapia può essere eseguito solo è possibile escludere una gravidanza nei 6-12 mesi successivi. L’effetto collaterale più temuto è la crisi tireotossica dovuta al rilascio incontrollato di ormoni accumulati nella colloide. Lo iodio radioattivo può essere utilizzato come prima scelta (lo è negli USA) o in caso di: - Allergia ai farmaci antitioridei; - Scarsa collaborazione del paziente ​(spesso manca la compliance, succede che questi pz stanno male si da l’antitiroideo, stanno bene e pensano di essere guariti, sospendono e poi stanno nuovamente male); - Costanti recidive di ipertiroidismo; - Controindicazioni alla chirurgia. Le controindicazioni: - Età inferiore a 5 anni; - Gravidanza e allattamento; - Noduli sospetti - Voluminoso gozzo con segni di compressione. Terapia chirurgica ​ha come vantaggio quello di risolvere immediatamente l’ipertiroidismo. Per essere efficace devono essere rimossi almeno 9/10 di tiroide. Un effetto collaterale può essere l’ipocalcemia da ipoparatiroidismo postchiurgico che può essere funzionale (transitorio) o permanente.

Il problema del Basedow è che ha degli alti e dei bassi, come in tutte le malattie autoimmuni ed è fastidioso da trattare perché bisogna trovare il giusto dosaggio ormonale, ovvero, fare numerosi controlli per cambiare la terapia di volta in volta. Fin dal primo giorno bisogna dire al pz che c’è la possibilità di una terapia definitiva ed il pz potrebbe decidere di eliminare il problema con la chirurgia invece che fare questa via crucis (controlli abbastanza frequenti).

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Noduli tiroidei Gozzo Multinodulare e Adenoma tossico (Malattia di Plummer) Quando vediamo dei noduli con ipertiroidismo è una delle poche situazione in cui siamo costretti a ricorre alla scintigrafia per identificare la presenza di un unico nodulo caldo o di un plurinodulare tossico (alternanza di noduli caldi e freddi). Anche qui avremo fT3, fT4 alti, TSH basso. Gli anticorpi sono neg perché l’eziopatogenesi non è autoimmunitaria. In questo caso c’è una mutazione costitutiva del recettore del TSH che essendo costitutivamente attivato porta alla attivazione continua del recettore. Nella terapia vengono utilizzati i due farmaci che bloccano la sintesi degli ormoni tiroidei: metimazolo ​(in commercio in Italia) e il propiltiouracile ​(non è in commercio in italia) che serve a ridurre la conversione di T4 in T3. Viene utilizzato nella donna in gravidanza durante il primo trimestre per i minori effetti collaterali o in caso di allergie al metimazolo. Se nel Basedow utilizziamo gli antitiroidei, nei gozzi uni e multinodulari tossici è difficile che il pz vada in remissione una volta arrivato all’ipertiroidismo. Se vogliamo risolvere definitivamente il problema si toglie il nodulo o lo si distrugge con il radioiodio (terapia definitiva).

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Tireotossicosi iatrogena o factizia La differenza tra le altre e la iatrogena o fattizia si vede tramite la Tg bassa (l’unico spazio dove questa trova valore dal punto di vista diagnostico in pz che hanno la tiroide). Ci serve dosarla quando ci sono gli anticorpi negativi. Nel caso della fattizia è bassa il pz perché prende ormoni dall’esterno e quindi si blocca il TSH (e quindi la tg è bassissima). La ​scintigrafia ​non è eseguibile perché il TSH è soppresso e quindi la tiroide non capta lo iodio. Nel caso del Basedow la captazione dello iodio è veloce nonostante il TSH è soppresso perché ci sono gli anticorpi che simulazione l’azione del TSH e quindi la ghiandola capta lo stesso. Una captazione alta fa pensare al morbo di Basedow. La captazione bassa fa pensare alla factizia o ad una tiroidite (dove l’aumento degli ormoni tiroidei è dovuto alla lisi cellulare e comunque sempre il TSH è soppresso). Ecografia​: tiroide normovascolarizzata. Tiroiditi. Vuol dire infiammazione della tiroide. Possiamo utilizzare vari criteri come quello eziologico o di frequenza. Le forme più frequenti sono: - Tiroidite subacuta dolente (de Quervain)​; - Tiroidite subacuta silente (post-partum) ​presente comunque anche negli uomini; - Tiroidite cronica linfocitaria (Hashimoto)​, la più frequente in assoluto. Le forme rarissime sono: - Tiroidite acuta suppurativa ​(si forma un ascesso nella tiroide, molto ma molto rara); - Tiroidite fibrosa o lignea (di Riedel)​. Le forme batterica è più facile nella suppurativa, mentre la causa più frequente della dolente sono i virus. Nel caso della silente autoimmunitaria sappiamo che il sistema immunitario durante la gravidanza è minore e poi aumenta rapidamente nel post partum. Nella linfocitaria l’eziopatogenesi è anche essa immunitaria. La tiroidite fibrosa di Riedel ha eziologia sconosciuta.

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Tiroidite subacuta dolente L’eziologia fa capire perché le tiroiditi subacute si manifestano di più in periodi ben precisi, la maggior parte si vedono da luglio agosto, perché sono dovute a dei gastroentero virus. Queste sono rare perché la tiroide per sua fortuna è una ghiandola ben protetta. È difficile che l’agente eziologico si vada ad insinuare nella tiroide. Il problema è che una volta che entra è molto difficile fermarlo e far passare una tiroidite richiede anche mesi. Appena si riduce la terapia si ha la recidiva. Captazione I131è soppressa, perché il TSH è soppresso ed il parenchima è infiammato. Clinica Si capisce che quel pz ha la tiroidite anche dal punto di vista clinico perché il pz arriva disfatto (possibilmente il medico di medicina generale ha dato aspirina ma non passa) e riferisce ingrossamento della tiroide, dolore che si irradia alla mandibola ed orecchio sia spontaneo che evocato, febbre, disfagia ecc. Quindi in generale una manifestazione infiammatoria (tumor, rubor, calor, dolor). La sintomatologia è molto ma molto importante e a volte i pz cambiano anche personalità talmente stanno male, poi con la terapia migliora. Il dolore si dice migrante perché dopo la somministrazione di cortisone il dolore si sposta. La tireotossicosi da tiroidite non può essere mai cronica perché prima o poi se la tiroidite dovesse continuare all’infinito, il meccanismo cronico di citolisi distruggerebbe tutto il parenchima tiroideo e quindi non ci sarebbero più ormoni. Spesso le tiroiditi vanno in tireotossicosi, poi vanno in eutiroidismo, poi possono andare anche in ipotiroidismo. Generalmente, da questa ultima fase di ipotiroidismo, il 95% recupera poi la funzione, il 5% rimane in ipotiroidismo. Questa è la storia naturale delle tiroiditi subacute. Terapia Per il dolore si utilizzano cortisonici e fans. Gli antitiroidei sono inutili perché l’eziopatogenesi non è da aumentata sintesi ma da aumentata liberazione. Sono molto utili i beta bloccanti perché nella fase tireotossica si aggiungono anche i sintomi dell’ipertiroidismo. Il cortisone, nonostante sia una patologia virale, si da perché: se non ce la fai con i cortisonici figurati con i FANS. Se è una forma lieve possiamo utilizzare i FANS ma se è la forma grave neanche i cortisonici ce la fanno. Gli antivirali non fanno niente.

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Tiroidite Acuta​ ​Suppurativa È una patologia molto rara caratterizzata dalla formazione di un ascesso purulento legato prevalentemente a batteri. Si manifesta con dolore e febbre (sintomi tipici della flogosi). Gli ormoni sono normali perché spesso l’ascesso è localizzato ed è difficile che vada in lisi; La captazione è normale (l’ascesso ovviamente non capta); Alla scintigrafia l’ascesso sarà visibile come un nodulo freddo. La terapia è basata su antibiotici, drenaggio del materiale purulento fatto con una siringa bella grossa e utilizzo di FANS.

Tiroiditi croniche sono le più frequenti in assoluto: - Tiroidite asintomatica; - Tiroiditi di Hashimoto; - Mixedema Idiopatico. Queste tiroiditi possono durare anche tutta la vita senza dare alterazioni strutturali o funzionali (tiroiditi asintomatiche). Gli Ab della Hashimoto possono comunque fare danno che porta frequentemente all’ipotiroidismo da danno funzionale. La causa più frequente di ipotiroidismo è questa soprattutto nelle donne post menopausa. Gli anticorpi che possiamo andare a titolare come marker di laboratorio quando sospettiamo una tiroidite cronica autoimmune: - Anti-microsomi tiroidei (AAM) o Anti-tireoperossidasi (ANTI-TPO); - Anti-tireoglobulina (AAT); - Anti-recettore del TSH (TRAb = Thyrotropin receptor antibodies): - Stimolanti (TSAb); - Bloccanti (TBAb). Dal punto di vista clinico quelli che hanno più importanza sull'evoluzione della disfunzione tiroidea verso l’ipo- o l’iper- tiroidismo sono rappresentati dai TRAb.

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Subacuta silente (post-partum) Una donna ha più possibilità di sviluppare una tiroidite post partum se ci sono determinati fattori di rischio quali: - Familiarità per ATD (malattie tiroidee autoimmuni); - Presenza di TPOAb prima della gravidanza; - Precedente episodio di tiroidite post-partum; - Diabete tipo 1; - Altre patologie autoimmuni; - Progresso aborto; - Fumo; - Allattamento artificiale. Questo andamento vale sia per la silente post partum che per la dolente. Passata la fase iniziale della tireotossicosi (post partum), esaurita la fase di liberazione ormonali, i pz vanno in eutiroidismo e se molto importante vanno in ipotiroidismo e qui il quadro sarà simile alla subacuta dolente. Il 95% recupera la funzione mentre il 5% rimane ipotiroideo.

Terapia delle tiroiditi Se ​tireotossicosi​: La tiroidite autoimmune si può estrinsecare verso l’ipertiroidismo data la presenza di anticorpi tireostimolanti (TSAb). In questo caso la terapia sarà costituita da β–bloccanti​. Non diamo l’anti-tiroideo (metimazolo) perché è utile nel Basedow in quanto c’è un ipertiroidismo da esagerata produzione di ormone ma nella subacuta silente è inutile in quanto la tireotossicosi è provocata da un processo di citolisi. Se c’è citolisi è inutile dare gli anti-tiroidei in quanto non hanno alcun effetto sulla distruzione delle cellule. Se ​ipotiroidismo​: La tiroidite autoimmune evolve verso l’ipotiroidismo per un danno cellulare esteso a causa della infiltrazione leucocitaria, per la presenza di anticorpi TBAb (come nella tiroidite di Hashimoto) dobbiamo dare la ​L-tiroxina​, dobbiamo sostituire quel cattivo funzionamento della tiroide. Se ​asintomatica​: Attenzione!!! Questo è un punto critico: ​la maggior parte dei pazienti che arrivano alla vostra osservazione saranno pazienti con tiroidite cronica autoimmune asintomatica, dove la parola asintomatica dice tutto. I pazienti arrivano all’osservazione del medico molto allarmati perché hanno gli anticorpi anti-tiroide, ma valutando la funzionalità tiroidea questa risulta perfettamente funzionale. Il paziente è eutiroideo con valori FT3, FT4 e TSH normali. Non hanno alterazioni ecografiche se non il quadro classico tipico delle tiroiditi.

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Questi pazienti vanno ​monitorati​, non vanno trattati. Pazienti arrivano allarmati e con terapie inopportune date dai medici curanti o specialisti che danno la tiroxina con l'obiettivo di prevenire o curare. La tiroxina non va utilizzata! Così come non vanno utilizzati FANS o cortisonici per evitare gli effetti collaterali. La fascia di pazienti asintomatici è la più ricca della popolazione. Se andassimo a cercare gli anticorpi antitiroide nella popolazione soprattutto nel sesso femminile siamo intorno al 15-20%. Questo vuol dire che 1:5 ragazze ha gli anticorpi anti-tiroide positivi senza saperlo. Questo è meno frequente nel sesso maschile siamo intorno al 5%. La stragrande maggioranza di questo 5% e 20%, decorre in maniera asintomatica. Il fatto che i pazienti siano asintomatici in un determinato momento non vuol dire che questi lo resteranno per tutta la loro vita. Ci può essere un’evoluzione verso l’ipertiroidismo, più spesso verso l’ipotiroidismo quindi il follow-up è necessario, così come si raccomanda, dato che c’è una certa suscettibilità genetica di fare uno screening sugli altri elementi della famiglia. Inoltre si deve indagare nello stesso soggetto sulla presenza di altre eventuali patologie su base autoimmunitaria siano esse di tipo endocrino o non endocrino. Ovviamente spesso e volentieri la malattia può trovarsi come unica manifestazione dell’autoimmunità. Il semplice monitoraggio dei pazienti asintomatici è un concetto importante perché è uno degli errori più frequenti della pratica clinica quotidiana.

Caso clinico Paziente di sesso femminile, 37 anni. Anamnesi: ​Riferisce da qualche settimana astenia, cardiopalmo, intolleranza al caldo, tremori e importante calo ponderale. Questo fa pensare ad un ipertiroidismo, ci sono molti segni che vi orientano verso questo, ma ricordate che i sintomi e i segni possono essere aspecifici. E.O​: Altezza 165 cm, Peso 68kg, ​P.A. 150/70​. ​Cute leggermente sudata, fini tremori alle mani, lieve retrazione palpebrale. F.C. 120 bpm. Quindi vi è un ​aumento della pressione differenziale (caratteristico dell’ipertiroidismo e dovuto all’azione delle catecolamine a causa del maggior inotropismo cardiaco e delle ridotte resistenze periferiche). La ​lieve retrazione palpebrale potrebbe essere un segno patognomonico di morbo di Basedow? No, il segno patognomonico di questo è l’esoftalmo, quindi fate attenzione perché la retrazione palpebrale è soprattutto un segno di ipertono simpatico che hanno tutti gli ipertiroidei non solo quelli con morbo di Basedow! Alla palpazione c’è una ​tiroide leggermente aumentata di volume, superficie finemente regolare, consistenza lievemente aumentata, senza noduli. Questo vi orienta ulteriormente? Diciamo che vi siete orientati verso l’ipertiroidismo, non avete ancora capito la causa ma sapete che può essere un Basedow, un adenoma tossico, una tiroidite subacuta dolente, silente ecc… Siete in grado di fare la diagnosi eziologica? Ancora no! Potrei dirvi alla palpazione non ci sono noduli e

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quindi possiamo escludere l’adenoma tossico! Non è così perché abbiamo detto che sono palpabili solo nel 5% dei casi ma sono presenti nel 30%, bisogna aspettare la conferma ecografica. Richiediamo e ​ sami di laboratorio.​ Esami da richiedere: ​TSH, FT3, FT4, anticorpi​.Quali anticorpi? Per fare un esempio nel morbo di Basedow gli anticorpi anti-tireoglobulina sono presenti nel 40% dei casi, gli anticorpi anti-tireoperossidasi intorno al 60%-70%, i TRAb intorno al 90%- 95%. Vedete come la probabilità varia quindi si vanno a dosare prima i ​TRAb, poi gli anti-TPO, poi AAT​. Qualcuno farebbe altri esami? La tireoglobulina la fareste? Nessuno vuole farla, il prof è d’accordo perché è troppo aspecifica, non va fatta in questa fase. Paradossalmente poteva essere utile se era bassissima nel caso di tireotossicosi factizia/iatrogena. - FT3: 14,6 pg/ml (vn: 2,7 - 5,7); - FT4: 27,4 pg/ml (v.n. 7 - 17); - TSH: <0,06 U/L (v.n. 0,3 – 3,4); -

AAT 87 U/ml (v.n. <50): AbTPO 780 U/ml (v.n. <10); TRAb 20 U/L (v.n. < 10).

Richiediamo E ​ coColor-Doppler perché nel Basedow c’è l’inferno tiroideo, quindi una vascolarizzazione imponente, se è una tiroidite la vascolarizzazione è normale o addirittura scarsa così come lo è nella tireotossicosi factizia. Ecografia tiroidea:​ - Volume aumentato (34 ml); - ecostruttura ipoecogena e disomogenea; - Intensa vascolarizzazione​; - Non noduli distinti.​ Richiediamo la captazione con I131 e la scintigrafia: La ​captazione ​ha un ​aspetto ad angolo di fuga nel Basedow, è normale-alta nell’adenoma tossico, è bassa nella tireotossicosi factizia e nella tiroidite subacuta. La scintigrafia serve necessariamente solo nel momento in cui c’è un nodulo per escludere che possa essere un nodulo caldo: Dopo l’ecografia data la vascolarizzazione il sospetto si indirizza verso il morbo di Basedow. Il nodulo caldo si esclude, il gozzo multinodulare si esclude, la tiroidite subacuta la escludiamo per la vascolarizzazione. La conferma diagnostica viene dagli a ​ nticorpi TRAb positivi,​ c ​ aptazione I131 in angolo di fuga e scintigrafia ipercaptante​. Diagnosi: Morbo di Basedow Terapia: medica con Metimazolo e B-bloccante dà al paziente un 30% di possibilità di guarigione. Non si danno i cortisonici. La terapia definitiva è: chirurgica o il radioiodio. Si fa nel momento in cui il paziente non risponde alla terapia. Tuttavia è bene illustrare la terapia definitiva al paziente all’inizio dell’iter terapeutico e risparmiargli il passaggio dalla terapia medica qualora lui preferisse la terapia definitiva.

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Si inizia una quindi terapia con gli anti-tiroidei, si fa il follow-up aggiustando la terapia in base ai risultati. Si controlla il paziente dopo un anno la terapia medica può funzionare nel 30% dei casi ma nel 70% avrò una recidiva. Focus sulla terapia con radioiodio: Negli anni ‘80 il maestro del prof non voleva che si trattassero con il radioiodio i pazienti sotto i 50 anni, cioè soggetti giovani. Le evidenze in letteratura erano molto scarse quindi si preferiva non farla nei giovani. Questa soglia dei 50 anni si è abbassata sempre di più. Se leggiamo le ultime linee guida americane questo cut-off è stato portato a 5 anni. Generalmente in età pediatrica non si usa il radioiodio (teoricamente in casi eccezionali potrebbe anche essere usata ad esempio se ci sono controindicazioni alla chirurgia). Sicuramente il radioiodio non verrà usato come terapia di scelta nel giovane perché si è più radiosensibili in tenere età quindi si rischia l’insorgenza di eventuali secondi tumori o altri problemi. Negli anziani questo rischio si riduce al minimo. Quindi il radioiodio è sicuramente indicato negli anziani, in assenza di noduli sospetti. La signora di 37 anni che non aveva noduli, poteva anche essere un’ottima candidata, in caso di fallimento della terapia medica, alla terapia con radioiodio. Non si dovrebbe dare il radioiodio durante la gravidanza o l’allattamento perché questo avrebbe effetti anche sulla tiroide del feto o del neonato. L’indicazione alla tiroidectomia viene posta nel caso in cui il paziente è un bambino o se c’è un gozzo multinodulare di grandi dimensioni che dà sintomi da compressione. La chirurgia è indicata in caso di gravidanza o noduli sospetti. Vediamo le controindicazioni che sono le stesse di quelle della chirurgia. Per quanto riguarda la grandezza della tiroide prima si era detto che la terapia con il radioiodio faceva sì che il volume della tiroide diminuisce man mano durante la terapia. In questo caso i pazienti inoperabili o che non si vogliono operare per loro scelta e che hanno un grosso gozzo con sintomi da compressione possono trarre beneficio dal trattamento con il radioiodio. Bisogna valutare attentamente insieme al paziente i pro e i contro di entrambe le tecniche e decidere quale sia quella più vantaggiosa da utilizzare nel caso specifico Potenziali complicanze del trattamento con radioiodio​, con particolare attenzione a quelle renali dato che l’eliminazione di questo avviene soprattutto attraverso il rene: Molti si domandano quali siano le complicanze soprattutto neoplastiche di questo trattamento, poiché abbiamo detto che negli USA hanno già studi di terza generazione, in quanto gli studi sono iniziati negli anni 40, ​fino ad ora non ci sono evidenze in letteratura (parlo di linee guida, perché alcuni lavori sporadici non vengono considerati come reale riscontro scientifico) di grossi effetti collaterali sia a livello renale che di altra natura, quindi è una terapia che fino ad oggi viene considerata sicura. Perché la terapia con radioiodio non si utilizzi nei gozzi voluminosi? Qualora ci sia un gozzo di grandi dimensioni, mettiamo caso sia un gozzo plurinodulare, la terapia con radioiodio è più rischiosa perché ​non si è sicuri della percentuale di recidive che potrebbero insorgere, quindi, tra le due terapie, si preferisce fare una tiroidectomia perché è una soluzione definitiva​; se però il paziente ha 80 anni e non si vuole operare oppure ha delle controindicazioni, si può provare la terapia con radioiodio che in questo caso è di seconda scelta.

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Tumori della tiroide. Epidemiologicamente è un problema che ci riguarda molto vivendo vicino ad un vulcano. In generale circa il 5% dei noduli clinicamente manifesti possono andare incontro a degenerazione neoplastica. L’incidenza annua nella popolazione mondiale è di 2/100mila uomini e 3/100mila donne (si parla di popolazione mondiale dato che nelle nostre zone l’incidenza è molto più elevata). Il carcinoma tiroideo viene classificato a seconda della sua origine istologica e del suo differenziamento in: - Carcinoma che deriva dalle cellule follicolari: - 80% ​papilifero​; - 11% ​follicolare​; - 3% a ​cellule di Hurtle​; Carcinoma che deriva dalle cellule parafollicolari: 4% ​midollare ​(che deriva dalle cellule parafollicolari o cellule C); Carcinoma indifferenziato: - 2% ​anaplastico​, scarsamente differenziato, molto raro per fortuna perché è un carcinoma devastante e con una prognosi pessima. Al contrario degli altri dove si può vivere anche per decenni, qui si vive massimo per 6 mesi1 anno. Nell’essere indifferenziato ha una crescita esagerata e molto veloce e si può morire addirittura per compressione della trachea e quindi asfissia. Colpisce soprattutto gli anziani.

Fattori di rischio I fattori genetici sono importanti soprattutto nel midollare, ma un minimo rischio c’è anche per quelli follicolare e papillifero. I fattori ambientali sono fondamentali: - Radiazioni, basti pensare a Chernobyl dove dati riportano circa 4000 casi di tumori alla tiroide in soggetti da 0 a 18 anni dopo l’incidente. La maggior parte comunque con prognosi favorevole (al 2002 si contavano 15 morti); - Carenza iodica (follicolare ed anaplastico); - Altro (nutrizionali, ormoni sessuali, inquinamento, ambiente vulcanico). Secondo dati del 2002: In Islanda 8/100 mila, in Giappone 9.3, In sicilia 13,4 su centomila abitanti. La nostra regione è l’unica che ha fatto il registro dei tumori tiroidei (facendolo anche molto bene) con una netta e maggiore incidenza nelle donne (sono più frequenti i noduli). Quando sono andati a scannerizzare provincia per provincia ne è emerso che erano tutti a Catania praticamente. Quando è stato fatto lo studio, uscì fuori che alcuni ricercatori avevano trovato una maggiore incidenza di tumori tiroidei a Catania. L’ambiente vulcanico o meglio le acque di origine vulcanica (radon, vanadio ecc). Questa comunque è una ipotesi, mentre sul giornale era uscito che era proprio questa a fare venire i tumori. Il prof ha preso topi nei quali hanno inoculato queste sostanze sospette ed alcuni topini è venuto il tumore della tiroide.

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Follow up del carcinoma differenziato della tiroide​. PUNTO IMPORTANTE. Il prof chiede: il pz è stato operato e il chirurgo lo manda dal clinico perché ha trovato carcinoma. Gli elementi più importanti da seguire nel pz sono: - Dosaggio della Tg ​(se è 0 siamo tranquilli, se alta o è un residuo o ci sono delle metastasi); - Scintigrafia totale corporea con I131 (total body). Questa si utilizza per cercare le metastasi, che qualora saranno presenti vengono indicate come aree altamente captanti ​(occhio nelle foto a quelli che sono i punti di repere);​ - Ecografia del collo (il papillifero coinvolge i linfonodi del collo mentre il follicolare metastatizza per via ematica quindi è più facile che si ritrovi al polmone o nelle ossa). Sospetto metastasi: - Collo (ecografia del collo). Se il linfonodo è sede di metastasi apparirà più rotondeggiante, perde l’ilo (quindi perde la stria iperecogena) e può andare in colliquazione. Occhio a saperlo riconoscere; - Mediastino ​(TC spirale). A causa della presenza dello sterno i linfonodi non sono visibili con l’eco; - A distanza: - Polmoni: scintigrafia, TC spirale; - Ossa: scintigrafia, RMN; - Cervello: TC Prevalenza di recidive Benché la prognosi del carcinoma differenziato della tiroide sia complessivamente favorevole, le recidive (più frequenti nei primi 5 anni) possono comparire anche tardivamente (circa il 30% in generale). È noto infatti che lo 0,5 - 0,6% dei pazienti possono recidivare anche dopo tempi medi di 12- 15 anni dal momento in cui sono stati considerati guariti. ​Il follow up dei pazienti deve durare per tutta la vita! La sopravvivenza libera da malattia nel carcinoma differenziato della tiroide è circa 90% a 10 anni. Il 5-20% di tali casi presenta persistenza di malattia o sviluppa recidive locali o regionali. Il 10% manifesta metastasi a distanza nel tempo. Il 5% decede a causa della malattia. Nei giovani le conseguenze come ad esempio le metastasi sono più importanti.

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Endocrinologia - Lezione 10 Per ulteriori approfondimenti si consiglia la visione dei relativi argomenti dagli Appunti di chirurgia del prof.Veroux (lezioni su MEN e patologie delle paratiroidi). Carcinoma midollare tiroideo (CMT) Tumore maligno con evidenza di differenziazione a cellule C (WHO). La calcitonina è il marker più importante insieme al CEA (che non ha nessuna utilità nel carcinoma a derivazione follicolare). La calcitonina è utile anche nella diagnosi preoperatoria, infatti si diagnostica il carcinoma midollare perché in presenza di noduli della tiroide ci troviamo di fronte a livelli di calcitonina elevati. Ricordiamo che questo rappresenta il 4-5% di tutti i tumori della tiroide, quindi è abbastanza raro, ed ha un’incidenza molto bassa 1-2/milione di abitanti anno. Il rapporto F/M è di 1,5:1. Rispetto a quello follicolare, questo ha una spiccata tendenza all’ereditarietà (circa il 20% dei casi), è quindi estremamente importante essere certi che l’individuo non abbia anche una componente di familiarità che va valutata. Sospetto clinico - Spesso, ma non in assoluto, si localizza nel terzo superiore e nel terzo medio dove c’è maggiore concentrazioni di cellule C; - Può essere dolente; - Spesso siccome metastatizza per via linfatica (anche ematica) ci troviamo di fronte a linfoadenopatie loco-regionali; - A causa della calcitonina e di altri mediatori ci possono essere flushing cutanei e diarrea; - Familiare nel 20% dei casi. Test genetico Se si individua un carcinoma midollare la prima cosa da capire è se sia sporadico o familiare. Il test genetico indirizza verso le decisioni terapeutiche e permette di individuare le forme familiari erroneamente classificate come sporadiche. Evita il rischio di ulteriori indagini ai familiari, se infatti notiamo una mutazione del gene RET (responsabile del carcinoma midollare) si devono screenare gli altri familiari, poiché sono portatori di mutazioni e quindi a rischio, mentre se è negativo è una forma sporadica che colpisce solo l’individuo. Il test genetico inoltre allarga lo screening alle altre patologie associate. Considerando la totalità dei carcinomi midollari vediamo come l’80% sporadico e il 20% sia familiare. Di questo 20% bisogna stare attenti perché questo può entrare nell’ambito delle MEN (Multi Endocrine Neoplasie): - FMTC (10%)​, semplice carcinoma midollare familiare; - MEN 2A (65%)​ sono associati: - carcinoma midollare tiroideo; - feocromocitoma; - Adenoma paratiroideo: - MEN 2B​ ​(25%)​: - Neurinomi; - Habitus marfanoide (dismorfismi) Nel MEN 2B non è presente l’adenoma paratiroideo ed ha una prognosi più cattiva. L’argomento è stato trattato approfonditamente negli Appunti di chirurgia del prof Veroux.

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Per quanto riguarda la ricerca di metastasi è molto simile a quanto visto per il carcinoma follicolare. In questo caso però per quanto riguarda le metastasi a distanza, unica differenza è il fegato (che nel caso del follicolare è rarissimo, mentre il midollare è molto facile che vada al fegato).

Terapia Quando ci troviamo di fronte ad un carcinoma midollare la terapia di scelta è chirurgica (tiroidectomia totale)​. Siccome spesso sono coinvolti i linfonodi (Il compartimento centrale e laterale del collo sono metastatizzati con uguale frequenza: 75%) soprattutto nelle forme sporadiche, si fa spesso anche la dissezione dei linfonodi al comparto centrale e anche laterale. È ancora più importante dell’altro tumore la completezza del quadro chirurgico. Perché è importante studiare la mutazione? Se la troviamo, sappiamo che altri individui della stessa famiglia sono a rischio per un carcinoma midollare, e basta la sola mutazione per dare indicazione ad un’intervento precoce. Essendo un brutto tumore e siccome è quasi certo che si sviluppi avendo la mutazione, si fa prevenzione e si evita che si sviluppi. Per MEN 2A si valuta la tiroidectomia entro il 5° anno. Nella MEN 2B, più aggressiva, entro il 1° anno. Se è FMTC si può anche azzardare a fare un follow up che si basa su alcuni test come quello della pentagastrina (che oggi non è più in commercio) e si valutano i livelli di calcitonina periodicamente.

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La menina (proteina prodotta dal gene MEN 1) è un'altra valutazione genetica che si fa per dire che il pz ha la MEN2 (​il prof non ha approfondito molto la cosa, secondo internet comunque è presente nel caso di MEN1 e non 2)​. Quando si diagnostica un carcinoma midollare e non si pensa ad una possibile MEN 2A, se si opera il pz senza sapere se ha un feocromocitoma (non diagnosticato) esso potrebbe anche morire per una potenziale crisi ipertensiva grave. Prima di operare quindi si deve escludere la MEN. Se si fa diagnosi, prima si opera per il feocromocitoma e poi per la tiroide. Una volta al prof è capitato che un ambulatorio sono arrivate due donne, madre e figlia vestite a lutto. Avevano tutte e due noduli e calcitonina elevata. L’orientamento per un carcinoma midollare era alto. Il prof ha chiesto come mai fossero a lutto, le donne risposero che era morta l’altra figlia all’ospedale durante il parto. Al prof si accende la lampadina e capisce che la figlia è morta per un feocromocitoma non diagnosticato e quindi per una crisi ipertensiva (ovviamente poi si è scoperto che le donne avessero la MEN 2A). Paratiroidi Anatomia Sono 4 (raramente 6) ghiandole disposte postero-lateralmente alla capsula della tiroide. La vascolarizzazione è molto importante per quanto riguarda la patologia della ghiandola, sono irrorate dalle arterie paratiroidee inferiori e superiori, rami dell’arteria tiroidea inferiore. Il ​PTH è formato da 84 aa. La parte attiva è quella costituita dai primi 34 della porzione ammino terminale. Il PTH ha numerosi organi bersaglio, ed ha azione sul metabolismo del calcio e del fosforo con ​azione ipercalcemizzante e ipofosforemizzante​, agendo su: - Osso attivando il riassorbimento osseo, spostando il calcio dall’osso al sangue; - Rene aumenta il riassorbimento del calcio e favorisce la seconda idrossilazione della vitamina D in posizione 25. Aumenta l’escrezione di fosfato; - Intestino, agendo in maniera indiretta aumentando l’azione della vitamina D. Sul rene e sull’osso agisce in maniera diretta mentre sull’intestino in maniera indiretta. I livelli di calcio nel sangue sono mantenuti tramite il PTH. Potenzialmente la calcitonina è il contro ormone ma non ce la fa completamente a competere. È per questo che il pz senza tiroide, senza calcitonina, mantiene la calcemia normale, a dimostrazione che prevalenteme i livelli di calcio sono regolati da PTH. Eccessiva calcemia tende ad inibire PTH, mentre bassa calcemia tende ad aumentare la secrezione (Meccanismo di controregolazione). Il calcio totale nel nostro corpo (quello che si dosa in laboratorio) è costituito da: - Calcio ionizzato 45% (agisce a livello metabolico); - Calcio complessato a sali e proteine 55%. Quando valutiamo la ​calcemia​ compresa tra​ 8,6-10,4 mg/dl​ dobbiamo ricordare che: - Massima parte è legata all’albumina 45%; - Citrato e fosfato 10%; - Libero ionizzato 45%.

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Se noi vogliamo sapere effettivamente qual è la parte ionizzata del calcio, o la calcoliamo in laboratorio, ma il calcolo è difficile e da molti falsi negativi, oppure dobbiamo applicare una formula: Ca tot + 0,8 x (4 - albumina g/dl)​. Viene valutata l’albumina perché essa modifica i livelli del calcio, infatti in caso di ipoalbuminemia i livelli rilevati nella calcemia totale saranno più bassi rispetto al valore reale (soprattutto del calcio ionizzato). Esiste anche un rapporto tra valore di pH e livelli di calcio, infatti 0,1 di aumento del pH equivale a 0,2 mg/dl di aumento del calcio legato. Ipercalcemia Le cause più frequenti di ipercalcemia sono​: - Iperparatiroidismo primario; - Neoplasie maligna ​(Ca mammario, renale, polmonare, neoplasie ematologiche) Queste due cause rappresentano il 90% dei casi di ipercalcemia. Iperparatiroidismo primitivo: - Adenoma (85%); - Iperplasia (14%); - Carcinoma (1%) sia esso sporadico o familiare. Nota: Solo il 10% dei casi di iperparatiroidismo ha spiccata familiarità ed è importante pensarci perché potremmo trovarci di fronte ad una MEN. Si possono anche avere delle forme associate a tumori della mandibola. Iperparatiroidismo secondario: - Ipovitaminosi D​. A volte può succedere che il PTH possa essere elevato per ipovitaminosi D ​(che abbiamo tutti o quasi -prof) quindi non riusciamo ad assorbire il calcio a livello intestinale e la calcemia tende ad abbassarsi e quindi PTH ad alzarsi; - Insufficienza renale​. I pz nefropatici (dializzati) hanno problemi anche nell’eliminazione del fosforo (iperfosforemia). Se aumenta il fosforo questo lega il calcio ionizzato e forma fosfato di calcio e quindi diminuendo il calcio ionizzato aumenta il PTH. Una delle cose da fare è abbassare i livelli di fosforo in questi pz tramite l’utilizzo di chelanti di fosfato. Iperparatiroidismo terziario nell’IRC: Partendo da una condizione di iperparatiroidismo secondario, poiché la paratiroidi sono talmente stimolate, formano un adenoma (questo è molto raro e si può trovare nelle insufficienze renali croniche). Alcuni riconoscono questa forma altri no. Partendo da un PTH alto, guardando la calcemia se: - Normale (secondario) - Alta (primario). L’iperparatiroidismo primitivo nell’80% dei casi, soprattutto nella fase iniziale è asintomatico o paucisintomatica. Spesso la scoperta è incidentale. Per qualche altro motivo il pz scopre una calcemia alta, si valuta il PTH e lo si trova alto, ma sta bene.

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Clinicamente il pz presenta alterazioni a carico di diversi organi: Rene​: - Calcolosi​, perché la calcemia è talmente elevata che passa talmente tanto calcio nel rene che può accumularsi (i calcoli si trovano nei tubuli); - Nefrocalcinosi​, il calcio si accumula a livello parenchimale: - Poliuria​; - polidipsia​. Osso,​ aumenta il riassorbimento dal tessuto osseo e quindi: - Osteoporosi ​(debolezza muscolare e rischio di fratture)​; - Osteomalacia; - Osteite fibrosa cistica (Morbo di Recklinghausen)​, si formano delle cisti nel tessuto osseo (soprattutto alle falangi) che poi vengono sostituite da tessuto fibroso. Alterazioni psichiche​: - Astenia; - Depressione; - Letargia; - Perdita della memoria ​(soprattutto a breve termine) - Difetti di concentrazione; - Psicosi; - Alterazioni di personalità; - Coma. Apparato digerente​: - Nausea; - Vomito; - Stipsi e diarrea alternate; - Ulcera peptica gastrica e duodenale; - Pancreatite ​(prof. Veroux) La sintomatologia dipende molto dai livelli di calcemia, tanto più sono elevati tanto più è grave: - <13 mg/dl segni aspecifici come: Nausea, anoressia, vomito, astenia, depressione, letargia; - 13-15 mg/dl​: calcificazioni parenchimali, insufficienza renale; - >15 mg/dl​: coma e arresto cardiaco. Esami di laboratorio - PTH (molecola intatta 1-84); - Calcemia; - Albuminemia. Se vogliamo avere altre informazioni: - Fosforemia; - Calciuria 24h; - Vitamina D; - Marker turnover osseo (fosfatasi alcalina, osteocalcina ecc)

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Esami strumentali - Ecografia cervicale​, nodulo nella faccia posteriore della tiroide (alto valore predittivo positivo, se si individuano le paratiroidi possono essere considerate malate, se non si individuano non vuol dire che non ci siano adenomi. ​Appunti chirurgia - Veroux​); - Scintigrafia paratiroidea​, viene eseguita con il sestamibi (sostanza coniugata a Tz99), serve per valutare la presenza di un adenoma, ma anche per permettere di evidenziare possibili lesioni ectopiche mediastiniche (per questo la finestra della scintigrafia viene fatta un po’ più ampia e allargata al mediastino) o un coinvolgimento multiplo ghiandolare. I falsi positivi possono essere dati da una patologia nodulare tiroidea, mentre i falsi negativi da paratiroidi di piccole dimensioni; - FNA + PTH wash​, se avessimo il dubbio che il nodulo che abbiamo punto sia tiroideo o paratiroideo, sul liquido di lavaggio si fa il dosaggio di Tg e PTH, se il nodulo è tiroideo sarà positiva la Tg, mentre se è paratiroideo sarà positivo il PTH. Se confermiamo l’iperparatiroidismo, è necessario anche valutare anche la presenza di possibili complicanze: - Ecografia apparato urinario​, per valutare presenza di calcoli; - Densitometria ossea​. - Rx, utilizzata soprattutto per la ricerca delle compromissioni ossee: riassorbimento osseo subperiostale e cisti ossee (Osteite Fibrocistica), degranulazione della teca cranica detta ‘’a sale di pepe’’, tumore bruno a livello della mandibola con comparsa della lamina dura (​Appunti chirurgia - Veroux). Caratteristiche della lesione - Aspetto ipoecogeno omogeneo; - Forma ovale, ben delimitata; - Posizione posteriore, con setto iperecogeno tra la tiroide e la lesione paratiroidea; - Presenza dell’ilo vascolare (ecocolordoppler); Fattori confondenti: variabilità linfoadenopatie cervicali.

della

sede

della

paratiroidi,

patologia

nodulare

tiroidea,

Esame citologico L’aspetto citologico è sovrapponibile a quello delle lesioni tiroidee, mancano infatti aspetti citologici caratteristici e spesso è anche molto difficile da eseguire. Per tale motivo l’esame più accurato è l’FNA + PTH wash. Storia dell’iperparatiroidismo lieve - Nel 73% dei pz con iperparatiroidismo asintomatico lieve seguiti dopo 10 anni Ca, PTH, BMD (densità minerale ossea) e calciuria non peggiorano, nel rimanente 27% la malattia è progressiva e quindi siamo obbligati a fare uno stretto monitoraggio. - L’età <50 anni è un fattore predittivo di progressione. - Dopo 10 anni di follow up tutti i pz con nefrolitiasi non sottoposti a paratiroidectomia hanno mostrato una progressione della malattia litiasica. - Rischi a lungo termine dell’ipercalcemia cronica, anche se lieve, non sono conosciuti (cardiovascolare, fratture e mortalità).

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Indicazioni chirurgiche nell’iperparatiroidismo primitivo Se il pz è sintomatico perché ha calcolosi o nefrocalcinosi, osteoporosi, fratture, segni radiologici o sintomatologia classica neuromuscolare è chiaro che si deve intervenire. Il problema si pone quando è asintomatico. Le linee guida consigliano l’intervento quando: - Calcemia >1 mg/dl dei valori massimi del range di normalità​; - Calciuria >400 mg/die​; - Clearance creatinina <30%​; - T-score <2,5 in qualsiasi sito. (Il T-score è un punteggio numerico che indica la BMD misurata attraverso la dual energy x-ray absorptiometry (DEXA) o tramite Mineralometria ossea computerizzata (MOC)); - Età < 50 anni​; - Follow up medico difficile​ per scarsa compliance. Questi sono i criteri per cui si va ad operare il pz con adenoma paratiroideo mentre se non ha queste seppur presenta una calcemia più alta non si opera e si può solo monitorare. Terapia Il trattamento per l’ipercalcemia si basa sull’​idratazione perché bisogna ridurre i livelli di calcemia e usare ​diuretici dell'ansa​. Se c’è coinvolgimento osseo quindi osteoporosi si fa uso dei ​bifosfonati che riducono il riassorbimento osseo. Gli ​estroprogestinici ​nelle donne post in menopausa e il Raloxifene​. Il trattamento recettoriale si fa con ​Cinacalcet ​ovvero calciomimetici agonisti del recettore del calcio che bloccano la produzione del PTH. Questo farmaco si utilizza anche qualora vi siano dei pz con adenoma non operabile. Ipoparatiroidismo chirurgico Una delle patologie più frequenti è l'ipoparatiroidismo post chirurgico, conseguenza rara (2% delle complicanze dell’intervento di tiroidectomia in mani esperte, figuriamoci in mani inesperte), seppur presente. Tra le gli interventi a rischio troviamo: - Interventi di tiroidectomia totale/parziale (TN); - Dissezioni estese del collo per neoplasie maligne; - Paratiroidectomia (PTN). Le cause più frequenti sono: - Legatura prossimale dell’a. Tiroidea prima dell’emergenza dei rami paratiroidei; - Danno da elettrobisturi; - Asportazione involontaria delle paratiroidi (rara). A volte l’ipoparatiroidismo chirurgico può essere transitorio (stunning) ed essere sintomatico o asintomatico. Si definisce permanente se dura per più di 6 mesi. A volte a causa dell’invecchiamento, l’ipoparatiroidismo in seguito ad intervento chirurgico, può manifestarsi anche ad anni di distanza. Le conseguenze sono opposte rispetto all’iper: - Bassa calcemia​; - Elevata fosfatemia ​(che aggravano i livelli di calcio perché lo legano formando fosfato di calcio e abbassando il calcio ionico); - PTH bassi o indosabile​. Bisogna quindi alzare i livelli di calcio e abbassare i livelli di fosforo.

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Clinica La ​sintomatologia acuta dipende molto anche dai livelli di calcemia. Nel caso dell’acuta i sintomi prevalenti sono dati da alterazioni neuromuscolari che possono sia essere spontanee (forme più gravi) che provocate (generalmente nelle forme più lievi). Se ipocalcemia acuta lieve il pz può avvertire: - Formicolio periorale e alle estremità; - Occasionali crampi muscolari. Qualora l’ipocalcemia sia acuta moderata: - Irritabilità generale; - Stato ansioso; - Crampi muscolari; - Alterazioni ECG (prolungamento del QT) Fino ad arrivare alla forma acuta grave: - Crampi muscolari; - Spasmo carpopedale. In questo caso il pz arriva già con la mano da ostetrico. È necessario infondere subito calcio endovena per far passare la crisi; - Laringospasmo, può portare alla morte del pz; - Convulsioni; - Coma. Questo è il motivo per il quale la maggior parte dei chirurghi mette subito il pz in terapia con il calcio e poi pian piano si svezza il pz abbassando la dose se si vede che i livelli di calcio sono buoni. Se il pz non cronico​: -

ha le manifestazioni acute, ma la calcemia è inferiore alla norma, si ha un quadro Cute secca; Capelli secchi e rigidi; Unghie fragili; Anomalie dentali; Calcificazione dei gangli della base; Cataratta; Tetania latente.

Laboratorio Se sospettiamo un ipoparatiroidismo: - PTH; - Calcemia e fosforemia; - Magnesemia poiché i livelli di Ca e Mg sono correlati; - Vitamina D, potrebbe essere una causa. Calciuria e fosfaturia non si fanno perché non avrebbe senso.

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Caso clinico Donna 69 anni giunge alla nostra attenzione appena dopo la dimissione dal reparto di chirurgia per tiroidectomia totale (1a giornata post operatoria). È giustificato effettuare il dosaggio della calcemia in tutti i pazienti chirurgici post tiroidectomia? Sì, è giustificato effettuare il dosaggio . Esistono elementi clinico anamnestici che possono indirizzare verso un sospetto di ipoparatirodismo chirurgico nella paziente? Nei casi più lievi può avere formicolii, crampi alle mani, ecc. e questi segni indirizzano verso l'ipocalcemia. In alcuni casi di tetania latente si può svelare dal punto di vista semeiologico se è presente ipocalcemia​, tramite due segni: -

Segno di Chvostek ​(meno specifico), si esegue una percussione al di sotto dell’osso zigomatico in corrispondenza del margine anteriore del massetere. In caso di segno positivo ​contrazione omolaterale del muscolo della bocca e dei muscoli faciali omolaterali. Questo è positivo nel 10% dei soggetti sani e negativo nel 29% dei soggetti con ipocalcemia biochimicamente evidente.

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Segno di Trousseau, ​si procede ad insufflare il bracciale dello sfigmomanometro al di sopra della pressione sistolica (ovviamente non esagerando e rilevando prima la pressione del pz) per 2-3 minuti. In caso di segno positivo, si assiste lentamente ad una ​contrazione muscolare con flessione del polso e delle articolazioni metacarpo falangee, iperestensione delle dita con flessione del pollice (mano ad ostetrico). Questo è positivo nel 94% dei pz ipocalcemici e positivo nell’1% dei pz sani è quindi sia sensibile che specifico.

Torniamo al caso clinico. Paziente: - Non presenta sintomatologia: - Chvostek lievemente positivo (scarsamente specifico), - Trousseau negativo (sensibile e specifico). Arriva il referto del laboratorio : - Calcemia 7,9 mg /dl​ (valori normali 8,2 -10,2). E' sufficiente questo rilievo per porre diagnosi di iperparatiroidismo chirurgico? No,si fa il dosaggio innanzitutto dell'albumina, poi del paratormone, fosfatemia, funzionalità renale.

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Nota bene​: come detto sopra, nella pratica clinica la calcemia viene spesso misurata come calcio totale e non come quello ionizzato. La concentrazione di albumina modifica i valori della calcemia totale, infatti nell’ipoalbuminemia (malattie croniche, malnutrizione e/o ospedalizzati) determina una riduzione del calcio totale. Pertanto per una corretta valutazione della calcemia si deve eseguire l’adeguata correzione per l’albumina. ​Ca tot + 0,8 x (4 - albumina g/dl). Alla luce di ciò, notiamo come il valore sia ​calcemia 8,4 mg/dl​, quindi ci troviamo di fronte ad una pseudoipocalcemia.

Terapia dell’ipocalcemia Se il nostro pz è ipocalcemico il nostro obiettivo è normalizzare i valori di calcemia e fosforemia. Meglio è ​tenere i livelli normali-bassi allo scopo di prevenire ipercalciuria (PTH basso) e ipercalcemia iatrogena. L’aumento di calcio nella dieta non è sufficiente né attendibile e costante. Molta gente si rifiuta di fare il calcio perché è sotto forma di bustine. Si è costretti all’utilizzo di preparazioni di calcio e vitamina D​. Si preferiscono le ​preparazione ​1ɑ-idrossilate perché il PTH è basso. Si preferiscono le preparazioni con emivita più breve per un migliore aggiustamento della posologia.

Piccola esercitazione riguardante la tiroide fatta dal prof per riepilogare il tutto. 1 Ft3 alta ft4 alta tsh basso ipertiroidismo prim 2 Ft3 normale ft4 normale tsh basso ipert subclinico 3 T3 normale e ft4 basso tsh alto ipotiroidismo clinico 4 ft3 normale ft4 normale tsh alto ipotiroidismo subclinico 5 fr3 bassa ft4 bassa tsh basso ipertiroidismo secondario centrale 6 t3 tot alta t4 totale alta tsh normale pillola o gravidanza o patologia epatica 7 t3 tot bassa t4 bassa tsh normale ipo TGBemia 8 ft3 normale ft4 normale tsh alto ac positivi tiroidite autoimmune subclinica 9 ft3 normale ft4 normale tsh normale calcitonina elevata carcinoma midollare. 10 ft3 alta ft4 alta tsh TSH alto. Refetoff oppure un adenoma tsh secernente 11 ft3 alta ft4 alta tsh captazione I131 alta. Graves 12 ft3 normale ft4 normale tsh normale captazione alta carenza iodica

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Endocrinologia - Lezione 11 Surrenale Le ghiandole surrenali dal punto di vista anatomo-istologico sono caratterizzate da due regioni: - Corticale (regione esterna) costituente circa l’80-90% di tutta la ghiandola produce mineralcorticoidi, glucocorticoidi e androgeni; - Midollare (regione interna) per la restante parte, produce le catecolamine. La regione ​corticale ​viene ulteriormente distinta in tre diverse regioni, diverse sia per produzione ormonale sia per aspetto istologico: - Glomerulare​: mineralcorticoidi (aldosterone e deossicorticosterone); - Fascicolata​: glucocorticoidi (cortisolo) e in minima parte anche androgeni; - Reticolare​: androgeni (testosterone, DHT, Δ4-androstenedione) e in minima parte anche glucocorticoidi. Le cellule di ogni regione sono caratterizzate da un diverso contenuto enzimatico che permette la realizzazione, partendo da un substrato comune: il nucleo ciclopentanoperidrofenantrenico del colesterolo, dei diversi tipi ormonali. Biosintesi ormonale Comprendere il processo di sintesi dei vari ormoni e la fisiologia surrenalica è fondamentale per capirne la fisiopatologia e quindi determinate patologie quali ad esempio quelle in cui per una mutazione genetica, viene a mancare un qualsiasi enzima di sintesi, evenienza che causa una sintomatologia dovuta alla mancata secrezione degli ormoni a valle e contemporaneamente da un accumulo di quelli a monte.

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Il precursore di tutti gli ormoni steroidei è il ​colesterolo, ​senza il quale non può avvenire la sintesi degli ormoni steroidei. Partendo da questo, tappa dopo tappa, vengono sintetizzati gli ormoni steroidei. Segue una descrizione delle varie tappe della sintesi, senza nulla aggiungere all’immagine allegata sopra, tranne quanto riportato sotto. Il ​desossicorticosterone ​è il più potente mineraloattivo che esiste (anche dell’aldosterone). Se un soggetto avesse un deficit della 20-22 desmolasi e della 20.22 idrossilasi, la patologia sarebbe talmente grave da non essere compatibile con la vita perché non si avrebbe la produzione di nessuno degli ormone della corticale. In questi soggetti il minimo comune denominatore è l’iperplasia delle surrenali perché mancando il cortisolo si avrebbe un’aumentata secrezione di ACTH che stimola i surreni che quindi iperplasizzano. Inoltre i surreni vanno incontro alla necrosi lipoidea risultando infarciti di colesterolo. Ad esempio, se c’è un deficit di 17-idrossilasi, dobbiamo partire dal presupposto che viene a mancare tutto ciò che c’è a valle e si accumula tutto ciò che c’è a monte. I soggetti quindi avranno iperplasia surrenalica congenita per lo stesso motivo di sopra. Potrebbero anche avere un aumento dei mineralcorticoidi. Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene La secrezione ipotalamica del CRF (o CRH) cioè il fattore di rilascio per la corticotropina (ACTH) è regolata da tutta una serie di stimoli nervosi centrali: - Ritmo circadiano; - Ipoglicemia; - Stress fisico e/o psichico; - Dolore; - Stress tossico o infettivo. È ben noto come il cortisolo, tra tutti gli ormoni della surrenale quello maggiormente sotto il controllo dell’ACTH, sia il principale ormone dello stress, infatti qualunque situazione che provochi stress fisico e/o psichico ne determina aumentata secrezione. Il cortisolo è quindi, in poche parole, l’ormone dell’emergenza (​I pz iposurrenalici che fanno terapia sostitutiva, se non aumentassero la somministrazione esogena di cortisolo, in caso di particolari eventi stressanti, potrebbero andare incontro a problemi come ad esempio il collasso cardiaco, proprio perché il cortisolo è l'ormone dell'emergenza). Il CRF stimola a livello ipofisario il rilascio di ACTH che a sua volta stimola tramite cascata del cAMP l’innesco della biosintesi del colesterolo che viene poi trasformato in pregnenolone ecc.

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Una cosa estremamente importante è che non tutti gli ormoni della corticale vengono influenzati allo stesso modo dall’ACTH. Esso è il principale, se non esclusivo, fattore di rilascio del cortisolo, ma già gli androgeni ne risentono in minor parte. L’aldosterone è quello minimamente influenzato dallo ACTH perché viene secreto tramite il SRA (Sistema Renina Angiotensina). Il meccanismo di feedback negativo del cortisolo si esplica sia a livello ipotalamico che ipofisario.

Il ritmo circadiano del cortisolo dipende dalla secrezione dell’ACTH, spostandosi di circa 1-2h dopo questo. Normalmente il picco del cortisolo è intorno alle 8 del mattino (quindi il picco di ACTH è intorno alle 6 del mattino). Dopo di che il cortisolo subisce un graduale decremento per poi avere un mini picco nel post pranzo (intorno alle 3-4 del pomeriggio). Entrambi sono molto importanti perché quando facciamo terapia sostitutiva dobbiamo rispettarli. Il punto più basso di secrezione si raggiunge durante il sonno per una mera ragione finalistico dato che l’individuo ha bisogno del cortisolo durante le ore di veglia e non certo quando dorme. Questo spiega perché negli adattamenti fisiologici questi ritmi si possono invertire: se valutiamo il cortisolo in un lavoratore notturno di lunga durata, è possibile trovare il ritmo invertito con zenit notturno e nadir diurno. L’asse ipotalamo ipofisi surrene è molto influenzabile. Il normale ritmo secretorio circadiano rappresentava tempo fa unico metro di valutazione per un normale funzionamento del surrene ed una volta si faceva diagnosi di Cushing già con il solo ritmo sballato.

Circolazione del cortisolo​: Per la maggior parte il cortisolo viaggia legato a delle proteine e solamente una piccola percentuale si trova libera: - CBG 75%; - Albumina 15%; - Cortisolo libero 10% Androgeni: - Testosterone si lega alle SHGB; - DEHA ed Androstenedione si legano debolmente all’albumina.

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Glucocorticoidi Il termine glucocorticoidi identifica il ruolo importante di questi ormoni nella regolazione della glicemia. Tuttavia tale definizione appare riduttiva, in quanto la loro attività biologica interessa molti altri aspetti del metabolismo intermedio e regola l’attività di numerosi organi e apparati. Analogamente agli altri ormoni steroidei presentano un recettore contenuto nel citoplasma cellulare. I recettori dei glucocorticoidi sono presenti praticamente in tutti i tessuti ed i principali effetti sono: -

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Azione iperglicemizzante: stimolazione gluconeogenesi e riduzione della captazione del glucosio nei tessuti​. Esso rappresenta uno degli ormoni della controregolazione insulinica prevalentemente grazie a questa azione; Stimolo lipolisi e inibizione lipogenesi (questo è vero in generale, ma l’effetto dipende sia dalla dose che dalla regione, vedasi il Cushing); Stimolo catabolismo proteico (stimolo sintesi solo a livello epatico). Questo contribuisce all’effetto iperglicemizzante; Aumento filtrato glomerulare ed ​azione sodio-idro ritentiva ​(diminuisce il potassio). ​Potenzialmente il cortisolo ha un potere mineraloattivo maggiore dell’aldosterone ma questo in pratica clinica non si ha poiché viene disattivato in periferia prima di svolgere questa azione a livello renale​; Stimolo rapidità trasmissione sinaptica a livello nervoso con azione eccitante (​Il primo caso di Cushing fu diagnosticato su un pz maniaco ricoverato in psichiatria); Azione linfocitolitica​; Effetti antiflogistici (riduzione secrezione istamina, attività polimorfonucleati, stabilizzazione membrane lisosomiali, inibiscono i mastociti, provocano shift da Th1 a Th2). Sono i più potenti antinfiammatori che conosciamo. Inibizione dei fibroblasti e della fibrosi connettivale​; Aumento secrezione acida gastrica e riduzione produzione muco​. Questo effetto gastritico e ulceroso diventa rilevante quando si esegue una terapia ad uso cronico senza l’utilizzo di gastroprotettori Riduzione trama proteica ossea ​e ​riduzione del riassorbimento calcio con conseguente aumento del PTH e aggravamento dell’osteoporosi riconducibile sia ad una diminuzione del riassorbimento renale e intestinale di calcio sia alla riduzione della trama proteica; Aumento gittata cardiaca e resistenze vascolari periferiche​. L’effetto ipertensivo è legato sia alla ritenzione di sodio ed acqua sia all’aumento dell’azione della gittata cardiaca che delle resistenze periferiche (aumentano sia la sistolica che la diastolica); Blocco produzione degli ormoni ipofisari​. Questo effetto si esplica solamente a dosi farmacologiche o patologiche. Per quanto riguarda le dosi farmacologiche, nei pz che fanno terapia cortisonica cronica, si può notare una riduzione del TSH per cui magari si è portati a pensare ad un ipotiroidismo, realtà da escludere già all’anamnesi. Per quanto riguarda le dosi patologiche, esempio possono essere i bambini con Cushing, i quali non crescono perché viene bloccato il GH ed anche il TSH. Questa caratteristica potrebbe essere utilizzata quando vi è una ipersecrezione di ormoni ipofisari ma non è la terapia elettiva né viene utilizzata, per via dei numerosi effetti collaterali che si avrebbero su altri organi.

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Ipersurrenalismo: Morbo o Sindrome di Cushing La patologia descritta per la prima volta nel 1932 da Harvey Cushing è causata dagli effetti tissutali derivati da un eccesso cronico di glucocorticoidi da qualsiasi causa (ipercortisolismo). Le donne sono più colpite degli uomini con un rapporto F/M di 6:1. Si presenta ad ogni età, ma più spesso tra i 10 e i 50 anni. Esistono diverse cause, con prevalenza diversa: - Forma ACTH-dipendente​ (centrali, patologie ipotalamo-ipofisarie): - Morbo di Cushing​ (68%) ovvero Adenoma Ipofisario ACTH secernente; - ACTH ectopico ​(12%) quindi una produzione da parte di cellule che normalmente non lo producono ad esempio un microcitoma; - CRH ectopico​ (<1%); - Forma ACTH-indipendente​ (patologie a carico della Surrenale): - Adenoma Surrenalico​ (10%); - Carcinoma surrenalico​ (8%); - Iperplasia micronodulare​ (1%); - Iperplasia macronodulare​ (<1%); - Pseudo-Cushing​ (patologie che mimano fenotipicamente il Cushing): - Depressione e alcolismo​ (1%). Nota: per sindrome intendiamo un insieme di segni e sintomi dovuti all’ipercortisolemia mentre per Morbo si intende l’adenoma ACTH-secernente. La causa piu frequente è l’Adenoma ipofisario ACTH secernente (Morbo di Cushing), quindi di origine centrale. Spesso l’adenoma in questione viene rilevato quando ancora di piccole dimensioni (microadenoma se <1 cm) poiché la clinica è molto evidente e ne permette la diagnosi. Caso opposto quello del GH dipendente o del prolattinoma (nello specifico per il maschio) dove la sintomatologia specifica si presenta tardivamente permettendo all’adenoma di crescere oltre 1 cm (macroadenoma), infatti a volte vengono diagnosticati per conseguenze relative all’effetto massa (vedasi lezione su adenomi per maggiori informazioni). Se nel caso di una forma ACTH dipendente facessimo un imaging delle due surrenali, noteremo iperplasia della ghiandola (nello specifico della corticale) a causa della stimolazione da parte dell’ACTH. Se è invece una forma ACTH indipendente, quindi a carico del surrene, noteremo un adenoma a carico di una sola ghiandola facendo un'ecografia e una TC, facendo una scintigrafia l’altra surrene non sarà visibile a causa della soppressione dell’ACTH dovuto agli alti livelli di cortisolo (meccanismo di feedback). Se l’ipersurrenalismo è dovuto ad una produzione ectopica di ACTH avremo iperplasia delle surrenali.

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Manifestazioni Cliniche - Aumento di peso (Obesità centripeta tipica del Cushing, è caratterizzata da assottigliamento degli arti e aumento del grasso nel tronco: il primo per via del maggiore catabolismo proteico, gli arti infatti sono composti principalmente da muscoli, il secondo in quanto si ha obesità per aumentato senso di fame e per via dell'iperglicemia la quale, a sua volta, determina un iperinsulinemia reattiva, quindi aumento dell’insulina con azione lipogenetica e di conseguenza aumento del grasso nelle zone in cui c’è più grasso); - Problemi gastrici per aumenta produzione acida gastrica, più frequentemente quando si usano farmaci cronicamente; - Ipertensione per l’aumento delle resistenze periferiche e per la ritenzione idro-salina; - Diabete o intolleranza al glucosio per l'azione iperglicemizzante; - Osteoporosi​, spesso molto grave a livello della colonna vertebrale in cui si avranno problemi di schiacciamento, fratture, cifosi ecc; - Facies lunaris (pletorica)​, con colorito acceso - Stempiatura​ dovuta agli androgeni; - Debolezza muscolare​, soprattutto prossimale; - Malessere​; - Depressione o ​psicosi​, con aggressività o nervosismo; - Irsutismo, acne, oligomenorrea o amenorrea nelle donne, diminuzione della libido e impotenza nell'uomo​, poiché parallelamente al cortisolo aumenta la secrezione androgenica che causa un riduzione delle gonadotropine. Questo è più caratteristico delle forme ACTH-indipendenti (Adenomi o Carcinomi surrenalici ) ed il cortisolo in sé ha poco effetto; - Cute assottigliata e ​strie rubrae​, smagliature rossastre causate dall’atrofia del derma superficiale che si assottiglia e, in seguito a superficializzazione dei vasi sanguigni, si formano le strie rubrae, più caratteristicamente localizzate nelle parti laterali dell'addome o sotto le ascelle; - Riduzione capacità di cicatrizzazione delle ferite; - Ecchimosi ​(per aumentata fragilità vascolare); - Poliuria e Nicturia ​causata dall'ipernatriemia e dall’ ipopotassiemia conseguenti all'aumentato riassorbimento di sodio e acqua a scapito del potassio; - Gibbo, ​accumulo di grasso sottonucale. È possibile che nelle forme ACTH-dipendenti (o da produzione ectopica) formandosi ɑ-MSH si abbia una stimolazione dei melanociti e successiva melanodermia. È comunque raro che i livelli di ACTH e ɑ-MSH raggiungano livelli tali da determinare melanodermia.

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Diagnosi Non solo vedendo quelle che sono le manifestazioni possiamo diagnosticare il Cushing, così come queste potrebbero non essere visibili ma si ha il Cushing (specialmente in fase preclinica). Screening di primo livello (permettono di individuare il Cushing) Dal punto di vista laboratoristico ci aiutano a fare diagnosi: -

Cortisolo libero urinario 24h (CLU - Cortisolo Libero Urinario). ​Se nel pz si trova il cortisolo alto (>10microgrammi/24h) si sospetta che l’individuo presenta una produzione aumentata di cortisolo durante il giorno. Come in tutti i test delle urine 24h è necessario che si conosca la quantità totale di urina prodotta al giorno e di questa se ne analizza una quota. Il principio del dosaggio nelle 24h vale per tutti gli ormoni caratterizzati da un ritmo circadiano (vedasi ad esempio la PRL) dove il prelievo random da poche informazioni. La cortisolemia, specialmente se eseguita alle 8 del mattino non serve quasi a nulla, poiché lo stesso stress del prelievo può far salire il cortisolo, quindi trovarlo oltre i 25 (35-40) non vuol dire nulla. Al massimo si potrebbe fare il serale, ma come sappiamo il ritmo secretorio del cortisolo è variabile a seconda di quelle che sono le abitudini del pz e quindi questo sarà poco utile.

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Test di soppressione con desametasone (TSD) a basse dosi. ​Il principio di questo test è molto semplice: utilizzando un potente glucocorticoide, si sfrutta il meccanismo di feedback esercitato da questo sul rilascio di ACTH (feedback negativo) e si valutano dopo un tempo x le concentrazioni di cortisolo ematico. Il ​test rapido ​viene eseguito attraverso la somministrazione di 1 mg di desametasone alle 23, concentrazione che normalmente sopprime il rilascio di ACTH. la mattina seguente si dosa il cortisolo: - Soggetto normale: Cortisolo <1,8 ​µg/dl; - Soggetto con Cushing: Cortisolo >1,8 µg/dl​. Nel ​Test 2 giorni, ​vengono somministrati 0,5 mg x4/die di desametasone per 2 giorni. Nella valutazione possiamo utilizzare o la cortisolemia mattutina del 3° giorno oppure la CLU a 2 grammi di desametasone (CLU < 10 µg/dl - Normale). Qualora il soggetto presenti valori di cortisolemia maggiori del cutoff si può avere il sospetto di Cushing, ma ancora non siamo arrivati alla diagnosi;

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Cortisolo salivare serale (ore 23), ​rappresenta l’ultimo derivato della diagnostica di primo livello. Non viene eseguito in tutti i centri, ma sta prendendo sempre più piede.

Caso clinico. Sulla sorella del ginecologo mandata per problemi tiroidei, il prof ha visto che gli ormoni aveva una ft4 ai limiti bassi ed un tsh tendenzialmente basso. Praticamente prima di arrivare al Cushing il prof ha sospettato qualcosa di centrale. La donna aveva 58 anni e quindi si dosa il FSH e LH che dovrebbe essere elevati nella menopausa mentre in questo caso erano basse. A questo punto il problema potrebbe essere centrale. La pz presentava però altri segni quali ipertensione ecc che facevano pensare al Cushing. Fatto il test di soppressione si è scoperto il Cushing. È stata fatta RMN e si è visto microadenoma e la signora è stata operata per un microadenoma acth secernente.

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Screening di secondo livello (trovare la sede del Cushing) per diagnosi differenziale: -

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Dosaggio ACTH​, se una forma acth dipendente questo è alto mentre se non acth dipendente non è soppresso o bassissimo ma è inappropriatamente normale (si creano nuovi set point) TSD ad alte dosi ​(molto specifico e difficile anche per lo specialista stesso)​; Test al CRH​ ​(molto specialistico) RMN ipofisario​ (se sospettiamo adenoma ipofisario) Cateterismo bilaterale dei seni petrosi inferiori. ​Questo test, eseguito soltanto alcuni centri, viene utilizzando quando la diagnosi di adenoma ipofisario non è semplice e cateterizzando i seni petrosi inferiori, si dosa ACTH in maniera sequenziale cercando di capire la sede di partenza dell’ACTH dato che non è presente l’adenoma, potrebbe esserci qualche altra lesione secernente ACTH (ACTH ectopico); TC​ o ​RMN​ ​surrenalica ​(se sospettiamo una causa surrenalica); Indagini radiologiche per la ricerca di tumori occulti secernenti ACTH (ACTH ectopico).

Pseudo-Cushing È un reale stato di ipercortisolismo lieve senza sindrome di Cushing e quindi il pz presenta livelli di cortisoluria borderline (valori normali-alti). Le cause sono varie: Alcolismo, gravidanza (cortisolo prodotto dalla placenta), resistenza familiare ai glucocorticoidi (rara, cortisolo aumenta per superare resistenza recettoriale), ansia, depressione, obesità. Nello pseudo cushing si cura la causa primaria e così si cura l’ipercortisolismo che anche se è lieve è bene curarlo. ​(lezione della prof.ssa Sciacca sugli Adenomi Ipofisari)

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Iposurrenalismo o Insufficienza surrenalica primitiva: Morbo di Addison Il morbo di Addison è una ipofunzione insidiosa e generalmente progressiva della corteccia surrenalica. L’incidenza del morbo di Addison è di 4/100mila abitanti all’anno. Può manifestarsi a tutte le età e colpisce uomini e donne quasi con lo stesso rapporto, rendendosi evidente clinicamente dopo stress o traumi. Cause dell’​Insufficienza surrenalica primitiva​: - Autoimmune, la più frequente al giorno d’oggi (80-90% dei casi); - Tubercolosi (10-20% dei casi) in passato era la causa più frequente; - Congenite (sindrome surrenogenitali); - Iatrogene (surrenectomia, radiazioni, inibitori enzimatici); - Altre cause (emorragia, sepsi, neoplasie, sarcoidosi, emocromatosi, AIDS). Molto rara è quella secondaria relativa a deficit di ACTH. L’Addison può presentarsi in forma sporadica o nel quadro delle sindromi polighiandolari autoimmuni ovvero le SPA (patologie caratterizzate dall’associazione di più patologia autoimmuni: diabete 1, Hashimoto, artrite reumatoide ecc). Generalmente le SPA sono su base genetica, caratterizzate da un disordine del sistema immunitario. ​Il messaggio è che quando becchiamo una patologia autoimmune c’è possibilità il pz ne possa avere delle altre. Cause dell’Insufficienza surrenalica secondaria: Questa è molto importante dal punto di vista clinico: - Precedente uso steroidi​, qualora il pz sia sotto regime terapeutico cronico con glucocorticoidi, la terapia non può essere interrotta bruscamente, poiché il surrene richiede tempo per tornare ad una normale secrezione (l’asse è spento) e quindi si andrebbe in crisi qualora si presentasse una situazione di stress. La terapia va sospesa in maniera graduale in modo da permettere la riattivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene; - Dopo cura/remissione da sindrome di Cushing; - Tumori ipofisari; - Altri tumori della regione sellare/parasellare; - Ipofisite; - Traumi, ​negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dei casi di ipopituitarismo parziale dovuto a traumi del cranio (soprattutto tra i motociclisti); - Malattie granulomatose; - Genetiche (deficit ACTH)

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Quadro clinico e di laboratorio QUADRO SUBCLINICO/CRONICO​: Le manifestazioni cliniche più importanti nell'individuo iposurrenalico (m. di Addison) sono: -

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Astenia importante per la gravissima ipotensione; Cachessia​, i pazienti dimagriscono anche 20-30 chili nel giro di poco tempo a causa degli effetti sul sistema gastrointestinale ovvero l’iposecrezione acida gastrica causando ​nausea​, ​vomito​, ​inappetenza​, dimagrimento​ ​marcatissimo​; Iperpigmentazione cutanea in quanto il precursore dell’ormone melanocito-stimolante (ɑ-MSH) è lo stesso dell' ACTH, ovvero la proopiomelanocortina (POMC). Nei pazienti con iposurrenalismo primitivo sia ACTH che ɑ-MSH saranno alti, quindi si avrà azione melanodermizzante, specialmente nelle ​zone più esposte (viso, mani)​, ​nelle zone iperpigmentate come le areole mammarie o le mucose (caratteristici il letto gengivale o la lingua particolarmente scuri) ​e nelle cicatrici di recente insorgenza (quindi occorre andare a ricercare eventuali cicatrici chirurgiche recenti e si troveranno particolarmente iperpigmentate). Se l’iposurrenalismo è secondario ovviamente non ci sarà iperpigmentazione vista la carenza di ACTH, infatti tempo fa si parlava di “Addison bruno”, riferendosi al primitivo di origine surrenalica, e “Addison bianco”, riferendosi al secondario di origine ipofisaria; preferenza per cibi sapidi, i pazienti hanno iponatriemia e per un meccanismo nervoso manifestano una maggiore preferenza per i cibi ricchi di sale; perdita peli pubblici e ascellari ​(sempre per il coinvolgimento della parte androgenica).

MANIFESTAZIONE ACUTA​: - Grave ipotensione e shock iposurrenalico e ipovolemico; - Dolori addominali; - Febbre; - Nausea e vomito; - Stato confusionale; LABORATORIO​: - Iponatriemia; - Iperpotassiemia​ (dosando sodio e potassio il rapporto sarà inferiore a 30 generalmente); - Anemia normocitica; - Linfocitosi (eosinofilia); - Ipoglicemia.

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Endocrinologia - Lezione 12 Diagnosi di insufficienza surrenalica primitiva - Test all’ACTH: ​A meno che la cortisolemia non sia molto bassa (<0,3 μg/dl), il valore resta border line e quindi resta il dubbio. Si valutano quindi il cortisolo basale e dopo stimolo con ACTH. Si esegue il dosaggio del cortisolo alle 8 del mattino, poi si stimola il surrene con una fiala di ACTH e infine si valuta la risposta del cortisolo: se questo aumenta di valore, il surrene funziona; - Dosaggio dell’ACTH: ​Dosando il cortisolo sia su un iposurrenalismo primitivo che su un secondario, sarà basso. La differenza tra i due è fatta dall’ACTH che sarà alto nel primitivo o inappropriatamente basso nel secondario; - Na/k: ​Ci aiutano anche gli elettroliti, infatti i pz presentano un rapporto ematico Na/k basso (una volta si diceva inferiore a 30); - Anticorpi anti-surrene: ​Nei posti che lo fanno, a completamento diagnostico dal punto di vista autoimmunitaria si esegue il dosaggio di anticorpi anti surrene per escludere autoimmunità; - Indagini morfologiche (Rx, TC, RMN)​: Servono ad escludere patologie surrenaliche. Terapia Di fronte ad un deficit di ghiandola che non produce ormoni (in generale) si esegue terapia sostitutiva con gli ormoni mancanti, e questo vale anche per il surrene. In carenza di glucocorticoidi si danno cortisonici come il ​cortisone acetato (per l’emivita) per tutta la vita, cercando di rispettare il ritmo circadiano del cortisolo. Il cortisone acetato si da ad esempio una compressa la mattina e mezza il pomeriggio. Nei casi in cui si sospetta una carenza di mineralcorticoidi (ricordiamo che i glucocorticoidi hanno azione mineralcorticoide e ce le fanno a compensare tranne in casi gravi) si da il Fluoroidrocortisone​. Esistono una serie di esami che permettono di valutare la terapia: - Cortisolemia (60-120 minuti dopo l’assunzione per os); - Curva giornaliera; - Cortisolo salivare; - Cortisoluria 24h. E altri parametri quali (peso, pressione arteriosa, bilancio elettrolitico, metabolismo glicidico, lipidico e osseo), ma l’obiettivo principale è paradossalmente un target clinico: Il ​benessere del pz​. Spesso infatti queste informazioni non sono decisive nello stabilire la terapia e il nostro obiettivo è migliorare la sintomatologia del pz (risultato più che soddisfacente). Se vediamo che il pz è ipoteso, il rapporto Na/k è basso ecc, si aggiusta la terapia ad esempio somministrando il mineralcorticoide.

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Le zone che vanno più facilmente incontro ad iperpigmentazione sono il volto e le mani. Quando si fa la terapia il pz diventa nettamente più chiaro. Malattia o condizioni particolari È importante dare ai pz un talloncino da portare con sé nel quale c’è scritto che il pz è iposurrenalico. Questo è importante perché in caso di emergenza, la prima cosa fare è somministrare una fiala di cortisone. Ci sono una serie di situazioni che normalmente determinano un picco di cortisolo. Questi pz non producendone si possono trovare di fronte a crisi surrenaliche in caso di varie situazioni (vedi accanto). Il pz viene avvertito del fatto che di fronte a queste condizioni, soprattutto quelle dove si ha anche una perdita di elettroliti come nel caso di vomito o diarrea, la terapia deve essere aumentata: Si dice di raddoppiare la dose se si trova in una di queste condizioni (bisogna informarlo bene). Bisogna comunque stare attenti nel dosaggio perché non si devono avere effetti collaterali quali ipertensione. Caso clinico​ (sbob vecchie). Uomo di 41 anni, iperteso da 23 anni si rivolge all'endocrinologo perché da circa un anno lamenta nervosismo, irritabilità, astenia profusa ed aumento ponderale senza particolari variazioni nelle abitudini di vita. Ha inoltre notato un colorito più acceso del volto. Per l'ipertensione ha praticato regolarmente ACE inibitori o calcio antagonisti. Esame obiettivo​: • peso: kg 73,0 • altezza: cm 169 • BMI: 26 • P.A: 160/ 95 Tendenza a facies lunare, colorito rubizzo al volto, accenno di gibbo dorsale, obesità centripeta, assenza di striae rubrae. Quindi si pensa al Cushing. Indagini di primo livello: CLU e TSD Il paziente viene visitato in un reparto di endocrinologia e i dati sono: - Cortisolemia ​ore 8= 22.0 mg/dl (assolutamente n ​ ormale​); - CLU ​= 1506/24 h e 1044/24 h (​altissimo​); - TSD ​(Cortisolemia dopo 1 mg DEXA per os alle 24:00) = 16.8 mg/dl (​Non soppresso​, in quanto molto più alto del cut-off di 1,8 mg/dl al di sotto del quale si può definire soppresso); - Na 142 mEq/L (normale); - K ​2.9 mEq/L (​basso​).

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Con questi sintomi si parla di ​Sindrome di Cushing​. Resta da capire quale sia la sede. Il paziente si ricovera in un reparto di endocrinologia per approfondimento diagnostico. Esegue: - Ecografia addome superiore: segni ecografici di steatosi epatica; nella loggia surrenalica sinistra, piccola formazione nodulare da meglio definire con TAC; nient'altro da rilevare a carico degli altri organi; - TAC Surreni​: alle surrene sinistro f​ormazione omogeneamente ipodensa, tondeggiante, di pochi millimetri di diametro​. Si pensa ad un ​nodulo surrenalico (adenoma o carcinoma)​. Durante il ricovero si ricontrolla anche: - CLU= 993 mg/24 h; - Cortisolemia ore 8= 19,0 mg/dl; - Cortisolemia dopo 8 mg DEXA per os alle 24:00= 22.0 mg/dl; - ACTH= 97 pg/ml (v.n. 10-65) C’è qualcosa che non torna, poiché ACTH è alto: Potrebbe essere un falso positivo, ma anche una patologia ipofisaria e per questo si esegue: - RMN sella turcica: peduncolo ipofisario normale per forma e dimensioni. - Ghiandola ipofisaria di forma e volume normale. Anche a livello ipofisario non si nota nulla. Si passa alla valutazione dell'ipotalamo e viene consigliata una consulenza neurochirurgica e viene prospettata l'esecuzione di cateterismo dei seni petrosi in reparto neurochirurgia e quattro esatto: - Cateterismo dei semi petrosi inferiori con dosaggio dell'ACTH su prelievi di sangue venoso periferico e sangue dei seni petrosi: l'indagine non rivela alcun gradiente centro/periferia. Si pensa allora ad una ​produzione ectopica di ACTH (frequente nei microcitomi polmonari). A seguito di tale indagine, nella stessa sede, il ​paziente viene sottoposto a surrenectomia sinistra. Alcune settimane dopo l'intervento, ​quadro clinico invariato​: CLU=1220 mg/24 h. Viene quindi fatta una scintigrafia con un analogo della somatostatina perché molti tumori da sindrome paraneoplastica hanno recettori per la somatostatina: - Osteoscan​: si ritrova un sospetto ​accumulo di radiofarmaco in sede pancreatica​; - TAC addome mirata al pancreas, ad alta risoluzione: l​ esione di circa 2 cm alla coda del pancreas​; - RMN addome, mirata al pancreas: conferma il risultato della TAC. Intervento chirurgico per asportazione della lesione pancreatica: carcinoma pancreatico, immunoistochimica positiva all'ACTH. Alla fine di tutto era un ​tumore alla coda del pancreas producente ACTH​. Se il tumore ha recettori per la somatostatina succede che quando somministriamo l’analogo marcato, viene beccato alla scintigrafia.

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Mineralcorticoidi Sono prodotti nella zona glomerulare ed il prodotto finale è l’aldosterone. Un precursore molto importante è il deossicorticosterone. SRAA (Sistema Renina Angiotensina Aldosterone) Tutte le condizioni che causano un riduzione del volume ematico, provocano una diminuita repressione del letto alveolare, che stimola le cellule iuxtaglomerulari provocando rilascio di renina, che agisce su angiotensinogeno, convertendolo in Angiotensina I. Questa grazie all’azione dell’ACE, viene convertita in Angiotensina II, la quale oltre ad avere effetto vasocostrittore determina il rilascio di aldosterone a livello della surrenale, con aumento del riassorbimento di sodio e acqua e successivo incremento della volemia. La secrezione di aldosterone è stimolata principalmente dal SRAA e dall’aumento del potassio intracellulare e un minimo da ACTH (comunque non paragonabile a quella del cortisolo). È inibita principalmente dalla dopamina e dalle atriopeptine. Cause di iperaldosteronismo primitivo (è la causa nel 10% dei pz ipertesi) -

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Morbo di Conn o ​adenoma surrenalico producente aldosterone (FH 2, sporadico), ricorda quello che succede nell’adenoma tossico tiroideo, quando il nodulo caldo man mano tende a crescere, si passa dalla fase eutiroidea, pretossica e tossica, Il nodulo che produce aldosterone non da nessun problema se non diventa di grandi dimensioni. Addirittura nella forma genetica è tutto normale. Ma man mano che diventa più grande si inizia a ridurre l’attività reninica plasmatica. Quando si arriva a forme avanzate invece diviene tutto elevato, il pz diventa iperteso e ha anche l'ipopotassiemia (una delle manifestazioni più importanti dell’iperaldosteronismo). Iperplasia corticale nodulare bilaterale (MEN1?)​; Iperaldosteronismo sopprimibile con glucocorticoidi (FH 1) espressione ectopica dell'aldosteronosintasi nella zona fascicolata sotto controllo dell'ACTH).

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Il segno più importanti è l’ipertensione arteriosa. Essa è accompagnata da sintomi importanti correlati l'ipopotassiemia: astenia muscolare, cefalea, crampi, paralisi flaccida, poliuria, nicturia. ​Anche il cushing produce ipopotassemia ma se grave pensiamo anche all’iperaldosternosimo.

Cause di Iperaldosteronismo secondario Per iperaldosteronismo secondario si intende una patologia causata da condizioni quali: - Stenosi dell'arteria renale​, causa nefrovascolare di iperaldosteronismo secondario che innesca il sistema renina-angiotensina e di conseguenza l'aumento dell'aldosterone; - Reninomi ​(stesso motivo di prima); - Sindromi edemigene ovvero tutte quelle sindromi in cui c'è un sequestro di liquido dal plasma, tipiche dei pazienti cirrotici (tutti iperaldosteronemici). Possono anche determinare lo sviluppo di un iperaldosteronismo secondario; - Sindrome di Bartter​, senza edemi ed ipertensione, è dovuta ad un difetto nel riassorbimento renale di Na e Cl con conseguente aumento di renina e aldosterone; - Uso di diuretici risparmiatori di potassio.

Iperplasie surrenaliche congenite Sono delle patologie caratterizzate da deficit di vari enzimi coinvolti nella sintesi degli ormoni steroidei. Vengono definite iperplasie perché, il denominatore comune nella maggior parte dei casi è dato dal fatto che non si produce il cortisolo. Se non si produce il cortisolo l’ACTH sale e quindi vanno in iperplasia i surreni. Le manifestazioni cliniche a seconda di dov'è il blocco sono estremamente variabili. Alcune sono pericolose per la vita. Nota: ​Ricordiamoci che c’è accumulo a monte e riduzione degli ormoni a valle. Per una migliore comprensione si consiglia di guardare la slides di sintesi degli ormoni della surrenale presente nella prima pagina del capitolo.

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Deficit di 20.22 Desmolasi Data la mancanza totale di tutti gli ormoni derivati dal colesterolo è una condizione incompatibile con la vita.

Deficit di 21 Idrossilasi È il deficit più comune (fa parte della diagnosi differenziale dell'iperandrogenismo nella donna), caratterizzato da una mancata produzione di aldosterone e cortisolo,e da un accumulo di androgeni. Estremamente importante è il ‘’quando’’ si manifestano le alterazioni poiché se sono congenite già alla nascita potrebbero essere presenti i sintomi: - A causa di questo si capisce il perché della pericolosità per la vita dato che si potrebbe morire per un arresto cardiaco dovuto ad un grave ​ipotensione con squilibrio elettrolitico (si distinguono delle condizioni più o meno gravi sulla base dell’omozigosi o dell’eterozigosi); - Genitali ambigui perché il feto si sta sviluppando ma c’è eccesso di androgeni. Ipotizziamo che si stia sviluppando una femmina, in una condizione che prevede un aumento netto di androgeni (androstenedione e testosterone). I suoi genitali esterni tenderanno quindi a svilupparsi in senso maschile. In casi importanti avremo ipertrofia clitoridea simulante un pene e le grosse labbra si uniscono formando una borsa scrotale. Il termine genitale ambigui nasce proprio per questo e a volte non si riesce a capire se è un maschio o una femmina. Diverso il discorso se è maschio perché in questo caso i genitali esterni non ci dicono nulla; - Il maschio nella fase successiva può andare in contro a pseudopubertà precoce (più alti all’inizio ma alla fine più bassi) con virilizzazione precoce. Se stiamo parlando di una donna la manifestazione è l’iperandrogenismo (peluria, acne, caduta di capelli). Questa è una possibile patologia molto importante nella diagnosi differenziale (con PCOS ecc) dell’iperandrogenismo. Si distinguono tre forme: - Forma molto grave​ (classica) con un inizio prenatale e perdita di sali; - Forma grave​, non c’è perdita di sale ma ci può essere virilizzazione semplice. - Moderata ​(non classica). In questa forma non avremo perdita di sali. L’inizio dei sintomi è tardivo o post natale (pubarca prematuro, crescita accelerata, irsutismo e irregolarità mestruali), oppure possono non essere presenti sintomi. L‘incidenza è molto frequente, soprattutto della forma moderata che può presentarsi tardivamente e con un’incidenza di 1:1000 donne (in questo caso avremo alterazioni mestruali e ipertricosi). Per questo motivo è uno degli screening da fare quando si presenta all’osservazione una ragazza in età puberale con problemi di irsutismo e ipertricosi. La differenziamo con PCOS grazie al dosaggio basale del 17 OH- progesterone (aumenta perché a monte). Deficit di 11-idrossilasi Nel caso di un deficit di 11-idrossilasi diminuiscono l’aldosterone e il cortisolo, ma si accumula il desossicorticosterone e quindi il pz è iperteso perché è più potente. Anche in questo caso abbiamo accumulo di androgeni.

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Deficit della 3-beta-olo-deidrogenasi Se il deficit è nella 3-beta-olo-deidrogenasi avremo mancanza di aldosterone, cortisolo e testosterone: - Maschio: ipotensione con squilibrio elettrolitico, genitali ambigui in senso femminile; - Femmina: sviluppo normale con leggera virilizzazione sulla bambina (accumulo DHEA). Deficit 18-idrossilasi Accumulo di desossicorticosterone che causa una grave ipertensione. Deficit di 17-idrossilasi Pz sarà iperteso. Mancheranno gli androgeni, quindi se il paziente è maschio non si sviluppa correttamente e avrà genitali ambigui in senso femminile.

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Midollare del surrene. Produce le catecolamine (Adrenalina, Noradrenalina e Dopamina). Gli effetti delle catecolamine dipendono dal recettore presente nel tessuto: - Cuore (β-2)​, aumento della forza di contrazione e della frequenza; - Intestino (ɑ e β)​, ne riduce la motilità e aumenta il tono degli sfinteri; - Fegato (ɑ e β)​ favorisce la glicogenolisi; - T. Adiposo (β)​ aumenta la lipolisi; - Tessuti (β)​ aumenta la termogenesi; - Cute/annessi (ɑ)​ aumenta la sudorazione; - Bronchioli (β) ​dilatazione; - Vasi (ɑ)​ vasocostrizione, ​(β) ​vasodilatazione; - Pancreas (ɑ) ​ridotto rilascio di insulina e glucagone, ​(β) ​li aumenta; - Utero (ɑ) ​contrazione, ​(β)​ rilassamento. Feocromocitoma È un tumore delle cellule cromaffini che secernono catecolamine, tipicamente localizzato al surrene. Ha una prevalenza: 1-2/100mila abitanti anno e un’incidenza dell’1,9%. Colpisce ugualmente maschi e femmine. È responsabile dello 0,1% dei casi di ipertensione. La localizzazione surrenalica è più frequente negli anziani mentre la regione extra surrenalica (gangli del simpatico) lo è nei giovani. Il 90% dei feocromocitomi è sporadico ed il 10% familiare, maligno e bilaterale. Viene chiamato caratteristicamente il tumore del 90% perché ha tanta roba al 90%: - 90% dei casi è sporadico; - 90% dei casi è benigno; - 90% dei casi determina ipertensione. Sintomi

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Una delle caratteristiche, comunque non costante, è che la sintomatologia si manifesta con delle crisi in seguito ad una scarica adrenalinica acuta. Talvolta queste crisi sono talmente importanti che il pz ha come una sensazione di morte imminente. Queste crisi spesso si manifestano in maniera ravvicinata, quindi dobbiamo pensarci quando ci troviamo di fronte a situazioni di questo tipo. Diagnosi Per la diagnosi si valutano i metaboliti delle catecolamine nelle urine​, perché esse hanno un’emivita brevissima e non si troveranno elevate nel sangue già a pochi minuti da una crisi.

Una cosa importante che non dobbiamo dimenticare è che molti farmaci e sostanze possono interferire nel dosaggio delle catecolamine quindi si danno dei fogli ai pz dove c’è scritto cosa devono evitare prima di fare le indagini.

Una volta fatta diagnosi di feocromocitoma bisogna ​localizzarlo perché nel 10% dei casi è extrasurrenalico. La localizzazione strumentale del tumore surrenalico si avvale di molte indagini: - TC; - RMN; - Scintigrafia (ha perso parte del valore); - PET con 18F-dopamina marcata o con il gaglio (analogo della somatostatina). Nota: Dato che tutti i settori del surrene possono determinare ipertensione dobbiamo studiare tutto il surrene.

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Endocrinologia - Lezione 13 Obesità Per obesità si intende una condizione caratterizzata da eccessivo peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo (non il mero aumento di peso), tale da influire negativamente sullo stato di salute dell’individuo. L’aumento della massa magra non è obesità. É una malattia cronica, ad elevata prevalenza ed eziologia multifattoriale (malattia complessa) che è accompagnata da un aumentato rischio di morbilità e mortalità​ (OMS). L’accumulo di grasso influenza la condizione del soggetto non solo in quel momento ma anche per il futuro. È una malattia cronica, e come tale, per la sua cronicità, è difficile da trattare. La patologia è associata ad aumentato rischio di patologie associate ma anche ad aumentata mortalità. Per valutare se un soggetto è obeso o meno si calcola il ​BMI (Body Mass Index o Indice di Massa peso (Kg)

Corporea)​

altezza (m)2

:

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Normale​ da 18.5 - 24.9; Sovrappeso​ 25-29.9; Obesità​ ​>30. ​All’interno di questa distinguiamo diverse classi: - Obesità di I grado ​30-34.9; - Obesità di II grado ​35-39.9 - Obesità di III grado (grande obesità) ​>40 Considerando quest’ultimo stato si suole suddividere ulteriormente i pz in super obesi con un BMI tra 50-60 e super super obesi con un BMI > 60. (Nota: un BMI > 50 è già il doppio di un BMI normale). Il ​sottopeso​, anch’essa condizione da valutare, viene indicata quando il ​BMI è < 18.5​. Nella popolazione asiatica, magra per costituzione della popolazione,l’obesità viene considerata a partire da BMI 27 in poi. Nello schema (i puntini gialli sono le donne mentre gli azzurri sono gli uomini, per chi guarda in bianco e nero, nella parte centrale le donne, in basso gli uomini) notiamo la correlazione abbastanza lineare tra la presenza di massa grassa e il BMI. Ecco perché possiamo utilizzare come indice della massa grassa il BMI, infatti si evince che all’aumentare dell’uno aumenta l’altro.

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Nota: In soggetti che presentano: - Aumento della massa magra (atleti); - Accumulo di liquidi (edemi, anasarca, ascitico); - Gravidanza; - Altezza <1,5m o >2m; - Anziani (si ha una riduzione della massa muscolare e aumento di quella grassa ed inoltre il pz tende fisiologicamente ad accorciarsi), - Bambini (deve essere adattato all’altezza del bambino e normalizzato ai percentili per età e sesso), Non si può misurare l’indice di massa corporea (BMI), poiché questo risulterebbe alterato/maggiore in assenza di accumulo di grasso e quindi non affidabile. Il BMI non è costoso da eseguire, ma non è un esame completo, infatti non misura la percentuale di massa grassa. Per misurarla esistono tecniche più costose, ma si usano raramente. Oltre alla quantità di grasso presente nel corpo è fondamentale conoscere la sua distribuzione, poiché questa è importante dal punto di vista del rischio cardiovascolare. Fisiologicamente la distribuzione del grasso tra uomo e donna è diversa: - Centripeta (androide) a mela. Grasso distribuito all’addome e al tronco, con arti relativamente magri; - Periferica (ginoide) a pera. È legata agli estrogeni, meno grasso nella parte superiore e maggiore a livello gluteo femorale. Questa non è una definizione assoluta, infatti anche nelle donne si può avere obesità androide. Misura della circonferenza vita Altro parametro importantissimo da valutare è la circonferenza vita (correlata al grasso viscerale). La RMN sarebbe utilissima per valutare il grasso viscerale ma ovviamente non può essere fatta a tutti e quindi utilizziamo il valore del girovita per valutare il grasso viscerale. Esso è molto dannoso, infatti predispone ad eventi cardiovascolari (è di tipo infiammatorio). La misurazione viene eseguita con un metro da sarta (che dobbiamo avere in ambulatorio). Si prendono le creste iliache ed il metro si poggia al di sopra delle creste, parallelo al pavimento. Il nastro deve essere ben teso, non comprimere la pelle. Si prende la misurazione in fase di espirazione normale (chiunque tenderebbe a trattenere la pancia). La cresta iliaca in qualche modo coincide con l’ombelico (non sempre). Ma mano che aumenta il grasso viscerale e quindi l’obesità, non si riescono a prendere le creste iliache e quando già si è al terzo grado la circonferenza è difficile da misurare.

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Esistono dei valori di riferimento al di sopra dei quali il grasso viscerale è maggiore di quello che dovrebbe essere e quindi predispone a maggior rischio cardiovascolare. I valori normali sono: - Donne < 88 cm; - Uomini < 102 cm. La federazione diabetologica americana adotta valori inferiori di 8 cm come normali, ma il nostro riferimento è quello di sopra. Se consideriamo insieme i valori di BMI e quelli della circonferenza, essi rappresentano un ottimo indicatore del rischio cardiovascolare: - Se il soggetto ha un BMI normale, ed ha una circonferenza vita o maggiore o minore (in mancanza di altri fattori di rischio cv) il rischio non aumenta; - Se presenta un BMI sovrappeso, quando la circonferenza vita è normale, il rischio cardiovascolare è poco elevato. Diventa elevato quando aggiungiamo al sovrappeso anche la circonferenza vita; - L’obesità di I grado ha un rischio elevato di per sé, diventa molto elevato se si aggiunge la circonferenza vita.

È comunque raro avere un BMI elevato e non avere circonferenza vita elevata. A volte può succedere nel caso di obesità puramente ginoide (tipo di obesità che, a parità di BMI, è meno correlata a patologie cardiovascolari). Epidemiologia Tutte le organizzazioni e società scientifiche, riconoscono l’obesità come una patologia importante e globale da tenere in considerazione. L’idea della donna, ad esempio, nel corso degli anni si è modificata: Anticamente, gli ideali di bellezza erano quelli di donne con obesità gravi o in sovrappeso. Erano tempi in cui non vi era sempre la disponibilità di cibo, quindi il benessere era collegato ad un peso eccessivo ed alla fertilità. Quella che nel paleolitico era simbolo di bellezza, oggi si stima avesse un BMI di 41 (grande obesità (donna in carne con fianchi larghi). Oggi gli ideali di bellezza sono cambiati radicalmente, e l’obesità rappresenta oltre ad un problema relativo alle complicanze ad essa correlate, anche all’aspetto psicologico dell’individuo.

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L’obesità è un processo multifattoriale in cui in fin dei conti si ha sempre un bilancio tra quello che entra e quello che si spende: Non è raro sentirsi dire dal pz ‘’mangio meno della persona vicino a me’’. Il nostro compito è far capire che la persona a lato spende di più. A questo si aggiunge un coinvolgimento ormonale, a partire dall’ipotalamo con i centri della fame, e tutto l’aspetto psicologico legato ad essa.

L’ambiente nel corso degli anni ha avuto un effetto molto negativo per cui l’incidenza di obesità è andata ad aumentare, tanto che oggi si parla di pandemia (problema globale). Negli ultimi 20 anni si è assistito ad un problema drammatico di obesità, accompagnato dal diabete di tipo 2 (l’eccesso di peso determina insulino-resistenza, quindi le due malattie vanno di pari passo). La prof.ssa mostra una serie di slides riguardanti la prevalenza di obesità e diabete negli USA negli gli ultimi 20 anni. In queste si nota come negli stessi stati, all’aumentare dell’obesità, si nota parallelamente un aumento del diabete. In quasi tutti gli stati si ha una prevalenza di almeno il 26% della popolazione, quindi circa 1/4 americani è obeso. Da sottolineare che recentemente è emerso come a livello mondiale, la malnutrizione in eccesso, abbia superato quella in difetto. Per quanto riguarda l’Italia, i dati del 2005 hanno avuto un incremento, rispetto ad una precedente analisi fatta nel 1991, per cui: - Maschi: 1/2 risulta sovrappeso e 1/10 obeso; - Donne 1/2 sovrappeso e 1/10 obesa. L’incremento dal 1991 al 2005 è stato del 9%. Questo ha coinvolto per lo più la ​popolazione maschile​. Nelle donne si nota di meno l’incremento per una pura questione relativa all’attenzione al controllo del peso (questioni psicologiche). Per quanto riguarda lo stile di vita (tra tutti spiccano il cibo sempre reperibile ma di qualità pessima) si nota come il problema abbia coinvolto per lo più la popolazione di ceto basso poiché generalmente questa utilizza maggiormente prodotti con presenza di grassi idrogenati (​fanno particolarmente male. L’aumento dei grassi nei cibi, servono per dare gusto e quindi invogliare a comprare il prodotto​), contenuti in alimenti di bassa qualità e a basso costo. Sebbene l’obesità sia diffusa in tutta la penisola, esiste un trend geografico Nord-Sud. Lo stesso trend si è visto con i bambini con aumento dell'obesità infantile.

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Nel grafico: prevalenza obesità infantile in Sicilia. In italia il sovrappeso e l'obesità colpiscono circa 1/4 bambini. L’incremento è dovuto allo stile di vita: I bambini giocano meno, quindi spendono meno energia, stanno per lo più seduti e mangiano di più e male. Dato che in generale l’obesità si associa a complicanze che aumentano la mortalità e riducono l’aspettativa di vita, è facile comprendere come questi bambini partano da una condizione sfavorevole.

Comorbilità associate all’obesità L’obesità si associa a tutta una serie di patologie ma anche ad un incrementata mortalità con riduzione della qualità della vita: Pensiamo ad esempio ai grandi obesi che rimangono allettati per anni. Le complicanze sono varie e colpiscono vari organi: - Malattie del polmone​: problemi di ipoventilazione per impossibilità della gabbia toracica di espandersi, Apnee ostruttive del sonno; - Malattie cardiovascolari: ​con IMA e scompenso; - Malattie metaboliche: ​diabete e dislipidemie; - Neoplasie: ​aumentato rischio per il tumore della mammella, correlato anche a livello endocrino, tramite aumento degli estrogeni ma anche ad esempio del TNF-ɑ che prodotto dalle cellule del tessuto adiposo. Altri tumori associati sono quelli a: utero, colon, esofago, pancreas, rene e prostata; - Malattie Epatiche:​ Steatosi e cirrosi; - Calcolosi della colecisti; - Alterazioni ginecologiche: ​Alterazioni del ciclo mestruale, infertilità, PCOS; - Malattie della pelle; - Malattie Osteoarticolari: ​piede piatto, ginocchio valgo, patologie del rachide. Tutte dovute al grande peso gravante sulle articolazioni​; - Gotta; - Flebite: ​Stasi venosa, si ha soprattutto nei soggetti in grave obesità e con limitazioni alle normali attività quotidiane.

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Per quanto riguarda tutte queste ​patologie associate all’obesità​, la prof.ssa mostra una serie di slides riportanti le percentuali di prevalenza correlate al BMI del pz. Si nota come ​nella maggior parte dei casi (eccezione per le dislipidemie, più frequenti quando il pz è in sovrappeso) queste aumentino all’aumentare del BMI​. Si riporta ad esempio quella relativa al diabete di tipo 2: Obesità e diabete vanno a braccetto. Il dimagrimento ha effetto anche sulla remissione del diabete di tipo 2, si parla di remissione perché se si riprendono i kg si riprende il diabete. Per parlare di guarigione si deve curare il diabete.

Mortalità associata all’obesità Il quartetto mortale è costituito da: - Obesita; - Dislipidemia; - Diabete 2; - Ipertensione. Quello che si è visto nel tempo è che il BMI con la mortalità ha un andamento a j. Quando si ha un BMI basso è come averlo alto. I due estremi ai fini della mortalità sono uguali. L’ideale è avere un peso normale o al limite anche un sovrappeso (rischio di mortalità paragonabile al normopeso) fino al 27.

L’aspettativa di vita e il BMI hanno andamento opposto. Dal dopoguerra ai giorni nostri, è migliorata l’aspettativa di vita (di circa 9 anni). Il problema del 21° secolo è dato dal fatto che continuando con questo stile di vita, i progressi ottenuti con il trattamento medico di molte malattie verrebbero vanificati dagli effetti negativi dell’obesità e delle sue

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complicanze, tanto che la crescita dell’aspettativa di vita tende a fermarsi. Negli USA l’aspettativa di vita per tutta la popolazione sarebbe maggiore di 4-11 mesi se tutti i soggetti obesi fossero normopeso. Questo vuol dire, per i soggetti obesi, una riduzione dell’aspettativa di vita di 6-7 anni in media. Oltre al dato diretto relativo alla salute del singolo individuo, l’obesità costituisce anche un danno indiretto alla salute della collettività: Tenendo conto della strettissima relazione tra obesità/sovrappeso (circa il 50% della popolazione adulta), diabete (5-6%), e pre-diabete (3-4%) vediamo come il SSN spenda per la cura di queste due complicanze circa il 10% dell’intera spesa sanitaria. Se ne deduce che riducendo l’obesità si ridurrebbe anche la spesa. Genetica e ambiente Si diventa obesi perché il tutto risponde alla prima legge della termodinamica: ΔU = Q − W (Energia conservata = Energia introdotta - Energia consumata, che si traduce come: Grasso accumulato = Cibo - (Metabolismo basale + attività)). Come già detto, l’obesità è una patologia ad eziologia eterogenea. Le due componenti principali sono: - Componente genetica ha si un suo peso nel 40-80%; - Componente ambientale e comportamentale (​Un esempio è la popolazione di antichi indiani d’America, adesso costretti a vivere nelle riserve, non si muovono più e hanno cambiato il loro stile di vita: tra essi la prevalenza dell'obesità è dell'80%, del diabete del 50-60%). Associati ai fattori ambientali e genetici, si nota come l’obesità abbia un fattore familiare, legato si ai geni ma anche allo stile di vita presente nei familiari. Quando si curano i bambini si parla con i genitori perché quasi sempre c’è un problema educativo, cercando di modificare quello che è sbagliato nel comportamento dei genitori. La quantità di tessuto adiposo è uno dei tratti umani con maggior ereditabilità. Dati recenti sui gemelli confermano che indipendentemente dalla forza dell’ambiente obesiogeno, vi è una forte influenza genetica nella regolazione della massa adiposa sia in età infantile che in età adulta (a livello genetico quindi, ognuno possiede la tendenza ad avere una determinata quantità di grasso). Non si parla di una malattia monogenica, ma alcuni individui hanno delle varianti genetiche ‘’ambiente-sensibili’’ che li rendono particolarmente suscettibili all’aumento di peso quando sono esposti allo stile di vita occidentale (visibile soprattutto nei migranti). L'uomo del paleolitico doveva cacciare e spendere energia per mangiare. C'erano giorni in cui il cibo abbondava, dopo aver procurato la preda, e giorni in cui c'era carenza. Quindi, per sopravvivere, bisognava accumulare energia: il glicogeno dei muscoli e del fegato rappresenta una riserva di 1000 kcal, mentre i trigliceridi del nostro tessuto adiposo possono arrivare a fornire 120.000 kcal. Vi è quindi necessità di questa importante riserva energetica e essa che sia sempre disponibile. Il muscolo esercitato utilizza preferibilmente gli acidi grassi (β-ossidazione), conservando il glicogeno. Gli zuccheri sono indispensabili per alcuni organi (cuore e cervello) e se mancano vengono formati tramite gluconeogenesi utilizzando aminoacidi (consumo di proteine strutturali). La donna, per esigenza della procreazione, ha una percentuale di tessuto adiposo maggiore rispetto all'uomo, quindi avrà più grasso e meno muscoli, perché il tessuto adiposo è visto come riserva anche in caso di gravidanza.

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Anticamente, il problema era di saturare al massimo i depositi per prepararsi alla carenza, infatti chi non aveva i depositi "ben riempiti" sopravviveva con meno probabilità. Nei millenni si è quindi selezionato un assetto genetico dei processi biochimici (enzimatici) delle nostre cellule che favorisce il risparmio e l’accumulo di energia. Questa è la teoria del ​Thrifty genotype ​o Genotipo risparmioso ​(consuma poco e accumula molto). In poche parole, sono stati selezionati gli individui resistenti al dimagrimento e si sono selezionati quelli che riuscivano ad accumulare meglio l’energia. Negli ultimi 40-50 anni (era tecnologica) si è assistito ad un progressivo aumento della vita sedentaria e dell’inattività fisica (automazione, trasporto, comunicazione ecc). L’alternanza dei cicli di abbondanza e carenza dei cibi si è bloccata data la disponibilità pressoché continua di cibo e allo stesso tempo non si deve fare molta fatica per procurarsi il cibo. Tutto ciò ha portato ad un riempimento cronico ed in eccesso dei depositi energetici. Conclusioni: Sebbene a livello della popolazione, l’obesità può essere attribuita alle modifiche dello stile di vita, a livello individuale, il BMI è invece determinato dal modo in cui le varianti genetiche di alcuni geni gli permettono di rispondere agli stimoli ambientali. Eziologia dell’obesità Autoregolazione In rapporto al ridotto consumo energetico (sedentarietà) dovrebbe essere ridotto il desiderio, la ricerca e l’assunzione di cibo (energia). In pratica non è così: Il sistema di regolazione del bilancio energetico è organizzato per favorire la sopravvivenza in condizioni sfavorevoli (carenza di cibo), mentre è poco efficiente l’azione inversa (favorire il consumo energetico e/o ridurre l’assunzione di cibo in condizioni di abbondanza). A questo si aggiunge il sistema industriale che promuove l’utilizzo di alimenti a fini psicologici e di gratificazione. Nei paesi occidentali un adulto aumenta generalmente dello 0,4% del peso corporeo totale in un anno. Quindi il sistema di regolazione della stabilità del peso è molto preciso (SNC, app. Digerente, app. Muscolare, t. adiposo). Il controllore è il cervello (ipotalamo): Dall’ipotalamo si partono le vie efferenti (i vari segnali nervosi), diretti verso il sistema controllato. Le vie afferenti sono quelle che partono dal sistema digestivo. Vi sono degli ormoni che intervengono, ad esempio quelli del pancreas ma anche dallo stesso tessuto adiposo che permettono la regolazione di questo ‘’asse’’. Esistono anche delle regolazioni a breve termine che controllano la frequenza dei pasti e il controllo a lungo termine che è quello che poi controlla il peso.

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Gli ormoni a lungo termine sono leptina e insulina (azione lipogenetica, protidosintetica, glicogenosintetica). Quelli a breve termine sono Grelina, PYY (il più potente di tutti), CCK, prodotti una volta introdotto il cibo. Questi ormoni agiscono a livello del SNC (nucleo arcuato) determinando produzione di NPY (Neuropeptide Y), il quale agisce a livello centrale attivando tutti i meccanismi che favoriscono le azioni ed i sistemi volti alla ricerca del cibo.

Gli ormoni che regolano la sazietà sono tutti quelli in slide, tranne la grelina​. Essa quando mangiamo deve essere bassa, a meno che non vi sia una condizione genetica dove è alta mentre si mangia determinando quindi un'alterazione della regolazione. La ​leptina ​è un ormone di 146 aa, prodotto dal tessuto adiposo. Viene trasportato al SNC e legandosi al proprio recettore ipotalamico, segnala al sistema nervoso centrale che ci sono le riserve energetiche sufficienti (abbondanza di grasso corporeo) e induce, bloccando il centro della fame, la sensazione di sazietà, influenzando i comportamenti alimentari ed il metabolismo intermedio. L’appetito è la sensazione soggettiva che spinge l’individuo ad alimentarsi. La fame e la sazietà possono essere superate dal desiderio di cibo. Le nostre preferenze e abitudini alimentari sono influenzate da esperienze passate e dalle sensazioni stimolate dalla visione, dall’odore e del sapore dei cibi. Dopo il decremento ponderale, si osserva una modifica dell’attività cerebrale principalmente nelle aree cerebrali coinvolte nel controllo emozionale e cognitivo dell'assunzione di cibo. Lo stato successivo della riduzione ponderale è percepito dal nostro cervello come uno stato di deficit relativo di leptina. Una piccola parte di pz con obesità grave ha una condizione di ​leptino-deficienza​: Assenza o riduzione della leptina (o modifiche al recettore). La mancanza totale della trasmissione di segnale causa sin dall’infanzia: - Iperfagia; - Riduzione della spesa energetica; - Obesità grave; - Insulino-resistenza; - Ipogonadismo ipogonadotropo; - ipotiroidismo.

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In questi pz, il trattamento con leptina causa perdita di peso e miglioramento dell’ipogonadismo e dell’ipotiroidismo. Tessuto Adiposo Il ​tessuto adiposo chiaro fornisce energia all’organismo in modo continuo, stabilizzandone la disponibilità a fronte di un eccesso/difetto di disponibilità di energia alimentare (cibo). Il tessuto adiposo può essere aumentato sia perché aumenta il volume sia perché aumenta il numero delle cellule. È un tessuto ricco di acidi grassi, con una singola goccia lipidica citoplasmatica ed ha anche delle funzione endocrine peggiorate che predispongono alle patologie metaboliche. I tre tipi di tessuto adiposo chiaro si comportano in maniera differente: il ​sottocutaneo gluteo-femorale è un grasso di deposito e risponde poco alle catecolamine, rilasciando pochi FFA; viceversa, il ​grasso viscerale ​risponde molto alle catecolamine e rilascia tanti FFA. Si ritiene che questi acidi grassi rilasciati dal tessuto grasso viscerale, raggiungono il fegato e determinano steatosi epatica, con straripamento del grasso (overflow) in tessuti in cui non dovrebbe stare. Questo grasso molto più sensibile agli stimoli ormonali, è quello che correla maggiormente con diabete e patologie cardiovascolari. Il ​grasso sottocutaneo addominale si trova in una posizione intermedia tra i due: La circonferenza vita misura il grasso viscerale, mentre la circonferenza fianchi misura quello gluteo femorale. A parità di BMI, chi ha più grasso gluteo-femorale è più protetto rispetto a chi ha disposizione viscerale del grasso. Il ​tessuto adiposo bruno è un tessuto importante perché sulla membrana mitocondriale vi sono i recettori beta3 adrenergici che fanno sì che l'energia, in questo tessuto, anziché venire accumulata, venga dispersa sottoforma di calore. Tempo fa si è pensato di sviluppare dei farmaci 3-agonisti, ovvero farmaci che riescano ad attivare questi recettori aumentando il dispendio energetico, con produzione di calore, anziché depositare l’energia sotto forma di riserva. ​(attività dimostrata nei roditori ma non ancora nell’uomo - pubmed). Prima si pensava che il tessuto adiposo bruno fosse presente nel neonato, invece, adesso, con le PET, si è notato che esiste anche nell'adulto: esso è situato nelle zone sottoscapolari e lungo la colonna vertebrale; inoltre, si è notato che i soggetti sovrappeso ed obesi hanno riduzione del tessuto adiposo bruno ed aumento di quello chiaro. Se abbiamo un soggetto in condizioni termoneutrali, il tessuto adiposo bruno è poco espresso; se, invece, lo esponiamo a 16 gradi, il tessuto adiposo bruno compare: l'esposizione al freddo aumenta la quantità di tessuto adiposo bruno (​si è pensato in USA come aiuto nella prevenzione dell’obesità, di ridurre solamente di un grado i riscaldamenti nelle case, cosa che non viene comunque fatta).

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II tessuto adiposo bruno si riduce con l'età e questo potrebbe spiegare il fatto che gli anziani tendano ad aumentare di peso, poiché si riduce il dispendio energetico. A seconda delle condizioni a cui è esposto il soggetto, il tessuto adiposo bianco si trasforma in bruno e viceversa e ciò prende il nome di transdifferenziazione del tessuto adiposo. Classificazione dell’obesità

Monogenica è il caso della deficienza di leptina. A parte queste ci possono essere possono essere altre cause (schema di dx): Non le chiedono, perché sono abbastanza rare e di approccio pediatrico. Inquadramento clinico del pz obeso Quando ci troviamo di fronte ad un soggetto obeso è importante fare un’attenta anamnesi. Alcuni soggetti, ad esempio prendono peso dopo il matrimonio. Bisogna indagare anche se ci sono state fluttuazioni del peso e se ci sono stati tentativi di dieta (effetto yoyo perde peso e poi ri riacquista). Si deve calcolare la ​spesa energetica totale del soggetto, tenendo conto del metabolismo basale e delle attività fisiche lavorative/ricreative.

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Bisogna valutare se ci sono già patologie associate e fare una valutazione psicologica. Terapia La diminuzione del peso porta ad un calo della pressione arteriosa. Riduce anche la glicemia e questi soggetti partendo da un pre diabete tornano normali. Riducono anche i trigliceridi. In 10 anni fisiologicamente si ha un aumento di circa 3 kg. Questo andamento naturale dobbuamo cercare di non acclararlo ingrassando. Nella valutazione dell'obiettivo terapeutico, il massimo è la normalizzazione del peso, cosa abbastanza rara. Molto più realistico è avere degli obiettivi a step raggiungibili dal pz, altrimenti potrebbe risentirne psicologicamente qualora non li raggiungesse. Si punta al dimagrimento del 5-6% del peso in 6 mesi, già buono sia dal punto di vista sia della pressione che dell’assetto lipidico. L'obiettivo successivo, ed anche il più importante, è mantenere il peso (anche se non quello ideale) che permette al pz di migliorare la qualità della vita, ad esempio soggetti allettati da molto tempo che si alzano e iniziano a fare delle piccole cose. Ancor meglio è far passare il pz da una categoria (di obesità) ad un altra riducendo il rischio. Ridurre il proprio peso corporeo ed essere in grado di mantenerlo è un segno di forte volontà del pz, infatti vuol dire che il soggetto ha modificato il suo atteggiamento. Se questo non avviene e si fa solo per un periodo si ritorna al peso di prima. Dieta e terapia Esistono molti tipi di dieta, tutte con vantaggi e svantaggi. L’importante è che queste vengano somministrate da gente esperiente, dato che il pz deve essere preparato adeguatamente. In generale, osservando la piramide alimentare, verdure ed ortaggi sono gli alimenti che si dovrebbero mangiare di più mentre si dovrebbero mangiare meno grassi. L’abbinamento oltre alla dieta di un presidio farmacologico dipende molto anche dal BMI.

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Se abbiamo solo un leggero sovrappeso bastano solo dieta, esercizio e giusto comportamento. Questo vale anche se ci sono alcuni fattori di rischio. La terapia farmacologia subentra quando siamo in condizione di obesità. I trattamenti che sono oggi disponibili sono tutti palliativi ed efficaci solo mentre utilizzati, infatti il trattamento dell’obesità è un ​trattamento cronico e alla sospensione di esso, il pz tornerà ad aumentare di peso. L’ultimo presidio è la terapia iniettiva, che sta dando buoni risultati. La ​terapia chirurgica bariatrica è, negli ultimi anni, un trattamento che ha preso sempre più piede perché ha dato molti risultati nel lungo termine. Il problema è che una terapia che necessita di terapie sostitutive perché si ha malassorbimento e non tutti la possono fare. Deve essere fatta nei soggetti che hanno rischio aumentato. Questa può esser fatta ad esempio nel BMI di 35 associato a diabete (mentre il normale 35 no). Sopra il 40 viene sempre proposta. Sotto 35 se ci sono patologie importanti.

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Endocrinologia - Lezione 14 Precisazione: a causa delle poche ore rimaste, le seguenti lezioni sul diabete sono molto più integrate con il Rugarli rispetto alle altre. Il tutto comunque segue l’ordine delle slides della prof.ssa approfondendo, ma non troppo, gli argomenti non trattati o trattati superficialmente a lezione.

Diabete mellito È un disordine metabolico ad eziologia multipla caratterizzato da iperglicemia cronica con alterazioni del metabolismo dei carboidrati, lipidi e proteine, secondarie ad un difetto di secrezione o di attività dell’insulina o più spesso, di entrambi. È una sindrome cronica, che ha come caratteristiche l’elevata frequenza, è associata a morbilità e può dare complicanze acute, evitabili con la buona educazione del pz, ma soprattutto croniche (anche esse in parte evitabili). Epidemiologia La conoscenza del diabete è fondamentale per il medico, dato che nel tempo è diventato sempre più frequente, soprattutto il tipo 2 perché associato ad obesità (vedi lezione precedente). Secondo dati della IDF (International Diabetes Federation) risalenti al 2015 si stima che vi siano 3 nuovi casi di diabete mellito ogni 10 secondi ed in totale 10 milioni l’anno, numeri talmente elevati da essere di grande impatto mediatico. Si pensa che continuando in questo modo nel 2030, 1 adulto su 10 avrà il diabete. Per l’IGT (Impaired Glucose Tolerance - alterata tolleranza al glucosio) la prevalenza globale al 2011 era di circa l’8% (344 milioni di individui), si stima che nel 2030 arrivi all’8.4% (472 milioni di individui).

 

Negli anni il dato relativo alla mortalità è molto migliorato, rimane comunque una patologia altamente mortale nonostante le tante conoscenze e le buone terapie che abbiamo. La mortalità è quasi sempre legata a malattie cardiovascolari, anche se si può morire per complicanze acute (meno frequentemente). Si stimano circa 5 milioni di morti l’anno dovuti al diabete, molti più di quelli di HIV, tubercolosi e malaria messi insieme. In Italia oltre 3 milioni e mezzo di individui (5-6% della popolazione) hanno il diabete (prevalentemente tipo 2). Così come per l’obesità, nonostante la patologia sia ampiamente diffusa a livello nazionale, esiste un gradiente Nord-Sud. Come si vede nel grafico, il diabete mellito è una patologia che aumenta al crescere dell’età, anche se con il passare del tempo, si nota che la patologia (diabete di tipo 2) sta iniziando ad interessare fasce d’età più giovani in cui un tempo non era presente. (​Uomini a sx, donne a dx).

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Il seguente grafico mostra la proiezione dal 2012 al 2030 della prevalenza del diabete in Italia. Essa prevede che dal 6,2% attuale si arriverà ad un 9% di prevalenza diabetica. Questi dati comunque sono soggetti a delle variazioni dovute a modalità diagnosi, etnia, regionalità ecc. L’obiettivo che si prefigge la medicina per spezzare questa tendenza in aumento è soprattutto quello della prevenzione. Mentre però si parla molto di prevenzione a livello mediatico e scientifico, a livello di sanità si fa poco perché anche fare esami ha un costo e molti soggetti che dovrebbero fare degli screening periodici non lo fanno per questioni economiche poiché non rientrano nei livelli essenziali di assistenza. Il peso del problema diabete riguarda: - Malattia cardiovascolare (per lo più), aumentando di oltre 5 volte il rischio di mortalità cardiovascolare; - Prima causa di cecità non legata a traumi: - Prima causa di insufficienza renale terminale che porta alla dialisi; - Prima causa di amputazione degli arti inferiori non legata a traumi; - Aumentata incidenza di malformazioni congenite. Sebbene le ultime quattro cause possano dare meno mortalità, risulta palese come questi alterino di molto la qualità della vita del soggetto. Il tasso di mortalità complessiva per diabete mellito è sempre maggiore al Sud Italia. Dal 1985 sono stati istituiti i centri di diabetologia: si è visto nel tempo, fino all’ultimo rapporto ARNO del Novembre 2019 che i pz seguiti nei centri di diabetologia in media vanno meglio rispetto a quelli seguiti dal medico di medicina generale. Questo perché non tutte le terapie oggi a disposizione sono disponibili dal medico di medicina generale, e quest’ultimo non ha i mezzi giusti per l’educazione del pz, mezzi che sono presenti nei centri specializzati. Costi diretti del diabete I costi del diabete ammontano a circa il 9% del budget della sanità italiana. Vuol dire che si spendono 9,22 miliardi di euro l’anno (1,05 milioni ogni ora). Il costo di un cittadino con diabete per il SSN è in media di 2600 euro all’anno, più del doppio rispetto a cittadini di pari età e sesso senza diabete. Solo il 6% della spesa riguarda i farmaci, il 23% è legato alle terapia per le complicanze e ben il 71% è relativo al ricovero ospedaliero e alle cure ambulatoriali.

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Classificazione eziologica del diabete Il diabete di tipo 2 è tra tutte la forma più frequente (90-95%) mentre quello di tipo 1 circa il 5%. Tra gli altri tipi di diabete, quello più frequente è il MODY: Forma dovuta ad un difetto monogenico dove la mutazione di un singolo gene comporta una diminuzione della secrezione di insulina. La MODY fa parte delle forme dovute a difetti genetici della funzione delle β-cellule e tra queste ne esiste una forma dovuta a DNA mitocondriale (forma molto rara e caratteristica perché associata a sordità neurosensoriale). Esistono anche delle forme secondarie a patologie endocrine (Cushing, feocromocitoma ed ipertiroidismo), a pancreatopatie (tumori, pancreatite), forme legate a farmaci (immunosoppressori, glucocorticoidi, farmaci per AIDS), forme legate a cromosomopatie (ad esempio, la Sindrome di Down è associata a tante patologie immunitarie come il diabete di tipo 1, Addison ecc). Attualmente la maggior parte dei casi di diabete sono rappresentati dal tipo 2, fortemente correlato con la vita sedentaria e l’obesità. Il diabete di tipo 1 è però la malattia cronica più frequente nei bambini. È importante sottolineare che il diabete di tipo 1 si può trovare a qualsiasi età a partire dai 6 mesi (a partire da questa data poiché il sistema immunitario deve essere completo). Le forme di diabete che insorgono prima dei 6 mesi difficilmente sono autoimmunitarie ma per lo più congenite. Sebbene possa insorgere a qualsiasi età è più frequentemente infantile, dai 9-14 anni. Ultimamente si è notato che esiste un altro picco tra i 25-30 anni, ma comunque tutte le fasce di età possono essere colpite. Sono sempre più sono frequenti i casi di diabete di tipo 2 in bambini ed adolescenti. Questo potrebbe modificare nel giro di vent’anni il rapporto tra le due forme di diabete in bambini ed adolescenti. Ad esempio quando si riscontra una clinica tipica del diabetico in un bambino obeso, difficilmente questo sarà un diabete di tipo 1, come se compaiono i chetoni è difficile che sia di tipo 2. L’esame che ci permette di differenziare le due forme è il dosaggio degli anticorpi, poiché in loro presenza siamo di fronte ad un diabete di tipo 1. Altro elemento d’aiuto può essere la familiarità (es un fratello che presenta diabete di tipo 1) anche se comunque deve essere valutata insieme alle altre caratteristiche. Il Peptide C, viene utilizzato per la sua emivita (30 min), dato che quella dell’insulina è solamente di pochi minuti (5). In generale non viene utilizzato nella diagnostica qualora si sia già iniziata la terapia insulinica. Se esso è <0,2 nmol/l siamo di fronte ad un deficit di secrezione pancreatica, cosa che comunque avviene anche in una fase successiva di diabete di tipo 2.

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Diabete autoimmune (DT1) Una volta veniva definito insulino dipendente o diabete ad insorgenza giovanile. Oggi non si utilizzano più questi termini, soprattutto il primo, perché creavano confusione dato che il diabetico di tipo 2 una volta che non ha più secrezione dalle β-cellule prende l’insulina e quindi oggi si utilizzano semplicemente i numeri 1 e 2. Il diabete autoimmune è caratterizzato dal punto di vista etiopatogenetico, da una distruzione di tipo linfocitario delle β-cellule con insulino deficienza assoluta. Gli anticorpi contro le β-cellule vengono utilizzati come markers e sono presenti frequentemente al momento della diagnosi. Può presentarsi in forma rapidamente progressiva, specie nel giovane ed in forma a lenta insorgenza, specie in età adulta (NIRAD o LADA). Nei LADA abbiamo una secrezione di Peptide C un po’ più alta del limite normale (tipo 1 o 0,9), sono presenti gli anticorpi, ma proprio perché esiste una certa riserva pancreatica, questi soggetti non necessitano di terapia insulinica per circa 6 mesi. Nei bambini, anche se questo nel tempo è cambiato, spesso la prima manifestazione è la cheto-acidosi. Questa può manifestarsi all’insorgenza o come complicanza acuta dovuta ad una mancata o inadeguata somministrazione di insulina. Ancora oggi ci sono casi di diagnosi di diabete in chetoacidosi, anche se per fortuna la sensibilità è aumentata, grazie anche alle pubblicità progresso (​la prof.ssa racconta di una pubblicità progresso che istruiva le mamme a far eseguire un controllo per il diabete se il bambino chiedeva sempre acqua per bere o andava di frequente ad urinare)​. In Italia, nonostante tutto c'è ancora qualche caso di mortalità per mancata diagnosi di diabete di tipo 1. Il diabete di tipo 1 può fare parte delle SPA (sindromi polighiandolari autoimmuni). Esse comprendono una serie di patologia come vitiligine, artrite reumatoide, ma anche sindromi endocrine. ​Per la patogenesi del diabete di tipo 1 si rimanda alla lezione successiva. Diabete Idiopatico Comprende delle forme di diabete di tipo 1 ad eziologia sconosciuta. É per lo più presente tra individui di origine africana o asiatica. In questi soggetti non vi è evidenza di autoimmunità, alcuni individui presentano insulinopenia permanente e sono predisposti alla chetoacidosi. Da noi questa forma di diabete è molto rara. Diabete di tipo 2 (DT2) Un tempo veniva definito insulino-indipendente o diabete ad insorgenza in età adulta. È caratterizzato dal punto di vista fisiopatologico da insulino resistenza che sta alla base (in parte dovuta ad una componente genetica) a cui si deve associare un deficit di secrezione insulinica (insulino deficienza relativa). Quando le β-cellule non riescono più a vincere l’insulino resistenza compare l’iperglicemia. La patologia può rimanere misconosciuta per molti anni poiché la stessa iperglicemia non è talmente grave da determinare segni e/o sintomi di diabete. Quindi solamente con insulino resistenza ed insulino deficienza combinate compare il diabete di tipo 2. Il deficit è relativo perché all’inizio, durante i primi anni, la secrezione di insulina è maggiore rispetto ad un soggetto normoglicemico, proprio per la presenza di resistenza (si cerca di forzarla). L’iperglicemia e la dislipidemia sono tossiche per le β-cellule che vengono mandate in apoptosi: da una parte vengono stimolate a secernere insulina a causa dell’iperglicemia mentre dall'altra parte la stessa iperglicemia e l’iperdislipidemia inducono glucotossicità ad una velocità maggiore rispetto a quella che la replicazione possa sostenere. Frequentemente il diabete di tipo 2 è associato alla presenza di complicanze già al momento della diagnosi.

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È molto forte l’associazione con altri fattori di rischio cardiovascolare (sindrome metabolica). LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adult) o NIRAD (Non Insulin Requiring Autoimmune Diabetes) Inizialmente questi soggetti sono classificati come diabetici di tipo 2, ma in realtà sono affetti da una forma di diabete autoimmune a lenta evoluzione verso l’insulino dipendenza. Secondo i normali criteri clinici, vediamo come questi pz trattati con dieta ed ipoglicemizzanti orali, nel giro di qualche anno manifestano un deterioramento della funzione delle β-cellule tanto da richiedere terapia insulinica. Gli aspetti epidemiologici, genetici e fisiopatologici di questa condizione non sono ancora completamente chiariti. La condizione inizia ad essere sospettata se sono presenti una o più delle seguenti caratteristiche: - Età <50 anni (non troppo avanti con l’età); - BMI <25 (soggetto normale); - Anamnesi familiare positiva per diabete di tipo 1 o malattie autoimmuni; - Altre patologie autoimmuni (SPA?); - Inadeguato compenso glicemico in corso di trattamento con ipoglicemizzanti orali a distanza di 6-12 mesi dalla diagnosi (cioè necessità di terapia insulinica entro 6-12 mesi dalla diagnosi). Per confermare il sospetto clinico di LADA: - Ricerca di marcatori di autoimmunità: - GADA (​anti-decarbossilasi dell'acido glutammico); - IA-2A (anti-tirosina fosfatasi); - Anti-ZnT8 (anti-trasportatori dello zinco); - Valutazione della funzione beta-cellulare: - Peptide-C basale e dopo stimolazione con glucagone. ICA (anti-cellula pancreatica) non vengono fatti da molti laboratori e non utilizzati per scopi clinici ma soltanto nella ricerca. MODY (Maturity-Onset Diabetes of the Young) È una forma monogenica di diabete relativamente rara (1-2% dei casi totali di diabete), della quale sono state descritte 13 forme, caratterizzate da meccanismi differenti ma accomunati dal fatto che conducono tutti ad un’alterazione funzionale delle β-cellule. È una patologia a trasmissione autosomica dominante, e come tale ci deve essere un pedigree familiare che ci deve far sospettare la forma genetica (più soggetti diabetici in famiglia). Tra i criteri che ci servono per identificare una MODY: - L’età giovanile <25 anni, anche se questo è un criterio da prendere con le pinze, poiché se nessuno ha pensato alla MODY i soggetti diventano grandi; - Controllo metabolico mantenuto senza insulina per oltre 2 anni; - Ereditarietà autosomica dominante (almeno 3 generazioni di soggetti affetti); - Assenza di autoimmunità, cosa molto importante che lo differenzia dal diabete di tipo 1, infatti entrambi si somigliano molto colpendo soggetti giovani e normopeso. Identificare una MODY è molto importante per l’inquadramento prognostico del pz perché indica la necessità di eseguire degli screening nei familiari.

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Caratteristiche differenziali del Diabete di tipo 1 e 2

Livelli di insulina: Nel diabete di tipo 1 esiste la cosiddetta ​luna di miele​, una fase in cui dopo la diagnosi certa di diabete di tipo 1, ritorna una certa funzione delle β-cellule che poi si esaurisce nel giro di mesi ed in alcuni casi può arrivare anche a 1-2 anni. Normalmente i livelli di insulina sono assenti o molto ridotti. Nel tipo 2 i livelli di insulina sono aumentati o normali. Sintomatologia: Nel diabete di tipo 1 la sintomatologia è importante e non solo di tipo osmotico ma anche perdita di concentrazione, anoressia, nausea, vomito, dolori addominali ecc. Si può arrivare anche al coma. Nel diabete di tipo 2 ci possono essere i sintomi osmotici (poliuria e polidipsia) ma a volte questi non vengono quasi rilevati dal pz perché si abitua e non ritiene opportuno andare a fare un controllo. Questo ai fini della gestione del pz è un problema poiché dato che la sintomatologia può rendersi evidente anche dopo molto tempo, il medico, non riesce a capire il momento della diagnosi certa (cosa che si riesce a fare nel caso del tipo 1), e quindi a capire da quanto dura la patologia. Questo è molto importante per le complicanze croniche dato che gli screening devono essere eseguiti in un determinato momento. Peso Negli anni il sovrappeso si vede anche nei soggetti con tipo 1. Se vediamo un sovrappeso e anticorpi positivi non dobbiamo entrare in confusione, perché possono coesistere. Complicanze croniche Per far si che insorgano le complicanze croniche lo scompenso glicemico deve anare avanti da molti anni. Nel diabete di tipo 1 non si trovano all’insorgenza, data la giovane età dei pz. Nel diabete di tipo 2 si possono trovare già alla diagnosi, per quanto scritto sopra.

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Familiarità Nel diabete di tipo 1 è presente ma modesta. Nel diabete di tipo 2 è molto importante. Terapia Nel diabete di tipo 1 è sostituiva (insulina). Nel diabete di tipo 2 è la dieta, insulino sensibilizzanti e tutta una serie di farmaci che si possono utilizzare e quando necessario fare insulina. Diagnosi del Diabete (in generale) Qualunque specializzazione si faccia, un medico deve essere a conoscenza di come si fa la diagnosi. Considerando la glicemia basale a digiuno: ​I valori normali di glicemia sono compresi tra 70-99 mg/dl (anche 100 è considerato normale). Iniziano ad essere considerate forme di ​pre-diabete quando troviamo la glicemia digiuno da 100-125 mg/dl. La diagnosi di ​diabete si ha quando la glicemia ​>126 mg/dl. La glicemia basale deve essere calcolata dopo digiuno di almeno 8 ore. Qualora trovassimo valori >126 mg/dl, non siamo ancora arrivati alla diagnosi, ma questo dato deve essere confermato, perché diagnosticare il diabete vuol dire etichettare un soggetto con una patologia cronica. La conferma viene fatta tramite valutazione dell'emoglobina glicosilata, OGTT (Oral Glucose Tolerance Test) e glicemia occasionale. Nota​: la valutazione del glucosio basale può essere alterata a causa di errore pre-analitici: se la provetta da analizzare venisse lasciata per qualche ora, la glicolisi spontanea determinerebbe una riduzione dei valori di glucosio che quindi risulterebbero più bassi del normale. Questa evenienza è più frequente nei laboratori di analisi di centri periferici piuttosto che in quelli ospedalieri. OGTT: ​Il test consiste nella somministrazione di 75g di glucosio (nel bambino si somministrano 1,75g glucosio x Kg di peso corporeo) in soluzione orale in 300ml di acqua. Anche in questo caso il test deve essere preceduto da 8h di digiuno. Si valuta la glicemia a tempo 0 e dopo 2h. Se questa (nell’adulto) è >200 mg/dl si fa diagnosi di diabete di tipo 2. Se i valori della glicemia a 2h sono compresi tra 140-199 mg/dl si parla di IGT (Alterata Tolleranza al Glucosio).

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Glicemia occasionale: ​si parla di diabete quando il valore di glicemia random >200 mg/dl ed in presenza di sintomi osmotici (poliuria e polidipsia). Emoglobina glicosilata (HbA1c) Il calcolo dell’emoglobina glicosilata sembra essere un parametro più affidabile rispetto alla glicemia per i seguenti motivi: - Migliore standardizzazione del dosaggio; - È espressione della glicemia media di un lungo periodo (3 mesi circa) e non di un singolo momento; - Ha una minore variabilità biologica; - Minore instabilità pre-analitica; - Non necessita di 8h di digiuno precedenti al prelievo o un carico orale di glucosio; - Non soffre di influenze dovute al prelievo (stress da prelievo). Eseguire il dosaggio di HbA1c è come eseguire una media delle glicemie degli ultimi 3 mesi. Infatti dal test viene fuori la parte di emoglobina che è stata glicosilata in maniera non enzimatica, proporzionale al livello di glicemia: più alta e duratura è la glicemia, più alto sarà il valore dell’emoglobina glicosilata. L’emoglobina glicosilata è normale quando i valori sono tra 4.25-5.85% (.può variare a seconda della modalità con cui si esegue). - Si parla di diabete quando è > 6.5% (dell’Hb totale). Nota: La percentuale che serve per fare diagnosi non deve essere confusa con la percentuale da raggiungere come obiettivo terapeutico. Comunque anche il valore dell Hb glicosilata deve essere confermato da un altro test. Esiste una relazione fortissima tra quelli che sono i valori di Hb glicosilata e lo sviluppo del diabete: - È stato suggerito che i soggetti che presentano dei valori tra 6.0 - 6.49% hanno un elevato rischio di diabete e quindi meritano una particolare attenzione e un intervento per ridurre il rischio. Nei soggetti <6,0% vanno considerati ulteriori fattori di rischio quali: obesità (soprattutto centrale), dislipidemie, ipertensione, cioè tutti fattori facenti parte della sindrome metabolica. Quindi: Se la Hb glicosilata è < 6.5% ma non nei valori normali, prima si fa una glicemia a digiuno: - Se essa è alterata, abbiamo la nostra risposta vuol dire questo valore di Hb glicosilata deriva dallo stato iperglicemico; - Se questa è normale è il caso di fare una curva da carico orale. Perché non si fa subito la curva? La curva da carico orale non viene fatta subito, in primis perché è un esame più lungo (si devono aspettare 2h) ed il costo è maggiore (si devono eseguire 2 test). Inoltre va ricordato che è test un tantino scomodo perché prendere 75 g di glucosio in una singola somministrazione non è pochissimo.

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Diabete gestazionale (GDM) Forma di diabete che insorge nel 2-3 trimestre di gravidanza ed è una forma transitoria. Riguarda circa 4-10% delle gravide (percentuali variabili come visto nel paragrafo dell’epidemiologia). Il diabete gestazionale è un campanello d'allarme per l’eventuale successivo diabete di tipo 2. La gravidanza è di per sé una condizione diabetogena perché per permettere il passaggio di nutrienti da madre a feto ci deve essere insulino resistenza fisiologica. In soggetti predisposti geneticamente questa è maggiore e quindi compare iperglicemia in gravidanza. Quindi anche se transitoria si necessita un follow up periodico perché potrebbe comparire diabete di tipo 2. La percentuale di donne che rimangono diabetiche varia, perché al passare degli anni le percentuali di donne con diabete di tipo 2 aumenta comunque (10 anni si parla del 50%). Anche in questo caso come per il diabete nel tempo si deve cercare di migliorare la percentuale facendo prevenzione. In primis alla donna si consiglia l'allattamento perché riduce il rischio di sviluppare diabete. Tra gli altri consigli che possiamo dare alla donna: Perdere peso e fare attività fisica, quindi modificare lo stile di vita in modo da fare prevenzione. Le donne con l’ovaio policistico hanno insulino resistenza. La PCOS comunque non è stata inserita nelle motivazione per chiedere lo screening del diabete, ma siccome si sa che è un forte fattore di rischio si consiglia comunque di farlo. Un'altra condizione non inserita è quella della fecondazione assistita perché a causa di farmaci che si utilizzano le donne possono andare incontro a diabete gestazionale, ma questo comunque chi pratica queste tecniche lo sa e richiede lo screening. È importante fare diagnosi di diabete gestazionale perché la mancata diagnosi espone a rischio di complicanze fetali e materne. Riconoscere e trattare il diabete gestazione riduce drasticamente le complicazioni e fa tornare la donna agli stessi rischi delle non diabetiche. Patogenesi del GDM La patogenesi è la stessa del diabete di tipo 2: insulino resistenza e deficit relativo di insulina. Il motivo in questo caso è dato da alcuni ormoni come: - Lattogeno placentare (hLP-hCS) il quale ha una struttura come il GH che è un ormone iperglicemizzante e peggiora l’insulino resistenza; - Progesterone; - Cortisolo. Tutti questi ormoni fanno aumentare l’insulino resistenza e se non c’è compensazione compare iperglicemia post-prandiale. Così come nei diabetici di tipo 2, anche nel caso di DGM viene persa la prima secrezione, come se quindi venisse formata meno insulina. Nota: si ricorda che esistono due modalità di secrezione dell’insulina: una rapida (o prima) dove vengono liberati granuli già formati, ovvero la riserva, ed una seconda fase dove vengono liberati granuli appena formati. È come se viene formata meno insulina.

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Se c’è una condizione che peggiora l'insulino resistenza, quello che succede è che si espandono le β-cellule ed aumenta la secrezione di insulina e quindi normoglicemia. Se questa espansione non è adeguata all’insulino resistenza si ha iperglicemia (gravidanza, obesità, cushing, acromegalia).

Diagnosi del diabete gestazionale Nota: si fa riferimento alle linee guida del 2011, attualmente in aggiornamento e quindi saranno un tantino diverse già dal prossimo anno. Si aspetta l’aggiornamento al 2020. La prima cosa da fare nel momento in cui è accertata la condizione di gravidanza è escludere nel primo trimestre (la gravidanza dura 40 settimane, e di solito il primo trimestre termina tra la 12-13ima settimana) che vi sia un diabete di tipo 2 misconosciuto, quindi si fa subito una glicemia a digiuno. Sono definite affetta da ​diabete pregestazionale (preesistente non noto)​, donne con uno o più dei seguenti valori: - Glicemia plasmatica a digiuno >126 mg/dl; - glicemia plasmatica random >200 mg/dl; - HbA1c >6,5% (standardizzata ed eseguita entro le 12 settimane di gestazione). Indipendentemente dalla modalità utilizzata è necessario che i risultati superiori alla norma siano confermati in un secondo prelievo. Qualora si abbia la conferma di diabete pregestazionale, la donna viene trattata come un normale pz diabetico di tipo 2. Se la glicemia risulta normale <100 mg/dl ma anche tra 100 - 125 mg/dl si deve comunque fare lo screening per il diabete gestazionale e si devono valutare i fattori di rischio: queste in slide sono delle condizioni che ci mettono in allarme, e ci inducono a cercare una diagnosi di diabete gestazionale in secondo trimestre (si fa circa tra la 16-18ima settimana di gestazione). Una volta escluso il diabete di tipo 2 (pregestazionale) se c’è almeno un fattori di rischio si esegue la curva..

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Se la donna non ha nessuna condizione della slide di sx si esegue lo screening tra la 24-28esima settimana se sono presenti le altre condizioni della slide di dx: già la semplice età > 35 anni impone di eseguire uno screening tra la 24-28ima settimana. La glicemia alta nel primo trimestre predispone allo sviluppo alterazioni fetali perché viene alterata l’embriogenesi. Il diabete gestazionale che insorge nel 2-3 trimestre di gravidanza, non è caratterizzato da malformazioni congenite, ricordiamo comunque che di base tutte le gravidanze presentano un certo rischio di malformazione (il diabete comunque aumenta il rischio di 4-5 volte). Il fatto di fare lo screening tra la 16-18ima settimana perchè sono presenti fattori di rischio e ripeterlo tra la 24-28esima settimana è motivato dal fatto che dopo la 20esima settimana aumenta il livello degli ormoni visti sopra prodotti da placenta e fegato e quindi aumenta l’insulino resistenza. Se prendessimo le glicemia della stessa persona (non diabetica) non in gravidanza e successivamente in gravidanza, notiamo che nel primo trimestre la glicemia si abbassa, poi tendenzialmente aumenta, ma resta sempre più bassa rispetto alla condizione non gravida perché c’è il feto di mezzo e comunque c’è compensazione (​esatte parole della prof.ssa). ​Ovviamente se c’è diabete gestazionale la glicemia aumenta. Notiamo come la valutazione dell’OGTT si faccia sia dopo 2 ore ma anche prima dopo 1 ora. I valori per fare diagnosi scendono di molto rispetto ai valori di diagnosi nell’individuo normale. Già una donna che presenta un valore di 92 mg/dl ha diabete gestazionale. Anche un solo valore tra questi permette di fare diagnosi.

Algoritmo riassuntivo Del GDM:

diagnostico

FPG: glicemia a digiuno; RBG: glicemia random; IFG: Alterata glicemia a digiuno.

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Terapia del DGM Nel diabete gestazionale si inizia sempre con ​dieta ed ​attività fisica esattamente come nel diabete di tipo 2. Nella donna in gravidanza però l’attività fisica potrebbe anche essere vietata (dipende dalla placenta ecc). Se non funzionano la dieta o l’attività fisica si fa l’insulina, l’unico farmaco approvato in Italia in periodo di gravidanza. In alcuni stati si usa la metformina, ma in italia questa è off label e chi la usa deve chiedere consenso.

Omeostasi del glucosio Il bilancio tra insulina e glucagone è cruciale nel mantenere l’omeostasi metabolica e nel consentire il mantenimento di livelli glicemici relativamente costanti, nonostante sia il consumo di glucosio sia il suo apporto varino considerevolmente nel corso della giornata. Questo è molto importante dato che il cervello utilizza quasi esclusivamente glucosio (non è in grado di captare acidi grassi e utilizzarli come substrato energetico).

Sintesi e secrezione di Insulina L’insulina viene prodotta dalle cellule β del pancreas in forma di precursore con scarsa attività biologica, la proinsulina. Dal clivaggio vengono prodotti il Peptide C e l’insulina formata dalle due catene A e B unite da ponti disolfuro. La produzione di insulina è regolata principalmente dai livelli glicemici, sebbene aminoacidi, chetoni, nutrienti, peptidi gastrointestinali e neurotrasmettitori la possano regolare. Il principale regolatore della secrezione di insulina è il glucosio: questo entrando all’interno della cellula grazie al trasportatore ​GLUT-2​, e tramite la ​glicolisi​, determina produzione di ATP. L’ATP inibisce i canali del K-sensibili all’ATP con conseguente depolarizzazione, apertura dei canali del calcio voltaggio dipendenti, ingresso di calcio e liberazione dei granuli contenenti insulina. Al profilo di secrezione pulsatile basale continua vengono sommati i picchi secretori della durata di 2-3 ore prodotti principalmente durante i pasti: se la glicemia >90 mg/dl le cellule β aumentano la loro secrezione, mentre le cellule ɑ la diminuiscono (per glicemia <70 mg/dl avviene il contrario). Comunque è da sottolineare che la secrezione di insulina e glucagone non cessa mai del tutto.

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Sebbene l’incremento dell’insulina inibisca il rilascio di glucagone, l’aumento del glucagone di contro aumenta il rilascio di insulina, poiché prepara il corpo al successivo rialzo glicemico. L’insulina secreta dal pancreas entra nel circolo portale e arriva al fegato dove per il 50% viene estratta e degradata. La quota che sfugge al fegato entra nel circolo sistemico e lega il proprio recettore sito nei tessuti insulino-dipendenti. Una volta avvenuto il legame avviene l’autofosforilazione del recettore e l’attivazione delle vie di segnale responsabili dell’azione biologica dell’insulina: L’insulina ha effetto anabolizzante ed è un fattore di crescita: stimola la sintesi delle proteine e favorisce l’accumulo di depositi energetici sotto forma di glicogeno e trigliceridi.

A livello ​renale ​causa ritenzione di sodio con effetto edemigeno A livello ​Epatico ​inibisce la gluconeogenesi e stimola la sintesi del glicogeno. Questo si traduce in un ridotto rilascio epatico di glucosio e in un aumento della quota di glicogeno. Nel diabetico di tipo 2 uno dei primi sintomi è la glicemia alta poiché non viene inibita la gluconeogenesi a livello epatico e quindi vi è aumentato rilascio di glucosio. In periferia e soprattutto a livello muscolare e adiposo stimola la traslocazione del trasportatore GLUT-4 aumentando la captazione del glucosio e favorendone l’utilizzazione: nel ​muscolo ​viene utilizzato come substrato energetico o accumulato sotto forma di glicogeno. Oltre all’azione sul glucosio, l’insulina aumenta anche la captazione di aminoacidi stimolando la sintesi proteica (anabolizzante). A livello del ​tessuto adiposo ​il glucosio internalizzato viene convertito in glicerolo fosfato e utilizzato, insieme agli acidi grassi per la sintesi dei trigliceridi (al contrario la lipolisi dei trigliceridi viene inibita dall’insulina e favorita da glucagone e adrenalina). L’insulina presenta anche delle azione a livello ​vascolare:

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Sintesi e secrezione di glucagone Il ​glucagone ​viene prodotto a livello delle cellule ɑ. Esso è l'ormone che agisce di più a digiuno per mantenere i valori di glicemia normali: attiva la ​gluconeogenesi ​e la ​glicogenolisi ​a livello epatico determinando rilascio di glucosio. Come già esposto sopra, a livello del tessuto adiposo stimola la lipolisi dei trigliceridi. Meccanismi di regolazione della glicemia Il bilancio tra insulina e glucagone è fondamentale per mantenere l’omeostasi metabolica e consentire il mantenimento di livelli glicemici costanti, nonostante l’apporto di glucosio e il suo consumo siano variabili nell’arco della giornata: - Dopo i pasti i livelli elevati di glucosio determinano un rilascio di insulina. Il nuovo rapporto insulina/glucagone che si è venuto a formare fa si che aumenti la captazione periferica del glucosio nel muscolo (formazione di glicogeno). Nel fegato oltra a ridurre il rilascio di glucosio, viene sintetizzato glicogeno che funzionerà da riserva per il periodo di digiuno. Qualora il glucosio fosse in eccesso, questo verrebbe conservato sotto forma di trigliceridi a livello adiposo. Tutti questi meccanismi servono ad evitare al massimo la perdita urinaria del glucosio. Qualora nel periodo post-prandiale venga superata la soglia renale (concentrazione massima di un metabolita nel plasma prima che venga ritrovato nelle urine) di 180 mg/dl, il glucosio non potrà essere completamente riassorbito e quindi si troverà a livello urinario; - Digiuno​, si riducono i livelli di insulina e aumentano quelli di glucagone al fine di mantenere costanti i livelli di glicemia permettendo al cervello di utilizzare glucosio. Data la riduzione dei livelli di insulina, diminuisce la captazione di aminoacidi a livello muscolari, cosicché questi a livello epatico, tramite gluconeogenesi, vengano trasformati in glucosio. Inoltre grazie alla lipolisi stimolata dal glucagone, vengono rilasciati acidi grassi e glicerolo che vengono utilizzati dai tessuti periferici come substrato energetico. L’eccesso di acidi grassi determina a livello epatico la formazione di corpi chetonici. In caso di digiuno prolungato essi possono assicurare il 50% delle esigenze energetiche del cervello. Qualora i livello aumentassero troppo tanto da superare le capacità omeostatiche del sistema acido-basico, si instaura una acidosi metabolica. In condizioni fisiologiche tale evenienza non si verifica, poiché la secrezione di insulina che ferma lipolisi e chetogenesi, non si azzera mai.

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Patogenesi del Diabete di tipo 2 (DT2) Dato che salta all’occhio è come l’80% dei pz con diabete sia obeso. Come approfondito nella lezione n°13, il tessuto adiposo presenta delle funzioni endocrine peggiorate che possono portare a delle patologie metaboliche, tra le quali il diabete. Si assiste ad una saturazione della capacità di accumulo dei lipidi nel tessuto adiposo. Il tipo di tessuto adiposo maggiormente coinvolto è quello viscerale addominale, poiché risponde molto alle catecolamine e rilascia grandi quantità di acidi grassi liberi (FFA).

La domanda comunque sorge spontanea: quali sono i meccanismi responsabili di questa associazione tra grasso addominale e rischio metabolico? La risposta è ​Insulinoresistenza. Insulinoresistenza Si intende la riduzione dell’azione biologica dell’insulina a livello dei tessuti bersaglio o meglio, quando le azioni dell’insulina nel rimuovere il glucosio circolante tramite la captazione nel muscolo periferico e nella soppressione della produzione/rilascio epatico di glucosio sono inferiori a quanto atteso. È chiaro che l’insulino resistenza è a carico dei tre organi bersaglio: fegato, muscolo e tessuto adiposo. Il ruolo cruciale del fegato nello sviluppo dell’insulino resistenza è dimostrato dal fatto che insulinoresistenza e intolleranza glucidica si manifestano nell’animale da laboratorio privo del recettore insulinico a livello epatico e non in quello privo a livello muscolare e adiposo. Sebbene non sia stata ancora completamente chiarita la causa dell'instaurarsi dell’insulinoresistenza, è noto che essa è associata all’obesità (viscerale) e all’inattività fisica. Il tessuto adiposo rilascia ormoni, citochine proinfiammatorie e adipochine in grado di modulare l’azione dell’insulina in altri tessuti. Un aumento dei trigliceridi nel tessuto adiposo causa la formazione di adipociti ipertrofici e uno stadio di infiammazione locale che riduce l’azione insulinica. Gli adipociti ipertrofici risentono meno dell’azione dell’insulina e rilasciano più acidi grassi che accumulandosi in altri tessuti (muscolo ed epatociti) rendono tali cellule insulino resistenti. I meccanismi molecolari attraverso i quali gli acidi grassi, le adiponectine e le citochine interferiscono con l’azione dell’insulina non sono ancora noti, ma si ipotizza un’azione post recettoriale con interferenza sulla trasduzione del segnale attivata dal legame tra insulina e recettore.

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Alterata secrezione insulinica (la cellula β) Sebbene i livelli basali di insulina siano aumentati nel soggetto diabetico e superiori alla norma in fase post-prandiale, a parità di livelli glicemici, la secrezione di insulina nel soggetto con diabete di tipo 2 è inferiore a quella del non diabetico. Il difetto delle cellule β è riscontrabile già prima dello sviluppo del diabete e riconosce una componente genetica. La stessa iperglicemia può determinare una riduzione della funzione delle cellule β aumentando lo stress ossidativo (​glucotossicità​). L’aumento degli acidi grassi liberi, causato dall’insulinoresistenza, determina un deposito di essi a livello delle cellule β contribuendo al deterioramento cellulare (​lipotossicità​). Nella storia naturale del DT2 si assiste ad una riduzione della funzionalità secretiva di insulina tanto da rendere a volte necessaria la terapia sostitutiva con insulina.

Per quanto riguarda i difetti di secrezione insulinica, possiamo distinguere tra: - Difetti quantitativi​, ovvero una secrezione inadeguata ai livelli glicemici; - Difetti qualitativi​, dove riscontriamo: - Perdita della prima fase di secrezione dell’insulina - Difetti nella pulsatilità; - Proinsulina aumentata. La pulsatilità dell’insulina viene persa. Normalmente essa non viene prodotta solo dopo il pasto ma durante tutta la giornata in maniera oscillante per far si che la glicemia sia tra 70-100 mg/dl (vengono prodotte delle piccole quantità). Nel soggetto normale all’aumentare della glicemia si ha l’aumento contestuale della secrezione di insulina, in modo tale che il picco di glicemia corrisponde al picco di insulina. Nel diabete di tipo 2 si ha un ritardo del picco di insulina (si ha anche un picco più basso) che viene prolungato nel tempo quindi non funziona quando dovrebbe funzionare (picco basso e ritardato nel diabete 2).

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La cellula ɑ Negli anni la patogenesi si è arricchita. La base rimane comunque l'insulino resistenza però ad esempio si è visto che oltre ad essere coinvolta la cellula β con un'alterata secrezione di insulina, viene coinvolta anche la cellula ɑ con una aumentata produzione di glucagone e quindi alterato equilibrio tra i due. Le cellule ɑ normalmente sono presenti in una percentuale del 35% all’interno della ghiandola pancreatica. Nel diabete di tipo 2 questa quota aumenta e si sta ancora cercando di capire come mai. L’insulinoresistenza si presenta anche a livello delle cellule ɑ.

I soggetti normali ad un pasto presentano un aumento della glicemia intorno ai 30-40 mg rispetto al pre prandiale. I diabetici di tipo 2 presentano di base glicemia elevata e poi un ulteriore picco post prandiale. L'insulina al pasto aumenta di parecchio nei normali e poi scende mentre nei diabetici non ce la fa. Specchio per il glucagone che rimane alto. Per chi guarda in bianco e nero, nel primo gruppo di onde vediamo sopra i diabetici e sotto i soggetti normali (iperglicemia). Nel secondo gruppo sopra i normali e sotto di diabetici (ridotta secrezione di insulina). Nel terzo gruppo sopra i diabetici e sotto i normali (glucagone non soppresso dopo il pasto). Intestino ed effetto incretinico (​In​testine Se​cret​ion ​In​sulin) Nel corso degli anni l’intestino ha preso parte nella complessa patogenesi del DT2 grazie alla presenza di alcuni ormoni intestinale che aumentano la secrezione di insulina (effetto incretinico). Ci siamo accorti di questo effetto poiché somministrando glucosio per os o endovena si assiste parimeriti ad un incremento della glicemia. È stato notato però che la somministrazione per os determina una maggiore produzione di insulina rispetto a quella che si ha con la semplice somministrazione endovenosa. Questo effetto viene appunto definito incretinico (​In​testine Se​cret​ion In​sulin). Per chi guarda in bianco e nero: a dx è visibile l’effetto incretinico (sotto somministrazione endovenosa, sopra orale).

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Le incretine sono ​GLP-1 ​e ​GIP, stimolanti entrambe con effetto additivo la sintesi e il rilascio di insulina. GLP-1 viene prodotto nelle cellule L dell’ileo. Per struttura è simile al glucagone, viene infatti formato a partire dal proglucagone, ma l'effetto è opposto. Il ​GIP viene prodotto nelle K cellule del digiuno. Insieme, GIP e GLP-1 funzionano da amplificatori del rilascio di insulina. Il GLP-1 lega il suo recettore e tramite la formazione di un secondo messaggero (cAMP) amplifica la liberazione del calcio portando ad un maggior rilascio di insulina. Tra i due GLP-1 è quello più studiato: non solo promuove la sintesi ed il rilascio di insulina, aumentando la captazione periferica di glucosio e riducendo il senso della fame, ma riduce anche la secrezione di glucagone ed ha numeri effetti sistemici. A livello sistemico il GLP-1 determina: - Cuore​, effetto cardioprotettivo ed aumento della gittata cardiaca; - Cervello, ​aumenta la protezione e diminuisce il senso della fame; - Stomaco​, riduce lo svuotamento gastrico; - Pancreas​, aumenta la proliferazione delle cellule β, riducendone l’apoptosi e aumenta la secrezione di insulina; - Muscolo e tessuto adiposo​, aumenta la sensibilità all’insulina e diminuisce quella al glucagone; - Fegato​. Diminuisce il rilascio di glucosio.

Nei soggetti diabetici e IGT, i livelli di GLP-1 sono più bassi e per questo si è pensato di utilizzare degli analoghi o degli inibitori dell’enzima che lo degrada. Non a colori: onda in alto (soggetto normale), onda media (IGT), onda in basoo (DT2).

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Endocrinologia - Lezione 15 Il Rene Il rene produce glucosio, vediamo infatti che il 40% della gluconeogenesi totale del corpo avviene a livello renale, ovviamente la maggior parte avviene a livello epatico. Sebbene da una parte lo produce, dall’altra lo consuma contribuendo a mantenere l'omeostasi glucidica. Il rene filtra il glucosio (circa 180 g/die) e la quota maggiore viene riassorbita. Il processo di riassorbimento dipende strettamente dalla glicemia: il processo avviene grazie a dei trasportatori sodio/glucosio chiamati SGLT (​Sodium-glucose transport proteins​). Di questi ne esistono vari tipo, differentemente distribuiti nei vari tessuti:

Quelli che ci interessano a livello renale sono SGLT1 e SGLT2, gli altri non sono espressi, o se espressi come SGLT4 o non sono direttamente coinvolti o non se ne conoscono ancora i meccanismi di funzionamento. Favorire la perdita del glucosio favorisce la perdita di calorie, mentre il riassorbimento aumenta la glicemia, contribuendo all’omeostasi. Nel caso del diabete di tipo 2, la captazione del glucosio rispetto al soggetto sano è maggiore. Stessa cosa vale per quanto riguarda l’espressione dei trasportatori SGLT1 e SGLT2, maggiore nei soggetti diabetici. Ciò implica che nel soggetto diabetico nonostante sia già presente iperglicemia, i trasportatori sono aumentati ed è quindi aumentato il riassorbimento di glucosio, che contribuisce a questo circolo vizioso causante iperglicemia.

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Quella che era nata come una risposta adattiva per conservare glucosio (necessità energetiche Thrifty genotype) diventa dannosa nel caso del diabete. Quindi: la capacità del rene di risparmiare glucosio nel pz diabetico è aumentata in termini assoluti per un’aumentata capacità di riassorbimento del glucosio.

Cervello. Sebbene l’insulina a livello cerebrale non sia necessaria per la captazione del glucosio (questo rappresenta un meccanismo di sopravvivenza in caso di ipoglicemia, poiché permette al cervello di estrarre glucosio dal circolo sanguigno anche in caso di basse concentrazioni), vediamo come la sua azione sia importante a livello cerebrale poiché essa è un potente regolatore dell’appetito stimolando i centri di regolazione dell’appetito inducendo sazietà. Questi centri di regolazione dell’appetito da parte dell’insulina sono stati identificati a livello di alcuni nuclei ipotalamici. Soggetti obesi, sia diabetici che non, sono caratterizzati da insulinoresistenza ed iperinsulinemia compensatoria, ma nonostante ciò l’apporto di cibo è aumentato, poiché esiste una insulinoresistenza anche a livello dei nuclei ipotalamici regolatori dell’appetito e ciò comporta una minore inibizione del senso della fame in seguito all’ingestione di glucosio (ovviamente questo non influenza l’ingresso di glucosio a livello cerebrale, poiché ricordiamo che il tessuto è insulino indipendente). Questo può essere rilevato tramite una RM funzionale:

La slide fa osservare come la funzione ipotalamica in risposta al glucosio sia alterata nell’obeso: si attiva con intensità minore e necessità più tempo per arrivare al massimo livello di inibizione della fame.

La resistenza all'insulina nel cervello contribuisce al declino cognitivo che caratterizza la malattia di Alzheimer​. Secondo lo studio condotto da alcuni ricercatori della Scuola Perelman di Medicina e Chirurgia presso l'Università di Pennsylvania, pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, la resistenza all’insulina è la chiave di volta per comprendere alcuni meccanismi legati alla malattia di Alzheimer. L'insulina è un ormone fondamentale per molte funzioni corporee, compresa la salute delle cellule cerebrali. Il team ha identificato parecchie anormalità nell'attività delle due principali vie di segnalazione dell'insulina e del fattore di crescita insulino simile (IGF-1) in pazienti non diabetici affetti dalla malattia di Alzheimer. Questi percorsi potrebbero essere bersaglio di farmaci in grado di

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re-sensibilizzare il cervello all’insulina, rallentando o forse anche migliorando il declino cognitivo legato alla malattia. Si tratta del primo studio che dimostra direttamente che l'insulino-resistenza si verifica effettivamente nel cervello di persone affette da malattia di Alzheimer. Il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer aumenta del 50% nelle persone con diabete. Il team di ricerca ha scoperto che la resistenza all’insulina nel cervello si verifica indipendentemente dalla presenza del diabete. I ricercatori hanno utilizzato campioni di tessuto cerebrale post-mortem da pazienti non diabetici con la malattia di Alzheimer: dopo aver stimolato il tessuto con l'insulina hanno misurato la quantità di insulina attiva e questa è stata riscontrata in misura decisamente minore nei casi di Alzheimer rispetto ai campioni di pazienti non affetti dalla malattia neurodegenerativa. Nel tessuto delle persone affette da morbo di Alzheimer e deterioramento cognitivo lieve (MCI), i ricercatori hanno scoperto che le modifiche apportate a una proteina chiamata substrato recettore dell'insulina-1 (IRS-1 e pS636/639 pS616) nelle cellule cerebrali erano legati alla gravità del deficit di memoria, indipendentemente da età, sesso, presenza di diabete, o di apolipoproteina E (APOE). ​I livelli di IRS-1 erano significativamente associati alla presenza di placche di beta amiloide e grovigli neurofibrillari​, i marcatori più noti della malattia di Alzheimer. Questo suggerisce che la resistenza all'insulina contribuisce al declino cognitivo indipendente dalla patologia classica del morbo di Alzheimer. I ricercatori hanno notato che ben tre farmaci insulino-sensibilizzanti sono in grado attraversare la barriera emato-encefalica e potrebbero correggere l’insulino-resistenza nel morbo di Alzheimer e nel deterioramento cognitivo lieve (MCI). Dovranno quindi essere condotti degli studi clinici per determinare l’impatto di questi farmaci in pazienti non diabetici affetti da Alzheimer e MCI. "La nostra ricerca dimostra chiaramente che la capacità del cervello di rispondere all'insulina non solo modula l'assorbimento del glucosio, ma promuove anche la salute delle cellule cerebrali – ha dichiarato Steven E. Arnold, MD, professore di Psichiatria e Neurologia e primo autore dello studio Noi crediamo che la resistenza all'insulina del cervello possa essere un fattore importante per il declino cognitivo associato alla malattia di Alzheimer. ​Se siamo in grado di prevenire la resistenza all'insulina del cervello, o ri-sensibilizzare le cellule cerebrali per l'insulina con una qualsiasi delle terapie attualmente disponibili, potremmo essere in grado di rallentare, impedire, o forse anche di migliorare il declino cognitivo.” L’argomento non è stato trattato dalla prof.ssa a lezione, ma risulta molto interessante ai fini della ricerca. Per chi fosse interessato, scannerizzando il QR-code, potrà accedere all’articolo di un altro studio condotto dalla Iowa State University.

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La patogenesi del DT2 può essere riassunta nel cosiddetto ‘’ottetto minaccioso’’: - Alterata secrezione insulinica della β cellula; - Aumentata secrezione di glucagone da parte dell’ɑ-cellula; - Riduzione dell’effetto incretinico nell’intestino; - Aumento della lipolisi a livello adiposo; - Aumentato riassorbimento di glucosio renale; - Ridotta captazione di glucosio da parte del muscolo; - Aumentata gluconeogenesi epatica e rilascio di glucosio; - Disfunzione della neurotrasmissione nel cervello.

Terapia del diabete mellito di tipo 2 Obiettivi terapia La terapia del diabete deve mirare a: - Abbassare la glicemia; - Eliminare i sintomi clinici della malattia; - Evitare le complicanze acute; - Prevenire o ritardare le complicanze croniche. Le complicanze croniche, derivano da tutta una serie di elementi quali: iperglicemia, dislipidemia, alterazioni della coagulazione, insulinoresistenza ed ipertensione. Agendo in tempo su questi fattori possiamo prevenire o ritardare la loro insorgenza. Glicemia Sebbene questa sia fondamentale, nella valutazione degli obiettivi terapeutici in un soggetto con diabete 2 non si guarda solo alla glicemia: il diabetologo non è un glicemologo. Se sistemassimo la glicemia ma non controllassimo altre cose come lipidi, fumo, ipertensione ecc non avremo risolto niente e il pz resterà comunque ad alto rischio. Si deve valutare la cosiddetta triade del glucosio: - FPG (livello basale di glucosio); - PPG (picco di glucosio post prandiale); - HbA1c (Hb glicosilata, media del glucosio nei 3 mesi precedenti). Generalmente le persone trascorrono la maggior parte della giornata in uno stato post-prandiale Bianco e nero: in alto è post-prandiale, nel mezzo post-assorbimento in basso dopo le 4 am è digiuno.

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I target glicemici per i pz diabetici sono riportati in tabella. La ​Consensus (SID/AMD) è usata in Italia e prevede questi obiettivi per evitare le complicanze croniche: - Glicata <6,5 - 7%; - Glicemia a digiuno tra 80-130 mg/dl; - Glicemia postprandiale <160 mg/dl.

Tutto questo va bene se il soggetto ha delle buone condizioni generali: - Giovane o anziano che presenta una buona aspettativa di vita > 5 anni; - Assenza di complicanze micro e macrovascolari; - Normali funzioni cognitive; - Normale stato funzionale; - Adeguato supporto sociale; - Breve durata del diabete. Se il soggetto presenta​: - Breve aspettativa di vita <5 anni; - Complicanze micro e macrovascolari avanzate; - Lunga durata della malattia; - Familiarità; - Comorbilità; - Complicanze del diabete; - Preferenze (anche se ad un certo punto queste passano in secondo piano); - Ambiente sociale non adeguato; - Disfunzioni cognitive; - Problemi psichiatrici (depressione); - Intolleranza ai farmaci; - Scarso accesso ai farmaci. L’obiettivo terapeutico sulla glicata può essere abbassato, accontentandoci di valori tra ​7,5 - 8,5%. Sebbene si consideri anziano un soggetto di età > 65 anni, per quanto riguarda il diabete, possiamo considerare questo limite un po’ più in avanti. Per svilupparsi le complicanze, lo scompenso deve durare da circa 10 anni: se il soggetto ha una diagnosi di diabete ad 80 anni, possiamo anche permetterci di lasciarlo con una glicata un tantino più alta, dato che possiamo anche permetterci che a 90 anni si sviluppino delle complicanze. Se prendessimo ad esempio un soggetto diabetico 80enne che sta bene e non presenta complicanze o

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altre patologie, possiamo permetterci di attuare un target terapeutico un po’ più aggressivo, cercando sempre di evitare le ipoglicemie. Dobbiamo inoltre fare molta attenzione alla scarsa compliance dei pz anziani, dato che essi prendono già molti farmaci per altre patologie, e quindi ad un certo punto potrebbero pensare di smettere autonomamente di prendere un farmaco. La mortalità legata al diabete è particolarmente alta nei soggetti anziani. Esistono diversi rischi associati ad un controllo aggressivo ma anche una persistente iperglicemia può peggiorare le patologie spesso associate al diabete nell’anziano (ictus, nefropatia, disfunzioni cognitive). Considerando che un pz di 65 ha oggi un’aspettativa di vita di oltre 18 anni, può avere il tempo di sviluppare le complicanze. Obiettivo primario nei pz anziani è quello di mantenere indipendenza nella vita quotidiana. Essendo una patologia cronica i pz necessitano di essere sempre motivati. Lipidi Dipende anche dal soggetto: un aumento delle LDL aumenta il rischio cardiovascolare. All’aumentare dei livelli di colesterolo sia nei non diabetici, che nei diabetici aumenta il rischio cv, comunque maggiormente nei diabetici. È stato visto che l’aumento del 10% del colesterolo si associa ad un aumento del 27% delle malattie cardiovascolari e una riduzione del 10% del colesterolo si accompagna ad una riduzione del rischio del 25% di malattie cardiovascolari in 5 anni. Slide: a dx tutti i diabetici, a sx i non diabetici Le alterazioni delle lipoproteine nel diabete mellito portano alla dislipidemia aterogena, caratterizzata da: - Aumento dei trigliceridi; - Aumento delle VLDL; - Aumento delle LDL e delle LDL piccole e dense; - Aumento della Lipoproteina a; - Riduzione delle HDL

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Il diabete viene considerato come un equivalente di rischio di malattie cardiovascolari: - Rischio di eventi coronarici maggiore/uguale a quello dei pz con CHD conclamata; - Rischio in 10 anni di CDH > 20%. Come si vede nella lezione sulle dislipidemie, non esiste un valore soglia al di sotto del quale la colesterolemia non sia associata ad un rischio più basso, ma vale sempre la regola che più è basso il colesterolo LDL minore è il rischio per il pz. Ridurre il colesterolo quanto più possibile può compensare l’effetto negativo del diabete e quindi ridurre il rischio ad esso associato. Le raccomandazioni dell’ATP III per il trattamento del colesterolo, suggeriscono che: - Nei pz ad alto rischio (diabetici) l’obiettivo minimo è LDL < 100 mg/dl​; -

Pz diabetici a rischio molto alto LDL < 70 mg/dl ​è un’opzione terapeutica giustificata: - Patologia cardiovascolare + multipli fattori di rischio maggiori; - Patologia cardiovascolare + gravi e non controllati fattori di rischio (fumo); - Patologia cardiovascolare + diversi fattori di rischio della sindrome metabolica (TG > 200 mg/dl, Colesterolo non HDL > 130 mg/dl, HDL < 40 mg/dl)

Se diamo una terapia che riduce il colesterolo totale riduciamo anche HDL quindi dobbiamo trovare un compromesso (ad oggi non ci sono farmaci che aumentano HDL, l’unica cosa per ora dimostrata è l’attività fisica). Pressione All'aumentare della pressione sistolica aumenta il rischio cv più nei diabetici che nei non diabetici. Ogni 10 mmHg di riduzione della pressione sistolica avremo una riduzione del: - 12% del rischio di ogni complicanza associata al diabete; - 15% mortalità correlata al diabete; - 11% rischio di IMA; - 13% rischio di complicanze microvascolari.

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Sicuramente non si può parlare di un singolo obiettivo per tutti uguale per i pz diabetici ma oggi si parla di terapia sartoriale che deve essere costruita intorno ai pz. Terapia Dieta La dieta è una parte cruciale del trattamento ed i pz diabetici dovrebbero ricevere un’adeguata dieta. Una moderata riduzione dell’apporto calorico, associata ad un aumento del dispendio energetico, è raccomandata nei pz diabetici sovrappeso e obesi. Il calo ponderale in questo caso è il principale obiettivo e si associa ad un miglioramento del compenso glicemico poiché riduce l’insulinoresistenza. La composizione della dieta non differisce sostanzialmente dalla dieta bilanciata consigliata a tutti gli individui. L’obiettivo è quello di evitare rapide escursioni dei livelli glicemici ma anche e soprattutto di prevenire lo sviluppo delle complicanze croniche. Esercizio fisico Riduce il rischio cardiovascolare, la pressione arteriosa, il peso corporeo, la massa grassa, la glicemia (durante e dopo l’esercizio) e l’insulinoresistenza ed inoltre può avere grandi effetti psicologici positivi. Un programma di esercizio fisico è consigliabile in tutti i soggetti diabetici e rientra nel piano terapeutico. Terapia medica Abbiamo vari tipi di farmaci che agiscono sui vari protagonisti (visti sopra) che determinano iperglicemia: - Per quanto riguarda i ​tessuti insulino sensibili (fegato, tessuto adiposo, muscolo)​, possiamo utilizzare i ​farmaci sensibilizzatori dell’insulina come la ​Metformina. Questa a livello epatico ad esempio, permette di ridurre l’insulinoresistenza bloccando la gluconeogenesi epatica e quindi il rilascio di glucosio. È il farmaco di

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prima scelta poiché ha una buona azione (riduzione HbA1c dell'1,5%), induce un lieve calo ponderale, riduce gli FFA e i TG e non causa ipoglicemia. Altri farmaci con la stessa azione sono i ​Glitazoni. ​Questi agiscono meglio in periferia aumentando la captazione del glucosio (tessuto adiposo e muscolare, molto di più sul primo) piuttosto che a livello epatico; -

L’altro protagonista è rappresentato dalla ​riduzione della produzione di insulina dalle cellule β​. Possiamo utilizzare dei farmaci che stimolano la secrezione insulinica: Sulfoniluree, ​molecole vecchie e ormai superate poiché causano gravissimi ipoglicemie a causa dell’azione prolungata ed inoltre provocano aumento del peso. Per ridurre questi effetti si inizia la terapia a bassa dose e si aumenta la posologia gradualmente. Glinidi hanno lo svantaggio di essere dipendenti. Esse aumentano la secrezione dell’insulina indipendentemente dalla concentrazione di glucosio causando ipoglicemia postprandiale. Queste molecole dovrebbero essere abbandonate, anche se qualcuna che merita di essere utilizzata c’è. Tra i secretagoghi le più nuove sono le ​Incretine come gli analoghi del GLP-1 che legando lo stesso recettore presentano gli stessi effetti ​(lezione 14). ​Esistono farmaci che permettono al GLP-1 endogeno di prolungare la sua azione ovvero gli inibitori degli enzimi di degradazione del GLP-1 (l’enzima DPP 4 scinde rapidamente il GLP-1, ed inibendo questo enzima aumenta la quota endogena). La terapia con le incretine può quindi essere effettuata sia somministrando dall’esterno o mantenendo quello endogeno. Nel momento in cui non siamo più in grado di mantenere la secrezione di insulina è necessario fare terapia sostitutiva con insulina (come avviene nel DT1);

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Bloccare l’aumentata secrezione di glucagone da parte delle cellule ɑ utilizziamo le incretine;

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Per ​aumentare l’effetto dell’insulina a livello gastrico​ utilizziamo sempre le ​incretine;

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Per ​bloccare l’aumentato riassorbimento del glucosio a livello renale utilizziamo gli inibitori di SGLT2 o Gliflozine. ​Questi inibitori determinano la perdita del 40% del glucosio filtrato a livello renale con le urine. Questi farmaci presentano anche degli ottimi effetti extrarenali che li rendono particolarmente interessanti per la terapia del DT2, tra questi: parziale inibizione di SGLT1 che a sua volta comporta una riduzione dell’assorbimento di glucosio a livello intestinale, riduzione del peso corporeo per dissipazione di parte delle calorie introdotte tramite la glicosuria, riduzione dei valori pressori per azione diuretica osmotica. I farmaci inibitori del SGLT2 causano anche una riduzione dei livelli di HbA1c (0,79% in monoterapia e 0,61% in associazione ad un altro ipoglicemizzante orale). Essi inoltre hanno un basso rischio di determinare ipoglicemia tranne che associati a terapia insulinica. Tra gli effetti collaterali, a causa della grande quantità di glucosio che viene persa con le urine e quindi transita a livello uretrale, vi è un lieve aumento del rischio di contrarre infezioni uro-genitali (di dice al pz di bere di più per aumentare la diuresi e quindi pulire le vie urinarie);

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Per ​attivare il senso della sazietà a livello centrale si utilizzano degli ​agonisti del GLP-1R in gradi di attraversare la barriera emato encefalica, agire sul recettore a livello ipotalamico e dare sensazione di sazietà. Questa viene data anche perché riducono lo svuotamento gastrico e questo attiva il senso della sazietà (distensione della parete gastrica).

Diabete in età pediatrica Patogenesi del diabete di tipo 1 Il diabete di tipo 1 è una delle patologie croniche più frequenti nei bambini e negli adolescenti, rappresentando l’85% di tutti i casi di diabete in età pediatrica.

Secondo dati del 1989, la nazione con più casi di diabete di tipo 1 al mondo è la Finlandia, segue subito l’Italia e nello specifico la Sardegna (si pensa che questo sia dovuto alla migrazione in tempi remoti da parte di abitanti finlandesi). Nel corso dei secoli, si sono selezionati delle famiglie (ricordiamo che stiamo sempre parlando di un’isola) in cui c’è familiarità per il diabete di tipo 1.

Il diabete di tipo 1 ha avuto un'impennata di nuovi casi.

Patogenesi Il diabete di tipo 1 è causato dalla distruzione autoimmune delle cellule β del pancreas. Ancora non si ha la certezza sul perché il sistema immunitario si attivi, ma si pensa che un ruolo fondamentale sia svolto da fattori ambientali nei soggetti il cui sistema immunitario è predisposto a sviluppare una

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reazione autoimmune contro un antigene danneggiato della cellula β (meno probabilmente contro molecole β simili ad antigeni virali per mimetismo molecolare. Può capitare che il DMT1 compaia dopo un’infezione virale, ma questo ancora non è stato pienamente dimostrato). Si era parlato anche di fattori dietetici ipotizzando un ruolo degli alimenti contenenti glutine, dello svezzamento precoce o dell’utilizzo del latte vaccino (presenza di anticorpi che non riuscendo ad essere contrastati da quelli del bambino, arriverebbero al pancreas e lo distruggerebbero poiché simili agli anticorpi contro le isole pancreatiche), ma tutte queste ipotesi hanno perso valore nel corso del tempo. Che qualcosa a livello ambientale dia origine al processo è quasi certo, il problema è che non sappiamo quale sia. La distruzione delle cellule β è mediata prevalentemente da linfociti T attraverso il rilascio di citochine o tramite citotossicità diretta e si realizza nel corso di mesi o anni durante i quali il soggetto è asintomatico ed euglicemico. Questo lungo periodo di latenza è dovuto al fatto che è necessaria la distruzione di un elevato numero di cellule β (80%) per instaurarsi un deficit funzionale. Le probabilità di contrarre il DMT1 che vediamo in tabella, supportano l’idea di una suscettibilità genetica allo sviluppo della malattia. Sono stati identificati numerosi geni le cui varianti polimorfiche si associano a DMT1: tra queste i più importanti sono i polimorfismi dei geni della regione HLA (DQɑ, DQβ, DR) che spiegano il 41% dell’aggregazione familiare.

Storia naturale del DMT1 Quando compaiono gli anticorpi siamo già in una fase di perdita di massa cellulare β (è stato dimostrato che i linfociti B e la produzione di anticorpi non siano necessari per lo sviluppo del diabete poiché la distruzione cellulare è mediata per lo più dai linfociti T). Per comparire l’iperglicemia il pancreas deve essere distrutto oltre il 80%.

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Presentazione del DMT1 Rispetto al tipo 2 la presentazione del diabete di tipo 1 è molto chiara e ci permette di fare diagnosi. La presentazione può essere: Classica​: - Poliuria, nicturia, enuresi; - Polidipsia; - Perdita di peso; - Scarso accrescimento; - Facile affaticamento; - Polifagia o inappetenza; - Vomito; - Facili infezioni (vaginali); ​Chetosi con o senza acidosi: - Dolori addominali; - Nausea, vomito; - Tachipnea e respirazione profonda (respiro di Kussmaul); - Alito acetonemico ​è una delle cose che ci permette di fare diagnosi​; - Letargia, shock, coma. Asintomatico: - Scoperta casuale. Oggi sempre più diffusa la scoperta casuale, poiché ai primi sintomi il medico si insospettisce e consiglia di eseguire un controllo della glicemia. Terapia del DMT1 L’obiettivo della terapia del DMT1 è più semplice perché infondo è una terapia che deve mimare la fisiologica secrezione dell’insulina da parte del pancreas, tenendo conto dello stile di vita del pz, delle abitudini alimentari e dell’attività fisica. Non è solo insulina che viene fatta ai pasti, ma c’è anche una secrezione di insulina basale che tiene i livelli normali. Mancando la normale secrezione fisiologica di insulina noi dall’esterno dobbiamo dare sia l’insulina basale che quella ai pasti. Terapia insulinica tramite penna La prof.ssa spiega il funzionamento della penna, che è possibile vedere nel video scansionando il QR-code.

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Terapia con microinfusore Si tratta di un dispositivo portatile, piccolo e discreto, che tramite un set infusionale e un ago-cannula, somministra insulina ad azione rapida 24 ore su 24. Generalmente, il microinfusore è piccolo e discreto e può essere indossato durante tutte le attività della vita quotidiana, compresa l’attività fisica Comprende un set d’infusione ed un serbatoio che vanno sostituiti in genere ogni 2-3 giorni e, per evitare l’insorgenza di infezioni, è necessario ruotare il sito di applicazione dell'ago cannula. Il microinfusore insulinico imita l’azione del pancreas, rilasciando durante l’intera giornata il quantitativo di insulina necessario all’organismo. Tale dispositivo somministra l’insulina in due differenti modi: - Attraverso un’infusione basale continua, che mantiene normali i valori glicemici lontano dai pasti; - Con un’infusione di boli, che permette durante i pasti di fornire la corretta quantità di insulina a seconda degli alimenti assunti e della glicemia. A seconda del modello, il microinfusore può essere applicato direttamente sulla cute (patch pump o microinfusore a cerotto) oppure indossato, attaccandolo alla cintura, portandolo in tasca o applicandolo al reggiseno. Il microinfusore è sempre dotato di un set infusionale che collega il serbatoio contenuto all'interno del dispositivo all'ago cannula che somministra l'insulina sottocute. L'ago viene generalmente applicato con un insertore dedicato. Rispetto alla terapia insulinica tradizionale, il microinfusore permette di ricevere un apporto di insulina preciso e costante nel tempo, emulando la funzionalità del pancreas; la velocità basale di somministrazione dell’insulina, inoltre, può essere regolata a seconda delle necessità e dello stato psicofisico del paziente. Essendo molto discreto, può essere portato sotto i vestiti senza essere notato, lasciando al paziente diabetico la libertà di vivere la propria quotidianità senza limiti e senza rinunce. Gli infusori sono degli strumenti che devono stare sempre con il pz. Se il soggetto non ha il microinfusore non può fare l’insulina. Non tutti vogliono il microinfusore e non per tutti c’è l'indicazione. Se il soggetto normalmente fa pochi controlli, un po’ se ne frega, con una terapia di questo tipo c’è il rischio che si vada in chetoacidosi, perché lo strumento è semiautomatico (molto più alto il rischio che rispetto alle penne perché facendo la basale c’è una riserva, in questo caso dopo 2-3 ore non c’è più niente). In soggetti che non sono attenti e che non fanno una gestione attiva della terapia è bene non metterlo perché più rischioso. Alcuni non lo vogliono per una questione psicologica poiché è come se portassero la malattia con loro, mentre con la penna, fai l’infusione e si chiude la. Chi ha il microinfusore fa un solo tipo di insulina, mentre chi fa terapia con la penna ne ha due tipi: quella basale e quella dopo i pasti. Spesso i microinfusori sono collegati a dei sensori.

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Monitoraggio domiciliare della glicemia Alcuni tipi di farmaci o quelli che fanno terapia insulinica devono controllare la glicemia a casa. Il monitoraggio della glicemia è uno strumento indispensabile per ottenere un buon compenso glicemico in pazienti che praticano terapia insulinica. Il monitoraggio della glicemia a domicilio può essere fatto con un ​glucometro ​(glicemia capillare), non c’è bisogno di disinfettarsi le mani ma queste devono essere pulite per fare la glicemia. Oppure nei pazienti con diabete tipo 1 il monitoraggio si può fare anche con un sensore glicemico​, che permette di misurare in continuo nelle 24 ore i livelli di glucosio a livello dell’interstizio. Inserito nel sottocute, il sensore rileva i livelli glicemici a intervalli di 5 minuti (288 rilevazioni al giorno). Il sensore non è altro che un cerottino che dura 3 giorni, ma ce ne sono anche di 7 giorni. Si passa il lettore vicino al cerotto oppure si possono utilizzare anche delle app.

Ci sono altri sensori come quelli impiantabili (a fluorescenza), cioè sono dei sensori che vengono messi sottocute con una piccola incisione nel braccio e stanno là dentro 180 giorno (6 mesi) registrando ogni giorno. Dopo 6 mesi se ne mette un altro. Questi sono dotati di un trasmettitore che invia i dati al telefono.

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Pre-diabete Una condizione di: - Elevata glicemia a digiuno (IGF) tra 100 - 126 mg/dl o - Alterata tolleranza al glucosio (IGT) = Glicemia 2h tra i 140 - 200 mg/dl dopo carico orale viene definita ​Pre-diabete​: condizione nella quale i livelli di glicemia sono più alti della norma, ma non sufficientemente elevati per fare una diagnosi di diabete. Il pre-diabete può essere considerato come una fase precoce del diabete poiché una grande percentuali di questi soggetti svilupperà la patologia. La gran parte dei prediabetici è asintomatica ma hanno un rischio cardiovascolare 1,5 volte maggiore rispetto a chi ha una normoglicemia. Oltre il 12% della popolazione tra 40 e 74 anni ha un pre-diabete; Circa l’11% di questi diventano diabetici. In questi casi comunque riducendo l’insulinoresistenza possiamo prevenire la progressione verso il diabete di tipo 2. I soggetti che sono maggiormente a rischio di sviluppare diabete presentano: - Familiarità per diabete (genitori, fratelli, figli); - Obesità o sovrappeso associata a sedentarietà; - Età > 45 anni; - Storia di IGF o IGT; - Ipertensione arteriosa (> 140/90 mmHg); - Livelli di trigliceridi > 250 mg/dl e di HDL-C < 40 mg/dl; - Storia di diabete gestazionale o di un parto con neonato di peso > 4 Kg o storia di aborti multipli. I potenziali candidati per lo screening e la prevenzione del DMT2 sono: - Soggetti di età > 45 anni con BMI > 25 ed un altro fattore di rischio; - Soggetti di età < 45 anni con BMI >25 e altri due fattori di rischio.

È chiaro che nella scelta dello screening oggi abbiamo la Hb-glicata che comunque non basta da sola perché dobbiamo capire se è pre diabetico o diabetico. Quindi siamo costretti a fare il OGTT che non si fa come screening di massa ma serve per identificare più soggetti a rischio. di quelli che potremo fare. Nei pre diabetici non si agisce tramite farmaci ma modificando lo stile di vita (se è presente obesità ad esempio BMI >35 con una complicanza possiamo agire con alcuni farmaci). Se il soggetto ha un BMI di 30-31 è comunque a rischio ma possiamo agire solo con la dieta, se utilizziamo dei farmaci

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in questo caso sono off-label. Questo è un problema perché questa è la vera terapia però sappiamo che l’aderenza non è a lungo termine e quindi la prevenzione è difficile da fare. Sindrome metabolica È una patologia multifattoriale eterogenea che ha alla base l'insulinoresistenza. La sindrome metabolica raggruppa diverse alterazioni metaboliche e fattori di rischio per malattia cardiovascolare facili da identificare: - Dislipidemia aterogena; - Ipertensione; - Iperglicemia; - Stato protrombotico; - Stato proinfiammatorio. Si accompagna ad un aumento della probabilità di evoluzione del pz verso il diabete di tipo 2 e ad un aumento del rischio cardiovascolare. Consente di identificare i soggetti a rischio elevato e di intervenire per prevenire morbilità e mortalità. Diagnosi I ​criteri del alterazioni: -

NCEP-ATP III report ​indicano che devono essere presenti almeno 3 di queste Obesità addominale ​CV > 102 cm (M), >88 cm (F); Glicemia a digiuno ​> 110 mg/dl; PA ​> 130/85 mmHg (o pz in terapia); Colesterolo HDL ​< 40 mg/dl (M) o < 50 mg/dl (F); Trigliceridi ​> 150 mg/dl (o pz in terapia).

I ​criteri dell’IDF (International Diabetes Federation) ​indicano che devono essere presenti: - Obesità addominale ​CV > 94 (M), > 80 (F); ​+ 2 dei seguenti fattori: - Glicemia a digiuno ​> 100 mg/dl; - PA​ > 130/85 mmHg (o pz in terapia); - Colesterolo HDL ​< 40 mg/dl (M), <50 mg/dl (F) o pz in terapia; - Trigliceridi ​> 150 mg/dl (o terapia). La differenza è che nei criteri dell’IDF deve essere per forza presente un’alterazione della cv e che la glicemia a digiuno deve essere un tantino più bassa.

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Come per il diabete all’aumentare dell’età aumenta il rischio di sindrome metabolica.

Chi ha la sindrome metabolica ha un rischio di mortalità cardiovascolare significativamente maggiore rispetto a chi non ha la sindrome metabolica. Bianco e nero: la linea in basso rappresenta i soggetti senza sindrome metabolica, quella in alto i soggetti con sindrome metabolica.

Come visto nella lezione sull’obesità, anche una circonferenza vita elevata espone l’individuo ad un aumentato rischio cardiovascolare. Bianco e nero: in ogni gruppo di colonne, a sx il primo terzile, nel mezzo il secondo terzile, a dx il terzo terzile. Ogni terzile è caratterizzato da un incremento della circonferenza vita rispetto al precedente e quindi del rischio cardiovascolare

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Patogenesi Sindrome Metabolica Alla base della patogenesi della sindrome metabolica sta l’insulino resistenza. Da essa derivano tutte le condizioni che caratterizzano la sindrome: - Ipertensione; - Dislipidemia; - Iperglicemia; - Infiammazione; - Iperinsulinemia; - Disfunzione endoteliale; - Alterazioni della coagulazione. Ipotesi infiammatoria - Introito di cibo fa aumentare tutti i fattori dell’infiammazione. A questo contribuiscono obesità e fattori genetici; - I fattori dell’infiammazione causano stress ossidativo con blocco dell IRS-1 ed interruzione del segnale insulinico; - Il blocco del segnale insulinico causa insulinoresistenza (che contribuisce di per sé allo stato infiammatorio); - A causa dell’insulinoresistenza aumenta la lipolisi e quindi la liberazione di acidi grassi liberi che da un lato incrementano l’insulinoresistenza e dall’altro stimolano lo stato infiammatorio. Domanda su diabete e attività fisica​: il famoso 250 mg/dl di glicemia che impedisce di fare attività fisica. Il discorso è che in linea di massima l’attività fisica fa ridurre la glicemia, ma in questo caso la differenza viene fatta dai chetoni: se non c’è insulina aumenta la glicemia e se l’insulina non è sufficiente compaiono i corpi chetonici. Se la glicemia a 250 persiste per almeno 3 ore, si devono controllare i chetoni: se positivi vuol dire che siamo in riserva di insulina, quindi manca da tanto tempo e si sono dovuti bruciare gli acidi grassi, quindi prima si deve correggere la glicemia facendo si che i chetoni ritornino normali e poi si fa attività fisica. Se i chetoni sono negativi si fa la correzione comunque, in qualsiasi caso la glicemia viene corretta, tenendo conto che si deve fare attività fisica e poi si può fare (iperglicemia continua da poco). Se la glicemia è normale e si hanno 120-130 si deve fare uno spuntino, soprattutto se si sa che la glicemia si abbassa (carboidrati complessi). L’attività fisica può anche far aumentare la glicemia, siccome questo è dipendente da molti fattori, non si può far fare attività fisica con rischio che la glicemia si alzi. Quello che si consiglia ai soggetti che vogliono fare attività fisica è di farsi osservare per vedere come risponde l’organismo all’attività fisica (fare controlli prima e fino a molte ore dopo l'attività fisica perché la risposta può essere tardiva).

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Endocrinologia - Lezione 16 Complicanze Croniche del diabete I pz con diabete, sia di tipo 1 che di tipo 2, hanno notevole tendenza a sviluppare complicanze a lungo termine che, per la loro frequenza fanno parte della storia naturale della malattia. Le complicanze croniche vengono divise in: - Microvascolari ​che comprendono retinopatia, nefropatia e neuropatia; - Macrovascolari ​che comprendono Malattia cerebrovascolare, malattia coronarica, malattia vascolare periferica (arteriopatia obliterante). Il rischio di sviluppare le complicanze aumenta con la durata del diabete. Poiché il diabete di tipo 2 ha spesso una lunga fase di iperglicemia silente, è possibile che le complicanze possano essere già presenti al momento della diagnosi. Complicanze croniche microvascolari Le complicanze croniche colpiscono i piccoli vasi e comprendono retinopatia, nefropatia e neuropatia. Queste complicanze pongono un carico considerevole sul pz: il diabete è oggi la causa primaria di nuovi casi di cecità nelle persone tra i 20 - 75 anni se non consideriamo gli eventi traumatici. Allo stesso modo è anche la principale di causa di insufficienza renale terminale (ESRD) e successiva dialisi. I dati mostrano inoltre come più del 60% dei pz diabetici sia affetto da neuropatia. Patogenesi della microangiopatia diabetica L’​iperglicemia cronica è un fattore causale cruciale nello sviluppo delle complicanze microangiopatiche. Studi di intervento hanno dimostrato in modo conclusivo che il miglioramento del compenso glicemico è in grado di prevenire o ridurre significativamente lo sviluppo di retinopatia, nefropatia e neuropatia. È stato osservato in diversi studi come a parità di compenso glicemico, soltanto alcuni soggetti manifestano le complicanze microangiopatiche: questo suggerisce che altri fattori possano avere un ruolo nello sviluppo delle complicanze: - Genetica​. A livello genetico sono state fatte delle ipotesi, ma non sono stati individuati geni direttamente responsabili. Che vi sia il peso della genetica è molto probabile, il problema è che ancora non siamo riusciti a quantificare il suo ruolo​; - Ipertensione; - Fattori ambientali; - Fattori di crescita​, la cui sintesi viene stimolata da processi ossidativi e radicali liberi​; - Alterazione emoreologiche ​(viscosità, velocità di flusso ecc) Il glucosio per poter esercitare i suoi effetti deve essere internalizzato a livello cellulare: è interessante notare come le complicanze croniche del diabete non colpiscano i tessuti la cui captazione è regolata dall’insulina, poiché il deficit assoluto o relativo di insulina ostacolando l’ingresso di glucosio all'interno della cellula proteggerebbe questi tessuti, sono infatti colpiti i tessuti in cui l’internalizzazione cellulare è mediata dal trasportatore GLUT-1 indipendente dall’insulina.

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Fondamentalmente la patogenesi è da ricondursi all’iperglicemia ed in particolare alle alterazioni metaboliche che da essa derivano che causano una seguente disfunzione a livello endoteliale. Tra esse annoveriamo: - Stress ossidativo​. L’aumentata produzione di radicali liberi con aumento dello stress ossidativo causa una ridotta disponibilità di NO di origine endoteliale e quindi vasocostrizione, attivazione piastrinica e proliferare delle cellule muscolari lisce. Questo causa poi un aumento delle LDL nella parete vascolare; - Aumentata produzione di AGE (Prodotti Avanzati della Glicazione) che si legano ai rispettivi recettori inducendo deposizione e ossidazione delle LDL con formazione delle cellule schiumose (patogenesi della placca) ; - Aumentata attività dell’aldoso reduttasi nella via dei polioli con conseguente accumulo intracellulare di sorbitolo e fruttosio e incremento dello stress ossidativo. In particolare il sorbitolo ha effetto osmotico, riducendo l’attività della pompa Na-ATPasi (pompa sodio-potassio) e quindi richiama acqua. In questo modo si determina alterazione della struttura delle cellule e rottura. I polioli sono dei composti chimici che contengono più gruppi ossidrilici. Sono carboidrati idrogenati usati come dolcificanti in sostituzione dello zucchero; - Attivazione della PKC ​(in particolare le isoforme beta e delta) a causa dell’aumentata produzione di DAG. Questa causa: - Proliferazione cellulare; - Alterazione del metabolismo glucidico e lipidico; - Attivazione dei geni che promuovono l’aterosclerosi; - Ridotta vasodilatazione; - Aumentata permeabilità vasale. - Glicosilazione non enzimatica della Hb. ​Allo stesso modo dell’Hb vengono glicate proteine, acidi nucleici e tutta una serie di substrati alterandone la struttura e la funzione (per le proteine in parte dovuto anche agli AGE); - Fattori vasoattivi​;

Retinopatia diabetica Spesso indicata con l’acronimo RD, è la principale causa di cecità negli adulti tra i 20 ed i 75 anni: - 4% dei diabetici di tipo 1; - 2% dei diabetici di tipo 2; È quindi il doppio più frequente nei tipo 1 rispetto che ai tipo 2: i soggetti con diabete di tipo 1 sono più predisposti poiché presentano un compenso glicemico più difficile da raggiungere e mantenere rispetto al tipo 2 ed è quindi più probabile che si sviluppi retinopatia. Sebbene all’inizio i soggetti possano riferire un’alterazione della visione, questa non è dovuta alla retinopatia bensì all’effetto edemigeno a livello dell’occhio (edema della macula), fase iniziale che si risolve normalmente con il compenso glicemico. Prendendo un soggetto diabetico, nell’80-90% dei casi un deficit visivo è legato alla retinopatia, che aumenta all’aumentare della durata del diabete, poiché a parte il danno legato all’effetto osmotico, la retina viene danneggiata dalla glicemia persistente nel tempo.

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In caso di diagnosi di RD prima dei 30 anni la prevalenza è: - 25% a 5 anni dalla diagnosi; - 60% a 10 anni dalla diagnosi; - 80% a 15 anni della diagnosi. Quando si parla di complicanze microvascolari croniche ci si riferisce in generale allo scompenso che dura da molto tempo. Un soggetto che non ha un background genetico sospetto e ha un buon compenso glicemico, non sviluppa complicanze croniche, ma parimerito esistono pz che nonostante presentino un compenso glicemico ottimale, sviluppano lo stesso le complicanze ed è qui che entra in gioco il fattore genetico. Si parla di compenso glicemico, ma si devono anche considerare altri fattori quali ipertensione, fumo, lipidi o fattori generalmente associati alla comparsa di complicanze.

Fattori di rischio Per la RD è stata fatta un’​ipotesi genetica​, infatti la presenza dell’aplotipo DR3 si è associato ad un aumento di 5 volte dell’incidenza di RD proliferativa (RDP). L’​età​ è un fattore importante: - Nel DMT1 aumenta progressivamente all’aumentare dell’età; - Nel DMT2 è più facile che si abbia RD se l’insorgenza del diabete è precoce. Si nota una percentuale del 5,3% in soggetti di età tra i 30-45 anni mentre dello 0-1% se l’età è > 75 anni. Come visto sopra in generale, la ​durata del diabete (scompensato) è importante anche per l’incidenza e la progressione della malattia. Essa comunque è rara nei primi 5 anni della malattia. Il ​controllo metabolico ​è un altro importante fattore di rischio ed è stata vista la forte correlazione tra i livelli di HbA1c con l’insorgenza e la progressione del RD, tant'è che è reversibile, poiché se siamo in grado di compensare possiamo far regredire la retinopatia (solo nella fase iniziale). Tra gli altri fattori di rischio: - Fumo; - Dislipidemia; - Consumo di alcol.

Classificazione ed eziopatogenesi Sono stati identificati due stadi di retinopatia diabetica: semplice e proliferativa. Nel primo stadio (retinopatia semplice o non proliferante) la perdita dei periciti e delle cellule endoteliali e l’ispessimento della membrana basale determinano aumento della permeabilità vasale e sviluppo di alterazioni microvascolari (formazione di microaneurismi, vasi tortuosi e dilatati, shunt artero venosi e occlusione vasale). L’aumentata permeabilità vascolare, evidenziata dalla fuoriuscita di colorante dai capillari, causa il passaggio extravasale di materiale plasmatico (lipidi e proteine) con formazione di caratteristici essudati duri. I microaneurismi si possono rompere dando origine ad emorragie retiniche che negli strati profondi sono puntiformi, mentre negli strati superficiali assumono un aspetto ‘’a fiamma’’. L’obliterazione dei vasi, oltre a causare microinfarti denominati ‘’essudati cotonosi’’ è responsabile della produzione di VEGF che stimolano la formazione di nuovi vasi nel tentativo di rivascolarizzazione.

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In questa fase intervengono tutti i fattori di rischio: tra di questi notiamo la microalbuminuria (perdita di tracce di albumina con le urine, siamo già nelle fasi iniziali della nefropatia). C’è una correlazione tra microalbuminuria e retinopatia. Soprattutto nei soggetti con diabete di tipo 1 è possibile che siano presenti entrambe le complicanze, quindi dobbiamo preoccuparci di fare indagini sia per la nefropatia che la retinopatia.

Il secondo stadio ​(retinopatia proliferativa)​, è caratterizzato dalla formazione di questi vasi interrotti dalle emorragie retiniche. Questi vasi però si rompono facilmente causando delle emorragie nel vitreo, fibrosi e distacco della retina con conseguente riduzione del visus e cecità (altra causa di cecità è l’edema maculare, che si può sviluppare in ogni stadio di retinopatia). Il trattamento viene eseguito con fotocoagulazione laser o con iniezioni intraretiniche di anticorpi anti-VEGF.

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Quando viene eseguito lo screening tramite con valutazione del fondo dell’occhio in dilatazione, possiamo classificare secondo la ​International Clinical Diabetic Retinopathy (DR) Desease Severity Scale​ la retinopatia in: -

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Retinopatia diabetica assente​: nessuna lesione; Retinopatia diabetica non proliferante o background - Lieve​: solo microaneurismi; - Moderata​: più microaneurismi, ma non come nella forma grave; - Grave (o pre-proliferante)​: qualsiasi dei seguenti: - >20 emorragie intraretiniche in ciascuno dei 4 quadranti; - alterazioni venose a corona di rosario in 2 o più quadranti; - anomalie intravascolari retiniche (IRMA) in 1 o più quadranti senza segni di retinopatia proliferante; Retinopatia diabetica proliferante​: 1 o più dei seguenti: - Neovascolarizzazione; - Emorragie vitreali/pre-retiniche; + Edema maculare diabetico​: può presentarsi in associazione sia alla retinopatia diabetica non proliferante che a quella proliferante

La forma grave (o pre-proliferante), la retinopatia diabetica proliferante e l’edema maculare diabetico sono delle ​lesioni che minacciano la vista​.

Sintomatolgoia La sintomatologia non è molto presente, infatti vi è discrepanza con il quadro clinico. L’assenza di sintomi non costituisce un dato significativo per valutare la presenza e la gravità delle RD e da qui nasce la necessità di eseguire indagini strumentali. Spesso il pz lamenta una lieve riduzione dell’acuità visiva a lenta insorgenza (edema della regione maculare). Per quanto riguarda i bruschi cali della vista sono invece dovuti a fenomeni emorragici.

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Screening Tutti i pz diabetici devono essere sottoposti periodicamente a visita oculistica (valutazione fondo dell’occhio in dilatazione). I controlli devono essere ravvicinati qualora siano presenti delle alterazioni tipiche della RD.

Prima visita Per il diabete 1 si deve fare entro 5 anni dalla diagnosi, questo poiché l'esordio è certo e aspettiamo un po’ di anni prima di ricercare una complicanza. Nel caso del diabete di tipo 2 si fa alla diagnosi, perché non è noto il momento esatto in cui è comparso il diabete dato che generalmente la diagnosi non coincide con insorgenza della patologia (iperglicemia a lungo asintomatica). Partendo dal presupposto che la gravidanza si deve programmare, si devono fare un sacco di controlli e mantenere HbA1c < 6%, l’esame del fundus si deve fare prima del concepimento o nel I trimestre. Siccome la gravidanza comporta nella maggior parte dei casi un buon compenso glicemico, anche un passaggio da buono a cattivo compenso può causare un peggioramento della retinopatia (comunque reversibile). Per questo si esegue un follow up ogni trimestre. Donna con diabete gestazionale: Una donna che sviluppa diabete gestazionale e al controllo regolare dopo 6-7 mesi viene rilevato il diabete di tipo 2, secondo la tabella saremo tentati di fare subito lo screening, ma dato che sappiamo che il diabete è di recente insorgenza, si aspettano i 5 anni. Questo esempio viene portato dalla prof.ssa per rimarcare il concetto che per lo sviluppo delle complicanze microvascolari sono necessari alcuni anni di patologia. Follow-up Il follow up si fa ogni anno sia nel tipo 1 che nel tipo 2. Questo vale se non ci sono dei fattori perché se nel tempo è peggiorato il compenso o è comparsa una complicanza cronica lo si fa con maggior frequenza.

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Terapia Per la retinopatia diabetica, si fanno terapie sistemiche: - Controllo glicemico; - Controllo pressorio; - ACE-inibitori/sartani. In soggetti con pressione arteriosa normale ma con inizio di albuminuria, si danno ACE-inibitori o sartani a basso dosaggio. Per la retinopatia diabetica ci sono dati discordanti perché alcuni hanno visto che non progredisce la patologia così come succede per la nefropatia, mentre altri no. Al momento non c’è l’indicazione per il trattamento della retinopatia lieve con questi farmaci. Terapie locali: - Fotocoagulazione; - Iniezioni intravitreali con VEGF; - Vitrectomia.

Nefropatia Diabetica È la causa più frequente di insufficienza renale cronica nei paesi occidentali. Circa il 33% dei pz che va incontro ad emodialisi è affetto da nefropatia diabetica. Si presenta nel 30% dei pz con diabete e più frequentemente: - Negli individui di sesso maschile; - Pz in cui il diabete è insorto prima dei 15 anni. Fattori di rischio Si ritiene che fattori genetici ed elevati livelli di pressione arteriosa conferiscono suscettibilità allo sviluppo della complicanza. Alcuni fattori di rischio hanno peso diverso se si parla di DMT1 e DMT2:

I fattori con la freccia sono quelli maggiormente importanti nello sviluppo della complicanza.

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La presenza di tracce di albumina (microalbuminuria) è un fattore di rischio per entrambi i tipi di diabete. Il sesso maschile è maggiormente coinvolto in entrambe le forme così come la familiarità. L’aumento della pressione arteriosa è più importante per il tipo 2 che per il tipo 1. Eziopatogenesi Come già detto nel caso della retinopatia, i fattori di rischio visti sopra sono alla base di tutte le complicanze microangiopatiche e l’iperglicemia costituisce sempre il fattore scatentate. Insieme ad essa, fattori metabolici e fattori emodinamici causano un'alterata espressione di citochine e fattori di crescita con alterato rimodellamento glomerulare e infine nefropatia diabetica. La patologia inizialmente colpisce il glomerulo renale ed è caratterizzata da perdita di podociti e accumulo di matrice extracellulare nel mesangio che diventa sclerotico, e dalla membrana basale glomerulare che si ispessisce. Ciò si traduce dal punto di vista funzionale in un aumento della permeabilità glomerulare alle proteine con conseguente aumento della loro concentrazione nelle urine (microalbuminuria) e in una progressiva perdita della funzionalità renale con caduta della filtrazione. Valutazione della nefropatia La fase iniziale della malattia è caratterizzata quindi da microalbuminuria per alterazione funzionale della barriera. Questa predispone non solo alla progressione della patologia con macroalbuminuria (sindrome nefrosica conclamata) ma viene considerata anche un marker di rischio cardiovascolare. Indipendentemente dalla microalbuminuria, nella nefropatia si osserva una perdita della funzionalità renale sino alla dialisi o al trapianto di rene (ESRD - End Stage Renal Desease). Fondamentale per valutare la patologia è la valutazione della microalbuminuria che può essere eseguita secondo diverse modalità: - Velocità di escrezione di albumina (AER - Albumin Excretion Rate) su campioni con raccolta temporizzata. Viene espressa come mg albumina/24h (milligrammi); - Tasso di escrezione temporizzato (TAER) su campioni di urine raccolte durante la notte ed espresso in μg/min; - Concentrazione di massa dell’albumina urinaria, espressa in mg/l (semplice concentrazione urinaria di albumina presa al mattino). Questa viene utilizzata per una più rapida valutazione nel campione estemporaneo;

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Rapporto albumina urinaria/creatinina urinaria (RACU o ACR), espresso in mg/g. Questo metodo è quello attualmente più utilizzato poiché corregge le variazioni dovute all’equilibrio dei fluidi corporei e presenta quindi meno errori. Le forme di raccolta delle urine nelle 24h (AER) o durante la notte (TAER), sono state ormai abbandonate poiché fastidiose per il pz (Nel caso delle 24h dovrebbe restare tutto il giorno a casa oppure portarsi dietro il bidoncino) ma anche perché condite da errori. È per questo che hanno preso piede le ultime due metodiche, ovvero il dosaggio dell’albumina nelle urine del mattino e la correzione per la creatinina urinaria (RACU). Questi riportati di seguito sono i valori di riferimento:

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Accanto a questo dobbiamo valutare il filtrato. La malattia renale viene distinta in 5 stadi a seconda del filtrato:

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Il danno renale è definito dalla presenza di albuminuria, anormalità del sedimento urinario, alterazioni ematochimiche, anatomopatologiche o degli esami strumentali. Vediamo come nello stadio 1, il GFR sia aumentato o normale e successivamente dallo stadio 2 inizia a diminuire fino allo stadio 5 (ESRD).

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Danno anatomico Nella slide notiamo che la microalbuminuria può essere considerata espressione di danno renale sia nel DM1 che nel DM2 ma allo stesso tempo è è considerata un fattore di rischio per la malattia cardiovascolare. Quest’ultima cosa vale più per il soggetto con DM1 rispetto al soggetto DM2 dove è più un marker renale.

Storia naturale della nefropatia La storia naturale della nefropatia è caratterizzata filtrato normale e normoalbuminuria e poi si può passare alle altre forme. Non sempre la scaletta è così semplice poiché ci può essere direttamente passaggio da normale albuminuria a macro così come ci può essere una riduzione del filtrato in soggetti con normoalbuminuria. Il messaggio che deve passare è quello che dobbiamo sempre guardare al filtrato perché sennò si potrebbe progredire verso una nefropatia in soggetti che non hanno macroalbuminuria e non accorgersene. Prevenzione e trattamento Si procede al trattamento e al controllo dei fattori di rischio e di progressione, quindi: ​controllo glicemico, controllo pressorio e controllo dei lipidi​. Per quanto riguarda le misure non farmacologiche: ​cessazione del fumo e dieta ipoproteica​. I soggetti diabetici devono assumere una minore quantità di proteine rispetto alla popolazione normale (0,9 g x kg di peso corporeo, mentre nel soggetto normale circa 1,1 - 1,2 g x kg). Scendere

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sotto 0,9 non è troppo buono, dato che al diabetico non possiamo dare né tanti carboidrati né tanti lipidi. Quando siamo di fronte ad una sindrome nefrosica avanzata, a causa della grave perdita di proteine con le urine, queste devono essere reintegrate con la dieta. Alla malattia renale cronica sono legate anche altre alterazioni come ​anemia, squilibri Ca-P, squilibri elettrolitici ​che devono essere trattate. In via preventiva si deve stare molto attenti al controllo dei fattori precipitanti quali: ​farmaci nefrotossici, mezzi di contrasto, infezioni delle vie urinarie, ostruzione delle vie urinarie, disidratazione.

Neuropatia diabetica Presenza di segni e/o sintomi di disfunzione nervosa periferica in soggetto con diabete, escluse le altre cause. Colpisce circa il 50% dei soggetti con diabete di lunga durata. Le neuropatie diabetiche sono delle entità cliniche eterogenee per: - Fattori di rischio; - Meccanismi patogenetici; - Alterazioni istopatologiche; - Distribuzione regionale; - Presentazione di segni e sintomi; - Storia naturale e prognosi. Cause di neuropatia Non tutti i meccanismi hanno trovato una giustificazione nella neuropatia diabetica. Tra essi annoveriamo: - Iperglicemia, che in questo caso non è il fattore principale; - Ridotta capacità rigenerativa; - Fattori ambientali; - Difetto genetico; Classificazione delle neuropatie diabetiche Vengono distinte: - Polineuropatia distale simmetrica (sensitiva, motoria, autonomica, mista). ​È la più frequente di tutti; - Neuropatia prossimale simmetrica; - Neuropatia asimmetrica: ​craniale, truncale, mononeuropatia (isolate o multiple), neuropatie da intrappolamento; - Neuropatia asimmetrica e polineuropatia distale simmetrica. Dal punto di vista epidemiologico la più frequente di tutti è la polineuropatia simmetrica (>80% dei casi), seguono le mononeuropatia al 15% e le altre (<5%).

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Polineuropatia diabetica Fattori di rischio: - Durata del diabete; - Grado di controllo metabolico; - Età del pz; - Fattori di rischio cardiovascolari (ipertensione arteriosa sistemica, iperlipidemia, fumo); - Presenza di altre complicanze microangiopatiche. Quadro clinico della polineuropatia distale simmetrica (sensitiva e motoria) La patologia è dovuta ad un’assonopatia su base metabolica e ischemica (danno dei vasa vasorum delle fibre nervose). Vengono colpite le fibre sensitive sia piccole (sensazioni dolorifiche, tattile e termica) sia grandi (sensibilità vibratoria e propriocettiva), mentre il coinvolgimento dei motoneuroni si verifica tardivamente e solo nelle forme più gravi. Poiché il danno è proporzionale alla lunghezza dell’assone, il danno si manifesta prima ai piedi e alle mani (distribuzione calza/guanto) e poi progredisce in senso prossimale. Sintomi​:

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Parestesie, iper-disestesie ​(allodinie provocate dal lenzuolo)​, dolore ​(sotto per le caratteristiche del dolore); Astenia muscolare.

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Ipo- anestesia tattile, termica, dolorifica, vibratoria e di posizione; Atassia; Riduzione-assenza dei riflessi osteo-tendinei; Ipostenia ed atrofia muscolare.

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Segni:

A differenza delle forme che abbiamo visto prima (retinopatia e nefropatia) la neuropatia è fortemente legata ai sintomi, soprattutto al dolore che altera molto la qualità della vita dei pz e al momento non tutti i farmaci sono efficaci. Il ​dolore della neuropatia ha delle caratteristiche particolari:

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Possiamo riconoscere un dolore neuropatico perché: - È continuo e bruciante, ma spesso sono presenti delle crisi parossistiche, con dolore lancinante ‘’a scossa elettrica’’ e intermittente, è quindi mal sopportato dal pz; - È avvertito anche a distanza, lungo il percorso di innervazione; - Non passa con i FANS; - Si possono sperimentare anche sensazioni esagerate più o meno spiacevoli come formicolii, bruciori ecc..

Come visto sopra la perdita della sensibilità coinvolge maggiormente le porzioni appendicolari aumentando in rapporto alla lunghezza assonica. L’unica porzione altamente coinvolta a livello del tronco è quella che segue la linea alba.

Diagnosi Viene articolata in più punti: - Anamnesi; - Esame obiettivo; - Rilievo quantitativo della sensibilità con monofilamento o biotesiometro; - Studio della funzione autonomica; - Studio elettrofisiologico (elettroneurografia: valutazione delle velocità di conduzione sensitiva e motoria) Sintomi sensitivi positivi: ​parestesie, disestesie, iperestesie, intorpidimento, dolore; Sintomi sensitivi negativi: ​parestesie, ‘’sensazione di camminare sull’ovatta’’ riferita da molti pz; Sintomi motori positivi:​ fascicolazioni (contrazione spontanea, rapida e a intervalli regolari di una o più unità motorie, senza esito motorio) e crampi; Sintomi motori negativi: ​deficit motori. Screening Si esegue valutando l’anamnesi dei sintomi neurologici. Si prosegue successivamente ad un’accurata ispezioni di piedi e arti inferiori. Infine si esegue l’​esame neurologico con valutazione di: - Sensibilità termica​, valutata appoggiando sulla pianta dei piedi due provette, una contenente acqua calda ed una contenente acqua fredda e valutando la risposta del pz; - Sensibilità alla puntura di spillo;

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Sensibilità pressoria. ​Viene eseguita con un monofilamento 10g e vengono valutati 9 punti sulla pianta e sul dorso del piede (come si vede in figura). La sensibilità viene considerata normale per una positività di 9/9 mentre compromessa qualora si abbia una positività < 5/6​; Sensibilità vibratoria​, viene valutata con un diapasón 128 Hz oppure con un biotensiometro. Questi vengono applicati o a livello malleolare oppure sul I dito (alluce). Nel caso del biotensiometro viene fatto ruotare lo strumento e se il soggetto non avverte la vibrazione quando si è sopra 25, vi è un rischio molto alto di ulcera; Valutazione dei riflessi tendinei achillei.

Lo screening viene eseguito alla diagnosi per i pz DM2, mentre a 5 anni per il DM1. Il follow up in entrambi i casi viene eseguito ogni anno. È importante la diagnosi della neuropatia diabetica per prevenire le complicanze tardive a livello degli arti inferiori quali: - Ulcere plantari; - Osteoartropatia di Charcot o piede di Charcot (deformazione del piede secondarie a fratture multiple silenti e alterata postura); - Amputazione non traumatica degli arti inferiori. Oltre a prevenire le complicanze tardive è importante fare diagnosi per individuare i soggetti a rischio operatorio (in determinate situazioni qualora non si proceda con la chirurgia, si potrebbe arrivare alla gangrena con notevole rischio per la vita del pz) e per le indicazioni della prognosi a vita. Neuropatia ed ulcere del piede (Piede diabetico) Il diabete è la principale causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori. Le ulcere e le infezioni del piede rappresentano un’importante causa di morbilità. Le neuropatia e la macroangiopatia concorrono entrambe. La ​neuropatia ​periferica interferisce con i meccanismi di protezione ed espone il piede diabetico a danno continuo: essa altera la biomeccanica del piede favorendo lo sviluppo di alterazioni strutturali dovute al non fisiologico scarico del peso. La perdita della sensibilità propriocettiva altera la deambulazione favorendo lo sviluppo di calli ed ulcerazioni. La ​neuropatia autonomica​, causa anidrosi, aumentando la secchezza della cute e favorendo il crearsi di ulcerazioni e fissurazioni. La ​vasculopatia periferica ​causa danno ischemico e ostacola i processi di guarigione favorendo le sovrainfezioni.

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L’educazione del pz è fondamentale nella prevenzione: ad esempio si consiglia di non camminare a piedi nudi, specialmente sulla sabbia, di non indossare delle calzature strette, di ispezionare i piedi quotidianamente e di avere una buona igiene. L’utilizzo di plantari può migliorare la situazione di carico. L’eco-doppler arterioso e l’arteriografia permettono di valutare la compresenza di insufficienza vascolare. Le procedure di rivascolarizzazione favoriscono la guarigione e riducono il rischio di amputazione. Riposo e toilette chirurgica e antibiotici ad ampio spetto diminuiscono il rischio di ulteriori complicanze.

La sede plantare, punto di massima pressione, è quella più frequente nello sviluppo delle ulcere. Se le ulcere sono combinate (dovute sia alla macroangiopatia che alla neuropatia) si fa la rivascolarizzazione. Nel momento in cui si trova un'ulcera dobbiamo escludere la componente ischemica.

Osteoartropatia di Charcot Malattia degenerativa su base infiammatoria che può insorgere in pazienti affetti da neuropatia, caratterizzata da un progressivo riassorbimento osseo delle articolazioni del piede, associato talvolta a crolli strutturali ed a marcate deformità, tali da richiedere, nei casi più gravi, il ricorso ad interventi chirurgici di correzione o di amputazione Il piede è completamente deformato. Trattare la neuropatia previene la formazione della deformazione.

Neuropatia Autonomica Questa neuropatia colpisce il sistema nervoso vegetativo con manifestazioni a carico dei sistemi cardiovascolare, gastrointestinale, genitourinario e sudoriparo, tutti sistemi regolati dal sistema nervoso autonomo. La sintomatologia compare generalmente dopo molti anni di malattia, anche se alterazioni subcliniche possono essere presenti poco tempo dopo la diagnosi. Le complicanze legate alla neuropatia autonoma contribuiscono in maniera significativa alla morbilità e mortalità del diabete, peggiorando la qualità della vita dei pz e sono causa di aumento dei costi per l’assistenza. È la complicanza cronica meno riconosciuta e studiata, nonostante questo la presenza è elevata sia nei pz con DM1 che DM2.

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Come già detto sopra, i sintomi riguardano un po’ tutto quello in cui è coinvolto il sistema nervoso autonomo.

L’ischemia miocardica è nella maggior parte dei casi silente e non dando angina rende più difficile la diagnosi. Dal punto di vista metabolico una cosa che espone al rischio è la mancata risposta e la mancata sensibilità all'ipoglicemia che viene persa, così come è presente una ridotta risposta agli ormoni controregolatori. La vescica neurogenica è una vescica che non si riesce a svuotare bene a causa dell’alterazione dei nervi che permettono la contrazione dei muscoli e quindi lo svuotamento. Neuropatia Autonomica Cardiovascolare (CAN) La presenza di neuropatia autonomica nel tipo 2 è maggiore rispetto tipo 1. Nella popolazione con CAN: - La mortalità a 5 anni è 5 volte superiore a quella della popolazione generale; - Aumenta la mortalità dopo infarto; - Aumentano i casi di morti improvvisa; - L’ischemia è silente. A livello cardiovascolare sono presenti (alcuni aspetti possono essere utilizzati per fare diagnosi): - Ipotensione ortostatica; - Perdita del ritmo circadiano della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca; - Anomala risposta cardiovascolare all’esercizio fisico; - Alterazioni del flusso coronarico; - Ischemia miocardica silente; - Allungamento dell’intervallo QT; - Sclerosi di Monckeberg (arteriosclerosi con depositi di calcio nella tonaca media); - Alterazioni del flusso periferico. L’​ipotensione ortostatica ​è definita come una caduta della pressione arteriosa sistolica pari o superiore a 30 mmHg nel passaggio dal clino- all’ortostatismo. Può essere più marcata al mattino e dopo l’assunzione di cibo e/o dopo l’assunzione di insulina; può presentare un andamento variabile

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nel tempo. Dati sperimentali indicano che il principale meccanismo patogenetico è una diminuita vasocostrizione periferica. L’ipotensione ortostatica potrebbe anche determinare una sincope nel pz ed è per questo che si consiglia di non alzarsi direttamente dopo esser stati per periodo di tempo coricati, ma di alzarsi dopo essere passati dalla posizione seduta. Valutazione della CAN Si inizia con la valutazione dei sintomi e dei segni. Successivamente si eseguono dei test dei riflessi cardiovascolari della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa: si valuta la variazione della frequenza cardiaca dopo: - Manovra di Valsalva; - Respirazione profonda; - Variazioni posturali dal clino- all’ortostatismo (Lying to Standing). Si valuta la PA dopo (test positivo per una caduta maggiore o uguale a 30 mmHg): - Variazione posturale o ‘’handgrip test’’

Al Qr-code possiamo vedere come si esegue un handgrip test.

Apparato gastroenterico I i soggetti possono lamentare o diarrea o costipazione, dato che viene alterata la motilità gastrica. La ​diarrea diabetica è caratterizzata da attacchi di diarrea acquosa con intervalli di alvo regolare e/o stipsi. Fino a 20-30 scariche al giorno prevalentemente post-prandiali e notturne, senza dolore, con incontinenza fecale e a volte steatorrea. La ​Gastroparesi diabetica ​è caratterizzata da sazietà precoce, inappetenza, nausea e vomito. Possiamo diagnosticare la gastroparesi poiché, specialmente nel DM1 di lunga durata, avremo una completa ritenzione del bario dopo 1 ora dalla somministrazione. Apparato genitourinario Si possono presentare: - Vescica diabetica; - Disfunzione erettile (aumenta all’aumentare dell’età, ed è molto più presente in soggetti diabetici con neuropatia autonomica che in quelli senza); - Eiaculazione retrograda (​lo sperma viene immesso nella vescica anziché fuoriuscire dall'uretra peniena). La ​cistopatia diabetica ​è caratterizzata da: fase asintomatica dove aumenta la frequenza delle minzioni e si hanno > 2 infezioni/anno; una fase sintomatica con svuotamento incompleto e mitto ipovalido; fase complicata con incontinenza e infezioni.

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Alterazioni della sudorazione ​sono presenti nel 60-100% dei diabetici neuropatici. Si riscontra anidrosi distale degli arti inferiori con eventuale iperidrosi compensatoria della metà superiore del corpo.

Complicanze Croniche Macrovascolari Studi hanno dimostrato che il ruolo causale dell’iperglicemia cronica nella macroangiopatia diabetica sia dato dal fenomeno della ‘’memoria metabolica’’: gli effetti di un periodo di scarso compenso glicemico sono solo parzialmente reversibili, il danno cellulare non viene dimenticato dall’organismo e si traduce in un aumento del rischio cardiovascolare a distanza. Iperglicemia e rischio cardiovascolare 2/3 di pz con diabete muoiono per complicanze cardiovascolari (cardiopatia, ictus, vasculopatie periferiche). Come già ribadito più volte, il DM2 va considerato come un equivalente di rischio per CHD. L’aumento dell’1% di HbA1c aumenta dell’11% il rischio cardiovascolare. Per quanto riguarda la Hb glicata non esiste un valore soglia massimo, ma il rischio cardiovascolare aumenta con l’aumentare di essa.

Ictus

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Esistono dei fattori di rischio modificabili e altri non modificabili:

Epidemiologia Nel DM1 il rischio relativo di sviluppare ictus è aumentato di oltre 4 volte. In particolare in età giovanile (15-34 anni) il rischio è oltre 16 volte quello della popolazione generale. Nel DM2 il rischio relativo è aumentato di 1,5-2 volte nell’uomo e di 2-6,5 volte nella donna. I pz più giovani (30-44 anni) hanno un rischio maggiore rispetto ai pz anziani. Il rischio di ictus è aumentato anche nella condizione di prediabete. Dal 16-24% dei pz con evento acuto presentano un diabete non diagnosticato al momento del ricovero. HbA1c > 6% aumenta di 2-3 volte il rischio di ictus in soggetti adulti non diabetici. Sono più frequenti le forme ischemiche rispetto alle emorragie e alle forme silenti, meno frequenti sono i TIA. Dopo un ictus: - L’ospedalizzazione è più lunga e di deficit neurologici maggiori; - La mortalità a breve termine è significativamente maggiore; - Aumenta il rischio di deficit funzionali a lungo termine (compresa la demenza post-ictus).

Complicanze Acute. Le complicanze acute sono: - Ipoglicemia; - Chetoacidosi diabetica; - Sindrome iperglicemica iperosmolare (SII)

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Ipoglicemia Viene definita una condizione dove la concentrazione plasmatica di glucosio è < 70 mg/dl. Questa può essere causata da: - Non corretto utilizzo di insulina: - Sovradosaggio; - Somministrazione di un tipo diverso di insulina, soprattutto soggetti con la penna che invece di fare la basale somministrano quella per i pasti; - Iniezione in sede di lipodistrofia (se non si ruotano bene le sedi della puntura si può alterare il tessuto cutaneo e questo fa sì che l’insulina non sia adeguata. Ricordiamo che la basale si può fare ovunque, mentre la rapida si deve fare in pancia perché viene assorbita in modo più omogeneo). - Omissione di un pasto o spuntino; - Esercizio fisico non programmato; - Aumento del flusso di sangue nella sede di iniezione per surriscaldamento; - Assunzione di bevande alcoliche. Si deve istruire il pz sul fatto che l’alcol ritarda o riduce la gluconeogenesi e quindi i soggetti potrebbero avere dei sintomi legati all’ipoglicemia. Si consiglia di assumere alcol solo dopo aver verificato la glicemia o dopo l’assunzione di carboidrati; - Insufficienza renale e/o epatica; - Farmaci che potenziano l’azione degli ipoglicemizzanti orali. Fisiologicamente nel momento in cui si abbassa la glicemia, intervengono gli ormoni della controregolazione (adrenalina, glucagone, cortisolo e GH) che riportano i livelli glicemici alla normalità: per azione dell’adrenalina si liberano lattato, piruvato e alanina dal muscolo. A livello del tessuto adiposo grazie ad adrenalina e GH viene attivata la lipasi ormone sensibile determinando il rilascio di glicerolo. A livello epatico gli aminoacidi e il glicerolo vengono convertiti in glucosio grazie alla gluconeogenesi e questo permette di mantenere una glicemia sufficiente per il cervello. Gli ormoni adrenalina e glucagone sono quelli ad azione rapida, mentre il cortisolo e il GH ad azione lenta. I fattori che alterano la soglia glicemica sono: - Età: - Elevata frequenza di ipoglicemie. Un soggetto che ha tante ipoglicemie finisce per abituarsi (vale la stessa cosa per l’iperglicemia) e la avverte meno. In questi casi il nostro compito è alzare un po’ i livelli di glicemia permettendo di riadattare la soglia;

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Neuropatia autonomica; Assunzione di alcolici, farmaci, esempio β-bloccanti. Un tempo l’utilizzo di questi era proibito nei pz diabetici, oggi non c’è questa controindicazione, ma il pz deve essere informato sui rischi del loro uso; Cattivo controllo metabolico; Durata della malattia.

Sintomi dell’ipoglicemia I sintomi neurogenici sono quelli scatenati dall'adrenalina. Al calare ulteriore della glicemia compaiono i sintomi neuroglicopenici, dovuti alla carenza del glucosio a livello cerebrale: a volte può capitare che i pz inizino a dire frasi sconnesse tra di loro.

Classificazione Distinguiamo: - Ipoglicemia asintomatica​, include la unawareness, quindi senza sintomi d’allarme; - Ipoglicemia sintomatica lieve-moderata​, il pz è capace di riconoscerla e trattarla; - Ipoglicemia sintomatica grave​, è temporaneamente disabilitante, richiede assistenza da parte di terzi. Le ​complicanze dell’ipoglicemia​ possono essere: - Cerebrali (ictus); - Cardiache (aritmie, IMA); - Oculari (emorragie vitreali); - Altre (ipotermia, incidenti sul lavoro, in auto, ecc). Bisogna stare attenti agli ipoglicemizzanti orali ad azione prolungata come le ​sulfaniluree​: in soggetti anziani o con insufficienza renale e/o epatica possono comportare: - Personalità simil-demenza; - Mortalità nel 10% casi circa; - Deficit neurologici permanenti nel 5% casi (ictus); - IMA.

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Prevenzione L’educazione del pz è il capo saldo della prevenzione: automonitoraggio della glicemia, corretta somministrazione dell’insulina e attività fisica programmata (spuntino e/o ridurre insulina). Trattamento ipoglicemia nel diabete (regola del 15)

Altra cosa che si può fare, soprattutto a casa perché non si ha la glucosata, è la somministrazione del glucagone. Il familiare pratica il glucagone con una siringa pre fatta (si può fare sia intramuscolo sia sottocutanea). È importante ricordare al pz che dopo il glucagone, alla ripresa di coscienza deve fare un pasto con carboidrati complessi.

Chetoacidosi (DKA) e Sindrome Iperosmolare (SI) Rappresentano le complicanze metaboliche acute più gravi del diabete. Hanno un elevato costo per l’ospedalizzazione e sono ancora oggi gravate da un’elevata mortalità. Chetoacidosi diabetica (DKA) È caratterizzata dalla triade: ​iperglicemia, disidratazione, acidosi con chetosi. Ha un'incidenza di 4,6-8 episodi/1000 diabetici all’anno ed un tasso di mortalità del 5% Sindrome Iperglicemica Iperosmolare (SII o HHS) Si preferisce questa definizione a quella di “coma iperosmolare” perché si può accompagnare a compromissione del sensorio senza coma. E’ caratterizzata da: ​iperosmolarità, disidratazione, assenza di acidosi​. Ha un'incidenza di 10-17 casi 100.000 diabetici all’anno ed un tasso di

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mortalità intorno al 15% (anche in centri qualificati) specie nelle prime 72 ore, dovuto spesso alla gravità dei fattori precipitanti. Manifestazioni cliniche

Lo stato neurologico nel SII è molto alterato mentre è variabile nella chetoacidosi. La disidratazione è molto più grave nel SII dove è proprio la causa scatenante (anziani che bevono poco, o in corso di infezioni o malessere generale). Patogenesi Nella chetoacidosi diabetica è il deficit di insulina che porta poi alla chetoacidosi. Nel SII si ha un deficit relativo di insulina con assente o minima chetogenesi, e la patogenesi è più legata a fattori che possono causare la disidratazione (malessere, vomito, diarrea, diuretici, infezioni ecc).

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Fattori precipitanti la DKA Cause Organiche: - DM di nuova insorgenza​ (20-25%); - Infezioni ​(30-40%). Durante queste si ha una richiesta maggiore di insulina a causa dell’insulinoresistenza. Ai soggetti viene spiegato di aumentare la dose dell’insulina in caso di infezione, ma questo non viene quasi mai fatto; - IMA, Ictus, Embolia polmonare; - Stress emozionale; - Pancreatite; - Terapia steroidea ​(la terapia con cortisonici induce insulinoresistenza)​; - Interventi maggiori; - Traumatismi importanti; Cause Inorganiche: - Omissione della terapia ​(volontaria o per errore); - Malfunzionamento degli strumenti di somministrazione ​(penne o microinfusori) Fattori non noti (20-25%). Quadro clinico della DKA La disidratazione si vede con perdita del turgore delle mucose. I pz possono presentare un’occlusione intestinale con dolori molto forti tali da manifestare un addome acuto.

Fattori precipitanti della SII - Infezioni (tratto genitourinario, polmonari); - Patologie cerebrovascolari; - Infarto del miocardio; - Insufficienza renale; - Ostruzioni intestinale; - Traumi; - Ustioni, colpi di calore; - Farmaci (cortisonici, diuretici, b-bloccanti); - Nutrizione enterale o parenterale; - Patologie endocrine (Cushing, Acromegalia, Tireotossicosi); - Sospensione della terapia insulinica; - Scarso apporto di liquidi in pazienti anziani.

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Quadro clinico della SII I sintomi sono molto simili tra la DKA e la SII tanto che non è facile distinguerle, se non tramite un’attenta analisi: Si riesce a capire che si tratta di una ​SII ​perché non siamo in condizione di chetosi o acidosi (pH e chetoni sono normali), vi è disidratazione (deficit idrico del 20%) e la glicemia è molto più alta rispetto alla DKA (>500-600 mg/dl). Nel caso di una ​DKA​, la glicemia è molto più bassa (>250 mg/dl), ci troviamo in uno stato di acidosi (pH < 7.0-7.3) con chetosi, i bicarbonati sono bassi (<15) e il Gap Anionico è aumentato. La DKA presenta un quadro clinico ad insorgenza insidiosa ed a carattere progressivo (ore e giorni), ecco perché è importante monitorare la glicemia, poiché con un attento controllo non si arriverà mai alla DKA, che in fin dei conti deriva dall’associazione di un problema nella somministrazione dell’insulina e da un mancato controllo della glicemia. Dei segni da deplezione di volume ce ne accorgiamo già alla visita clinica. Poiché si possono manifestare sintomi da acidosi metabolica e da deplezione di potassio, nel trattamento va sempre aggiunto potassio insieme all’idratazione e all’insulina (la somministrazione di potassio è importantissimo eseguirla subito e poi casomai correggere dopo, anche perché l’insulina determina un ingresso del potassio all’interno della cellula e questo si abbasserebbe ulteriormente).

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Principi di trattamento del DKA Nel caso della DKA è il trattamento è problematico, perché devono essere bilanciate un sacco di varianti. Si prosegue nel seguente modo: - Somministrazione dei fluidi persi; - Correzione dell’acidosi metabolica (Il bicarbonato potrebbe dare edema cerebrale quindi si da in un secondo momento dopo un’attenta valutazione del pH e del bicarbonato, generalmente non si da); - Graduale riduzione dell’osmolalità; - Graduale correzione della glicemia; - Normalizzazione dei livelli di elettroliti; - Identificazione e trattamento dei fattori precipitanti; - Terapia antibiotica empirica; - Monitoraggio stretto (inizialmente i controlli di glicemia e potassio vengono fatti ogni ora, poi man mano che si va avanti e glicemia e potassio rientrano si possono diradare i controlli facendoli ogni 2-3 ore); - Conversione ad un regime di mantenimento per il diabete; - Prevenzione delle ricadute. Questa è di fondamentale importanza poiché un soggetto che è arrivato alla DKA è un soggetto che tende a controllarsi poco, quindi lo si dovrebbe educare a cambiare il suo atteggiamento, oppure il tutto è destinato a ripetersi. Quasi sempre viene eseguita anche terapia antibiotica empirica perché quasi sempre c’è leucocitosi e malessere e poi si valuta nel tempo Il​ trattamento dell SII​ non lo ha messo perché è più semplice: - Per prima cosa bisogna idratare il pz (ricordiamo che la disidratazione è un fattore scatenante); - Dopo aver ripristinato i liquidi si può pensare all’insulina; - Segue monitoraggio del pz.

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Endocrinologia - Lezione 15 - Parte 2 Per la trattazione dell’argomento sono state utilizzate molto le sbobine del 2015, poiché l’argomento è stato trattato molto velocemente a lezione.

Dislipidemie Le dislipidemie sono delle condizioni cliniche molto diffuse nella popolazione generale ed in molti casi collegata al diabete. Dati del 2009 riportano che: - 21% degli uomini e il 23% delle donne sono ipercolesterolemici; - 37% degli uomini e il 3% delle donne sono in condizioni borderline; L’importanza clinica delle iperlipidemie è dovuta all’aumentato rischio di aterosclerosi che si associa alla presenza di elevati livelli circolanti di alcune lipoproteine. In sintesi quando parliamo di iperlipemia vuol dire che i valori di colesterolo totale e/o delle varie lipoproteine non sono a target, dando origine a delle forme diverse con rischio cardiovascolare di peso diverso. Evidenze osservabili Le osservazioni sui livello di colesterolo e la mortalità coronarica come ad esempio il ​Seven Countries Study ci mostrano come al ridursi del livello di colesterolo totale, progressivamente si riduca il rischio di andare incontro a malattia coronarica Non esiste un valore soglia, ma in generale: più il colesterolo è basso, più il rischio si riduce (LDL). Altri due studi classici sono il ​MRFIT (Multi Risk Factor Intervention Trial) ​e lo ​Studio di Framingham ​(è uno studio a lungo termine, sulle patologie cardiovascolari che utilizza come coorte la popolazione di questo centro negli Stati Uniti. Lo studio iniziò nel 1948 con 5209 adulti della cittadina e siamo oggi alla quarta generazione di partecipanti. Prima dello studio non si conosceva quasi niente sull’epidemiologia dell’ipertensione o della malattia aterosclerotica - Wikipedia). ​In questo studio è stato documentato come una riduzione dell’1% della colesterolemia riduca di circa il 2% il rischio di una cardiopatia ischemica, così come l’aumento dell’1% della colesterolemia aumenta il rischio di cardiopatia ischemica del 2%. Secondo studi ormai storici di prevenzione primaria, un livello di LDL < 55 mg/dl tenderebbe ad azzerare il rischio di CHD (Coronary Heart Desease), mentre secondo studi di prevenzione secondaria, affinché un pz con precedente evento ischemico possa azzerare il rischio di un secondo evento, i valori di colesterolo LDL dovrebbero essere <30 mg/dl. Questi due valori non vengono posti come obiettivo terapeutico (70 mg/dl in pz con pregresso IMA) né tantomeno vengono considerati come limite inferiore di colesterolo LDL poiché troppo bassi. Addirittura il valore di 30 mg/dl non è mai stato raggiunto in nessuno studio.

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Sottolineiamo da subito che ​per le iperlipidemie, la valutazione deve essere fatta a digiuno e di questo ne dobbiamo essere assolutamente certi perché potremmo avere dei valori falsamente aumentati. Il tempo di digiuno necessario è di 10 ore (Questo ha importanza soprattutto per i trigliceridi). Lipidi Sono una classe eterogenea di composti chimici scarsamente solubili in acqua. Rappresentano la forma più efficace di conservazione dell’energia (1 g grasso = 9 Kcal). I due grandi gruppi sono rappresentati da: - Colesterolo​, indispensabile elemento costituente delle membrane cellulari garantendone la loro fluidità. Fa parte della struttura degli acidi biliari. È il precursore di tutti gli ormoni steroidei; - Trigliceridi, ​rappresentano la forma principale di conservazione a lungo termine e di produzione di energia. Vengono immagazzinati nel tessuto adiposo e liberati qualora vi sia necessità di energia. Rappresentano una quota significativa della dieta, circa 1/3 dell’apporto calorico globale. I trigliceridi depositati nel tessuto adiposo costituiscono circa 1/6 del peso totale di un individuo.

Lipoproteine Il colesterolo e i trigliceridi sono insolubili in acqua e quindi devono essere trasportati in circolo da dei trasportatori proteici denominati ​Apolipoproteine. ​Quando complessate insieme alla parte lipidica, questi complessi carrier prendono il nome di ​Lipoproteine. Sono dei complessi chimici costituiti da un nucleo lipidico idrofobo (esteri del colesterolo, trigliceridi) circondato da uno strato superficiale idrofilo (fosfolipidi, proteine, colesterolo libero). All’esterno della capsula esistono degli elementi che prendono il nome di apoproteine A, E, B che permettono il legame e l’entrata di questi carrier nei tessuti bersaglio e la liberazione del colesterolo e dei trigliceridi trasportati che poi vengono utilizzati a seconda delle necessità cellulari. Alcune patologie che portano ad alterazione dei livelli lipidici non sono dovute al loro eccesso bensì ad alterazioni della struttura delle lipoproteine o dei recettori di queste che non consentiranno il legame con le cellule bersaglio. Le apoproteine sono fondamentali per: - Struttura ​(stabilità della lipoproteina); - Legame con il recettore​ (apo B e apo E); - Catalizzazione​, sono cofattori di specifiche attività enzimatiche come le apo A-I per l’enzima LCAT (Lecitina Colesterolo Acil Transferasi) enzima responsabile della esterificazione del colesterolo il quale verrà poi sequestrato nel core di una lipoproteina dando vita ad una nuova HDL, forzando la reazione all’unilateralità dato che molecola viene rimossa dalla superficie - Wikipedia.

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A seconda delle dimensioni e del principale componente del core lipidico, le lipoproteine possono essere distinte in (dalla più grande alla più piccola): - Chilomicroni​, sono i più grossi ed i meno densi di tutti, contengono trigliceridi di provenienza alimentare e non sono aterogene; - VLDL​, contenenti trigliceridi e colesterolo, sono parzialmente aterogene; - IDL​, contenenti colesterolo, sono aterogene; - LDL​, contenenti colesterolo e pochi trigliceridi endocrini, sono aterogene; - HDL​, sono quelle più piccole e più dense, contengono colesterolo e sono anti-aterogene, dato che trasportano il colesterolo dalla periferia al centro (fegato). I diversi tipi di lipoproteine presentano diverse apoproteine: quella che si trova nella maggior parte dei casi è B-100 che permette il legame con i tessuti bersaglio. La scoperta delle apoproproteine in generale ed in particolare della B-100 ha spiegato qual è il meccanismo attraverso cui il colesterolo entra nelle cellule bersaglio ​(questa scoperta è valsa il premio Nobel a Brown e Goldstein nel 1985). Elettroforesi Per poter differenziale le lipoproteine in base alla loro densità, possiamo fare una elettroforesi, sfruttando la diversa capacità di migrazione sotto l’azione di un campo elettrico: - Chilomicroni non migrano; - β-Lipoproteine (LDL); - Pre-β-Lipoproteine (VLDL); - ɑ-Lipoproteine (HDL) Ovviamente le più dense (HDL) migreranno con velocità maggiore. L’elettroforesi delle lipoproteine è comunque ormai obsoleta, così come la nomenclatura con le lettere greche. Il concetto alla base comunque rimane: più sono voluminose, meno migrano. Funzionamento dell’elettroforesi: si utilizza un supporto di acetato di cellulosa imbevuto di soluzione tampone elettrolitica con le estremità connesse a due elettrodi (+ e -) Si semina del siero in vicinanza del polo – (catodo) e si fa passare la corrente. Si osserverà la migrazione delle lipoproteine verso il polo + (anodo) ad una velocità direttamente proporzionale all’entità della carica elettrica. Dopo aver ottenuto la migrazione si asciuga e si effettua la colorazione con Sudan Nero (colorante specifico per i grassi). Infine un particolare dispositivo misurerà l’intensità di colore di ogni banda. Grazie alla lettura dell’intensità del colore di ogni banda può essere costruita una curva le

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cui cuspidi corrispondono ai diversi tipi di lipoproteine mentre l’altezza è in relazione alla loro quantità (Slide medicina di laboratorio - Arcidiacono).

Metabolismo lipidico Assorbimento: i lipidi introdotti con la dieta sono per lo più Trigliceridi e Colesterolo. Il Colesterolo è assorbito come tale mentre i trigliceridi introdotti con la dieta vengono: - Scissi nel lume intestinale ad Acidi Grassi e Monogliceridi o Glicerolo; - Assorbiti come Acidi Grassi o come monogliceridi; - Ricombinati nelle cellule della parete intestinale a riformare Trigliceridi; - Immessi in circolo nei Chilomicroni; - Captati dal tessuto adiposo tramite la Lipoproteinlipasi (LPL). Su questo enzima agisce in maniera significativa l’insulina e quindi si spiega perché nelle condizioni di insulinoresistenza o nelle condizioni di insulinodeficienza aumentano i trigliceridi, condizione tipica nei diabetici. Funzione delle lipoproteine - Chilomicroni, ​rappresentano il principale veicolo dei lipidi dal canale alimentare al fegato: tutte le volte che mangiamo dei lipidi li trasportiamo al fegato principalmente sotto forma di chilomicroni. Sono costituiti principalmente dai trigliceridi mentre modesta è la quantità di esteri del colesterolo, colesterolo libero, fosfolipidi e anche di proteine. Ciò fa capire come questi chilomicroni non possono essere utilizzate, ma perché ricchi di trigliceridi possono stare alla base di condizioni che aumentano il rischio cardiovascolare; - VLDL​, sono i principali trasportatori dei trigliceridi endogeni e del colesterolo epatico trasportato verso i tessuti periferici. Il colesterolo che dal fegato entra con i chilomicroni esce con le VLDL per andare verso i tessuti periferici. Diminuisce la quota di trigliceridi, aumentano colesterolo libero e proteine; - LDL​, trasportano il 60-70% del colesterolo alle cellule dove trovano specifici recettori. Sono le lipoproteine maggiormente coinvolte nello sviluppo dei processi aterogeni. Sono ricche di esteri del colesterolo, utilizzati all’interno delle cellule e povere di trigliceridi; - HDL​, responsabili del trasporto del 20-30% del colesterolo dai tessuti al fegato per l’escrezione.

Metabolismo del colesterolo Le due principali componenti del metabolismo del colesterolo sono: - Provenienza esogena​. Assorbimento a livello intestinale, dove in parte viene eliminato con le feci sotto forma di steroli. Dall’intestino sotto forma di chilomicroni passa in circolo dove questi perdono alcune componenti e diventano chylomicron remnants che si legano ai recettori per le LDL che si trovano a livello epatico ed entrano all’interno del fegato dove contribuiscono alla costituzione del pool intraepatico;

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Produzione endogena. ​Qualora tutta l’importo esogeno venisse eliminato, ci sarebbe comunque una quota ematica che proviene dal fegato. Il pool intraepatico scaturisce per la maggior parte dalla sintesi del colesterolo a partire dall’acetil-CoA. Questa trasformazione a colesterolo avviene attraverso una serie di tappe intermedie sulle quali agiscono le statine. Questo colesterolo esce dal fegato attraverso le VLDL e poi si trasforma in IDL. Questa frazione intermedia in parte ritorna al fegato a costituire parte del pool, mentre l’altra parte costituita da LDL va ai tessuti bersaglio, si lega ai recettori e viene internalizzato nella cellula. L’eccesso di colesterolo esce dalla cellula e torna al fegato attraverso le HDL.

In sintesi a livello epatico troviamo: - Colesterolo esogeno proveniente tramite chilomicroni; - Colesterolo endogeno prodotto a partire dall’Acetil-CoA; - Colesterolo endogeno che deriva da IDL e HDL. Nel fegato una parte del colesterolo viene eliminata tramite gli acidi biliari che arrivati nell’intestino aiutano la digestione degli acidi grassi e poi vengono in parte riciclati e in parte eliminati. Nella terapia somministriamo al pz sia la dieta sia una terapia che blocca la secrezione del colesterolo endogeno. Valori del colesterolo Livelli di colesterolo totale: - <200 mg/dl vengono definiti desiderabili; - Tra 200 e 240 mg/dl sono valori borderline/elevati; - >240 mg/dl si parla di ipercolesterolemia. Questi più che dei valori normali, sono dei valori desiderabili, e non devono diventare dei valori prioritari in qualunque soggetto: sono valori da intendersi come dato puramente laboratoristico. Se si dovesse trovare un soggetto con dei valori borderline, potremo avere diverso rischio cardiovascolare, dato che il soggetto potrebbe avere HDL elevate e LDL basse e quindi questo ha

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un basso rischio, rispetto ad un soggetto che presenta lo stesso livello di colesterolo totale ma delle LDL alte e HDL basse. Allo stesso identico modo, anche rilevando un soggetto con valori di colesterolo totale normale, il rischio cardiovascolare sarà elevato se la quota di LDL è alta e la quota HDL bassa. Diciamo questo perché in laboratorio di norma si calcolano solamente colesterolo totale e HDL che non sono sufficienti a darci un’indicazione sul rischio del soggetto. Dobbiamo tenere in mente che nel richiedere il dosaggio dei lipidi si devono richiedere almeno: colesterolo totale, trigliceridi e HDL poiché grazie a queste possiamo calcolare il colesterolo LDL. Il colesterolo LDL viene calcolato tramite l’​equazione di Friedewald​: - Colesterolo LDL = Colesterolo totale - (HDL-C + TG/5) Questa formula per calcolare le LDL non si può fare se i trigliceridi > 400 mg/dl. In questi casi o si fa dosare LDL oppure possiamo fare il colesterolo non HDL che si calcola come colesterolo totale HDL. Valori ideali di colesterolo LDL: - <160 ​se non sono presenti fattori di rischio o ne è presente 1; - <130 ​se presenti fattori di rischio multipli (Sindrome Metabolica); - <100​ CHD stabile o equivalenti di rischio coronarico (come il diabete); - <70 ​CHD stabile + Sindrome Metabolica/diabete/sindromi coronariche. LDL è il principale elemento che caratterizza il rischio nei pz. Il livello plasmatico del colesterolo LDL deve essere valutato ed eventualmente ridotto con dieta e/o farmaci solo nell’ambito della considerazione del rischio cardiovascolare globale: - Più basso è il suo valore, minore è il rischio cardiovascolare; - Maggiore è il suo valore, maggiore è il rischio cardiovascolare e quindi la necessità di abbassare il colesterolo LDL effettuando una terapia più aggressiva. Per i trigliceridi non facciamo lo stesso discorso fatto con le LDL perché non abbiamo una certezza che il loro valore sia correlato al rischio cardiovascolare. Valori >500 mg/dl possono essere non indicativi di sindrome metabolica, dato che esistono delle condizioni dove si possano raggiungere anche valori tra 2000-3000 mg/dl che comunque possono essere ridotti in qualche settimana eliminando la causa. Ad esempio in un soggetto alcolista si ha un danno epatico e valori di trigliceridi molto alti. Questi con la sola eliminazione dell’alcol dalla dieta si possono ridurre ai valori normali: ecco perché considerati meno importanti dal punto di vista del rischio cardiovascolare. Nel diabetico sono indice di scompenso glicemico. Classificazione delle dislipidemie Qualsiasi condizione caratterizzata da alterazioni della quantità di lipidi presenti nel sangue. Esse si manifestano fenotipicamente con l’aumento dei trigliceridi o del colesterolo o di entrambi. Esistono delle forme ereditarie che condizionano la manifestazione della malattia, indipendentemente da fattori esterni (la dieta comunque resta importante e viene somministrata anche se ha un impatto minore), e delle forme più comuni, nelle quali la malattia si manifesta solo in concomitanza a fattori esterni, come l’eccessiva assunzione di grassi della dieta, o la complicanza di una patologia

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(dislipidemie secondarie). Quando si presenta un pz con dislipidemia si devono escludere prima le cause secondarie (conseguenti ad altre patologie o all’utilizzo di farmaci) e poi si va alla ricerca di eventuali forme primitive. Le forme classiche risentono molto della dieta, che agisce molto sui trigliceridi mentre è responsabile della perdita del 20-30% del colesterolo, cosa che potrebbe non essere sufficiente in base a qual è l’obiettivo. Con la dieta si agisce sia sui carboidrati che sui lipidi riducendone l’apporto.

Nel caso delle forme dovute ad altre patologie, correggendo la patologia di base si dovrebbe risolvere pure la dislipidemia. Anche nel caso di forme dovute all’utilizzo di farmaci, se si toglie la il farmaco si corregge la dislipidemia, ma in alcuni casi tale farmaco non si può togliere e quindi dobbiamo trattare entrambe le condizioni. La ​classificazione fenotipica (di Fredrickson) viene divisa a seconda dell’alterazione della lipoproteina e su quello che troviamo elevato in circolo.

Questa classificazione non ci da indicazioni sui fattori di rischio e non indica la causa per cui una forma fenotipica è presente. È per questo che la classificazione più utilizzata è quella genotipica.

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Classificazione genotipica

Ipercolesterolemia poligenica La forma più comune è la poligenica, determinata da un alterazione di più geni, nel complesso aspecifici. Le alterazioni sono lievi ed è la forma che di più risente dell’apporto esterno del colesterolo (fattori ambientali). Si accompagna ad un basso rischio di cardiopatia ischemica. Non presenta rischio per la pancreatite.

Ce ne possiamo accorgere ancora prima di fare il dosaggio perché ci sono xantomi, xantelasmi e arco corneale (Non è presente in tutti i soggetti ma se presenti è probabile che vi sia la patologia).

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Iperlipidemia familiare combinata Troviamo un aumento del colesterolo e dei trigliceridi. Il rischio cardiovascolare è un po’ più alto rispetto a quello della semplice ipercolesterolemia comune, ma non è particolarmente elevato. Non presenta rischio per la pancreatite. È la forma più frequente in assoluto ed è legata ad un eccesso di colesterolo introdotto con la dieta. Si differenzia dalla FH perché si riscontrano un aumento dei TG e delle LDL che però non raggiunge i livelli della FH, inoltre nella storia familiare non sono presenti evidenze di eventi cardiovascolari. La patologia è causata da un'aumentata sintesi di apoB-100, TG ed aumentata secrezione di VLDL in parte convertite in LDL. La variabilità del quadro clinico è legata all’efficienza dell’idrolisi di VLDL in LDL. Diagnosi​: - LDL-C > 160 mg/dl e/o TG > 200 mg/dl + - Documentazione nella stessa famiglia (I grado di parentela) di più casi di ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia. Se in assenza di informazioni sui parenti, la diagnosi può essere sospettata in presenza di clinica o tramite indagini strumentali di aterosclerosi precoce. È necessario escludere dalla diagnosi le famiglie in cui sia presente solo ipercolesterolemia o solo ipertrigliceridemia o iperlipidemie secondarie.

Ipercolesterolemia familiare (FH) È una forma monogenica causata da un difetto a carico del gene che codifica per il recettore delle LDL (ridotto a addirittura assente). Trasmesso in modo autosomico dominante a penetranza incompleta. Se troviamo un colesterolo totale molto alto possiamo sospettare questa forma. Poi è chiaro che la diagnosi di certezza si ha solamente con la genetica ricercando le mutazioni, ma queste non vengono ricercate in tutti i soggetti. Distinguiamo: - Forma eterozigote (meno grave) è la più comune colpendo 1/5000 abitanti. Il colesterolo totale va dai 220 ai 500 mg/dl. Può essere asintomatica e la diagnosi causale. In alcuni casi e solamente nella fase adulta possono comparire xantomi, xantelasmi ed anello corneale. Caratteristiche cliniche: - Ipercolesterolemia: LDL-C > 195 mg/dl; - Xantomi tendinei: tendine Achille, estensori dita, tricipite, tibia, inserimento tendine patellare, frequenti tendiniti; - Arco corneale; - CHD precoce; -

Forma monozigote (più grave) è molto più rara 1/1 milione di abitanti. Si riscontrano valori di colesterolo totale da 550 ai 1000 mg/dl. È associata a malattie cardiovascolari (CHD) in giovane età. Solitamente si osservano fin dall'infanzia xantomi, xantelasmi e arco corneale. Caratteristiche cliniche: - LDL-C estremamente elevato (>300 mg/dL); - Xantomi cutanei e tendinei (infanzia) - Stenosi arco aorta; - Angina, IMA, morte improvvisa entro 3a decade (LDL-aferesi, trapianto fegato).

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A causa degli alti livelli di colesterolo in circolo il rischio aterogeno è molto alto. Per quanto riguarda la patogenesi, essa è caratterizzata dalla mutazione del gene che codifica per il recettore di apo-B100 (cromosoma 19) trasmesso con carattere autosomico dominante. L’attività recettoriale sarà del 50% in eterozigote, 0% se omozigote o doppio eterozigote. La mutazione comporta: - Mancata sintesi della proteina recettoriale; - Mancata maturazione nel Golgi; - Incapacità di legare le LDL; - Assenza di internalizzazione del complesso recettore-LDL (entrato dentro la cellula normalmente libera il colesterolo); - Mancato riciclo del recettore. Diagnosi clinica di Ipercolesterolemia Familiare (FH): -

Colesterolo totale >290 mg/dl o LDL-C >190 mg/d in adulto, oppure;

-

Colesterolo totale > 260 mg/dl o LDL-C >155 mg/dl nei bambini <16 anni;

-

Una delle precedenti associata a riscontro di xantomi in parenti di I/II grado (diagnosi certa);

-

In presenza di storia familiare per CHD precoce (IMA <60 anni) o Colesterolo totale >290 mg/dl in parenti di I/II grado (diagnosi possibile). Da NICE 2009: Familiar hypercholesterolemia. Identification and management of familiar hypercholesterolaemia

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Esiste anche un algoritmo per la diagnosi presunta di FH che dà un punteggio a diverse condizioni. Per un punteggio superiore a 4, si può porre con sicurezza la diagnosi di ipercolesterolemia familiare. Per maggiori info:

Questa tabella (​Nota 13​) viene utilizzata dal medico di medicina generale, il primo a fare diagnosi (anche perché conosce la famiglia) ed indirizzare i pz verso i centri. Anche per prescrivere i farmaci bisogna far riferimento alla nota 13, in modo tale che il pz possa essere esentato dal pagamento (esenzione del ticket). La certezza diagnostica assoluta si ha tramite l’identificazione del difetto genetico e lo studio dell’attività recettoriale. Comunque questo tipo di valutazione non si esegue ai fini della diagnosi clinica ma solo a scopo di ricerca. Terapia La terapia per rallentare questa evoluzione, è rappresentata da una sorta di dialisi (aferesi) per eliminare quante più LDL possibili dal sangue, ma è chiaro che esaurito tale intervento progressivamente si formeranno nuovamente e si accumuleranno.

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Forme con aumento dei trigliceridi: ipertrigliceridemie primitive Ipertrigliceridemia familiare È definita familiare perché più membri della stessa famiglia si trovano con aumento prevalentemente dei trigliceridi rispetto al colesterolo. Il rischio cardiovascolare è modesto, ma aumenta il rischio di pancreatite, in quanto potrebbe esserci un’infiltrazione del pancreas esocrino. Rapporto colesterolo/trigliceridi 0,2/1,0 (prevalgono i trigliceridi).

Le macchie giallastre che si vedono a livello retinico sono Lipemia retinalis. Quando i trigliceridi sono alti, il siero può assumere aspetto lattescente, all’elettroforesi aumentano la banda Pre-β e la ɑ.

Disbetalipoprotidemia È una condizione rara caratterizzata dalla presenza degli Xantomi palmari (o striati piani). Per queste condizioni rare è utile mandare subito il pz in un centro specialistico. Dal punto di vista clinico, notiamo: - Aterosclerosi e prime manifestazioni trombotiche con esordio tra i 38-40 anni; - Xantomi palmari, piccole macchie bianche/gialle non rilevate; - Xantomi tuberosi, spesso molto diffusi alle articolazioni. Diagnosi: - Colesterolo totale e/o trigliceridi intorno ai 400 mg/dl + - Larga banda-β; - Presenza di xantomi striati palmari e xantomi tuberosi rende la diagnosi più probabile.

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Un’altra manifestazione caratteristica è la Lipemia retinalis, cioè l’infarcimento lipidico della retina visibile all’esame del fondo dell’occhio. Si vedono nettamente i vasi, le striature a raggiera e al centro un accumulo giallastro di grasso.

Dislipidemie secondarie

È buona norma quando ci troviamo di fronte un soggetto con colesterolo aumentato, se non ci sono evidenze di familiarità o di una dieta scorretta, valutare la funzione della tiroide, perché potrebbe trattarsi di un ipotiroidismo. Modo per aumentare le HDL è far smettere di fumare il pz. Su un pz obeso, prima di trattare la dislipidemia, bisogna trattare l’obesità: la riduzione del peso riduce i livelli dei TG in maniera molto rapida (la dieta come già detto agisce molto sui TG ma meno sul colesterolo). Stessa cosa vale per il soggetto diabetico. L’elevato livello di TG si associa ad un elevato rischio di pancreatite, una condizione di altissimo rischio per la vita del pz. Il danno a carico del pancreas, porta alla distruzione delle cellule che producono gli enzimi digestivi e questi digeriscono il pancreas stesso. Algoritmo diagnostico

Partendo da aumento del colesterolo e/o trigliceridi il percorso è in senso orario. Se ci orientiamo verso le forme familiari chiediamo l’analisi genetica.

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Formazione della placca aterosclerotica Ci preoccupiamo molto del colesterolo (dei lipidi in generale) perché questi sono alla base della formazione della placca ateromasica.

Ruolo delle lipoproteine nello sviluppo della placca Le ​HDL ​hanno effetto antiaterogeno perché tolgono il colesterolo ma diminuiscono anche l’ossidazione delle LDL che poi danno origine alle cellule schiumose: esse captano il colesterolo dalle cellule morenti e dal ricambio delle membrane cellulari e lo trasportano al fegato per l’eliminazione. Più alte sono le HDL minore è il rischio cardiovascolare. Non esistono farmaci per aumentare le HDL, l’unico modo è l’attività fisica. I ​Chilomicroni​, sono delle grosse molecole che non possono penetrare nelle pareti delle arterie e quindi non sono implicate nella sviluppo della placca. Le ​VLDL ​sono coinvolte nelle vie biochimiche di formazione delle LDL. Sono indirettamente coinvolte nello sviluppo della placca. Recentemente è stato dimostrato come elevati livelli di ​IDL ​predispongono allo sviluppo dell’aterosclerosi. Il colesterolo trasportato dalle ​LDL ​contribuisce allo sviluppo dell’aterosclerosi sia danneggiando l’endotelio, prima tappa del processo aterosclerotico, sia accumulandosi nell’intima dell’arteria, inducendo la formazione e l’accrescimento della placca ateromasica. In particolare, una recente ricerca ha identificato le LDL piccole e dense come le più aterogene tra le tre sottoclassi di LDL. Inoltre, le LDL vengono chimicamente modificate, probabilmente nel sottoendotelio, in LDL ossidate (ox-LDL), la loro forma più aterogena.

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Elevati livelli di ​Trigliceridi ​sono associati ad alterazioni del metabolismo delle altre lipoproteine. I trigliceridi sono correlati con la ripartizione delle sottoclassi delle LDL: è stato notato che i pazienti con ipertrigliceridemia hanno una predominanza di LDL piccole e dense, notevolmente aterogene. Per questo motivo, i livelli dei trigliceridi vengono monitorati insieme alle lipoproteine nei pazienti a rischio di CVD. Valutazione dei fattori di rischio È importante chiarire che non tutti i pz che presentano ipercolesterolemia devono essere trattati, perché la scelta del trattamento è legata al rischio cardiovascolare globale. Certamente vengono trattati soggetti che presentano questi fattori di rischio, poiché sono quelli che spiegano la maggior parte degli IMA (Infarto Miocardio Acuto): - Fumo; - Ipertensione; - Diabete; - Dislipidemia; - Obesità (soprattutto addominale); - Stress (​Nota: lo stress come fattore di rischio ha suscitato dei pareri discordanti poiché tutto dipende sia dalla quantità che dalla qualità dello stress, poiché questo in alcuni casi può essere anche un elemento positivo)​; - Inattività fisica; - Scarsa assunzione di frutta e verdure; - Non assunzione di vino rosso poiché questo contiene delle sostanze antiossidanti come il resveratrolo che ha effetto protettivo sulla formazione della placca, ovviamente se assunto in quantità moderate. Si nota come questi fattori di rischio siano quasi tutti correlati allo stile di vita del pz.

L’obiettivo del medico è quello di individuare i soggetti maggiormente a rischio per tentare di educarli ad abbassare questo rischio.

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Trattamento - Dieta e stile di vita sano​; - Statine ​per l’ipercolesterolemia; - Fibrati​ per l’ipertrigliceridemia; Nella dislipidemia combinata si dovrebbe scegliere una delle due classi o, alternativamente statine + omega-3. L’associazione di statine e fibrati più essere potenzialmente pericolosa (si fa solo in casi selezionati). Quando non si raggiunge l’obiettivo con le statine ma dobbiamo raggiungerlo perché siamo in un soggetto a rischio o nel caso di un soggetto intollerante alle statine (possono dare rabdomiolisi) possiamo aggiungere questo ​anticorpo monoclonale anti PCSK9​. Questi si possono dare solo se il soggetto è intollerante o se abbiamo dato il massimo della statina ma non abbiamo raggiunto l’obiettivo. Non è prescrivibile da tutti, così come le statine che non possono essere descritte se non con la nota 13 (dopo che dieta ed attività fisica non hanno funzionato o nei casi di dislipidemia familiare). PCSK9 è una proteasi prodotta dal fegato si lega con un «abbraccio mortale» al complesso LDLrecettore LDL: la presenza del PCSK9 fa sì che tutto il complesso venga digerito nei lisosomi, bloccando di fatto il ciclo vitale del recettore LDL. In pratica questo comporta una riduzione dei recettori epatici e quindi un aumento della concentrazione di LDL nel sangue circolante. “ 2016 ACC Expert Consensus Decision Pathway on the Role of Non-Statin Therapies for LDLCholesterol Lowering in the Management of Atherosclerotic Cardiovascular Disease Risk “

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