[ita] Trading System

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I SISTEMI DI TRADING PER LE ATTIVITA' FINANZIARIE: un'introduzione pratica

Francesco Ceci

Ottobre 1994 (rivista in Marzo 1996)

F. Ceci / I sistemi di trading

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Indice Sezione 3 Premessa Introduzione: cosa è un sistema di trading Piano dell'esposizione Sezione 1 Segnali di entrata Alcuni esempi di segnali di entrata Regole di stop-loss e di stop-profit I costi di transazione Esempio. Parte I: progettazione di un sistema di trading

Rendimento e rischio Metodo dei pesi Metodo MAE Analisi della distribuzione del MDD Ritorno rischio e importo L’analisi del “f ottimale” Un raffinamento dell’analisi del MDD Esempio. Parte III: calcolo dell’importo da investire Conclusioni

Sezione 2 I dati da usare per l’analisi dei sistemi di trading L’aggiustamento dei dati L’ottimizzazione dei parametri del sistema Osservazioni sulla metodologia dell’ottimizzazione Osservazioni sul significato dell’ottimizzazione La simulazione in forward testing Uso combinato dell’ottimizzazione in back testing e del forward testing “Fine tuning” del sistema di trading Una sintesi Esempio. Parte II: test di un sistema di trading

F. Ceci / I sistemi di trading

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Premessa Il problema che deve affrontare un gestore di attività finanziarie è quanto e quando comprare o vendere. L’approccio che la teoria finanziaria tradizionalmente suggerisce è quello di analizzare attentamente i fattori di tipo “fondamentale” che possono influenzare l’andamento di un certo mercato o di una certo sistema economico. Abbiamo così che per tracciare l’andamento atteso di un’obbligazione occorre studiare i determinanti della curva dei rendimenti, oppure che per sapere se comprare o vendere una valuta occorre in qualche modo modellizzare l’economia del paese. E così via negli altri casi. Una volta che questa analisi sia effettuata e che possibilmente siano chiarite le relazioni che legano le molteplici variabili economiche, l’analista si crea un’aspettativa sul mercato. Se in quell’economia tutti gli operatori seguissero questo procedimento e tutti giungessero allo stesso risultato e se tale risultato fosse corretto, probabilmente i modelli macroeconomici basati sulle cosiddette “aspettative razionali” avrebbero un’effettiva capacità previsiva. Da tempo tuttavia sappiamo che esiste asimmetria di informazioni, di metodi di analisi, di conclusioni e dunque di aspettative. In questa condizione, il risultato ottenuto dall’analisi è del tutto ipotetico. E' normale che un’analisi proiettata sul futuro produca un risultato associato ad una probabilità di realizzarsi. Per chi effettivamente si trova ad operare sul mercato diventa allora fondamentale stimare -

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almeno per grandi linee- il grado di probabilità delle ipotesi in questione, e questo è davvero problematico. Come si fa a valutare l’affidabilità di un “guru”? Nella maggior parte dei casi semplicemente non è possibile. Esiste poi un secondo problema. Per quanto l’affidabilità di un’analisi fondamentale possa essere elevata, essa non è mai assoluta. Vi è dunque sempre una probabilità non irrilevante che l'analisi di per sè sia errata, anche in modo sostanziale. Che fare in questi casi? La risposta ovvia potrebbe essere che si provvede a revisionare l’analisi. Comunque con una considerazione inevitabile: la metodologia dell’analisi fondamentale porta alla costruzione di scenari di mediolungo periodo i quali sono poco toccati da variazioni di alcuni dati nel breve. Gli aggiornamenti possono e debbono essere fatti, ma normalmente non sono nè rapidi, nè frequenti. Esiste infine un problema di ordine teorico. Gli studi e le analisi macroeconomiche sono usualmente ben pubblicizzate ed i risultati principali conosciuti da tutti. E’ normale che il mercato già incorpori nei prezzi correnti le aspettative espresse da questo tipo di scenari. Anzi al contrario di quanto suggerito dalla teoria delle aspettative razionali, il mercato non si adagia di conseguenza sui prezzi correnti in attesa di qualche “shock casuale”, ma comincia già a lavorare sulla base delle "aspettative delle aspettative". In altre parole il mercato continua sempre a chiedersi “come muteranno le aspettative sul futuro nei prossimi giorni?”. Per esprimersi nei termini del noto aforisma keynesiano del concorso di bellezza “quale sarà nei prossimi giorni la ragazza che gli altri penseranno essere la più bella”?

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Si può dunque concludere che l’analisi fondamentale, vista dal punto di vista del trader, costringe a “giocarsi tutto” su una singola idea. Ad esempio, se pensiamo che il dollaro salga, compreremo dollari in ogni caso anche, e specialmente, se il mercato fa scendere il cambio. Se l’analisi è corretta prima o poi si guadagneranno molti soldi. E' però possibile che nel frattempo, le perdite realizzate siano così forti da costringerci ad uscire (gravemente feriti) dalle nostre posizioni prima di poter realizzare l’utile sperato. Questo è quanto accaduto nella realtà proprio nei confronti del dollare: il suo andamento era sempre "troppo" diverso rispetto all'andamento atteso; con conseguenti accumulo di perdite anche da parte degli operatori migliori. Sorvoliamo su cosa poi accade se l’analisi è all'opposto del tutto errata. A parziale difesa dell’analisi fondamentale, occorre ricordare che essa è nata originariamente per fornire una guida ed un supporto alla politica economica e non per l'attività di trading. La cosiddetta "analisi tecnica" invece nasce proprio dal “floor” dei mercati e si configura come una serie di regole empiriche che devono aiutare il trader nelle sue decisioni giornaliere. Ci si dovrebbe dunque attendere che l’analisi tecnica riesca là dove l’analisi fondamentale fallisce, oppure -ancora meglio- che un uso combinato delle due tecniche permetta di ottenere dei buoni risultati.

risiede nella semplicità e rapidità con cui si può effettuare. Nelle sue forme più tradizionali l’analisi tecnica si basa sullo studio dei grafici, dei patterns o di certi tipi di indicatori che si suppone possano avere capacità predittive. Il risultato di questi studi è normalmente condensato in “ricette” del tipo “alla terza onda di Elliott bisogna comprare” oppure “allo sfondamento della linea di resistenza bisogna vendere”. E perchè questo dovrebbe essere vero, e di grazia, esiste un modo chiaro di identificare la terza onda di Elliott o la linea di resistenza? e chi è Elliott1? quante volte si è ottenuto il risultato ipotizzato sul particolare mercato che ci interessa? che probabilità c’è che si ripeta? e se non è più vero cosa facciamo? I manuali di analisi tecnica (la maggior parte dei quali sono in verità decisamente scadenti) si guardano bene dal rispondere esaustivamente a queste domande: spesso anzi l’intera questione è passata sotto silenzio e la “ricetta” deve essere accettata per atto di fede. Che fare a questo punto? In un libro recente il matematico francese Renè Thom, riaccendendo un dibattito antico, traccia un importante distinzione tra la capacità esplicativa e la capacità previsiva di un modello2. Thom sostiene la predominanza in senso scientifico dei modelli esplicativi su quelli previsivi sottolineando che un modello

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Ma cosa è l’analisi tecnica? Abbiamo detto che essa nasce dal “floor” e dall’esperienza dei traders: ne consegue che essa non ha un particolare fondamento teorico e che il suo principale vantaggio

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Incidentalmente può interessare sapere che Elliott era un poveretto che perse tutto o quasi nel crack del ‘29 a Wall Street. Lasciò delle note scritte che qualcuno 50 anni dopo pensò bene di vendere come fossero ricette miracolose per vincere sui mercati. Rimane naturalmente irrisolto il quesito del perchè Elliot sia morto povero pur disponendo di tali conoscenze. 2 R. Thom “Predire n’est pas expliquer”, Flammarion, Parigi.

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esplicativo non deve necessariamente essere un buon modello previsivo. Un esempio classico di questo dibattito riguarda l'evoluzione della teoria sui tassi di cambio. Nell'arco degli ultimi trent'anni, si è passati dai modelli basati sugli squilibri della bilancia commerciale, ai modelli monetari degli anni '70, a modelli basati sulle scelte di portafoglio (con variazioni sul tema quasi infinite); per arrivare a concludere: (1) che nessun modello regge sufficientemente bene alla verifica empirica, (2) che l'arrivo di "news" (aspetto puramente pratico, privo di qualsivoglia evidenza teorica) influisce sui mercati a breve, (3) che nel "lungo" periodo probabilmente il principio delle Parità dei Poteri d'Acquisto funziona; di qui la necessità di tenere sotto controllo il prezzo degli hamburger nelle diverse capitali del mondo (si vedano le statistiche periodiche pubblicate dall'Economist). Se si accetta questo tipo di argomentazione, la teoria fondamentale trova una sua collocazione in quanto “spiegazione” del funzionamento di un’economia. Viceversa l’analisi tecnica tradizionale non trova una sua collocazione perchè non offre molto nè in termini esplicativi nè in termini previsivi. Occorre dunque fare un passo in avanti. Cosa può essere oggi offerto al trader/gestore data l’impossibilità di generare un modello previsivo affidabile? Una prima risposta è: un metodo di lavoro che abbia certe caratteristiche di coerenza ed un certa performance passata direttamente misurabile.

finanziaria o di attività puramente speculativa. Il sistema di trading è proprio la formalizzazione matematica di un certo metodo di lavoro che può nascere dall’analisi fondamentale, dall’analisi tecnica o da idee ed esperienze generate dall’operatività concreta sul mercato. I sistemi di trading di per sè non hanno necessariamente nè capacità esplicativa, nè capacità previsiva dei prezzi. A differenza dell’analisi tecnica tradizionale, l’analisi dei sistemi di trading è però incentrata sulla verifica realistica della performance passata del sistema stesso. In questo senso ciò che si ricerca è dunque una capacità previsiva sulla performance del sistema piuttosto che sull’andamento dei prezzi. L’obiettivo può apparire secondario a chi ancora ricerca un metodo di previsione dei prezzi o il modello esatto del funzionamento di un’economia. Esso ha però almeno due vantaggi. Anzitutto offre delle risposte non ambigue alle domande che ci siamo posti all’inizio: “quando comprare / vendere?” e “quanto comprare/vendere?”. In secondo luogo, prevede sempre la possibilità di errore ed anzi ne fornisce una quantificazione. Questo non è tutto quello che serve per fare trading, ma è sicuramente una parte.

Questo studio si propone di esaminare i metodi di creazione e di analisi dei “sistemi di trading“ nell’ambito di un processo di gestione

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Introduzione: cosa è un sistema di trading Con il termine “sistema di trading”, ci si riferisce a una metodologia rigorosamente definita, che utilizza determinate regole per decidere quando comprare o quando vendere su un certo mercato. Scopo del sistema di trading è quello di generare una strategia che sia nel medio - lungo periodo che sia profittevole per l’investitore o lo speculatore. In questo lavoro ci si occupa specificatamente dei mercati dei futures e dei tassi di cambio, anche se i concetti esposti possono essere utilizzati (con qualche difficoltà in più) anche per le azioni. Rimane invece praticamente esclusa un’applicazione per il mercato obbligazionario. E’ importante sottolineare che un sistema di trading non è (necessariamente) uno strumento previsivo. Ad esempio si può pensare ad un sistema di trading che per quanto riguarda l’operazione singola, non dia risultati migliori di quelli ottenibili con il lancio di una moneta: 50% di probabilità di vincita e 50% di probabilità di perdita. Se però il sistema fosse studiato in modo tale da produrre nel tempo, e sulla base di un suo uso ripetuto, perdite limitate e vincite ampie, il risultato nel medio-lungo periodo sarebbe di sicuro interesse. In questo caso, il sistema non avrebbe alcuna capacità previsiva, ma sarebbe comunque profittevole. Da questa considerazione discende un importante verità del trading: per guadagnare è sufficiente ma non necessario prevedere l’andamento futuro dei prezzi.

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Dato che l’andamento dei mercati segue normalmente un processo casuale, la cui natura può sì essere, come vuole la teoria finanziaria classica, quella di un semplice “random walk”3, ma può anche essere molto più complessa, è normalmente molto difficile, se non impossibilie, ottenere un sistema affidabile dal punto di vista previsivo. I numerosi studi compiuti in questo settore4 da traders, economisti ed econometrici, pur avendo permesso l’approfondimento di certe relazioni causa - effetto presenti in tutte le economie, hanno dato risultati insoddisfacenti o comunque ambigui dal punto di vista sia della previsione che della determinazione della presenza di un’effettiva efficienza di mercato. Tuttavia, in questo fase non interessa la capacità previsiva del modello, quanto la sua capacità di realizzare un utile. L’orizzonte temporale entro il quale si deve realizzare l’utile è medio-lungo. Cosa questo significhi può essere meglio illustrato se introduciamo il concetto di barra dei prezzi. Come è noto, molti mercati quotano prezzi continuamente, almeno nei loro orari di apertura. Tali prezzi possono essere rilevati dall’analista in maniera continua, producendo così una serie di rilevazioni dette “ticks” la cui lunghezza tuttavia nulla dice dell’intervallo di tempo trascorso: è possibile cioè avere 100 rilevazioni in due ore e successivamente solo 50 rilevazioni nello stesso periodo di tempo. Più spesso, l’analista rileverà i prezzi ad intervalli fissi di tempo (ogni settimana, ogni 3

L’esempio classico di un processo stocastico “random walk” è dato dalla passeggiata dell’ubriaco. Si puó sempre dire dove l’ubriaco è adesso ma non si puó dire dove andrà. 4 Cf. ad esempio Dunis-Feeny (1989), Goodhart (1988), Murfin-Ormerod (1984), BaillieBailey (1984), Taylor (1982), Levich (1979), Cornell-Kinmball (1978), Logue-Sweeney (1977), Giddy-Dufey (1975).

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giorno, ogni ora, ogni 5 minuti, eccetera). In quest’ultimo caso, al fine di ottenere il maggior numero di informazioni possibile, l’analista non rileverà un solo prezzo, ma tre o quattro prezzi. Essi sono il prezzo registrato all’inizio del periodo, ad esempio il prezzo di apertura del mercato (“open”), il prezzo massimo registrato nel periodo (“high”), il prezzo minimo registrato nel periodo (“low”), e l’ultimo prezzo del periodo (“close”). Le rilevazioni così ottenute vengono poi espresse graficamente con una “barra” O-H-L-C del tipo illustrato in Figura 1.

Figura 1: alcune barre O-H-L-C registrate sul mercato del cambio dollaro - marco.

In alcuni mercati, come ad esempio i mercati dei futures e le borse, esistono orari di contrattazione predeterminati, del tipo dalle 9 alle 16. In questi casi è relativamente facile rilevare l’open che è il primo prezzo quotato all’apertura, ed il close che è l’ultimo prezzo quotato prima della chiusura. Il significato dell’open e del close quindi

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importante perchè esiste un periodo di tempo (ad esempio la notte) in cui il mercato non funziona ma in cui possono essere rese note notizie in grado di influenzare l’andamento dei prezzi e perciò di creare dei “gaps” tra l’open di un giorno ed il close del giorno precedente. Altri mercati, come ad esempio i mercati dei cambi, quotano prezzi 24 ore su 24 attraverso circuiti telematici come Reuter’s, Telerate, Bloomberg, Knight Ridder ed altri. In questo caso non esiste nè un vero open, nè un vero close se non - ipoteticamente - a livello settimanale. L’open ed il close possono venire calcolati solo “artificialmente” semplicemente rilevando certi prezzi a certi orari predeterminati: evidentemente il loro significato è diverso da quello attribuibile agli open e close di mercati che effettivamente chiudono ad una certa ora. In pratica in questi casi si determina solamente un “close” (barra H-L-C): essendo la trattazione continua, l’”open” altro non è che il “close” del periodo precedente. La lunghezza temporale di un sistema di trading è quindi correttamente espressa dal numero di barre su cui il sistema si sviluppa piuttosto che da un’unità temporale. Quando si dice che un sistema di trading deve produrre profitto su un orizzonte temporale medio-lungo ci si riferisce dunque ad un certo numero di barre e non ad una certa durata temporale. In particolare, riferendosi ad un periodo medio-lungo si pensa a 150 - 300 barre: se poi queste barre rappresentino minuti, ore, giorni, o anche settimane non ha in questo caso importanza. E’ compito dell’analista identificare il tipo di barra da utilizzare e questo dipende sia dalla liquidità del mercato (ad esempio un mercato scarsamente liquido non produce dati orari significativi), sia dalla possibilità fisica di effettuare operazioni di

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trading con una certa frequenza. Sarebbe ad esempio impensabile per la maggior parte degli investitori privati effettuare speculazioni infragiornaliere o addirittura infraorarie ed è spesso difficile anche effettuare speculazioni infrasettimanali.

Piano dell'esposizione La trattazione che segue affronta il tema dello studio e dell’analisi dei sistemi di trading suddividendolo in tre sezioni.

Sezione 2 Viene discussa una metodologia di test e di affinamento di un sistema di trading trattando: • • • •

la selezione dei dati da utilizzare ottimizzazione dei parametri del sistema simulazione in “forward testing” “fine tuning” del sistema.

La sezione si conclude portando avanti l’esempio pratico. Sezione 1 Sezione 3 Si analizzano i seguenti aspetti relativi alla progettazione di un sistema: • i segnali di entrata (acquisto o vendita) • le regole di stop loss e stop profit • i costi di transazione. Questa sezione si conclude proponendo un esempio pratico di progettazione di un sistema.

Si tratta della valutazione della performance di un sistema di trading e della determinazione dell’importo ottimale da investire e si affrontano le seguenti tematiche: • la definizione della performance e del rischio • i diversi metodi di analisi della performance e del rischio • il metodo di calcolo dell’importo ottimale da investire e del ritorno aggiustato per il rischio. Viene infine conclusa la trattazione dell’esempio pratico con il calcolo del rischio e dell’importo da investire.

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SEZIONE 1 Segnali di entrata Il "cuore" di un sistema di trading è costituito dalle regole che definiscono quando comprare o quando vendere. Queste regole possono assumere forme svariate e la letteratura in proposito è già ricca di suggerimenti, anche se questi temi sono affrontate in modo sistematico solo da pochi anni5. Si va da regole di tipo matematico statistico, a regole grafiche, per finire a regole esoteriche che fanno riferimento all’astrologia o all’astronomia. Queste regole dovrebbero rispettare due principî fondamentali. Anzitutto le regole devono essere chiaramente espresse e tra loro coerenti. Con questo si intende sottolineare che non vi devono essere ambiguità o contraddizione di sorta. Deve risultare assolutamente chiaro quando bisogna comprare e quando bisogna vendere, senza lasciare spazio a incertezze o interpretazioni soggettive. Questo principio è fondamentale perchè permette successivamente di verificare in modo obiettivo la validità e la performance delle regole di acquisto e vendita6. E’ appena il caso di osservare che - pur nella sua semplicità - questo principio di chiarezza è spesso disatteso. Un lampante (e diffusissimo) esempio in proposito è costituito dalla cosiddetta teoria delle onde di Elliott (ampiamente utilizzata); le sue 5

Cf. ad esempio Kaufman (1987). Per esprimersi con il linguaggio del filosofo Karl Popper si può dire che in questo modo la teoria è falsificabile. Viceversa teorie non falsificabili sono da rigettare proprio per il fatto che non è possibile decidere sul loro valore.

linee principali possono essere formulate; tuttavia, secondo i suoi stessi proponenti, la teoria possiede: “...rules that ... are extremely fine and delicate. It is almost impossible to state them precisely; they must be felt rather than formulated.” 7Questo “piccolo” problema verrebbe superato utilizzando quel “true aesthetic feeling which all mathematicians know ... but of which the profane are so ignorant as often to be tempted to smile”8 con il quale l’analista deve (dovrebbe?) riuscire a percepire dal grafico dei prezzi come applicare il metodo di Elliott. Un matematico con il senso estetico è, per eccellenza, il francese Henri Poincaré. Soltanto che a Lui il senso estetico serviva a formulare ipotesi matematiche che poi venivano accettate o rigettate seguendo processi rigorosamente logici. I teorici di Elliott, suoi autoconclamati epigoni, si accontentano apparentemente di formulare le ipotesi rigettando il processo di prova. Non è comunque questa la sede per discutere la validità di certe teorie di analisi tecnica che non hanno regole chiaramente definite (oltre a quella di Elliott ne esistono altre). Se esse funzionino o no non è materia che qui interessi. Esse non possono venire testate perchè contravvengono al principio di chiarezza delle regole e tanto basta per escluderle da questa analisi. Un secondo principio fondamentale riguarda la consapevolezza da parte dell’analista dell’idea sottostante che cerca di verificare. La formulazione delle regole di acquisto e di vendita dovrebbe sempre nascere da una certa percezione del mercato che deriva a sua volta dall’esperienza e dallo studio: è inutile testare segnali senza capire

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R. Balan “Elliott Wave Principle Applied to the Foreign Exchange Markets”, p.V - 1. Ibidem.

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quale idea si stia realmente sottoponendo a prova. L’analista deve necessariamente cercare di definire la sua idea del funzionamento del mercato prima di poterla esprimere chiaramente e quindi testarla. L’idea può variare da una semplicità estrema ad una grande complessità. Un esempio di idea semplice può essere “i prezzi tendono a prolungare l’andamento in una certa direzione quando superano i massimi (o minimi) registrati in un recente arco di tempo”. Un esempio di idea leggermente più complessa può essere che “i prezzi tendono a proseguire il movimento in una certa direzione quando la loro velocità di allontanamento dai valori medi registrati in un periodo recente tende ad aumentare”. Un’idea molto complessa può invece tentare di riferire l’andamento dei prezzi a patterns di tipo ciclico, frattale o anche caotico nel senso della moderna teoria del caos. Queste idee sono squisitamente soggettive e dipendono dall’esperienza e dalle percezioni dell’analista e perciò non sono tutte catalogabili a priori, non sono immutabili, e soprattutto non sono aprioristicamente separabili in “giuste” e “sbagliate”. L’esperienza tuttavia suggerisce alcune osservazioni.

dal punto in cui successive complicazioni della stessa non portano più benefici significativi in termini di risultati. La seconda osservazione riguarda la definizione dell’ipotesi di lavoro da cui partire. E' necessario che l’idea sia esprimibile in termini di algoritmo matematico, anzitutto perchè il linguaggio matematico costringe alla coerenza ed alla chiarezza, superando l'ambiguità di un'esposizione puramente verbale. Un’idea che espressa dialetticamente può risultare ambigua, diviene forzatamente chiara e, se del caso, mostra anche le sue contraddizioni, una volta che è espressa con liguaggio matematico. Vi è un ulteriore vantaggio: un’idea espressa come algoritmo matematico è direttamente traducibile in programmi informatici e perciò può far leva sulla grande capacità di calcolo dei moderni computers per una verifica efficace, economica e veloce. Non dimentichiamo che data la complessità dei mercati finanziari, l’uso dei computers è pressochè indispensabile per quasi ogni tipo di analisi dei prezzi.

La prima è quella che, in mancanza di forti convinzioni su idee particolari, conviene partire dalle idee semplici. Esse hanno il vantaggio di essere facilmente esprimibili e comunicabili anche ad altri e richiedono poco tempo e poco sforzo per essere testate e quindi accettate o rigettate. A seconda dei risultati poi ottenuti può convenire complicare le idee iniziali con condizioni aggiuntive od anche sostituirle del tutto. Il limite all’evoluzione di un’idea è dato

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Alcuni esempi di segnali di entrata Da quando esistono i mercati, gli analisti o traders cercano di identificare segnali di entrata di un qualche tipo. La casistica riportata dalla letteratura è numerosissima. Scopo di questo lavoro non è quello di elencare e discutere i pro ed i contro dei vari tipi di segnale oggi disponibili (esistono ottimi già numerosi testi in proposito), ma piuttosto quello di approfondire una metodologia di studio e di verifica della loro efficacia. E’ tuttavia opportuno, alfine di non addentrarsi in un discorso troppo lontano dalla “vita vissuta”, offrire al lettore una breve panoramica che almeno per grandi linee riassuma le idee “fondamentali” sottostanti a questi segnali. Possiamo raccogliere i segnali raggruppandoli a seconda della loro idea “fondamentale”, basandoci sulle percezioni che si ricava dalla lettura dei testi citati nelle note. Non sono riportati per questi segnali le rispettive formulazioni matematiche per almeno tre motivi: (i) esistono numerosi testi di analisi tecnica che già affrontano questo tema9, (ii) tali e tante sono le variazioni di questi segnali che esiste una moltitudine di formule, (iii) raramente se non mai, un vero trader userà un segnale cosí come viene proposto in letteratura senza apportarvi le modifiche che l’esperienza gli suggerisce. Si è cercato anche di evitare la trappola costituita da una classificazione sulla base dei nomi che questi segnali hanno che sono spesso coloriti e talvolta decisamente fuorvianti. In diversi casi le idee fondamentali sono più d'una, quindi l’identificazione di quella principale ci ha forse portato a 9

“forzare” un po’ troppo, costringendo un segnale in una certa categoria. Di questo ci scusiamo anticipatamente. Idea n. 1: esiste un trend sui prezzi e viene dal passato, seguiamolo. Questa idea nasce dalla semplice osservazione dei grafici di molti mercati. Nonostante i prezzi mostrino spesso un comportamento indubbiamente casuale segnato da numerosi disturbi, è altrettanto innegabile che talvolta esistono movimenti prolungati (trends) che portano i prezzi sempre in una certa direzione con solo alcune limitate oscillazioni. Su alcuni mercati in particolare, questi movimenti possono durare anche dei mesi, se non degli anni. Questi movimenti sono normalmente spiegati dal fatto che la speculazione sui mercati tende a reagire eccessivamente alle situazioni di disequilibrio prolungando gli aggiustamenti oltre il dovuto e quindi generando sia movimenti prolungati dei prezzi in una stessa direzione, sia nuove situazioni di disequilibrio (fenomeno dell’”overshooting”). I segnali di entrata che sono stati sviluppati per testare e sfruttare questa situazione sono numerosissimi. I più noti (e probabilmente i più antichi) sono i sistemi basati sull’attraversamento delle medie mobili dei prezzi. Nella maggior parte di questi modelli il segnale scatta quando il prezzo (in versione grezza od opportunamente prefiltrato) “attraversa” una media mobile calcolata in un certo modo; le formalizzazioni matematiche si sprecano e per esse rinviamo alla bibliografia. Per citare solo alcuni dei nomi di questi segnali (che possono essere riconosciuti da chi abbia già esperienza in questo settore), ricordo ad esempio il “Double Moving

Vedi ad esempio Kaufman (1987) o Pring (198 ).

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Average Crossover” di Donchian, il “MACD” di Appel, il “Trix” di Hutson, il “Modified Three Crossover Model” di Hochheimer10.

Idea n. 2: un aumento della volatilità dei prezzi fa presupporre un mutamento del trend ora esistente. Sempre l’osservazione dei grafici dei prezzi permette di rilevare come spesso esistano dei periodi in cui il prezzo non sembra andare da nessuna parte ma sembra solo soggetto a degli “shock” casuali. Quando questi “shocks” tendono ad aumentare di dimensione, è possibile che essi siano indicativi di una futura accellerazione dei prezzi in una certa direzione. Perchè questa osservazione non rimanga un inutile truismo (sempre e per definizione quando si avvia un movimento il prezzo registra un aumento della volatilità!) occorre prestare attenzione alla sua particolare formulazione matematica. Anche in questo caso sono stati proposti numerosi metodi sia di misurare la volatilità che di identificare il segnale di entrata. Sempre con il solo scopo di permettere al lettore di ricollegarsi a modelli che forse già conosce, alcuni tra i principali nomi sono i seguenti: le “bande” di Bollinger, la “Master Trading Formula” di Mart, il “Mass Index” ed il “Relative Volatility Index” di Dorsey, il “Damping Index” di McKallip. Citazione particolare al “Vydia” di Chande, concetto interessante (e semplice) che permette di integrare l’idea precedente relativa al trend con considerazioni di volatilità del mercato11.

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Vedi Kaufman (1987) per una sintesi dettagliata di parecchi segnali di entrata basati sulle medie mobili e concetti affini. Più recentemente nuovi metodi sono stati suggeriti da Chande (1992) e Arrington (1993). 11 Vedi Kaufman (1987), Dorsey (1992) e (1993), McKallip(1992), Chande(1992).

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Idea n. 3: la posizione relativa del close rispetto o all’high e low del giorno stesso e dei giorni precedenti e/o rispetto ai close dei giorni precedenti è indicativa della prossima direzione del prezzo. In questo caso si vuole sottolineare il fatto che i grandi movimenti di mercato non nascono dal nulla, ma vengono preparati da piccoli movimenti anticipatori determinati da una pressione all’acquisto o alla vendita che a un certo punto sboccano nel grande trend. Questo avverrebbe perchè sul mercato non accade spesso che tutti istantaneamente si convincano che il prezzo deve salire o scendere dai livelli attuali. La situazione più comune è quella che vede il diffondersi graduale di un’opinione. Il problema è in questo caso come misurare questi aumenti di pressione all’acquisto o alla vendita senza confonderli con segnali casuali. Tra i numerosi segnali esistenti ne ricordiamo alcuni notissimi come il “Relative Strenght Index”, il Directional Movement” e lo “Swing Index” tutti di Wilder, lo “Stochastic Oscillator” di Lane, l’”A/D Oscillator”, il “%R” e l’”Ultimate Oscillator” di Williams12.

Idea n. 4: i patterns grafici dell’andamento del prezzo si ripetono in forme più o meno simili. Questo è uno dei più vecchi filoni di indagine dell’analisi tecnica. Esso è basato sull’ipotesi che particolari patterns che si registrano sui grafici dei prezzi siano spiegabili da ragioni psicologiche di mercato. Per esempio si dice che il pattern denominato Island Reversal, illustrato in Figura 2, sia normalmente seguito da un movimento discendente del prezzo. 12

Kaufman (1987) offre una sintesi di tutti questi segnali corredata da esempi numerici.

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La ragione? I traders hanno venduto molto creando un inusuale movimento verso il basso del prezzo, ma a fine giornata è mancata la fiducia (vedi la poszione del close nella barra), qualcuno ha cominciato a comprare per paura di perdere i profitti realizzati, ed il close è risultato alto nella barra. Sulla scorta di quanto accaduto, in mancanza di nuove notizie, è improbabile che domani vi sia un radicale mutamento di aspettative che conduca il prezzo a nuovi minimi.

I tipi di patterns possono (e sono) naturalmente anche molto più complessi del semplice Island Reversal descritto sopra13. Inoltre, esistono diversi patterns a seconda che si utilizzi un grafico normale, un grafico del tipo “point and figure”14 o un grafico “candlestick”15. Recentemente lo studio dei patterns è stato ripreso con rinnovato vigore utilizzando algoritmi basati su reti neurali in grado (almeno teoricamente) di riconoscere patterns ripetitivi anche di forma molto complessa16.

Idea n. 5: solo alcuni livelli di prezzo sono rilevanti cioè esistono barriere (“resistenze” o “supporti”) su cui il prezzo tende a rimbalzare e superate le quali si hanno in seguito ampi movimenti. Anche questa idea è molto vecchia ed è basata su considerazioni di tipo psicologico: i prezzi tendono normalmente a rimanere in uno spazio predefinito a causa di ciò che potremmo definire “sticky expectations”. I traders cioè tendono a pensare di trovarsi sempre più o meno in una situazione di equilibrio e perciò tendono a correggere i prezzi quando questi si avvicinano a delle soglie percepite come massime o minime relativamente al passato recente. Tuttavia, specialmente in presenza di nuove notizie, queste soglie possono Figura 2: Island Reversal registrato il 10/1/94 sul cambio dollaro-marco. Notiamo che l’High della barra del 10/1/94 è inferiore al Low della barra precedente e che il Close della barra 10/1/94 è nella parte superiore della barra stessa. Questo “pattern” normalmente segnala una risalita del cambio.

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Vedi Kaufman (1987) e Kase (1992) per una lista delle tipologie più comuni. Metodologia grafica suggerita da Charles Dow ad inizio secolo dove non conta il tempo ma si valutano solamente i movimenti relativi del prezzo. Cf. Kaufman (1987). 15 Metodologia grafica in uso in Giappone da diversi secoli. Le barre vengono rappresentate sotto forma di “candele” (da cui il nome) con corpi di varia misura bianchi o neri a seconda della posizione degli open e dei close relativamente ai prezzi precedenti. Cf. Kaufman (1987). 16 Vedi ad esempio Kean (1992) e (1993), Brown (1993), Cassetti (1993), Katz (1992), Mendelsohn (1993a) e (1993b). Per un’introduzione teorica alle reti neurali vedi Rumelhart et. al. (1986), per gli aspetti matematici Hertz et al. (1991), per un’analisi semplificata Carling (1992). 14

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venire superate di slancio ed allora il movimento è ampio perchè il mercato si trova sulla strada di un nuovo equilibrio potenzialmente anche molto diverso da quello precedente. Si può osservare che anche in questo caso si tratta di un concetto vago che non ha un significato definito se non nella particolare formulazione di un algoritmo. Tra i molti esistenti ricordiamo uno dei più vecchi che è il “Livermore System” di Livermore, poi la famosa “4 Week Rule” di Donchian, il “Thrust Method” di Dunnigan ed il “4% Model” di Kargenian17.

Idea n. 6: esistono insite nell’andamento del prezzo delle ciclicità più o meno nascoste di forma più o meno complessa. In altre parole ad una spinta dei prezzi in una certa direzione corrisponde sempre una spinta in direzione inversa che si manifesta seguendo una certa legge. L’idea che esista una componente ciclica in molte serie storiche, specialmente quelle economiche non è certo nuova e trova fondamenti anche nella teoria macroeconomica. Trovare la forma e la durata di questo ciclo è tuttavia un compito non facile anche perchè accade spesso che la componente casuale della serie “copra” la componente ciclica. La difficoltà nel reperimento della componente ciclica della serie dei prezzi ha favorito l’insorgere di tutta una serie di teorie, più o meno scientifiche sullo studio di “cicli” e “onde”. Tra di esse abbiamo già ricordato la teoria delle “onde di Elliott”, ma esiste anche la “Law of Proportions” di Tubbs, la “Sezione Aurea” di Fischer, il “Commodity Channel Index” di Lambert, 17

Vedi Kaufman (1987), Kargenian (1992).

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la “teoria spazio-tempo” di Gann. Altri autori utilizzano tecniche meno esoteriche e statisticamente più fondate come l’analisi spettrale18.

Idea n. 7: il comportamento del mercato è completamente casuale. Ció che è importante non è se si compra o se si vende ma quanto si compra o si vende. Questo concetto deriva originariamente dallo studio dei giochi d’azzardo come la roulette. Si sostiene che il fatto che si possa realizzare un’operazione in utile piuttosto che in perdita è in sostanza questione di fortuna perció diviene importante possedere una tecnica per sapere quanto giocare e quando uscire dalle operazioni. Tra i metodi piú noti che appartengono a questa categoria ricordiamo i classici Martingale in cui ogni volta che si perde si raddoppia l’importo, e anti-Martingale19in cui si raddoppiano le vincite. Questi metodi hanno il non piccolo problema di richiedere, in presenza di una stringa continuata di perdite, un capitale a disposizione veramente enorme. Altri metodi di questo tipo sono il Pyramiding20 e il Tactical Trading di Eliason21.

Idea n. 8: anche nell’andamento apparentemente caotico dei prezzi esiste un ordine nascosto che è rintracciabile con metodi matematici. Questo è il filone che deriva recentemente dalla cosiddetta “matematica del caos”. Per usare un po’ di linguaggio tecnico si puó 18

Vedi Kaufman (1987), in particolare su Elliott: Frost e Prechter (1985), Balan (1992); su Gann: Blasic (1992), Miner (1993a) e (1993b); sull’uso dell’analisi spettrale Ehlers (1990) e (1992). 19 Vedi Kaufman (1987). 20 Vedi Kaufman (1987) e Balzara (1992). 21 Vedi Eliason (1989) e Logan (1989).

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dire che si sostiene l’esistenza in molte serie di prezzi generati da un sistema dinamico caotico non lineare con punti di attrazione detti “strani” normalmente di dimensione frattale. A detta dei sostenitori di questo approccio, tali sistemi sono almeno in parte ricostruibili attraverso l’uso dei diagrammi di fase, il calcolo della dimensione frattale ed il calcolo degli esponenti di Lyapunov. In altri termini: parte dei movimenti dei prezzi che noi riteniamo casuali potrebbero non essere cosí casuali. Oggi è possibile costruire dei sistemi di equazioni che in talune circostanze esibiscono un comportamento apparentemente del tutto caotico e casuale, ma che in realtà è deterministico anche se di un determinismo molto complesso. Questo significa che, identificando il processo sottostante alla dinamica caotica, sarebbe possibile poter prevedere con molto maggior precisione di quanto non si possa fare con altri metodi il comportamento futuro dei prezzi22. La matematica del caos è sicuramente un argomento affascinante. Dobbiamo tuttavia dire che si mantiene una perplessità di fondo circa il possibile uso pratico di questa metodologia per lo sviluppo di sistemi di trading ed in particolare per l’identificazione dei segnali di entrata. La perplessità è questa: per produrre segnali di entrata io devo con questa metodologia essere in grado di comprendere la natura piú profonda del funzionamento del mercato per poterla poi modellizzare. Un obiettivo che farebbe rabbrividire il piú preparato degli analisti e che per quello che ci riguarda è sufficiente a scoraggiarci. Questo naturalmente non significa che

in casi particolari, alcuni elementi utili circa la progettazione di particolari segnali di entrata possano venire anche da questa metodologia. Esiste già un primo esempio di un segnale detto “Delta Phenomenon” di Wilder che apparentemente usa alcuni di questi concetti anche se non è assolutamente chiaro il modo23.

Questa lista non è naturalmente esaustiva. Soprattutto occorre considerare che nuovi tipi di segnale vengono proposti ogni mese su pubblicazioni, riviste specializzate o attraverso seminari e convegni. L’interesse su questo tipo di problemi sembra accrescersi sempre di più a causa della sempre maggiore apertura dei mercati finanziari da un lato e della sempre più economica capacità di calcolo dei moderni computers. E’ fuori discussione che l’approfondimento anche critico della letteratura esistente in materia possa essere utile per l’analista, mi permetto tuttavia di fare un invito. Un segnale di entrata può forzatamente recepire solamente alcuni degli aspetti del funzionamento del mercato: non esisterà dunque mai il segnale che è sempre corretto e la sua ricerca è futile. Diviene dunque importante che ogni analista utilizzi segnali che, a suo modo di vedere, riflettono quelli che egli pensa siano le caratteristiche più notevoli del mercato in questione e le rifletta in un modo che sia compatibile con il suo stile di trading. Non è purtroppo quasi mai possibile che esista un segnale che, preso dalla letteratura a scatola chiusa, riesca a rappresentare se non l’”ideale” almeno il “meglio”. L’invito è dunque

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La matematica del caos e dei frattali ha ricevuto recentemente molta attenzione. Alcuni testi in proposito che mantengono ancora un certo grado di comprensibilità anche per il non addetto ai lavori sono Mandelbrot (1987), Schroeder (1991), Ruelle (1991), Devaney (1990) ed in particolare per le applicazioni finanziarie Peters (1991).

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Vedi Wilder (1990). Ci lascia tuttavia moltissimi dubbi il fatto che l’autore non espliciti chiaramente questo sistema nelle sue componenti e non ne incoraggeremmo sicuramente l’uso.

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rivolto all’analista, affinchè, se egli è serio relativamente allo studio del mercato, studi non solo i segnali proposti dalla letteratura, ma si sforzi di modificarli o crearne dei nuovi al fine di creare la maggiore corrispondenza possibile tra il modo in cui egli interpreta il mercato ed il funzionamento del suo sistema di trading. Questo non per aumentare il panorama di segnali esistenti (ne esistono già anche troppi), ma piuttosto per creare il massimo di sincronia tra analista (trader) e comportamento del sistema: più l’analista sa cosa aspettarsi dal sistema sia in termini di forza che di debolezza, più aumentano le probabilità di realizzare un profitto.

Regole di stop-loss e di stop-profit Abbiamo già accennato al fatto che è impossibile trovare un segnale di entrata che sia sempre corretto. Questo significa, ovviamente, che prima o poi il mio segnale mi provocherà una perdita. Accenniamo qui ad uno dei punti principali dell’arte del trading e cioè del come gestire le perdite. In realtà, l’unica cosa di cui possiamo essere sicuri utilizzando un sistema di trading (o, più in generale, dedicandoci al trading per un periodo prolungato) è proprio che realizzeremo delle operazioni in perdita. Il sapere gestire le perdite è dunque tanto importante quanto il sapere fare profitti ed anzi in molti ritengono che sia addirittura più importante. In questo paragrafo, discutendo dello stop-loss, cominceremo ad avvicinarci al problema della gestione delle perdite.

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Anzitutto è opportuno chiarire che con il termine “stop-loss” si intende riferirsi ad un’operazione di chiusura di una posizione esistente che - purtroppo - è andata male. Lo stop-loss serve anzitutto a cautelarsi contro la possibilità che la perdita superi certi livelli ritenuti inaccettabili. Esistono vari tipi di stop-loss, ma il piú comune è di gran lunga il cosiddetto “money management order” che consiste in un ordine di chiusura dell’operazione ad un livello predeterminato di prezzo. Tale livello di prezzo è calcolato, al momento in cui l’operazione principale viene effettuata, risolvendo per la perdita massima (espressa in lire) che l’investitore decide di sopportare. Occorre considerare che - in pratica - i brokers eseguono gli ordini di stop solo al prezzo successivo a quello al quale il livello di stop è stato toccato o superato per la prima volta. Supponiamo ad esempio di avere acquistato 1 contratto future sul BTP del valore nominale di 200 milioni a 97.35. Supponiamo altresí di non voler rischiare piú di 3 milioni su questa operazione. Occorre in questo caso porre un ordine di vendita (stop-loss) a 95.85 ( = 97.35 - 3/200 * 100).

Il funzionamento di questo tipo di ordine di stop-loss è illustrato nella Figura 3. La Figura 4 illustra invece un comune inconveniente che si puó registrare quando si usa uno stop-loss: il prezzo tocca il fatidico livello ma successivamente rimbalza nelle direzione attesa trasformando un’operazione potenzialmente buona in una perdita.

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Figura 3: l’esercizio dello stop-loss.

Si è detto che lo stop-loss permette di predeterminare l’importo massimo a rischio sul mercato. Per essere piú precisi, lo stop-loss permette di predeterminare l’importo a rischio sulla singola operazione: se la mia attività di trading prevede molteplici operazioni, la mia perdita massima teorica si ottiene moltiplicando il numero di operazioni per la perdita prevista dallo stop-loss. Tuttavia ci si potrebbe anche chiedere perchè, in presenza di un buon sistema di trading, si debba mai ricorrere all’uso dello stop-loss. D’accordo che anche un buon sistema di trading presenta con tutta probabilità un certo numero di operazioni in perdita, ma tali perdite dovrebbero comunque essere sopravanzate dagli utili (o almeno cosí si spera) ed il porre uno stop-loss potrebbe finire per avere gli effetti deleteri visti in Figura 4. La risposta generale a questo quesito risiede nel fatto che qualsiasi sistema di trading viene definito come “buono” ed accettato inevitabilmente sulla base di quanto accaduto nel passato. Ne risulta che il sistema di trading prescelto presuppone l’esistenza di una qualche forma di stazionarietà nella serie dei prezzi ed il predurare di tale stazionarietà anche in futuro24. Purtroppo questo puó non essere il caso: anche se non sono la norma, esistono talvolta mutamenti “strutturali” del mercato che sono totalmente imprevedibili a priori e che finiscono per mutare radicalmente la performance del sistema. E 24

Figura 4: uno stop-loss che era meglio evitare.

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E’ appena il caso di osservare, a beneficio degli esperti di statistica, che la “stazionarietà” a cui si fa qui riferimento ha ben poco a vedere con la “stazionarietà” come normalmente la si intende nell’analisi delle serie storiche. Quest’ultimo è un concetto ben piú restrittivo che presuppone l’assenza di mutamenti della media (trend), di mutamenti sistematici della varianza e di ciclicità evidenti. Qui invece si intende riferirsi al fatto che se il sistema è buono significa che esiste qualche caratteristica del mercato che ha un sufficiente grado di stabilità da essere identificata e sfruttata: quale sia esattamente la natura di questa caratteristica puó essere difficile a dirsi anche per lo stesso analista che ha studiato il sistema.

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ci se ne accorge solamente dopo! Un esempio di grafico dei prezzi che muta radicalmente aspetto dopo un evento imprevisto è dato dal contratto del future sul BTP a 10 anni (LIFFE) prima e dopo Giugno 1992 (vedi Figura 5). In questi casi un ordine stop-loss che permetta di uscire dal mercato con una perdita ragionevole e permetta di rianalizzare la situazione con la dovuta calma, senza lo stress di dover gestire una situazione ormai affidata al caso, puó effettivamente rappresentare il male minore. E’ nostra personale convinzione che per quanto buono possa essere un sistema di trading debba in generale sempre esistere un livello predeterminato di stoploss.

Figura 5: osserviamo l’impressionante differenza esistente tra i prezzi del future BTP (LIFFE) prima e dopo Giugno 1992. Mutano radicalmente l’ampiezza media della barra, la volatilità dei prezzi, la dimensione media dei trend, nonchè il voulme degli scambi (colonne in basso).

L’uso costante dello stop-loss porta poi un ulteriore beneficio: esso consente infatti al trader di ridurre lo stress decisionale legato alla gestione della posizione esistente. Uno stop-loss meditato in anticipo predetermina infatti il punto di uscita ed evita un continuo monitoraggio dei mutamenti di prezzo sul mercato. Psicologicamente è spesso indicato pensare alla perdita potenziale espressa dallo stoploss come a soldi già persi a tutti gli effetti. Se il trader riesce ad assorbire questa idea, sarà normalmente molto più tranquillo

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nell’affrontare le successive evoluzione del mercato favorevoli o sfavorevoli che esse siano. Una possibile eccezione all’uso dello stop-loss la si puó immaginare solo per sistemi basati su barre orarie (o di durata inferiore), i quali per loro stessa natura - generano ordini con una tale frequenza da prevenire di fatto quasi sempre l’esecuzione dello stop-loss effettuando invece un’inversione dell’ordine principale. In altre parole, accade spesso che questi sistemi basati su rilevazioni infragiornaliere dei prezzi generino diverse operazioni di acquisto e vendita all’interno della stessa giornata. Essendo normalmente le oscillazioni dei prezzi giornalieri abbastanza contenute, molti sistemi finiscono per non usare mai lo stop-loss perchè la posizione viene preventivamente “girata” in senso inverso. Il piazzamento dell’ordine di stop-loss avviene normalmente nello stesso momento in cui si effettua l’operazione principale. L’ordine di stop-loss è usualmente lasciato in carico al proprio broker con l’istruzione di eseguirlo nel caso in cui il livello prefissato venga raggiunto. Solamente nei casi in cui il trader segua personalmente ed in modo continuo il mercato puó essere possibile una sua gestione diretta dello stop-loss ed anche in questo caso, come già indicato sopra, non è raccomandabile, specialmente se il servizio offerto dal broker è di buona qualità. Un ultima osservazione riguardo allo stop-loss. Quando si predetermina il livello di uscita da un’operazione in perdita, si assume implicitamente che quel particolare prezzo verrà raggiunto dal

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mercato se le cose si mettono male. Purtroppo non è sempre così . Accade talvolta che vi siano dei “gaps” tra il prezzo di chiusura del giorno precedente ed il prezzo di apertura del giorno dopo. Può darsi che durante la notte sia uscita una notizia tale per cui il mercato si trova ad aprire ad un livello di molto inferiore (o superiore) a quello registrato il giorno precedente. In questi casi, può verificarsi che il prezzo di stop-loss venga “saltato” cioè mai quotato sul mercato. Purtroppo in queste situazioni non rimane altro che prendersi una perdita più ampia del previsto. Osserviamo che casi di questo tipo si possono registrare, seppur con minore frequenza, anche su mercati a trattazione continua come i tassi di cambio: può darsi infatti che sulla scorta di una notizia particolare la quotazione del dollaro marco passi improvvisamente da 1.6000 a 1.6100 “saltando” gli stop-loss posti tra questi due livelli. Sul grafico giornaliero si vede una barra continua che unisce l’high ed il low, ma nella realtà non tutti i prezzi inclusi in quella barra sono stati effettivamente trattati. Similmente all’ordine stop-loss, esiste la possibilità di piazzare ordini “stop-profit”. Con questo termine si identificano quei tipi di ordini che servono a chiudere una posizione esistente una volta che essa stia realizzando un profitto. Il tipo di ordine stop-profit più comune è il cosiddetto ordine “profit target” attraverso il quale viene prefissato l’importo che si desidera guadagnare da una certa operazione. Una volta che esso sia raggiunto, la posizione viene automaticamente chiusa. L’ordine stop-profit viene utilizzato idealmente per sfruttare al massimo quelle situazioni dove il movimento favorevole dei prezzi è solo temporaneo come illustrato in Figura 6. Il potenziale svantaggio derivante dall’uso dello stop-profit è illustrato in Figura 7.

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Figura 7: uno stop-profit di cui pentirsi. Figura 6: uno stop-profit quasi perfetto.

L’uso dello stop-profit è assai meno importante di quello dello stoploss e la ragione dovrebbe essere evidente. Tenere sotto controllo i rischi è, in questo tipo di attività, di gran lunga prioritario rispetto alla massimizzazione del reddito verso cui è indirizzato un uso accorto dello stop-profit. In questo senso l’uso dello stop-profit va dunque inteso come un raffinamento possibile del sistema di trading: il suo uso può essere raccomandato se sulla base di test statistici è stato profittevole farlo in passato. Oltre all’ordine stop-profit del tipo “profit target”, ne esistono altri. Tra di essi ricordiamo i seguenti. Il “breakeven stop”. Questo ordine viene attivato solo dopo che il prezzo ha cominciato a muoversi in direzione favorevole. In questo caso il livello dello stop è posto allo stesso livello di entrata in modo

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da garantire come minimo un risultato di breakeven. Questo ordine naturalmente non serve a proteggersi da situazioni in cui il prezzo immediatamente dopo il piazzamento dell’ordine comincia a muoversi in maniera avversa e non torna più ai livelli di partenza.

un’operazione, ma nel tentare di sfruttare un eventuale trend prolungato: inoltre piú il profitto teorico è elevato e piú questo tipo di ordine si prende dei rischi sopportando un retracement che in valore assoluto diviene sempre piú elevato (nel nostro esempio passa da 0.50 lire a 0.75).

Il “ % risk trailing stop”. Con questa tecnica si definisce un livello detto “floor” di profitto minimo, espresso in valore assoluto, che deve essere raggiunto prima che l’ordine venga attivato. Viene poi fissata una percentuale detta di “retracement” dal livello di profitto massimo realizzato dalla posizione. Lo stop è posto ad un livello che garantisca il massimo profitto meno la percentuale di “retracement”. Se il prezzo continua a muoversi in direzione favorevole, questo tipo di ordine permette di mantenere la posizione aperta, viceversa in caso il prezzo cominci a ritirarsi oltre la percentuale di “retracement”, la posizione viene chiusa ed il profitto realizzato.

Quest’ultimo tipo di ordine non viene passato al broker ma richiede una presenza continua del trader sul mercato.

Esempio: compro un future sul BTP a 102. Il floor è posto a 2 lire ed il livello di retracement è del 25%. Se il prezzo scendesse da 102 verso valori piú bassi non succederebbe niente cosí come se il prezzo salisse ma non superasse le 104 lire. Se d’altra parte il prezzo superasse le 104 lire l’ordine verrebbe attivato nel modo seguente. Si inizierebbe registrando un utile teorico di 2 lire (=104-102) e si osserverebbe il comportamento successivo dei prezzi. Se questi scendono di almeno 0.50 lire (=.25 ⋅ 2) a 103.50 si effettuerebbe lo stop profit e si realizzerebbero 1.50 lire di guadagno. Se invece i prezzi salissero ancora si registrerebbe il nuovo massimo, ad esempio 105, ed il nuovo utile teorico di 3 lire (=105-102), e si sarebbe pronti ad intervenire con lo stop profit nel caso i prezzi scendessero di 0.75 lire o piú a 104.25 realizzando 2.25 lire di guadagno e cosí via. Come si vede il vantaggio di questo metodo sta nel non troncare troppo presto

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I costi di transazione In quasi tutti i libri di economia una delle assunzioni semplificatrici ricorrenti nella descrizione di modelli e leggi finanziarie è l’assenza di costi di transazione. Non di rado i costi di transazione sono visti come un’”imperfezione” di mercato e si dimentica che senza questa “imperfezione” i mercati stessi non esisterebbero o non sarebbero in grado di svolgere efficientemente la loro funzione. Nessuno piú del trader deve invece essere conscio dell’esistenza e della rilevanza dei costi di transazione. Infatti sono proprio i costi di transazione che rendono l’attività del trading e della speculazione un “gioco a somma negativa”25. Dal punto di vista dello studio dei sistemi di trading, questo significa che il sistema deve essere abbastanza buono non solo da battere il mercato ma anche da coprire tutti i costi di transazione. La principali tipologie di costi di transazione sono tre, una visibile e due invisibili. I costi di transazione visibili sono raccolti nella categoria delle “commissioni”, “bolli”, “spese amministrative” e simili. Si tratta di costi che sono o previsti dalla legge oppure fatturati dall’intermediario a seguito di accordi con il trader e sulla base delle tariffe vigenti su quel particolare mercato. 25

In teoria dei giochi si definisce “a somma zero” un gioco in cui tutto ció che un giocatore perde viene guadagnato dagli altri giocatori e viceversa. Un gioco a somma positiva è quello in cui la somma di tutto ció che è guadagnato da tutti i giocatori supera la somma di tutto ció che è perso da tutti i giocatori e dunque il gioco “crea” ricchezza. Un gioco a somma negativa è quello in cui la somma di tutte le vincite di tutti i giocatori è inferiore alla somma di tutte le perdite ed il gioco “distrugge” ricchezza. Nel nostro caso la somma delle vincite di tutti i traders è inferiore alla somma di tutte le perdite e la differenza (costi di transazione) finisce ad un “non giocatore”, uno che non prende i rischi del gioco, l’intermediario o broker.

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I costi invisibili sono rappresentati nelle due categorie dello “slippage” e piú in generale della “qualità del servizio”. Con il termine “slippage” ci si riferisce a quella differenza che si registra praticamente sempre, tra prezzo di mercato (come riportato dai circuiti informatici o dalla stampa) e prezzo effettivo di esecuzione. Tale differenza, che in perfetto accordo con la ben nota "legge" di Murphy è quasi sempre sfavorevole al trader, non rappresenta sempre una cattiva esecuzione dell’ordine da parte del broker, quanto un prezzo che si paga alla liquidità meno che perfetta dei mercati. Anche sui mercati telematici, dove i circuiti riportano in tempo reale i prezzi a cui vengono concluse le transazioni, non è sempre detto che il prezzo che si ottiene per effettuare un’operazione sia esattamente pari a quello quotato giusto un secondo prima: l’ordine potrebbe essere troppo grosso oppure troppo piccolo; potrebbe darsi che alcune controparti siano uscite (od entrate) sul mercato proprio in quel momento o piú semplicemente che le condizioni di mercato siano mutate. In teoria lo “slippage” potrebbe essere sia negativo che positivo per il trader e talvolta è proprio cosí. A livello di progettazione di sistema è comunque piú realistico oltre che piú conservativo assumere uno “slippage” sempre sfavorevole. Un’altro costo invisibile è rappresentato dalla qualità del servizio che si riceve dall’intermediario o broker. Come già accennato per gran parte della teoria economica e finanziaria i costi di transazione non esistono, dunque i brokers non esistono e perció il servizio da essi ottenuto è sempre efficiente per definizione. Nella realtà tuttavia non è cosí e ogni operatore sa benissimo che per quanto liquido possa

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essere un mercato, per quanto basse possano essere le commissioni, per avere una buona esecuzione di un ordine occorre anche un intermediario che sappia fare il suo mestiere. E quale è il mestiere del broker? Seguire l’andamento dei prezzi minuto per minuto, essere in continuo contatto con un gran numero di controparti ed altri broker per poter eseguire gli ordini di entrata di uscita e gli stop-loss effettivamente al meglio. La qualità del servizio offerto dal broker risiede dunque nella tempestività e nell’efficacia con cui questi esegue gli ordini: se questa qualità manca, i costi di transazione possono facilmente divenire inaccettabili anche in presenza di commissioni e “slippage” modesti. Purtroppo la qualità di un broker la si conosce soltanto utilizzandolo per un certo periodo di tempo e possibilmente confrontandolo con altri e dunque non esiste una ricetta a priori che permetta di trovare il broker “giusto”. Esistono tuttavia alcune avvertenze ed alcuni errori comuni che si possono facilmente evitare. Anzitutto occorre riflettere sul servizio che si vuole ottenere da un broker: esso è principalmente, come specificato prima, un servizio di buona esecuzione di ordini. Questa prima considerazione implica che un broker non deve essere valutato tanto sulla base di reports di mercato, suggerimenti e (peggio ancora) previsioni sull’andamento dei prezzi: tutto questo ha ben poco a che fare con il suo mestiere. Occorre considerare cosa fa un broker tutto il giorno: sta al telefono di fronte ad uno o piú monitors continuamente cercando compratori e venditori: come puó avere il tempo e la preparazione per effettuare riflessioni sul mercato e addirittura previsioni? quand’anche

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disponesse di un servizio studi, poichè il reddito del broker è legato al volume di transazioni effettuato, possiamo stare certi che i suggerimenti sarebbero invariabilmente tesi a fare eseguire al cliente un buon numero di operazioni siano o non siano esse necessarie per la salute del portafoglio di quest’ultimo. E’ tuttavia incredibilmente elevato il numero di persone che, chiamando un broker o un intermediario, finiscono per agire sulla base delle sue indicazioni cedendo alla pigrizia di effettuare un’analisi propria. Un secondo comune errore riguarda un’eccessiva concentrazione sulle commissioni o sui prezzi da parte dei clienti. Vi sono clienti disposti a tutto pur di ottenere sconti sulle commissioni. A parte il fatto che il piú delle volte si tratta di cifre modestissime rispetto all’importo del guadagno (o perdita) che si puó realizzare sul mercato, occorre anche considerare che una contrattazione eccessiva, anche se coronata da successo, puó portare il broker a tentare di recuperare profitti (con interessi) in altri modi: ad esempio con un’esecuzione non sempre brillante, oppure piú in generale con un servizio mediocre. Anni fa, c’era in Italia un’impresa industriale che effettuava grosse operazioni sui cambi. Il tesoriere lavorava con 4 o 5 intermediari ed aveva l’abitudine di non fidarsi mai di nessuno e per qualsiasi cosa di proporre un’asta a tutti questi intermediari. Questo costringeva gli intermediari a ridurre il proprio margine al minimo e qualcuno anche a rinunciare al cliente. Poichè la cosa andava ripetendosi da parecchio tempo, e dato che il mercato era a quell’epoca abbastanza limitato e pertanto praticamente tutti gli intermediari si conoscevano tra di loro, questa strategia, ideata dal tesoriere per favorire la sua azienda, finí per ottenere il risultato opposto.

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Gli intermediari finivano per allocarsi tra di loro il risultato dell’asta spartendosela a quote, con un accordo informale per favorire uno particolare di loro ogni volta. I prezzi quotati erano regolarmente leggermente fuori mercato di modo che l’azienda finiva per pagare sempre di piú di quello che avrebbe pagato senza il meccanismo dell’asta. Non un grande esempio di professionalità da parte degli intermediari, ma neanche un grande esempio di intelligenza da parte dell’azienda.

La realtà è che il mercato non è quasi mai in grado di accontentare tutti i contraenti con la stessa efficacia: alcuni saranno trattati meglio di altri26. Per essere tra i favoriti occorre trovare la giusta miscela di capacità professionale del broker, costi di transazione e rapporti umani con l’intermediario stesso senza pretendere di raggiungere sempre e comunque l’ottimo in tutti e tre i campi: il trader e l’investitore non sono scattisti ma maratoneti e ció che importa loro è il risultato medio ottenuto nel lungo termine.

Esempio. Parte I : progettazione di un sistema di trading In questo esempio cerchiamo di fornire una breve presentazione di come si può applicare in concreto la nostra metodologia di studio dei sistemi di trading. Il lettore deve essere comunque avvertito che il nostro scopo è solo quello di illustrare una metodologia di analisi e in alcun modo vogliamo suggerire l’uso di un particolare sistema per l’effettuazione di operazioni di trading effettivo. Infatti, per ragioni di semplicità, ci si è limitati ad un sistema abbastanza semplice, effettuando un’analisi semestrale che probabilmente non fornisce nemmeno un numero di dati sufficiente a raggiungere una conclusione definitiva. Impostiamo dunque lo studio di un sistema di trading riferendoci al mercato del tasso di cambio dollaro USA / Yen giapponese. Le Figure E1 ed E2 illustrano l’andamento giornaliero di questo mercato negli ultimi anni.

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Praticamente tutti i grandi traders riconoscono l’esecuzione dell’ordine come uno degli elementi critici per una sua buona riuscita. Vedi ad esempio le interviste contenute in Schwager (1990).

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Figura E1: l’andamento del cambio Yen/USD da Dicembre 1988 a Giugno 1991.

Figura E2: l’andamento del cambio USD/Yen da Luglio 1991 a Giugno 1994.

La serie pur presentando le usuali increspature e ciclicità irregolari dovute alla casualità che sempre si registra sui mercati, mostra anche dei trend evidenti e molto prolungati. La prima idea puó essere di ipotizzare che il mercato USD/Yen mantenga anche in futuro questa caratteristica di trend prolungati e perció di studiare dei segnali di entrata “trend following”. L’universo dei segnali “trend following” è molto variegato per cui in mancanza di idee piú precise si procede normalmente con una serie di test preliminari su diversi segnali per rendersi conto delle diverse caratteristiche di ognuno su questo mercato. Poichè peró lo scopo di questo esempio non è quello di produrre "il Sistema" per lo Yen, quanto quello di illustrare una procedura, ci si accontenta di

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esaminare un segnale che è stato scelto unicamente per semplicità di calcolo e senza nessuna pretesa di uso concreto. Un possibile metodo di identificare l’inizio di un trend è il seguente. Si puó dire che un trend in salita o discesa è cominciato quando il prezzo diviene contestualmente superiore (o inferiore) a certi livelli che ha raggiunto in passato nel breve termine, nel medio termine e nel lungo termine. Ma perchè non riferirsi semplicemente ad un unico livello di prezzo passato? Perchè la serie, pur presentando trend prolungati, presenta anche molte “false partenze”: movimenti che inizialmente possono venire interpretati come trend ma che poi si rivelano solo correzioni piú o meno casuali. La speranza è, identificando tre livelli di prezzo, di prendere un numero minore di falsi segnali27. Matematicamente si puó esprimere questo concetto nel modo seguente. Si compera USD contro Yen non appena si verifica questa condizione: (Et - Et-n1) / n1 > 0 / n3 > 0

∩ (Et - Et-n2) / n2 > 0

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(Et - Et-n3)

L’inizio di un trend puó essere definito in molti altri modi anche migliori e piú precisi. Si è scelto questo perchè come vedremo porta ad identificare un algoritmo per il segnale di entrata che è matematicamente molto semplice oltre che conosciuto e quindi rappresenta l’ideale per un esempio di questo tipo.

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dove n1< n2 < n3 sono i tre orizzonti temporali e Et è il tasso di cambio odierno espresso in numero di Yen per USD (come nelle figure E1 ed E2). Viceversa si vende non appena si verifica la condizione inversa: (Et - Et-n1) / n1 < 0 / n3 < 0.

∩ (Et - Et-n2) / n2 < 0



(Et - Et-n3)

Le formule qui riportate sono quelle relative al segnale conosciuto in letteratura come ROC (= Rate of Change) facilmente reperibile in qualsiasi software di analisi tecnica. Poichè si sono usati tre ROC di diversa durata, con scarsa originalità chiamiamo il segnale “Triplo ROC”. Si osservi che il Triplo ROC è perfettamente definito: si compera quando tutti e tre i ROC diventano positivi e si vende quando tutti diventano negativi. Si tratta dunque di un segnale che dopo il primo ordine è sempre sul mercato: cioè una volta che si è partiti o si è “lunghi” (in acquisto di USD contro Yen) o “corti” (in vendita di USD contro Yen) senza mai essere fuori dalla mischia. Il rischio è, in presenza di segnali sbagliati, di realizzare perdite molto ampie prima che il segnale stesso si inverta. E’ perció opportuno utilizzare uno stop-loss del tipo “money management order” il cui livello definiremo piú avanti. In questo modo, se si comprasse su un falso trend rialzista, si realizzarebbe la perdita prevista dallo stop-loss, si uscirebbe dal mercato e si attenderebbe il segnale successivo per rientrare.

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Alcune osservazioni sul comportamento teorico del Triplo ROC. Se la serie dei prezzi esibisse un comportamento perfettamente lineare crescente o decrescente, questo segnale giungerebbe ad acquisire l’esistenza del trend con un ritardo sempre pari a n3 giorni. Se invece la serie presentasse dei cicli regolari, questo segnale dovrebbe avere una buona performance in presenza di cicli di periodo pari a n1/2, n2/2 ed n3/228. Infine è necessario effettuare delle assunzioni sui costi di transazione. Il mercato del USD/Yen è un mercato trattato “over-the-counter” in cui i principali “price makers” sono le banche. L’importo minimo (per ottenere una buona esecuzione) è normalmente 1.000.000 di USD anche se talvolta è possibile avere buoni prezzi anche per USD 500.000. Lo spread “bid-offer” del mercato è in condizioni normali di 0.10 yen per 1 USD (ad esempio 100.10-100.20 yen per USD). Possiamo ipotizzare un ulteriore 0.05 yen di “slippage” portando cosí il totale dei costi di transazione a 0.15 yen per USD cioè 150.000 yen per 1 milione di USD29. La garanzia necessaria per effettuare un’operazione a termine sui cambi varia da banca a banca, ma normalmente non supera il 25% dell’importo nominale (cioè non occorrono piú di 250.000 USD per fare un’operazione da 1.000.000 USD).

28

L’eventuale esistenza di cicli di questo periodo puó essere verificata con l’analisi dello spettro della serie. La regola generale è che tuttavia cicli regolari sui mercati finanziari non esistono (sarebbe troppo facile!). 29 In taluni casi, specialmente per un privato, questo potrebbe essere perfino poco.

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SEZIONE 2 I dati da usare per l’analisi dei sistemi di trading Abbiamo già accennato al fatto che le rilevazioni di mercato, salvo il caso in cui vengano registrate “tick per tick”, sono rilevate sotto forma di barre O-H-L-C oppure H-L-C. Ovviamente il primo requisito per un’analisi corretta dei dati è che essi stessi siano quanto piú possibile rappresentativi dei prezzi ottenibili sul mercato. La fonte da cui i dati vengono presi deve essere perciò affidabile. Il secondo requisito è che i dati siano raccolti in numero sufficiente per ottenere dei risultati statisticamente significativi. In generale, anche se il numero di dati necessario puó variare ampiamente a seconda dei test che si desiderano effettuare, l’esperienza indica che per la maggior parte dei sistemi occorrono circa 1200 barre che equivalgono a circa 5 anni di dati giornalieri o 6 mesi di dati orari. La maggior parte dei sistemi di trading oggi in circolazione utilizza dati giornalieri o infragiornalieri (da orari a tick per tick). E’ tuttavia possibile che qualche sistema utilizzi, in congiunzione con i dati giornalieri, anche rilevazioni settimanali o mensili nel tentativo di identificare dei trend di lungo periodo. In quest’ultimo caso, il ruolo dei dati di lungo periodo è comunque secondario ed i requisiti sulla loro numerosità sono di solito molto meno stringenti.

27

Occorre una certa dose di cautela nel modo in cui si scelgono i dati per effettuare poi l’analisi di un sistema di trading. Anzitutto i dati dovrebbero essere tra loro omogenei: bisogna cioè assicurarsi che nel periodo che si va ad analizzare il mercato non abbia subito dei mutamenti strutturali tali da metterne in discussione la sua stessa natura. Ad esempio, se si pensa alla serie storica del tasso di cambio lira / marco degli ultimi 5 anni (vedi Figura 8) viene sicuramente il forte sospetto di non trovarsi di fronte ad una serie omogenea. La serie si divide infatti in due tronconi, prima e dopo Settembre 1992, in ragione dell’uscita della lira dallo SME. E’ ovvio che il passaggio della lira da una fluttuazione all’interno di una banda abbastanza stretta ad una situazione di mercato libero comporta una vera e propria modifica della natura del mercato. Figura 8: il cambio marco - lira, un mutamento delle “regole del gioco” nel sett. 92.

In questi casi si richiede da parte dell’analista una particolare attenzione specialmente a livello di progettazione del sistema ed a livello di interpretazione dei risultati ottenuti.

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28

L’aggiustamento dei dati In certi casi i dati di mercato non possono essere utilizzati in forma grezza ma devono essere “aggiustati”. Questo avviene per tutti i dati relativi ai contratti futures e per i dati relativi alle azioni principalmente in caso di stacco dei dividendi, “stock splitting” o aumenti di capitale. Per quello che riguarda i futures, il problema nasce dal fatto che ogni contratto future è quotato per un periodo di tempo molto limitato: normalmente non piú di tre mesi. Per esempio il future del BTP prevede consegna a Marzo, Giugno, Settembre, Dicembre. Questo significa che da Genneaio ai primi di Marzo il contratto di gran lunga piú liquido è quello scadente a Marzo, mentre da Marzo a Giugno il contratto piú liquido è quello di Giugno e cosí via. Agli inizi di Marzo ci troviamo perció in una situazione dove il contratto di Marzo quota un prezzo che è praticamente uguale a quello di un BTP con scadenza e struttura cedolare simili a quelle previste dal contratto stesso, mentre il contratto di Giugno quota circa come il prezzo a termine a 3 mesi dello stesso BTP. La serie storica riporta tuttavia uno dietro l’altro i prezzi del future sulla sua scadenza piú liquida, per cui esiste una data in Marzo in cui si passerà dal contratto di Marzo al contratto di Giugno. La differenza puó essere alle volte rilevante, e ció che conta è che occorre impedire che il nostro sistema registri un profitto od una perdita fittizia dovute semplicemente al passaggio di contratto.

In pratica il metodo per costruire una serie di prezzi di contratti future continua e testabile è il seguente:

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• si comincia rilevando i prezzi del contratto piú vicino alla scadenza (detto “nearest future”) che tipicamente è il piú liquido: se si è in febbraio e si parla del BTP si prenderà il contratto di Marzo; • si continua cosí fino a che, ad un certo punto (presumibilmente ai primi di Marzo), il contratto di Marzo diviene meno liquido di quello di Giugno (questa informazione la si desume dai dati di Volume riportati dal mercato) definiamo questa data come data di “rollover”; • il giorno in cui questo accade si rileva la differenza tra i close del contratto di Giugno e quello di Marzo, la si registra e la si sottrae dai prezzi del contratto di Giugno continuando cosí fino a che il contratto di Settembre non diventa piú liquido di quello di Giugno; • si misura a questo punto la differenza tra il contratto di Settembre e quello di Giugno, si somma tale differenza a quella già registrata, si sottrae il dato cosí ottenuto dalle rilevazioni di Settembre. E così via. Come rileva Schwager30”the construction of the continuous series can be thought of as the mathematical equivalent of taking a nearest future chart, cutting out each individual contract series makes up the chart and pasting the ends together”.

30

Schwager (1992) p.68.

29

Questo metodo di costruzione della serie dei futures porta ad avere un grafico in cui l’ultimo prezzo disponibile è diverso da quello quotato dal mercato per una differenza pari alla somma di tutte le differenze registrate in passato a tutte le date di rollover. Se la serie è molto lunga potremmo perfino avere dei prezzi “aggiustati” negativi. Questo non è sbagliato anzi è assolutamente corretto. Alcuni analisti (specialmente quelli che usano i grafici) hanno tuttavia problemi con questo aspetto e preferiscono riscalare la serie in modo che almeno gli ultimi prezzi corrispondano a quanto quotato dal mercato. Questo non fa alcuna differenza per i nostri scopi: notiamo che tuttavia in questo modo saranno i prezzi piú vecchi a non corrispondere piú a quanto effettivamente quotato dal mercato. In linea di principio, non c'è problema con alcuno dei due metodi, ma di fatto si tende a preferire di gestire una serie in cui gli ultimi prezzi sono diversi da quelli quotati sul mercato piuttosto che non riscalare tutti i dati ad ogni data di rollover. L’importante è comunque che sia ben chiaro che il metodo di aggiustamento sopra proposto è l’unico accettabile per i nostri scopi. Tutti gli altri metodi (sul mercato ne girano diversi) sono matematicamente sbagliati. Questo metodo infatti è l’unico che consente di ottenere una serie continua che sia esattamente fedele alle fluttuazioni subite da un’ipotetica e costante posizione in acquisto sul future che è stata prolungata effettuando dei passaggi di contratto alle date di roll-over prescelte. Per conferma si provi a fare un esempio numerico con la serie di un future ipotizzando di avere una posizione lunga e di portarla avanti indefinitivamente.

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Per quello che riguarda le azioni i problemi sorgono, come abbiamo detto, nel tener conto dei dividendi, degli stock splits e degli gli aumenti di capitale. In tutti questi casi occorre sempre tenere a mente che ciò che serve è una serie che rifletta nel modo più fedele possibile la situazione in cui si verrebbe a trovare un ipotetico cassettista che compera un azione per tenerla nel lungo periodo. Nella nostra analisi occorre dunque inglobare il fatto che se si possiede un’azione alla data di stacco del dividendo, la variazione di ricchezza dalla data “cum” alla data “ex” è generata non solo dalla variazione del prezzo dell’azione ma anche dalla liquidità incassata. Se si è in presenza di uno split, ad esempio uno split 1:2, occorre tener presente che il prezzo dell’azione si dimezza ma se ne hanno in tasca due. Se vi è un aumento di capitale, a seconda delle modalità con cui questo è effettuato, vi potranno essere delle diluizioni della quota azionaria, oppure delle acquisizioni di diritti che possono avere un certo valore. Nei limiti del possibile, cioè senza complicare oltremodo l’analisi, è opportuno tener presente tutti questi fattori sempre partendo dal punto di vista di un semplice cassettista e chiedendosi come si modifica la sua ricchezza a seguito di questi eventi e cercando di riflettere questi dati nella serie storica aggiustata.

30

L’ottimizzazione dei parametri del sistema La componente stocastica (casuale) presente in modo rilevante su tutti i mercati comporta come conseguenza quasi sempre la necessità di mantenere un certo grado di indeterminatezza nella costruzione dei segnali di entrata. Come conciliare questa indeterminatezza con il principio di chiarezza e di coerenza dei segnali di entrata precedentemente esposto? E' semplice. Un segnale espresso chiaramente non deve necessariamente esprimere un concetto “rigido”, anzi puó contenere elementi di flessibilità al fine di ottenere una maggiore generalità di applicazione (attraverso vari mercati o vari periodi di tempo). E’ sufficiente che il carattere di flessibilità stesso sia chiaramente definito. In pratica, la formula matematica che esprime il segnale di entrata, contiene spesso dei “parametri” suscettibili di assumere un certo campo di valori.

Una procedura spesso utilizzata per caratterizzare i parametri del sistema è la cosiddetta “ottimizzazione”. Si tratta di un procedimento numerico che è articolato in quattro fasi. 1. Si seleziona un certo periodo temporale (ad esempio un anno di dati giornalieri). 2. Si definiscono per ogni parametro dei campi di variazione e dei passi di variazione (ad esempio il parametro A deve variare da 4 a 40 con passo 4). 3. Si testano numericamente, simulando l’effettuazione di operazioni di trading, tutti i casi possibili registrando un certo numero di dati di interesse quali ad esempio il profitto (o perdita) totale, il numero di operazioni effettuate, il numero di perdite e di vincite, eccetera. (Vedi Figura 9).

Ad esempio, un sistema basato su una media mobile puó prevedere che quest’ultima venga calcolata usando dalle ultime 4 alle ultime 40 barre di prezzo.

La maggior parte dei sistemi prevede numerosi parametri: in questi casi occorre tener presente che il numero di combinazioni possibili tra tutti i parametri cresce in maniera esponenziale e diviene rapidamente elevatissimo. Ad esempio, un sistema con 3 parametri ciascuno suscettibile di assumere 10 valori diversi presenta 103 = 1000 combinazioni posssibili.

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Performance Summary: All Trades Total net profit Gross profit

$ $

206.70 310.20

Total # of trades Number winning trades

Open position P/L Gross loss 15 9

Largest winning trade Average winning trade Ratio avg win/avg loss Max consec. winners Avg # bars in winners

$ $

Max intraday drawdown Profit factor Account size required

$ $

Osservazioni sulla metodologia dell’ottimizzazione $

23.00 $ -103.50

Percent profitable Number losing trades

111.20 Largest losing trade $ 34.47 Average losing trade$ -17.25 2.00 Avg trade(win & loss) $ 4 Max consec. losers 16 Avg # bars in losers -66.50 3.00 Max # contracts held 69.00 Return on account 300%

60% 6 -58.80 13.78 1 8 10

Figura 9: esempio di report di ottimizzazione prodotto dal software Omega Supercharts 2.0. Praticamente tutti i software commerciali producono rapporti molto simili.

4. Si seleziona quell’insieme di parametri che ha dato i risultati migliori secondo il criterio specificato (ad esempio l’insieme di parametri che ha generato il massimo profitto). Questi parametri sono detti “ottimizzati”. Questo procedimento è divenuto estremamente popolare negli ultimi anni grazie soprattutto all’ampia diffusione che hanno avuto i computers ed al fatto che la maggior parte dei software commerciali di analisi tecnica, anche quelli a basso costo, offrono questa possibilità. Per questo motivo è opportuno effettuare alcune osservazioni sia sulla metodologia che sul suo significato.

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1. Serie aggiustata e costi di transazione. Occorre ricordarsi che l’ottimizzazione va effettuata su una serie storica di prezzi “aggiustati” secondo quanto già discusso nel precedente paragrafo. La serie deve riflettere il piú fedelmente possibile la situazione effettiva di un investitore che ha comprato un certo asset e lo ha tenuto in portafoglio. Nella procedura di ottimizzazione occorre anche che siano inclusi in modo appropriato (e cioè il piú realisticamente possibile) tutti i costi di transazione relativi al mercato oggetto dell’analisi. 2. Scelta dei parametri. I parametri da ottimizzare dipendono dai segnali di entrata / uscita prescelti, tuttavia lo stesso non si puó dire del loro campo di variazione e del loro passo di variazione. Ad esempio, un segnale basato sull’attraversamento da parte del prezzo della sua media mobile puó essere ottimizzato utilizzando da 4 a 40 barre precedenti con passo 4 (11 test), oppure con passo 1 (41 test), ottenendo probabilmente risultati diversi. Analogamente il parametro puó essere testato da 2 a 20 o da 40 a 80.

Naturalmente piú il passo di variazione è stretto ed il campo di variazione è ampio tanto piú la stima ottenuta dal processo di ottimizzazione puó essere giudicata attendibile. L’analista si trova dunque a mediare tra un’ottimizzazione molto dettagliata ed un tempo (= costo) di calcolo che puó divenire inaccettabile.

32

3. Stabilità dei risultati. Alcuni autori31rilevano che l’insieme dei parametri determinato da questa procedura potrebbe non rappresentare la scelta “ottima” in quanto leggeri mutamenti degli stessi potrebbero causare drastici mutamenti nella performance del sistema. Poichè l’unica cosa che si conosce con certezza è che i comportamenti del mercato non si ripetono mai nello stesso identico modo, è opportuno scegliere quell’insieme dei parametri che, anche se soggetto a leggeri mutamenti, fornisce una certa stabilità di performance. Ad esempio, la Figura 10 illustra graficamente la performance ottenuta in ottimizzazione da un sistema con due parametri. Le curve di livello indicano il profitto. Evidentemente la combinazione di parametri data dal punto B è preferibile a quella generata dal punto A perchè, pur presentando un profitto inferiore, è piú stabile a piccole variazioni dei parametri (cioè a piccole variazioni del comportamento di mercato).

Figura 10: le cifre vicino alle curve di livello indicano i profitti toccati dal sistema per quella particolare combinazione di parametri, l’area dove le curve sono assenti indica profitti inferiori a 90.

4. Stop-loss e stop-profit. In certi casi l’analista puó decidere di ottimizzare oltre ai parametri dei segnali di entrata anche gli eventuali livelli di stop-loss e/o stop-profit. Questo avviene essenzialmente nei casi in cui l’algoritmo che descrive il segnale di entrata ed uscita è incentrato sullo stop-loss stesso32. Negli altri casi, a livello di ottimizzazione, lo stop-loss non è normalmente usato in quanto semplicemente non necessario! Infatti il procedimento di ottimizzazione stesso tende ad individuare 32 31

Kaufman (1987), Ehlers (1992).

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Ad esempio il segnale “Parabolic Stop and Reversal” proposto da Wilder. Vedi Kaufman (1987).

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proprio quei parametri che generano solo operazioni corrette o al massimo piccoli errori. Un eventuale ordine di stop-loss non scatterebbe dunque quasi mai e l’unico risultato che si otterrebbe tentandone un’ottimizzazione sarebbe quello di appesantire i calcoli. Discorso perfettamente analogo vale -“mutatis mutandis”per lo stop-profit.

Osservazioni sul significato dell’ottimizzazione 1. Backtesting. L’ottimizzazione dei parametri di un sistema porta a conoscere la combinazione di parametri che ha meglio funzionato in passato. In questo senso si tratta di una procedura “backward looking” ed infatti ad essa spesso ci si riferisce con il termine “backtesting”. In sostanza ció che si fa ottimizzando un sistema è semplicemente ricercare il migliore “fit” con certi dati passati di mercato. Questa procedura non implica nulla riguardo alla possibile esistenza di una qualche relazione (esplicativa o previsiva) tra sistema e mercato. Inoltre essa assolutamente non porta ad ottenere una simulazione corretta e realistica dell’effettivo uso di un sistema sul mercato. Si puó dire che l’ottimizzazione indica soltanto quale sarebbe stato il risultato di un ipotetico “colpo di fortuna” risultante dall’utilizzo del giusto insieme di parametri su un particolare mercato in un dato periodo. E’ da ritenersi che la realizzazione di un tale “colpo di fortuna” sia, appunto, del tutto casuale. 2. Rischi. Da quanto detto sopra risulta chiaro che un utilizzo puro e semplice di un sistema con parametri ottimizzati puó rappresentare un rischio molto elevato. Fortunatamente sono molto pochi i traders e gli investitori che usano il procedimento dell’ottimizzazione in modo cosí “naif”. Anche il novizio, dopo un paio di prove, si rende conto che questa tecnica è spesso fuorviante. La realtà è che quasi qualsiasi sistema di trading (anche il piú strano) sottoposto ad ottimizzazione finisce per

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34

produrre dei risultati accettabili ...

solo nel passato.

3. Utilità dell’ottimizzazione. Viene dunque spontaneo chiedersi in che cosa consista l’utilità di un procedimento di ottimizzazione. In effetti se si dispone di uno schema interpretativo del mercato sufficientemente dettagliato, l’ottimizzazione serve a poco: “... somewhat facetiously I’m tempted to say I wish everyone in the world used optimization to the hilt. If they did, it would make the competition that much more lame!”33 Tuttavia non sempre questo è il caso. Un valido schema interpretativo del mercato e con l’aggettivo “valido” si intende “utilizzabile per il trading” richiede sempre anni di lavoro ed una lunga maturazione. Inoltre, spesso è proprio tramite analisi effettuate usando l’ottimizzazione che si acquisisce l’esperienza e si generano le idee per crearsi uno schema interpretativo. Quando, per qualsiasi motivo, uno schema interpretativo non sia disponibile la procedura dell’ottimizzazione permette di ottenere almeno due risultati. Il primo è quello di escludere idee o concetti palesemente errati. Se un sistema di trading produce infatti brutti risultati anche se ottimizzato, si puó essere ragionevolamente certi del fatto che esso vada abbondantemente rivisto e forse abbandonato. Il secondo è quello di permettere l’effettuazione di una simulazione corretta del sistema utilizzando in combinazione ottimizzazione e “forward testing”. Proprio quest’ultimo aspetto è 33

Schwager (1993) p.17.

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cosí importante da meritare una trattazione dettagliata nei prossimi paragrafi.

La simulazione in forward testing Scopo di questa procedura è quello di effettuare una simulazione che sia il piú realistica possibile di una certa operatività di trading. Per ottenere questo risultato, tutte le decisioni di trading sono effettuate sui dati passati ma senza prendere in considerazione la conoscenza che già si possiede sull’andamento futuro dei prezzi. Ad esempio supponiamo di avere una serie giornaliera dei prezzi che va dal 1/1/88 al 31/12/93. Se desideriamo effetuare un’analisi in forward testing dal 1/7/90 al 31/10/90, l’algoritmo che determina le decisioni di acquisto e di vendita puó utilizzare solo le informazioni che sarebbero state effettivamente disponibili alla data in questione. Cosí al 1/7/90, l’algoritmo puó utilizzare tutti i prezzi dall’1/1/88 al 30/6/90, al 2/7/90 si possono utilizzare anche i prezzi dell’1/7/90 e cosí via.

La simulazione in forward testing deve ovviamente tener presente l’effetto di tutti i possibili costi di transazione e le eventuali condizioni di stop-loss e stop-profit34. Le modalità del forward testing sono abbastanza semplici da realizzare e si possono riassumere come segue. 34

A differenza dell’ottimizzazione una qualche forma di stop-loss è generalmente sempre presente nel forward testing. Quanti traders infatti si avventurerebbero sul mercato a seguire un sistema giocando soldi veri senza porre condizioni di questo tipo?

35

sistema se per qualche motivo si fosse mancato uno (od entrambi) dei segnali in utile? Assai probabilmente si sarebbe registrata complessivamente una perdita. Viceversa un sistema complessivamente in perdita ma con un rapporto W/L favorevole potrebbe indicare che si è sulla buona strada: forse una leggera modifica degli algoritmi che definiscono i segnali di acquisto e di vendita è sufficiente ad evitare qualcuna delle operazioni in perdita ed a capovolgere il risultato globale.

• Si determina anzitutto la durata del forward testing che puó essere fissa (ad esempio 4 mesi) o variabile (ad esempio fino alla terza perdita). • Barra per barra si verifica il comportamento del sistema (ordini di acquisto, vendita, nulla) e lo si registra. • Procedendo in questo modo si ottiene una sequenza di operazioni in utile od in perdita: tale serie rappresenta il risultato effettivo della simulazione.

Il rapporto W/L è anche utile per l’ordinamento della performance dei vari sistemi e per costruirne una graduatoria: a parità di profitto il sistema con il maggiore rapporto W/L è sicuramente preferibile. Infine il rapporto W/L ha una rilevanza anche sul piano piú strettamente psicologico e manageriale: quanti se la sentirebbero di seguire effettivamente un sistema di trading che generalmente colleziona un gran numero di perdite e solo di tanto in tanto realizza una singola operazione con utile così grande da sorpassare tutte le perdite precedenti?35

Una volta effettuato il forward testing, è possibile calcolare una serie di statistiche utili per la determinazione della performance e del rischio del sistema. In particolare, le più importanti di queste statistiche sono le seguenti. •

Profitto totale. Si tratta del profitto o perdita complessivo che si sarebbe realizzato in un certo periodo seguendo le indicazioni del sistema sotto analisi.



Numero di operazioni in utile (W) e numero di operazioni in perdita (L). Questa statistica è un indicatore di rischiosità e permette di qualificare la performance del sistema: ovviamente essa è tanto migliore quanto più il rapporto W/L è elevato.



Perdita massima. Questo dato indica la perdita più elevata registrata in una singola operazione durante il periodo di forward testing. Si tratta sempre di un indicatore di rischio che è tanto

35

L’utilità di questo dato la si può apprezzare con un esempio. Assumiamo di avere un sistema che pur registrando complessivamente un profitto, ha collezionato 25 operazioni in perdita contro 2 in utile. Che cosa sarebbe successo a questo

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Pensiamo soprattutto ad un gestore di fondi di investimento che ha una contabilità ( e performance) rilevata trimestralmente, mensilmente o addirittura giornalmente. Egli si troverebbe durante gran parte dell’anno costretto a difendere di fronte ai suoi capi (e ai suoi clienti) delle performance scadenti e solo in alcuni fortunati momenti ad essere una “star” del mercato, tutto questo pur presentando sui lunghi periodi dei buoni risultati. Discorso solo parzialmente diverso vale per l’investitore privato che può essere anche molto paziente, ma raramente lo è.

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graficamente.

200

150

Max Drawdown momento più sfortunato per entrare

100

mpmento più sfortunato per uscire

50

-50 numero trades

Figura 11: l’asse verticale riporta il valore cumulato dei trades eseguiti.

E’ difficile sottovalutare l’importanza del MDD come indice di rischio: esso quantifica in modo efficace lo stress finanziario e psicologico che il trader deve essere preparato ad affrontare utilizzando un certo sistema. Rilevazioni delle variazioni del MDD nel corso di diversi periodi di forward testing danno un’immagine sintetica e ragionevolmente completa della rischiosità di un sistema nel tempo.

36

Vedi Vince (1990). Torneremo su questo punto nella Sezione 3.

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13

12

11

9

10

8

7

6

5

4

3

0 2

Massimo draw-down (MDD). A nostro parere il più importante indicatore di rischio. Esso riporta la massima perdita registrata nel corso del periodo di forward testing in termini di capitale (e non come nel punto precedente sulla singola operazione). In altre parole si può dire che si tratta dell’ipotesi di “massima sfortuna” infatti risponde alla domanda “quanto si sarebbe perso del proprio capitale se si fosse cominciato ad effettuare operazioni proprio nel momento peggiore e si fosse terminato ancora nel momento peggiore?”. La Figura 11 illustra

concetto Valore cumulato dei trades

1



questo

valore

migliore quanto più prossimo allo zero. Viene per lo più utilizzato per creare una graduatoria dei vari sistemi, ma qualche autore suggerisce un suo utilizzo anche ai fini della determinazione dell’importo ottimale da investire36.

Uso combinato dell’ottimizzazione in back testing e del forward testing Per molti sistemi di trading è spesso necessario ricorrere ad una combinazione di ottimizzazione e di forward testing. Il metodo è semplice ed è convenientemente rappresentato in Figura 12.

parametri quelli desunti dall’ottimizzazione immediatamente precedente e tutte le statistiche finali sono calcolate utilizzando solamente i dati ottenuti in forward testing. Osserviamo anche che nella maggior parte dei casi il periodo di forward testing ha una durata inferiore a quello utilizzato per l’ottimizzazione nell’assunzione che quest’ultima tenda a perdere di validità abbastanza rapidamente.

“Fine tuning” del sistema di trading

Figura 12: uso combinato dell’ottimizzazione e del forward testing.

L’uso combinato dell’ottimizzazione e del forward testing o l’uso del solo forward testing37permettono di ottenere una valutazione realistica della performance di un certo sistema di trading. Il risultato di questa simulazione è espresso dalla serie dei risultati ottenuti nelle singole operazioni e da statistiche riassuntive quali il profitto o perdita totale, il massimo drawdown ed altre. Basta tutto questo per generare un sistema in grado di essere effettivamente utilizzato sul mercato? La risposta è solo molto raramente positiva. Ció che piú spesso accade è che l’analista identifica con queste procedure uno o piú sistemi che sembrano contenere idee interessanti per quel mercato o quella situazione e che peró sembrano presentare anche altri aspetti suscettibili di miglioramento o di approfondimento. Si entra quindi in quella fase che si può denominare di “fine tuning” del sistema.

Si tratta di una successione di back testing e forward testing che utilizza tutti i dati disponibili. Il forward testing utilizza come 37

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Per sistemi che non richiedono l’ottimizzazione dei parametri.

38

Le analisi effettuate nella fase del fine tuning sono molto variegate e dipendono sia dal particolare problema che si sta studiando che dalla sensibilità e dall’esperienza dell’analista. Non vi è dunque una lista univoca e vincolante di passi che devono essere intrapresi, ma solo qualche suggerimento basato sull’esperienza. In generale si puó dire che alcune analisi che spesso risultano utili sono le seguenti. 1. Analisi della dipendenza dei segni delle operazioni. La serie dei risultati delle singole operazioni presenterà una successione di utili e perdite. E’ importante verificare se esista una dipendenza tra i segni delle operazioni che puó fornire spunti per il miglioramento del sistema. Ad esempio, se si riscontrasse che un’operazione in perdita è normalmente seguita da un’altra in perdita o comunque con un utile molto basso, sarebbe conveniente “saltare” ogni segnale seguente un’operazione in perdita.

Un test statistico utilizzabile per verificare l’esistenza di una dipendenza dei segni di tipo semplice come quella illustrata nell’esempio precedente è il test di Wald - Wolfowitz che è disponibile su praticamente tutti i software di statistica. Tale test, valido quando si dispone di un campione di almeno 20 operazioni38, permette di determinare se la sequenza dei segni (utili = +, perdite = -) sia casuale o meno. In caso di non casualità è opportuno analizzare attentamente il sistema ed i risultati per cercare di identificarne la vera natura.

2. Variazione del periodo di forward testing. Per meglio comprendere la portata e la validità dei risultati ottenuti è anche opportuno provare a variare la lunghezza dei periodi sui quali si è effettuato il forward testing. Se ad esempio abbiamo utilizzato dei periodi di forward testing trimestrali, si puó sperimentare con periodi mensili o trimestrali o con periodi di durata variabile (la cui lunghezza è determinata dal numero di perdite registrate in un certo periodo, o dall’utile del periodo o da altri fattori). 3. Variazione delle regole di stop-loss e/o stop-profit. Questa analisi serve a verificare la dipendenza dei risultati ottenuti da particolari regole di stop-loss e stop-profit. Siccome queste due ultime regole sono in qualche modo legate alla propensione al rischio dell’analista39 esse possono talvolta essere utilmente modificate al fine di comprendere meglio il funzionamento del sistema. 4. Modifica dell’algoritmo del segnale di entrata. L’analisi dei risultati ottenuti in forward testing puó anche dare delle indicazioni utili per poter migliorare l’algoritmo che descrive il segnale di entrata. Ad esempio puó verificarsi il caso che un segnale tenda ad essere corretto solo in particolari situazioni di mercato e tenda sempre a sbagliare in altre. In questo caso si puó tentare di apportare delle modifiche al segnale stesso (e dunque in qualche misura alla sua stessa logica) al fine di renderlo di uso piú

39 38

Ma noi ci sentiremmo tranquilli solo con un campione molto piú ampio.

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Noi per esempio non testeremmo mai sistemi usando stop-loss troppo ampi perchè sappiamo già che probabilmente poi non avremmo il coraggio di usarli effettivamente.

39

generale. Se si segue questa strada occorre comunque rifare tutta l’analisi in forward testing. Un accorgimento utile per determinare quali tipi di analisi di fine tuning sono necessarie è quello di ripercorrere tutta l’analisi in forward testing del sistema manualmente cercando di immedesimarsi il piú possibile nelle situazioni vissute dal sistema in passato. Questo metodo, che ovviamente è applicabile per ragioni di tempo solo ai sistemi migliori, presenta due vantaggi. Il primo è appunto quello di permettere di scoprire attraverso un’analisi molto dettagliata i punti di forza e di debolezza del sistema e dunque progettare eventuali interventi di fine tuning. Il secondo è quello di entrare “psicologicamente” nel tipo di situazioni in cui quel sistema tende a portare (perdite, sequenze di perdite, rischi, grandi o piccoli profitti, ecc.). Questo aiuterà enormemente nel momento in cui si decidesse di passare dal “paper trading” ad un’operatività effettiva.

Una sintesi La Figura 13 illustra e riassume il processo di analisi che abbiamo seguito fino a questo punto. Osserviamo che le frecce bidirezionali tra ottimizzazione e forward testing indicano la sequenzialità del processo di uso congiunto delle due metodologie (come illustrato in Figura 12) ed ovviamente si applicano solo ai sistemi che richiedono ottimizzazione.

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Figura 13: la metodologia per la progettazione e l’analisi di un sistema di trading.

Le frecce bidirezionali tra segnali di entrata e regole di stop-loss e stop-profit riguardano invece solo quei segnali che per loro natura dipendono fortemente dalla definizione degli ordini di stop.

40

Esempio. Parte II: il test di un sistema di trading. I dati mostrati in Figura E1 ed E2 relativi al mercato del cambio USD/YEN sono i cambi spot (cioè a pronti) rilevati giornalmente dal Financial Times sul mercato europeo. Il close in particolare si riferisce alla quotazione media di alcune banche alle 17.30 di Londra. Poichè il mercato dei cambi non chiude virtualmente mai (se non durante il week end), ma prosegue sulle piazze americane e poi su quelle asiatiche, il close ha un valore molto relativo. Per questo motivo, anzichè calcolare il Triplo ROC sui close, lo si puó calcolare su una media (H+L+C)/3 che in qualche modo riflette forse meglio la condizione del mercato. Questi dati, non essendo relativi a contratti futures, non necessitano di particolari aggiustamenti. Tuttavia è importante osservare che con questo tipo di sistema ci si troverebbe ad usare probabilmente operazioni a termine e non operazioni spot. In altre parole si acquisterebbe (o venderebbe) USD contro Yen per consegna futura. In questo caso il prezzo quotato dalla banca è il prezzo a termine che puó essere significativamente diverso dal prezzo spot40. Questo fatto viene qui trascurato per due motivi: (1) è praticamente molto difficile da includere nell’analisi in quanto occorrerebbe studiare parallelamente cambio e tassi di interesse, (2) non dovrebbe essere economicamente molto rilevante perchè circa su metà delle operazioni il premio viene pagato e sull’altra metà incassato.

Per iniziare a verificare la validità del sistema si può decidere di procedere in questo modo. • •





Si ipotizzano dei valori per i parametri n1, n2 ed n3. Poichè si dispone di dati giornalieri tali valori possono essere i seguenti: n1 ∈ [3,12], n2 ∈ [14,23], n3 ∈ [24,36] tutti variabili con passo 2 o 3. Dato che si è semplicemente interessati a fornire un esempio, si può anche ipotizzare che il sistema mantenga certe caratteristiche di stabilità per un periodo abbastanza prolungato, ad esempio 6 mesi. Si effettua dunque un’ottimizzazione in backtesting su periodi annuali ed un forward testing su periodi semestrali. In pratica, l’ottimizzazione è effettuata sui seguenti periodi: dal 31/12/88 al 31/12/89; dal 30/6/89 al 30/6/90; dal 31/12/89 al 31/12/90; e così via fino al termine dei dati. L’ottimizzazione è effettuata senza stop-loss. Il forward testing è invece effettuato sulle seguenti date: dal 1/1/90 al 30/6/90; dal 1/7/90 al 31/12/90; eccetera fino alla fine dei dati. In forward testing si usa uno stop-loss del tipo “money management order” la cui misura minima è soggettivamente determinata essere pari circa a metà della perdita massima realizzata nel periodo di backtesting. Inoltre, lo stop-loss minimo è comunque fissato in 1.2 yen per 1 USD41. Si ipotizza che l’esecuzione degli ordini avvenga al prezzo “close” del giorno seguente a quello in cui scatta il segnale42. Si

41

40

La diversità tra prezzo spot ed a termine è proporzionale al differenziale esistente sui tassi di interesse delle due divise ed alla durata dell’operazione.

F. Ceci / I sistemi di trading

Si tratta di condizioni abbastanza “risk averse”: esse possono tuttavia essere rilassate in sede di “fine tuning”. 42 Un’altra ipotesi fortemente conservativa. In molti sistemi l’esecuzione avviene nel momento stesso in cui scatta il segnale.

41

ipotizza inoltre che nel caso in cui la barra sia così ampia che nello stesso giorno scatti sia il segnale che lo stop-loss, nessuna delle due operazioni sia in pratica effettuata43. I risultati dell’ottimizzazione sono riportati nella Figura E3. Da

A

Param

31/12/88 30/6/89 31/12/89 30/6/90 31/12/90 30/6/91 31/12/91 30/6/92 31/12/92 30/6/93

31/12/89 30/6/90 31/12/90 30/6/91 31/12/91 30/6/92 31/12/92 30/6/93 31/12/93 30/6/94

12,14,27 12,23,30 12,23,24 9,20,24 9,17,36 12,23,27 6,23,24 12,23,24 9,14,24 12,23,34

Total Profit 36.0 -26 342 162 137 247 75 171 159 102

Wins

Losses

1 2 4 5 4 3 4 4 4 4

5 5 1 3 2 0 3 2 2 1

Max Loss -32.2 -66.2 -32 -6 -3 0 -27 -5 -19 -16

Open -10.9 -32.9 58.7 -13.5 38.5 74.4 3.5 -16 33 41

Figura E3: risultati dell’ottimizzazione per un’operatività ipotetica di 10 USD. I risultati sono espressi in yen. “Param” sono i valori dei parametri ottimizzati, “Total Profit” è il profitto o perdita realizzato durante l’intero periodo, “Wins” il numero di operazioni in utile, “Losses” il numero di operazioni in perdita, “Max Loss” la perdita massima realizzata nel periodo e “Open” il valore della posizione aperta troncata a fine del periodo (tale valore è già incluso nel Total Profit).

43

Questo è coerente con il fatto di eseguire l’operazione al “close”. Poichè il close è l’ultimo prezzo della giornata, a quell’ora si conosce già l’ampiezza della barra per cui si tratta di un calcolo lecito.

F. Ceci / I sistemi di trading

I risultati del forward testing sono invece riportati nella Figura E4. Da

A

Param

Stop

1/1/90 1/7/90 1/1/91 1/7/91 1/1/92 1/7/92 1/1/93 1/7/93 1/1/94

30/6/90 31/12/90 30/6/91 31/12/91 30/6/92 31/12/92 30/6/93 31/12/93 30/6/94

12,14,27 12,23,30 12,23,24 9,20,24 9,17,36 12,23,27 6,23,24 12,23,24 9,14,24

16 19 15 12 12 12 14 12 12

Total Profit 66.35 60.2 8.6 104.8 56.7 -31.3 95.2 18 10.4

MDD

Wins

Losses

-76.3 -76.2 -48.9 -26 -36 -48 -43.3 -53 -72.5

2 1 3 2 2 2 1 4 2

5 5 4 2 3 4 2 6 5

Figura E4: risultati del forward testing per un’operatività ipotetica di 10 USD. I risultati sono espressi in yen. “Param” sono i valori dei parametri usati per il forward testing, “Stop” è il valore dello stop-loss, “Total Profit” è il profitto o perdita realizzato, “MDD” è il drawdown massimo del periodo di forward testing, “Wins” e “Losses” sono rispettivamente il numero delle operazioni conclusesi in utile ed in perdita.

Notiamo che, per quanto i risultati ottenuti in forward testing evidenzino sempre un utile salvo che nel II semestre 1992, il rapporto W/L non sia molto buono ed il MDD non di rado superi il profitto totale. Un’osservazione più attenta della performance del sistema effettuata con una ricostruzione “operazione per operazione” del sistema stesso sembra suggerire, a livello di fine tuning, alcune modifiche. In particolare, sembra che in diversi casi, specialmente su trends brevi, il

42

segnale sia arrivi troppo in ritardo nell’apertura delle operazioni. Viceversa su trends lunghi il sistema sembra arrivare in ritardo nella chiusura dell’operazione. Si può perciò pensare di aggiungere due regole da applicarsi al forward testing del sistema: •



non prendere un segnale quando esso è in ritardo di 4 barre o più (ad esempio non si prende un segnale in acquisto se le quattro barre precedenti quella d’acquisto presentano un “Low” strettamente crescente: Lt-4 < Lt-3< Lt-2 < Lt-1 e viceversa); usare uno stop-profit del tipo “% risk trailing stop” con floor pari allo stop loss moltiplicato per 2.4 e retracement percentuale del 20%44.

I nuovi risultati ottenuti in forward testing sono i seguenti:

Da

A

Param

Stop

1/1/90 1/7/90 1/1/91 1/7/91 1/1/92 1/7/92 1/1/93 1/7/93 1/1/94

30/6/90 31/12/90 30/6/91 31/12/91 30/6/92 31/12/92 30/6/93 31/12/93 30/6/94

12,14,27 12,23,30 12,23,24 9,20,24 9,17,36 12,23,27 6,23,24 12,23,24 9,14,24

16 19 15 12 12 12 14 12 12

Total Profit -1.2 23.3 92.3 78.4 21.5 39.2 82.0 14.7 48.1

MDD

Wins

Losses

-48 -36 -23 -24 -60 -21 28 -49 -48

1 1 4 3 3 3 3 3 2

3 2 1 1 5 3 1 5 4

Figura E5: rifacimento dell’analisi di forward testing dopo l’introduzione delle nuove regole di fine tuning.

Notiamo che vi è un miglioramento netto del rapporto W/L ed anche del MDD in quasi tutti i periodi. Anche il profitto si ridistribuisce in modo differente con un minore utile nei periodi iniziali ed una performance più costante nei periodi seguenti.

44

Si osservi che questi valori non sono ottimizzati. Essi sono stati ipotizzati basandosi sull’idea che il sistema deve più o meno finire in breakeven se riesce a fare almeno un’operazione giusta su tre. Se si accetta questo principio, occorre che lo stop profit sia almeno due volte lo stop loss: qui si è ipotizzato 2.4 volte per tener conto anche del retracement del 20%.

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43

SEZIONE 3 Metodo dei pesi La validazione del sistema: rendimento e rischio Una volta definito e testato il sistema, le domande che si presentano sono: lo si può usare? per quale importo? La risposta a queste domande fondamentali tocca naturalmente la sfera della valutazione del ritorno e del rischio. In entrambi i casi la risposta ha peró due caratteristiche: è soggettiva ed è relativa. Essa è soggettiva perchè dipende dal rapporto rischio-ritorno che si è disposti ad accettare e che varia da persona a persona. Essa è anche relativa perchè determinata sempre da un confronto che viene fatto con possibilità di investimento alternative. Non sempre esiste dunque il modo di definire aprioristicamente un sistema “buono” o “non buono” se non riferendosi ad una determinata propensione al rischio e ad un particolare gruppo di alternative45. Per procedere in quest’analisi occorre rifarsi ai risultati ottenuti dal forward testing (dopo l’eventuale fine tuning). Tipicamente, attraverso la ripetizione di analisi di forward testing su più periodi, dati quali quelli presentati in Figura 9 sono raccolti e valutati. Esisono diverse metodologie possibili, qui se ne presentano tre: il metodo dei pesi, il metodo M.A.E. e l’analisi della distribuzione del drawdown. 45

Eccezione: un sistema che sbaglia tutte le operazioni. Esso manifestatamente non è mai “buono” in nessun caso. Tuttavia un sistema di tale tipo vale probabilmente moltissimo: basta fare sempre l’opposto di quanto indica per diventare ricchi!

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L’analista identifica soggettivamente le dimensioni del ritorno e del rischio che gli paiono più importanti, ad esempio il profitto del sistema, il drawdown massimo (MDD), il rapporto W/L tra operazioni in utile ed in perdita e la volatilità dei ritorni (standard deviation). Quindi egli assegna soggettivamente un peso (tra 0 e 1) a ciascuna di queste dimensioni. I pesi, complessivamente presi, devono sommare all’unità. Questi pesi rappresentano in un certo senso la propensione al rischio e perciò non dovrebbero essere variati spesso. Infine si calcola un indice medio ponderato che rappresenta una sorta di punteggio per quel particolare sistema e questo permette il raffronto con altri sistemi. Esempio. Assumiamo di aver ricavato dal forward testing i seguenti dati relativi ai sistemi A, B e C. Sistema A B C pesi

P/L 100 120 90 0.65

MDD -10 -40 -15 0.25

W/L 0.80 0.75 1.05 0.10

L’ultima riga della tabella riporta i pesi assegnati soggettivamente ai tre fattori considerati. Calcoliamo quindi il punteggio per questi sistemi: Sistema

P/L

MDD

W/L

Punteggio

44

A B C

83 (=100/120) 100 75

100 25 (=10/40) 67

76 (=0.8/1.05) 71 100

86.55

Metodo M.A.E.

78.35 76.15

Il metodo MAE (Maximum Adverse Excursion) è stato proposto da John Sweeney46e consiste in un’analisi che viene effettuata, operazione per operazione, sui dati ottenuti dal forward testing. Per ogni operazione occorre calcolare il più elevato movimento contrario registrato dai prezzi durante il suo periodo di vita: tale valore, -che potremmo chiamare massimo drawdown dell’operazione- è detto più brevemente MAE da Sweeney. Si costruiscono quindi due grafici che riportano sull’asse delle ordinate il numero dei trades e sull’asse delle ascisse le classi di un istogramma che definisce il campo di variazione del MAE rispettivamente per le operazioni in perdita e per le operazioni in utile.

Notiamo che 100 viene assegnato al sistema che per un determinato fattore presenta il valore massimo (o preferito), così al sistema A viene dato 100 per il fattore MDD perchè ha il drawdown meno elevato di tutti. Gli altri valori sono parametrati su quello massimo in modo che un 75 rappresenta un valore del 25% peggiore di quello preferito e così via. L’ultima colonna riporta il punteggio complessivo: è utile osservare che, pur avendo assegnato un grosso peso al profitto (0.65) il sistema migliore risulta essere A che non è il più profittevole, mentre la propensione al rischio ipotizzata fa sì che i sistemi B e C risultino quasi equivalenti. In casi reali, la mia esperienza indica che è sempre meglio includere tra i fattori anche un indice di variabilità del ritorno (come la standard deviation del profitto) la quale, del resto, è la misura principe del rischio secondo la teoria finanziaria.

Questo metodo di classificazione e di comparazione dei sistemi è abbastanza rozzo, ma ha il vantaggio di essere facilmente comprensibile e molto veloce da calcolarsi. E’ particolarmente utile nel caso che i sistemi presi in considerazione siano molti e si intenda avere una prima comparazione “quick and dirty” prima di procedere ad ulteriori analisi.

46

F. Ceci / I sistemi di trading

Vedi Sweeney (1993).

45

formano sul grafico delle “nuvole” nelle aree di maggiore concentrazione.

Figura 14: grafici MAE, l’asse delle ascisse va da 0 a - infinito. Ogni colonna dell’istogramma rappresenta un gruppo di operazioni conclusesi rispettivamente in perdita o in utile che hanno avuto un drawdown molto simile. La definizione delle classi dell’istogramma è soggettiva.

Sweeney suggerisce di usare l’analisi MAE per la validazione del sistema. La sua tesi è che se i due grafici non sono significativamente differenti, probabilmente il sistema non riesce a discriminare tra operazioni in utile ed operazioni in perdita, per cui gli eventuali risultati positivi ottenuti possono essere casuali. Un possibile raffinamento dell’analisi MAE di Sweeney è il seguente. Si costruisce un grafico in cui l’asse delle ordinate riporta il profitto o perdita registrato sulle singole operazioni e l’asse delle ascisse riporta il MAE. Le operazioni stesse sono raffigurate come dei punti e quindi

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Figura 15: Esempio di analisi MAE: per rendere il grafico leggibile sono state riportate solo poche operazioni.

Ogni sistema compone un proprio pattern sul grafico MAE di Figura 15. Tale grafico permette di dettagliare la performance del sistema identificando i trades profittevoli ma rischiosi (nel quadrante “trades rischiosi”), i trades profittevoli e poco rischiosi, cioè i segnali corretti (nel quadrante “trades ideali”), i trades orrendi con alto rischio ed alta perdita (quadrante “trades da evitare”), ed i trades normali a

46

medio ritorno (o perdita) e medio rischio (quadrante “trades normali”).

la precedente, ma che permette di apprezzare una diversa dimensione del rischio.

Da notare che non possono esistere trades nella zona inferiore alla bisettrice r: per definizione non può infatti essere che un’operazione registri una perdita superiore a quella ipotetica registrata dal suo MAE. Se poi esiste uno stop-loss, diciamo al livello S, non dovrebbero nemmeno esistere operazioni nè in profitto nè in perdita con MAE superiore a S47.

Infine si osservi che l’analisi MAE può anche essere utilizzata con profitto per la determinazione dello stop-loss (money management order), infatti permette di visualizzare graficamente quali e quanti trades vengono troncati (siano essi portatori di profitto o di perdita) per ciascun livello dello stop.

Anche in questo caso il grafico è utilizzato per la validazione del sistema. L’analisi dei tracciati prodotti da ogni sistema permette di selezionare il migliore. Chiaramente, tanti più trades un sistema ha nella zona ideale, tanto più esso è appetibile48.

Analisi della distribuzione del MDD

L’analisi MAE è uno strumento interessante anche se di calcolo non immediato. L’interpretazione dei grafici MAE richiede tuttavia una certa esperienza e non è sempre facile. Si tratta di un’analisi che produce un output qualitativo e non un punteggio quantitativo come 47

Potrebbero esistere solo alcune operazioni in perdita nel caso che lo stop-loss sia stato “saltato”. Dovrebbero comunque essere casi eccezionali. 48 Un altro contributo di Sweeney (1992) relativo all’analisi MAE è il seguente. Egli propone il calcolo del numero di giorni (barre) di durata di ciascuna operazione. Anche in questo caso è possibile produrre un grafico che ha la durata sull’asse delle ordinate ed il profitto / perdita su quello delle ascisse. L’analisi dei tracciati prodotti da ciascun sistema permette di acquisire delle informazioni (almeno probabilistiche) sul comportamento del sistema stesso: ad esempio in presenza di un buon sistema trend following dovremmo osservare tante operazioni in utile di lunga durata e poche operazioni in perdita di breve durata. Questo tipi di analisi tuttavia, più che essere utile per scegliere un sistema, può avere una sua validità in sede di fine tuning.

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L’importanza del MDD quale misura del rischio è già stata rilevata, non vi è dunque nulla di strano nel prendere in considerazione un metodo basato sul MDD per giungere alla selezione di un sistema. Qui si propone la forma di analisi che mi pare piú interessante e che è anche quella che ho trovato operativamente piú utile49. Anche in questo caso si parte dai dati delle singole operazioni come ottenute attraverso le simulazioni di forward testing. Questi dati, assumendo che ve ne siano in numero sufficiente50, danno luogo ad una distribuzione che puó assumere varie forme: una è illustrata in Figura 15.

49

In questa esposizione mi rifaccio, pur variandola, ad un’idea di Gallacher (1994). Molti test statistici richiedono almeno 20 dati, tuttavia è preferibile lavorare con almeno una cinquantina. 50

47

20.00% 18.00%

Frequenza

16.00% 14.00% 12.00% 10.00% 8.00% 6.00% 4.00% 2.00% 70

65

60

55

50

45

40

35

30

25

20

15

5

10

0

-5

-10

-15

-18

-20

0.00%

• Attraverso un generatore di numeri casuali51 adattato sulla distribuzione empirica dei trades ottenuti in forward testing, si effettuano ripetute estrazioni di numeri casuali ciascuno dei quali rappresenta l’ipotetico risultato di un’operazione futura. I numeri estratti sono raggruppati sequenzialmente in gruppi di 30 elementi (abbiamo infatti ipotizzato 30 trades all’anno). Il numero delle estrazioni deve naturalmente essere molto elevato per essere significativo (nel nostro caso si potrebbe pensare a 9000 o anche 15000 estrazioni in grado di produrre 300 o 500 gruppetti di 30).

Profitto / Perdita

Figura 15: distribuzione dei risultati delle singole operazioni di un’analisi in forward testing. Osserviamo che la presenza di uno stop-loss tende a troncare il lato sinistro della distribuzione, mentre il lato destre scende asintoticamente.

L’ipotesi chiave che si effettua quando si compie un’analisi MDD è che la distribuzione dei trades cosí come ottenuta in forward testing sia ragionevolmente stabile in futuro. Senza questo tipo di ipotesi non siamo autorizzati a fare alcuna deduzione di tipo probabilistico. I passi dell’analisi MDD sono i seguenti. • Si ipotizza un orizzonte temporale di trading, ad esempio un anno o cinque anni (ovviamente la lunghezza dell’orizzonte dipende anche dal tipo di dati usati per l’analisi: orario, giornaliero, ecc.). Si calcola poi il numero medio di trades normalmente effettuati dal sistema lungo tale periodo (ipotizziamo 30 trades all’anno).

F. Ceci / I sistemi di trading

• Ciascun gruppetto di 30 rappresenta l’ipotetico risultato di un anno di trading. Su ciascuno di questi gruppetti si calcola quindi il MDD ottenendo un valore per ogni gruppetto. I valori cosí ottenuti rappresentano l’ipotetica distribuzione del MDD su un orizzonte temporale di un anno assumendo che la distribuzione dei trades non muti. Tale distribuzione puó essere plottata e studiata. • In particolare, è opportuno studiare la distribuzione cumulata del MDD la quale dà informazioni del tipo presentato nella Figura 16. In questo caso esiste il 15% di probabilità di registrare nel corso di un anno di trading un drawdown uguale o superiore a 100 lire.

51

Per formule di calcolo di generatori di numeri casuali vedi ad esempio Law-Kelton (1982). Tali generatori sono oggi completamente automatizzati e praticamente presenti in tutti i linguaggi per computer ed anche in molti spreadsheets quali Microsoft Excel.

48

Probabilità cumulata 5% 15% 30% 50% 75%

MDD (lire) - 150 -100 -80 -70 -50

Figura 16: esempio di distribuzione cumulata del MDD (dati ipotetici).

Effettuando l’analisi della distribuzione del MDD su diversi sistemi, è possibile apprezzarne le differenze in termini di profilo di rischio. Inoltre vedremo piú avanti come, stabilendo una sorta di obbiettivo di rischio (determinato soggettivamente) è possibile calcolare un ritorno “aggiustato” per ogni sistema e dunque realizzare un confronto quantitativo.

Rendimento, rischio e importo Le analisi precedenti permettono di studiare il profilo rischio - ritorno di un sistema di trading in senso astratto. Molto -forse quasi tuttodipende peró dall’importo che si ha intenzione di investire su un certo sistema. Il rischio di perdere 100 milioni di lire puó essere insignificante per una banca ma è normalmente preoccupante per un privato.

La questione della determinazione dell’importo da investire è stata sempre considerata cosí importante che, come abbiamo già visto, esistono dei sistemi di trading interamente basati su di essa: si tratta di quei sistemi derivati dallo studio dei giochi di azzardo. Con l’eccezione dei sistemi basati su questi concetti, si è sempre in presenza del problema della determinazione dell’importo ottimale. Qui di seguito si presentano due tipi di analisi volte a rispondere a questa domanda: l’analisi del “f ottimale” di Vince e un raffinamento dell’analisi del MDD.

L’analisi dell' “f ottimale” L’ “f ottimale” è definito da Ralph Vince52come l’ottima frazione fissa del proprio capitale da investire in un certo sistema di trading. Questo concetto ha avuto recentemente un’ampia copertura nella stampa specializzata ed ha acquisito una certa popolarità: è perciò importante capirne i pregi e le limitazioni. Per definire il suo “f”, Vince parte dalla risoluzione del problema teorico del lancio della moneta. Se si partecipa ad un gioco che consiste nel lanciare una moneta, vincere 100 lire quando esce testa e perdere 100 lire quando esce croce, qual’è la percentuale ottima del proprio capitale da giocare nel lungo periodo? Utilizzando un risultato ottenuto dal matematico Claude Shannon negli anni 40, la risposta è data dalla seguente formula: 52

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Vince (1990).

49

generalizzare i risultati di Shannon al trading. Il suo ragionamento è più o meno il seguente.

f = 2⋅p -1 dove p è la probabilità di vittoria. In altre parole se la moneta non è truccata, meglio non giocare, infatti per p=0.5 si ha che f=0 (sorpresi?, non credo proprio). Se la moneta è truccata e si ha il 60% di probabilità di vittoria è ovvio che non giocare equivale a perdere un’opportunità di guadagno, ma è altrettanto ovvio che giocare tutto il proprio capitale equivale, se si è sfortunati, a rischiare molto (ad esempio giocando tutto il proprio capitale e perdendo al primo lancio, si sarebbe subito fuori nonostante la moneta truccata). La formula indica che l’importo ottimale è dato da f = 2 ⋅ 0.6 -1 = 20% del proprio capitale: questo significa che occorre giocare sempre il 20% del proprio capitale calcolato inclusivamente di tutte le vincite e perdite mano a mano che esse si realizzano.

• •



La formula può venire generalizzata ad un gioco in cui se esce testa si vince l’importo A e se esce croce si perde l’importo B (A≠B): f = [ ( C + 1) ⋅ p - 1 ] / C

dove C ≡ A / B

e dove però deve valere anche la condizione C ≥ (1- p) / p (se no, ancora una volta, è meglio non giocare). I risultati presentati dalle due precedenti formule sono matematicamente ineccepibili: la dimostrazione formale si trova negli scritti di Shannon53. A questo punto peró Vince cerca di

Attraverso il forward testing otteniamo una distribuzione di risultati delle singole operazioni che è rappresentativa del comportamento del sistema di trading. Possiamo quindi immaginare che il comportamento del sistema di trading sotto osservazione sia equivalente a quello di un ipotetico dado su ogni faccia del quale è rappresentato il risultato di un’operazione come ottenuto in forward testing. Ad ogni operazione corrisponde una faccia del dado per cui, poichè è possibile avere più operazioni con lo stesso risultato, vi saranno anche più facce del dado con uno stesso numero. Tirando il dado ripetutamente per un certo numero di volte si ottiene dunque una simulazione affidabile del comportamento futuro del sistema di trading. Ovviamente la perdita massima che è possibile realizzare con una simulazione di questo tipo è esattamente uguale alla perdita massima realizzata in forward testing e ogni operazione ottenuta da questa simulazione presenta lo stesso identico risultato di una qualche operazione ottenuta in forward testing. Il sistema di trading è così stato trasformato in una sorta di moneta dalle molte facce a cui, senza troppo sforzo, è possibile generalizzare il risultato di Shannon54.

Vince ricava dunque una “f” variabile tra 0% e 100% anche per il sistema di trading. Non riporto le formule di Vince perchè è meglio 54

53

Cf. Shannon (1948).

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In realtà Vince non menziona nei suoi libri alcun “dado” (forse è troppo naif), ma il suo ragionamento è l’equivalente matematico della spiegazione qui riportata.

50

invece riflettere sulla logica seguita da questo autore. La domanda che occorre porsi è se veramente il comportamento del sistema di trading possa venire ragionevolmente simulato, per un periodo indefinito, ma sufficientemente lungo, dal particolare dado che abbiamo ipotizzato sopra. A nostro parere la risposta è nettamente negativa. A causa della presenza di una rilevante componente casuale nelle serie dei prezzi, i risultati di un sistema di trading non sono mai esattamente uguali a quelli ottenuti nei forward testing precedenti e tanto più l’orizzonte temporale si allunga tanto più il fenomeno si accentua. I risultati di Vince d’altra parte sono strettamente dipendenti dai risultati specifici ottenuti dal forward testing e dalla loro probabilità di verificarsi di nuovo. Se nel mondo reale questi risultati o queste probabilità sono poi anche leggermente differenti, la percentuale “f” anzichè ottima può facilmente essere catastrofica55. Per concludere, nonostante i risultati di Shannon siano senz’altro interessanti ed aiutino a comprendere il tipo di rischio a cui si va incontro anche con giochi molto semplici, i risultati di Vince non lo sono altrettanto. L’uso dell' “f” ottimale per la determinazione dell’importo va scoraggiato: fare del trading non è come giocare a testa o croce perchè la distribuzione dei risultati non è mai conosciuta con esattezza in anticipo.

55

Allo stesso risultato arriva, seguendo un cammino diverso, Gallacher (1994) che pone anche molte altre obiezioni di carattere operativo all’uso di f. La sua conclusione non lascia spazio ad ambiguità: “the very concept of an optimal f is suspect in principle” (p. 197) e “my advice to traders is to forget about optimal f” (p.198).

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Un raffinamento dell’analisi del MDD Precedentemente si è mostrato come sia possibile simulare una distribuzione del MDD attraverso l’uso di un generatore di numeri casuali. La Figura 16 riporta un esempio ipotetico di una tale distribuzione. Si ricordi anche che tale distribuzione presuppone tra l’altro di aver fissato un orizzonte temporale di trading. Un semplice raffinamento di quest’analisi permette di affrontare anche il problema dell’importo da investire. Anzitutto si ricordi che la propensione al rischio è una materia ampiamente soggettiva, specialmente per quello che riguarda sistemi di supporto per la speculazione, e quindi non è possibile che esista un unico importo ottimo. E’ peró possibile permettere all’analista di quantificare in qualche modo la sua propensione al rischio: ad esempio egli puó dire che gli risulterebbe inaccettabile perdere piú del 10% del capitale in un anno. La Figura 16 mostra che - diciamo in un anno di trading - esiste il 5% di probabilità di perdere almeno 150 lire utilizzando il sistema a cui i dati si riferiscono56. Supponiamo altresí che tale risultato sia stato ottenuto da un sistema che metodicamente effettuava operazioni di importo nominale pari a 1000 lire. E’ importante osservare che nessuno puó garantire con assoluta certezza al nostro analista che egli non perderà piú del 10% del suo 56

Si ricorda a costo di essere ripetitivi, che i dati in Figura 16 sono fittizi e non si riferiscono a nessun mercato in particolare.

51

capitale in un anno. Come si è già osservato, i mercati presentano talvolta dei comportamenti totalmente inattesi ed entrambe la teoria finanziaria e l’esperienza indicano che non c’è ritorno senza rischio57. L’analista puó peró decidere soggettivamente che il 5% di probabilità di perdere il 10% (o piú) del capitale è accettabile. In questo caso, una semplice moltiplicazione ci dice che per investire 1000 lire di capitale nominale nel sistema di trading in oggetto, l’analista dovrebbe averne da parte almeno 1500 (= 150 ⋅ 0.10 ⋅100). Questo capitale non necessariamente corrisponde al margine richiesto dal broker per effettuare le operazioni, anzi normalmente è sempre piú elevato. Si tratta piuttosto del capitale che si dovrebbe avere da parte per affrontare con la tranquillità desiderata il mercato con il sistema di trading oggetto dell’analisi. Questo capitale dovrebbe essere investito in attività senza rischio e dovrebbe generare (nella misura in cui non è utilizzato per far fronte al drawdown) un ritorno “riskfree”. Questo metodo di analisi puó quindi essere riassunto come segue. • Si definisce un orizzonte temporale di trading (detto H) e si valuta il numero medio di operazioni che il sistema esegue in tale periodo di tempo.

57

Sia detto per inciso: se fosse possibile garantire al trader un rischio massimo (es. 10% del capitale in un anno) avremmo creato una strategia replicante un’opzione simile a quelle ottenibili con la cosiddetta “portfolio insurance”. Ovviamente non è così e non è questo lo scopo che ci si è prefissi. Strategie a rischio massimo garantito sono perfettamente raggiungibili ma l’esperienza ha più volte dimostrato che non hanno ritorni interessanti: si tratta perciò non soltanto di eliminare il rischio, ma di minimizzarlo.

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• Si definisce una propensione al rischio in questo modo. Si sceglie anzitutto la percentuale R del proprio capitale che si è disposti a rischiare durante il periodo H. In secondo luogo si determina un livello P che rappresenta la probabilità di perdere R% del proprio capitale nel periodo H. Nè R, nè la probabilità P possono assumere valori nulli (cioè chi non risica non rosica). • Si calcolano ripetutamente con il meccanismo descritto in precedenza le distribuzioni cumulate del MDD (ottenute dai dati di forward testing) per tutti i sistemi sotto analisi. • Su tavole del tipo di quella riportata in Figura 16 si calcola per ogni sistema il capitale necessario. Il calcolo è effettuato moltiplicando il MDD corrispondente al P prescelto per la percentuale R per 100. La simulazione qui effettuata attraverso un generatore di numeri casuali non equivale al lancio del “dado” ipotizzato nel paragrafo precedente a proposito dell’f ottimale. Anzitutto, la distribuzione dei risultati ottenuti in forward testing può qui essere ipotizzata come continua: è dunque possibile che vi siano operazioni simulate il cui risultato è diverso da quello di ogni operazione analizzata in forward testing. In secondo luogo l’esperimento è ripetuto centinaia o migliaia di volte al fine di produrre sequenze di operazioni diverse. Quest’ultimo fatto, una sorta di analisi Monte Carlo semplificata, crea ipotetici periodi di trading che hanno un diverso numero di vincite e perdite, diversi importi di perdita massima e diversi MDD. Se si volessero calcolare gli f ottimali non se ne otterrebbe uno, bensì una distribuzione probabilmente composta da valori molto differenti e quindi con uno scarso valore operativo.

52

E’ importante anche comprendere la relazione che esiste tra le tavole della distribuzione cumulata del MDD come quella di Figura 16 e la scelta dell’orizzonte temporale H. Nello schema proposto l’orizzonte temporale è effettivamente rappresentato dal numero medio di operazioni eseguite dal sistema su tale durata. Cosa succede se H viene ampiato, ad esempio se si passa da un anno a due anni? Succede che occorre raddoppiare anche il numero di estrazioni effettuate con il generatore di numeri casuali per ogni ciclo di trading. Così , se le operazioni erano 30 all’anno, ora saranno 60 per due anni. Cosa succede alla distribuzione cumulata del MDD? La risposta a questo quesito è meno semplice di quello che sembra. Essa è equivalente alla risposta a questa domanda: “è piú rischioso investire in un certo sistema di trading per un anno o per due anni?”. Tanto per cominciare occorre assumere che la distribuzione dei ritorni del sistema sia ugualmente stazionaria ad uno e a due anni, e questa è già una condizione difficilmente accettabile. Se si accetta questo, si puó ricalcolare la distribuzione dei MDD e si entra nel dominio di una delle piú sottili questioni della moderna teoria finanziaria e cioè se è possibile o meno trarre vantaggio da un effetto “diversificazione” temporale. La trattazione di questo problema esce tuttavia dagli scopi di questo scritto ed il mio suggerimento all’analista è quello pragmatico di non dimenticare che l’unico orizzonte temporale ragionevole è quello per il quale si ritiene che la distribuzione dei ritorni (e quindi dei MDD) di cui si dispone sia

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significativa. E normalmente non si tratta mai di un periodo molto lungo58. Una volta definiti l’orizzonte temporale e la propensione al rischio, è possibile dunque calcolare il capitale necessario per ciascuno dei sistemi di trading che sono stati testati. Tanto migliore è la distribuzione simulata del MDD, tanto minore è il capitale richiesto. Tuttavia questa è solo una parte della storia: sul mercato si va non solo cercando di minimizzare i rischi ma anche e soprattutto per guadagnare. A questo punto è peró facile generalizzare l’analisi per ottenere anche una stima del ritorno del sistema. Vi sono due metodi. Il primo metodo è “quick and dirty”. Si conosce il numero di operazioni medie che si effettuano in H ed ovviamente si conosce anche (dal forward testing) il ritorno medio di una singola operazione. Infine si conosce il capitale necessario per poter affrontare il mercato con il sistema dato alle condizioni di rischio prefissate. Facile. Esempio: H = 1 anno, 30 operazioni all’anno, rendimento medio di 5.5 lire per operazione, capitale richiesto alle condizioni di rischio prefissate di 1500 lire. Il ritorno percentuale annuo è di 11% ( = (5.5⋅30)/1500). 58

Una semplice e breve introduzione al problema della diversificazione temporale la si trova in Kritzman (1994). In sostanza quest’autore afferma che non esiste un effetto diversificazione temporale nel caso che (1) i ritorni siano casuali e distribuiti lognormalmente, (2) l’avversione al rischio dell’investitore sia invariante a mutamenti della sua ricchezza, (3) la ricchezza futura dell’investitore dipenda solamente dai risultati dei suoi investimenti. Viceversa, se qualcuna di queste condizioni non è valida, come ad esempio nel caso di funzioni di utilità discontinu o ritorni non casuali, è talvolta possibile trarre un vantaggio dalla diversificazione temporale.

53

0

100

95

90

85

80

75

70

65

60

55

50

45

40

35

30

25

20

15

10

5

Il ritorno cosí calcolato si puó definire “aggiustato per il rischio” nel senso della definizione di rischio basata sul MDD che è stata qui presentata. Si tratta di un “excess return” in quanto ricordiamo che il capitale (o almeno gran parte di esso) dovrebbe già rendere un “risk free return”.

500

400

-50

300

MDD

Reddito

200

Reddito

Questo primo metodo sottintende tuttavia un’assunzione difficile da ingoiare. Si sta infatti accettando il fatto che il ritorno atteso sia sempre lo stesso qualunque sia il MDD. In realtà è altamente probabile che quando il sistema genera ampi valori di MDD, il ritorno finale sia ben inferiore a quello ottenibile quando il sistema genera un basso MDD. Anzi proprio la simulazione “tipo Monte Carlo” effettuata sul MDD permette senza sforzo anche il calcolo di una distribuzione di ritorni totali attesi lungo il periodo H. Conseguentemente è possibile associare ciascun ritorno ad una classe di MDD. Tutto questo puó essere visualizzato in un grafico come quello riportato in Figura 17.

MDD

-100

-150 100

-200

0

-250

-100 Probabilità

Figura 17: l’asse delle ascisse riporta la probabilità cumulata di ottenere reddito inferiore a 400), l’asse delle ordinate a sinistra riporta il MDD (rappresentato dalle barre) e a destra riporta il reddito (linea continua). I

Lo studio della figura non consente un calcolo numerico come quello realizzato con il primo metodo, ma permette un apprezzamento rispettive probabilità, del sistema in oggetto.

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54

Per concludere si puó dire che l’analisi del MDD si presenta come lo strumento piú flessibile e piú ricco di potenzialità per quanto riguarda l’analisi del rischio e della performance e quindi la validazione del sistema. Non è comunque inutile ricordare ancora una volta che essa è affidabile solo nella misura in cui la distribuzione dei ritorni ottenuta in forward testing puó essere ritenuta attendibile per il futuro.

Esempio. Parte III: calcolo dell’importo da investire Si effettua un’analisi del MDD sul sistema Triplo ROC relativo al cambio USD / Yen discusso nella Parte II dell’esempio. Il sistema (inclusivo dei miglioramenti effettuati con il fine tuning) genera mediamente 11 operazioni all’anno (cioè 11 acquisti ed altrettante vendite). Si ipotizza che l’orizzonte temporale che ci interessa sia pari ad un anno. Per questo esempio sono stati generati 100 ipotetici anni di trading ciascuno dei quali ha dato luogo ad un certo MDD. La Figura E6 riporta i risultati.

MDD < -65 < -60 < -55 < -50 < -45 < -40 < -35 < -30 < -25 < -20 < -15 < -10

Pct Cumulata 1% 4% 6% 8% 14% 20% 25% 35% 51% 64% 94% 100%

Figura E6: il MDD è espresso in yen per un’operatività di 10 USD di importo nominale. La tabella indica ad esempio che nel 20% dei casi il MDD su un periodo di un anno è stato peggiore di 40 yen.

Si suppone infine che l’investitore sia disposto ad accettare il rischio di perdere il 10% (o più) del capitale solo nel 5% dei casi. Interpolando, otteniamo dalla Figura E6 che tale probabilità corrisponde ad un livello di MDD di circa 58 yen ogni 10 USD di importo nominale. Il capitale richiesto è perciò pari a 580 (= 58 ⋅ 10) yen ogni 10 USD di nominale. Per effettuare un’operazione da 1 milione di USD di nominale con questo sistema alle condizioni di rischiosità prescelte occorre dunque disporre di 58.000.000 di yen. La Figura E7 riporta infine la distribuzione del reddito relativamente a quella del MDD.

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tra MDD e reddito e l’elevata volatilità di quest’ultimo (che - sia detto per inciso - non è distribuito normalmente), questa stima è da prendersi con molta cautela. Se da un lato dovrebbe rassicurare il fatto che redditi negativi sono stati registrati solo molto sporadicamente, dall’altro occorre anche considerare che un segnale cosí semplice come il Triple ROC può essere soggetto ad elevati ed improvvisi mutamenti di performance ove il mercato non mantenesse certe caratteristiche di trend prolungato.

Scatterplot (DATI.STA 2v*100c) 0 -10 -20

MDD

-30 -40 -50 -60 -70 -80 -100

-50

0

50

100

150

200

250

300

350

REDDITO

Figura E7: distribuzione del MDD relativamente al reddito come ottenuta nel corso di 100 simulazioni di 1 anno di trading con il sistema Triplo ROC. Sul grafico viene anche riportato, a titolo indicativo, un fit polinomiale con relativi intervalli di confidenza al 95%. Quando si è in presenza di un elevato numero di dati questo tipo di grafico è più leggibile di quello presentato in Figura 17.

Come ci si poteva attendere, la correlazione tra MDD e reddito è positiva e statisticamente significativa. Se, per una stima veloce, si prende come significativo il livello della media del reddito che è 116.05 yen per 10 USD, si ottiene che il ritorno medio atteso è pari al 20% annuo (=116.05/580) circa. Questo ritorno è espresso in yen e si tratterebbe di “excess return” da aggiungersi al “risk free return” maturato sul capitale di 580 yen. Data l’elevata correlazione esistente

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CONCLUSIONE L’analisi dei sistemi di trading prescinde da qualsiasi considerazione di tipo fondamentale così come da un uso troppo “naif” dell’analisi tecnica. Il fatto che il movimento dei prezzi sia correttamente descritto da processi “random walk” come prescrive la teoria finanziaria o piuttosto da processi di tipo più complesso è alla fine anch’esso non molto rilevante. La quotidianità dei mercati sembra suggerire che, a seconda dei momenti, esistono entrambe queste situazioni. L’investitore, il trader e lo speculatore si trovano a dover convivere con la concreta impossibilità di prevedere l’andamento futuro dei prezzi. Anche se possiamo chiederci perchè questo accade, non riusciremo tuttavia a superare questo problema di fondo. In questa situazione di incertezza strutturale, l’obiettivo minimo che ci siamo posti è quello di fornire qualche strumento di supporto decisionale che sia mirato alle effettive esigenze del trader (massimizzazione del profitto), che mantenga certe caratteritiche di coerenza interna e che sia correttamente testato in tutti i suoi aspetti di profittabilità e rischio.

comprare o quando vendere mentre si sta in vacanza alle Hawaii. Nessuno ottiene profitti dal mercato se non con un duro lavoro ed una continua applicazione. L’utilità primaria dell’analisi e dell’uso dei sistemi di trading è quella di fornire all’analista e allo speculatore (a) strumenti di riflessione sulla natura dei mercati, (b) una sorta di esperienza “compressa e accellerata” di un certo tipo di trading e (c) capacità di analizzare seriamente e con salutare scetticismo idee proprie e altrui. Inoltre, il sistema di trading puó essere di grande aiuto nel gestire uno degli aspetti piú difficili e stressanti che derivano da questo tipo di attività: le perdite. I sistemi sono forzatamente “disciplinati” e seguono sempre le regole che si sono posti. Perdite e profitti vengono trattati imparzialmente per ció che sono: eventi inevitabili e parte del gioco. Tutti i grandi traders sono concordi nell’indicare che una delle cause principali di fallimento in questo mestiere va proprio ricercata nella mancanza di disciplina e nell’eccessivo coinvolgimento emotivo derivante da stringhe di perdite o di profitti. Se i sistemi di trading possono aiutare a superare questi problemi, essi hanno già raggiunto gran parte del loro scopo.

Lo studio dei sistemi di trading automatizzato è ancora all’inizio e sarà enormemente facilitato dall’avvento di computers e software sempre piú moderni59. Tuttavia, il lettore ha probabilmente già rilevato da queste pagine che non è nè saggio nè opportuno aspettarsi di trovare la “sfera di cristallo”, il computer che dice quando 59

Tutte le grandi banche stanno investendo in questo settore. Vedi ad esempio l’articolo di V. Houlder “Of Machines and Men”, Financial Times 22/9/94.

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