Monasteri Sui Monti Pisani

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I MONASTERI MEDIEVALI DEL MONTE PISANO (SECOLI X-XII)

1. IL

chio. Esisteva poi una viabilità minore che si dipartiva da Pisa e Lucca e in alcuni casi attraversava le vallate interne 3. La via Pedemontana, corrispondente più o meno all’attuale viabilità sotto monte che da Vicopisano arriva a Lucca, era l’unico passaggio, via terra, che permetteva di raggiungere l’Arno e il Valdarno da Lucca evitando il tratto più problematico di Ripafratta. Il tracciato, che correva lungo la sponda sinistra del lago di Sesto, poteva anche essere sfruttato come asse viario alternativo alla via Francigena. Il segmento locale della Francigena prevedeva infatti il passaggio da Lucca ad Altopascio fino a Fucecchio, passando per le Cerbaie 4. Il collegamento quindi tra il tracciato pedemontano e la Francigena era assicurato dal collegamento da un porto all’altro sulle due sponde del lago. Partendo da Lucca, però, poteva essere utilizzato un percorso alternativo: Lucca-San Leonardo in Treponzio (dove si trovava un ospedale)-strada lungo il Monte Pisano fino alle propaggini meridionali del lago di Sesto e all’ansa dell’Arno (in questo tratto si poteva

CONTESTO TERRITORIALE

Il Monte Pisano ha da sempre occupato una posizione non marginale, trovandosi in un’area di confine tra i territori delle città di Pisa e Lucca e delle rispettive diocesi e dunque al centro di un continuo processo di espansione e contrazione dei due comitati. L’importanza strategica del rilievo, che raggiunge una altezza di 910 m s.l.m. al Monte Serra, derivava anche da una efficace azione di controllo della viabilità, non solo terrestre ma anche fluviale e lacuale. Il Monte Pisano era infatti circondato da vie d’acqua navigabili che facilitavano il trasporto di persone e di merci lungo il suo perimetro, attraverso i fiumi principali e i canali che mettevano in collegamento laghi e paludi, anch’esse in buona parte usate per la navigazione locale. I fiumi che scorrevano, e che scorrono ancora pur con qualche variazione, alle pendici del rilievo collinare erano l’Arno e l’Auser, quest’ultimo con almeno due rami secondari nel Val di Serchio pisano: il Tubra e l’Auserclus. Nella piana lucchese l’Auser era l’immissario principale del lago di Sesto. I porti e gli approdi erano numerosi non solo lungo i principali fiumi della zona ma anche sulle sponde del lago, che si estendeva ad est del Monte Pisano, nell’attuale depressione del padule di Bientina 1. L’esistenza di canali intorno al lago facilitava poi il collegamento tra il Valdarno e la piana lucchese. Il lago di Sesto era infatti unito verso sud all’Arno grazie al canale navigabile del Cilecchio, che sboccava a Bientina, mentre a nord con l’Auser si rendeva raggiungibile Lucca per via d’acqua 2. Le principali vie di terra che tracciavano un percorso tra Pisa e Lucca con il medio e basso Valdarno, con Firenze e con la Francigena, e che in pratica circondavano il Monte Pisano lungo le sue pendici, erano la Strata Vallis Arni, sulla sinistra d’Arno, la via Pedemontana lungo il lago di Sesto e la strada lungo monte attraverso la valle di Ser-

3. Il percorso stradale più importante era però quello della Strata Vallis Arni, che correva lungo la sponda sinistra dell’Arno e metteva principalmente in collegamento Pisa con l’area fiorentina. Il tracciato attuale della SS Tosco-Romagnola solo in parte ricalca il tracciato medievale, oggi ricostruibile solo attraverso i toponimi miliari: Quarto tra Visignano e S. Lorenzo alle Corti; Quinto presso Casciavola; Sesto vicino a S. Casciano; Settimo corrispondente all’attuale S. Benedetto a Settimo; Ottavo ad ovest di Cascina; Nono tra Cascina e Fornacette e Tredici, all’incirca tra Vicopisano e Calcinaia. La strada in sinistra d’Arno seguiva infatti, più o meno precisamente, il corso del fiume e quindi tracciava il suo percorso anche nella grande ansa che fino alla metà del Cinquecento lambiva Vicopisano e Bientina, per poi ridiscendere fino a Calcinaia dove proseguiva per Pontedera e per il medio Valdarno e dove incrociava la via Francigena tra S. Miniato e Fucecchio. Il collegamento di questa strada con la viabilità sotto monte, lungo il lago di Sesto, è documentata dall’incontro avvenuto nel 1133 tra Lotario III e Innocenzo III proprio a Calcinaia, nel luogo dove una antica strada romana proveniente da Lucca, dopo aver attraversato l’Arno, raggiungeva la strada in sinistra d’Arno; da quel luogo il sovrano proseguì per Roma «per stratam publicam», cioè attraverso la Francigena (CECCARELLI LEMUT 1998, pp. 27, 31, 39). 4. L’area delle Cerbaie, fra il lago di Sesto e quello di Fucecchio, comprendeva molte località dipendenti dal monastero di S. Salvatore di Sesto, tra cui il castello di Orentano, i porti sul lago, oltre ad ampie proprietà nei dintorni di Galleno. La pertinenza del monastero di Sesto su metà borgo di Galleno è documentata a partire dal 1020 con il diploma di Enrico II, mentre il diploma di Corrado II del 1027 conferma proprietà terriere e di peschiere sulla via per Galleno, ma anche per un «poio de Galleno qui dicitur Uado alto»; Heinrici II, Diplomata, MGH, III, 425; Conradi II, Diplomata, MGH, IV, 80.

1. La documentazione medievale e postmedievale riguardante il monastero di S. Salvatore di Sesto ricorda numerosi porti sulle due sponde del lago, dove la navigazione era il motore necessario per lo sfruttamento ad esempio della pesca, ma anche per il trasporto di merci e persone. Qui le carte cinquecentesche mostrano alcuni porti sulla sponda orientale (Grugno, Pianora, Vaiano) e su quella occidentale (Palaiola, Colle, Querciola, Castagno, Tiglio). ONORI 1984, pp. 76-77. 2. BERNARDI 1986, pp. 17-18; CECCARELLI LEMUT 2001, p. 37.

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scarsità del numero e la breve vita dei castelli fondati in questo arco di secoli 9. I castelli documentati nella fascia meridionale alle pendici del Monte Pisano sono almeno sette. Tre sarebbero attestati nella sola area di Calci: il castello del Vescovo, attestato per la prima volta nel 1059, era con molta probabilità la semplice dimora fortificata del vescovo di Pisa; un castello de Ripabranuli è attestato in loco et finibus Calci nel 1046 senza maggiori specificazioni, mentre il castello dei Visconti ricordato nel 1147 e ubicabile nell’attuale località di Castelmaggiore, all’imbocco della Val Graziosa, potrebbe corrispondere ad un castello calcesano già ricordato nel 1085 10. Un altro castello era nelle mani dei Visconti: si tratta di Agnano ricordato nella seconda metà del XII secolo. Sia il castellum de Vicecomes, sia quello di Agnano si posizionavano in luoghi strategici per il controllo della viabilità interna al Monte Pisano e di collegamento tra i comitati di Pisa e Lucca; la documentazione piuttosto tarda dei due centri fortificati potrebbe fotografare una situazione di fatto creatasi già nel secolo precedente e che si legherebbe ad una tradizionale funzione pubblica, con specifiche prerogative militari, esercitata dal casato dei Visconti 11. Anche in questo caso la funzione strategica del castello, come anche di quello di Asciano, documentato per la prima volta negli stessi anni, interessò ben presto il comune pisano che già nel 1165 ne impose il controllo. Alla confluenza del fiume Zambra con l’Arno, sorgeva il castello di Caprona, attestato per la

trovare ospitalità in 4 abbazie: Cantignano, Guamo, Sesto, Cintoia); sull’Arno, che arrivava a lambire Vicopisano e Bientina, esisteva un ponte che permetteva il passaggio del fiume 5. Una volta attraversato il fiume si raggiungeva la Strata Vallis Arni presso Calcinaia per poi proseguire verso Pontedera dove è documentato il ponte sull’Era a partire dal 1099; da Pontedera si raggiungeva la Val d’Elsa passando per S. Miniato. L’altra strada che collegava Pisa con Lucca era quella che attraversava la Val di Serchio, costeggiando il pedemonte. È su questo tracciato che i Da Ripafratta costruiscono prima un castello e poi fondano un monastero 6 per rafforzare anche il controllo sulla viabilità della valle. Le vie minori tra i due terminali tracciavano percorsi direttamente attraverso il Monte Pisano 7: ad esempio dalla Val Graziosa, attraverso Calci, passando per Castelmaggiore, dove viene fondato un castello dalla famiglia pisana dei Visconti, oppure il percorso che attraversava Asciano, dove anche in questo caso viene fondato un castello negli anni ’60 del XII secolo.

2. I CENTRI INCASTELLATI MONTE PISANO

NELL’AREA DEL

Il processo di incastellamento nell’area del Monte Pisano si sviluppa tra XI e XII secolo, come altrove in Toscana, attraverso la promozione di famiglie laiche del territorio, del vescovo, di funzionari regi e in alcuni casi di un monastero. In questo contesto la vicinanza di due città importanti come Pisa e Lucca ha posto dei vincoli allo sviluppo di un insediamento accentrato e all’affermazione del potere signorile nel contado 8. La forte politica di controllo territoriale delle due città ebbe infatti come risultato più evidente la

9. Per un quadro del fenomeno dell’incastellamento intorno a Pisa si veda: CECCARELLI LEMUT 1994; CECCARELLI LEMUT 1998; GARZELLA 1994; CORTESE 2000. Nella porzione nordovest del territorio pisano, l’area cioè posizionata all’imbocco della valle del Serchio, attraverso la quale si sviluppava la più importante viabilità verso Lucca ma anche verso il nord Italia, furono fondati in quei secoli i castelli di Avane (1026), Pappiana (1103), Vecchiano (1120) e Rosaiolo (1175). Nel caso di Avane, Pappiana e Vecchiano si trattava della fortificazione di preesistenti centri curtensi. Per Avane e Pappiana, antiche curtis regie e poi marchionali, si trattava di fondazioni promosse dai titolari della Marca di Tuscia, nel caso di Rosaiolo di fondazione vescovile a controllo del ponte sul Serchio, mentre Vecchiano era stato fondato probabilmente entro la fine dell’XI secolo da un consorzio di famiglie pisane: le famiglie dei Gualandi, da Caprona, Orlandi, Matti, da S. Casciano, Verchionesi e Visconti. Nel Valdarno la prima attestazione del castello di S. Casciano è del 17 settembre 1061, quando una vendita tra privati fu rogata «loco et finibus S. Cassiano prope ipso castello». Un castello in località Settimo è poi documentato nel 1098 in riferimento a rappresentanti della famiglia Della Gherardesca, mentre già nel 1178 Settimo è indicato nei documenti come “villa” e non più come castello. Un castello «quod dicitur de la Plebe» è ricordato in un documento del 4 ottobre 1071 «in loco Cascina». Si trattava di un castello di fondazione vescovile, ubicato nei pressi della pieve, anch’esso con la principale funzione di dimora del proprietario e del suo amministratore. L’ultima attestazione del castello è del 1085. 10. GARZELLA 1994, p. 242. 11. EADEM, pp. 242-243.

5. MORELLI 1998, pp. 67-68. 6. CECCARELLI LEMUT 1994, p. 237. 7. GARZELLA 1994, p. 249. 8. Per l’area lucchese possediamo una documentazione esplicita riguardante la politica cittadina e i rapporti col territorio circostante: nel 1081 un privilegio di Enrico IV ai Lucchesi stabiliva uno spazio libero da fondazioni castrensi per un raggio di almeno sei miglia intorno alla città. Tale privilegio venne poi riconfermato in un diploma di Enrico VI con il quale, nel 1186, si stabiliva con esattezza lo spazio controllato direttamente dal governo cittadino; viene di fatto sancito il fallimento di una politica signorile nei dintorni di Lucca, che potesse competere con l’egemonia della città nel controllo politico, economico e sociale del comitato. WICKHAM 1995, pp. 26-27. Per Pisa non esiste una documentazione così esplicita, ma l’assenza di castelli nell’immediato territorio circostante e la breve vita delle strutture castrensi, nate lungo la valle dell’Arno e alle pendici del Monte Pisano, sono comunque una testimonianza esauriente per interpretare il peso della politica pisana sul contado della stessa città.

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cenobio riceve nel 996 18 il diploma imperiale di Ottone III attraverso il quale è possibile delineare il quadro degli ampi possessi dell’abbazia che divennero la principale base politica ed economica dello sviluppo della signoria territoriale. La protezione imperiale portò in seguito alla concessione di altri tre diplomi di conferma e di privilegio da parte di Enrico II (25 aprile 1020) 19, Corrado II (6 aprile 1027) 20, Enrico III (4 luglio 1053) 21. L’acquisita autonomia e l’indipendenza dalla gerarchia locale fecero di Sesto l’unico monastero nell’area del Monte Pisano protagonista diretto nella fondazione di alcuni castelli della zona: dei sette castelli documentati nella fascia orientale pedemontana del Monte Pisano ben cinque sono documentati per la prima volta in diplomi imperiali che ne specificano l’appartenenza al monastero di Sesto. La rocca della Verruca è attestata per la prima volta nel diploma di Ottone III del 996 nel quale si specifica che il marchese Ugo dona il castello al monastero «pro rimedio anime sue»; la detenzione della rocca è confermata nel successivo diploma imperiale firmato da Enrico II nel 1020. Nei successivi diplomi la proprietà della Verruca non è confermata. Se per la Verruca si tratta di una donazione esplicita di un fortilizio strategicamente posizionato, per i successivi centri fortificati ancora attestati attraverso i diplomi imperiali, potrebbe trattarsi della conferma di diritti acquisiti sul territorio attraverso la fondazione diretta dei castelli da parte del monastero. Compito è attestato per la prima volta nel diploma imperiale di Enrico II del 1020, in cui si specifica che il monastero detiene «partem unam in ipso castro quod est Competum», oltre alle chiese di S. Colombano, S. Pietro e S. Andrea «in loco Competo». Il castello oggi scomparso sarebbe situato nell’area dell’attuale Pieve di Compito, dove il toponimo Castellaccio, sulla collina sovrastante il centro abitato, corrisponderebbe al sito del castello. Nel diploma di Corrado II del 1027 si documentano altri tre castelli dell’area legati al cenobio (Castrovetero, Castello novo in loco Sexto, castello in loco Insula) e si conferma il legame di dipendenza del castello di Compito. Castelvecchio, attuale piccolo centro abitato che ricalca la planimetria dell’antico castello, è già ricordato tra le dipendenze di Sesto nella Bolla di Adriano II dell’869 22. Di Castelnuovo rimane il borgo di Colle di Compito, verosimilmente sviluppatosi intorno al castello ormai scomparso e localizzabile sulle

prima volta nel 1051 e appartenente alla famiglia dei Da Caprona; forse solo residenza fortificata della famiglia aristocratica, all’interno della quale vivevano i rappresentanti della casata e dove è documentata una chiesa dedicata a S. Biagio 12. Sul versante lucchese la maggiore attestazione di castelli si registra tra la metà dell’XI e la metà del XII secolo. Nella fascia settentrionale del Monte Pisano, intorno al 1040 viene fondato il castello di Vaccoli dai cosiddetti “longobardi di Vaccoli”13. Il castello, oggi scomparso ma con probabilità ubicabile sul monte Cotrozzi, dominava la valle del Guappero e la viabilità di fondo valle che collegava, e collega ancora, Lucca con Pisa. Nel 1085 la famiglia dei Da Ripafratta fonda, in un area di confine tra i contadi delle due principali città, il castello omonimo 14, anch’esso in posizione sopraelevata a difesa e controllo di una strettoia della bassa Val di Serchio. Nella prima metà del XII secolo i Leone sono i detentori del castello di Vorno15, caposaldo del controllo territoriale della famiglia aristocratica in una delle più importanti vallate interne del Monte Pisano. Pochi altri furono i castelli nati intorno a Lucca 16 e nessuno sul versante del Monte Pisano svolse un ruolo demografico significativo come probabilmente fu invece per Vorno e Ripafratta.

3. IL RUOLO DEL MONASTERO S. SALVATORE DI SESTO

DI

Il monastero di S. Salvatore di Sesto fu l’ente monastico più importante del nostro territorio ed almeno fino alla fine dell’XI secolo condizionò l’assetto insediativo della fascia orientale del Monte Pisano. Sesto acquisisce lo status di monastero imperiale a partire dalla fine del X secolo. In questa fase le sorti di Sesto si legano alla politica del marchese Ugo di Toscana che in quegli stessi anni fu promotore della fondazione di altre importanti abbazie, funzionanti anche come organi amministrativi e di controllo dei beni fiscali che rientravano nell’amministrazione del marchese 17. È grazie a Ugo che il 12. GARZELLA 1994, p. 243. 13. CORTESE 1990, p. 209. 14. REDI 1990a, pp. 260-263; REDI 1990b, pp. 9-24; CEC CARELLI 1994, p. 231. 15. CORTESE 2000, pp. 210, 213. 16. Oltre ai castelli nella fascia pedemontana del Monte Pisano, già ricordati nel testo, tra il X e il XII secolo sono attestati i seguenti castelli: Moriano, fondato dal vescovo (915), Segromigno (988), Marlia fondato dagli Aldobrandeschi nel 996, Moriano novo (1014), Porcari (1039), Mammoli (1072), Montuolo (1080), Montecatino (1080), Castagnori (1081), Aquileia (1118), Casteldurante (1188), Maggiano (1189): CORTESE 2000, pp. 209-210. 17. KURZE 1989, p. 308.

18. 19. 20. 21. 22.

81

Ottonis III, MGH, II, 219. Heinrici II, MGH, III, 425. Conradi II, MGH, IV, 80. Heinrici III, MGH, V, 307. KEHR , III, p. 459.

la costruzione del loro castello solo qualche anno prima. Un altro esempio è relativo alla fondazione del monastero di S. Stefano di Cintoia. Anch’esso probabilmente fondato da una famiglia aristocratica locale, gli Upezzinghi, con forti interessi anche nel vicino castello di Buti. Sotto questo aspetto la fondazione di monasteri può essere intesa come fenomeno parallelo all’incastellamento. Le fonti scritte disponibili, almeno quelle edite, non permettono ancora di delineare un convincente quadro storico relativo alla nascita e ai rapporti politici, sociali ed economici di molti dei monasteri fondati in quei secoli nella nostra zona. Spesso si tratta di notizie sparse relative ad acquisizione di diritti su beni di varia natura, più di frequente di semplici accenni alla proprietà dell’ente attraverso confinazioni con proprietà di altri soggetti. Quasi per tutti abbiamo a disposizione le bolle papali o alcuni diplomi imperiali che fotografano però di fatto una situazione già determinata. Proprio per i monasteri più importanti come Sesto, S. Michele, S. Stefano di Cintoia e Cantignano, manca una dettagliata ricerca che copra i secoli centrali del medioevo, quelli in cui i cenobi, come organismi non solo religiosi, ma di controllo e di organizzazione delle risorse del territorio a loro sottoposto, divengono complementari alle deboli signorie locali che avevano nel castello il loro simbolo più evidente. Le fonti archeologiche sono anch’esse di non facile leggibilità. A parte l’esperienza pluriennale di S. Michele alla Verruca, pochi altri siti di interesse storico sul Monte Pisano sono stati oggetto di indagine archeologica estensiva 26. Tra questi nessuno ha riguardato un monastero o un qualsiasi altro edificio religioso; solo S. Salvatore di Cantignano è stato oggetto negli anni Sessanta di interventi di emergenza che hanno documentato fasi di frequentazione compresi tra il tardoantico e il medioevo 27. In questa sede si è voluto determinare un sintetico quadro dei dati a disposizione, integrando con i preliminari risultati di un lungo lavoro di documentazione delle strutture superstiti, in modo da evidenziare le principali linee di ricerca perseguibili. Di seguito sono presentate brevi schede con le notizie essenziali riguardanti i monasteri medievali del Monte Pisano che ci interessano ai fini della ricerca (Fig. 1):

alture di Monte Castello. Il castello di Isola, con la chiesa di S. Benedetto, era stato fondato su un isolotto al centro del lago di Sesto. Molto probabilmente più che di un vero e proprio castello doveva trattarsi di una fortificazione a controllo dei traffici via lago, anch’essi gestiti dal monastero. Attualmente il toponimo “isola” indica un palazzotto al centro del padule bonificato di Bientina. I castelli di Sesto si trovavano all’interno delle cosiddette “sei miglia lucchesi”, anche se in posizione piuttosto periferica, nell’estrema porzione sud-orientale. È certo comunque che lo sviluppo del controllo politico di Lucca sul territorio, sempre più serrato almeno dall’inizio del XII secolo, abbia causato un allentamento da parte dell’abbazia del controllo del territorio. I centri fortificati decadono piuttosto precocemente; Compito ad esempio è documentato come castrum per l’ultima volta nel 1080 23.

4. I

MONASTERI DEL

MONTE PISANO

I monasteri benedettini sorti sul Monte Pisano tra il X e il XII secolo rientrano nel quadro della grande fioritura di fondazioni monastiche avvenuta in quei secoli, durante la quale si registrano in Toscana circa 170 fondazioni di cenobi ispirati alla regola benedettina 24. L’impulso a questa enorme rinascita di monasteri fu senz’altro dato dalla politica del marchese Ugo di Toscana e da sua madre Willa, i quali, tra gli altri, fondarono la Badia Fiorentina, ricostruirono S. Ponziano a Lucca e rifondarono S. Salvatore di Sesto 25. Nella promozione di queste fondazioni furono presenti reali e forti motivazioni di carattere religioso. Ai monasteri era però anche affidato il compito di promuovere l’affermazione sociale e politica della casata fondatrice. Per Ugo i cenobi assumevano la funzione di centri organizzativi dei beni fiscali, e la rifondazione di Sesto va inquadrata in questa ottica; per le altre casate laiche si trattava di monasteri privati, nucleo di coordinazione di un ambito territoriale, in grado di favorire il radicamento signorile dei fondatori, soprattutto per coloro che tendevano a rendere dinastici i loro poteri di origine pubblica, come ad esempio i casati comitali. Nel nostro campione è esplicativo il caso della fondazione di S. Paolo di Pugnano ad opera dei Da Ripafratta, che attraverso il cenobio femminile di cui controllano l’elezione della badessa, tentano di rafforzare quel controllo sul territorio che già avevano imposto con

Nome: S. Salvatore di Sesto (1) Località: Villa Ravano, La Badia-Colle di CompitoPorcari (LU) 26. Gli unici scavi di cui è possibile reperire qualche notizia edita sono quelli di Ripafratta (REDI 1990b) e della località Spuntone di Calci (TADDEI 1997, pp. 87-98), mentre saggi esplorativi sono stati condotti nella primavera 2002 dalla Soprintendenza Archeologica in località Serre di Sotto nel comune di Buti, seguiti sul campo da chi scrive. 27. CIAMPOLTRINI 1995, pp. 557-568.

23. CORTESE 2000, p. 214. 24. CECCARELLI LEMUT c.s. 25. KURZE 1989.

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Fig. 1 – Carta del Monte Pisano con la localizzazione dei monasteri ricordati nel testo (il numero corrisponde alla scheda relativa). Nome: San Michele alla Verruca (2) Località: Badia di S. Michele-Vicopisano (PI) Diocesi antica/attuale: Lucca/Pisa Prima attestazione o data di fondazione: 4 maggio 996 Ente o famiglia fondatrice: Cappella privata attestata nell’861 probabilmente legata alla famiglia Aldobrandeschi Documenti principali: Il primo documento che riguarda San Michele risale all’861 e si riferisce ad una cappella oggetto di un negozio giuridico tra due membri appartenenti alla famiglia Aldobrandeschi; ancora nel 913 si attesta la sola cappella mentre la prima attestazione del monastero risale al 996, anno in cui S. Michele è concesso dal vescovo di Lucca al monastero di Sesto; la dipendenza da Sesto continuerà almeno fino al 1097, anno in cui è documentato per la prima volta un abate di S. Michele. Il passaggio del monastero dai Benedettini ai Cistercensi avviene intorno al 1260 Visibilità: Campagna di scavo archeologico in corso dal 1996 che ha riportato in luce l’intero sito occupato dall’abbazia e dal monastero

Diocesi antica/attuale: Lucca/Lucca Prima attestazione o data di fondazione: 796 Ente o famiglia fondatrice: Rifondazione da parte del marchese Ugo di Toscana nel 996 Documenti principali: Il più antico documento che ricorda l’abbazia di Sesto data al 796: in quell’anno Amico, prete, concede ad un certo Domenico una casa e un uliveto appartenenti all’abbazia di Sesto; nel 937 Sesto fu concesso dal re Ugo ad Adelaide, sposa del figlio Lotario, insieme ai monasteri di S. Antimo e S. Salvatore al Monte Amiata; alla fine del X secolo ad opera del marchese Ugo l’abbazia ricevette notevoli beni e privilegi (diploma di Ottone III del 21 luglio 996); altri diplomi imperiali di conferma e di concessione di ulteriori privilegi: Enrico II, 25 aprile 1020; Corrado II, 6 aprile 1027; Enrico III, 4 luglio 1053. Il cenobio passa ai Camaldolesi nel 1120 e in seguito ai Polironiani di S. Benedetto Po (1134) Visibilità: Delle strutture medievali inglobate nella villa sono visibili i prospetti nord della torre campanaria e della sagrestia Bibliografia: ONORI 1984

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Documenti principali: L’anno 1099 Bernardo del fu Gherardo da Travalda, un esponente della famiglia Upezzinghi, lasciò per testamento al cenobio di S. Stefano di Cintoia tutto quello che possedeva a Calcinaia, Bientina e «infra curia Buiti, tam intus castro quam et foris, et similiter Cintoria»; nel corso del XII secolo il monastero passa ai Camaldolesi ed è abbandonato nel XVI secolo Visibilità: Nessuna traccia della fabbrica medievale Bibliografia: CARRATORI SCOLARO 1994, pp. 266-267

Bibliografia: NOFERINI 1995; ALBERTI, GELICHI 1998, pp. 117-126; GELICHI 2000, pp. 336-356 Nome: S. Salvatore di Cantignano (3) Località: Badia di Cantignano-Guamo-Capannori (LU) Diocesi antica/attuale: Lucca/Lucca Prima attestazione o data di fondazione: 1064 Ente o famiglia fondatrice: Rifondazione da parte di alcuni “Longobardi di Vaccoli” Documenti principali: Nel 1064 con più atti rogati tutti in tre giorni tra il 28 e il 30 marzo, Ubaldo del fu Sigifredo, Uguccione e Roberto fratelli e figli della fu Willa e i fratelli Eldebrando, Enrico e Sigifredo, figli del fu Lamberto, tutti dei Longobardi di Vaccoli, accentrarono nelle loro mani, acquistandolo anche dai consorti, il possesso di varie terre e della chiesa e monastero, che sembra però abbandonato, di S. Salvatore del luogo Cantignano, decidendo di andarvi a vivere secondo i precetti della Chiesa. Questa congrega si avvierà ben presto a forme più propriamente monastiche; dovrebbe passare ai Camaldolesi dal 1121. Nel 1440 la badia di Cantignano veniva soppressa e il patrimonio unito, insieme a quello di S. Pantaleone, ai benefiziati della cattedrale. Visibilità: Chiesa abbaziale modificata in facciata ma ancora nella facies romanica nell’abside e nel perimetrale nord, compreso il transetto. Tre bacini ceramici sono ancora presenti nei prospetti nord e ovest del transetto settentrionale. Bibliografia: COTURRI 1989, pp. 169-170; CIAMPOLTRINI 1995, pp. 557-568; QUIRÒS CASTILLO 2002, pp. 6469.

Nome: S. Cerbone (6) Località: S. Cerbone-S. Maria del Giudice (LU) Diocesi antica/attuale: Lucca/Lucca Prima attestazione o data di fondazione: 1140 Ente o famiglia fondatrice: Documenti principali: Il monastero femminile è ricordato per la prima volta nel 1140 mentre la sola chiesa è documentata a partire dal 1059; con bolla di Gregorio IX del 3 gennaio 1232, il monastero viene aggregato, insieme a quello di S. Pantaleone, al monastero di Citeaux Visibilità: Monastero ancora esistente anche se restaurato Bibliografia: COTURRI 1998, pp. 173-174. Nome: S. Mamiliano (7) Località: S. Iacopo in Lupeta-Vicopisano (PI) Diocesi antica/attuale: Pisa/Pisa Prima attestazione o data di fondazione: Una chiesa di S. Mamiliano con annesso monastero è forse menzionata in una carta del 757 Ente o famiglia fondatrice: Documenti principali: La prima notizia riguardante la prioria di S. Mamiliano risale alla prima metà del XII secolo Visibilità: Chiesa conservata con pianta a forma di tau, in parte restaurata nel 1971; i ruderi dell’adiacente monastero delimitano il giardino della villa padronale. Bibliografia: CRISTIANI TESTI 1982, pp. 363-368; CARRATORI 1994, p. 259; DEL CHIARO , RENZONI, T ROMBI 2000, pp. 107-113; FANUCCI LOVICH 2000, pp. 155-179

Nome: S. Paolo di Pugnano (4) Località: Pugnano-S. Giuliano Terme (PI) Diocesi antica/attuale: Lucca/Pisa Prima attestazione o data di fondazione: 1086 Ente o famiglia fondatrice: Da Ripafratta Documenti principali: Nel 1086 la famiglia dei Da Ripafratta dona alla chiesa di S. Paolo e S. Stefano terre e mulino perché fosse istituito un monastero. Il monastero femminile è oggetto di alcune bolle papali in cui si confermano diritti acquisiti: 21 maggio 1141 privilegio di Innocenzo II (diritto di sepoltura dei nobili di Ripafratta nel monastero); 12 febbraio 1157 bolla di Adriano IV; 5 aprile 1188 bolla di Clemente III Visibilità: Del monastero rimane la chiesa a navata unica in cui si documenta un intervento di ricostruzione in facciata databile entro il XII secolo e la ridefinizione di aperture sul prospetto sud. L’abside è stata distrutta e l’arco interno tamponato. Bibliografia: REDI 1990a, p. 221; CRISTIANI TESTI 1990, pp. 558-560; CECCARELLI LEMUT 1994, p. 239; FRIZZI 1992-1993

Nome: S. Andrea in Silva (8) Località: S. Andrea in Lupeta-Vicopisano (PI) Diocesi antica/attuale: Lucca (?)/Pisa Prima attestazione o data di fondazione: 16 marzo 1194 Ente o famiglia fondatrice: Documenti principali: La prima attestazione della chiesa risale al 1147; il monastero è nominato per la prima volta nel 1194, anno nel quale viene redatto un atto di vendita nel chiostro del monastero; a quell’epoca ne era badessa Donna Eufrasia e con lei vivevano dieci monache Visibilità: È conservata la chiesa croce e una porzione del monastero, appoggiata all’abside, attualmente usata come abitazione privata Bibliografia: CRISTIANI TESTI 1990, p. 546; CARRATORI SCOLARO 1994, p. 264; DEL CHIARO, RENZONI, TROMBI 2000, pp. 115-117

Nome: S. Stefano di Cintoia (5) Località: La Badia-Buti (PI) Diocesi antica/attuale: Pisa/Pisa Prima attestazione o data di fondazione: 1099 Ente o famiglia fondatrice: Upezzinghi

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antico, a quella data abbandonato, che sembrerebbe testimoniato in un documento del 914 29. Del complesso abbaziale attestato dalla seconda metà dell’XI secolo rimane solo la chiesa, pur con pesanti interventi in facciata. L’edificio ha una pianta a croce latina, con abside semicircolare. La facciata originale fu demolita nel ’700, causando l’accorciamento della navata di circa 7 m, e in seguito ricostruita in muratura mista anche con materiale di reimpiego, alla quale oggi è addossato un portico. Il lato nord della chiesa è l’unico almeno parzialmente leggibile, in quanto sul perimetrale sud si è appoggiata in tempi recenti la canonica, oggi in uso come abitazione privata. La muratura esterna della navata è ampiamente rimaneggiata nella porzione superiore, dove sono state ricavate due ampie finestre strombate, a sesto ribassato, collegabili con gli interventi settecenteschi già accennati per la ricostruzione della facciata. Nel transetto nord si apre una porta sul lato occidentale, caratterizzata da una archeggiatura a tutto sesto costruita con regolari cunei in pietra. Al di sopra di essa è una grande finestra rettangolare, strombata, ancora relativa agli interventi settecenteschi se non addirittura posteriori. Il prospetto absidale, al quale si appoggia una porzione della villa padronale settecentesca edificata sul retro dell’abbazia, è quello meglio conservato nella sua facies medievale. L’abside semicircolare presenta ampie archeggiature cieche impostate su lesene pensili con basi a mensole modanate (Fig. 2). Dalla fabbrica è possibile determinare almeno due principali fasi di intervento, correlabili con le pur esigue informazioni derivanti dalla fonte scritta. La presenza residua di un edificio più antico della chiesa come la vediamo oggi nel suo complesso è testimoniato dalla porzione di muratura ancora presente nella parte inferiore del prospetto absidale, costituita da piccole bozzette irregolari e ciottoli di fiume, poste in opera a filari orizzontali, con abbondanza di malta; in alcuni tratti l’apparecchiatura è a spina pesce. Questa tecnica muraria è da mettere in relazione con la documentata presenza di un edificio religioso dedicato al Salvatore attestato nel X secolo, ma forse costruito in epoca precedente 30. Murature simili anche nel resto della Toscana si trovano associate in edifici ecclesiastici con fasi evidenti di fondazione di IX-X secolo 31, mentre sul Monte Pisano il confronto è possibile con le murature di S. Michele riconducibili alla fase precedente alla rico-

Nome: S. Maria di Mirteto (9) Località: Mirteto-Asciano-S. Giuliano Terme (PI) Diocesi antica/attuale: Pisa/Pisa Prima attestazione o data di fondazione: 1227 Ente o famiglia fondatrice: Documenti principali: La prima menzione del monastero si trova in una bolla di Gregorio IX del maggio 1227, in cui si conferma l’avvenuto passaggio del complesso all’ordine cistercense che vi rimase fino all’abbandono avvenuto entro il XV secolo. In queste ultime fasi il monastero dovrebbe essere diventato una dipendenza di S. Michele alla Verruca. Visibilità: Sito abbandonato dove sono ancora documentabili la chiesa a navata unica e parte delle strutture del monastero medievale. Le tecniche murarie documentabili fanno risalire l’edificio ecclesiastico indicativamente al XII secolo. Bibliografia: REDI 1990a, pp. 234-236; CRISTIANI TESTI 1990, pp. 251-272; FASCETTI 1997, p. 55

5. LA

RICERCA ARCHEOLOGICA

L’indagine archeologica nel sito del monastero di S. Michele ha permesso di determinare una sequenza stratigrafica valida, non solo per i depositi sepolti ma anche per le evidenze architettoniche superstiti, che è stata la base di partenza per una ricerca più approfondita riguardante i numerosi centri monastici medievali presenti sul Monte Pisano, anche se spesso trasformati da interventi susseguitesi nei secoli oppure ridotti a rudere perché abbandonati 28. Tutti questi siti sono stati oggetto di una ricognizione archeologica di superficie estensiva e/o ristretta ai dintorni del monumento, oltre che ad una analisi e campionatura delle murature medievali ancora esistenti e visibili. L’interpretazione sintetica del fenomeno parte dalla constatazione di una effettiva fase di fervore costruttivo collocabile grosso modo tra la fine dell’XI secolo e la prima metà del XII. In questo periodo buona parte dei centri monastici, ma anche delle pievi del territorio, sono costruiti o subiscono ampie ristrutturazioni se non ricostruzioni complete. In questo quadro sembrerebbe piuttosto precoce il cantiere di S. Salvatore di Cantignano, monastero fondato nel 1064 sul luogo di un cenobio più 28. Il progetto di ricerca nell’ambito del XVI Ciclo di Dottorato in Archeologia Medievale dell’Università di Siena in questi anni ha portato a termine l’analisi stratigrafica di tutte le emergenze murarie leggibili relative ai monasteri, alle pievi e alle chiese medievali del Monte Pisano, nonché di un campione ristretto di castelli, per la creazione di una tipologia delle murature databile in base alle notizie documentarie, alle relazioni stratigrafiche e ai confronti con edifici simili del territorio pisano.

29. FILIERI 1993, p. 46. 30. Per confronti con l’edilizia altomedievale della piana lucchese si veda da ultimo QUIRÓS CASTILLO 2002. 31. Per una interpretazione simile di questa prima fase di costruzione di Cantignano si veda anche FILIERI 1993, p. 45; per confronti con edifici con simile muratura nel resto della Toscana cfr. GABBRIELLI 1990, pp. 44-47.

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Fig. 2 – Prospetto absidale della chiesa abbaziale di S. Salvatore di Cantignano.

In appoggio alla muratura più antica sopra descritta, l’abside di Cantignano presenta una prospetto a filari regolari e paralleli di conci di medie e piccole dimensioni, squadrati e lisciati in superficie; su di essa vi è una decorazione ad ampie archeggiature doppie costituite da conci accostati, tagliati a spigoli vivi, impostate su lesene pensili con base e mensole modanate. Le mensole delle lesene sembrano appoggiarsi direttamente sulla linea di rasatura della porzione di muratura più antica. La stessa tecnica muraria, con conci di simili dimensioni, si ritrova omogeneamente sul transetto e sul lato settentrionale dell’edificio, a testimonianza di una fase unitaria di ricostruzione della chiesa abbaziale avvenuta, in base alla documentazione scritta, posteriormente al 1064 33. Alla seconda metà dell’XI secolo rimanda anche la cronologia dei bacini ceramici inseriti nei pro-

struzione della prima metà del XII secolo, anche in questo caso con apparecchiatura muraria a spina pesce e l’uso di bozzette non regolari, spaccate e spianate occasionalmente (Fig. 3). Un ulteriore dato di confronto ci viene dalla Rocca della Verruca; il prospetto occidentale interno, leggibile, della fortificazione presenta due distinte murature: la porzione inferiore costituita da pietre e bozzette non regolari, probabilmente di raccolta dalla numerose sassaie dei dintorni, apparecchiate in modo irregolare ma con la tendenza alla orizzontalità dei filari, con malta a base terrosa, abbondante all’interno dei giunti; la porzione superiore che fa ricorso a pietre non lavorate, di dimensioni diverse, a filari non regolari con continue zeppature di lastre di ardesia e numerosi laterizi, spesso spezzati, che creano parti degli angolari dei merli e delle zeppe della muratura (Fig. 4). Potrebbe trattarsi delle due fasi di intervento costruttivo della fortificazione: la porzione inferiore, residuo della muratura di X secolo, come documentato dalle fonti; la porzione superiore ricostruita nel basso medioevo per la rifortificazione della Rocca 32.

33. A questo proposito la Filieri propone una datazione alla prima metà dell’XI secolo sulla base del confronto dell’archeggiatura dell’abside di Cantignano con esempi simili in ambito pisano, come S. Pietro in Vincoli, databili a quell’epoca. Stranamente invece non prende in considerazione i documenti di fondazione del monastero avvenuta nel 1064. I fondatori, in base all’interpretazione degli storici, acquisiscono una chiesa e un monastero preesistenti ma in stato di abbandono e quindi non mi pare proponibile una riedificazione generale dell’edificio 30 o 40 anni prima della sua rifondazione. Cfr. FILIERI 1993, pp. 45-46.

32. Ringrazio Giovanna Bianchi e Fabio Gabbrielli per la conferma della datazione indicativa, sulla base delle foto e dei rilievi da me sottoposti. Per confronto si veda il campione di muratura Tipo 1° di S. Silvestro, datato tra X e fine XI secolo: BIANCHI 1995, fig. 2, p. 368.

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Fig. 3 – S. Michele alla Verruca. Prospetto nord del muro di divisione degli ambienti 1 e 4 di area 2000. Si notino le due fasi di costruzione: la porzione inferiore caratterizzata da una apparecchiatura a spina pesce è relativa alla fase precedente la ricostruzione di XII secolo del monastero; la porzione superiore, con porta tamponata al centro, è invece in relazione al contesto di prima metà XII secolo, con successive modifiche.

Fig. 4 – Porzione del prospetto occidentale interno del castello della Verruca.

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spetti nord e ovest del transetto settentrionale. Si tratta di due bacini invetriati provenienti dalla Sicilia orientale e di un lustro metallico, forse di provenienza egiziana, genericamente databile entro l’XI secolo 34; tre cavità tamponate sono ancora visibili al coronamento del tetto del transetto. La presenza, verosimilmente nella seconda metà dell’XI secolo, di una muratura con tali caratteristiche di posa in opera e di finitura del materiale risulta piuttosto precoce in area lucchese ma non in quella di ambito pisano. Il confronto con il gruppo di edifici religiosi pisani databili sulla base delle fonti scritte ad una fase precedente alla costruzione della cattedrale buschettiana è determinante. In S. Piero in Vincoli e in S. Michele in borgo, documentate nei primi decenni dell’XI secolo, la fase originale di costruzione documenta l’adozione di una simile tecnica muraria, che si svilupperà in forme più codificate durante e dopo la costruzione della cattedrale di Buschetto (1064-1118) 35. Nelle pievi del territorio intorno al Monte Pisano (S. Maria di Pugnano, S. Pietro di Rigoli) come nelle chiese suffraganee (S. Maria di Panicale presso Buti) con persistenze murarie riferibili alla loro fase di fondazione, per confronto materiale e/o per dato storico, della metà-seconda metà dell’XI secolo, la tecnica muraria sembra essere piuttosto omogenea, del tipo a bozzette sufficientemente regolari, anche allungate, a filari pseudoorizzontali; la stessa tecnica è documentata nelle porzioni originali di fine XI secolo della chiesa abbaziale di S. Paolo di Pugnano (Fig. 5). In queste fabbriche l’adozione di una tecnica simile a quella di Cantignano è documentabile sempre negli interventi di XII secolo o nei cantieri di ricostruzione della prima metà dello stesso secolo come in S. Michele alla Verruca o in S. Savino, nella piana pisana 36 (Fig. 6). L’adozione a Cantignano, in un orizzonte cronologico coevo, di una tecnica muraria pseudoisodoma, simile in quel momento ad alcune delle più importanti chiese pisane, pone il cantiere di ricostruzione del S. Salvatore a livelli no-

Fig. 5 – Porzione del prospetto di facciata della chiesa abbaziale di S. Paolo di Pugnano. In esso sono evidenti due fasi costruttive: quella originale di fine XI secolo e la ricostruzione di XII secolo della porzione superiore.

tevoli dal punto di vista della committenza richiedente 37 e delle maestranze esecutrici. Riguardo alle maestranze presenti nello stesso ambito territoriale è stato forse sottovalutato il ruolo dell’abbazia di Sesto come protagonista e committente privilegiato di questa rinascita. Da questo punto di vista è interessante, anche se solo come ipotesi di lavoro, correlare la ricostruzione di Sesto, dopo le dotazione della fine del X secolo e degli inizi dell’XI, con un grande cantiere organizzato entro quello stesso secolo e che senza dubbio richiamò maestranze specializzate, forse le stesse che in quello stesso periodo lavoravano nei numerosi cantieri pisani. Purtroppo il grado di leggibilità delle strutture dell’antico monastero che si affacciava sull’omonimo lago sono ridotte al prospetto settentrionale, solo parziale, della torre campanaria che ipotesi ricostruttive collocherebbero sull’angolo nord-ovest di facciata della chiesa abbaziale 38. Anche in questo caso il ricorso ad una tecnica muraria simile a quella già documentata per Cantignano, con la stessa caratteri-

34. Cfr. BERTI 1990, pp. 99-114. 35. Per questo cfr. REDI 1991, pp. 348-352. 36. S. Savino, nel Valdarno pisano fu fondato il 30 aprile 780 dai fratelli Gumperto, Ildeperto, Gumprando figli del fu Auricausi, in una chiesa di loro proprietà «in loco qui vocatur Cerasiolo, territorio pisano», vicino a Visignano. I tre personaggi costituirono il primo nucleo della comunità con Gumperto abate e Ildeperto e Gumprando chierici. Dopo la distruzione dell’abbazia a causa di una rovinosa piena dell’Arno, avvenuta pochi anni dopo il passaggio del cenobio ai camaldolesi, il monastero di S. Savino fu ricostruito in luogo più sicuro, non lontano da quel Cerasiolo indicato nel documento di attestazione, a Montione in un’area rilevata e ulteriormente rafforzata artificialmente. La ricostruzione del monastero, così come lo percepiamo adesso, pur con le modifiche apportate nel sei-settecento, iniziò con l’abate Guido (1115-1128) e finì con il successore, Martino, quando la chiesa abbaziale fu consacrata da Innocenzo II il 29 aprile 1134 (GARZELLA 1986, pp. 99-100).

37. Si tratta dei cosiddetti Longobardi di Vaccoli, i quali potrebbero appartenere alla stessa consorteria che nello stesso periodo fonda l’Eremo di S. Pantaleone, poi monastero cistercense dalla metà del XIII secolo, più o meno al centro del rilievo del monte: cfr. per questo COTURRI 1998, pp. 167-168. 38. CACIAGLI 1984.

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Fig. 6 – Porzione del prospetto meridionale del transetto della chiesa abbaziale di S. Savino (prima metà XII secolo).

mirto, delle felci, del carbone e delle pietre 39. L’abate quindi controllava direttamente l’estrazione della pietra. La cava, nel luogo detto “Serra de Plaia”, era organizzata con magistros e secantes lapides che avevano a disposizione locali (“capanna”), con un sistema di trasporto (asinarii) che permetteva di trasportare le pietre già lavorate dalla cava fino all’Arno. Il toponimo “Serra de Plaia”, non è indicativo di un luogo specifico doveva comunque trovarsi tra Montemagno e Calci. È probabile che l’impulso ad organizzare questa nuova attività sia derivato dalla necessità di impiantare il nuovo cantiere per la ricostruzione del monastero, ma che in seguito essa sia diventata una delle risorse economiche maggiori per il cenobio, visto lo sviluppo del costruire in pietra verrucana che si registra in quegli anni a Pisa e nel territorio circostante. Il riferimento all’esistenza di questa risorsa per il monastero dai primi decenni del XII secolo si deduce ancora dal documento sopra indicato; i testimoni giurano infatti di aver visto fatti descritti già trenta o quaranta anni prima 40. Non solo i monaci di S. Michele possedevano cave

stica presenza di una lesena pensile su mensola modanata, ricollocherebbero la fabbrica entro l’XI secolo (Fig. 7). Forse fu proprio il cantiere di Sesto che influenzò le scelte dei committenti della vicina S. Salvatore di Cantignano, prendendo a modello la realizzazione del monastero più importante di tutto il territorio. La documentazione scritta non è chiaramente esplicita sulle motivazione di questa indubbia fase di rinascita legata sicuramente ad una favorevole congiuntura economica le cui cause sono solo ipotizzabili. È comunque importante sottolineare l’interesse nello sfruttamento delle cave di verrucano documentato per i tre maggiori monasteri dell’area: S. Michele, Sesto e Cantignano, che pose i monasteri proprietari della materia prima a diretto contatto con le maestranze itineranti nel territorio pisano e lucchese. L’attestazione della proprietà di cave di pietra per S. Michele alla Verruca è desumibile da una serie di testimonianze prodotte in seguito ad una controversia avvenuta tra l’arcivescovo di Pisa e l’abate del monastero della Verruca, in data non specificata, ma che si fa risalire agli anni ’50 del XII secolo in base all’abate presente alla stesura dell’atto, Ildebrando. La controversia riguarda la gestione di parte del territorio e delle sue risorse, più specificatamente del

39. Reg. Pis, 421, pp. 283-289; l’analisi del documento è presentata da Andreazzoli in questo volume. 40. IDEM .

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Fig. 7 – Porzione residua della torre campanaria di S. Salvatore di Sesto inglobata nel complesso di Villa Ravano-Gabin.

Brunicardo hanno in concessione la «pietraia delle Valli» di proprietà dell’abbazia di Cantignano 42. Pur nella scarsità di fonti disponibili è comunque indubbio come l’accresciuta importanza del monastero di S. Michele, almeno dal punto di vista economico, si manifesti in quegli stessi anni con l’aumento delle proprietà in Pisa. Sono della seconda metà del XII secolo la maggior parte degli atti che ci rivelano la proprietà del nostro monastero della chiesa e cenobio di S. Nicola, presso le mura cittadine, se non di tutta una serie di altri beni, terre e strutture, anche produttive, ancora concentrate nella porzione occidentale della città 43.

di pietra. La documentazione bassomedievale ci ricorda dell’esistenza di diritti di proprietà su cave di verrucano sul Monte Pisano anche da parte degli abati di Sesto e di Cantignano. È del 1256 una nomina procuratoria con la quale un certo Vincenzo, converso di Altopascio, veniva incaricato di riscuotere la parte dei proventi dovuti al signore sestese dai cavatori che lavoravano nelle cave dell’abbazia. Il luogo di dislocazione delle cave è in località detta S. Marco de Submonte. In documenti della fine XIIIprimi XIV secolo le cave erano tutte situate nell’area di Buti; ciascuna cava era contraddistinta da un toponimo: Malagonella, Tedalgari, Bocha Nova, Valle Petrosa, Mogognone 41. Ancora nel 1284 i lapicidi Nicolao fu Ranieri, Giovanni di Bonaventura, Belluccio fu Mercadante, Lucchese, Orlando e

ANTONIO ALBERTI

42. CONCIONI , FERRI, GHILARDUCCI 1994, pp. 116, 197. 43. LUCCHETTI 1966-1967, pp. 56-63.

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