Tertuliano Matrimonio Citta Nuova

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COLLANA DI TESTI PATRISTICI diretta da ANTONIO QUACQUARELLI

4 Tertulliano

ALLA CONSORTE L'UNICITA DELLE NOZZE Traduzioni, introduzioni e note a cura di Lorenzo Dattrino

città nuova editrice

Copertina di Gyorgy Szokoly

Con approuazione ecclesiastica O 1996, Città Nuova Editrice, via degli Scipioni, 265 - 00192 Roma ISBN 88-311-3128-1

INTRODUZIONE GENERALE

1. LAVITA DI TERTULLIANO

Quinto Settimio Florente Tertulliano nacque a Cartagine in data che presumibilmente va collocata fra il 150 e il 160. Ebbe un'educazione classica completa, accompagnata da una buona conoscenza del greco. Ci viene quindi naturale domandarci: era possibile un tale beneficio proprio in quella città, di cui noi, abitualmente, abbiamo il solo ricordo impersonato in Annibale e nella successiva distruzione della città stessa, operata da Scipione Emiliano nel 146 a.C.? Eppure, nel periodo susseguente, essa ebbe modo di assicurarsi le cure e le premure di Roma, a cominciare da Cesare che vi fondò una colonia (44 a.C.). Da allora la città rifort' rapidamente: molti imperatori la protessero e le accordarono non pochi privilegi E degli effetti di tali privilegi non può esservi meraviglia, se dall'Africa romana venne perfno ad occupare il trono imperiale uno dei nomi pi& prestigiosi della fine del II secolo e del principio del III: Settimio Severo (193-211). Era nato a Leptis Magna. Il suo regno e quello dei suoi successori segnano in ogni campo un progresso dell'Africa, cioè, in sostanza, del territorio che oggi corrisponde alla Tunisia e al dipartimento di Costantina. E in questo periodo che vengono edificate le città di Leptis Magna, di Timgad, d i Djemila, le cui rovine portano ancora oggi i nomi degli imperatori. Sul piano intellettuale Cartagine è un centro importante. La città è stata resa celebre da Frontone e da Apuleio alla fi-

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Introduzione generale

ne del II secolo. Aperta all'injluenza dell'ellenismo sotto tutte le sue forme, è tuttavia meno cosmopolita di Roma, ma è il centro più importante della letteratura latina del tempo. La sua popolazione di marinai, soldati, commercianti, ha qualche cosa di vivo, di turbolento, di passionale, che differisce dalla gravità romana. Il cristianesimo dovette mettervi radici fin dalla fine del I secolo. Difficilmente ci si potrebbe spiegare come la popolazione cristiana vi fosse cosi imponente di numero al tempo di Tertulliano: ((Noi riempiamo le vostre piazze - scrisse -, i vostri mercati, i vostri anfiteatri>>1. Da Cartagine Tertulliano venne certamente anche a Roma, ma per brevi soggiorni Risulta ziaoltre che nella sua gioventù egli non fu certamente un modello di virtù, e non si fece riguardi d'immischiarsi in settori di vita dissoluta. Egli stesso, in età avanzata, non mancherà di farvi cenno in tono di vera amarezza 2. Comunque, iniziatosi ben presto allo studio della filosofia e della medicina, si lasciò attrarre soprattutto dall'arte retorica. Lo studio delle leggi, molto dzffuso nell'Afrca romana, definita da Giovenale «nutrice di avvocati>>, pare abbia avuto un'influenza decisiva nella sua formazione intellettuale. Della sua conversione alla fede cristiana e dei motivi, soprattutto, che la provocarono, non conosciamo nulla o quasi nulla. Sembra comunque probabile che essa si sia maturata a partire dal 190. C'è un'espressione sua, apparentemente generica e impersonale, che potrebbe dare un po' di luce. Infatti, in una delle sue opere più famose, egli non esiterà a scrivere: «Cristiani non si nasce, ma si diventa~3.Sono parole che rivelano abbastanza chiaramente il riferimento a un periodo di serie rzflessionipersonali. In ogni caso, la sua fu una conversione seria e definitiva. C'è chi non esclude l'influenza emotiva, esercitata su di lui dalla forza d'animo e di fede dimostrata dai 1 Apologeticum, 37.

2 De spectaculis, 19. 3 Apologeticum, 18, 4.

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martiri durante la ferocia delle persecuzioni, e viene citata in proposito l'opera a lui attribuita: La passione di Perpetua e di Felicita. Senza escluderne la paternità, tunica difficoltà, a mio giudizio, atta a metterla in coincidenza con la sua conversione, è di natura cronologica. Il martirio delle due sante avvenne nellagosto del 202, quando cioè Tertulliano s'era già fatto cristiano da non pochi anni. Questo però non esclude che l'esempio d'altri martiri abbia potuto influire su di lui come movente eficace per indurlo ad abbracciare la fede. Altro motivo per ritardare cronologicamente la composizione dell'opera ora richiamata sta nel fatto che già tradisce certa quale tendenza montanista molto pronunciata. Ora, come vedremo, Tertulliano cominciò a rivelare le sue simpatie nei confronti del montanismo non prima del 207. Una volta cristiano, egli si trovò come in preda alla sua naturale e impetuosa attitudine di scrittore e di polemista in difesa della nuova fede, ma, nel tempo stesso, soggiacque pure alpinflusso prepotente d'una natura portata al rigorismo più spinto. Agirono su di lui due forze ben distinte: una conoscenza estremamente analitica della Bibbia e la partecipazione sempre più viva a una specie di nuova religione venuta dall'oriente, che a lui parve come un pe~ezionamentodella fede stessa fino ad allora professata dai comuni cristiani: voglio dire, il montanismo. È certo, comunque, che, con la convenione alla fede, ebbe inizio per lui, ormai più che trentenne, come una seconda vita. Noi la potremo considerarefin d'ora, non divisa, ma distinta in tre periodi. È noto infatti che in questa seconda parte della sua vita, seguita alla conversione, si distinguono nettamente tre fasi: a) un primo periodo, con evidente aderenza alla fede cattolica, che va dalla conversione fino al 206; b) un secondo periodo, in cui già si manifestano le sue prime simpatie per il montanismo, che si produce dal 207 al 21 1; C)un terzo periodo infine, caratterizzato da una piena adesione al montanismo, con la conseguente rottura con la

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Chiesa, periodo iniziato verso il 213 e prodotto fino alla e morte. Con I'apparizione deltopera De pudicitia, uno dei suoi ultimi lavori (21 7-222))si perdono per noi le sue tracce. Scrive di lui san Girolamo: <<Sidice che Tertulliano abbia vissuto fino alla decrepitezza e abbia scritto dei trattati che ora sono andatl perduti~4. E questa una conferma accertante I'impossibilità di saperne di più. Pare comunque che egli sia morto verso il 240, quindi più che ottantenne. 1.1. Codici ed edizioni

Cinque risultano i complessi (corpora) a cui fanno capo i codici contenenti, in genere, opere di Tertulliano. Eccone i nomi: Corpus Trecense, Ottobonianum, Corbeiense, Agobardinum e Cluniacense. Il trattato Ad uxorem ci è giunto attraverso due collezioni: il Corpus Agobardinum, la cui composizione risale al V secolo ed è testimoniata da un codice conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi. II suo nome deriva da Agobardo, vescovo di Lione (816-840), che ne fece compilare una copia. L'altra collezione, col nome di Corpus Cluniacense, risale al VI secolo e fu compilata in sedi della Spagna visigotica. Fu ritrascritta a Cluny nelI'XI secolo. Il trattato De monogamia appare ugualmente in due collezioni: nel Corpus Cluniacense (di cui s'è detto), e nel Corpus Corbeiense, la cui esistenza risulta unicamente attraverso l'intervento delle susseguenti edizioni umaniste. L'editio princeps di 21 trattati di Tertulliano apparve a Basilea nel 1521, e venne ristampata nel 1528, a cura di Beato Renano. Nel 1545 Martino Mesnard provvedeva a una

4 Girolamo, De

vir. ill.,53.

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nuova edizione con raggiunta, in I edizione, di trattati tertullianei mancanti nei codici impiegati dal Renano. Oggi è possibile accostarsi alle opere di Tertulliano, in particolare Ad uxorem e De monogamia, nelle seguenti edizioni: (Ad ux0reI-n) ALLACONSORTE Edizioni: PL 1, 1385-1418. CSEL 70 (1942), pp. 96-124. CCL 1 (1354))pp. 371-394. Traduzioni: Ch. Munier, Tertullien: À son épouse. Testo e trad. franc. (SCh 273), Paris 1980. PA. Gramaglia: Tertulliano: Alla moglie. Trad. it., in I1 matrimonio nel cristianesimo primitivo, Roma 1988, pp. 233-319. La nostra traduzione è stata condotta sul testo critico di Ch. Munier (SCh 273) confrontato con le edizioni precedenti in CCL ed in CSEL. Ovviamente non abbiamo trascurato di confrontare la nostra traduzione con quella di PA. Gramaglia (Roma 1988). (De monogamia) L'UNICITA DELLE NOZZE Edizioni: PL 2, 979-1004. CSEL 76 (195 7). CCL 2 (1954) 1227-1253. Traduzioni: i? Matte4 Tertullien: Le Mariage unique. Testo e trad. franc. (SCh 343), Paris 1988. CI. Moreschini, Tertulliano: Sull'unico matrimonio. Trad. it. in Opere scelte di Tertulliano, Torino 1974, pp. 1023-1063. PA. Gramaglia, Tertdiano: U n solo matrimonio. Trad. it. in I1 matrimoni6 nel cristianesimo primitivo, Roma 1988, pp. 429-515. R. Uglione, Tertulliano: Le uniche nozze. Testo e trad. it., Torino 1993.

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La nostra traduzione è stata condotta sul testo d i c o i? Mattei (SCh 343) confrontato con le edizioni precedenti in CCL ed in CSEL. Abbiamo confrontato la nostra traduzione con quella di Cl.,Moreschini (Torino 1974) e di PA. Gramaglia (Roma 1988). E stato possibile confrontare anche la recente traduzione di R. Uglione (Torino 1993) della quale abbiamo X, n. 1 (1994),pp. 75-80, scritto una Nota in c>

La serie delle opere scritte da Tertulliano non è certo ristretta, e, del resto, riproporne qui la lista non sembra richiesto dal nostro soggetto. Quindi mi limiterò ad accennare semplicemente a quelle che si riconnettono più direttamente alI'argomento che ci interessa, vale a dire, al matrimonio. Ma proprio qui viene di proposito una domanda: perché egli ha preso di mira, in parecchie opere, proprio il matrimonio? Che idea aveva egli delle nozze in genere, e, in particolare, del ruolo della donna, come moglie? Era realmente misogino, o volle farsi credere tale? Che egli fosse sposato, è fuori d'ogni discussione: della moglie, non sappiamo nulla. Che si sia sposato prima della sua conversione alla fede cristiana, sembra fuori dubbio, ma che ella fosse già cristiana o meno, non risulta affatto. E che poi ella sia vissuta a lungo, sembra probabile per il solo fatto che, anche nel De monogamia, scritto probabilmente intorno al 214, non si fa alcun cenno a una sua possibile dipartita. Come si spiega allora la sua avversione nei confronti delle nozze? Possono avervi concorso motivi personali oppure, come diremmo oggi, di casa? Trovo che un solo tentativo, tra i non pochi studiosi, abbia accennato a questo problema, ed è di una donna, Marie Turcan5. Ella esclude anzitutto che I'at5 M. Turcan, Le mariage en questiun? Ou les avantages du célibat selon Tertullien, in Mélanges ufferts à P. Boyancé, Roma 1974, pp. 711-720.

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teggiamento di Tertulliano derivi da disillusioni e da angustie sperimentate nella sua vita coniugale. Se dunque egli non esita a parlare di tali d$ficoltà, lo fa solo in rapporto a matrimoni misti, con marito pagano e moglie cristiana, e questo noi vedremo direttamente nel 1T libro dedicato alla moglie6. Proprio verso la fine di quel libro dedicato alla moglie, leggeremo una delle più fervide esaltazioni della felicità coniugale7. E allora, che cosa concludere? Risponde la Turcan: <
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pure circostanze varie e motivi polemici lo indussero a modificare successivamente, se non a variare, il suo atteggiamento? Il Rambaux, nel proporre questa iniziale questione, offre una doppia serie degli studiosi in grado di costituire una prima dqfferenziale distinzione 9. E dtfficile pronunciarsi per una soluzione definitiva di fronte a nomi cosi autorevoli. Basterà perciò esporre le convinzioni stesse di Tertulliano, cosi come esse emergono nei tre periodi successivi della sua operosità letteraria, a datare dalla sua conversione alla fede cristiana. Vorrei tuttavia premettere un'ultima osservazione. Uno dei motivi per i quali si potrebbe spiegare la diversità di tante opinioni dipende forse dalla diversità stessa dei moventi, di fronte ai quali si è posto di volta in volta l'atteggiamento stesso dell'autore. Il matrimonio non è mai stato trattato da lui, o quasi mai, in se stesso e per se stesso, ma sempre in rapporto con un altro elemento; l'ha trattato ora di fronte al celibato; ora di fronte alla scelta del coniuge (cristiano o pagano?); ora di fronte alla vedovanza e, in tal caso, perfino con una nuova distinzione (rimaritaggio riguardo agli ecclesiastici e riguardo ai laici). Di qui, naturalmente, problemi diversi e soluzioni differenti Ed ecco perché s'arriva perfno a una soluzione finale e risolutiva: bando, almeno, alle seconde nozze! Non fa dunque meraviglia che un illustre studioso abbia cercato, nella molteplicità delle questioni suddette, il motivo per cui Tertulliano ha ripreso tante volte e in diverse opere le medesime questioni relative al matrimonio, e perche; tra tanti studiosi del nostro tempo, alcuni l'abbiano ammirato per la sua logicità, e altri, invece, l'abbiano addirzttura trattato da sofista 10. 9 Si sono pronunciati per la continuità: G. Zannoni e J. CI. Frédouille. Invece per l'evoluzione: P. de Labriolle, P. Monceaux, W.P. Le Saint, H. Karp e M. Turcan. Cf. C1. Rambaux, La composition et

I'exégèse dans les deux lettres «Ad uxorem>>,le «De exhortatione castitatis» et le «De monogamia», in «Revue des Etudes Augustiniennes», 22 (1976), p. 4. 10 Cf. CI. Rarnbaux, La composition..., p. 10.

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In questo quadro, destinato a delineare la personalità di Tertulliano, non può mancare un accenno a uno dei problemi pizì caratteristici riguardanti la sua individualità di uomo e di scrittore: fu reale la sua misoginia, a lui abitualmente attribuita? Non sono poche le sue opere, in cui la donna appare l'oggetto del suo particolare interesse, e dalla lettura delle opere è certo che non ne risulta un elemento molto positivo. Del problema che ora ci interessa si sono occupati alcuni studiosi fin dai primi anni del nostro secolo, donne comprese 11. Uno dei pizi severi è certamente il Monceaux, il quale non dubita di dare questo giudizio: «Tertulliano è il primo dei grandi cristiani misogini. Prima dei teologi del Medioevo, egli considera la donna come l'ostacolo principale della salvezza. Egli le rifiuta ogni ruolo attivo nella Chiesa e pretende di rinchiuderla nel puro ambito della sfera domestica. Non manca di richiamarla duramente alla modestia, alla consapevolezza della sua fragilità e della sua eterna miseria che la rende responsabile della disgrazia dell'umanità» 12. Molto meno severa, per non dire indulgente e remissiva, non poteva essere che una donna, la prof: G. Cortellezzi. Ella richiama anzitutto i consigli che Tertulliano indirizza alla donna: a) Evitare di suscitare desideri profani; b) Cessare di essere un pericolo per l'uomo; C ) Ricacciare da sé ogni apparato di bellezza artificiosa; d) Attenuare la bellezza naturale, perché il desiderio di piacere mediante la seduzione proviene da un cuore corrotto, e la bellezza è lo stimolo naturale della lussuria 13. 11 P. Monceaux, Histoire littéraire de Z'Afrique chrétienne, vol. I , Paris 1901, passim; G. Cortellezzi, Il concetto della donna nelle opere di Tertulliano, in «Didaskaleion», N.S. I (19231, (primi fascicoli); G. Tibiletti, La donna in Tertulliano. Misoginia e maschilismo in Grecia e in Roma, Università di Genova, Genova 1981, pp. 69-95. 12 P. Monceaux, Histoire littéraire de I'Afrique.. ., vol. I, p. 387. 13 G. Cortellezzi, Il concetto della donna. .., pp. 70-71. Questi concetti appaiono soprattutto nell'opera di Tertulliano: De cultu fe-

minarum.

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Ltllustre studiosa cosi continua: «Questi prudenti consigli di Tertulliano traggono origine: a) Dall'idea che la donna deve cercare di diminuire la punizione che l'attende per avere perduto il genere umano; b) e che ella è un pericolo per l'uomo» 14. Poste queste premesse, la scrittrice passa alla difesa della donna, e cosi risponde: «Questa logica serrata e inesorabile rivela due gravi difetti, dovuti essenzialmente all'eccessivo rigore di Tertulliano: a) La donna viene ad essere responsabile dei peccati di pensiero che può fare commettere, mentre la colpa deve essere condivisa con I'uomo; b) La bellezza è sacrificata tutta quanta alla morale severissima» 15. Ma la Cortellezzi non si ferma qui. Ella passa pure a una mòrale di difesa della donna ben piii radicata, e così smive: <>16. Passando ora a studi più recenti, ecco il pensiero del Tibiletti, quale risulta da uno dei suoi accuratissimi studi. Egli parte anzitutto dall'analzsi di una delle opere piii singolari di Tertulliano, il De cultu feminarum &abbigliamento delle donne, scritta verso il 202). Per Tertulliano «la pudicitia consiste non solo nella integrità fisica, ma anche in elementi esteriori che con essa sono in stretto rapporto: gli abbiglia-

l4

G. Corteiiezzi, Il concetto della donna.. ., p. 7 1.

15 Ib2d.

16Ibid.,p. 100 (secondi fascicoli).

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menti e gli ornamenti. Di qui la diffidenza di Tertulliano per l'esibizione della bellezza femminile e per gli ornamenti che le danno rilievo.. . Egli considera solo i valori morali, non quelli estetici» 17. Di questo studio del Tibiletti m i premuro di riportare almeno la conclusione, valida non solo per un giudizio complessivo su Tertulliano in rapporto alla donna, ma anche sul matrimonio in genere. <
Tibiletti, La donna in Tertulliano, pp. 73 e 75.

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10) infine - ma è mia supposizione -, un atteggiamento di malcelata autodifea o di reazione contro il pericolo, non del tutto cessato, che le donne avevano costituito per lui Il fondo pessimistico del suo pensiero trova la sua remota motivazione nella estrema debolezza della natura umana, dopo il peccato originale, di fronte alle seduzioni del sesso. Con tutto ciò le sue intuizioni presentano alternanza di luci e ombre. La comprensione per il misterioso mondo femminile gli è in parte mancata» 18. 3 . ILMONTANISMO

Tratt~redi Tertulliano comporta far riferimento al montanismo. E perciò di questa corrente che noi dobbiamo ora tener presenti gli inizi e lo svolgimento per meglio comprendere la concezione della vita cristiana, com'egli intese praticarla e insegnarla. Il montanismo fu anzitutto un movimento di preteso risveglio spirituale, le cui radici ebbero per fondatore Montano, oriundo della Frigia. Egli era stato dapprima il predicatore d'un ascetismo molto rigoroso, di digiuni ripetuti e prolungati, con insistente tendenza al celibato e alla verginità e con proibizione assoluta delle seconde nozze 19. Diede inizio alla nuova corrente nella seconda metà del II secolo, in Frigia (ca. 172). Quel movimento ebbe il nome di «nuova profezia» a causa delle rivelazioni del Paraclito. Egli infatti s'era proclamato il prescelto del Paraclito, annunziato nel IV Vangelo e nell'Apocalisse, per introdurre nella Chiesa tutta intera la verità. Per quanto si riferisce al contenuto della nuova profezia, egli annunziò la prossima <<parusia»del Cristo e la discesa della Gerusalemme celeste. E dunque sullo sfondo di questa calda attesa della venuta del Cristo che devono intendersi le 18

Ibid., pp. 93-95.

19 Cf. Th. Camelot, s.v. Montanirme, in

Catholicisme,I X , 1, 619.

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deduzioni morali del montanismo primitivo: <> Della letteratura primitiva del movimento è andato perduto quasi tutto: si conservano appena quattordici oracolz; di cui sei dello stesso Montano, e gli altri delle sue discepole Priscilla e Massimilla; altri quattro ce li farà conoscere Tertulliano stesso. Sia detto fin d'ora che la dottrina della fede e la Scrittura non furono toccate. Tuttavia, con il suo appello al Paraclito che è in lui, Montano, doveva completare l'opera del Cristo, di fatto il suo movimento alterò radicalmente il concetto cattolico della Chiesa. Non i vescovi, ma i nuovi profeti, i veri spirituali (pneumatici) rappresentavano l'autorità della Chiesa. Questa conclusionefu appunto dedotta con ogni chiarezza da Tertulliano con precise parole: < L a Chiesa, vale a dire lo Spirito, opera per mezzo dell'uomo spirituale, e non la Chiesa, intesa come numero di vescovi»21. I fondatovi della nuova corrente morirono per tempo, forse ignari essi stessi del carattere rivoluzionario della propria opera, la quale, intesa come un rinnovamento spirituale nel seno della Chiesa stessa, dovette favorire fortemente la sua propagazione. Essa si estese ben presto per tutta l'Asia Minore, e di là fino in Africa, dove trovò in Tertulliano I'adesione più nota e più attiva. Credo utile a questo punto riferire la concezione che il Nostro ci offre della storia della salvezza. Essa dev'essere distinta in quattro età: 2O A. Mayer, S.V. Montano e Montanismo, in Enciclopedia Cattolica, VIII, 1343. 21 De pudicztia, 2 1.

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a) uno stato iniziale dell'umanità, caratterizzato dalla natura, fissata nel timore di Dio; b) un'infanzia, custodita e protetta per mezzo della legge e l'opera dei profeti; C) una gioventù, nutrita e alimentata dalla parola dei Vangeli; d) finalmente, una quarta età, segnata dalla venuta del Paraclito, la cui presenza e la cui azione compongono la piena maturità. Ed ecco come Tertulliano stesso descrive la trasformazione delle varie età, ricorrendo a una analogia: <> 23. Singolare diventa dunque questo aspetto del montanismo: esso non si propose nessun movimento dottrinale, per cui, per moltt esso non apparve nemmeno come una vera eresia: la regula fidei rimase inalterata. Le parole del Paraclito non sono fonte di verità nuove nel campo dogmatico. Al contrario, la rivelazione montanista rende più sicure le verità contenute nella 22Qo. 3 , 17. De virginibus velandis, I , 5-6.

23

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Scrittura. Il Paraclito, più che istitutore, è un restauratore 24. Egli non introduce novità nella fede dei credenti, ma riconduce la disciplina morale al suo genuino significato e valore, e perciò cosi va inteso il nuovo programma: <
4.

26Gv. 16, 12-13. 27 De virginibus velandis, I , 5.

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ordinato da Cristo. Egli solo è avanti a tutti, perché Egli solo è dopo Cristo. Quanti lo hanno accolto, antepongono la verità alla tradizione>>28. <>29. Il Munier cosi sintetizza il pensiero di Tertulliano montanista: <<Egli è arrivato ad esigere imperativamente da tutti ifedeli l'adozione di una continua opzione morale la pi& esigente, poiché essa, a colpo sicuro, è quella che meglio corrisponde al disegno di santità voluto da Dio, essendo essa quella che meglio esprime la sua volontà autentica e preferenziale. Questa volontà eterna e irrevocabile sussiste attraverso le forme contingenti della legge, destinata a segnare le tappe della salvezza, necessarie per condurre progressivamente l'umanità all'ideale primo della santità che le era stato destinato fin dall'origine; ma le disposizioni dell'indulgenza divina le hanno procurato dei lunghi periodi d'apprendimento, affinchéessa potesse esercitarsi all'obbedienza e intendesse l'appello alla perfezione che a lei era stato diretto in questi giorni che sono gli ultimi» 30. Tali sono dunque i tratti generali e panoramici del montanismo. Rimane da vedere quali sono effettivamente gli elementi caratteristici e inconfondibili di tutto il sistema. Essi, di fatto, si riducono a tre, e sono i seguenti: a) Il profetismo b) L'escatologia C)Il rigorismo morale Essi vanno chiariti singolarmente. 28 Ibid. 29 C . Tibiletti,

Inizi del millenarismo in Tevtulliano, in «Annali delia Facoltà di Lettere e Filosofia», Università di Macerata, I (1968),p. 205. 30 I1 passo biblico sul quale Tertulliano si poggia è 1 Cor. 7, 29. Ch. Munier, S.V. Tertullien, in Dictionnaire de Spiritualité,XV, 281.

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3.1. Il profetismo

Il montanismo pose una delle sue radici nella convinzione della prossima fine del mondo. In base a questa previsione Montano prese a profetizzare, annunciando, tra l'altro, che la nuova Gerusalemme sarebbe discesa dal cielo nella pianura di Pepuza, oscuro villaggio a oriente di Filadelfa. Ben presto si unirono a lui, in questa funzione profetica, due donne, Massimilla e Prisca o Priscilla, cosi come aderirono a lui numerosi seguaci. Fu dunque il montanismo un movimento di reazione in nome d'un certo individualismo religioso e della libera ispirazione profetica, contro la gerarchia regolare, imperniata sui vescovi e assertrice di uniformità e disciplina. La nuova corrente si designò col nome di <<profezia».Sembra si debba agli avversari l'indicazione di «nuova profezia». Infatti l'entrata in lizza dei profeti montanisti fu giudicata ambigua, e questo non può spiegarsi unicamente per la loro pretesa di essere i portatori del Paraclito. L'opposizione nacque piuttosto sia in ragione della maniera, con cui quei tali profeti si comportavano nel momento della loro ispirazione, sia in ragione del contenuto dei loro annunzi profetici Si trattava dunque, almeno all'inizio, d'una profezia estatica e di un aspetto formale del montanismo, tanto è vero che Tertulliano stesso si guarderà dall'uniformarvisi. Comunque, la «nuova profezia» venne via via modifiando il proprio carattere. Montano e le sue profetesse si erano presentati come araldi degli ultimi tempi, e agli inizi del movimento le manifestazioni di carattere carismatico furono numerose e frequenti. Poi, con la morte degli iniziatori, una volta registrati i loro oracoli per iscritto, si manifestò la necessità della esegesi; inoltre, cresciuto il numero, si passò all'urgenza dell'organizzazione, e si ebbe cosi una setta, con i suoi amministratori e i suoi propagandisti31. 31 Per le notizie qui riportate, cf. A. Pincherle, S.V. Montanismo, in Enciclopedia Italiana, XXIII, 721-722; H. Bacht, S.V. Montanisme, in Dictionnaire de Spiritualité, X, 1670-1676.

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Sullo sfondo dunque dell'ardente attesa della imminente c<parusia»del Cristo devono intendersi i postulati morali del montanismo. I fedeli dovevano prepararsi per un distacco molto pi2 radicale di quanto si era praticato fino ad allora nelle comunità cristiane. Il Labriolle, nella sua opera La crisi del montanismo, ha dedicato un capitolo intero alla seguente questione, impostandola su questo titolo: <
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raddolci e qualche volta aggravò la dottrina venutagli dalla Frigia, quello che egli aveva ricevuto da essa e quello che egli vi mise di suo 34. Possiamo dunque concludere con una sentenza molto appropriata del Mayer: «Tertulliano non si mise tanto al servizio della nuova profezia, quanto piuttosto pose questa al servizio proprio» 35.

Il millenarismo, di per sé, va inteso anzitutto come una dottrina di natura escatologica, scaturita in ambiente giudeocristiano: essa si fonda principalmente nella fiducia di un regno terrestre del Messia. Presto diffusasi, tale aspirazione si manzj5estò particolarmente viva in Asia sotto forma di una corrente che faceva capo al tipico movimento religioso eterodosso a noi noto, il montanismo, ed è appunto a questo movimento che diede la sua adesione Tertulliano, imprimendovi una sa\ personale caratteristica escatologica. E soprattutto nel III libro della sua opera Contro Marcione che egli, in una sua esplicita professione, oj,?re il suo testo più esauriente e signifcativo della sua fede montanista, che egli ricollega espressamente al millenarismo 36: «Noi riconosciamo - egli scrive - che ci è stato promesso un, regno anche in terra, prima del cielo, ma in un altro stato, e precisamente un regno fatto discendere dal cielo dopo la risurrezione, per mille anni, in una città di opera divina, Gerusalemme, che anche l'Apostolo designa come nostra madre 34 Ibid., pp. 460-465. 35 A. Mayer, s.v. Montano

e Montanismo, in Enciclopedia Cattoli-

ca, VIII, 1346. 36 In questa esposizione mi attengo ai concetti espressi dal Tibiletti nel suo articolo Inizi del millenarismo in Tertulliano, in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia», Università di Macerata, I (19681, pp. 193-219.

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nell'alto37 1.. .l. Questa città la conobbe Ezechiele38 e la vide l'apostolo Giovanni39 e la conferma il verbo della nuova profezia che è presso di noi, che preannunciò anche l'immagine della città che sarebbe stata esposta alla vista di tutti come segno profetico anche prima del suo concretarsi. Infine, ciò è avvenuto recentemente duralate la spedizione d'Oriente>>40. Di questa visione, di cui tra gli storici manca ogni traccia, Tertulliano crede invece di poter dare conferma, e così continua: <> Ladesione alla concezione montanista è dunque ormai evidente, e tende a dimostrare che in Tertulliano, anche prima del suo definitivo assentimento alla corrente della nuova profezia, essa covava nel fondo del suo animo almeno come previ37 Cf. Gai. 4,26.

38Cf. Ez. 48,30-35. 39Cf.Ap. 21, 10. 40 E noto che Montano aveva predicato l'imminente fine del mondo con la discesa della nuova Gerusalemme dal cielo nelia pianura della Pepuza, da lui ribattezzata appunto Gerusalemme. Qui però Tertulliano accenna a una visione precorritrice della discesa ultima: sarebbe infatti avvenuta durante la spedizione di Settimio Severo contro i Parti (197-198). Di tale visione, però, non vi è alcun cenno tra gli storici. 41 Adversus Marcionem, III,24,3-6. Traduzione di C1. Moreschini, Opere scelte di Tertulliano,Torino 1974, pp. 454-455.

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sione dell'orrnai prossima filze del mondo. Tale risulta appunto l'opinione del Tibiletti: <>43. 3.3. Il rigorismo morale Passata all'incirca una decina d'anni dalla sua conversione, ecco manifestarsi in Tertulliano la tendenza a considerare la vita del cristiano attraverso una più accentuata esasperazione. Se egli, nell'opera diretta Alla moglie, aveva permesso al mistiano di poter fuggire durante l'infierire della persecuzione44, ora ne fa divieto e ordina di affrontare eroicamente l'arresto e la morte. Impone inoltre una maggiore osservanza di stretti digiuni E già nell'opera Esortazione alla castità egli non esita a dichiarare il suo rigorismo morale al punto da ridur~e,specie il matrimonio secondo, alla parità con lo stupro. E quello che ora maggiormente ci interessa, e perciò vale la pena di riportare le sue stesse parole: <<Senoi ora vorremo interpretare il profondo pensiero dell'Apostolo, bisognerà concludere che le seconde nozze altro non sono se non uno stupro. Infatti, quando egli dichiara che g l i sposi sono preoccupati del come debbono compiacersi, come pure quando egli vuole che si comprenda che la loro preoccupazione ha di mira, naturalmente, non la loro mora42C. Tibiletti, Inizi del millenarismo,p. 210. 43Ibid., p. 211. 44 Cf. Ad trxorem, I, 3,4.

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lità (di fatto, egli non avrebbe criticato una preoccupazione onesta), quanto invece l'acconciatura, la cura della bellezza e tutte le premure per l'eleganza al solo fine di suscitare la seduzione; e, d'altra parte, piacere in grazia dell'eleganza e dell'acconciatura risponde a un intendimento della concupiscenza carnale, la quale, a sua volta, è pure causa di stupro, in tal caso non avrai tu la convinzione che le seconde nozze sono un'origine di stupro, dato che in esse si trova appunto quello che appartiene allo stupro?». E cosi continua: <>. Ed ecco un'obiezione: «"Dunque - m i si potrebbe obiettare - tu ora sopprimi anche le prime nozze, vale a dire, il matrimonio unico?". Non senza ragione, io rispondo, poiché anche il primo matrimonio riposa sul motivo stesso da cui ha

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Mt. 5.28.

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origine lo stupro. Ecco perché "il meglio per l'uomo è non toccare donna"46, e perché la santità della vergine è uno stato eminente: ella è esente da tutto ciò che avvicina alla lussuria. E poiché queste considerazioni intorno al primo e unico matrimonio possono essere invocate per esaltare la continenza, quanto pi2 esse costituiranno un motivo in favore della rinuncia alle seconde nozze» 47. Una tale denuncia intorno al matrimonio in genere non può non sorprendere. Che cosa può aver spinto Tertulliano a un tale eccesso? Ecco il commento che, a tutto il passo qui riportato, aggiunge il Moreschini: «Queste sono parole d'una esagerazione polemica evidente. Esse però, nel loro stesso eccesso, rivelano un'aspirazione molto viva a quell'ascesi che era tipica nei primi secoli del cristianesimo e pe$no di certe correnti filosofiche pagane (neoplatonismo e neopitagorismo)»48. 4. I TRE PERIODI DELLA OPEROSITÀ LETTERARIA 4.1. Dalla conversione al 206

La conversione mutò radicalmente la vita di Tertulliano; per lo meno, variò e corresse la sua attività di retore, e trasformò gli orizzonti del suo pensiero, dando vita a una nuova operosità, quella del polemista, in vista dei nuovi e molteplici problemi che si affacciavano alla sua ormai decisa convinzione. «Ogni conversione si traduce necessabamente in una tra49, e provoca ugualmente una trasformazione di sformazione>> valori. Delle quindici opere, all'incirca, da lui scritte in questo primo periodo, non poche tradiscono, fin nel loro titolo, una 46 1 Cor. 7 , 1. 47 De exhortatione castitatis, 9, 1-4. 48 CI. Moreschini, Exhortation à la chasteté (SCh 3 191, p. 169. 49 J. CI. Frédouiììe, Tertullten et la conversion de la culture anti-

que, Paris 1913, p. 181.

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h a l i l d polemica: Ad nationes, Apologeticum, Adversus Hermogenem, ecc. Settori diversi, come si vede, con esigenze e trattazioni diverse, sulle quali non è compito nostro soffer*. marci Quello che invece occorre ora sottol&eare, con sorpresa, è che proprio fin dora egliprese a trattare del matrimonio, sia pure in senso non ancora polemico, almeno in apparenza. Ma è anche vero, però, che in questo non breve periodo le due lettere Ad uxorem sono hnica opera in cuiegli si limitò, per allora, alla questione del matrimonio: egli era ancora fedele alla Chiesa di Roma. Ma, di fatto, fu questa realmente la sua prima opera nei riguardi dell'argomento nuziale? Se è vero che i convertiti tendono spesso ad essere i più intransigenti e i meno disposti ai compromessi, questofu proprio il caso di Tertulliano. A partire dal giorno della sua conversione, egli divenne il sostenitore dell'intransigenza50. Tale giudizio, però, vale soprattutto per la regola di fede, non per quella della disciplina dei cristiani, come vedremo. E in realtà, secondo le informazioni di san Girolamo, la prima opera sull'argomento nuziale sembra quella indirizzata a un amico con un titolo un po' ambiguo51. Quale gìudizio dunque è possibile su questo scritto purtroppo perduto? Quanto si può anzitutto arguire è come Tertulliano abbia redatto l'opuscolo dopo la sua conversione. Indirizzandolo a un amico filosofo, egli avrebbe, sulle tracce di Seneca, trattato Iargomento nuziale, seguendo una linea di tono filosofico e retorico, opponendo all'ideale del sapiente pagano quello del cristiano; d'altra parte lo scritto in questione non avrebbe presentato solo degli aspetti negativz; come il titolo potrebbe lasciare intendere, ma avrebbe trattato con 50 Cf. M . Turcan, Le mariage en question?, p. 7 11. 51 Ad amicum philosophum de angustiis nuptiarum.

Cf. Girolamo, Ep. 22,22; Adv. lovinianum, I, 13; C. Tibiletti, Un opuscolo perduto di Tertulliano «Ad amicum philosophum>>,in «Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino», I1 Classe di Scienze morali, Storia e Filosofia, 90 (1960-61),pp. 122-166.

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ampiezza, fin dallora, la questione della verginità e del matrimonio 52. Si può sottoscrivere dunque questo giudizio del Tibiletti soprattutto perché il punto di partenza e di arrivo del pensiero di Tertulliano, in fatto di matrimonio, terrà continuamente presenti questi due poli: continenza e nozze. Posta questa premessa, ecco ora una parola sull'opera diretta Alla moglie, di cui, a suo luogo, sarà data la versione. Rimane questa eflettiva realtà: per noi tale opera, nel non breve periodo che corre dalla sua conversione alla tendenza a professare la dottrina montanistica, è l'unica &argomento nuziale. Ma, proprio perché essa rimane, per allora, cosi isolata, che cosa può spiegare la decisione di comporla? La domanda può avere una risposta solo per esclusione, in quanto I'ispirazione a trattare simile argomento per motivi personali, dettati cioè da rapporti negativi con la propria moglie, va esclusa. Con la moglie egli deve essere convissuto nella pi& grande serenità. Ma allora, come spiegare la decisione di trattare a parte proprio l'argomento nuziale? Una risposta convincente finora, tra gli studiosi, nessuno ha potuto darla. E l'esame stesso, soprattutto del I libro, non solo non risolve la questione, ma la rende pi& complessa. Infatti Tertulliano si propone di persuadere la moglie a non rimaritarsi nel caso di una sua morte precorrente. Poi, nel corso della trattazione, tutto cambia tono. Di fatto, dapprima il matrimonio appare benedetto da Dio, riferito com'è agli albori del genere umano 53. Ma poi esso diviene semplicemente permesso e tollerato. d a modificazione sembrerebbe indzfferentee fortuita, se Tertulliano stesso, in seguito, non si sforzasse diprovare che il matrimonio non è affattobuono, appunto perché, secondo Paolo, esso è semplicemente permesso>>54. 52 I1 Frédouille riassume così il pensiero di Tibiletti in Tertullien et h conversion..., p. 89, nota 83. 53 Cf. Gen. 1,23; 2,24. 54 C. Rambaux, La composition.. ., in «Revue des Études Augustiniennes», 22 (1976), p. 15.

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Non si tratta solo d'una semplice variazione di natura dialettica: essa diverrà invece la base di conclusioni estreme, come avremo modo di constatare. Siamo giunti cosi al termine di questo primo periodo dell'operosità di Tertulliano, periodo destinato ad approdare a una mutazione di tendenze fino ad avvicinarsifortemente alle dottrine montaniste (207-211). 4.2. Dal 207 a1 211

I primi sintomi dell'adesione di Tertulliano al montanismo già si rivelano con la composizione deltopera Contro Marcione (206-211). Il pretesto dell'opera è noto: Marcione dichiarava malvagia la carne. Occorreva pera2 impedire, per quanto stava in lui, la propagazione del genere umano: di qui l'obbligo rigoroso del celibato. Da tale principio però Marcione derivava una dottrina profondamente eretica, in quanto negava la realtà del corpo di Cristo, riducendolo a una apparizione evanescente. Si comprende allora l'importanza della posta che indusse Tertulliano a difendere il corpo e il matrimonio. Siamo dunque, in questo campo, sulle tracce di una sana dottrina. Allorchéperò l'ortodossia non era piu in pericolo, ecco iprimi sintomi di una iniziale deviazione: la tendenza naturale del suo spirito non è pizi rivolta alla difesa del matrimonio, e proprio nell'opera stessa egli aflertina che, nell'attaccare i distruttori del matrimonio, voluto da Dio (quindi Maraone, in prima linea), egli continua a preferire «i propugnatori della continenza>> 55. E su questa base che Tertulliano tenderà a istituire le sue future argomentazioni, ricavate financo dalla Scrittura. La seconda opera di questo periodo, che già tradisce certo qual avvicinamento alla dottrina montanista, è l'Esortazione alla castità. Lo scritto è tutto dedicato a un amico che ha da poco perduto la moglie: Tertulliano lo consiglia a non risposarsi Perciò l'argomento è rivolto al problema e alla riprova55 Adv. Marcionem, V , 12,3. C f . M. Turcan, Le mariage en question?, p. 714.

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zione delle seconde nozze, e gran parte del contenuto è dedicato all'esaltazione della continenza. Non può non destare meraviglia che Tertulliano, per dare risalto a questa sua opinione, citi proprio le parole della discepola stessa di Montano (Prisca o Priscilla), e le riproduca, attribuendo ad esse un valore di annuncio evangelico (e~an~elizatur), non solo, ma l'oracolo stesso è posto sul medesimo piano dell'insegnamento degli apostoli56. Se nel trattato Ma moglie il matrimonio era presentato sotto luce benigna, ora l'autore lo emargina e lo tollera semplicemente come una concessione compatibile. Sembra ormai ammesso, da parte degli studiosi, che a partire dal De exhortatione castitatis, le viste di Tertulliano, in fatto di matrimonio, siano ormai vicine a quelle stesse di Marcione, sia pure per motivi ben diversi Basterà confrontare il linguaggio che egli rinfaccia all'eretico, e poi quello che lui stesso adotta nell'Esortazione alla castità. Cosi egli rinfaccia a Marcione: «Gli eretici accusano ostilmente le nozze come causa di dissolutezza per distruggereil Creatore>> 57. E ancora: t61 dio di Marcione rigetta il matrimonio come male e negozio di impurità» 58. Però, richiamando san Paolo: «L'uomo sposato si preoccupa delle cose del mondo, come piacere alla moglie. . . La donna sposata si preoccupa delle cose del mondo, come piacere al marito>>54 egli cosi commenta: <<Senoi interpretiamo il profondo pensiero dell'Apostolo, occorre concludere che le seconde nozze altro non sono che uno stupro»60. 56 De exhortatione castitatis, 10, 5. C f . P. de Labriolle, La mise montanzste, pp. 81-82; C1. Moreschini, Tertullien: Exhortation à la chasteté (SCh 3 19),p. 177. 57 Adu. Marcionem, 29,2. 58 Adv. Marcionem., 29.6. , 59 1 Cor. 7,33-34. 60 De exhortatione castitatis, 9, 1. C f . R. Braun, Tertullien et I'exégèse de 1 Cor. 7 , in ~~ektasis(Méla?ges J . Daniélou), Paris 1972, p. 26; Id., Tertullien et le montanisme: Eglise znstitutionnelle et Eglise spirituelle, in «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa», 21 (1985), pp. 245-257.

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Il peggio è che, continuando a firsare i dettagli con cui gli sposi cercano di piacersi mutualmente, egli enumera pure quelli con cui si comportano quanti aspirano anche alle prime nozze, e così si espone fin d'ora, come farà pi2 ostilmente in seguito, a condannare il matrimonio come tale, per se stesso. Cosi infatti si esprime Tertulliano stesso nel commento al passo di san Paolo, sopra richiamato: <
exhortatione castitatis, 10.

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ne, ormai matura per avere esaurito i l suo compito: diremmo noz; per ragioni storico-salvifche. E questa la dottrina del Tertulliano agli inizi del montanismo. Le opere successive esasperano questo atteggiamento» 62.

Il terzo periodo, pelle della piena maturità del pensiero di Tertulliano, decorre dal 212 al 21 7, e coincide con la sua completa adesione al montanismo e con il suo distacco dalla Chiesa. Questa sua risoluzione fu già discussa fin dai tempi antichi San Girolamo ne attribuisce il motivo all'invidia e alle contumelie che il clero di Roma avrebbe accumulato nei suoi confronti. (
64 P.

Siniscalco, S.V. Tertulliano, in DPAC 11,3418-3419.

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plesso e meditato ripensamento, e non di un'improvvisa svolta del suo spirito, è ormai opinione comune degli studiosi E questo risulta ovviamente dalle sue stesse confessioni. Cosi egli scriveva già nel primo libro Contro Marcione: «Ormai viene posto un limite alle nozze, limite che presso di noi [montanistil è difeso da una spirituale razionalità sotto l'ispirazione del Paraclito» 65. E ancora nel libro IV. < 66. Ma è soprattutto nel libro III della stessa opera che egli esprime la sua aderenza alle dottrine di Montano. Il testo assume un doppio valore perché, accanto alla visione della nuova sua concezione, appare evidente il collegamento con la fede millenarista, da lui espressamente collegata al montanismo: <
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che è presso di noi, che preannunziò anche l'immagine della città, che sarebbe stata esposta alla vista di tutti, come segno profetico, anche prima del suo concretarsi. Infine, ciò è avvenuto recentemente durante la spedizione d'oriente. Risulta anche da testimonianze di pagani che in Giudea per quaranta giorni nelle ore del mattino stesse sospesa nel cielo una città; ogni aspetto delle sue mura svaniva al tramontare del giorno, e nessun'altra città vi era nelle vicinanze. Noi sosteniamo che a questa città è stato provveduto da Dio perché accogliesse i santi con la resurrezione e li ristorasse con l'abbondanza di tutte le delizie (s'intende, delizie spirituali) in compenso di quello che noi abbiamo disprezzato o perduto in questo mondo, poiché è giusto e degno di Dio che i suoi servi esultino anche là dove sono stati aflitti nel nome di Lui Questa è la natura del regno celeste. Dopo mille anni di esso, epoca entro la quale si conclude la risurrezione dei santi, i quali, a seconda dei loro meriti, risorgeranno più presto o pizi tardi, allora, avvenuta la distruzione del mondo e la conflagrazione del giudizio, mutati in un istante in sostanza angelica (s'intende, grazie a quell'immortale veste di incorruttibilità che porremo SU di noi), saremo trasferiti nel regno celeste»67. Con l'opera La risurrezione dei morti, redatta all'incirca nel 210/212, già si nota l'espressa conferma della sua nuova ideologia in opposizione alla mentalità dei suqi avversari, i cattolici, definiti senz'altro da lui come eretici. E soprattutto nel finale di quest'opera che egli dichiara la validità dell'ispirazione profetica d'ogni singolo fedele, della quale il montanismo si proclamava unico sostenitore. Ecco il testo: <
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dore di parole e di significati i primitivi documenti da ogni buio di ambiguità. Giacché, siccome bisognava che ci fossero le eresie perché fossero manifestati tutti quelli che erano di provata fede, e queste eresie non potevano osare se non si fosse presentata qualche occasione fornita dalle scritture, per questo motivo sembra che i prinzitivi documenti abbiano fornito qualche materiale alle eresie, che pure possono essere confutate dai testi stessi. Ma poiché non doveva ignorare lo Spirito Santo, si che sovrinnondasse con parole tali da spargere semi destinati non a favorire gli inganni degli eretici, ma anzi, a strappare anche le loro vecchie radici, per questo motivo ha sgombrato tutta la passata ambiguità e tutte le parabole che costoro vogliono trovare nei testi sacri servendosi dell'aperta e chiara predicazione di tutto il suo mistero, per mezzo della Nuova Profezia che sgorga dal Paracleto a fiotti copiosi Se tu attingerai a questa fonte, tu non avrai sete di nessuna dottrina, e non sarai riarso da nessun fuoco di questioni: sarai anche rinfrescato con la resurrezione della carne, ogni volta che tu vorrai attingerui» 68. Nell'opera Contro Prassea, databile intorno al 213, noi troviamo ormai, dalla penna stessa di Tertulliano, l'esplicita dichiarazione della sua definitiva separazione dalla Chiesa: «È il riconoscimento e la difesa del Paraclito che mi hanno convinto a separarmi dagli psichici» 69.

5. EESEGESI BIBLICA Doppia si potrebbe considerare la forma con cui Tertulliano manovra le sue argomentazioni: l'esegesi biblica, anzitutto, poi il ricorso alla sua abilità di retore. Spesso i due metodi si fondono e si confondono. Sard opportuno soffer68 De resurrectione carnis, 63,7-10. Trad. di C1. Moreschini, Opere scelte di Tertulliano, pp. 895-896. 69 Adv. Praxean, I, 6.

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marci anzitutto sul problema dell'esegesi, essendo esso uno dei più discussi nelle opinioni degli studiosi70. Purtroppo, poche le attenuanti in suo favore, assai di più le critiche, le quali possono essere riassunte in questo giudizio di R. Braun: <<Senzariprendere ora lo studio comparato di questi trattati (Ad uxorem, De exhortatione castitatis, De monogarnia), vorremmo qui attirare l'attenzione su certi temi conduttori, su certi centri di spiegazione, i quali, alla lettura e alla rilettura della I Lettera ai Corintl; si sono imposti al suo spirito, facendogli perdere il sentimento delle sfumature e costringendolo a delle esegesi forzate, giustamente denunciate da parte dei critici* 71. Troviamo in questo giudizio il termine pi2 adatto per definire il metodo esegetico, assai spesso usato da Tertulliano: la cdorzatura» dei testi biblici per far loro dire quello che egli, ad ogni costo, intende dimostrare. In realtà, può essere interessante, come s'è visto, analizzare come Tertulliano ha presentato successivamente il suo pensiero sulla disciplina della vita del cristiano, e quale forma letteraria, ogni volta, vi abbia dedicato. Di fatto, però, egli ha variato ben poco il suo fondo, e la sua stessa adesione al montanismo non ha modificato le sue vedute. Anche dopo la sua conversione, in fatto di seconde nozze egli si dimostrò ben presto assai vicino all'ascetismo montanista. Per contro, ciò che cambiò da un tratto allaltro è il materiale scritturistico, il tono, la presentazione, in breve, la modalità dell'argomentazione72. E in fatto di ricorso a fonti bibliche, uno studio analitico delle citazioni ha portato a questa conclusione: nel trattato Ad uxorem Tertulliano ha concesso pizi spazio al Nuovo Testamento, e meno 70 Anche recentemente sono stati dedicati a questa questione due studi: R. Braun, Tertullien et I'exégèse de I Cor. 7 , in Epektusis (Mélanges J. Daniélou), Paris 1972, pp. 21-28; R. Uglione, LJA.T.negli scritti tertullianei sulle seconde nozze, in «Augustinianum», 23 (1982), pp. 165.178. 71 R. Braun, Tertullien et I'exégèse.. ., p. 24. 72 J. C1. Frédouille, La conversion ..., p. 90.

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all'Antico. Invece, nei due trattati successivi (De exhortatione castitatis e De monogamia) trova maggior spazio l'Antico, e meno il Nuovo Testamento73. In ogni caso risulta purtroppo che i passaggi scritturistici citati nelle tre opere lasciano l'impressione di certa qual dispersione, ed è evidente che Tertulliano ha lasciato di citare dei testi sfavorevoli alle sue tesi. Posta questa premessa, il Frédouille non dubita di porsi questa domanda: occorre attribuire tali omissioni a sola dimenticanza? E risponde: È poco probabile! 74. Tuttavia, nel concludere questa sua analisz; il nostro studioso attenua il proprio giudizio: <
97.

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Altri studiosi della questione, come abbiamo visto, sono meno indulgenti Perciò, dopo questi accenni, ancora un po' generici, sarà bene scendere a richiami pizì precisi. Eccone un primo: <
cose

77 C1. Rambaux, La composition.. ., pp. 14-15. I1 riferimento è al testo di Ad uxorem, I , 3,4-5.

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pitolo seguente è detto che Abramo, già arrivato all'età di 99 anni, ricevette la circoncisione e la promessa del figlio Isacco. Dunque la bigamia di Abramo dovrebbe servire di scusa, agli avversari, per giustifcare le seconde nozze! Tertullidno pertanto non poteva evitare la forza di questa obiezione: Abramo ebbe per sposa anche la schiava Agar! Il fatto era dunque legittimo? Tertulliano, ormai, non poteva sottrarsi al dovere, non solo di spiegare quella condizione, ma di giustifcarla, e lo ha fatto, ricorrendo al richiamo di due tempi, e ragiona così: Quando Abramo ebbe da Agar il figlio Ismaele, egli era ancora incirconciso. Quando invece ebbe Isacco, era già circonciso, e, per di più, bigamo: la circoncisione dunque coincise con la bigamia!78. Commenta J. CI. Frédouille: <
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Come s'è visto, l'ottimo Frédouille non manca, nei limiti del possibile, di gettare il dado in difesa di Tertulliano. Tuttavia, onestamente, finisce anch'egli per arrivare a questa conclusione: «Tertulliano rifaceva dunque, contro gli "psichici", la penosa esperienza di queste battaglie scritturistiche, battaglie sterili e fastidiose. - E questa - seguono parole dello stesso Tertulliano - l'abitudine degli eretici perversi e ristretti, ed ora perfino di tutti gli psichici, di armarsi eventualmente di qualche passaggio univoco contro il blocco delle aflermazioni della Scrittura tutta intieva 81 -. In questo movimento di collera - prosegue il Frédouille - egli dimostra, più che della stanchezza, amavezza e tristezza. L'ultima polemica di Tertulliano termina così in una sconfitta»82. Ed ecco un altro esempio di adattamento biblico, il v. di 1 Cor. 7, 9: c<Meliusest nubere quam uri rel="nofollow">>.Nell'Ad uxorem Tertulliano dà, di questo versetto, I'interpretazione ovvia e comune: - E meglio sposarsi che bruciare per gli ardori della passione -. Negli scritti montanisti egli interpreterà il verbo «bruciare>>con riferimento alle fiamme dell'inferno 8). Egli ha sempre richiamato questo versetto per deprezzare l'unione coniugale 84. 6. ILMATRIMONIO

Ordinariamente, quando si parla di nozze, con Tertulliano, I'argomento resta limitato al rimaritaggio, ma, con lui, le cose non sempre corrono in que~t'unicosenso: occorre riferirci anche al primo matrimonio. E questo un avviso che il Mat81 De pudicitia, 16,24. 82 J. C1. Frédouille, La

conuersion.. ., p. 297. Per tutta la questione qui esposta cf. anche P. Mattei, Tertullien: Le mariage unique, (SCh 3431, pp. 257-261. 83 Cf. De exhortatione castitatis, 3, 6-10; De monogamia, 3, 5-6; Depudicitia, 1, 15; 16,16-17. 84 Cf. J. CI. Frédouille, La conuersion.. ., p. 99, nota 120.

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tei si premura di richiamare nell'introduzione alla sua traduzione del De monogamia: <>87. C) <
1 Cor. 7,27-28. 1 Cor. 7,39-40.

mariage unique (SCh 343), p. 38.

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l'Apostolo permette le seconde nozze allorché parla in nome proprio, e quindi senza il richiamo alla precisa volontà di Dio. A l contrario, quando chiede di rinunciarvi, allora egli si fa interprete della volontà divina. Ne deriva pertanto, come risultato, la soluzione, nella mente di Tertulliano, di quello che poteva apparire come un'apparente antinomia nel pensiero de\'Apostolo 89. E specialmente nei versetti del terzo gruppo che è possibile intuire un'opposizione: <>91. Ora, per arrivare a questa conclusione occorreva, da parte di Tertulliano, uno sforzo incredibile di esegesi, soprattutto del capitolo 7 della 1 Cor., tale da superare il pensiero di Paolo a forza di volerne penetrare il pensierq profondo, vale a dire, la propria e personale intenzione. E infatti da questa premessa che nasce in Tertulliano una questione correlativa: fino a che punto si può parlare di consiglio o, non piuttosto, di precetto? 89 In quest'analisi mi attengo soprattutto all'esposizione del Frédouilìe, La conversion de la culture antique, pp. 114-117. 90De exhortatione castitatis, 4,4-5. 91 Ibid. Cf. Frédouille, La conversion.. ., p. 116; C1. Moreschini, Exhortation à la chasteté (SCh 3 19),p. 30, nota 41.

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Ed eccoci allora di fronte a una delle questioni più singolari, dibattute da Tertulliano: per lui i consigli, reperibili specie in san Paolo, equivalgono a precetti. Tale è la conclusione alla quale giunge il Mattei: «Nel De monogamia, più ancora che nel De exhortatione castitatis, Tertulliano non fa del consilium apostolico un ideale facoltativo; al contrario, egli ne fa un ordine obbligatorio, in quanto abolisce la distinzione fra consiglio e precetto, la quale era classica nella teologia morale e già comune, come sembra, in Erma» 92. La distinzione, dunque, tra consiglio e precetto, cosi come la troviamo nella teologia morale e spirituale, ha le sue radici già nel Vangelo, in quella pagina dove si parla del giovane ricco 93, come pure in altri passi. Ma il rapporto che Tertullzano stabilisce fra il consiglio e il precetto è esattamente l'inverso di quello fissato dalla teologia spirituale. Per lui il consiglio non propone un ideale facoltativo, il cui adempimento conduca alla perfezione, ma tollera semplicemente una facilità, che poi finisce per essere messa da parte. In Tertulliano il consiglio di non sposarsi si traduce in un ordine. Egli infatti si richiama a una distinzione posta dallo stesso Apostolo, per poi convertirla a tutto proprio vantaggio: allorché san Paolo dichiara di parlare, affermando di possedere lo Spivito di Dio, non può farlo se non nel senso di dare un ordine; quando invece parla in nome proprio, egli dà semplicemente un consiglio, vale a dire, propone semplicemente una tolleranza. Si arriva così alla conclusione: - C'è molta dzferenza fra un precetto divino e il consiglio da parte di un uomo 94 -. Tuttavia egli, artatamente, si guarda bene dal riportare anche i versetti successivi, evitando cosi di citare il testo nel quale Paolo propone un consiglio ma dichiara di proporlo avendo lo Spirito di Dio 95. Si giunge così a superare la distinzione fra 9 2 P . Mattei, Tertullien: Le mariage unique (SCh 343), p. 56, nota 3; Hermas, Simil. 5 , 3 , 3 . 93 Cf. Mt. 19, 16-22. 94 De exhortatione castitatis, 4, I . 95 Cf. 1 Cor. 7,39-40.

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volontà e indulgenza da parte di Dio, per affermare I'opposizione fra volontà di Dio e consiglio di Paolo: dall'indulgenza divina, agli occhi di Tertulliano, non potrebbe derivare se non una legge inferiore, destinata a non interpretare la vera volontà di Dio. Dio, infatti, non può volere se non un vero e unico bene, non un bene inferiore. Solo una legge umana - e, nel caso, i consigli dell'Apostolo -potrà essere superata a tutto beneficio, . - s'intende, del compimento dell'ideale inteso da Dio 96. Si arriva cosi, per Tertulliano, alla conclusione della condanna definitiva delle seconde nozze: il loro divieto non può limitarsi a un consiglio, ma a un precetto preciso. Sarà questa la deduzione a cui tenderà di fatto la composizione del De monogamia. Ma cJèdi più. Nel pensiero di Tertulliano la condanna delle seconde nozze include il deprezzamento del matrimonio stesso. A ben considerare il complesso delle sue opere douremo rassegnarci ad ammettere tale risultato: è sempre tra le righe che egli lascia intravedere la realtà di questa sua concezione: è l? de Labriolle che ha rilevato con maggior cura questJaspettodel pensiero di Tertulliano. Infatti, mentre il Cartaginese, da una parte, protesta ripetutamente di non condannare il matrimonio, dall'altra, a guardarci bene, <
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a) <> 97. b) <<Matrimonio e adulterio sono ugualmente una unione carnale,) 98. C) <!99. E a questo punto che il de Labriolle introduce questa questione: <> Ed ecco allora come parlano due pagine di fronte a una palese contraddizione: nel De carne Christi Tertulliano intende dimostrare la realtà della nascita del Salvatore, dichiarando che Egli visse e mori in una carne umana. Il trattato è diretto specialmente contro il docetismo di Marcione. Lautore prende da questo occasione per rinfacciare all'avversario, con estrema ironia, il disprezzo da lui espresso nei riguardi degli organi relativi alla maternità: ne risulta cos6 da parte di Tertulliano, un'autentica esaltazione <<dellesantissime e venerabili opere della natura»: <
394. 100 P.

de Labriolle, La mise montaniste, p. 394.

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sconcio coagulo deltumore e del sangue, della carne che per nove mesi deve essere nutrita da quel fango. Descrivi I'utero che diventa pi2 strano di giorno in giorno, pesante, turbato, non tranquillo neppure nel sonno, incerto tra le voglie della schifltosità e della gola. Scagliati anche contro il pudore stesso della donna partoriente, pudore che dovrebbe essere rispettato almeno per il pericolo che essa corre, sacro almeno per la sua natura. Soprattutto ti fa ribrezzo l'infante gettato fuori dall'utero insieme con i suoi legami, soprattutto sporco. Tu lo sdegni, per il fatto che viene raddrizzato per meno di bende, che riceve una sua forma per mezzo deltolio, che viene irriso per meno di moine. Questo oggetto naturale di venerazione, tu lo disprezzi, Marcione; eppure come sei nato? Tu odi l'uomo alla sua nascita» 101. Ma il nostro autore, contro lo stesso Marcione, aveva già d8eso le funzioni richieste dalle <<santissimee venerabili opere della natura,,, dirette alla generazione d'ogni uomo: <<Su, coraggio, perora contro quelle santissime e venerabili opere della natura, insulta tutto quello che tu sei; distruggi l'origine della tua carne e della tua anima; l'utero, definiscilo pure "cloaca", l'utero, officina che produce un tale animale, cioè l'uomo; elenca anche, del parto, gli immondi e vergognosi tormenti e quindi, dello stesso puerperio, la sporca, affannosa, ridicola conclusione» 102. Ed ecco che in una delle sue ultime opere Tertulliano cambia stile. A i suoi avversari egli presenta una descrizione della nascita dell'uomo piena di sarcasmo e di rivolta. «Raccolgano pure, in vista degli ultimissimi tempi ifrutti dei loro matrimoni duplicati: mammelle turgide, uteri nauseanti e bambini che vagiscono. Dispongano pure, per I'avvento dell'anticrirto, l'ambiente necessario, perché egli sia in grado 101 -DP 4. 1-2. Trad. di C1. Moreschini, Opere scelte - carne Christi. di Tertulliano, Torino 1974, pp. 727-728. 102 Adversus Marcionem, 111, 1 1 , i . Trad. di C1. Moreschini, Ope~

re scelte di Tertulliano, p. 426.

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Introduzione generale

di scatenare la libidine pii2 furiosa. A queste madri egli addurrà, come ostetriche, dei carnefici>>103. Come si vede, Tertulliano ha ripreso «la stessa pittura, minuziosamente realista e triviale, della nascita dell'uomo, ma, questa volta, non per combattere Marcione, ma per indurre l'uomo al disgusto del matrimonio e dei suoi frutti. Ne segue quindi che con Tertulliano si è sempre esposti a questo genere di smentite, perché tale è il comportamento di un avvocato, il quale, da un opuscolo all'altro, induce a servire i medesimi passi per delle dimostrazioni semplicemente contraddittorie» 104. Dopo quanto ora è stato esposto, non desterà meraviglid la conclusione a cui è giunto lo studio del Braun: <
.

Introduzione generale

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comportino come coloro che non l'hanno '09, e allorché egli richiama a paragone le sollecitudini degli sposati e dei non sposati 110. Per effetto di tali suggerimenti l'Apostolo, insegnando per quali motivi non convenga sposarsi, dissuade di fare quanto in precedenza aveva pur concesso: questo deve intendersi delle prime nozze, e, allora, quanto pi2 delle nozze seconde!» 111. Ma c'è di pi2. Allo scopo di difendere questa concezione con energia Tertulliano attacca l'obie?ione avanzata da chi si faceva forte della sentenza paolina: ((E meglio sposarsi che ardere>>112. Una sola volta Tertulliano concede al verbo uri (ardere, bruciare) il senso del contesto paolino (l'ardore della passione, della concupiscenza), e questo avviene nell'Ad uxorem 113, vale a dire, nel periodo della sua appartenenza alla Chiesa. Negli altri suoi scritti, di ispirazione montanista, egli non diede al verbo uri altro senso, se non quello del castigo per effetto del fuoco infernale. Non so con quale dialettica maggiore si poteva dimostrare, data la mentalità di Tertulliano, che lo sposarsi non solo non è un bene, ma unicamente una specie di male minore: per giungere a questa conclusione egli non perde di vista il versetto di Paolo 114. Egli è tanto convinto della sua tesi che perfno a distanza di pi2 d'una decina d'anni non solo ribadz' lo stesso concetto, ma lo riferi con le stesse identiche parole. Credo perciò opportuno riportare anzitutto la prima di queste pagine, quale appare già nel De exhorta~ionecastitatis:

«"E meglio sposarsi piuttosto che bruciare" "5. Queste parole sono sicuramente indirizzate a coloro che la fede trova già nel celibato oppure nella vedovanza. Tuttavia, poiché tutti 109 Cf. ibid. 110 Cf. 1 Cor. 7,32-34. 111 De exhortatione castitatis, 4,2-3. 112 1 Cor. 7,9: ~Meliusest nubere quam 113 Cf. Ad uxorem, I, 3,3. 114 Cf. 1 Cor., 7,9. 115 1 Cor. 7,9.

uri».

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Introduzione generale

le fanno proprie per giustificare la licenza di risposarsi, vorrei esaminare quale specie di bene venga indicata per ciò che è meglio solo perché è unicamente valido in quanto è meglio d'una punizione, e che pertanto non può apparire come un bene, se non perché paragonato con il peggio: in altre parole, sarebbe bene sposarsi per la semplice ragione che è assai peggio dover bruciare. Ma il bene è tale solo se esso conserva tale nome senza confronti, non dico per il paragone con un altro bene, al punto da venir diminuito da questo secondo bene: occorre invece che esso resti inalterato con il nome assoluto di bene. Del resto, se si è costretti a dire che esso è un bene, solo perché confrontato con un male, non risulterà affatto come un bene, quanto piuttosto come una specie di male minore, poiché, superato da un male maggiore, otterrà necessariamente il nome di bene. Detto questo, metti da parte finalmente la condizione del confronto, in modo da non dichiarare che "è meglio sposarsi piuttosto che bruciare". È allora che io ti chiedo se tu osi affermare semplicemente: "È meglio sposarsi", senza aggiungere il motivo, per cui sposarsi è meglio. Ne segue pertanto che non solo non è meglio, ma neppure un bene, poiché tu hai tolto e sottratto la condizione del confronto, il quale, mentre rende il primo termine migliore, per ciò stesso obbliga a considerarlo come un bene. "E meglio sposarsi che bruciare" occorre dunque considerarlo nella stessa misura con cui si ritiene che è meglio essere privi di un occhio solo anziché essere privi di tutti e due. Se però tu fai a meno del paragone, non sarà certamente meglio avere un occhio solo, poiché una tale sorte non sarà certamente un bene. Nessuno perciò s'arroghi di prendere a pretesto una tale asserzione, la quale, propriamente, si rgerisce ai non sposati e ai vedovz; per i quali non entra in causa il loro vincolo precedente. Per quanto m i riguarda, ho già fatto parola anche per loro, quale dev'essere la condizione di quanto è permesso» 116. 116 De exhortatione castitatis, 3, 6-10. Dal testo latino, curato da J. C1. Frédouille (SCh 3 19), pp. 78-82.

Introduzione generale

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Il paragone del possesso di un solo occhio come minor male, in confronto della perdita di tutti e due, dev'essergli rimasto impresso nell'animo per la sua opportunità a tal punto che egli non dubitò di riprenderlo alla lettera dopo si lungo tempo e da riprodurlo con le stesse parole. Il lettore potrà benevolmente rendersene conto, poiché sarà riportato direttamente e letteralmente nella traduzione del De monogamia 117. 11 Mattei mette a confronto e di fronte i due tratti nella stessa pagina 118 lasciando al lettore la conclusione.

117 De monogamia, 3,4-5. Versione, pp. 129-130. 118 P. Mattei, Tertullien: Le mariage unique (SCh 3431, Introduc-

tion, p. 59.

Tertulliano

ALLA CONSORTE

LIBRO PRIMO

Quattro, come s'è visto, risultano le opere scritte da Tertulliano, aventi per oggetto diretto il matrimonio: All'amico filosofo, Alla consorte, l'Esortazione alla castità e L'unicità delle nozze. Le prime tre furono dedicate a un personaggio preciso, come, già per le prime due, indica il titolo stesso. Anche la terza, nonostante il titolo generico, è indirizzata a un amico che di recente aveua perduto la moglie. La quarta inuece è diretta a una comunità, quella degli <>, a nome di un'altra comunità, quella dei montanistil. Ognuna di queste opere appartiene a un periodo diuerso dell'euoluzione religiosa di Tertulliano. Il primo opuscolo, il cui argomento trattava delle «angustie delle nozze>>D e angustiis nuptiarum), è andato purtroppo perduto, e fu composto probabilmente dopo la sua conuersione alla fede cristiana. Se di quest'opera smarrita non può pertanto occuparci direttamente il contenuto 2, c'interessa almeno il genere letterario con cui ha inizio e che sarà mantenuto negli scritti successiui, pur uariando la modalità dellargomentazione. Allo scopo dunque di illustrare meglio la forma letteraria preferita dall'autore, ci fermeremo sul seCf. J. C1. Frédouilie, La conversion..., p. 128. Cf. C. Tibiletti, Un opuscolo perduto di Tertulliano «Ad amicum philosophum», in «Atti deii'Accademia delle Scienze di Torino», 1 2

95 (1960-19611,pp. 122-166.

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Alla consorte, Libro I, Introduzione

condo dei trattati ora richiamatz; di cui possediamo il testo (Alla consorte), poiché è particolarmente su questo che Tertulliano ha preso a trattare direttamente I'argomento delle nozze. Esso ha forma epistolare, ed ha una sua struttura interna esortativa, indirizzata alla moglie per convincerla a rinunciare a risposarsi nel caso che lui venisse a mancare prima di lei. Egli, per raggiungere tale scopo, scelse dunque la forma epistolare, un genere letterario ben noto alla tradizione romana attraverso le Lettere di Seneca e di Plinio. Non si tratta comunque di Epistole nel senso ordinario della parola, a modo di vera corrispondenza epistolare personale; è fuori dubbio però che l'autore dové proporsi la loro pubblicazione. <> Ed è appunto quello che ogni lettore è in grado di rilevare fin dal primo capitolo dell'opera ora presentata. Non credo necessario, data I'intera traduzione qui riportata, offrire una tavola con I'elenco analitico e minuto del contenuto di tutta I'opera4. Interessa invece, per ora, il processo della sua personale argomentazione. Nella prima parte di questa sua prima Lettera l'autore comincia col premettere che un solo matrimonio è permes3 J. C1. Frédouille, La conversion..., p. 100. Lo studioso, per meglio chiarire quest'aspetto letterario dell'opera tertullianea, cita anche la definizione che, di tale genere letterario, aveva dato Quintiliano: «In definitiva, la parte deliberativa, detta anche suasoria, mentre si rivolge al tempo futuro, guarda pure il tempo passato. Essa si preoccupa di due funzioni, quella di persuadere e quella di dissuadere» (ibid.,nota 124). 4 Tale minuta divisione del I libro la si può riscontrare in almeno due ottimi studi su Tertulliano: a) J. C1. Frédouiiie, La co~version..., p. 103; b) C1. Rambaux, La composition..., in «Revue des Etudes Augustiniennew, 22 (1976),pp. 12-13.

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so: <>, ritiene che I'unico valore positivo delle nozze sia quello di impedire gli ardori della concupiscenza e gli eccessi della lussuria 7. Infatti il famoso versetto di l Cor. 7, 9 (<E meglio sposarsi che bruciare>>),citato spesso nelle opere successive, appare qui non solo per la prima volta, ma interpretato nel suo senso ovvio e ordinario. In seguito il verbo <> sarà sempre rz;ferito alle fidmme dell'inferno. Ed è in questo stesso capitolo che appare esplicita la formula: «Quello che è permesso, non è bene>>.Dunque «il matrimonio è solamente permesso, perciò praticamente condannato attraverso questa formala cosi equivoca» 8. Cf. Gen. 1,28. Ad uxorem, I , 2, 4. Cf. Ch. Munier, A son épouse (SCh 2731, p. 161. 8 lbid.

5 6 7

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È vero che l'Apostolo non nasconde la sua preferenza per la continenza. Tutto sommato, però, resta difficile dedurre dal NT e dalle stesse Lettere di Paolo una preferenza per I'astinenza suscettibile di ricevere il valore di norma, o anche solamente di forte raccomandazione9. E allora il Nostro, non avendo altri motivi in suo favore, ricorre alla forzatura dei testi paolini: se I'Apostolo giustifca il permesso del matrimonio in base alla necessità di sfuggire alle insidie delle tentazioni e alla restrizione dei tempi, egli, in realtà, deprezza per ciò stesso il matrimonio, proprio perché lo giustifca unicamente in base alla necessità 10. E sempre in questo stesso capitolo Tertulliano procede oltre: il bene - egli dice - non ha bisogno di essere permesso. Ciò che è consentito, invece, lo è solo in quanto viene proposto come un male minore. Ma di questa questione ci siamo già occupati nella introduzione generale. I capitoli IV e V respingono le obiezioni avanzate da coloro che propongono e difendono il rimaritaggio. Il primo rilievo di tali obiettori si fonda sulla debolezza della carne, alla quale Tertulliano oppone la fortezza dello spirito. Se la debolezza della carne è, purtroppo, un elemento negativo non trascurabile della natura umana, c'è il suo compenso, sostiene l'Africano, vale a dire, la forza dello spirito. E allora, egli conclude, <>11. Dopo questo ricorso alle forze dello spirito, egli passa a risposte ancora più precise. Alle donne, comunque separate o vedove, ma desiderose di evadere da quella condizione di grande disagio, egli suggerisce gli esempi di altre donne, le quali, pur potendo risposarsi, pur potendo apparire belle, pur potendo apparire giovani, preferiscono rendersi spose di Dio 12. 9 Cf. C1. Rambaux, La 10 Cf. ibid. 11 Ad uxorem, I , 4,1.

12

Ad uxorem, I , 4,4.

composition..., p. 16.

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Altra obiezione è l'attrazione del secolo, la quale ofire il superamento di tutte le dzficoltà della vita quotidiana e la gioia del vivere. Si tratta, per Tertulliano, di rilievi facili a superare, se si tiene conto degli insegnamenti del Signore, il quale invita ripetutamente a non cercare i beni di questo mondo. Infine, ecco l'obiezione pi2 premente: il desiderio legittimo dei figli e della posterità: è I'argomento tutto proprio del capitolo V Deludente è la prima risposta: <> (Nobis otiosum est!). I motivi però sono più speciosi che reali, almeno per la nostra mentalità. Perché desiderare i figli egli insiste a dire - se il mondo è presso a finire? Le previsioni del ripetersi di quanto avvenne con il diluvio di Noè e di quanto accadde al tempo di Sodoma e Gomorra dovrebbero richiamare semplicemente a una prudenza più vigilante; infatti, nelle parole del Salvatore altro non dovrebbe intendersi, se non questo preavvertimento! I vizi del momento, quali le gozzoviglie d'ogni genere, a cui gli uomini erano dediti, i commerci, le feste nuziali, vengono richiamati e condannati nei testi sacri come cause di irrz;flessionee di irresponsabilità. Tertulliano invece sembra tener presente unicamente la preoccupazione degli uomini, sorpresi dalla catastrofefinale e occupati soltanto di nozze e dalla procreazione dei figli in quegli attimi di sventura. E cosi pare che in lui n,e derivi, come unica illazione, la negazione del matrimonio. E questa I'interpretazione del pensiero di Tertulliano, dedotta dal Rambaux: «Ne deriva che cosi viene presentato il matrimonio come detestabile da lungo tempo agli occhi di Dio. Tertulliano pretende di vedervi la ragione, per la quale, giungendo ormai il tempo verso la sua fine, Paolo chiede ora agli sposi di vivere separati, e, a maggior ragione, a quelli che non sono sposati, di non pensare a unioni di sorta 1...l. Inoltre, si può scorgere qui che egli non si contenta più, come nella prima parte della sua lettera, d'imporre dei limiti al matrimonio e di farne un bene di second'ordine' o come un male minore. Forte ormai della confutazione delle giustificazioni del matrimonio (esposte in precedenza),

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che egli crede giustamente confutate, approda ora a unaperta condanna delle nozze; è infatti diffile immaginare che egli, in questa condanna, si riferisca unicamente al solo rimaritaggio, e non anche alle prime nozze>> 13. E naturalmente Tertulliano non poteva non prendere di mira anche l'argomento della continenza, visto che il suo disegno è quello appunto di patrocinare l'urgenza dell'unicità del matrimonio: la morte di uno dei coniugi suppone infatti la continenza del coniuge superstite. Il ricorso alla realtà di chi debba attenersi a tale condotta non gli riesce dzfficile: gli esempi sono numerosi, non solo tra i cristiani, ma perfino nel mondo dei pagani. Nel culto stesso degli dèi, presso i templt vengono scelte soltanto vergini o vedove. Superato dunque questo primo ostacolo 14, egli affronta, nel capitolo VII, il tema dei vantaggi derivanti da una vedovanza casta. Siamo in vista ovviamente di premi valutati nell'ordine spirituale, tanto è vero che le seconde nozze, nella Chiesa, escludono pevfno dai ministeri ecclesiastici. L'ultimo capitolo (I'VIII) ha di mira due temi singolari: il confronto tra la verginità e la castità vedovile, con il risultato del riconoscimento di un maggior merito attribuito alla vedovanza, in quanto essa è cosciente della propria rinuncia. L'altro tema prende di mira invece le donne oziose, ciarliere, perfno dedite al vino e, anche se non sempre, di costumi non molto corretti. Lo scopo di Tertulliano, espresso fin dall'inizio, fu quello di dissuadere la moglie dal ricorso alle seconde nozze. Sembrava dunque che la tesi delle seconde nozze dovesse dominare unicamente tutta la trattazione. Ed ecco invece, accanto al primo soggetto, affiorare un secondo elemento, molto correlativo, se si vuole, quello delle prime nozze. Forse, senz'avvedersene, allorché Tertulliano suggerisce alla futura vedova di tener presente che la morte del marito sarebbe espressione del volere di Dio, cosi ragiona: <
CI. Rambaux, La composition..., pp. 21 e 22. Cf. Ad uxorem, I , 6.

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Dio stesso ha interrotto? E perché rifiuti quella libertà, ormai a te offerta, ricorrendo un'altra volta alla servitù del matrimonio?>>15. Non sembri dunque strano vedere qui il matrimonio ridotto «letteralmente al rango di una schiavitìì>>16. Certo riesce un po' dzfficile non sottoscrivere la conclusione che, dall'analisi di questo primo libro, intende trarre il Rambaux: <<SeTertulliano esprime delle mitiche contro il matrimonio, il motivo non è solo quello di aggredire meglio le seconde nozze, ma anche quello di non riuscire a disimpegnarsz dalle sue convinzioni di sempre [. . .]. Certamente, egli aveva buon gioco nel presentare una tesi relativamente moderata (almeno in questo primo libro), dato che non condannava in maniera assoluta le seconde nozze in caso di vedovanza. Egli però si esponeva ugualmente a delle dzffzcoltàdi fronte ai cattolici per il fatto che la maggior parte dei suoi argomenti erano ugualmente diretti contro il matrimonio in se stesso e per se stesso>>l 7 . Ma il Munier non è meno severo nel suo giudizio sull'opera del Cartaginese. Anch'egli nota che Tevtulliano, dopo avere spostata furtivamente la questione del rimaritaggio al semplice matrimonio come tale, afferma, e questa volta conA tro l'evidenza della Scrittura, che - sotto forma monogama il matrimonio è semplicemente e solamente permesso: risulta, al contrario, che esso è un'istituzione essenziale all'ordine della creazione. Ma Tertulliano, pur ammettendo da una parte che le nozze sono un'istituzione stabilita da Dio e indispensabile all'ordine della creazione, dall'altra finisce per ritenerla una concessione necessaria, ma deplorevole, aipi2 vili istinti dell'uomo, sicché la confutazione degli argomenti invocati per giustifcare il matrimonio o il rimaritaggio si risolve nel discredito di quegli insensati che vorrebbero impegnarsi per l'uno o per I'altro 18. 15

Ibid., I , 7 , 2 .

16 17 18

Ibid. pp. 24-25.

C1. Rambaux, La composition..., p. 22.

Cf. Ch. Munier, À son épouse (SCh 273), pp. 48-49.

Tertulliano

Nella eventualità che la sua morte preceda quella della moglie, Tertulliano intende prevenire la sposa e porgerle dei consigli a modo di testamento spirituale. E il primo consiglio è proprio quello di non pensare a risposarsi, poiché la prima sua preoccupazione dovrà essere quella di assicurarsi i beni eterni. Ed è appunto in uista di questa preoccupazione che egli intende darle opportzmi consigli. Anche il Signore aveva ricordato che, dopo la morte e nella risurrezione fiizale, gli uomini non avranno da pensare a nozze di sorta, ma si troveranno in una condizione simile a quella degli angeli. Quello che ora dunque preoccupa lo scrittore non è la previsione di una sua prossima fine, ma il pensiero che la moglie possa passare a seconde nozze. Ed è proprio questo che egli vorrebbefosse evitato.

1. Testamento spirituale

O mia dilettissima compagna nel servizio del Signore, ho ritenuto opportuno affidare alla tua fedeltà l'impegno che dovrebbe essere da te assolto dopo la mia dipartita da questo mondo, nel caso che io sia chiamato prima di te; avendolo preveduto fin d'ora, tu lo potrai adempiere. 2. L'unico interesse dovrebbe essere il pensiero della vita futura Di fatto noi, mentre ci preoccupiamo a sufficienza dei nostri interessi ordinari, ci facciamo premura perché tutto sia proweduto all'uno e all'altra di noi due, e, a questo fine, ci premuriamo perfino di redigere il testamento: ma, allora, perché non dovremmo occuparci con maggiore sollecitudine delle cose divine e celesti in vista dei giorni futuri e, in certo qual modo, lasciare anticipatamente, a modo di testamento, un'ammonizione e una dimostrazione fattiva di quei pregi che derivano dai beni immortali e dalla eredità dei cieli?

3 . Voglia Iddio che tu possa comprendere interamente queste disposizioni della mia volontà: a Lui onore, glo-

Alla consorte, I, 1, 3-5

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ria, magnificenza, altezza, e potenza, ora e per i secoli dei secoli.

4. Nella vita futura cesserà ogni preoccupazione di nozze Pertanto io ti ordino che, dopo la mia morte, tu rinunzi a nuove nozze, mantenendoti in tutta la continenza possibile (l),persuasa che, con tale impegno, non recherai a me alcun beneficio, mentre gioverai unicamente a te stessa. In realtà, ai cristiani, una volta partiti da questo mondo, non viene promessa nessuna ricomposizione di nozze, poiché essi, owiamente, saranno permutati, nel giorno della risurrezione, nella condizione e nella santità propria degli angeli. Ne segue perciò che cesserà per essi ogni preoccupazione derivante dalle aspirazioni della carne.

5. Un'insinuazione dei Sadducei: la donna dei sette mariti Anche la donna che i Sadducei presumevano di richiamare come sposata successivamente a ben sette fratelli (2), non potrà pretendere, nel giorno della risurrezione, di appartenere ad alcuno di tutti quei suoi mariti, così come nessuno di loro la potrà attendere per vituperarla. L'insinuazione dei Sadducei finì per svanire di fronte alla sentenza del Signore.

(1) Ecco un primo esempio dei veri pensieri di Tertulliano: la rinuncia alle seconde nozze. Quello che sembrava un consiglio, diviene un comando: «Praecipio,tibi»! (2) Cf. Mt. 22, 23-30. E la legge cosiddetta del levirato: «Un uomo aveva l'obbligo, o, sen~plicemente,il diritto, di sposare la vedova del proprio fratello». A parte gli Ebrei, il levirato era la forma più comune dei matrimoni cosiddetti secondari, ed era frequente fra i popoli dell'antichità.

6. Il consiglio di non visposarsi non dipende da motivi personalz; di gelosia Non pensare che, in vista dell'integrità della tua persona da conservare intatta per riguardo a me, io cerchi di insinuarti fin da adesso il consiglio della vedovanza, quasi mi sentissi preso dal sospetto che dovesse cadere sopra di me certa quale vergogna. In quel tempo non sarà ripreso fra di noi nessun rapporto che sappia di deformità voluttuosa (3). È vero infatti che Dio non ha ripromesso ai suoi fedeli niente di così frivolo e di così riprovevole (4). Ma qui è giusto trattare se a te o a qualunque altra donna appartenente a Dio convenga adottare il comportamento che io ora intendo suggerirti.

11 secondo ~zlpitolosuppone alcune obiezioni nei confronti del matrimonio, già ricorrenti nel secondo secolo. Sappiamo infatti che le soluzioni proposte erano contrassegnate da varie correnti Ciò che ora importa notare è che tali soluzioni non tenevano presenti questioni dottrinalz, quanto piuttosto problemi d'ordine principalmente morale, disaplinare, pratico. Ed è certo che simili tendenze miravano, in non pochi degli stessi Padri del secolo, più al rigorismo che all'indulgenza:se non contro il matrimonio in se stesso, essi erano contro le seconde nozze in particolare. Ed è appunto tra questi ultimi che noi incontriamo qui il nostro autore.

1. Unicità del matrimonio benedetto da Dio Io non ripudio l'unione dell'uomo e della donna, benedetta da Dio come il vivaio del genere umano, destinato ( 3 ) Si noti questa prima definizione negativa, data da Tertulliano, ad ogni rapporto intimo della vita coniugale. (4) Altra definizione negativa delle nozze.

Alla consdrte, I, 2, 1-3

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a popolare la terra (5)e a formare il mondo: pertanto essa è permessa, nei limiti però di una unione unica. Adamo infatti fu il solo marito di Eva, così come Eva fu l'unica moglie di lui: una sola donna, una sola costola (6).

2 . 1 patriarchi praticarono la poligamia È vero che presso i nostri antenati e presso gli stessi patriarchi fu concesso non solo di risposarsi, ma di concordare più matrimoni nel medesimo tempo. Essi avevano anche delle concubine. 3. Il Vangelo ha modifcato la legge mosaica Ora però, anche se la Chiesa era allora presente nella Sinagoga a modo di prefigurazione 1, tuttavia, interpretando del tutto testualmente il fatto dei matrimoni, noi diremo che fu allora necessario precostituire quello che in seguito avrebbe dovuto essere eliminato o per lo meno corretto. In realtà, in seguito, sarebbe soprawenuta la legge: era infatti necessario che, anzitutto, antivenissero le cause destinate ad adempiere la legge2. Progressivamente e a suo tempo, la Parola di Dio doveva poi succedere alla legge, introducendo la circoncisione dello spirito (7). l

Cf. Gal. 4,22-28.

2

Cf. Rom. 5,20.

( 5 ) Cf. Gen. 1,28. Come si vede, non siamo ancora nel periodo della sua disistima del matrimonio, comportante la procreazione dei figli. (6) Cf. Gen. 2, 21. Si noti bene la premessa: il matrimonio è permesso, ma una volta sola! Appare dunque anche qui l'accenno ben preciso alla futura monogamia. (7) Cf. Mt. 5 , 7; Rom. 2, 29. Nei primi secoli della storia umana vigeva dunque la Sinagoga, con finalità tutte proprie. Ma ad essa, con l'approssimarsi dell'ultirna età del mondo, è soprawenuta la Chiesa e così la Legge ha dimostrato tutta la sua inferiorità. I1 Vangelo ha supe-

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4. I costumi doueuano essere corretti Fu così che, a causa di quella tollerata licenza, vennero insorgendo certi motivi destinati a richiedere delle emendazioni: fu il Signore nel suo Vangelo e, in seguito, anche l'Apostolo, in vista della fine dei tempi, a ridurre quanto v'era di superfluo, e a riordinare quanto v'era di incomposto.

Una volta dimostrata la liceità del matrimonio, inteso come monogamia, Tertulliano sente la necessità di allargare la questione: dopo tutto, può esserui una soluzione ancora migliore? Egli non esita a rispondere affermativamente: ogni vedova può attenersi al proposito di non risposarsi, perseverando nella continenza, persuasa così daver scelto un bene superiore al matrimonio.

1. Liceità del matrimonio contro la condanna di certi eretici Non si creda che io abbia preso a parlare, fin dal principio, intorno alla libertà concessa agli antenati, e al rigore imposto alle generazioni successive, al solo scopo di dimostrare che Cristo è venuto ad eliminare i matrimoni e a vietare le unioni matrimoniali, tanto da far credere che fin d'adesso io prescriva la fine delle nozze. E allora prestino la dovuta attenzione coloro, i quali, tra le altre perversità, pretendono di separare, con le loro dottrine, quella che invece è una sola carne in due esseri viventi. Ne deriva che, in quel modo, essi rinnegano pure Colui che, avendo tratto la donna dall'uomoj, ricongiunse nuovamente, nella compagine 3

Cf. Gen. 2,24; Mt. 19,5-6.

rato la Legge, sostituendovi la circoncisione dello spirito con la Parola di Dio. Abbiamo qui un primo accenno alle dottrine montaniste.

Alla consorte, I, 3, 1-3

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iniziale, i due corpi derivati dalla connessione deli'identica materia (8). 2. La continenza è un bene indubbiamente superiore alle

nozze Infine noi leggiamo che in nessun luogo e in nessun modo è vietato il matrimonio, appunto perché esso è un bene. Che cosa però sia meglio di questo bene, noi lo sappiamo dd'Apostolo, in quanto egli permette, da una parte, di sposarsi, ma, dall'altra, preferisce la continenza. Egli permette le nozze a causa delle insidie prodotte dalie tentazioni4; preferisce invece la continenza a causa della ristrettezza dei tempi (9).

3.11 meglio è non sposarsi! Una volta prese in esame le ragioni di questa duplice dichiarazione, apparirà facilmente che ci è stato dato il permesso di sposarci in base a una necessità. Ne segue d o r a che quanto viene accordato per necessità, per ciò stesso finisce per essere disprezzato. E finalmente, visto che è stato scritto: 4

Cf. 1 Cor. 7, 1-2.26.

(8) «Sarebbe un'aberrazione rinnegare quel Dio che unì due corpi in uno, ricavando la donna dalla materia dell'uomo. Così il Tertulliano premontanista» (C. Tibiletti, Verginità e matrimonio in antichi scrittori cristiani, Roma 19832, p. 220). (9) Cf. 1 Cor. 7,29. Ne segue che egli non intende programmare la negazione del matrimonio, proprio perché esso, fondamentalmente, è un bene. Ciò non toglie che, secondo l'Apostolo, la continenza non costituisca una scelta migliore: infatti la permissione delle nozze ha per base il pericolo insito nelle tentazioni dei sensi; la continenza tiene presente la prevista ristrettezza dei tempi. La preferenza data alla continenza nei confronti delle nozze prelude al futuro montanismo di Tertulliano.

Tertulliano

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«È meglio sposarsi che essere dati alle fiamme» (lo), io ora ti chiedo, di che genere può essere mai un tal bene, dato che a raccomandarlo è solo il confronto con un male, al punto che è meglio sposarsi, poiché sarebbe peggio finire tra le fiamme? 4. Quello che è permesso, rende sospetta la causa della concessione Dopo tutto però, quanto sarebbe meglio non sposarsi e non essere dati in preda alle fiamme! Così pure, allorché imperversano le persecuzioni, è meglio fuggire da una città a un'altra, dato che questo è stato concesso>,piuttosto che essere presi e poi rinnegare la fede sotto il peso delle torture. Dopo tutto, però, quanto risultano più beati coloro che riescono ad affrontare la morte per la confessione della loro testimonianza di fede! Posso aggiungere ancora: quello che è permess?, non può essere sicuramente un bene (11). Come mai? E necessario certamente che io muoia: se (al mio giudizio) sarò approvato, questo sarà un bene. Se invece io vivo nel timore, [. ..l Quello che viene permesso, rende già, per se stesso, sospetta la causa di quella concessione. Quello invece che è meglio, nessuno lo permette, poiché esso non comporta incertezza, essendo esso già manifesto in base alla sua stessa evidenza.

5

Cf. Mt. 10,23.

(10) 1 Cor. 7, 9. Sentenza che, per Tertulliano, qui, ma specialmente nel De exhortatione castitatis, diverrà oggetto di ulteriori discussioni, facendone apparire il senso, non di consiglio, ma di precetto. Al verbo uri vien data l'interpretazione di ardere nel fuoco dell'inferno ! (11) È questa una delle sentenze più proprie di Tertulliano: una cosa non potrà mai essere del tutto buona, se essa non lo è per se stessa. ma solo in confronto con un'altra: le seconde nozze sono soltanto permesse, dunque sono buone solo in senso relativo.

Alla consorte, 1, 3, 5-6

5. Valore relativo di ciò che è semplicemente permesso Certe cose non si devono desiderare per il solo fatto che non sono vietate, pur dovendosi ammettere che, in certo qual modo, esse sono vietate in quanto alcune vengono preferite ad altre: infatti la preferenza delle cose superiori suppone la rinuncia alle cose inferiori; d'altra parte, se una cosa è buona, non lo è solo perché non è cattiva, e neppure non è cattiva, solo perché non nuoce. Ne segue pertanto che, quello che è buono realmente, gode di una sua precedenza non soltanto perché non nuoce, ma perché, in più, reca del bene. In effetti, tu devi preferire quello che giova più di quello che solo non nuoce.

6. La rinuncia volontaria alle nozze è una scelta migliore Ogni competizione ha per fine quello di arrivare al primo posto; il secondo posto può recare qualche consolazione, ma esclude la vittoria. Ecco le parole dell'Apostolo: «Dimentichiamo quello che ormai è passato e protendiamoci verso quello che ci sta dinanzi»6; «procuriamo perciò di ambire a doni rnigliorb7. E così, sebbene non intenda tenderci un laccio 8, egli dichiara quello che torna di utilità, dicendo: «La donna non sposata è sollecita delle cose del Signore per essere santa di corpo e di spirito; invece quella che è sposata è premurosa, cercando il modo di piacere al marito»9. Del resto, in nessuna parte l'Apostolo permette le nozze in maniera tale da non lasciar comprendere che egli preferisce invitare a seguire il suo stesso esempio.

9

6 Fil. 3, 13. l Cor. 7,34.

7

1 Cor. 12, 31.

8

Cf. 1 Cor. 7, 35.

Tertulliano

Continua, in questo IV capitolo, la confutazione di altre obiezioni, a cominciare da questa: «La carne è debole, perché incline alla concupiscenza propria e alla concupiscenza del mondo». Tertulliano risponde che tutto si può superare sulì'esempio di tante sante vedove, le quali, rinunciando a risposarsi, si sono rese spose di Dio. Tutto si può prevenire, aiutati dalla grazia di Dio!

1. Ed ecco la scusa pih frequentemente addotta: la carne è debole! Leggiamo (nel Vangelo) che la carne è inferma: in base a questa sentenza, noi non facciamo altro che lusingare noi stessi con maggiore compiacenza. Tuttavia leggiamo anche che lo spirito è pronto 10. Le due sentenze sono comunque poste nel medesimo passo. La carne però è materia terrena, mentre lo spirito appartiene al cielo 11. Dato allora che noi ci sentiamo molto disposti a scusarci, perché mai cerchiamo di addurre come scusa quello che in noi è infermo, e non approfittiamo invece di quello che in noi è più forte? Perché quello che in noi è terreno non dovrebbe essere sottomesso a quello che in noi appartiene al cielo? 2. Due obiezioni di quanti non sono più legati al matrimonio Ne segue allora che, se lo spirito è più forte della carne, dato che esso, per natura, è anche più elevato, è del tutto colpa nostra se noi finiamo per soccombere alla parte più debole. Infatti, per coloro che non sono più legati dal matrimonio, sono due le ragioni della debolezza umana che rendono necessarie altre nozze: la prima, ed è la più forte, è quella che deriva dalla concupiscenza della carne: l'altra è

10

Cf. Mt. 26,41.

l1

Cf. 1 Cor. 15,40-47.

Alla consorte, I, 4, 2-4

71

quella che proviene dalla concupiscenza del mondo 12. L'una e l'altra però devono essere da noi respinte, servi, come siamo, di Dio, da noi, dico, che rinunziamo alla lussuria e alla superbia della vita del mondo.

3 . Gli esempi delle vedove sante La concupiscenza della carne prende come pretesto le esigenze dell'età giovanile, si appella d'esuberanza fisica e si compiace perfino della sua stessa esibizione ignominiosa: va dicendo che l'uomo è necessario alla donna per la protezione derivante dalla sua autorità e per motivo di conforto, o anche per metterla al sicuro dalle lingue maligne. E tu allora, contro tali insinuazioni dettate dalla passione, attienti agli esempi delle nostre sorelle: i loro nomi sono riposti presso il Signore. Esse, pur potendo aspirare a prendere marito, si guardano bene dall'ostentare la loro formosità e la loro giovane età, e preferiscono praticare la santità dell'astinenza.

4. Esse hanno maggiormente caro di rendersi come spose a Dio. E a Dio che esse vog\ono apparire belle, è a Dio che vogliono apparire giovani. E con lui che esse intendono vivere, parlare con lui e trattare con lui giorno e notte 13. Esse offrono al Signore, come beni dotali, le loro preghiere, e così esse ricevono da lui, come doni maritali, il ricambio, quante volte lo desiderano. Ne segue che così esse si sono assicurate un bene eterno come dono del Signore, e già in questa terra, senza sposarsi, sono assegnate alla farniglia degli angeli ( 12).

(12) La castità è presentata da Tertulliano come la virtù che meglio9assicurala santità e si identifica con essa.

Tertulliano

72

5. Risposarsi non è affatto necessario Sull'esempio di tali donne, tu potrai esercitarti fino all'emulazione della loro continenza: è così che, con la tua disposizione agli interessi dello spirito, riuscirai a mortificare la concupiscenza della carne, reprimendo i labili e inconsistenti desideri della bellezza e dell'età, compensandoli con la visione dei beni immortali.

6. I profitti pericolosi derivanti dalla concupiscenza del mondo Del resto, l'orgogliosa concupiscenza del mondo richiama, come pretesti, la gloria, la bramosia, l'ambizione, il bisogno, e perciò, in base a tali aspirazioni, essa insinua la necessità delle nozze, promettendo, in cambio, beni del tutto superiori, quali l'esercizio del potere su una famiglia altrui, un tranquillo riposo per il profitto derivante dal patrimonio di altri, la possibilità d'assicurarti, con il ricavato dai beni degli altri, un elevato sistema di vita, e poi la possibilità di sperperare la ricchezza così ricavata con una completa incoscienza.

7 . La provvidenza aiuta a superare tutte le d$ficoltà Tali aspirazioni sono ben lontane dai fedeli di Cristo, per i quali non devono sussistere preoccupazioni per affrontare la vita, se non quella derivante dal diffidare delle promesse di Dio: è lui, infatti, che riveste di tanta grazia i gigli del campo; è lui che nutre gli uccelli del cielo senza alcun loro lavoro e vieta di preoccuparci del cibo e del vestito per il giorno dopo, assicurando che egli conosce quello, di cui ha bisogno ognuno dei suoi servi 14. Tutto questo non 14

Cf. Mt. 6 , 28.26.31.32.

Alla consorte, I, 4, 7-8;5, 1

73

significa affatto dunque preoccuparsi del peso dei gioielli, della seccatura dei bei vestiti, dei giumenti della Gallia o dei portatori dei pesi, venuti dalla Germania, privilegi, questi, che designano la superiorità d'un matrimonio. Si preferisca invece la sola sufficienza, perché è questa che s'adatta alla modestia e alla castità.

8. Sii persuasa, te ne prego, di non avere bisogno di nuila, se tu sei col Signore, anzi, di possedere tutto, se tu possiedi il Signore, perché egli ha tutto. Pensa alle cose del cielo, e così disprezzerai quelle della terra. Niente v'è di necessario alla vedovanza trascorsa sotto lo sguardo di Dio, se non di perseverare in essa.

Siamo giunti a una delle pagine pi2 singolari del pensiero di Tertulliano: se è vero che il primo fine del matrimonio è la procreazione dei figli, è proprio questo che egli, in questa pagina, tende a escludere. Il motivo è la previsione della fine del mondo ormai prossima; e allora, perché desiderare ifigli, se siamo ormai destinati a una sorte pregna di sofferenza, e a una sorpresa non dissimile a quella che toccò a Sodoma e a Gomorra? La pagina è molto significativa, anche perché già prelude all'accettazione degli insegnamenti del montanismo.

1. Perché desiderare ifiglz; se il mondo è presso a finire?

È noto come gli uomini si configurino, quale pretesto per legittimare i loro matrimoni, la preoccupazione di assicurarsi una propria posterità e l'amarissimo piacere di avere figli. Per noi tutto questo è fuori questione. In realtà, perché dovremmo preoccuparci di mettere al mondo dei figli, se poi, dopo averli messi al mondo, desideriamo che essi ci'precedano nella morte in vista delle imminenti tribolazioni, desiderosi come siamo che anch'essi possano sottrarsi

Tertulliano

74

a questo iniquissimo mondo ed essere accolti presso il Signore, così come anche l'Apostolo si augurava 152

2. Si è convinti che sia proprio necessario, per un servo di Dio, assicurarsi una propria discendenza. In realtà, viviamo così certi della nostra salvezza da poter attendere perfino alla cura dei figli! Dovremo dunque caricarci di quei pesi che perfino dalla maggior parte dei gentili vengono evitati, quelli che le leggi impongono di curare e che vengono rimossi solo con la morte, e che per noi, infine, riescono sommamente importuni nei limiti in cui essi costituiscono un pericolo per la nostra fede. Ma allora, perché mai il Signore predisse: «Guai alle donne che saranno incinte e allatteranno» (13), se non per attestare che, in quel gran giorno finale, l'impedimento dei figli costituirà un autentico aggravio? Quei danni saranno riservati senza dubbio alle donne maritate, e non riguarderanno affatto le donne vedove. 3. Inszitenza sulla uisione apocalittica come quella di Sodoma e Gomorra Al primo suono dell'angelica tromba le donne vedove esulteranno e sopporteranno liberamente ogni afflizione e ogni persecuzione, poiché nessun aggravio recherà fastidio al loro ventre e ai loro seni. Ne segue dunque che le nozze si contraggono in vista della carne, del mondo e della discendenza, mentre per i servi di Dio divengono del tutto estranee tali necessità al punto di dover io stesso considerare più che bastevole l'essere io soggiaciuto una volta a qualcuno di quegli impegni e l'aver soddisfatto con un unico matrimonio tutta quella sopraindicata concupiscenza. Ma 15

Cf. 2 Cor. 5 , 8; Fil. 1,23.

(13) Mt. 24, 19; Lc. 21, 23; Mc. 13, 17. Tertulliano interpreta questi versetti come un invito a rinunciare al matrimonio.

Alla consorte, I, 5, 3-4; 6, 1

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allora sposiamoci ogni giorno e così lasciamoci cogliere all'improvviso, nel pieno delle celebrazioni nuziali, proprio in quel giorno di trepidazione, così come accadde per Sodoma e per Gomorra.

4. E in realtà, in quella città, non si occupavano solamente di nozze e di commerci; la Scrittura dice espressamente: «Si sposavano e compravano» 16, e così essa intende denotare i vizi più gravi sia della carne sia del mondo, quelli che maggiormente allontanavano dalla disciplina divina, uno per i piaceri della lussuria, l'altro per la bramosia degli acquisti. E tuttavia in quell'età una tale cecità era ancora ben lontana dalla previsione della fine del mondo. Ma che accadrà ora, se dovesse sopraggiungere quello che awenne un giorno, grazie a tutto ciò che è detestabile agli occhi di Dio? Ah, che il Signore ci tenga lontani da simili sciagure! «I1 tempo è ristretto - dichiara -; resta quindi che coloro che sono sposati, vivano come se non lo fossero» 17.

La continenza viene spesso osservata, per accordo reciproco, anche tra sposati. Essa dunque non dovrebbe costituire una grande diffoltà per una vedova, tanto più che perfino nel servizio religioso presso i templi dei pagani vengono scelte solo delle vergini e delle donne sposate che, in quel tempo, rinunciano alla vita coniugale e familiare.

1. L'esempio delle donne pagane Ora, se coloro che sono sposati devono comportarsi come se non lo fossero, quanto più coloro che non sono sposati sono tenuti a non aspirare ad avere quello che non 16

Lc. 17,27-28.

17

1 Cor. 7,29.

hanno. Pertanto, la donna, il cui marito ha lasciato la scena di questo mondo, proprio per questo imponga una tregua agli istinti del proprio sesso, astenendosi dal rimaritarsi. Del resto, molte tra le donne degli stessi pagani scelgono la continenza appunto per onorare la memoria dei loro carissimi mariti. Quindi, qualora ci si presenti qualche seria difficoltà, consideriamo quanti, tra gli altri, hanno deciso di affrontare situazioni anche più critiche delle nostre.

2. La continenza nel matrimonio per comune accordo Quanti sono quelli che, subito dopo il battesimo, suggellano la loro carne con il sigillo della continenza? E parimenti, quanti sono quelli, i quali, con mutuo accordo, rinunciano reciprocamente al debito coniugale, divenendo eunuchi volontari per il desiderio del regno dei cieli? E se si decide la continenza quando è ancora in atto il matrimonio, quanto più essa dev'essere decisa, allorché il matrimonio viene interrotto (per la morte d'uno dei coniugi)? Io sono convinto che è più difficile rinunciare a un bene, di cui si continua ancora a godere, che non desiderarlo ancora, quando ormai lo si è perduto.

3 . Gli esempi delle vestali Senza dubbio è un proposito abbastanza duro e arduo, per una donna santa, osservare la continenza per amore di Dio dopo la morte del marito, visto però che le donne dei pagani accolgono, in onore del loro Satana, un sacerdozio con l'obbligo della verginità e della vedovanza! (14). A Roma quelle che hanno l'incarico di assicurare la continuità di quel fuoco, .che è figura di quello che non si estinguerà mai 18, 18

Cf. Mt. 3 , 12.

(14) Naturalmente, il richiamo ha valore ironico!

Alla consorte, I, 6, 3-5

77

vengono scelte tra le vergini, e così esse si prendono cura del fuoco, presagio di quella condanna che esse dovranno sostenere assieme al dragone infernale 19. 4. Altri esempi, tra i pagani, di servizio nei templi degli dèi Presso la città di Egio (15) viene tratta a sorte una vergine per il culto di Giunone Achea, e le donne che a Delfi si esaltano fino al delirio per dare i vaticini, ignorano le nozze. E noto, del resto, che delle vedove sono addette al culto di Cerere africana, destinate a quell'ufficio per aver dimenticato il matrimonio con rinuncia pur durissima. E di fatto, anche se resta ancora in vita il loro marito, esse, non solo si staccano dal letto coniugale, ma permettono d'introdurvi altre donne al loro posto, ben contenti, per questo, s'intende, quei loro mariti! Esse giungono a escludere ogni rapporto col mondo tanto da rinunciare perfino al bacio dei figli, e durante quel loro servizio perseverano in tale disciplina come vedove, al punto da vietarsi addirittura il santo conforto dettato dalla pietà.

5. Tale disciplina, in uso presso ipagani, non può però essere altro che frutto di suggestioni Sono questi i suggerimenti del demonio, e così egli viene esaudito. Senza dubbio egIi provoca i servi di Dio con la stessa continenza osservata dai suoi addetti, quasi nella stessa misura: infatti osservano la continenza anche i sacerdoti della geenna. E in realtà il demonio ha trovato il modo di rovinare gli uomini perfino con l'operare il bene: a

(15) Egio, antica città dell'Acaia, sul golfo di Corinto, ricordata anche da Omero, Secondo la leggenda Zeus vi sarebbe nato e vi sarebbe stato nutrito da una capra (Aig*), da cui il nome della città.

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Tertulliano

lui non importa sopprimere gli uni con la lussuria, gli altri con la continenza (l6).

Tertulliano vuole dimostrare che le seconde nozze sono un ostacolo in virta della santità necessaria a chi, nella Chiesa, occupa uffici e particolari servizi divini. La conferma può essere riscontrata nel fatto che la rtessa esigenza è richiesta negli uffdn dei templi pagani là,però, essa viene praticata unicamente per effetto di suggestioni derivate dal demonio, imitatore, per dispregio, della disciplina della Chiesa.

1. Benefici derivanti da una vedovanza casta

A noi la continenza è stata manifestata dal Signore, Dio della salvezza, come un sussidio per assicurarci l'eternità, come una testimonianza della nostra fede, come una garanzia per questa nostra carne, destinata a rivestirsi del futuro indumento dell'immortalità, e, infine, da ultimo, per rassegnarci interamente alla volontà di Dio. Ti prego di tener presente che nessuno è tolto da questo mondo, se non quando Dio lo vuole, se è vero che neppure una foglia cade dall'albero, se non per volontà di Dio. 2. La morte giunge per precisa disposizione di Dio In effetti, Colui che ci introduce nel mondo, è pure Colui che ce ne trae fuori. Ne segue allora che, se è per vo(16) Non può essere retto ciò che non è ancorato in Dio. La castità pagana può essere suggerita dal diavolo. I1 demonio sfida i servi di Dio con la continenza dei suoi seguaci, e così trova il modo di condurre a rovina anche sotto l'aspetto di bene, e far perire con la castità, mentre altri periscono con la lussuria. Vedi C. Tibiletti, Verginità e matrimonio, pp. 74-75.

Alla consorte, 1, 7, 2-4

lontà di Dio che il marito viene sorpreso dalla morte, sarà per volontà di Dio che anche il matrimonio venga a cessare. E allora, perché mai tu vorresti riabilitare quello che Dio stesso ha interrotto? E perché rifiuti la libertà, ormai a te offerta, ricorrendo un'altra volta alla servitù del matrimonio? «Sei tu legato dal matrimonio? - dice l'Apostolo -. Non cercare di scioglierlo. Sei libero dal matrimonio? Non cercarne il legame» 20.

3 . La continenza, nella vedovanza, permette di attuare quanto non permetteva lo stato matrimoniale Di fatto, anche se tu, risposandoti, non pecchi, l7Apostolo tuttavia ritiene che soprawerranno ugualmente le tribolazioni della carne 21. Perciò atteniamoci, per quanto ci riesce, alla facoltà di praticare liberamente la continenza. Non appena essa si presenterà, accogliamola in modo da poter praticare nella vedovanza quello che non ci era stato possibile nel matrimonio. Occorre dunque abbracciare la buona occasione, la quale rimuove quello, a cui la necessità ci obbligava. 4 . Le seconde nozze costjtuiscono un limite nei ministeri del-

la Chiesa La disciplina della Chiesa e le prescrizioni dell'Apostolo dichiarano quanto le seconde nozze detraggano alla fede, e fino a che punto ostacolino la santità, visto che l'Apostolo non permette che gli sposati due volte siano ammess'i a presiedere la comunità 22, e non ammette che una donna sia accolta nell'ordine delle vedove, se non quando risulta che essa è stata moglie di un solo uomo 23. Per que201Cor.7,27. 21Cf.lCor.7,28. 23 Cf. 1 Tim. 5 , 9 . Tit. 1, 6.

22Cf.1Tim.3,2.12;

Tertulliano

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sto occorre presentare l'altare di Dio del tutto santo 24. E tutta la realtà della Chiesa deve risultare caratterizzata da una candida santità (17).

5. I1 demonio, per disprezzo, imita, tra i pagani, i costumi cristiani L'ufficio del sacerdozio, esteso ai vedovi e a chi professa il celibato, esiste presso i pagani, ma a causa della rivalità del demonio. Al monarca del mondo, al pontefice massimo, è del tutto vietato sposarsi una seconda volta. Quanto dunque la santità sia gradita a Dio, lo dimostra il fatto che perfino il suo nemico cerca di contraffarla, e questo, non ceno per una sua tendenza ad attenersi a qualche affinità di bene, ma solo per rifare, per ignominia, quello che è gradito al Signore Dio.

Siamo all'ultimo capitolo di questo 1 Libro, che si conclude con il confronto fra una casta vedovanza e la stessa verginità, con I'imprevista preminenza concessa alla vedovanza, non certo in base al valore, quanto piuttosto in base al merito. La vedova infatti è consapevole di quello, a cui ella rinuncia; non così la vergine. Segue la descrizione della condotta propria delle donne oziose e ciurliere. Poi tutto si conclude con un affettuoso commiato.

1.La vedova e l'orfano sono protetti da Dio In effetti, quanto grande sia l'onore riservato presso Dio alla vedovanza, fu rivelato con poche parole dal profe2"f.

1 Cor. 3, 16-17

(17) Tertulliano annette tanta importanza alla castità verginale o vedovile da chiamarla senz'altro sanctitas, ed è significativo che essa si contrapponga a nuptiae. Vedi C. Tibiletti, Vergmità e matrimonio, p. 176, nota 149.

Alla consorte, 1, 8, 1-3

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ta: «Rendete giustizia alla vedova e all'orfano, e poi venite e discuteremo, dice il Signore»25. Questi due gruppi di persone, appunto perché destituite di aiuti umani, si trovano sottoposti alla misericordia divina, e perciò il Padre di tutti si preoccupa della loro difesa. Osserva dunque come sia posto alla parità con Dio colui che fa del bene a una vedova, e di quale riguardo sia meritevole la vedova, il cui benefattore potrà tener parola perfino con Dio stesso. Io non credo che un onore così grande sia riservato neppure alle vergini.

2. Confronto fra una vedoua e una vergine Benché nelle vergini l'integrità sia completa e tutta la loro santità sia in grado di ripromettersi da vicino la visione del volto di Dio, la vedova tuttavia sopporta qualcosa di più oneroso: è facile infatti non desiderare quello che si ignora edessere indifferenti per quello che non hai mai desiderato. E però più gloriosa la continenza che ha la pratica dei suoi diritti e ben conosce quello che essa ha già sperimentato.

3 . Potrà la vergine essere ritenuta più beata, mentre la vedova dovrà essere considerata più impegnata: quella, perché sempre in possesso del suo bene; questa, perché ha trovato, per sé, il suo bene. Nella vergine viene coronata la grazia, nella vedova la virtu. Certi privilegi sono frutto della liberalità divina, altri sono frutto della propria operosità. Quelli che sono elargiti dal Signore, sono sorretti dalla sua grazia; quelli invece che sono ottenuti dall'uomo, sono assicurati dalla sua buona volontà. E allora, per assodare la virtu della tua continenza, rivèstiti di modestia, la quale protegge il pudore; attendi all'operosità, la quale impedisce

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Tertulliano

le inutili divagazioni, e coltiva la frugalità, la quale comporta il disprezzo del mondo.

4. Comportamento di donne dissipate, loquaci e oziose Cerca incontri e conversazioni degne di Dio, tenendo presenti queste brevi parole, ispirate dall'Apostolo: «Le cattive conversazioni corrompono i buoni costumi» 26. Le donne vicine di casa, loquaci, oziose, dedite al vino e indiscrete, sono di danno ai buoni propositi d'una vedova. Nella loro loquacità inseriscono espressioni nemiche del pudore; con la loro oziosità esse dissuadono dal seguire una condotta operosa; vittime, come sono, del vino, esse risultano inclini ad ogni disordine, e con la loro indiscrezione provocano la diffusione della lussuria.

5. O moglie, non passare a seconde nozze! Nessuna di tali donne saprebbe parlare del bene compreso nel matrimonio con un solo uomo. «I1 loro dio è il ventre», dice l'Apostolo, e anche quello che ha rapporto con il ventre27. Tutto ciò io fin d'ora te lo prescrivo, mia carissima compagna nel servizio del Signore, e quanto ho detto l'ho desunto, con molta larghezza, dall'Apostolo, e potrà costituire anche per te un conforto per il tuo avvenire, poiché in quelle mie parole tu troverai assai di frequente, se tale sarà la mia sorte, il mio ricordo.

26

1 Cor. 15,33.

27

Fil. 3, 19.

LIBRO SECONDO

Esiste un rapporto logico fra il primo e il secondo libro dell'Ad uxorem: se il primo libro tiene presente l'ideale d'un matrimonio unico, il secondo condanna il passaggio alle seconde nozze da escludere, non in se stesse e per se stesse, ma in vista soprattutto dei matrimoni misti, vale a dire, d'una donna cristiana con un pagano, o viceversa. Non si può escludere che la decisione di oltrepassare i limiti del primo libro con una trattazione ulteriore sia stata suggerita da certe critiche rivolte all'autore e provocate dal suo opuscolo nell'ambito della cristianità di Cartagine. Forse più di qualcuno, o di qualcuna, specie tra le famiglie più in vista, si senti preso di mim direttamente, e forse reagil. "Ad avvalorare questa ipotesi offre motivo lo stesso Tertulliano, il quale, ayinizio del suo lavoro, non fa mistero di un certo episodio: «E avvenuto proprio in questi giorni - egli scrive - che una donna, sottraendosi ai doveri del matrimonio inteso dalla Chiesa, ha contratto nozze con un pagano»2. Siamo dunque di fronte non a delle astratte e ipotetiche pos1

La questione dei matrimoni misti, rawivata da un affare locale

(Ad uxorem, 11, 2, l),parve offrire a Tertulliano una buona occasione per prendere una rivincita contro i v o i detrattori, e in questo egli s'impegnò a fondo. Vedi Ch. Munier, A son épouse (SCh 2731, p. 50. 2 Ad u x o r e r n , ~ 2 , 1 .

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Tertulliano

sibilità, ma davanti a fatti realmente accaduti e ripetutisi più volte e, per di più, con l'aggiunta di un'altra grave circostanza. Tertulliano non esita a mettere sotto accusa i consiglieri (maestri e presbiteri della Chiesa), i quali, con i loro consigli e la loro indulgenza, si rendevano responsabili di tali matri- egli informa - che in passato anche moni. <> 3. Dal richiamo ora riportato, il Munier trae la conclusione che i matrimoni misti, almeno a Cartagine, dovevano essere numerosi! Il Gramaglia esclude, da parte sua, una tale deduzione>. Che cosa pensarne? Dalla difesa che Tertulliano offre delle proprie convinzioni si direbbe che, se non proprio numerosz; tali matrimoni misti non dovevano essere nemmeno del tutto rari, visto che, dopo aver accennato a un fatto singolo, egli non esita ad aggiungere che quell'afjrare era stato concluso anche da altri. Quello che, come ora vedremo, rendeva quell'abuso ancora più grave, era il fatto che non si trattava soltanto di matrimoni misti fra una vedova o una divorziata e un pagano, quindi del passaggio alle seconde nozze, ma anche di prime nozze, fra una giovane cristiana e un pagano. Tutto sommato, pare dunque che, secondo Tertulliano, ci fosse bisogno di un rimedio radicale. Di qui la decisione di affrontare il problema fin dalle sue radici. Nella prima parte dunque di questa seconda Lettera ecco delinearsi la questione. Naturalmente, Tertulliano non si nasconde la difficoltà di dover confutare avversari, a quanto pare, tutt'altro che facilmente riducibili. Quindi egli propone la sua difesa su un fondamento scritturistico ineccepibile: <
' Ibid.

Cf. Ch. Munier, À son épouse (SCh 273), p. 11. Cf. P.A. Gramaglia, Tertulliano: il matrimonio nel cristianesimo preniceno, Roma 1988, p. 290, nota 9. 4 5

Alla consorte, Libro Il, Introduzione

85

contrarre matrimonio con chi vuole, ma solamente nel Signore>)6 . Dal contesto della discussione si ricava che gli avversari si richiamavano e si facevano forti dei versetti paolini: <
6 7 9

Cf. A d uxorem, II,2,3-4.

Tertulliano

86

mischiato con un corpo pagano?» 10. Richiamandosi a un tale przizcipio, non esita ad assimilare il matrimonio misto alla fornicazione '1. l1 corpo del cristiano appartiene a Dio, e perciò la stessa dignità di Dio ne risulterebbe offesa. Cosz) nei capitoli immediatamente successivi, Tertulliano presenta la vita quotidiana di una sposa cristiana, maritata con un pagano, pressoché impossibile: ad ogni ora, del giorno come,della notte, sono sempre in gioco continui compromessi12. E a questo punto che il Munier pone giustamente questo quesito: <>13. Ma Tertulliano non ha altra risposta, se non di principio indiscusso e indiscutibile: basandosi sulla interpretazione del tutto personale dei uv. 12-14 e 39 della I Lettera ai Corinti, egli cosi conclude: il matrimonio misto degli sposi precristiani, di cui uno si converta alla fede, resta nell'ambito del volere di Dio; il matrimonio misto, di cui uno dei pretendenti sia già cristiano, esula dal volere di Dio, e costituisce una colpa molto grave. Sono dunque in gioco, in questo secondo libro, principi dedotti dall'esegesi biblica e motivi ricavati dalle dzfficoltàdella vita quotidiana. Casi singoli, in cui appariva la realtà di situazioni molto svantaggiose, forse non mancavano. Ma, purtroppo, dalle pagine di Tertullzàno risulterebbe che, dai matrimoni misti, insorgevano solo problemi praticamente e religio-

10 Ad 11

12 13

uxorem, II,2,6. Cf. Ad uxorem, II,3,1. Cf. Ad uxorem, 11, CC. 3-5. Ch. Munier, A son épouse (SCh 273), p. 57.

Alla consorte, 11, 1, 1

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samente insolubili. Siamo di fronte, cost ancora una volta, alla passione dello scrittore, indotto a condurre fino all'esasperazione la soluzione dei suoi problemi, soluzione che ha per conclusione la repressione assoluta dei matrimoni misti. Al termine del secondo libro e di tutta l'opera dedicata alla propria consorte, condotta, in genere, su toni cosi pessimistici, e molto soggettivi, ecco all'improvviso affiorare una pagina a sorpresa: I'esaltazione, senza limiti, della felicità coniugale 14. Difficilmente, in tutta la patristica, è possibile trovarne una simile, e perciò non mancano certo lodi e approuazioni da parte degli studiosi. lo m i permetto di fare una sola riserva: nei vari motivi addotti dall'autore per convalidare tale felicità e formulare tale esaltazione non appare quello che per tanti coniugi costituisce la vera e somma felicità: la presenza dei figli. Di questo Tertulliano si fa un preciso dovere di non fare parola!

Esaurito il motivo del I Libro, in cui si consigliava la moglie a rinunciare alle seconde nozze, Tertulliano prende ora di mira le donne, le quali, a causa dell'umana debolezza, «dopo il divorzio o la morte del marito*, si decidono a passare a seconde nozze anche a costo d'un matrimonio contratto al di fuori del consiglio dell'Apostolo, e cioè «non nel Signore».

1. Una serie di nuovi consigli In precedenza, o mia carissima compagna nel servizio del Signore, io ti ho indicato come dovrebbe comportarsi una donna santa, della quale, per qualunque sorte, sia stato interrotto il matrimonio. Ora terremo presente una secon-

l4

Cf. Ad uxorem, II,8,6-9.

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Tertulliano

da serie di consigli in vista dell'umana debolezza, così come ci inducono a riflettere gli esempi di certe donne, le quali, a causa del divorzio o per la morte del marito, pur potendo decidersi per l'osservanza della continenza, non solo hanno respinto l'opportunità di un bene così grande, ma, per di più, rimaritandosi, non hanno voluto neppure attenersi alla regola di contrarre le nuove nozze, soprattutto, nel Signore.

2. DzfLicoltà relative alle seconde nozze I1 mio animo, comunque, è assai turbato: proprio io che in precedenza ho esortato a perseverare nell'unico matrimonio e nella vedovanza, ora, nel parlare di seconde nozze, dovrei offrirti la possibilità di precipitare giù da una situazione tanto più alta. Se tu rifletti veramente, di sicuro ri; conoscerai che dovrai attenerti alla soluzione più utile. E vero purtroppo che tutto questo è difficile, e non è privo di inevitabilità proporsi un tal genere di vita: tuttavia io mi sono deciso ad affrontarlo.

3. Troppo facile la condiscendenza alle seconde nozze! Io non avrei certamente avuto motivo di parlarti di questo argomento, se non mi si fosse presentata certa apprensione alquanto seria riguardo a tali donne. E in effetti, quanto è grande la continenza della carne che accompagna la vedovanza, altrettanto può essere suscettibile di comprensione, se una donna non si sente di affrontarla. In tal caso, trattandosi di cosa difficile, è facile essere condiscendenti. Ma allora, visto che è permesso sposarsi nel Signore, essendo questo in nostro potere, risulterà tanto maggiormente colpevole il fatto di non attenersi a quello che rimane in facoltà del tutto nostra.

Alla consorte, 11, 1, 4; 2

4. Distinzione fra consigli e precetti Vi si aggiunge quanto l'Apostolo ha suggerito intorno alla vedova e alla vergine, perché perseverino in quel loro stato: «Io vorrei che tutti seguissero il mio esempio» 1. Quando egli accenna al matrimonio da contrarre, aggiunge: «Si faccia però unicamente nel Signore» 2 . Come si vede, egli, qui, non si limita a dare un consiglio, ma dà un ordine preciso (l).Ne segue allora che, soprattutto sotto questo rispetto, se noi non obbediamo, corriamo un serio pericolo: risulta infatti che, se uno non si attiene a un consiglio, potrà farlo senza doverne essere punito; se invece uno non osserva un ordine preciso, non potrà farlo senza subirne una sanzione. I1 consiglio infatti viene proposto al libero arbitrio; l'ordine preciso invece deriva da sicura autorità e comporta una necessaria esecuzione. Nel primo caso faremo mostra di attenerci ad una nostra libera scelta; nel secondo invece saremo colpevoli di ribellione.

Ha inizio qui una delle questioni pi& dibattute: il confronto fra i uv. 12-14 e il v. 39 del cap. 7 della I Lettera ai Corinti. Per alcuni, nei primi uv. Paolo sembra approvare, in genere, i matrimoni fra cristiani e pagani; invece nel v. 39 sembra ammettere soltanto quelli contratti «nel Signore>>,vale a dire, fra cristiani e cristiani Tertulliano inuece ritiene che Paolo distingua i matrimoni contratti prima e dopo la conuersione. Nel caso che uno dei coniugi si converta alla fede, il matrimonio conserva la sua ualidità. Non cosz; se un cristiano intenda sposare chi non ha ancora la fede. Ed ecco allora sorgere un'ouuia obiezione: per1

1 Cor. 7,7.

2

1 Cor. 7,39.

(1) Abbiamo qui, per la prima volta, una delle distinzioni destinate ad offrire una delle basi più richiamate nelle argomentazioni di Tertulliano: altra cosa è un consiglio, altra invece un precetto. Ma arriveremo, specie nel De monogamia, a vedere come l'autore giunga a equiparare certi consigli ad autentici precetti.

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Tertulliano

ché dev'esserci dzflerenza fra chi è sposato e chi deve ancora sposarsi?

LA risposta allora sarà questa: lo sposato, incontrandosi con la fede, porta la salute anche ad altr4 chi invece, già cristiano, s'incontra, attraverso il matrimonio, con chi non ha la fede, non solo non produce un effettodi salute, quanto piuttosto di morte.

1. Il caso di donne cristiane che sposano dei pagani

È awenuto proprio in questi giorni che una donna, sottraendosi ai doveri del matrimonio inteso dalla Chiesa, ha contratto le nozze con un pagano. Ricordandomi allora che in passato anche da parte di altre donne era stato compiuto un fatto simile, sorpreso di fronte alla loro impudenza e alla prevaricazione dei loro consiglieri, visto che nessun luogo della Scrittura contempla la liceità d'un fatto simile, allora mi sto chiedendo: credono forse essi di giustificarsi, basandosi su quel capitolo della I Lettera ai Corinti, dove è scritto: «Se qualcuno dei fratelli ha una moglie non credente e questa è disposta a mantenere il matrimonio, non la ripudi; similmente, se una credente è sposata a un pagano, qualora le risulti che il marito consente a rimanere con lei, non lo abbandoni, perché il marito non credente si trova santificato dalla moglie credente, così come la moglie non credente lo è dal marito credente. E se così non fosse, i vostri figli risulterebbero impuri» 3 ? 2. Distinzione fra <<primadel matrimonio» e «dopo il matrimonio» Vi sono di quelli, i quali, pur ritenendo che questi consigli si riferiscano semplicemente ai cristiani già uniti in matrimonio, pensano che potrebbero intendersi pure nel senso di potersi unire in matrimonio anche con chi non è credente. Coloro però che dalle parole dell'Apostolo rica1 Cor. 7, 12-14.

Alla consorte, 11, 2, 2-3

vano una simile interpretazione si guardino bene dal chiudersi in un gioco pericoloso, pur sapendo di agire come agiscono. Di fatto è chiaro che qui la Scrittura intende riferirsi ai fedeli che la grazia di Dio sorprende, quando già si sono uniti con un coniuge pagano. I1 senso di questa parola: «Se uno dei fedeli ha una moglie non credente» 4, non intende suggerire di prendersi una moglie non credente; il senso vero intende dire che chi è già unito con una moglie pagana, qualora egli si sia risolto a convertirsi alla fede con la grazia di Dio, dovrebbe continuare a vivere con la stessa moglie, e intende dire, cioè, che chi riesce a giungere alla fede, non creda, per ciò stesso, di doversi separare dalla moglie (non credente), quasi fosse, questa, in certo qual modo, una donna diversa ed estranea.

3 . La vera interpretazione delle parole di san Paolo L'Apostolo ne dichiara anche la ragione: «Noi siamo chiamati dal Signore nella pace»>,tanto più che il coniuge non credente può essere guadagnato alla fede dal coniuge credente proprio in grazia della comunione propria della vita matrimoniale 6. La conclusione del passo ora citato conferma che così esso dev'essere interpretato: «Come ciascuno è stato chiamato dal Signore, così egli deve perseverare»7. Ora, sono i pagani a essere chiamati, non chi è già credente. Così almeno io la penso. Se l'Apostolo avesse voluto riferirsi a chi è già credente anche prima del matrimonio, avrebbe concesso ai cristiani di sposarsi senza alcuna limitazione con chiunque fosse loro piaciuto. Pertanto, se l'avesse permesso, mai si sarebbe indotto ad aggiungere alla sua concessione la seguente conclusione, così diversa e del tutto contraria: « L a moglie diviene libera con la morte del marito; si risposi con chi vuole, purché nel Signore»s. 4

7, 17.

1 Cor. 7, 12. 5 1 Cor. 7, 15. 8 1 Cor. 7,39.

6

Cf. 1 Cor. 7, 16.

7

1 Cor.

Tertulliano

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4.11 matrimonio dev'essere fatto sempre e solo nel Signore Su questo punto non resta nulla, su cui discutere, poiché, quanto sarebbe possibile discutere ancora, è già stato risolto dall'Apostolo stesso. Appunto perché noi non potessimo interpretare male quelle sue parole: «Può sposarsi con chi vuole», egli vi ha aggiunto: «... purché lo faccia nel Signore» 9, vale a dire, nel nome del Signore, il che significa, senza dubbio alcuno, si sposi con un cristiano. Ne segue allora che l'Apostolo santo, lui che preferisce suggerire alle vedove e alle vergini di perseverare nella continenza lo, lui, che ci esorta a seguire il suo esempio 11, è proprio lui a non,prescrivere il ricorso alle seconde nozze, se non nel Signore. E a questa sola condizione che egli concede il permesso di venir meno alla continenza. «Tutto si faccia nel Signore», egli ripete 12, e così egli aggiunge un peso alla sua stessa legge.

5. Egli insiste, dicendo: «Purché» (tutto si faccia nel Signore), e allora, con qualunque voce e in qualunque modo tu abbia a pronunciare quella parola, essa risulta molto grave, poiché, nel tempo stesso,,comanda e persuade, ordina ed esorta, prega e minaccia. E una sentenza precisa e risoluta, eloquente nella sua stessa brevità. 6. Così suole esprimersi la voce di Dio, in modo che tu possa comprenderla subito, e subito metterla in pratica. Chi infatti non sarebbe in grado di comprendere i numerosi pericoli e i danni senza numero per la fede, compresi in tali nozze proibite che l'Apostolo ha vietate e interdette in vista della contaminazione che sarebbe toccata a un corpo santo immischiato con un corpo pagano?

9

12

Ibid.

1 Cor. 7, 39.

10

Cf. 1 Cor. 7, 8.

11

Cf. 1 Cor. 7, 7.

93

Alla consorte, 11, 2, 7-9

7 . Perché dev'esserci differenza fra chi deve sposarsi e chi è già sposato? Qualcuno, però, potrebbe avanzare la seguente obiezione: supponiamo che vi sia uno, chiamato dal Signore alla fede, mentre si trova già unito con una moglie pagana, e un altro, cristiano già da tempo e prima delle nozze. Quale differenza tra quei due al punto che a uno (al secondo) è vietato di unirsi con una pagana, mentre all'altro (al primo) viene ordinato di perseverare in quella sua unione? Perché, dunque, se noi siamo deturpati dalla presenza del corpo d'una donna pagana, non se ne distacca anche il primo, visto che il secondo non può congiungervisi l'?

8. Soluzione proposia da Tertulliano Allora io risponderò così, se lo Spirito del Signore mi assisterà: dirò dunque, anzitutto, che il Signore preferisce che non si contragga matrimonio piuttosto che, una volta contratto, esso venga disciolto. Dopo tutto, egli proibisce il divorzio, eccetto che per causa di adulterio 14, e raccomanda invece la continenza 15. Dunque, in quel primo caso ora richiamato, l'interessato ha il dovere di perseverare nel suo matrimonio; nel secondo caso invece egli non ha nemmeno il permesso di risposarsi.

9. Un cristiano non può unirsi in matrimonio con chi è pagano Ecco allora che cosa ne deriva: se, in base alla Scrittura, coloro che giungono alla fede già uniti con un coniuge pagano, non per questo sono ritenuti traviati appunto per-

13

19. 12.

Cf. 1 Cor. 7, 10.

14

Cf. Mt. 5, 32; 19, 9.

l5

Cf. Mt.

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Tertulliano

ché, assieme ad essi, anche altri (i familiari) vengono santificati 16, avviene, senza dubbio che coloro, i quali sono già cristiani prima delle nozze, se decidono di unirsi in matrimonio con il corpo di un coniuge pagano, non potranno certo santificare una carne con cui la fede non si è associata. La grazia di Dio santifica quello con cui essa s'incontra. Pertanto, quello che già per se stesso non ha potuto essere santificato, resta immondo. E ciò che è immondo, non ha parte con quello che è santo, e non ha altro effetto, se non quello di inquinare e portare alla morte, almeno per quanto da esso dipende.

Il matrimonio dei cristiani con i pagani comporta una contaminazione del loro corpo, che è membro di Cristo. Non c'è scusa per chi crede di non attenersi a questo preciso divieto. Del resto, i danni di tali nozze diventeranno sempre p$ gravi, non solo per il corpo, ma anche per lo spirito: a perderci di più non sarà il coniuge pagano, ma quello cristiano. Una moglie cristiana, infatti, si voglia o non si voglia, dovrà sempre adattarsi ai voleri, anche illeciti, del marito pagano.

1. Vietato, per ogni cristiano, i! matrimonio con i pagani Stando così le cose, risulta che i cristiani, se contraggono il matrimonio con gente pagana, si rendono ovviamente colpevoli di fornicazione e perciò debbono essere esclusi da ogni comunione con i fratelli, conforme a quanto è scritto nella lettera dell'Apostolo: «Con costoro non si deve neppure prendere cibo» 17. Dovremo allora preferire, nel giorno del giudizio 18, presentare davanti al tribunale del Signore 19 il contratto delle nostre nozze e allegare la prova del nostro 16Cf.lCor.7,14. 171Cor.5,11. Rom. 17, 10. 19 Cf. Mt. 24,43-44.

l8Cf.2Cor.5,10;

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Alla consorte, 11, 3, 1-3

matrimonio contratto secondo tutte le disposizioni di legge (umana), nonostante che il Signore ne faccia divieto? Non è forse adulterio quello che viene vietato? Non è forse fornicazione? Ammettere una persona pagana nell'intimità del matrimoni? è forse da meno che contaminare il tempio di Dio 20? E forse da meno che congiungere le membra di Cristo con le membra di un'adultera21? Per quanto mi risulta, noi non apparteniamo a noi stessi, ma siamo stati comprati a caro prezzo22. Dunque, comprati? E a quale prezzo? Con il sangue di Dio! E allora, quando noi laceriamo questo stesso nostro corpo, noi laceriamo Lui direttamente!

2.11 matrimonio cbn ipagani è colpa molto grave Che intendeva dire colui che affermò essere indubbiamente una colpa sposarsi con una donna pagana, una colpa, però, minima? Al contrario, non è forse vero che - anche senza tener conto ora dello spregio.inflitto a un corpo appartenente al Signore - è grande ogni colpa volontaria commessa contro il Signore? (2). Di fatto, quanto più facile era la possibilità di evitare quella colpa, tanto più grave diviene la responsabilità di avere coscientemente respinta quella possibilità.

3.1 pericoli di chi contrae il matrimonio con i pagani

Ed ora io riferirò pure, come già ho detto, gli altri pericoli e le ferite inferte alla fede, come aveva previsto 1'Aposto20 Cf. 1 Cor. 3, 16-17. 6, 19-20.

21

Cf. 1 Cor. 6, 15.

22

Cf. 1 Cor.

(2) Tertulliano fa riferimento a un paragrafo deila Lex Aquilia, in cui si condanna chi era colpevole di ledere una proprietà legittima. Egli fa dunque un confronto, introducendo un paragone di maggioranza: violare una persona umana, che già appartiene a Dio, è ben più grave che ledere una proprietà semplicemente umana.

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Tertulliano

lo, assai dannose non soltanto al corpo, ma anche allo spirito stesso. Chi infatti potrà mettere in dubbio che la fede andrà continuamente indebolendosi in chi tiene rapporti con persone pagane? «Le cattive conversazioni corrompono i buoni costumi»23. Quanto più procureranno tali danni la convivenza e la consuetudine personale! Ogni donna cristiana perciò dovrà essere necessariamente fedele nel servizio di Dio. 4. Un marito pagano, per una moglie cristiana, sarà un impedimento al servizio di Dio

E come mai potrebbe questa servire a due padroni, al Signore e al marito, per di più, pagano? Se eila si preoccupa di aderire alle esigenze del marito pagano, cercherà di mettere in evidenza i pregi stimati dai pagani, e cioè la bellezza, l'acconciatura, le raffinatezze secolari e le lusinghe piuttosto oscene. Perfino i segreti della intimità coniugale diverranno peccaminosi, poiché non saranno praticati modestamente e moderatamente come conviene ai santi, i quali compiono i doveri del sesso dignitosamente, secondo i dettami della stessa necessità e come sotto lo sguardo di Dio (3) .

Siamo di fronte alla realtà della vita quotidiana, quale si presenta alla donna cristiana, divenuta moglie d'un marito pagano. E indubbio che gli impegni della fede saranno spesso molto discordanti dalle esigenze di vita e di mondanità, a cui obbedisce il marito. Ed ecco allora, 23

1 Cor. 15,33.

(3) Per TertuUiano pare che le relazioni matrimoniali si giustifichino solo in quanto necessarie per la procreazione, e devono essere guidate dalla moderazione, come cosa che si svolge sotto lo sguardo di Dio. Di qui la riprovazione per i segreti dell'intimità coniugale, che si tramutano in atti vergognosi.

Alla consorte, Ii, 4, 1-2

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daltaltra parte, le consuetudini della vita cristiana, incompatibili con la mentalità tutta propria del marito pagano.

1.Le esigenze del marito pagano in contrasto con le pratiche della vita cristiana Giudichi ella stessa come riuscirà ad adempiere i suoi impegni nei confronti del marito: è certo che non potrà comportarsi doverosamente nei confronti del Signore. Infatti ella avrà sempre al suo fianco un servitore del demonio, vale a dire, un procuratore solerte di questo suo padrone, incaricato di frapporre ostacoli alle buone premure e agli impegni dei cristiani. Le conseguenze saranno queste: se occorre dedicarsi alla stazione (4))il marito, proprio quel giorno, dovrà recarsi ai bagni; se bisognerà osservare il digiuno, il marito, quel giorno stesso, darà un banchetto; se c'è necessità di uscire di casa, mai sopravvengono tanti lavori di casa che esigano la vigilanza sugli schiavi. 2. Chi mai permetterebbe alla moglie di passare di rione in rione allo scopo di visitare i fratelli, entrare nelle case dei più poveri e perfino nei tuguri più miserabili? E chi mai lascerebbe di buon grado che la moglie gli si staccasse di fianco, quand'anche lo esigesse il suo compito per recarsi alle riunioni notturne? E chi infine sopporterebbe serenamente che durante le solennità della Pasqua ella passasse la notte fuori casa? E chi mai consentirà, senza averne sospetto, che la moglie frequenti la mensa del Signore ( 5 ) ,che è motivo di tante calunnie ignominiose? Chi potrà tollerare che la moglie si insinui furtivamente dentro le carceri allo SCOPO di baciare la catena di un martire? (4) Prendeva il nome di statio, nei primi secoli della Chiesa, l'assemblea, nelia quale i cristiani, riuniti insieme, pregavano stando in piedi. (5) Cf. l Cor. 11,20. Si accenna alla calunnia pagana verso i cristiani accusati di uccidere i bambini e di cibarsi di carne umana.

Tertulliano

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3. Potrà egli ammettere che la moglie s'awicini a qualcuno dei fratelli per scambiare il bacio della pace, rechi l'acqua per lavare i piedi dei santi 24, s'interessi premurosamente del cibo e della bevanda per loro, desideri di farlo e non pensi ad altro, se non a questo? Poi, nel caso che sopravvenga un fratello da un lungo viaggio, quale ospitalità potrà ricevere in una casa a lui del tutto estranea? E se ad alcuno dei fratelli sarà necessario elargire qualche soccorso, per lei sarà vietato ogni ricorso alla dispensa.

Tertulliano affronta le dzfficoltà che possono sorgere nel marito pagano di fronte agli impegni della moglie cristiana, e ne offreuna soluzio. ne, a mio giudizio, molto superficiale. Egli, di fatto, più che risolverla, elimina la questione: lui, pagano, conosca o non conosca gli impegni della moglie cristiana, costituisce, in tutti e due i casi, la realtà di un estraneo, il quale, per di più, tollera o compatisce o irride. I sospetti, però, su quanto la moglie compie nei suoi atti di pietà religiosa e umana, renderanno più acuta la sua curiosità. L'esito, dunque, potrebbe provocare risultati materialmente dannosi: certi mariti, per timore di dover subire rischi e detrimenti da quei gesti cosi misteriosi, finiscono per portare la moglie davanti ai giudiciper disfarsene e cosi appropriarsidella sua dote.

1. Anche nel caso d'un marito comprensivo, si tratta sempre

d'un nemico del Dio dei cristiani Può darsi però che succeda il caso che un marito, pur essendo pagano, tolleri i nostri costumi e non vi opponga nessun impedimento. Ma allora è proprio di qui che insorge la colpa, nel fatto cioè che i pagani ben conoscono la nostra vita per il fatto che noi ci adattiamo a convivere con dei peccatori e che, se riusciamo a compiere qualche cosa, è solo perché approfittiamo della loro condiscendenza. Un ma24

Cf. l Tim. 5. 10.

Alla consorte, II, 5, 1-3

rito, però, per quanto ben disposto, non potrà tutto ignorare; d'altra parte, se egli non è tale, e dovendosi allora tutto celare a lui, lo si dovrà pure temere. Ne segue quindi che, poiché la Scrittura ci dà questi due precetti, di servire il Signore tanto senza la consapevolezza di altri25, quanto senza sofferenza da parte nostra 26, non ha importanza in quale parte tu incorra nella colpa, sia che tuo marito venga a conoscere quello che tuvseie quello che tu fai nel caso che egli sia ben disposto; sia che tu cada in conflitto con te stessa, cercando di nascondergli quello che tu sei e quello che tu fai, nel caso che egli non lo tolleri.

2. Così infatti il Signore afferma: <
3. Anche gli atti di pietà saranno visti dal marito pagano sempre con sospetto Potresti tu nasconderti alla sua attenzione, quando fai il segno della croce sul tuo letto e sul tuo corpo, quando, con soffio, procuri di cacciare via qualcosa d'impuro, come anche quando ti alzi di notte per pregare? Non sembrerà forse che tu operi qualche segno di arte magica? Non saprà forse tuo marito che cosa tu prendi in segreto prima di assumere ogni altro cibo? E se saprà che si tratta di pane, non penserà forse che è proprio quello, di cui si parla? (6). 25

Cf. Mt. 6,2-4.

26

Cf. 1 Cor. 7,28.

27

Mt. 7 , 6 .

(6) Probabile accenno ai cristiani dei primi tempi che portavano l'Eucaristia nelle proprie case.

Tertulliano

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4. Certe donne cristiane sono state defraudate perfno della loro dote Nel caso che egli ignori tutto questo, s'accontenterà qualcuno di sentirne semplicemente la ragione senza reagire, senza chiedersi sospettosamente se si tratta proprio di pane, o non piuttosto di veleno? Alcuni, tra i mariti, finiscono certo per tollerare tutto questo, ma solo per avvilire, per ridicolizzare tali donne, al punto da temere, per sé, quei segreti in vista di qualche pericolo, tanto da poterlo superare nel caso che ne fossero assaliti (7). Così essi, con il ricorso alla minaccia d'una delazione sul fatto d'essere cristiane, si fanno motivo d'appropriazione della loro dote come compenso del loro silenzio, disposti però, come sono, a portare la causa davanti a un giudice, incaricato di investigare l'imputazione. Molte di queste donne, non prevedendo tali risultati, hanno finito per subirne le conseguenze, col perdere tutto o, addirittura, con il perdere perfino la fede.

La donna cristiana, sposata a un pagano, dovrà necessariamente partecipare, assieme al marito, a tutte le cerimonie della vita ufficiale, mondana e religiosa. Non più, accanto a lei, risuonerà l'eco delle preghiere che invocano la presenza di Cristo.

1. Ecco la nuova vita della moglie cristiana, sposata con un

pagano Così la serva di Dio finirà per dimorare in compagnia degli dèi estranei, ed è in tale ambiente che ella sarà frastornata dalla celebrazione di tutte le solennità in onore dei so(7) Effetti, come si vede, di possibile superstizione.

Alla consorte, 11, 6 1-2; 7

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vrani, al cominciare dell'anno, d'inizio dei mesi, in mezzo alle esalazioni degli incensi. Uscirà così, dalla porta di casa, tutta adorna di alloro e di lampade, come da un sito novello destinato alle riunioni a scopo di pubbliche libidini. Ella si siederà a tavola col marito, spesso in occasione di banchetti di amici, sovente nelle stesse taverne. E talvolta dovrà adattarsi a occuparsi di persone malvagie, lei che un tempo era abituata a servire i santi. E da tutto questo non dovrà ella prevedere un indice della propria condanna, vedendosi ridotta a servire coloro che lei un giorno avrebbe dovuto giudicare *8? Dalla mano di chi potrà desiderare il cibo? E della bevanda di chi presumerà d'essere partecipe? Che cosa canterà il marito per lei, e che cosa canterà lei per il marito? 2. Ella dovrà senza dubbio sentire gli echi di tutto quello che si produce nei teatri, nelle taverne e nell'inferno. Quale accenno a Dio potrà mai esservi? Quale invocazione a Cristo? Quale alimento alla fede, derivato dalla lettura della Scrittura? Dove il conforto dello Spirito? Dove la benedizione di Dio? Tutto vi sarà estraneo, tutto ostile, tutto degno di condanna, tutto provocato dal maligno allo scopo di invalidare la salvezza.

Se il matrimonio d'una donna cristiana con un pagano rende la loro vita quotidiana assai d4fficile, tale dovrebbe risultare pure la vita matrimoniale nel caso che, di due coniugi già sposati, uno si converta alla fede. Per Tertulliano la soluzione comporta altri criteri: il primo matrimonio suppone il venir meno a un precetto divino, il secondo gode invece del consiglio di perseverare, con la possibilità del ricupero perfno del coniuge non credente. Il capitolo si chiude con la visione dei pagani in cerca di donne cristiane in vista d'una ricca dote.

28

Cf. 1 Cor. 6,2.

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Tertulliano

1.Nelle diffoltà ora incontrate si trova pure il coniuge già sposato che si converte: come mai Ora, questi ostacoli li possono incontrare pure coloro i quali, già legati in un matrimonio pagano, hanno poi abbracciato la fede: in tal caso però essi sono degni di scusa! Infatti, sorpresi, pur trovandosi legati in quel matrimonio, dalla grazia di Dio 29, essi vi devono perseverare per ordine di Dio stesso 30, ne vengono santificati 31, e ricevono perfino la fiducia di guadagnare alla fede il proprio coniuge32. Se dunque, davanti a Dio, un tale matrimonio viene ratificato, perché mai non dovrebbe continuare sorretto da certa quale prosperità tanto da non venir compromesso dalle afflizioni, dalle angustie, dalle difficoltà e dalle immondizie, dato che, da parte della grazia di Dio, già gode di una sicura protezione?

2.11 coniuge convertito può ripromettersi la conversione del coniuge non credente? In realtà, il coniuge convertitosi alla fede in mezzo al mondo pagano e chiamato, attraverso espressioni di sicuri favori divini fino al possesso di certa quale virtù celeste, diverrà un motivo di trepidazione per il coniuge ancora pagano tanto da indurlo ad essere meno reattivo, un po' tollerante e meno sospettoso. Egli infatti ha finito per intravedere gli indizi di cose superiori 33 ne ha sperimentato le prove, s'accorge che il consorte (o la consorte) è divenuto migliore. E così egli pure è divenuto un candidato di Dio per effetto del timore. Ne segue allora che ben più facilmente vengono guadagnati alla fede coloro che si trovano in tali

3 l Cf. 30 Cf. 1 Cor. 7, 13 e 20. 29 Cf. 1 Coi. 7, 17. 33 Cf. Atti 2, 1 Cor. 7 , 14. 32 Cf. 1 Cor. 7, 16; 1 Pt. 3 , 2. 11; Es. 14, 13.

Alla consorte, 11, 7, 2-3; 8

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disposizioni di spirito, dato che tra essi la grazia di Dio s'è posta come in una dimora (8). 3 . I pagani tendono a sposare donne cristiane unicamente per

interesse Ma una cosa ben diversa è quella di scendere volontariamente e spontaneamente al livello delle cose proibite. Le cose che dispiacciono al Signore, certamente offendono il Signore e sicuramente sono suggerite dal maligno. La prova ne è questa: il nome «cristiano» torna gradito unicamente ai desiderosi della mano d'una donna. E si trovano proprio di quelli che sono ben lontani dal ricusare donne che professano quel nome, ma è solo per sterminarle, per depredarle, per stornarle dalla loro fede. Ora hai chiaro davanti a te il motivo per non nutrir dubbi che nessun matrimonio di tal genere potrà mai giungere a buon fine: mentre, da una parte, tali nozze sono concordate dal maligno, esse, dall'altra, sono condannate dal Signore.

Per dar forza alla sua argomentazione, Tertulliano cita I'esempio della legge civile che vieta alle schiave di sposare schiavi estranei alla loro casa. V i sono invece donne cristiane che non esitano a contrarre il loro matrimonio con gli schiavi del demonio. E a tale decisione esse sono indotte dalla vanità e dal desiderio di appartenere alla società dei ricchi e dei privilegiati. V i sono a loro volta donne pagane che sposano uomini anche più poveri, al solo scopo però di essere più libere nella loro licenziosità sfrenata. Una donna cristiana, nello sposarsi, dovrebbe preferire un marito povero, ricco però della fede di Cristo. (8) Cf. 1 Pt. 3, 1-2. Tertulliano non insiste nel mettere in evidenza se, dei due coniugi, abbia maggior influenza, per il bene dei familiari, la conversione della moglie o del marito.

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Tertulliano

Dettati questi suggerimenti cautelativi, I'opera si conclude con la maggiore esaltazione della felicità coniugale, tramandataci da tutta la patrzstica.

1. Le leggi dei pagani vietano i matrimoni delle schiave con schiavi d'altra famiglia

Ora noi, a questo punto, dovremo chiederci se tutto questo awenga a buon diritto, disponendoci in certo qual modo a inquisitori dei decreti divini. Non è forse vero che presso i pagani, quanti sono padroni e tenacissimi difensori della disciplina vigente, vietano ai loro schiavi di contrarre matrimoni con persone estranee alla loro casa? E questo appunto per impedire che s'abbandonino alla dissolutezza, trascurino i loro impegni e rimettano i beni dei padroni in mano ad estranei. Non è forse vero, per di più, che essi hanno deliberato di ridurre in schiavitù quelle donne, le quali, dietro denuncia dei loro padroni, avevano continuato a tenere una comunione di vita con gli schiavi di un'altra casa?

2. Le donne cristiane dovranno unirsi con gli schiavi del demonio? Gli ordinamenti della disciplina terrena dovranno dunque essere considerati più severi dei precetti del cielo al punto che le donne pagane, se si uniscono con gli schiavi d'una casa estranea, perdono la loro libertà, mentre le donne cristiane potranno unirsi a schiavi del demonio, pur conservando la loro indennità di cristiane? Naturalmente, esse non ammetteranno che, attraverso le parole dell'Apostolo, sia stato loro interdetto quell'abuso 34. Quale motivo allora dovrei io addurre per spiegarmi una tale loro stoltezza, se non la debolezza della fede, sempre pronta ad accondiscendere alle mire dei piaceri mondani? 34

Cf. 1 Cor. 7,39.

Alla consorte, 11, 8, 3-4

105

3. Alcune donne cristiane ricercano marito, solo per interesse Ora un tale abuso si è potuto sorprenderlo specialmente nelle classi dei più ricchi. Di fatto, quanto più una donna è ricca e superba del suo titolo di matrona, tanto più ella ricerca di rendere la propria casa in grado di sostenere maggiori spese in modo da ridurla a un campo, nel quale regni sovrana la sua ambizione. Per tali donne le chiese sono delle sedi di rango inferiore. E difficile, del resto, vedere la presenza di un ricco nella casa di Dio e, se ve n'è qualcuno, è ben difficile che non sia già ammogliato! E allora, che decisione prendere? E che altro resta da fare, se non chiedere al demonio un marito in grado di procurare loro una bella lettiga, delle mule e degli acconciatori di capelli, venuti dal di fuori e di alta statura? Tutto questo contorno un cristiano, fosse pur ricco, si rifiuterebbe forse di procurarlo!

4. Molte donne pagane si procurano un marito di rango inferiore per non subire alcun limite alla loro licenziosità sfrenata Di questo ora io ti prego: procura di proporti davanti agli occhi certi esempi (negativi) di donne pagane. Molte di esse, pur essendo di nobile origine ed economicamente fortunate, si uniscono qua e là con uomini di bassa e modesta condizione, cercati e trovati al solo scopo di soddisfare la loro propria lussuria, o ricercati per dare un più libero sfogo alla loro libidine. Alcune di esse si concedono liberamente perfino ai loro schiavi, pur di avere a disposizione propria uomini dai quali non dover temere nessun impedimento alla loro personale licenziosità. Ma una donna cristiana ricusa di sposare un uomo a lei inferiore per condizione economica, proprio lei, invece, che diverrebbe ben più ricca, sposandosi con un uomo più povero!

Tertulliano

106

5. Una donna cristiana ricca dourebbe preferire un marito cristiano povero, ma ricco di Dio In realtà, se il regno dei cieli è una proprietà dei poveri35, e non lo è dei ricchi, una donna ricca troverà una ricchezza ben maggiore, sposandosi con un uomo povero: in questo modo ella s'impadronirà di una dote ben più grande della sua, partecipando ai beni di lui che è ricco della ricchezza di Dio. Ella dunque procuri di rendersi, almeno in terra, ricca con lui, poiché in cielo forse lei non potrà essere tale. Posto questo, è giusto allora lasciarsi prendere dai dubbi, mettersi a ricercare e, nel tempo stesso, a deliberare se un marito sia idoneo in vista della dote, quando invece è Dio stesso che gli ha concesso i suoi beni?

6. Nessuna felicità uguaglia quella d'un matrimonio cristiano

E dove mai potrei io trovare argomenti sufficienti per dimostrare la felicità di quel matrimonio che la Chiesa stessa concilia, l'offerta (eucaristica) conferma e la benedizione conclude; gli angeli lo enunciano e il Padre lo ratifica? Di fatto, neppure qui in terra i figli possono contrarre il matrimonio secondo le norme stabilite e secondo il diritto vigente senza il consenso paterno. 7. Quale coppia è mai quella di due cristiani, uniti da una sola speranza, da una sola aspirazione, da una sola disciplina, dallo stesso servizio di Dio! Ambedue sono fratelli, uguali tutti e due in quel loro servizio! Tra di essi nessuna separazione, non nello spirito, non nella carne; al contrario, veramente due in una sola carne 36. E dove v'è una sola carne, lì vi è pure un solo spirito: essi infatti pregano 35

6, 16.

Cf. Lc. 6,20; Mt. 5,3.

36

Cf. Gen. 2,24; Mt. 19,6; 1 Cor.

Alla consorte, 11, 8, 7-9

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insieme, si prostrano insieme davanti a Dio, osservano insieme le prescrizioni del digiuno; a vicenda si istruiscono, a vicenda si esortano, a vicenda si riconfortano.

8. Tutti e due si riconoscono in perfetta uguaglianza nella Chiesa di Dio, in perfetta uguaglianza nel banchetto di Dio, in perfetta uguaglianza nei disagi, nelle persecuzioni, nelle consolazioni. Nessuno dei due si nasconde all'altro, nessuno evita l'altro, nessuno è di peso all'altro. Liberamente fanno visita ai malati e si prodigano per aiutare i poveri. Compiono le elemosine senza contrasti e frequentano il Sacrificio (eucaristico) senza ansie. La loro operosità quotidiana non conosce impedimenti; non si fanno il segno della croce furtivamente, manifestano le loro espressioni di gioia senza simulazioni, e non sono certamente silenziose le loro benedizioni. Riecheggiano fra loro due i salmi e gli inni 37, e l'un l'altro fanno a gara per vedere chi meglio eleva il proprio canto al Signore. Cristo, nel vedere e nell'udire, gode di quella festa e invia ad essi la sua pace. Dove si trovano quei due sposi, lì si trova egli pure 38, e dove è lui, ivi non entra certamente il maligno. 9. Sono questi i suggerimenti lasciati dall'Apostolo, pur nella loro brevità, alla nostra conoscenza. Procura di richiamarli, qualora se ne presenti l'occasione. Attieniti perciò ad essi e guardati bene dal seguire gli esempi di certe donne. Non è permesso ai cristiani, nello sposarsi, attenersi a norme diverse, e qualora fosse permesso, non sarebbe conveniente.

37

Cf. Col. 3 , 16.

38

Cf. Mt. 18,20.

Tertulliano

L'UNICITÀ DELLE NOZZE

INTRODUZIONE

Con quest'opera noi ci accostiamo alla maturità di pensiero di Tertulliano relativamente alle nozze: l'affermazione, posta fin dal principio del trattato, è esplicita e solenne: <
3

De monogamia, 1 , 2 . Cf. De monogamia, 1 , 1. De monogamia, 1,3.

L'unicità delle nozze, Introduzione

112

elementi infatti (l'azione del Paraclito e I'esigenza della monogamia) sono ormai abbinati e non potranno, per Tertulli6no, apparire separati senza compromettere tutta la causa da lui difesa, ed è proprio questo doppio fronte quello che ha deciso la controversia fra montanisti e cattolici: questi ultimi accusano i primi di eresia, perché introducono delle novità in fatto di disciplina, mai prima sostenute e praticate: <>,e: «Ogni cosa nel tempo suo proprio» 7 . E da questi fondamenti scritturistici che deriva in Tertulliano la concezione di una storia della salvezza progressiva. Si parla infatti di una prima fase, nella storia 4 5 6 7

De monogamia, 2, 1. J. CI. Frédouille, La conversion..., p. 291. Gv. 16, 12-13. 1 Cor. 7,29; Qo. 3, 17.

L'unicità delle nozze, Introduzione

113

dell'umanità, di pura ispirazione naturale; di una seconda, dominata dalla Legge; di una terza, con la presenza e gli insegnamenti del Cristo; e, infine, dell'ultima, quella attuale, guidata dal diretto intervento dello Spirito Santo. Di qui la questione, in cui la Scrittura è invocata a dirimere problemi contrastanti: da una parte Tertulliano deve ammettere che il Paraclito non ha recato nessuna innovazione 8; daltaltra, su altri punti, egli è costretto ad affermare l'abrogazione dell'antica disciplina al punto da dichiarare che non si deve continuamente mettere a confronto l'antico con il nuovo 9. Ma, per quanto riguarda la monogamia, l'autore insiste sulla novità introdotta dallo Spirito Santo. Egli avrebbe potuto imporre la verginità o l'astinenza assoluta sull'esempio di Nostro Signore o di san Paolo. E invece permise il matrimonio, sia pure unico, in soccorso della debolezza umana 10. Per Tertulliano il Paraclito non è unautorità invocata dagli «pneumatici o spirituali» (leggi <<montanisti»);unico è lo Spirito Santo, riconosciuto anche dagli psichici (cattolici). Ciò detto, passa ad esaminare i noti testi della Scrittura, a cominciare dall'Antico Testamento, un esame che comprenderà tutta la parte media dell'opera, fin quasi agli ultimi capitoli. Suo intento è dimostrare che, ben lontana dall'essere nuova ed estranea, la disciplina della monogamia è antica e propria ai cristiani, e che il Paraclito I'ha ristabilita e non stabilita 11. Una volta dimostrato che il Paraclito non ha apportato nessuna innovazione, ma che s'è premurato unicamente di riDe monogamia, 3,9. De idololatria, 18, 4. Cf. J. CI. Frédoude, La conversion ..., pp. 296-297. Circa la Storia della salvezza progressiva, vedi L. Dattrino, S.V.Salvezza, in Diz. Scienze Storiche, pp. 716-728. 10 De mon,ogamia, 3, 1; 8, 10. Cf. CI. Rambaux, La composition.. ., in «Revue des Etudes Augustiniennes», 23 (1977), p. 22. 11 Cf. C1. Rambaux, La composition..., in «Revue des Études Augustiniennes», 23 (1977), p. 23. 8 9

114

L'unicità delle nozze, Introduzione

stabilire una disciplina antica, altro non resta se non di dimostrare la validità di tale affermazione. Ma questa prova non può derivare se non dal fondamento della Scrittura. E allora si arrampica sui muri per dimostrare l'antichità della monogamia, rifdcendosi in tutto e per tutto alla Scrittura, a cominciare dalla Genesi Tre sono i periodi bibblici da lui presi in esame: a) CAntico Testamento, al cui controllo egli dedica ben quattro capitoli (cc. IV-VII). b) Il Vangelo, con due capitoli (cc. VIII-IX). C) Le Lettere di san Paolo, con cinque capitoli (cc. XXIV). a) Tertulliano, persuaso com'è di doversi richiamave direttamente ai testi della Scrittura perché è su di essi che si fondano cattolici e montanisti, riprende quei testi con sicura convinzione. Egli sa però che, per i Libri dell'A?: non gli è possibile desumere nessun precetto. Pertanto, non potendo riattaccarsi a norme prescritte e precise, egli interpreta fatti e personaggi per dimostrare la preesistenza della monogamia: Adamo, al quale Dio stesso assegnò una moglie sola. Dal Primo uomo fino al diluvio fu riconosciuto e praticato il matrimonio unico, se si fa eccezione di Lamech, sposatosi due volte 12; ma, appunto per questo - commenta il nostro -, fu duramente punito. L'argomentazione però è forzata, ossewa giustamente il Gramaglia, poiché la vendetta, in Gen. 4, 23, non è riferita alla poligamia, bensi al fatto che Lamech fu autore di un duplice omicidio 13. Fuori di quest'unico esempio, da Adamo a Noè non vengono richiamati altri nomi. Ma eccoci di fronte a una nuova forzatura: per Tertulliano la constatazione che Dio assegnò ad Adamo un'unica sposa non resta nei limiti d'un puro fatto; esso diviene legge, a Cf. Gen. 4, 18-19. Cf. P.A. Gramaglia, Tertulliano: Il matrimonio nel cristianesimo preniceno, Roma 1988, p. 480, nota 74. 12 13

L'unicità delle nozze, Intvoduzione

115

cui l'umanità fu obbligata ad attenersi: «Quel fatto - egli scrive - costituisce una legge, non un consiglio, poiché, se fin dall'inizio fu stabilito cosz) potremo constatare che noi siamo riportati da Cristo appunto agli inizi» 14. E cosz) per Tertulliano, il Salvatore è il ripristinatore dello stato iniziale dell'umanità: anzitutto, della verginità, come I'Adamo del paradiso, prima della sua caduta, e poi della monogamia, dopo la cacciata dal paradiso. Questo infatti risulterebbe dalla Lettera agli Efesini, visto che anche l'Apostolo si richiama al grande mistero, quale si riscontra «in Cristo e nella Chiesa» 15. <<Essi corrispondono, come simbolo, alla monogamia carnale sotto forma spirituale>>16. Con il capitolo VI siamo di fronte a una delle pagine pizi discusse di tutta I'opera di Tertulliano:i cattolici gli obiettano giustamente che Abramo praticò la bigamia, avendo in moglie Agar e Sara. Come Gspondere? Egli sa di non poter sottrarsi alla questione, e perciò non si nasconde la difficoltà. Ma la sua risposta è tutt'altro che convincente: il ricorso alla diversità dei tempi rispetto ai rapporti di Abramo con Dio (incirconcisione prima, circoncisione dopo) non risolve affatto la questione 17. Esaurito il richiamo ai personaggi dellltl?: riconduce la trattazione alle prove e circoscrive l'argomento fino a distinguere i pesi dellantica Legge (onera), da cui Cristo ci ha ormai afiancati, da quelle disposizioni morali dellordine antico, che riguardano propriamente la giustizia: queste ultime, non solo rimangono nella loro interezza, ma permangono ampliate. <
17 16

L'unicità delle nozze, Introduzione

116

ed efficacia, anzi a quella disciplina destinata nell'etù escatologica del Paraclito a conoscere un'evoluzione e un perfezionamento in senso rigoroso»l8. In particolare Tertulliano insiste sul superamento della legge del levirato, vale a dire, sul dovere di sposare la vedova del proprio fratello, morto senza figli. Queltuso si trova giù documentato neltepoca patriarcale 19: il levirato, come legge, appare nel Deuteronomio, dove si parla del modo con cui si deve trattare il cognato che si sottrae al dovere del levirato 20. Tale costume era ancora in uso al tempo di Geszì21. L'episodio dei Vangeli, ora richiamato, aveva per protagonisti i Sadducei, intenzionati a porre una dzficoltà al Signore in rapporto alla risuwezione dei morti Tertulliano devia la questione su ben altra strada e arriva a formulare delle deduzioni del tutto arbitrarie, come le seguenti: dopo la morte del proprio marito una donna non dovrà visposarsi, poiché, risposandosi, dovrebbe farlo con un fratello, e noi, in Cristo, siamo tutti fratelli22. Ma c'è di piu. La legge vietava a i sacerdoti di sposarsi una seconda volta; ma i cristiani, perché battezzati, sono tutti sacerdoti, e perciò sono tutti tenuti alla monogamia2).

b) Siamo cosi al secondo punto, alle prove offerte dal Vangelo. Dopo l'esposizione dei personaggi dell'AX ecco le testimonianze offerte dai personaggi vissuti durante la vita di Geszì, vale a dire, le prove presentate ai cattolici da Tertulliano, come una vittoria trionfale, appunto perché documentata nella stessa «vostra legge» 24, quindi con un collaudo irrefutabile, a cui essi nulla potranno obiettare. Ed ecco il sacerdote R. Uglione, Tertulliano:Le uniche nozze, Torino 1993, p. 211. Cf. Gen. 38, 8ss. 20 Cf. Deut. 26,5-10. 21 Cf. Mt. 22,23-27; Mc. 12, 18-23;Lc. 20,27-32. 22 Cf. De monogamia, 7,5-6. 23 Cf. De monogamia, 7,743. Secondo Girolamo (De uir. ill.,53, l),Tertulliano era prete. 24 Cf. De monogamia, 8, 1. 18 19

L'unicità delle nozze, Introduzione

117

Zaccaria e il vecchio Simeone, monogami; ecco Giovanni, il precursore e battezzatore di Gesù, vergine. Ma nelkz vita stessa di Gesù, nella scelta degli apostoli, nei suoi insegnamenti, altro non appare che una collezione di esempz; dai quali, a cominciare da Pietro, altro non emerge, se non la pratica della monogamia o quella della verginità. Il capitolo IX segna il passaggio dagli esempi agli insegnamenti e alle sentenze contenute nel Vangelo o ricavabili dal Vangelo, capitolo che il Mattei non esita a definire «di struttura complessa» 25. Un primo accenno vichiama la questione del ripudio: in origine non c'era; in seguito, se fu introdotto, fu solo per durezza di cuore. Dio solo, semmai, con tintemento della morte, divide, non separa, i due coniugi; quindi solo Iadulterio può disgiungere marito e moglie. Segue quindi la definizione del matrimonio: <<Essoconsiste nel fatto che Dio congiunge due individui in una sola carne, oppure, quando li trova già uniti nella stessa carne, ne conferma definitivamente l'unione,, 26. Una volta sancita questa unione, essa resta consolidata per sempre: non può sospenderla il ripudio, non può rescinderla neppure la morte d'uno dei coniugi*'. Si giunge cost; come si vede, alla condanna assoluta d'ogni ripetizione di nozze. C) Il passaggio al terzo punto è segnalato dallo stesso, Tertulliano: «Vedo che ormai siamo fortemente indotti ad esaminare il pensiero dell'Apostolo» 28. La breve trattazione si apre con un capitolo (il X) che ha tutta unaria pizì sentimentale che dominale; non per questo, però, almeno nella mente dell'autore, meno impegnata, basata com'è su questo presupposto: se il divorzio non è permesso, perché è ancora vivo il coniuge, lo stesso principio, sotto altro rigua~do,vale

25 26 27 28

P. Mattei, Tertullien:Le mariage unique (SCh 343), p. 298. De monogamia, 9,4. Cf. De monogamia, 9,5. De monogamia, 10, 1.

L'unicità delle nozze, Introduzione

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anche nel caso della morte. La morte infatti, per i cristiani, non annulla il legame coniugale, lo conferma. La vedova non può non sentirsi ancora unita col marito defunto, se non fisicamente, almeno spiritualmente: li unisce ancora la persistenza del ricordo, la preghiera e la speranza che, già nella prima risurrezione, la loro unione sarà ricomposta. Con i capitoli seguenti ci troviamo di fronte ad asserzioni sorprendenti: Tertulliano intende giust2;fcare il permesso dell'Apostolo: una vedova può permettersi il rimaritaggio, purché lo faccia nel Signore 29. Ella perciò, nel caso, dovrà rivolgersi al vescovo, ai presbiteri, ai ministri della Chiesa (che pur sono vincolati dalla monogamia), e con il loro indulgente consenso ella potrà aspirare alle seconde nozze. Tutto questo però, secondo Tertulliano, non coincide con il vero pensiero delI'Apostolo. Se Paolo rivolse quelle parole ai mistiani di Corinto, fu solo perché riconosceva in essi una mentalità ancora immatura e assai debole. Il tempo li avrebbe condotti alla vera e unica pratica monogamica. Dopo questa premessa, Tertulliano ammette certa difficoltà nell'interpretazione esatta del testo, passibile di diverso intendimento secondo la traduzione latina del testo originale greco. D'@tra parte si tratta d'un consiglio, e non di un precetto30. E necessario tener conto dell'htenzione di chi scrive assai più di quanto comporti l'espressione letterale, del resto, erroneamente interpretata dai cattolici (gli psichici). <
31

Cf. 1 Cor. 7,39. Cf. De nzonogamia, 11,5- 11. De monogamia, 11,4.

L'unicità delle nozze, Introduzione

119

Ed ecco la conclusione: il vero segreto di chi intende parlare e scrivere di questJargomento (ed è proprio il caso SUO)è quello di dimostrare che I'Apostolo non è in contraddizione con se stesso 32. E Tertulliano infatti si propone, nei capitoli seguenti, di richiamare altri testi delle Lettere paoline in grado di chiarire in tutto e per tutto il vero pensiero dell'Apostolo in fatto di monogamia. Si comincia senzJaltro con un'obiezione: i cattolici (insiste a dire Tertulliano) si richiamano a quello che Paolo prescrive ai ministri del culto: «Occorre che il vescovo sia irreprensibile, marito d'una sola donna» 3 3 . Da queste parole, pertanto, si rileva che solo i vescovi sono tenuti alla monogamia, o, alpi&, quanti fanno parte del clero. La risposta è immediata: quello che è prescritto ad alcuni, si deve intenderlo come prescritto a tutti cosi come quello che è imposto a tutti, non comporta esenzione per alcuni. Del resto, «di dove provengono i vescovi, e il clero? Non provengono forse da tutto il popolo?» 34. Se per I'obbligo della monogamia si fa parola anzitutto per il clero, questo si deve al fatto che tutti devono tener presente quanto comporta interamente il dovere della disciplina obbligatoria per tutti. Ma è proprio qui che insorge una rivalsa: quando si tratta di privilegi, tutti si associano al clero, come se tutti fossero o vescovi o presbiteri o diaconi; quando invece si tratta di stretti doveri, allora entrano in questione solamente gli appartenenti al clero! Si tenga pertanto presente - insiste a dire Tertulliano - che Paolo, nel passo citato, non parlava soltanto di bigamia; egli esigeva che il vescovo fosse pure sobrzo, prudente, ornato, pudico, ecc., vale a dire, ricco di tutte le virtù della morale comune, la quale dovrebbe valere per tutti, laici e clero 35. Ne segue dunque che, come tutte le virtù della morale non riguardano sol32 3j

34 35

Cf. De monogamia, 1 1, 13. 1 Tim. 3,2; cf. anche 1 Tim. 3,12; Tit. 1,6. De monogamia, 12, 1. Cf. 1 Tim. 3,2-7.

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L'unicità delle nozze, Introduzione

tanto i vescovi, ma tutti i cristiani, altrettanto si dovrebbe dire della monogamia. Che dire dunque di questa deduzione, cosi propria e personale della logica di Tertulliano? Il Frédouille ha commentato accuratamente tutto questo capitolo, ed è arrivato alla seguente conclusione: «Questo esempio illustra assai bene la maggior padronanza e fermezza, di cui Tertulliano abbia dato prova in questo suo trattato»36. Ed ecco apparire, subito appresso, il richiamo, sempre da parte degli avversari, di due passi delle Lettere di san Paolo, mai apparsi, prima d'ora, nelle opere precedenti. Il primo è indirizzato alle giovani vedove37. Ad esse l'Apostolo consiglia di risposarsi. Come interpreta Tertulliano un tale consiglio? Il precetto, egli scrive, non ha valore generale, e il suo contesto dimostra il suo carattere di pura eccezione38. Anche nel secondo richiamo 39 l'Apostolo concede il permesso delle seconde nozze alle vedove che lo desiderino. La risposta, riguardo alla precedente, è pizi estesa e ragionata: risposarsi era certo permesso nel tempo della Legge antica, in cui prevalevano i valori della carne. Ma noi ormai apparteniamo allo spirito: la Legge è caduta, ora debbono prevalere i valori dello spirito40. Si conclude cosi la seconda parte dell'opera, in cui Tertulliano s'era proposto di controbattere le obiezioni degli avversari (gli psichici), dedotte dai testi dell'Antico e Nuovo Testamento. Giunto a questo punto Tertulliano avrebbe dovuto sentirsi soddisfatto, e invece egli riprende la questione, allargandola. Se è vero che l'Apostolo (come sostengono gli avversari) ha permesso le seconde nozze, vediamone pizi esattamente la ragione: questa non può essere stata dettata, se non dalle circo36

37 38 39 40

J. CI. Frédouille, La conversion. .., p. 140. Cf. l Tim. 5, 14. Cf. J. C1. Frédouille, La conuersion.. ., p. 140. Cf. Rom. 7,3. Cf. De monogamia, 13,2-3.

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;

1

L'unicità delle nozze, Introduzione

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stanze e per momentanea condiscendenza, non come norma41. Con i nuovi tempi e con la presenza del Paraclito, il fine e i mezzi sono del tutto nuovi Infatti, in alcuni casi, l'Apostolo stesso ha derogato alle norme da lui stabilite, come quando fece circoncidere Timoteo42. Quanto alle seconde nozze, si trattava di cristiani appena arrivati alla fede, immaturi e bisognosi di comprensione, in attesa di precetti solidi. Da parte sua Cristo aveva abolito quanto Mosè aveva permesso per la durezza del cuore, e cosi aveva ricondotto le cose com'erano all'inizio. Perché, allora, il Paraclito non avrebbe dovuto introdurre l'ultima perfezione, superando le debolezze della carne? Pertanto, <<seè giusto che il matrimonio non venga sciolto, sarà pure onesto che esso non venga duplicdto»43. Eppure, ripete il Nostro, si continua ancora, contro le disposizioni di Paolo, a far valere i diritti della debolezza della carne e a pretendere le seconde nozze. Ma si tratta di semplici pretesti, perché la possibilità di superare I'infermità della carne è stata concessa. Fu detto infitti: <>45: si tratta, dopo tutto, di una scelta lasciata alla libertà di ognuno, proprio perché ognuno sia cosciente delle proprie responsabilità. Ed ecco la ripresa con nuovi argomenti. Quanto è stato detto finora dovrebbe dimostrare che i montanisti non adottano la durezza del cuore, nel pretendere l'unicità del matrimonio, e nemmeno cadono in una eresia. Si ritorna, semplicemente, come si vede, all'impostazione iniziale. «Una cosa è vietare il matrimonio, unaltra stabilire un termine allo sposarsi», protesta Tertulliano 46. Detto questo, ecco una contro41 Pro condicione temporum. Per veniam (De monogamia, 14, 1-2). 42 Cf. Atti 16,3. 0 De monogamia, 14,4. 4 W t . 26,41. 45 De monogamia, 14,6. 46

De monogamia, 15,2.

122

L'unicità delle nozze, Introduzione

accusa. La durezza di cuore è semmai una colpa degli psichici, i quali non ammettono il perdono per coloro i quali, durante l'infierire della persecuzione, hanno ceduto, rinnegando la fede. Questo testo documenta in modo inequivocabile che anche le comunità cattoliche africane espellevano definitivamente quanti rinnegavano la fede sotto tortura, e non concedevano più in tal caso la riammissione ecclesiastica neppure dopo congrua penitenza pubblica 47. <<Meritauna discolpa maggiore - conclude Tertulliano - chi viene meno nel forte del combattimento che non colui che viene meno nell'intimità di una camera!» 48.

A questo punto è praticamente conclusa la «battaglia»! Una volta affrontati gli argomenti mutuati dalla Scrittura e destinati dagli avversari ad appoggiare le seconde nozze, non resta che smantellare i pretesti addotti per lo stesso fine nell'ordine più propriamente umano. Tertulliano li propone, dimostrandone l'inconsistenza: può esservi, si va dicendo, il desiderio d'associarsi a una moglie ricca; può esservi il bisogno di rompere il disagio della solitudine; può esservi l'aspirazione ad assicurarsi la discendenza dei fig1i:Ma nessuno di questi pretesti si dimostra valido. Essi possono essere superati, senza bisogno di ricorrere a seconde nozze! L'ultimo capitolo (il XVIII) ha il senso d'una perorazione, ed è rivolto a quanti, tra i cristiani, adducono la debolezza della carne come motivo per passare a seconde nozze. Se non vale, scrive Tertulliano, l'esempio di Isacco, se non persuade quello di Giovanni, precursore di Cristo, e di tanti altri, valga almeno l'esempio di tanti pagani, come pelle delle Vestali e dei pontefici massimi dei templi pagani, che permangono monogami. Saranno essi un giorno a giudicare e a condannare la debolezza e la presunzione di tanti cristiani! 47 Cf. P.A. Gramaglia, Tertulliano: Il matrimonio nel cristianesimo preniceno, Roma 1988, p. 510, nota 270. 48 De monogamia, 15,3.

L'unicità delle nozze I, 1

In questo primo capitolo Tertulliano si premura di sottolineare la distinzione che, in fatto di matrimonio, separa eretici, cattolici e seguaci delle dottrine montaniste: i primi rinnegano ogni consenso a contrarre nozze; i cattolici, al contrario, sono troppo permissivi. Nel giusto mezzo stanno invece gli «spirituali», perché essi soli raccolgono le ispirazioni dello Spirito. I cattolici sono degni di particolare condanna, perché sono vittime volontarie della concupiscenza della carne, e del tutto avversi alla «regola dello Spirito».

1. Eretici e cattolici, che pur sostengono idee opposte, sono ugualmente da respingere Gli eretici interdicono le nozze; gli psichici, al contrario, le raddoppiano. I primi non si sposano nemmeno una volta; gli altri non una volta sola. Ma allora, che ci stai a fare, o legge del Creatore? Sorpresa come ti trovi, da una parte, tra eunuchi che ti ripudiano, dall'altra, tra cocchieri (1) che si dicono tuoi, come conseguenza tu non hai che da lagnarti tanto dell'ossequio che ricevi, come in una famiglia, quanto del fastidio che ti proviene dal di fuori. Ne segue allora che ti danneggiano coloro che di te abusano, quanto quelli che non ne ricavano nessun utile. Non è degna di lode una tale continenza, in quanto fa parte di chi segue dottrine eretiche, e neppure si deve ammettere la licenza degli altri, perché fa parte della dottrina degli psichici; la prima è blasfema, l'altra è incline alla lussuria; quella distrugge il Dio delle nozze, questa lo sconvolge.

(l) I1 termine auriga (cocchiere, carrettiere), qui usato per spregio da Tertulliano, indica, per sé, non solo chi conduce un carro ma anche chi vi fa salire chi gli pare e piace. L'allusione ai cattolici, sostenitori deiia ripetizione delle nozze (cf. P. Mattei, Tertullien: Le rnariage unique, p. 2 15).

Tertulliano

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2. I veri credenti (gli spirituali) praticano l'unicità delle nozze Fra di noi invece, che la cognizione dei carismi spirituali fa sì che siamo detti appunto «spirituali», la continenza religiosa è accompagnata da una liceità molto riguardosa, e l'una e l'altra si svolgono sotto lo sguardo del Creatore: la continenza infatti onora la legge delle nozze, la liceità la tempera; quella è comandata, questa viene moderata; quella dipende dal proprio volere, questa viene regolata dalla misura. Noi riconosciamo un matrimonio unico, così come riconosciamo un solo Dio. La legge delle nozze comporta un onore ben maggiore, qualora s'accompagni pure con il pudore.

3 . (I cattolict;)si oppongono alle cose dello Spirito Agli psichici invece, dato che non ricevono lo Spirito, non sono gradite le cose dello Spirito l. E così, mentre ad essi non sono gradite le cose dello Spirito, torneranno gradevoli quelle della carne, appunto perché queste sono contrarie allo Spirito. «La carne - dice l'Apostolo - ha desideri contro lo Spirito; lo Spirito, a sua volta, contro la carne» 2. Che cosa può dunque desiderare la carne, se non quello che appartiene particolarmente alla carne? Ed è proprio questo il motivo per cui, fin dai primi tempi dell'umanità, la carne fu creata estranea allo Spirito: «Il mio Spirito - Iddio disse - non rimarrà per sempre in questi uomini, perché essi sono carne»3.

Secondo Tertulliano, quanto nel suo secolo r'andava dicendo e attuando, non comportava, per sé, nessuna innovazione, perché Cristo aveva già predetto l'intervento dello Spirito Santo nella vita della Chie-

1

Cf. 1 Cor. 2, 14.

2

Ga1.5, 17.

3

Gen. 6 , ) .

L'unicità delle nozze, 2, 1-2

125

sa. Il Paraclito, qutrindi, introduce nella Chiesa quello che il Signore aveva lasciato intravedere. Si può perciò qui rilevare come Tertulliano non poteva non rifarsi alla dottrina, ormai da lui definitivamente abbracciata, del montanismo, quello della seconda fase, caratterizzata appunto dall'acuirsi del rigorismo morale, predisposto &/la presenza del Paraclito.

1.11 Paraclito, imponendo la monogamia, è autore d'una nuova e vera disciplina, anche se contraria alla tradizione cattolica I cattolici ci rinfacciano la disciplina della monogamia come un'eresia, e da nessun'altra causa sono indotti a negare il Paraclito, quanto da questa, proprio perché essi lo ritengono iniziatore d'una disciplina nuova e, in più, molto dura per loro. Ne segue pertanto che noi dovremo dimostrare anzitutto, in una trattazione generale, se possa darsi che il Paraclito abbia insegnato certa quale dottrina definita nuova di fronte alla tradizione cattolica, oppure troppo pesante in confronto d'onere ben più leggero, posto dal Signore4.

2. Tutto questo I'aveva predetto il Signore stesso Ma sull'uno e sull'altro di questi medesimi principi s'era pronunciato il Signore stesso, quando ebbe a dire: «Ho ancora molte cose da dirvi, ma per ora voi non potete portarle. Quando verrà lo Spirito Santo, Egli vi guiderà ad ogni verità» 5 . Egli ha lasciato sufficientemente intravedere che lo Spirito Santo avrebbe insegnato cose che potevano essere considerate nuove, in quanto mai insegnate prima e, in più, alquanto impegnative, appunto perché non ancora imposte.

Cf. l Cor. 2, 14.

5

Gv.16, 12-13.

126

Tertulliano

3 . Le novità disciplinari sono buone, se risultano conformi alla fede professata Dunque, tu potresti obiettarmi, con un tal modo di ragionare, tu potrai riferire al Paraclito, come origine, qualunque disposizione nuova, anche se gravosa, perfino nel caso che essa sia provocata dallo spirito awersario! Non può essere, io ti rispondo. Infatti lo spirito awersario si tra-. disce dalla diversità della sua predicazione, poiché, in primo luogo, egli adultera la regola della fede e solo così egli cerca di adulterare in seguito l'ordine della disciplina, visto che, in realtà, si ha dapprima la corruzione di quello che precede di grado, vale a dire, della fede, appunto perché questa è superiore alla disciplina. Occorre quindi che uno sia anzitutto un eretico per quello che riguarda direttamente Dio, e solo dopo, per quello che riguarda l'istituzione.

4. La nuova disciplina sembra gravosa, perché rivelata soltanto ora

I1 Paraclito pertanto, dovendo impartire molteplici insegnamenti, quelli che alla sua opera aveva affidato il Signore, secondo quanto egli stesso aveva predetto, dimostrerà appunto che Cristo è proprio Colui nel quale noi crediamo in conformità a tutto l'ordine istituito da Dio creatore, e lo glorificherà e ne tramanderà la memoria. E così egli, una volta conosciuto attraverso il riconoscimento di quest'ordine essenziale, ci rivelerà i molteplici cardini delle varie discipline: poi, a dimostrare la loro credibilità, subentrerà l'integrità della sua predicazione, anche se quelle discipline sono nuove, perché rivelate soltanto ora, e, anche se esse sono gravose, proprio perché ai nostri giorni non sono ancora del tutto sopportate. Di fatto, esse non sono enunciate da un Cristo diverso da Colui che aveva dichiarato d'avere ancora molte altre cose da dire, le quali però sarebbero state insegnate dal Paraclito, tali, comunque, da essere non meno gra-

L'unicità delle nozze, 2, 4; 3, 1

127

vose per i presenti di quanto lo sarebbero state per quelli di quel tempo, ancora incapaci di tollerarle.

Tertulliano si propone ora di dimostrare che il Paraclito non ha indotto nulla di nuovo: anche se avesse ordinato la verginità come precetto, perflno questo non avrebbe comportato alcuna novità nelle discipline cristiane. L'Apostolo, in realtà, dichiara infatti che è bene non avere moglie, non però nel senso che sia male avere moglie, ma perché la continenza è un bene superiore alle nozze. Egli concede dunque le nozze, ma quello che è permesso non costituisce un comando, ma solo un consenso allo scopo di evitare il peggio. E così si dimostra che, dopo tutto, le nozze non sono un vero bene, ma soltanto un male tollerato, una condiscendenza alla debolezza della carne, e, appunto perché tale, antica quanto I'uomo.

1. Qualora lo Spirito Santo ordinasse una continenza perfetta, non ordinerebbe nulla di veramente nuovo

I1 problema così concepito: «...se la monogamia sia veramente gravosa», lo risolva l'impudente infermità della carne, ancora così viva; e se poi essa costituisca realmente una novità, consideriamolo noi qui nel suo insieme. Io arrivo a dichiarare questo: quando pure il Paraclito, presentemente, ordinasse la verginità oppure una continenza integrale e salda, al punto da non concedere alla carne di sfogare i1 suo fermento nemmeno nell'ambito di un solo matrimonio, anche in tal caso non parrebbe che egli introducesse qualcosa di nuovo. In effetti è stato il Signore stesso ad aprire il regno dei cieli agli eunuchi 6 , ed è guardando a lui che anche l'Apostolo si è reso immune da nozze, preferendo la continenza7. Cf. Mt. 19, 12.

7

Cf. 1 Cor. 7 , 7

2.CApostolo, pur non facendone un motivo di comando, preferisce la continenza perfetta Tu allora così mi obietti: «Va bene, purché però resti salvo il diritto di sposarsi». Ma questo è certo, e vedremo fino a che punto resterà salvo. Tuttavia resta vero che quel diritto viene limitato dal fatto che ad esso è preferita la continenza. L'Apostolo infatti dichiara: «E bene per l'uomo non toccare donna» 8. Dunque è male toccarla. In effetti, contrario al bene, non v'è se non il male. Pertanto «non resta se non questo, che coloro, i quali hanno moglie, si comportino come se non l'avessero» (2). Tanto più, cluindi, coloro che non l'hanno, dovrebbero procurare di non averla.

3. Ciò che è permesso, non è voluto, ma è semplicemente consentito L'Apostolo esprime pure i motivi per i quali egli intende dare quei consigli: coloro che non sono sposati, pensano come piacere a Dio; quelli sposati, invece, si preoccupano di come ognuno possa piacere nel proprio matrimonio 9. Potrei perfino rilevare, dicendo che quanto è permesso non è proprio del tutto un bene. Infatti, quello che è realmente un bene, non viene concesso, perché esso è spontaneamente consentito. I1 permesso comporta, talvolta, una causa e, per di più, necessaria. Dopo tutto, e proprio in questo nostro presente argomento, la volontà dell'Apostolo, semmai, non è propriamente quella di permettere di sposarsi: ben altro è quello che egli vorrebbe: «Io voglio - egli scrive che tutti voi siate così come sono io» 10. Nel dichiarare quello che 6 meglio, non conferma egli forse certamente di

(2) 1 Cor. 7,29. Interpretazione troppo spinta: si direbbe che il consiglio diventa obbligo! Ma è nota l'ansia escatologica di Tertulliano.

L'unicità delle nozze, 3, 3-5

129

volere quello che, prima, aveva affermato essere migliore? E allora, se consente una cosa diversa da quanto egli vorrebbe, poiché la permette non per sua volontà diretta, ma solo perché indotto dalla necessità, dimostra che non è del tutto buono quanto egli concede solo per forza.

4. CAposiolo paria dz un bene essenriule Infine, allorché egli dichiara: <<Èmeglio sposarsi piuttosto che bruciare* ll, quale bene si potrebbe intendere che risulti essere migliore d'un castigo? Visto, appunto, che esso non può risultare migliore, se non in confronto con ciò che è pessimo? E bene dunque quello che per se stesso merita un tal nome, senza confronti, e non dico con il male, ma neppure con un bene d'altra natura, al punto che, se anche paragonato con un altro bene, non ne risulti sottovalutato, ma ne rimanga tuttavia con tutto il suo valore di bene.

5.11 consiglio dell'Apostolo nasce da condizioni umane di necessità, non da ragioni superiori

E del resto, se un bene viene per forza definito tale solo perché messo a confronto con un male, non risulterà certamente un bene, quanto piuttosto un genere di male inferiore, appunto perché, considerato alla luce di un male maggiore, necessariamente apparirà nella categoria dei beni. Metti perciò da parte questa condizione al punto da poter affermare: «E meglio sposarsi che bruciare» 12. E pro,prio aliora che io ti chiederò se tu oserai rispondermi: «E meglio sposarsi», senza aggiungere però il motivo per cui è meglio sposarsi. Ne seguirà così che lo sposarsi non sarà meglio per niente, e quindi, dato che non sarà meglio, neppure sarà un bene, una volta sottratta queila condizione, la quale, mentre da una parte rende una cosa migliore di 11

1 Cor. 7, 9.

12

Ibid.

un'altra, dall'altra parte costringe appunto a ritenerla senz'altro un bene. Indubbiamente, è meglio perdere un occhio solo che perderli tutti e due. Se tuttavia ti astieni dal metterli a confronto l'uno con l'altro, non risulterà che è meglio avere un occhio solo, proprio perché questo non è certo un bene. Che cosa concludere allora, visto che l'Apostolo concede ogni condiscendenza sotto la propria responsabilità, vale a dire, tenendo presente la mentalità degh uomini, e rifacendosi a quella necessità di cui abbiamo già fatto parola, visto che era meglio sposarsi piuttosto che bruciare?

6 . San Paolo distingue ciò che egli suggerisce da quello che è voluto dallo Spirito Santo Infine, allorché l'Apostolo passa ad altro argomento, così si esprime: «A quanti sono sposati, dichiaro, non io, ma il Signore» 13. E chiaro quindi che quanto egli aveva asserito in precedenza non era di autorità del Signore, ma di suggerimento d'uomo. Quando invece egli intende persuadere gli animi a praticare la virtù della continenza, così si esprime: «Io voglio che voi tutti siate così. Io così penso; e ritengo d'avere lo Spirito di Dio» 14. E disse così, perché, se aveva fatto qualche concessione, indotto dalla necessità, intese revocarla dietro l'autorità dello Spirito Santo.

7 .Altri luoghi della Scrittura con le stesse ammonizioni Ma anche Giovanni, quando ammonì che si doveva camminare dietro le orme del Signore, ammonì, senza dubbi anche lui, di camminare secondo la santità della carne 15. E poi con maggiore chiarezza aggiunse: «Ognuno che ha questa speranza in lui, diventa puro così come egli è puro» 16. E in effetti, abbiamo così anche altrove: «Siate santi, così co-

16

13 l Cor. 7, 10. 1 Gv. 3,3.

14

l Cor. 7, 7; 7, 40.

l5

Cf. Gv. 2, 6.

L'unicità delle nozze, 3, 7-9

131

me anch'egli è santo» 17, santo, s'intende, nella carne. Di fatto, non avrebbe detto dello Spirito Santo, perché lo Spirito è santo per sua essenza, e non attende certo un richiamo alla santità, la quale costituisce la sua propria natura.

8. Secondo i suggerimenti dello Spirito Santo i tempi ormai maturi dissuadono dal contrarre le nozze

È in vista della carne che s'insegna la santità, la quale fu santa anche in Cristo. In conclusione: se tutti questi richiami mettono da parte il permesso deiie nozze, una volta ben esaminata la condizione della liceità delle nozze e dopo essere stata imposta la preferenza per la continenza, perché mai lo Spirito stesso non avrebbe potuto, sopravvenendo dopo gli apostoli allo scopo di condurre la disciplina alla sua integrale realtà attraverso la gradazione dei tempi (in conformità a quando dice 1'Ecclesiaste: «Vi è tempo per ogni cosa» 18), perché mai, ripeto, lo Spirito non avrebbe potuto imporre un'altra costrizione alla carne, distogliendo dalle nozze non più con esortazioni indirette, ma apertamente, tanto più che il tempo si è ristretto 19, essendo trascorsi da allora circa 160 anni? (3). 9. Lo Spirito Santo vuole solamente quello che egli aveva già preannunziato Non è forse vero che, tra te stesso, ti porresti forse a considerare se questa disciplina non fosse per awentura già

l9

'7 Cf. 1 Pt. 1, 16; Lev. 11, 44; 19, 2; 20, 7. Cf. l Cor. 7,29.

18

Qo. 3, 17.

(3) È questa un'indicazione preziosa, anche se un po' sommaria. Se la prima epistola ai Corinti fu scritta intorno al 57, il trattato De monogamia va collocato intorno al 217. Abbiamo qui una manifesta allusione alla totale adesione di Tertdiano al montanismo. 11numero 160 non va preso in senso aritmetico, preciso.

Tertulliano

132

antica, dato che essa era già stata in passato dimostrata anzitutto nella carne e nella volontà del Signore, e poi, sia nei suggerimenti sia negli esempi degli apostoli? Da molto tempo noi eravamo destinati a una tale santità. I1 Paraclito non apporta ora nulla di nuovo. Egli non fa che definire quanto aveva già predetto, e non pretende, se non quello che egli aveva atteso.

10. L'unicità delle nozze è già una condiscendenza alla debolezza della carne Pertanto, ripensando ora a quanto è stato detto fin qui, ti persuaderai facilmente come convenisse appunto al Paraclito assai più predicare l'unicità delle nozze, a lui che avrebbe potuto perfino non permetterle. E preferibile credere perciò che egli abbia temperato quello che sarebbe stato opportuno perfino togliere. Questo, ovviamente, se tu cercherai di comprendere quello che volle Cristo. Anche su questo riguardo dovrai ammettere che il Paraclito si comporta come awocato, in quanto egli libera la tua debolezza dal praticare una continenza totale.

Con il capitolo IV inizia la seconda parte deltopera: essa occuperà il lettore fino ai capitolo XIII. Cost una volta conzpiuta la missione del Paraclito, dimostrata nei passi più significativi della Scvittura, verremo - dice Tertulliano - alle prove di fatto.

1. Viene ribattuta l'obiezione che la monogamia era ignorata

nelle età precedenti Lasciamo dunque ormai da parte il richiamo del Paraclito, pur essendo egli, in qualche modo, il nostro sostenitore, e consultiamo le testimonianze delle Scritture, comuni a

L'unicità delle nozze, 4, 1-3

133

tutti. Apparirà chiaramente manifesta questa verità, che cioè la disciplina della monogamia, da noi sostenuta, non è affatto nuova; al contrario, essa si rivela antica e tutta propria dei cristiani, al punto che dovrai riconoscere come il Paraclito sia stato di essa un reintegratore ben più evidente che un innovatore.

2. L'unicità della moglie fu prescritta fin dalla creazione della prima coppia Per quello che si riferisce d'antichità, quale forma di matrimonio si potrebbe indicare più antica di quella fissata nel numero stesso, come appare all'inizio del genere umano? Iddio prescrisse per l'uomo una sola moglie, ed estrasse da lui una sola costola, pur avendone egli molte. E questo si rivela perfino dalle parole da lui pronunciate prima di passare all'esecuzione: «Non è bene per l'uomo che egli sia solo: procuriamogli un aiuto» 20. Se Dio avesse destinato l'uomo a più mogli, avrebbe parlato, in plurale, e cioè di aiuti. In più, egli aggiunse pure una legge relativa al futuro, in quanto fu detto a modo di profezia: «Saranno due in una sola carne» 21. Così egli non parlò di tre, e tanto meno di parecchie. Del resto, neppure di due, se avesse accennato a parecchie. Quella legge rimase dunque determinante.

3 . Sin dall'inizio, con i progenitort; fu rispettata L'unicità del matrimonio Ne risultò che l'unione matrimoniale così fissata durò immutata nei genitori del genere umano fino alla fine, non perché non fosse possibile la presenza di altre femmine, ma proprio perché non dovevano esservene altre, e così non venisse deturpato l'inizio del genere umano dalla duplicità

20

Gen. 2, 18.

21

Gen. 2,24.

Tertulliano

134

delle nozze. In realtà, se Dio avesse voluto, avrebbe potuto disporre anche così, in quanto Adarno avrebbe potuto scegliere altre mogli tra il molteplice numero delle stesse proprie figlie, dato che esse erano, come Eva, ricavate dalle proprie ossa e dalla sua propria carne: questo però poteva awenire solo se fosse stato permesso dalle disposizioni di Dio. Non appena però venne commesso il primo delitto, consumato con il fratricidio, non ci fu tanto degno del secondo posto quanto quello del doppiaggio del matrimonio. E in realtà non importa che uno abbia avuto successivamente due mogli, una dopo l'altra, oppure contemporaneamente, l'una e l'altra. Si tratta sempre dello stesso numero, siano esse insieme o anche separate. 4 . Punizione delle doppie nozze contratte da Lamech Una sola volta tuttavia l'istituzione divina subì una violazione, e fu per colpa di Lamech22. In seguito essa si ristabilì nuovamente fino al termine di quella stirpe: non vi fu un secondo Lamech, così come non vi fu un altro marito per due donne. Di fatto la Scrittura intende come non avvenuto quanto essa non dichiara. Furono infatti ben diverse le iniquità che provocarono il diluvio, punito una volta sola, qualunque fosse la natura di quelIe colpe: comunque, non settanta volte sette23, come avevano meritato i due matrimoni di Lamech. E così anche la ricostituzione del secondo genere umano si ritiene originata dalla unicità del matrimonio come da una sola madre.

5. Noè e sua moglie furono uniti in uniche nozze, e cosiperfino le coppie di animali, saluati nell'arca Così, uniti in una sola carne, ripresero nuovamente a crescere e a moltiplicarsi quei due individui, Noè e sua mo22

Cf. Gen. 4, 18-19.

23

Cf. Gen. 4,24.

L'unicità delle nozze, 4, 5; J, 1

glie, come pure i loro figli, nell'unicità delle nozze. Anche rispetto agli stessi animali risulta osservata la monogamia, affinché perfino le bestie non nascessero da relazioni disoneste. Di tutte le bestie d'ogni carne Dio così ordinò: «Farai entrare una coppia dentro l'arca, perché esse vivano assieme a te; saranno maschio e femmina; degli animah che volano, secondo la loro specie, e di tutti quelli che strisciano suila terra, secondo la loro specie, due, fra tutti, maschio e femmina, entreranno dentro assieme a te» 24. In base d o stesso criterio Iddio comanda pure che siano scelte, due a due, sette specie di animali, maschio e femmina, rispettivamente, uno solo con una sola a.Dovrei dunque dire di più? Perfino per gli uccelii impedì l'ingresso nell'arca ai maschi assieme a due femmine.

Secondo Tertulliano, Adamo era stato posto in uno stato di certa petfezione, di monoganzia. Con la sua caduta, tutta la sua dircendenza era precipitata nella libertà eccessiva della carne. Con la venuta del Cristo fu operato un ritorno alllnizio, destinato ad operare il ripristino della monogamia, come era stato nelprincipio. Nella figura dell'unione di Cristo con la Chiesa si ha appunto l'archetipo dell'ormai richiesta monogamia. Ma Cristo fu pure il modello d'una perfezione ancora piu alta, rinunciando completamente alle nozze.

1. L'indiuisibilità del matrimonio è una legge stabilita da Dio

fin dagli inizi dell'umanità Tutto questo va riferito a quello che riguarda la testirnonianza dei tempi iniziali, come pure la giustificazione deile origini e il giudizio preventivo di questa divina istituzione. Fuori d'ogni dubbio, essa costituisce una legge, non un consiglio, poiché, se f h dall'inizio fu stabilito così, potremo consta-

24

Gen. 6, 19-20.

25

Cf. Gen. 7 , 1-3.

Tertulliano

136

tare che noi siamo stati riportati da Cristo appunto agli inizi, ed è proprio questo che egli ha affermato riguardo alla questione del ripudio, dichiarando che il ripudio era stato permesso da Mosè a causa della durezza del loro cuore, ma che all'inizio non era stato così26 egli, fuori d'ogni dubbio, riporta I'indissolubilità del matrimonio ai primordi dell'urnanità.

2.Svolgimento del piano della creazione: in Cristo I'inizio e la fine Ne segue allora questa conclusione: quei due che Dio congiunse in una sola carne, oggi l'uomo non può separarli27. Anche l'Apostolo così si esprime, scrivendo agli Efesini e dichiarando che Dio aveva prestabilito in se stesso, allo scopo di tutto realizzare poi nella pienezza dei tempi in connessione con l'inizio - vale a dire, con il principio -, s'era proposto, ripeto, di accentrare nel Cristo tutti gli esseri; quelli celesti e quelli terrestri, tutti in lui (4).E così il Signore si è preso per sé le due lettere dell'alfabeto greco, la prima e l'ultima28, due segni che designano il principio e la fine e convergono in lui, sicché, come l'A (Alfa) si svolge fino ad arrivare all'o (Omega),e, di nuovo, si ripiega dail'o fino all'A, così pure egli dimostra che in lui stesso c'è un decorso che dall'inizio volge fino alla fine, e un ricorso che daila fine si riporta al principio. Ne risulta così che tutto l'ordinamento della creazione ha il suo compimento in Colui per mezzo del quale ha avuto il suo principio, e in effetti ha avuto il suo inizio per mezzo del Verbo di Dio che si è fatto carne29, e perciò ha avuto il suo termine per mezzo di lui, come per mezzo di lui ha avuto anche il suo inizio. 26

13.

Cf. Mt. 19, 8. 29 Cf. Gv. 1, 14.

27

Cf. Mt. 19, 6.

28

Cf. Ap. 1, 8; 22,

(4) Cf. Ef. 1, 9-10. È il tema paolino della Ricapitolazione, tanto caro ad Ireneo. Cf. L. Dattrino, La dignità dell'uomo in lreneo, in «Lateranum», 46 (1980), pp. 209-249.

L'unicità delle nozze, 5, 3-5

137

3. Per I'opera di Cristo tutto è ritornato com'era all'inizio Tutto in Cristo è stato richiamato com'era all'inizio: la fede è stata riportata dalla circoncisione all'integrità della carne, così com'essa fu all'inizio; la libertà del cibarsi fu limitata dall'astinenza del puro sangue, com'era all'inizio; la proibizione del ripudio all'inizio non ci fu, e, infine, tutto l'uomo è riportato nel paradiso, dove s'era trovato fin dall'inizio.

4. La monogamia, fin dall'inizio, fu propria di Adamo e di Noè Ma allora, perché Cristo non dovrebbe riportare a quello stesso inizio Adamo, marito d'una sola donna, Lui che può certamente ricondurlo a quella integrità iniziale, da cui era stato allontanato? Per quanto dunque riguarda la restituzione a tutto, com'era all'inizio, l'intendimento della disposizione della creazione, come pure della tua speranza, richiede da parte tua quello che fu aii'inizio così come fu al principio, e, in più, riguardo a te, quello che fu realizzato in Adamo e ripreso in Noè. Scegli tu stesso in quale di loro due puoi disporre il tuo inizio: nell'uno e nell'altro la caratteristica della monogamia ti pretende nel proprio dominio.

5.11 cristiano dovrebbe conformarsi preferibilmente a Cristo, immune da nozze

E allora, se è vero che l'inizio tende ad arrivare alla fine, come l'A all'o, al modo stesso con cui il fine riporta all'inizio, come l ' o all'A, e pertanto, se è vero che, con uguale conformità, la nostra generazione si trasferisce in Cristo, e cioè l'animale nello spirituale 30, consideriamo 30

1 Cor. 15.46.

Tertulltano

138

dunque se questa nostra origine ti assegni ugualmente a questa ulteriore condizione, se anche l'ultimo Adamo trovi giusto che tu aderisca alla stessa esigenza, nella quale era anche il primo, visto che l'ultimo Adamo, cioè il Cristo, fu del tutto immune da nozze, proprio come il primo Adamo prima del suo esilio.

6. Cristo, nuovo Adamo

Ed ora, dopo aver dato alla tua debolezza l'esempio della sua carne, quest7Adamopiù perfetto, cioè Cristo, tanto più perfetto per certa sua prerogativa, per la quale è più integro, ecco che egli viene incontro a te come continente nella carne, qualora, s'intende, tu lo voglia. 7 . La Chiesa, unica sposa di Cristo Ma se tu non sei adatto a questo grado, ecco allora che egli ti viene incontro quale monogamo in spirito, poiché egli ha un'unica sposa, la Chiesa, secondo l'immagine prefigurata dall'Apostolo e intesa «in quel grande mistero», e cioè «in Cristo e nella Chiesa»31, i quali corrispondono, come simbolo, alla monogamia carnale sotto forma spirituale, Tu stesso dunque vedi come non ti sia possibile, pur volendo perfezionare in Cristo il tuo stato, orientarlo appunto verso Cristo senza la professione della monogamia e senza essere, nella tua carne, quello che egli fu nello spirito, anche se tu pure avresti dovuto essere nella tua carne quello che egli fu nella sua.

31

Ef. 5,32.

L'unicità delle nozze, 6, 1

Siamo davanti ad una delle interpretazioni, da parte di Tertulliano, più discutibili. Egli ora, messi da parte Adamo e Noè, cerca i veri iniziatoti dei figli di Dio negli esempi dei padri santi, e, naturalmente, dei mariti d'una sola moglie. Il primo e più eminente non poteva essere che Abramo. Ed ecco lo scoglio:Abratno non ebbe forse due mogli, una libera e una schiava? Per la nostra questione - risponde Tertulliano - non è cos? Abramo credette in Dio prima di unirsi alla schiava e prima di sottomettersi alla circoncisione. Queste due realtà sono quelle che danno alla sua dircendenza il vero valore e le dovute caratteristiche insostituibili, e cioè la vera fede, l'incirconcisione, e la soggezione al precetto della m e nogamia. A conferma, esclusi gli esempi di Davide e di Salomone, ecco gli esempi di Giuseppe in Egitto, e di Aronne, il primo dei sacerdoti.

1.Molti si vantano d'esser figli di Abramo. Ma Abramo,

quando li generò, era monogamo

E più conveniente, nel nostro stesso interesse, ricercare alcuni personaggi in grado di presentarsi come iniziatori della nostra discendenza. Ad alcuni infatti non sono graditi, in qualità di parenti monogami, né Adamo né Noè, ma forse neppure Cristo. Essi si risolvono a far capo ad Abramo, pur essendo stato loro vietato di non riconoscere altro padre d'infuori di Dio 32. Mora nostro padre sia dunque Abramo, ma lo sia però anche Paolo, il quale può dire: «Io vi ho generati nel Vangelo!» 33. Anche tu dunque mostrati figlio di Abramo, poiché, in realtà, la tua non è un'origine indifferente: è ben sicuro il tempo, in cui egli è divenuto tuo padre. E in effetti, se noi, in base alla fede, siamo chiamati figlio di Abramo, come ci insegna l'Apostolo, dorché scrive ai Galati, «voiben sapete che coloro, i quali sono figli della fede, costoro sono figli di Abramo», quand'è perciò che «Abramo credette a Dio e questo fu per un titolo di giustificazione»34? Sono convinto che

34

j2 Cf. Mt. 23,9; Lc. 3,8; Gv. 8,39; Giac. 2,21. Ga1.3,6-7; Rom. 4,3; cf. Gen. 15,6.

33

1 Cor. 4, 15.

140

Tertulliano

questo accadde nel periodo della sua monogamia, dato che egli non apparteneva ancora alla circoncisione.

2. I due modi con cui si può essere figli di Abramo Se poi Abramo si pronunziò in seguito per una doppia scelta, e cioè per la bigamia, con il concubinato con la schiava, e per la circoncisione come segno dell'alleanza 35, tu non potrai riconoscerlo come padre, se non dal momento in cui egli credette in Dio 36, dato che tu sei figlio suo appunto in base alla fede, e non secondo la carne. Se poi tu vorrai seguire Abramo nel suo secondo stato, vale a dire quello bigamo, devi ricevere pure la circoncisione; se invece tu rigetti quello circonciso, dovrai rinunciare a quello bigamo. Non potrai comporre insieme i suoi due stati, in contrasto fra di loro per due diverse disposizioni. Ti vuoi decidere per la bigamia? Allora devi ammettere pure la circoncisione. Preferisci l'incirconcisione? Allora sarai pure tenuto alla monogamia. A tal punto tu sarai figlio di Abramo monogamo, come pure figlio di lui incirconciso, che, qualora tu decidessi di circonciderti, non saresti più figlio suo, non saresti più venuto dalla fede, ma soltanto da una prefigurazione della fede, sia pure awalorata come giustizia nella stessa circoncisione37. Hai dunque davanti a te la dottrina dell'Apostolo. Imparala, unitamente ai Galati.

3. La vera discendenza da Abramo è quella che deriva da lui attraverso Isacco Pertanto, se tu sceglierai per te la bigamia, non potrai essere figlio di colui la cui fede si espresse anteriormente, mentre egli era nell'osservanza della monogamia. Di fatto, anche se in seguito egli viene chiamato padre di molte genti38, dovrà 35 Cf. Gen. 16, lss.; 17, lss. 38 Cf. Gen. 17,4-5. Rom. 4, 11.

36

Cf. Gen. 15, 6.

37

Cf.

L'unicità delle nozze, 6, 3-4

141

intendersi comunque padre di quelle genti, le quali intendono d'essere chiamate figlie di lui, in quanto derivate dalla fede che precedette la sua bigamia. Quanto avvenne in seguito non ci riguarda: una cosa sono le figure, e altra cosa le prescrizioni; una cosa sono le prefigurazioni, e altra cosa le leggi definite. Le immagini, una volta adempiute, sono destinate a passare; le leggi invece debbono essere adempiute; le irnmagini prevedono il futuro, le leggi governano gli uomini. Ora, che cosa preannunzi quella sottolineata bigamia di Abramo, ce lo insegna lo stesso Apostolo, lui che è interprete dell'uno e dell'altro Testamento 39, dato che egli definisce la nostra discendenza proprio col nome di Isacco.

4. Davide e Salomone sono da riprovare Se tu sei figlio della moglie libera (5),allora fai parte di Isacco: egli si attenne, senza dubbio, a un matrimonio unico. Tutti costoro, pertanto, a mio giudizio, sono quelli da cui io mi riconosco derivato. Ignoro gli altri. Perciò, se mi metto a considerare i loro esempi, perfino di un Davide, che moltiplicò le sue nozze a prezzo di sangue, di un Salomone, che si arricchì perfino di mogli, tu sarai obbligato a prendere decisioni ben migliori, poiché avrai davanti agli occhi pure un Giuseppe, con una sola moglie - ed io, proprio per questo suo titolo, oso definirlo migliore del padre -; hai Mosè che ha visto Dio faccia a faccia, hai Aronne, sommo sacerdote. Anche il secondo Mosè del secondo popolo, colui che introdusse la nostra immagine nella terra promessa da Dio, egli, che per primo tenne come proprio il nome del Signore, non fu per niente bigamo (6). 39

Cf. Gal. 4,24ss.

(5) Sara, la mogiie di Abramo (cf. Gal. 4,31). (6) AUusione a Giosuè, detto qui «secondo Mosè» e iniziatore di una nuova generazione (secondo popolo), queiia che abitò nelia Terra Promessa e che raffigurò allegoricamente il popolo cristiano: il suo nome (Giosuè) è dato come sinonimo di Gesù.

Tertulliano

Fin qui Tertulliano ha passato in rassegna i personaggi dell'AT e il loro atteggiamento in fatto di matrimonio. Ora egli cerca il valore delle varie leggi dell'AT, e ne ricava questa conclusione: esistevano, in rapporto alla condotta da osservare, certi pesi realmente gravosi, e questi vennero tolti o almeno alleggeriti. Fu cosi che venne superata la legge del levirato. In compenso dovettero invece persistere certe prescrizioni relative all'osservanza della giustizia, e queste non solo non furono abrogate, ma ampliate.

1. Discussione sul valore della Legge per se stessa Esauriti gli antichi esempi, offerti dai personaggi che stanno alla base delle origini della nostra discendenza, passiamo ora, con lo stesso criterio, agli antichi testi della Legge, in modo da trattare per ordine tutta l'orditura dei documenti che ci riguardano. In realtà vi sono certuni i quali, da una parte, dichiarano di non avere nulla a che fare con la Legge - eppure Cristo non venne ad abrogarla, ma a compierla40 -; dall'altra, invece, essi s'arrogano quello che, della Legge, loro non garba. Anche noi allora diremo chiaramente che la Legge ormai ha avuto termine, nel senso però che i suoi pesi, quelli che, secondo la sentenza dell'Apostolo, nemmeno i nostri padri furono in grado di tollerare 41, sono stati aboliti; i precetti, invece, quelli che riguardano la giustizia, non solo sono stati confermati, e perciò rimangono, ma sono stati ampliati, affinché la nostra giustizia potesse superare quella degli scribi e dei farisei42.

2. L'insinuazione dei Sadducei non ha più ragione di sussistere Se si parla di giustizia, ovviamente si dovrà pure parlare di pudicizia. Se dunque, dato che nella Legge si prescri40

Cf. Mt. 5 , 17.

41

Cf. Atti 15, 10.

42

Cf. Mt. 5,20.

L'unicità delle nozze, 7, 2-4

143

ve che uno si riprenda in matrimonio la moglie del proprio fratello morto senza lasciare figli, alio scopo di rawivare il seme per il suo fratello43, tanto che questo può più volte essere reiterato perfino in favore d'una persona sola secondo la maliziosa insinuazione dei Sadducei 44, in modo da dedurne così che è consentita la ripetizione delle nozze, ne segue allora che noi dovremo indagare anzitutto la ragione vera di quel precetto, e solo allora quei tali finiranno per convincersi che è cessato quel motivo che appartiene ormai alle parti ritenute abolite45.

3 . I motivi per i quali era ancora ritenuta valida la legge di Mosè Occorreva dunque dare un successore nel matrimonio del fratello, morto senza lasciare figli, anzitutto perché doveva ancora essere considerata valida l'antica benedizione: «Crescete e moltiplicatevi» 46; poi, perché le colpe dei padri erano punite sui loro figli; in terzo luogo perché gli eunuchi e gli sterili erano considerati disonorevoli 47. Pertanto, affinché in seguito non fossero giudicati maledetti coloro che erano deceduti anzi tempo senza lasciare prole, non per colpa della loro natura, ma a causa d'una morte precoce, perciò veniva ad essi procurata, nell'ambito della famiglia stessa, una successione sostitutiva e pressoché postuma.

4. Alla legge diMosè fu sostituita una legge contraria Quando però l'ultimo decorso dei tempi finì per rendere inopportuno perfino il consiglio «crescete e moltipli-

43 Cf. Deut. 25,5. 44 Cf. Mt. 22,23-26. 46 Gen. 1,28. 47 Cf. Deut. 23,2.

45

Cf. Ef. 2, 15.

catevi~( T ) , dato che anche l'Apostolo aveva dato questa precisa esortazione: «Resta che anche quelli che hanno moglie siano come se non l'avessero, poiché il tempo è ristretto»", e dato anche che ormai l'uva acerba, gustata dai padri, ha cessato di allappare i denti dei figli, poiché «ognuno morirà per le sue iniquità» 4 9 s gli eunuchi non solo non sono più oggetto di disonore, ma hanno meritato la grazia, invitati come sono al regno dei cieli, una volta sepolta la legge di succedere al fratello nel matrimonio, fini per prevalere la legge contraria, quella di non succedergli per subentrare al suo posto nel matrimonio.

5 . Una vedova, risposandosi, sposerebbe un fratello Ne segue quindi, come già avevo detto in precedenza, che tutto quello che ha cessato di valere per essere venuto meno il motivo della sua validità, non può più sostenere una motivazione adattata a una realtà diversa. Pertanto, dopo la morte del proprio marito, una donna non si risposerà, poiché, risposandosi, dovrebbe farlo con un fratello. Infatti tutti noi siamo fratelli: ella, perciò, qualora intendesse di passare a seconde nozze, dovrebbe farlo, semmai, nel Signore 50, vale a dire, non con un pagano, ma con un fratello, poiché anche la Legge antica vieta il matrimonio con degli estranei.

6. Nozze seconde riprovate Ora, nel Levitico, è dichiarato questo awertimento cautelativo: «Chiunque sposa la moglie del fratello, compie 48

1 Cor. 7;29.

49

Ger. 31,29-30.

50

Cf. 1 Cor. 7,39.

(7) Testo originale: «At ubi et crescite et multiplicamini evacuavit extremitas temporum.. .». Abbiamo qui una delle espressioni più insistenti in fatto di escatologia tertullianea.

L'unicità delle nozze, 7, 6-8

145

un'irnpurità» (8), una turpitudine; egli morirà indubbiamente senza figli, poiché a lui è fatto divieto di risposarsi. Anche alla donna è fatto lo stesso divieto, non avendo ella altra scelta, se non quella di sposare un fratello. E allora, sotto quale aspetto l'Apostolo s'accordi anche con la Legge, che egli non contesta interamente, sarà dimostrato, allorché giungeremo a trattare della sua epistola. Per ora c'importano maggiormente le sue argomentazioni che hanno rapporto con la Legge.

7 . Nozze seconde vietate ai sacerdoti Ed è sempre la Legge a vietare ai sacerdoti di sposarsi una seconda volta 51. Essa ordina anche che la figlia del sacerdote, una volta che resti vedova oppure venga ripudiata e sia senza figli, ritorni nella casa del padre e venga alimentata con il suo pane52. Si noti bene questa prescrizione che così suona: «Se ella è senza figli», e non già che, nel caso ne abbia, si sposi una seconda volta (e tanto più perciò non dovrà sposarsi, avendo prole!). La Legge intende invece che, se ha figli, ella venga alimentata dal proprio figlio piuttosto che dal padre, affinché anche il figlio metta in esecuzione il precetto divino: «Onora il padre e la madre»53.

8.1 cristiani, appunto perché battezzati, sono sacerdoti, e perciò tenuti alla rnonogamia Gesù, il grande, il sommo sacerdote del Padre suo, rivestendoci di se stesso - poiché «quelli che sono stati battezzati, si sono rivestiti di Cristo» 54 -, ci ha fatti sacerdoti

54

51 Cf. Lev. 21, 14. Gal. 3,27.

52

Cf. Lev. 22, 13.

53

Es. 20, 13.

(8) Lev. 20,21. I1 legislatore non tiene conto qui del levirato (L. Moraldi, IL Levitico, in «La Sacra Bibbia», Torino 1964, p. 294).

per il Padre suo, secondo le parole di Giovanni55. In realtà, nel fatto che egli stesso richiami quel giovane che si preoccupava d'essere presente alle esequie del padre 56 dimostra che noi siamo da lui chiamati per essere sacerdoti, ma nel numero di quelli, ai quali la Legge vietava di essere presenti alla sepoltura dei loro parenti, così come è detto: «I1 sacerdote non si accosterà ad alcun cadavere e non si renderà impuro né per il padre né per la madre»>'.

9. I cristiani sono uiui in Cristo

E allora, dovremo anche attenerci allo stesso divieto? No certamente! Infatti è vivo Dio, unico nostro Padre, ed è viva la Chiesa, nostra madre, e noi non siamo morti, perché siamo vivi in Cristo e non abbiamo da seppellire i morti, poiché essi sono vivi in Cristo. Senza dubbio siamo chiarnati sacerdoti da parte di Cristo, e perciò siamo obbligati all'osservanza della monogamia in base d'antica Legge divina, la quale ebbe presenti noi stessi nel modello dei suoi stessi sacerdoti.

Il capitolo VIII si articola sul richiamo dei personaggi che nella vita di Gesù e nel ministero degli apostoli hanno offerto esempi di monogamia e di verginità.

1. Il Vangelo, con Zaccaria e con Giovanni, già offre due

esempi di monogamia e di uerginità

Ed ora, riportandoci direttamente alla nostra legge, vale a dire, al Vangelo, da quali esempi saremo sorretti nel

L'unicità delle nozze, 8, 1-3

147

trovarci di fronte alle parole stesse del Signore? Ecco infatti che subito, quasi sullo stesso limitare, abbiamo davanti come due sacerdotesse della santità cristiana: l'una, quella d'un solo matrimonio, rappresentata in Zaccaria sacerdote 58, l'altra, quella dell'integrità, in Giovanni i1 precursore; la prima, destinata a placare Dio, l'altra a predicare Cristo; la prima, assegnata a rappresentare la pienezza del sacerdozio, l'altra, ad esibire più che un profeta, cioè colui che non solo doveva predicare e additare il Cristo già presente, ma che aveva pure la missione di battezzarlo59. 2. Nella nascita del Cristo vennero esaltate insieme la uergi-

nità e la monogamia della madre

E chi mai avrebbe potuto dare inizio al corpo di Cristo piu degnamente di quella carne, quale fu quella che lo concepì e lo partorì? Fu la Vergine a partorirlo, lei che sarebbe divenuta sposa dopo il parto una volta sola (9), in modo che quel doppio titolo della santità emergeva in evidenza appunto nella nascita del Cristo, quello di MadreVergine e di sposa d'un solo uomo. 3 . Presentazione al tempio e incontro col vecchio Simeone

E non appena il bambino fu presentato al tempio 60, chi lo prese tra le braccia e chi lo riconobbe per primo, iiiuminato dallo Spirito Santo? «Un uomo giusto e pio», certamente non bigamo, tanto da non essere Egli predicato, subito appresso, più degnamente da una donna anziana, ve-

(9) Owiamente siamo di fronte a una interpretazione arbitraria del testo: la Madonna fu sposa di Giuseppe anche prima della nascita del Cristo! In ogni caso, Ella ha concepito per opera deilo Spirito Santo quando era promessa sposa di Giuseppe.

dova e sposa d'un solo uomo: ella, tutta dedita al tempio, offriva sufficientemente in se stessa il modello, con cui si sarebbe dovuti offrire al tempio spirituale, cioè alla Chiesa.

4. L'esempio di Pietro Tali dunque furono i testimoni che il Signore, ancora bambino, ebbe per sé; altri, da adulto, non ne ebbe. Mi riesce infatti di trovare unicamente Pietro già sposato per l'accenno che viene fatto alla suocera61. Ritengo che egli sia stato monogamo in vista della Chiesa, dato che, dietro il suo esempio, la Chiesa avrebbe istituito ogni grado della sua struttura, scegliendone i rappresentanti in seno ai monogami. Gli altri discepoli, non trovando che fossero sposati, mi è necessario supporli o non sposati oppure continenti.

5. Le donne, le quali accompagnavano gli apostoli nel ministero, non erano mogli, ma solo collaboratrici In realtà, anche se presso i Greci vengono designate donne e mogli con un termine comune, data la facilità della consuetudine - pur essendo vero che esiste presso di loro anche un vocabolo proprio per indicare le mogli -, noi non intendiamo, per questo, interpretare Paolo quasi egli volesse addurre delle prove atte a dimostrare che gli apostoli avevano avuto moglie. In effetti, qualora egli avesse inteso trattare del matrimonio - cosa che farà nei passi successivi, dove appunto avrebbe potuto più propriamente addurre qualche esempio -, sembra che giustamente avrebbe potuto esprimersi così: «Non abbiamo forse il diritto di condurre con noi le spose, così come gli altri apostoli e come Cefa?» (10). 61

Cf. Mt. 8, 14-15.

(10) Siamo di fronte a una supposizione del tutto capziosa. I1 testo originale di Paolo dice semplicemente e letteralmente così: «Non

L'unicità delle nozze, 8, 6-7

149

6. Conferma ?esclusione delle mogli nel ministero degli apostoli Quando dunque Paolo aggiunge un accenno che si riferisce alla sua sobrietà nell'ahentazione quotidiana, nel dire: «Non abbiamo dunque il diritto di mangiare e di bere?»62, dimostra che le mogli non erano condotte dagli apostoli con loro, visto che quanti non hanno le mogli con loro, hanno pur sempre il diritto di mangiare e di bere. Con tutta la semplicità perciò egli accenna al fatto che delle donne erano presenti durante il loro ministero apostolico per servirli nel modo stesso con cui esse accompagnavano e servivano il Signorecj.

7. Cristo, con i suoi esempi e le sue parole, pose in evidenza I'onore della verginità e delhnicità del matrimonio Ora, dato che Cristo rimprovera gli scribi e i farisei, che sedevano sulla cattedra di Mosè e non praticavano per nulla quanto andavano insegnando a,che motivo ci sarebbe stato allora perché egli collocasse sulla sua propria cattedra individui che ricordassero d'imporre agli altri la santità della carne senza che la praticassero anzitutto loro stessi, e proprio quella santità che egli in tutti i modi invitava a insegnare e a praticare? Osserviamo ora i suoi esempi e teniamo pure presenti le sue esortazioni, allorché dice che il regno dei cieli è dei fanciulli65, quando assimila ad essi coloro che, dopo le nozze, si rendono come i fanciulli 66; quando invita a imitare la semplicità della colomba67, il volatile non solo innocuo, ma ancora pieno di pudore, in quanto un so6* l Cor. 9,4 Mt. 19, 13-14.

Cf. Lc. 8,2-3. Cf. Mt. 18,3.

64 Cf. Mt. 23, 2.

153

67

65

Cf.

Cf. Mt. 10, 16.

abbiamo forse il diritto di condurre con noi una donna sorella, come anche gli altri apostoli e come Cefa?». Si tratta, come si vede, di semplici collaboratrici, come del resto era awenuto anche al tempo del Signore (cf. Lc. 8,2ss.).

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Tertulliano

lo maschio conosce una sola femmina; quando nega alla samaritana d'aver marito68, allo scopo di rilevare che la pluralità dei mariti vuol dire adulterio; quando, nella rivelazione della sua gloria, tra la numerosità così varia dei santi e dei profeti, preferisce avere accanto a sé Mosè ed Elia*, l'uno monogamo e l'altro non sposato (in verità non diversamente si comportò Giovanni, il quale venne con lo spirito e con la forza di Elia70); quando proprio lui, chiamato mangione e bevitore, frequentatore di pranzi e di cene assieme ai pubblicani e ai peccatori71, si recò a cena una volta sola in occasione della celebrazione di nozze72, anche se ben numerose erano le celebrazioni nuziali; e allora, dopo tutto questo, si può dedurre che Cristo intese che soltanto così si celebrassero, e cioè quante volte egli volle che si contraessero (11).

Tertulliano vuole chiarire il motivo della proibizione del divorzio, e pindi del ripudio al di fuori della causa già affiorante nel Vangelo. La natura del matrimonio infatti comportò, fin dall'inizio, la stabilità dell'unione nuziale: tale legame è così profondo che non può essere distrutto nemmeno dallo stesso ripudio e neppure dalla morte di uno dei coniugi Nasce di qui il divieto per il coniuge che ripudia o è ripudiato, come pure per il superstite in caso di morte del consorte, di passare a seconde nozze.

1. Il Signore stesso s'è pronunciato per proibire il divorzio

Tali argomentazioni però potrebbero sembrare come dedotte da congetture forzate, se non ci fossero, per suffragarle, le sentenze pronunziate dal Signore intorno d a que-

( I I ) E cioè, una volta sola.

L'unicità delle nozze, 9, 1-3

151

stione del ripudio, e, di fatto, pur essendo stato permesso il divorzio in passato, egli lo proibisce, sia perché d'inizio non c'era 73, così come non c'era raddoppio numerico del matrimonio, sia perché «quelli che Dio ha congiunto, l'uomo non deve separarli» 74, appunto per non agire contro la volontà di Dio:Infatti potrà separarli unicamente Colui che li ha congiunti. E li separerà non a cagione della durezza espressa dal ripudio, che egli condanna e reprime, ma per il debito della morte, al modo stesso per cui, di due passeri, nemmeno uno cade a terra, se non per la volontà del Padre75.

2. Non sono permesse le seconde nozze dopo la morte di uno dei coniugi

E allora, se «coloro che Dio ha congiunto, l'uomo non deve separarli~76con il divorzio, non ne segue forse direttamente che quanti sono stati separati da Dio attraverso la morte, l'uomo non deve congiungerli con un matrimonio, ergendosi così contro la volontà di Dio nel ricongiungere una separazione, al modo stesso con cui s'era permesso di separarne l'unione? Tutto questo dunque per quanto si riferisce alla necessità di non opporsi alla volontà di Dio e per restituire la realtà così com'essa era all'inizio. 3. La legge che ora vieta il divorzio è la stessa che uigeva all'inizio Del resto interviene qui un'altra ragione, ma, in realtà, non un'altra, bensì quella stessa che e determinò la reaItà dell'inizio e indusse la volontà di Dio a proibire il ripudio, poiché «chiunque ripudia la propria moglie all'infuori del caso di fornicazione la espone all'adulterio, e se uno sposa

76

73 Cf. Mt. 19, 8. Mt. 19,6.

74

Mt. 19, 6.

75

Cf. Mt. 10, 29.

Tertulliano

152

una donna ripudiata dal marito, commette adulterio» 77, e tutto questo va da sé. Ma allora una donna ripudiata non potrà risposarsi legittimamente, e se avrà commesso qualche gesto similare, senza però aver rapporto col matrimonio, non dovrà essere tacciata di adulterio, il termine con cui si denomina la colpa connessa col matrimonio? (12).

4. Definizione del matrimonio e dell'adulterio Dio ha giudicato la cosa ben diversamente da quello con cui la giudicano gli uomini: congiungersi con un altro uomo nell'ambito del matrimonio oppure fuori di esso, viene denunziato in tutto e per tutto come adulterio, appunto per effetto del giudizio di Dio. E in realtà consideriamo che cosa sia il matrimonio agli occhi di Dio e così comprenderemo che cosa sia, per equivalenza, l'adulterio. Il matrimonio consiste nel fatto che Dio congiunge due individui in una sola carne, oppure, quando li trova già uniti nella stessa carne, ne conferma definitivamente l'unione. L'adulterio, a sua volta, awiene allorché, essendosi due disuniti per qualsiasi causa, vi sj mescola un'altra carne, anzi, una carne del tutto estranea. E di questa infatti che non si può asserire: «Questa è carne della mia carne e questo è osso delle mie ossa»78.

5. Una donna sposata resta legata per sempre al marito, sia ancora vivo o sia già morto Questa realtà fu infatti compiuta e denunziata una sola volta, e perciò, come lo fu all'inizio, così, anche al presente, essa non può essere adattata a un'altra carne diversa. Pertanto, senza alcun motivo fondato tu intendi affermare che Dio vieta a una donna ripudiata di unirsi a un altro uo77

Mt. 5,32.

78

Gen. 2 , 2 3 .

(12) Obiezione supposta da parte dell'awersario.

L'unin'tà delle nozze, 9, 5-7

153

mo soltanto quando è ancora vivo suo marito, quasi che, una volta morto lui, egli lo permetta; al contrario, se ella non è più vincolata a uno che è già morto, non lo era nemmeno a chi era ancora vivo. Perciò, tanto nel divorzio che rompe il matrimonio, quanto nella morte, che sortisce lo stesso effetto, ella non sarà più vincolata a colui al quale era unita, essendo andato distrutto il motivo per cui ella gli era vincolata. E allora - se tu la pensi così - a chi dunque ella resta ancora legata? Qualora ella intenda ancora sposarsi, non importerebbe proprio nulla che il primo marito fosse ancora vivo o fosse già morto. Ella non pecca nei confronti di lui, ma contro se stessa.

6. L'adultero pecca contro il proprio corpo «Ogni altro peccato che possa commettere un uomo è fuori del suo corpo. L'adultero invece pecca contro il proprio corpo»79. Commette dunque adulterio, come in precedenza ho sottolineato, colui che congiunge a se stesso un'altra carne oltre quell'unione anteriore che Dio stesso aveva congiunto per quei due o che egli aveva riscontrato come già preunite. 7 . Prevenire significa spesso evitare

È questo il motivo, per cui Dio condannò il divorzio che all'inizio non vi fu, e lo fece appunto per assicurare la perseveranza di due individui in una carne sola, ed è proprio questo che vi fu all'inizio e che egli istituì appunto perché non vi si intromettesse la necessità o l'occasione d'una terza congiunzione carnale: per una sola causa quindi egli concesse il divorzio, proprio per prevenire quello che, per avventura, avrebbe potuto essere evitato (l'adulterio). 79

1 Cor. 6, 18.

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Tertulliano

8. Solo assai tardi Roma conobbe la possibilità del divorzio per ripudio

A tal punto è certo che fin dall'inizio non esistette il ripudio, che perfino presso i Romani soltanto dopo seicento anni dalla fondazione della città appare commesso un tal genere di durezza (13). Ma essi, anche senza il pretesto del ripudio, moltiplicano gli adulteri. A noi, invece, anche nel caso del ripudio, non è permesso di risposarsi.

Pur esprimendo il proposito di passare all'esame delle Lettere di san Paolo, Tertulliano si trattiene per ora a un esame di carattere psicologico. È vero che la morte d'uno dei coniugi, nella mentalità comune, e non solo della donna, costituisce una separazione totale, d'anima e di corpo, ma non è COS; e il nostro autore si propone di dimostrarlo, soprattutto per i cristiani, e lo dimostra per due ragioni: anzitutto perché, per il credente, la separazione per causa della morte è solo temporanea, essendo tutti destinati alla vita eterna per una vita d'insieme; in secondo l u e go, perché l'essenza del matrimonio è costituita soprattutto dal consenso della volontà ben più che dall'unione dei corpi, e la volontà è parte dello spirito, quindi d'un elemento di continuità e non di separazione.

1. Occorre esaminare i testi di san Paolo

Vedo che noi ormai, a questo punto, siamo fortemente indotti ad esaminare il pensiero dell'hpostolo. E per intravedere più facilmente il suo pensiero, dovremo insistere sul fatto che una donna deve sentirsi tanto più legata al marito (13) Tertulliano si riferisce all'episodio di cui fu protagonista Spurio Carvilio Ruga verso il 231-230 a.C. Cf. P.A. Gramaglia, Tertulliano: Il matrimonio nel cristianesimo preniceno, Roma 1988, pp. 494-495, nota 167 per un'ampia discussione delle fonti e della letteratura giuridica sull'argomento.

L'unicità delle nozze, 10, 1-3

155

defunto e tanto meno brarnosa di ammettere al suo fianco un altro uomo. Teniamo presente infatti che il divorzio o viene provocato dalla discordia oppure, a sua volta, provoca la discordia; la morte, invece, awicina per effetto della legge divina e non a causa di offesa da parte dell'uomo, ed essa costituisce pertanto un debito che tutti devono pagare, anche i non sposati.

2. La morte non deve rompere i legami con il proprio marito Ne segue allora che se una donna ripudiata per causa di discordia oppure di collera oppure di odio e per motivi che provocano questi dissensi, quali un'ingiuria o un affronto o un risentimento di qualsiasi genere, se, ripeto, una donna, sebbene separata d'anima e di corpo, è ancora vincolata con il proprio marito, che io qui però non oso chiamare ancora marito, quanto più colei che, non per colpa sua e neppure del marito, ma unicamente per volere della legge divina, non è stata abbandonata, ma solo temporaneamente lasciata, dovrà mantenere ancora quel legame con il marito defunto, al quale, benché defunto, ella deve accordare ancora tutta la propria ~ersonaleadesione?

3.11 marito morto non deve essere per la moglie m motivo per cambiare sentimenti Da quell'uomo infatti, dal quale ella non ha udito la voce del ripudio, non può dirsi separata, quindi lei si trova ancora legata all'uomo che non ha per nulla redatto lo scritto di divorzio; ella mantiene ancora per sé l'uomo che lei non ha voluto perdere, e possiede ancora in se stessa quella libertà d'animo che per l'uomo rappresenta come il risultato della propria immaginazione e tutto quello che egli non può avere nella realtà. E qui che allora io pongo alla moglie questa domanda: «Dimmi, sorella, è in pace che tu hai inviato innanzi a te tuo marito, nella morte?». Che cosa lei ri-

sponderà? Che l'ha congedato in discordia? Ma allora, e proprio per questo risulterà maggiormente vincolata con l'uomo, con il quale ella ha in comune, davanti a Dio, la propria causa: quindi non può dirsi distaccata da lui, se è ancora vincolata in questo modo. Oppure, lo ha congedato in pace? Ma allora è necessario che lei perseveri nello stesso stato d'animo nei confronti dell'uomo che ella non può più ripudiare, e questo, anche perché ella non avrebbe avuto già prima il potere di risposarsi, visto che non ha potuto avere neppure quello di passare al ripudio.

4. La vedova tenderebbe a fare quello che prima non ha fatto In realtà, ella prega pure per l'anima del marito, e perciò supplica per lui il riposo eterno e l'incontro con lui già nella prima risurrezione 80 ed offre per lui il sacrificio (eucaristico) nella ricorrenza della sua morte. Veramente, se ella non avrà compiuto tutto questo, allora sì l'avrà indubbiamente ripudiato, almeno per quanto sta in lei. La cosa pertanto apparirà tanto più ingiusta da una parte, perché ella non compì tutto nel modo con cui si sarebbe potuto fare, e, da117altra, tanto più indegna, non avendo ella compiuto quello che il marito pur non meritava fosse fatto.

5. Nei confronti dei defunti noi dobbiamo conservare gli stessi sentimenti Dunque, secondo la dottrina d'un certo Epicuro, dopo la morte noi non saremo più nulla, e non secondo la parola di Cristo? Se, al contrario, ammettiamo la risurrezione dei morti, ci sentiremo sicuramente legati a coloro, con i quali dovremo risorgere, in grado così di renderci conto gli uni gli altri. Se poi in quello stato futuro «non si prende né 80

Cf. Ap. 20,5.

L'unicità delle nozze, 10,5-7

157

moglie né marito, ma saranno simili agli angeli» 81, non per questo non saremo più legati ai coniugi defunti, solo perché non vi sarà più la ripresa del matrimonio?

6. La vita eterna, promessa ai cristiani, non conoscerà separazioni di nessun genere

Al contrario, noi saremo con essi più vincolati, perché siamo designati a uno stato ben più elevato e destinati alla risurrezione, verso una società del tutto spirituale, aiio scopo di riconoscere noi stessi così come riconosciamo anche i nostri. E del resto, come riusciremmo a cantare eternamente le lodi di Dio, se non rimarranno in noi il senso e la memoria di un tale nostro debito e se in noi sarà riformato soltanto il corpo, e non anche il nostro spirito? Ne risulta dunque che noi saremo con Dio, saremo una cosa sola 82, anche se la retribuzione sarà diversa e molte siano le dimore presso lo stesso Padre 83, pur avendo tutti lavorato per un solo denaro 84 che è la ricompensa data in base al prezzo convenuto, vale a dire, la vita eterna; è in essa infatti che Dio, in modo speciale, non separerà coloro che egli ha congiunto, lui che vieta di separarsi in questa vita di minor conto85. 7 . La mente rivolta a un uomo, e il corpo concesso a un altro: ecco Iadulterio! Stando così le cose, come potrà una donna unirsi con un altro uomo, ella che perfino nella vita futura sarà legata al suo primo marito? Naturalmente, quanto ora sto dicendo, s'intende rivolto all'uno e d'altro sesso, anche se finora la parola è stata diretta a uno solo dei due, poiché unica è la disciplina che riguarda tutti. Una donna dunque potrà avere un uomo 81 Mt. 22, 30. 82 Cf. Gv. 17, I l e 21; Gal. 3, 28. 83 Cf. Gv. 14,2. Cf. Mt. 20, 10; 1 Cor. 3 , 8. Cf. Mt. 19,6.

nella sfera del suo spirito, e un altro pure nell'ambito del suo corpo, ma questo è appunto quello che costituisce l'adulterio, la mente di una donna rivolta d'indirizzo di due uomini.

8. La vera radice dell'essenza del matrimonio è la volontà Uno dei coniugi potrà anche essere separato dal corpo, ma rimane vivo n d cuore; è infatti nel cuore che si forma anzitutto l'unione anche senza la congiunzione del corpo, così come l'adulterio si consuma anzitutto per causa della concupiscenza, e come il matrimonio nasce anzitutto dalla volontà. Un uomo continua ancora a essere marito, essendo ancora in possesso di quello per cui è divenuto tale, e cioè della volontà, nella quale, qualora entri anche un altro uomo, vi si introdurrà una colpa grave. E in realtà, il primo uomo non dovrà essere escluso per il solo fatto d'essersi distaccato (con la morte) dallo scambio ben più vile, qual è quello della carne (14). E un marito, del resto, sarà tanto più degno d'onore, quanto più s'adoprerà di divenire più casto.

È il capitolo dove affiorapiù espressamente il pensiero di Tertulliano in rapporto alla sua predicazione intorno alla monogamia. Dopo una breve introduzione, in cui si propone di dimostrare l'inconsistenza delle seconde nozze, egli giunge infine a offrirne le prove più sicure, basandosi sull'interpretazione dei testi di san Paolo, con particolare riguardo alla I Lettera a i Corinti, e, in modo del tutto singolare, al cap. 7. Ci troviamo dunque di fronte a una delle pagine più discusse deltopera tertullianea. In essa appare chiaro come la sua dialettica ceda su una strada, almeno in parte, aperta a non lievi dibattiti (157:-

(14) Definizione riduttiva del matrimonio: un vile scambio della carne fra marito e moglie! (15) Cf. R. Braun, Tertullien et l'exégèse de l Cor. 7, in Epektasir (Mélanges J . Daniélou), Paris 1972, pp. 21-28. I1 v. 1 Cor. 7, 39

L'unicità delle nozze, 11, 1-2

159

l . Una vedova non dovrebbe chiedere il permesso di risposar-

si ai vescovl; ai presbiteri e ai diaconi, obbligati alla monogamia Dato che tu intendi sposarti nel Signore, stando a quanto dice l'Apostolo 86 (ammesso tuttavia che tu ti preoccupi almeno di questo), di che natura tu ti dimostri nel ricercare quel permesso per un tale matrimonio proprio presso coloro, dai quali non ti è concesso di ottenerlo, e cioè da un vescovo, obbligato alla monogamia, dai presbiteri e dai diaconi, tenuti alla medesima disciplina, come pure dalle vedove, al cui ordine ti sei rifiutata di appartenere? 2. Una donna risposata per chi pregherà? Per il marito defun-

to, oppure per quello vivo?

A parte questo, essi saranno disposti a concedere uomini e donne così come si distribuiscono i pezzi di pane (tale infatti è per loro il senso delle parole: «Tu darai a ognuno quello che egli a te chiede» 87), e perciò vi uniranno in matrimonio proprio nella Chiesa che invece è vergine, unica sposa del solo Cristo, e tu pregherai per i tuoi due mariti, per quello di prima e per quello nuovo. E d o r a scegli per chi, fra i due, intendi di essere adultera; per quanto mi riguarda, tu lo sarai per tutti e due. Se però vorrai essere aweduta, non dovrai pregare per quello defunto. I1 tuo silenzio equivalga per lui come un ripudio, già ratificato, del resto, nelle carte nuziali scritte per un estraneo. E in questo modo che tu acquisterai un nuovo marito, se ti dimenticherai del primo. Dovrai cercare così di piacere di più a colui in grazia del quale hai preferito di non piacere a Dio. 86

1 Cor. 7,39.

87

Mt. 5,42.

sembra il punto più sicuro obiettato dai cattolici contro i montanisti (cf. P. Mattei, Tertullien: Le mariage unique, p. 52).

3 . 1 cattoliciprofessano la liceità delle secondo nozze Gli psichici pretendono che l'Apostolo abbia approvato tutto questo; oppure che non abbia completamente avuto presente tutto questo, quando scrisse: «La moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se il marito muore, è libera di sposare chi vuole, purché ciò avvenga nel Signore» 88. Da queste parole essi deducono il consenso per il secondo matrimonio, anzi, perfino per più matrimoni, visto che è consentito il secondo. E di fatto, quello che ha cessato di essere vietato per una volta, non è più vincolato dalla restrizione del numero.

4. I1 vero senso della parole di Paolo Con quale senso l'Apostolo abbia scritto quelle parole apparirà chiaramente se prima risulterà che egli non le ha scritte nel senso inteso e praticato dagli psichici. Tutto invece risulterà assai bene, purché ognuno si ricordi degli insegnamenti ben diversi da quelli esposti nel passo suddetto, sia quanto a dottrina, sia quanto a volere, e sia pure rispetto alla disciplina propria dello stesso Paolo. E in realtà, se è vero che egli permette le seconde nozze, le quali, di fatto, all'inizio non vi furono, come mai egli arriva ad affermare che tutto viene ricondotto all'inizio, nel Cristo 89? Se egli ammette la ripetizione delle nozze, come mai esalta la nostra provenienza da Isacco, primo iniziatore della nostra discendenza e marito per una sola volta 90? E come può egli disporre che tutta la struttura della Chiesa sia fondata su ministri monogami 91, se poi questa ordinanza disciplinare non è estesa anche ai laici, dai quali vengono desunti gli incaricati della funzionalità della Chiesa? E come può egli di-

88

4,28.

89 Cf. Ef. 1, 9-10. 1 Cor. 7,39. 9 l Cf. 1 Tim. 3,2.

90

Cf. Rom. 9,7; Gal.

L'unicità delle nozze, 11, 4-6

161

stogliere dal godere il frutto del matrimonio quanti vi sono già posti, dichiarando che il tempo ormai è ristretto 92, se poi inserisce nuovamente nell'ambito delle nozze coloro che se ne sono liberati per la morte del coniuge?

5. Le parole di Paolo non possono comportare delle contraddizioni In effetti, se tali dichiarazioni sono differenti da quelle contenute nel passo sul quale ora discorriamo, risulterà, come ho già osservato, che egli non ha scritto quelle parole nel senso volutamente inteso dagli psichici. E la ragione è proprio questa: è più facile che quel solo passo di Paolo abbia qualche rapporto logico con tutte le altre sue pagine anziché sembrare che l'Apostolo abbia offerto degli insegnamenti in contraddizione gli uni con gli altri. Ora, quella ragione noi potremo riconoscerla nella stessa occasione della materia da lui trattata. Quale fu dunque l'occasione che spinse l'Apostolo a trattare quella materia?

6. Litipostolo, nel dare quei consigli, tenne presente I'immaturità della Chiesa di Corinto L'Apostolo fu indotto a scrivere quelle parole dallo stato di iniziazione di quella Chiesa novella e, per di più, appena sorta.' Egli si propose così di allevarla, nutrendola con il latte, non essendo essa ancora in grado di sostenere il cibo solido di una dottrina più valida 93. Essi dunque, vivendo ancora nell'infanzia della fede, ignoravano come dovevano comportarsi in rapporto alle necessità della carne e del sesso. Noi quindi siamo ora in grado di comprendere i vari risvolti di tutta la presente questione dalle stesse risposte da lui offerte. Ecco come egli si esprime: «Riguardo alle

92

Cf. 1 Cor. 7,29.

93

Cf. 1 Cor. 3,2.

cose di cui mi scrivete, è cosa buona per l'uomo non toccare donna; tuttavia, a causa della fornicazione, ciascuno abbia la propria moglie» 94.

7 . Le parole di Paolo contengono un consenso, non un precetto Egli dunque constata che vi erano di quelli i quali, convertitisi quando erano già legati dal matrimonio, temevano che ad essi non fosse più lecito l'uso dei rapporti coniugali, dato che avevano dato il loro assenso alla santa carne di Cristo. Per questo dunque egli dà il suo consenso, intendendolo come lieve concessione, e non certo come un precetto 95, vale a dire che egli permette, non ordina di comportarsi così. Del resto, egli preferisce che tutti fossero com'era lui 96.

8 . 1 nuovi convertiti pensavano di non dover continuare a viueve con un coniuge pagano Inoltre, trattando anche del ripudio, egli afferma che alcuni avevano inteso di parlargli anche di questo, soprattutto perché ritenevano che, una volta abbracciata la fede, non dovessero più continuare a vivere nell'unione con un coniuge pagano 97.

9. La conversione alla fede suggerisce di rimanere nello stato in cui uno si trova Essi chiedevano pure dei consigli riguardo alle vergini (infatti non vi era in proposito nessun precetto del Signore): è bene perciò per l'uomo rimanere così, vale a dire, così come egli è stato trovato dalla fede 98. <<Seitu legato a tua

97

94 1 COT.7, 1-2. Cf. 1 Cor. 7, 10-16.

95 98

Cf. l Cor. 7,6. Cf. 1 Cor. 7,26.

96

Cf. 1 Cor. 7,743.

L'unicità delle nozze, 11, 9-10

163

moglie? Non cercare di scioglierti. Sei libero dalla moglie? Non cercare moglie; ma se anche hai preso moglie, non hai peccato» 99. E la ragione è questa: per chi si è liberato dalla moglie prima di abbracciare la fede, la moglie assunta dopo la sua conversione non sarà considerata come una seconda moglie, appunto perché, una volta abbracciata la fede, ella sarà effettivamente la prima moglie. E dalla fede infatti che anche la nostra vita riprende inizio. 10. Ogni vedova, nel caso voglia sposarsi, potrà farlo soltanto con un cristiano Ma proprio qui egli cerca di far loro evitare certi scogli; in caso diverso, sarebbero soprawenute le afflizioni della carne 100 per la ristrettezza dei tempi 101,i quali sconsigliavano di assumere i pesi del matrimonio: anzi, conveniva assai di più preoccuparsi di ottenere la benevolenza del Signore piuttosto che le grazie del marito 102. E così egli revoca quanto aveva promesso. Ne segue allora che, nel medesimo passo nel quale aveva dichiarato che ognuno doveva restare in quello stato nel quale era stato chiamato (alla fede) 103, aveva aggiunto: «La moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se il marito muore, è libera di sposare chi vuole, purché ciò avvenga nel Signore» 104. E così egli vuole affermare che anche la donna deve intendersi sciolta dal legame del marito, così come il marito dev'essere sciolto dal legame della moglie, ma solo a motivo della morte deve intendersi giustificato tale scioglimento, non certo a causa del ripudio, poiché a quanti si trovano separati per ripudio mai egli avrebbe permesso di sposarsi, contrariamente al precetto emanato in precedenza 105. Quindi anche la donna, contraendo il matrimonio, non peccherà, 99 1 Cor. 7, 28. 100 Cf. ibid. 101 Cf. 1 Cor. 7, 29. 104 1 Cor. 103 Cf. 1 Cor. 7, 20-24. Cf. 1 Cor. 7, 32-34. l05 Cf. 1 Cor. 7, 11. 7,39. 102

Tertulliano

164

poiché questo suo sposo non sarà designato come secondo marito, in quanto sarà il primo sposato dopo la conversione alla fede, e perciò si spiega quanto l'Apostolo ha aggiunto in più: «. . . purché si sposi nel Signore». Di fatto si trattava d'una donna prima sposata con un pagano: in seguito, perduto il marito, ella s'era convertita alla fede, e allora 1'Apostolo intervenne perché ella non credesse di poter risposarsi con un pagano, ma è proprio di questo invece che gli psichici non si curano.

11. Una correzione altinesatta traduzione latina del testo greco Si tenga ben presente che nell'autentico testo greco non si trova quanto ormai da tempo è in uso per il cambio di due sillabe, dovuto ad astuzia oppure a disattenzione: si trova scritto: «.. . qualora venga a morte suo marito» 106, quasi si tratti di un evento futuro, e sembri perciò essere riferito a donna, la quale venga a perdere suo marito, quando ella aveva già abbracciato la fede. Se le cose stessero così, quel permesso, una volta concesso, darebbe adito a prendere marito tante volte, per quante avvenisse la perdita del marito, senza alcun ritegno e senza quella vergogna che s'addice perfino ai pagani. Ma anche se la cosa stesse così, con riferimento cioè al futuro, «. . . qualora venga a morte suo marito», in tal caso quel richiamo al futuro riguarderebbe solamente la donna il cui marito venisse a morire prima che lei si convertisse alla fede. Intendila dunque come ti pare, purché tu non cerchi di alterare il resto (16). 106

1 Cor. 7,39.

(16) Su questa ipotesi di critica testuale, avanzata da Tertulliano, sono state formulate soluzioni senza numero dai più vari studiosi: tot capita, tot sententiae, senza che si possa parlare di un risultato sicuro. (Cf. P.A. Gramaglia, Tertulliano: Il matrimonio nel cristianesimo preniceno, pp. 503-505, nota 211).

L'unicità delle nozze, 11, 12-13; 12

165

12. Anche altri testi confermano l'incertezza dei nuovi convertiti di fronte ai problemi del matrimonio

È vero però che anche altri passi s'accordano con quella sentenza: «Sei stato chiamato da schiavo? Non ti preoccupare» 107. «Sei stato chiamati incirconciso? Non farti circoncidere. Sei stato chiamato già circonciso? Non fartene un pretesto di eliminazione» 108. Con queste parole collimano queste altre: «Ti trovi legato con moglie? Non cercare di scioglierti. Non ti trovi legato con moglie? Non andare a cercarla» 109. Appare allora abbastanza evidente che questi suggerimenti erano riferiti a coloro i quali, confermatisi nella nuova e recente vocazione, consultavano l'Apostolo intorno ai precetti alla cui osservanza erano stati indotti per avere abbracciato la fede. 13. Necessità di esaminare tutta intera la questione Tale sarà dunque l'interpretazione del passo ora richiamato: essa dovrà essere esaminata se si concili con il tempo e le circostanze in cui fu dettato quel passo deii'epistola e se essa risulti conforme agli esempi e agli argomenti precedenti e alle sentenze susseguenti; ma si dovrà anzitutto vedere se essa concordi con i suggerimenti dello stesso Apostolo e con le pratiche da lui dettate. Nulla infatti si deve tenere tanto presente quanto l'evitare di fare apparire l'Apostolo in contraddizione con se stesso.

CAPITOLO XII La questione è ora circoscritta alla sola monogamia. Secondo glipsichici essa è d'obbligo soltanto per i uescoui E un errore: essa è doverosa per tutti. Vediamone i motivi che si riuelano in una contraddizione in cui 107

1 Cor. 7,21.

108

1 Cor. 7, 18.

109

1 Cor. 7,27.

cadono i cattolici. la monogamia comporta anche altri doveri. E allora, si domanda il nostro autore: chi non è tenuto alla monogamia può forse ritenersi libero anche dagli altri impegni e considerarsi ugualmente mistiano?

1. La presmizione della monogamia è per tutti, e non soltanto per gli appartenenti al clero

E ora, in contrario, ascolta quest'altra argomentazione: l'Apostolo, essi dicono, permise la ripetizione delle nozze, ma a questa condizione, che cioè soltanto coloro che facevano parte del clero fossero astretti dall'obbligo della monogamia 110. E di fatto, quello che è d'obbligo solo per certuni significherebbe che non lo è per tutti! Ma non risulta forse che, quanto è prescritto per tutti, non lo è per i soli vescovi, al modo stesso che, se egli prescrive per i vescovi, non lo è pure per tutti? Non ne risulta invece che egli impone quell'obbligo a tutti, appunto perché lo impone anche ai vescovi? D'altra parte, non lo impone forse anche ai vescovi appunto perché lo impone a tutti? Di dove provengono i vescovi e il clero? Non provengono forse da tutto il popolo? E se non tutti sono tenuti aii'osservanza della monogamia, da dove dovrebbero essere tratti i monogami destinati al clero? Dovrebbe forse essere istituito a parte un ordine singolare di monogami, dal quale estrarre una selezione di individui assegnati alla formazione del clero? 2. Le ragioniperché la monogamia dovrebbe essere un dovere per tutti Quando però noi ci esaltiamo e ci riempiamo d'orgoglio contro il clero, è allora che ci sentiamo tutti una cosa sola 111; è allora che ci sentiamo tutti sacerdoti, perché Cristo ci ha fatti sacerdoti per Dio, per il Padre 112. Quando in110 Cf. 1 Tim. 3, 2.12; Tit. 1, 6. 112 Cf. Ap. 1, 6; 5, 10. Gal. 3 , 28.

111

Cf. Gv. 17, 11 e 21;

L'unicità delle nozze, 12, 2-4

167

vece veniamo obbligati ad adeguarci alla stessa disciplina sacerdotale, è allora che noi deponiamo tutte le insegne del sacerdozio e ci mettiamo in disparte. Si era cominciato a discutere in rapporto agli ordini ecclesiastici per decidere quali, tra gli aspiranti, bisognava ordinare. Era dunque necessario che all'avanguardia della Chiesa venisse proposta tutta una forma di disciplina comune, una specie di editto formulato perché divenisse una norma per tutti, e tutto questo appunto perché il popolo comprendesse maggiormente il dovere di osservare quest'ordine destinato alla formazione delle sue guide, e anche perché quella dignità non si arrogasse il diritto di una maggiore libertà, derivante dal privilegio della propria posizione.

3. I vescovi dovrebbero dare per primi il buon esempio Lo Spirito Santo prevedeva che alcuni avrebbero così dichiarato: «Tutto è permesso ai vescovi», proprio come il vescovo di Uthina (17), il quale non ebbe nessun timore neppure in vista della legge Scautinia (18). Quanti, tra i vostri, pur venuti da una condizione di bigamia, hanno cariche di presidenza, in una situazione di vero insulto nei confronti dell'Apostolo, e senza neppure 'arrossire, allorché vengono lette sotto i loro occhi queste stesse disposizioni!

4. Ironicamente vengono elencati gli impegni di chi sostiene la monogamia riservata ai vescovi E allora proprio tu, che sostieni l'eccezione della monogamia riservata ai vescovi, metti da parte anche gli altri (17) Uthina, nome latino di una colonia romana della Tunisia settentrionale. (18) La legge Scautinia, del 149 a.C. puniva gli omosessuali e i pederasti, e fu rimessa in vigore da Domiziano. E difficile comprendere come Tertulliano si rifaccia a questa legge nei confronti del vescovo di Uthina solo perché si era risposato.

168

Tertulliano

tuoi titoli disciplinari, quelli che spettano ai vescovi per effetto della loro monogamia. Quindi non pensare più ad essere irreprensibile, sobrio, di condotta esemplare, rispettato, ospitale, adatto d'insegnamento; al contrario, datti al vino, sii pronto a colpire di mano, combattivo, amante del denaro, non curarti della casa, non essere premuroso per la condotta dei figli e non preoccuparti della buona testimonianza da parte di quelli di fuori! (19).

5 . Tertulliano intende rilevare nei cattolici una loro contraddizione In realtà, se i vescovi hanno una loro propria legge in rapporto alla monogamia, si troveranno redatte anche altre prescrizioni riguardanti direttamente i vescovi stessi. Quindi per i laici, i quali non sono tenuti alla monogamia, non avranno valore neppure queste altre disposizioni. Ne seguirà allora, o illustre psichico, che tu, qualora lo voglia, ti trovi fuori da ogni vincolo di disciplina. E allora ordina pure con tutta forza che quanto è prescritto soltanto per certuni, non è prescritto per tutti. Ma ecco un altro aspetto di questa questione: visto che le altre prescrizioni sono comuni a tutti, mentre la monogamia è imposta unicamente ai vescovi, dovranno allora risultare cristiani solamente coloro sui quali è addossata tutta intera quella disciplina?

CAPITOLO XIII Ecco ora il tentativo di rispondere a una obiezione avanzata dai supposti avversari e derivata dallo stesso san Paolo, allorché egli propone alle giovani vedove di risposarsi. Come interpretare dunque la proibizione alle seconde nozze? Così egli risponde: stando a una espressione dell'Apostolo, è vero che egli propone le seconde nozze, tenendo conto

(19) Questo elenco è ripreso da san Paolo, 1 Tim. 3,2-7.

L'unicità delle nozze, 13, 1-2

169

però d'una premessa. Nelle rigbe precedenti egli presenta le giovani vedove, a cui si rivolge, non certo in modo lusinghiero: Petà le rende instabili e poco serie, e come già in altra parte della Lettera, «è meglio sposarsi che bruciare>>.Ed è qui che Tertulliano appare ancora una volta troppo rigido, calcando eccessivamente il senso letterale: è dalle parole di Paolo che egli ricava una legge assoluta: non ci si deve risposare. Resta vero, invece, che il suggerimento delPApostolo ha valore di rimedio e non di precetto.

1. Il consiglio dato da san Paolo alle giovani di sposarsi era diretto a giovani vedove venute meno al dovere della fedeltà alla memoria del marito Ma l'Apostolo (tu dirai) scrivendo a Timoteo, vuole che «le più giovani si sposino, abbiano figli e, come madri, governino la loro casa» 113. (Rispondo): si tenga allora presente che l'Apostolo parla delle giovani già indicate in precedenza, di quelle giovani vedove, cioè, le quali, abbracciata la fede durante la loro vedovanza e seguitala per alcun tempo, dopo essersi lasciate prendere da brame indegne di Cristo, intendevano rirnaritarsi, attirandosi addosso un giudizio di condanna per aver rinnegato la loro fede iniziale 114, la fede, cioè, incontrata durante la loro vedovanza, nella quale però non intendono perseverare. Ed è appunto per questo che egli desidera che esse si risposino, proprio perché esse non rescindano ancora la fede primitiva, già accolta durante la loro vedovanza: (per questo dunque egli lo suggerisce), e non già perché esse si sposino tante volte, quante preferirebbero restare in una vedovanza facile alle tentazioni e trascorsa perfino nei piaceri.

2. La vera interpretazione della Lettera ai Romani Ed ecco quanto l'Apostolo scrive nella sua lettera diretta ai Romani: «La donna sposata è legata ail'uomo finché

"3

1 Tim. 5 , 14.

Il4

Cf. 1 Tirn. 5 , 11-12.

Tertulliano

170

questi vive: ma se l'uomo viene a morire, ella rimane sciolta dalla legge che la lega al marito. Allora dunque se, essendo vivo l'uomo, si dà a un altro uomo, viene dichiarata adultera. Se invece viene a morire l'uomo, ella è libera dalla legge, in modo da non essere adultera, se si dà a un altro uomo»ll5. Ed ora non lasciare di leggere quello che segue, affinché si disperda proprio quel senso, nel quale tu ti appaghi: «Così, fratelli miei, anche voi siete stati fatti morire alla legge in forza del corpo di Cristo per essere dati a un altro, a Colui che è risorto da morte perché portiamo frutti degni di Dio. Quando infatti eravamo in balia della carne, le passioni violente connesse con i peccati, passioni che venivano accese per mezzo della legge, agivano nelle nostre membra, facendoci portare frutti degni di morte. Adesso invece siamo stati sottratti d'effetto della legge, morti a quell'elemento, di cui eravamo prigionieri, affinché serviamo a Dio nell'ordine nuovo dello Spirito e non in quello vecchio della lettera» 116.

3 . Le seconde nozze, permesse dalla legge mosaica, ora sono vietate

È da queste parole che risulta come l'Apostolo ci ordina di renderci come morti alla legge «in grazia del corpo di Cristo, che è la Chiesa» l17: è lei infatti che si fonda su uno Spirito di novità, lontana ormai dalla arcaicità della legge, in quanto essa ti affranca dalla legge, la quale non lega la moglie al marito defunto al punto da non doversi unire a un altro uomo. L'Apostolo, al contrario, ti conduce alla situazione opposta, a quella di non doverti risposare, una volta perduto tuo marito. Infatti, mentre tu non saresti ritenuta adultera, unendoti con un altro uomo dopo la morte di tuo marito, nel caso, naturalmente, che tu dovessi comportarti ancora in base alle disposizioni della legge, altrettanto, essendo ormai del

115

Rom. 7,2-3.

116

Rom. 7,4-6.

117

Col. 1,24.

L'unicità delle nozze, 13, 3; 14, 1

171

tutto modificate le disposizioni, l'Apostolo ti accuserebbe di adulterio, se tu ti sposassi con un altro uomo dopo la morte di tuo marito. Tu ormai sei come morta di fronte alla legge, e perciò non puoi attenerti a quel costume, poiché tu ti sei distaccata del tutto proprio da quella legge, in grazia della quale le seconde nozze ti erano permesse. CAPITOLOXIV Nel pensiero di Tertulliano ecco la serie delle disposizioni divine: all'inizio vigeva l'unicità del matrimonio; poi la durezza del cuore arrecò il male del ripudio. Venne il Signore Gesù a correggere tale abuso, ma la debolezza della carne indusse l'uomo alla ripetizione delle nozze dopo la morte di uno dei coniugi. Pensò allora lo Spirito Santo a introdurve il divieto di tale duplicità nuziale. L'argomentazione dunque è condotta sul concetto che, quanto venne permesso nell'età antica, fu concesso in vzsta della debolezza umana:fu Nostro Signore a portare il rimedio necessario. Cosipure, quanto aveva concesso san Paolo in vista della fragilità della carne, fu corretto, nell'età susseguente e più matura, dallo stesso Spirito Santo.

1. Tertulliano

Paolo

Dunque, anche se l'Apostolo avesse concesso, senza condizioni, il permesso di risposarsi a quanti, già cristiani, avevano subito il termine del loro matrimonio, avrebbe senza dubbio agito né più né meno come aveva già risolto altri casi in contrasto con le stesse norme disciplinari da lui dettate, ma in rispopdenza delle esigenze dei vari e circostanziati momenti. E per questo che egli aveva voluto che Timoteo si circoncidesse, a causa dei falsi fratelli che si erano indebitamente intromessi 118, e che si introducessero nel tempio certi individui con il capo rasato, secondo certa co-

Cf. Atti 16, 3.

172

Tertulliano

stumanza dei Giudei (20): eppure era lui che aveva rimproverato i Galati che si comportavano secondo le prescrizioni della Legge (21).

2. Paolo dovette adattarsi alle esigenze di quel tempo Così però esigevano le circostanze di quel tempo, «che egli si facesse tutto a tutti, per guadagnare tutti, come partorendoli, allo scopo che Cristo si formasse in essi» 119, e come riscaldando quei piccoli nella fede, al modo stesso con cui si comporta una nutrice con i bambini 120, insegnando alcune dottrine attraverso l'indulgenza e non a modo di comando 121: infatti altra cosa è condiscendere e ben altra è comandare; perciò egli permise, come concessione temporanea, di sposarsi una seconda volta, avendo riguardo alla debolezza della loro carne, così come Mosè aveva concesso il ripudio a causa della durezza del cuore dei Giudei 122. Ed è qui che io farò un'aggiunta, d o scopo di chiarire meglio quanto ho già detto.

3 . Lo Spirito Santo ha aggiunto precetti degni di Dio In realtà, se Cristo abolì quello che Mosè aveva ordinato, perché all'inizio non era così 123, senza per questo dover pensare che Cristo provenisse da un'autorità diversa, perché mai allora anche il Paraclito non avrebbe dovuto

121 Cf. 120 Cf. 1 Tess. 2, 7. 119 1 Cor. 9, 22; Gai. 4, 19. 123 Cf. ibid. 122 Cf. Deut. 24, 1; Mt. 19,8. 1 Cor. 7 , 6 .

(20) Tertulliano accenna qui a quanto era awenuto a Gerusalemme. Si tratta di quattro individui che avevano fatto voto di nazireato, rito che consisteva in un digiuno protratto per un certo tempo, al termine del quale i praticanti si facevano tagliare i capelli: era un'usanza tipicamente ebraica, a cui Paolo non si oppose, date le circostante (cf. Atti 21,2526). (21) Cf. Gai., passim, e spec. 3, 1-5.

L'unicità delle nozze, 14,3-5

173

abolire quello che Paolo aveva concesso, visto che anche il secondo matrimonio all'inizio non esisteva, e questo senza aver motivo di sospettare che egli sia uno Spirito diverso, ma credere almeno che quanto viene da lui aggiunto è degno di Dio e del Cristo?

4. L'abolizione del divorzio e quella delle seconde nozze hanno lo stesso valore Se dunque fu una decisione degna di Dio e del Cristo quella di reprimere la durezza del cuore, allorché s'era ormai compiuto il tempo prestabilito, perché d o r a non dovrebbe essere maggiormente degno di Dio e del Cristo superare la debolezza della carne, tenendo ormai presente la brevità del tempo 124? In più, se, per un verso, è giusto che il matrimonio non venga sciolto, per un altro sarà pure onesto che esso non venga duplicato. E invece, nella mentalità del mondo, l'una e l'altra decisione passano come segno di buon comportamento, la prima, con il nome di una decisione mutualmente concordata, l'altra sotto il pretesto della pudicizia. La durezza del cuore s'impose fino alla venuta del Cristo, così come la debolezza della carne era destinata a regnare fino d a venuta del Paraclito. La nuova legge abolì il divorzio (e aveva anche un giusto motivo per abolirlo); la nuova profezia (22)abolisce le seconde nozze, le quali costituiscono senza dubbio un ripudio tutt'altro che inferiore al primo.

5. I pericoli costanti della debolezza della carne

È vero però che davanti a Cristo la durezza del cuore finì per essere corretta più facilmente che non la debolezza 124

Cf. 1 Cor. 7,29.

(22) Tertulliano chiama «nuova profezia» l'era del Paraclito, inaugurata con la venuta deilo Spirito Santo, predetta dal Signore. Egli reputa Ia setta montanista la vera Chiesa delio Spirito.

174

Tertulliano

della carne, così come è vero che quest'ultirna richiede per sé maggiormente la difesa di Paolo di quanto la durezza di cuore esiga quella di Mosè, ammesso tuttavia che si parli di difesa, e non piuttosto di abuso della sua indulgenza, come pure di ripulsa delle sue prescrizioni, mentre si cerca invece di eludere i suoi migliori ammonimenti e le sue assidue aspirazioni, senza permetterci di offrire all'Apostolo ciò che egli maggiormente preferirebbe. E allora, fino a quando questa impudentissima debolezza della carne durerà nel suo tentativo di espugnare le doti migliori?

6. Lo Spirito Santo concede i rimedi per superare la debolezza della carne

Il suo tempo durò di fatto fino a quando non iniziò la sua opera il Paraclito, all'azione del quale erano state differite e assegnate dal Signore le prescrizioni che in quella sua età gli uomini non erano ancora in grado di affrontare (23), ma che ora nessuno può prendere come scusa di non poter sopportare, in quanto ormai è presente Colui che concede la possibilità di portarle. E così, fino a quando prenderemo a pretesto la debolezza della carne, solo perché il Signore ha detto: <
Mt. 26,41.

126

Mt. 19, 12.

(23) Cf. Gv. 16, 12: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso».

L'unicità delle nozze, 14, 7; 1.5, 1

175

to dal Signore in preda ai suoi personali propositi 127. Non si dovrà pertanto attribuire a Cristo la durezza, appunto perché ognuno resta libero nell'esercizio del proprio arbitrio: «Ecco - infatti egli dichiara -: io ho posto innanzi a te il bene e il male» 128. Scegli dunque ciò che è buono; se poi tu non puoi, questo è proprio e solo perché tu non vuoi (ma intanto ti dimostra che tu potresti, solo che tu lo volessi, appunto perché egli ha proposto l'una e l'altra decisione unicamente al tuo arbitrio), e allora occorre che tu te ne vada lontano da Colui d a cui volontà ti rifiuti di cooperare.

Tertulliano cerca ora di giust$care le sue argomentazioni, facendo ricorso a due motivi Nel condannare la duplicità delle nozze, egli non intende anzitutto inibire il matrimonio: la monogamia, da lui voluta, suppone l'unicità delle nozze, non I'esclusione. L'altro motivo lo trova nel comportamento dei cattolici. egli li considera assai ingizrsti, perché essi, da una parte condannano quei cristiani i quali, sotto l'infuriare della persecuzione, cedono e finiscono per rinnegare la fede, ma dall'altra, assolvono quei cristiani i quali ben più vilmente si arrendono alle lusinghe dei piaceri carnali,

1. Abolire le seconde nozze non s i g n ~ c aabolire il matrimo-

nio Come potremo noi allora essere accusati di durezza solo perché non ci associamo a coloro che ricusano di fare la volontà di Dio? Quale eresia può dunque essere questa nostra, solo perché giudichiamo illecite le seconde nozze alla maniera dell'adulterio? Che cosa, dopo tutto, è l'adulterio, se non un matrimonio illecito? L'Apostolo biasima coloro i quali vietavano in tutto e per tutto di potersi sposare, come pure

127

Cf. Mt. 19, 16-22.

128

Deut. 30, 15.

Tertulliano

176

coloro che facevano divieto di certi cibi che Dio stesso aveva creati 129. Noi pertanto, nel vietare le seconde nozze, non aboliamo il matrimonio più di quanto comporti vietare certi cibi, solo perché pratichiamo il digiuno con più frequenza.

2. Altro confronto fra cattolici e montanisti Una cosa è vietare, un'altra è moderare, così come una cosa è porre una legge per vietare il matrimonio, un'altra è stabilire un termine per sposarsi. E allora, dato che gli avversari rimproverano la nostra durezza, e nella causa da noi difesa intravedono un'eresia, visto però che essi favoriscono in modo così caldo la debolezza della carne, perché mai, in altra sede, non la difendono e non la sostengono con il ricorso a una comprensiva indulgenza, allorché essa s'è trovata esposta ai tormenti allo scopo di strapparle la negazione della fede? (24).

i .Lassismo dei cattolici È fuori d'ogni dubbio che merita una discolpa ben maggiore chi viene meno nel forte del combattimento di quella invece che viene meno nell'intimità di una camera; quella che soccombe sotto i colpi della tortura che non quella che si stende su un letto; quella che si arrende sotto i colpi della persecuzione che non quella che si accende di piaceri. Ciò nonostante, essi respingono dalla loro comunione quella prima sorte della carne, solo perché non ha saputo resistere fino in fondo, mentre accolgono l'altra, quasi che essa abbia sostenuto la lotta fino alla vittoria finale 1'0. 129

Cf. 1Tim. 4,3.

130

Cf. Mt. 24, 13.

(24) Allusione a quanti, in quel periodo di persecuzione, cedevano sotto la violenza delle torture. In questo richiamo e in questo confronto non si può non rilevare, da parte dell'autore, certa mancanza di logica.

L'unicità delle nozze, 15, 4; 16, 1

4. Il cristiano deve essere un «eroe>>

E allora esamina tu stesso il perché l'una e l'altra non abbia saputo reggere il combattimento fino al termine, e così troverai ben più rilevante la causa della prima, che pur cedette di fronte alla crudeltà della persecuzione, che non la seconda, la quale non fu in grado di sostenere le esigenze della pudicizia. È vero tuttavia che l'infermità della carne non offre scusa, pur trattandosi d'una lotta che costava il sangue; ma allora vale assai meno l'attenuante per chi ha ceduto di fronte alle attrattive dell'impudicizia!

CAPITOLO XVI Un secondo matrimonio è indice di debolezza, e non certo di fortezza d'animo. I motivi d'una tale tendenza molto spesso sono banali: possono essere dettati pevfino dal desiderio d'avere zln marito o una moglie ricchi. Anche il bisogno di superare il disagio della solitudine si può correggere senza ricorrere a un secondo matrimonio: basta I'assistenza d'una donna anziana e servizievole! E neppure è valido il desiderio di assicurarsi una propria discendenza: a che vale procreare figli, se siamo già in vista della prossima fine del mondo?

1. Ironia nei confronti dei cattolici

I miei awersari mi muovono al riso, quando da loro mi si oppone la debolezza della carne, la quale, semmai, dovrebbe essere chiamata, secondo loro, somma fortezza! Infatti sposarsi due volte vuol dire offrire un esempio di forza; riprendersi e darsi nuovamente d'attività della carne dopo l'inattività della continenza vedovile, significa avere certa attività di fianchi! E pensare che tale debolezza resta efficiente anche per un temo e quarto matrimonio e fors'anche per un settimo, perché essa, owiamente, diviene tanto più robusta, quanto s'è dimostrata più debole! Quindi essa non avrà più

178

Tertulliano

l'Apostolo come maestro 131, bensì qualche Ermogene, solito a prendersi più donne come mogli che non a dipingerle! (25). 2. Certi poveri si sposano per farsi mantenere E in effetti in lui abbonda l'elemento materiale, poiché, presumendo che anche l'anima risulti dalla materia, tanto più essa sarà priva dello spirito da parte di Dio: ne deriva perciò che egli non può neppure dirsi «psichico», poiché non è certamente tale, non avendo in sé il soffio di Dio. Che ne è quindi di chi, mettendo in causa la propria indigenza, confessa apertamente d'aver alienato la propria carne al punto da sposarsi per farsi mantenere, tanto da dimenticare che non bisogna preoccuparsi del vitto e del vestito 132? Eppure, volendo, egli avrebbe Dio che pensa a nutrire i corvi e a far crescere i fiori 133.

3. Come superare le difficoltà della vita quotidiana Che dire di chi prende a pretesto la solitudine della casa? Quasi che una donna compensi, con la sua presenza, quella solitudine per un uomo sempre in procinto di dover fuggire! (26). D'altra parte, egli potrà avere al suo servizio cjualche vedova, e questo è più che lecito. In tal caso non si tratta più della questione dell'unica moglie, poiché, di tali donne, è permesso assumerne anche più di una (27). 131 Cf. 2 Cor. 12, 10. 6,26-30; Lc. 12,24-28.

132

Cf. Mt. 6, 25-34.

'33

Cf. Mt.

(25) Accenno a Ermogene gnostico (11-111 sec.). Visse in Siria, poi a Cartagine, dove esercitò anche la pittura. Contro di lui Tertulliano scrisse l'opera Adversus Hermogenem. (26) E difficile intendere il vero senso di questa espressione: «Uomo sempre pronto a fuggire» può significare «fuggire davanti al pericolo deila persecuzione», oppure «essere sempre pronti, in vista d'una morte improwisa». (27) E noto il permesso, per i cristiani, d'avere una donna ad ac-

L'unicità delle nozze, 16, 4-5

4. I pretesti dei cattoliciper ripetere le nozze

E che dire allora, se uno si preoccupa del dopo di lui, con gli stessi sguardi della moglie di Loth 134, al punto da pretendere di duplicare il matrimonio solo perché dal primo non ha avuto prole? Egli dunque, pur cristiano com'è, cercherà degli eredi, proprio lui, che si era privato dell'eredità del mondo intero! Eppure ha dei fratelli, e ha pure una madre, la Chiesa! Ma allora si tratta di ben altro, visto che nella casa di Cristo si pretende comportarsi conforme alle leggi Giulie (28) e perciò si ritiene che i non sposati e quanti sono senza figli non abbiano diritto di eredità da parte del testamento di Dio. E allora una tale genia continui pure a moltiplicare le nozze fino all'ultimo in modo da farsi sorprendere in questo disordine della carne come Sodoma e Gomorra 135 e come i giorni del diluvio 136, quando si arriverà all'ultima conclusione della vita del mondo. 5. La ripetizione del matrimonio prepara una fine del mondo ben più amara Si provino pure costoro ad aggiungere una terza sollecitaziorie: «Mangiamo e beviamo», e, per di più, sposiamoci, «tanto domani moriremo» 137: essi sono ben lontani dal riflettere a quella sentenza: «Guai alle gestanti e a quelle '34 Cf. Gen. 19, 26; Lc. 17, 31-32. l35 Cf. Lc. 17, 28-29. Cf. Mt. 24,37-39; Lc. 17,26-27. l37 1s. 22,13; cf. 1 Cor. 15,32.

cudire le faccende di casa, anche se qualcuno dei Padri, come il Crisostomo, non era di questo parere. (28) Allusione aiia Lex Iulia de maritandis ordinibus del 18 a.C. Secondo questa legge coloro che fossero rimasti celibi non potevano acquistare il dominium sui beni lasciati loro in eredità o in legato da persone non affini né parenti entro il sesto grado; inoltre fu loro interdetto l'accesso ai pubblici uffici. (Cf. c l . Moreschini, Opere scelte di Tertulliano,Torino 1974, p. 1061, nota 2).

Tertulliano

180

che allattano» (29), sentenza destinata a richiamare, nel marasma di tutto l'universo, un awertirnento ben più grave e ben più amaro di quanto awenne nella devastazione di quella piccola parte della Giudea. Raccolgano pure, in vista degli ultimissimi tempi (30), i frutti dei loro matrimoni duplicati: mammelle turgide, uteri nauseanti e bambini che vagiscono. Dispongano pure, per l'avvento dell'anticristo, l'ambiente necessario, perché egli sia in grado di scatenare la libidine più furiosa. A queste madri egli addurrà, come ostetriche, dei carnefici. CAPITOLO XVII Ed eccoci alla conclusione. Ci saremmo aspettati una calda esortazione, diretta a ogni cristiano, allo scopo di conuincerlo ad abbracciare uno stato pizì conforme alla fede professata. E invece non abbiamo se non un freddo richiamo alla monogamia e perfno alla verginità, professate anche in molti templi dei uari culti pagani

1. La debolezza della carne resterà sempre un mero pretesto

Questi signori avranno senza dubbio da presentare davanti a Cristo, come loro propria difesa, questo bel privilegio, l'insistente debolezza della carne! Ma una tale difesa non la giudicheranno certamente valida Isacco, nostro padre, che si mantenne monogamo, né Giovanni, che si astenne dalle nozze per amore di Cristo, e neppure Giuditta, figlia di Merari 138, come pure tanti altri esempi di santi.

138

Giudit. 8, 1-8.

(29) Mt. 24, 19. Come si vede, Tertulliano interpreta questo versetto come un invito a rinunciare al matrimonio stesso. (30) Nouissimis temporibus: ancora un accenno alla prossima fine del mondo.

L'unicità delle nozze, 17, 2-3

2. Esempi tratti dal mondo dei pagani

È divenuto costume quello di scegliere, come giudici, dei pagani, e così la regina di Cartagine insorgerà e si pronunzierà contro certe spose cristiane, proprio lei che, esule com'era in terra straniera, avrebbe potuto aspirare a nozze regali, e tuttavia, per non sperimentare ulteriori nozze, preferì, al contrario, ardere anziché sposarsi (3 1).Vicino a lei si assiderà, come giudice, anche quella matrona di Roma, la quale, sebbene avesse subito nottetempo violenza contro ogni sua volontà, da parte di un uomo estraneo, lavò col proprio sangue la macchia della sua carne per vendicare la monogamia offesa nella sua persona. Vi furono perfino delle donne, le quali preferirono la morte per la difesa dell'onore dei loro mariti piuttosto che adattarsi a rimaritarsi dopo la loro scomparsa! 3. Altri esempi dal mondo pagano

È certo che la monogamia e la vedovanza appaiono anche nell'ambito del culto reso agli idoli dei pagani. M a dea «Fortuna Muliebre» non impone la corona sul capo se non una donna sposata una sola volta, come pure alla «Madre Matuta». I1 pontefice massimo e la moglie del flamine Diale si sposano una sola volta. Le sacerdotesse di Cerere si separano dai loro mariti ancora vivi per mutuo consenso e con rispondente accordo.

(3 1) Applica al v. 1 Cor. 7 , 9 il caso di Didone. Intorno alla regina di Cartagine correvano due tradizioni: quella più nota, resa famosa da Virgilio nel IV libro dell'Eneide, e quella, meno nota, di Didone che si sarebbe uccisa per restare fedele alla memoria di Sicheo, allorché Jarba, principe indigeno dell'Africa, pretese di sposarla. Tertulliano, per opportunità, si attiene a quest'ultima leggenda.

Tertulliano

Ma vi sono pure donne in grado di giudicarci in base alla loro totale continenza, e sono le vergini dedicatesi al culto di Vesta, di Giunone d'Acaia e di Diana della Scizia e di Apollo Pizio. Ma anche i preti dediti al servizio del famoso bue delllEgitto (32) diverranno giudici, in fatto di continenza, della debolezza dei cristiani. 5. Chi si risposa respinge il modello sia di Adamo che di Cristo Arrossisci dunque, carne che ti sei rivestita di Cristo! Ti sia bastevole l'esserti sposata una sola volta, così come sei stata destinata fin dall'inizio e come sei chiamata a essere in vista della fine. Ritorna almeno nello stato del primo Adamo, se non riesci a esserlo del secondo. Quegli gustò una volta sola il frutto dell'albero proibito, una volta sola ne ebbe il desiderio, una volta sola coprì le proprie vergogne, una volta sola arrossì davanti a Dio, una volta sola nascose il proprio rossore, una volta sola fu esiliato dal paradiso della santità, e una volta sola, uscito di là, passò a nozze. Se tu ti raffiguri in lui, hai già il tuo esempio. Se invece sei passato oltre fino a imitare Cristo, dovrai essere più perfetto. Altrimenti mostrati pure come un terzo Adamo, quindi come un bigamo, ma allora tu non potrai essere, di fronte ai primi due modelli, né l'uno né l'altro (33). (32) Allusione al culto del bue Api, venerato dagli Egiziani che lo assimilavano al sole. (33) I1 Mattei scrive: «E chiaro, in questo passaggio, che, se il peccato originale non ebbe origine da motivi sessuali, nella mente di Tertulliano ebbe però, come conseguenza, quella d'aprire gli occhi dei nostri progenitori e di far loro sentire il peso deila concupiscenza. I1 matrimonio appare solo dopo la loro cacciata. I1 paradiso fu un paradiso di santità, vale a dire, secondo la mente di Tertulliano, di verginità» (P. Mattei, Tertullien: Le mariage unique, Introduction, pp. 60-61).

BIBLIOGRAFIA

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INDICE DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI

Abramo, 39, 40, 115, 139, 140, 141 Acaia, 77, 182 Acconciatura, 32,96 Acqua, 98 Adamo, 39,57, 65, 114, 135, 137, 138, 139, 182 Adulterio, 93, 95, 150, 152, 153, 154, 157, 158, 170, 171, 175 Africa, 181 Agar, 40,115 Aigs o Egio (Acaia),77 Alfa, 136, 137 Ambizione, 105 Angeli, 35,71,157 Anima, 155, 178 Annibale, 5 Anthvopotes, 10 Anticristo, 180 ApoUo Pizio, 182 Apostoli, 148, 149 Apuleio, Lucio, 5 Arca, 134 Archetipo, 135 Aronne, 139, 141 Ascesi, 33 Ascetismo, 17 Asia, 23 Astinenza, 7 1, 113 Astuzia, 164 Azrriga, 123 Bacht H., 21, 183

Bacio, 98 Bagni, 97 Bambini, 97, 180 Banchetti, 101 Bellezza, 13, 14, 15,72,96 Bene/Male, 175 Beni, 62 Bigamia, 39,40, 140, 141, 167 Braun R., 31,37,48, 158 Bruciare, 41, 49, 50, 57, 68, 129, 130 Bue Api, 182 Cadavere, l46 Camelot Th., 16 Carismi, 124 Carne, 35, 63, 70, 71, 74, 79, 94, 97, 106, 111, 117, 120, 123, 124, 127, 130, 131, 132, 133, 134, 135, 136, 138, 152, 158, 162, 170, 171, 173, 174, 176, 177,178,179,180,181 Carnefici, 48, 180 Cartagine, 83,84, 181 Castità, 11, 25, 30, 31, 38, 55, 71, 73,78,80, 115 Catena, 97 Cattolici, 114, 118, 123, 125, 160, 166, 168, 175,176, 177 Cefa (Pietro), 148, 149 Celibato, 12, 16,30,32,50, 183 Celibe, 26, 179 Cerere, 77, 181 Cesare, 5

188

Indice dei nomi e delle cose notevoli

Chiesa, 8, 17, 84, 115, 118, 124, 135, 138, 146, 148, 159, 160, 161, 167, 170, 173, 179 Cibo, 98, 101 Circoncisione,66, 140, 171 Circonciso, 165 Clero, 119, 166 Cocchini Ch., 183 Codici, 8 Colomba, 149 Colpa, 14 Comunità, 79 Concubine, 65 Concupiscenza, 49, 71, 72, 74, 123, 158, 182 Conflagrazione, 24,25,35,59 Consenso, l62 Consiglio, 38,44,45,68,87,89,128 Continenti, 42 Continenza, 30,58,60, 63,67, 72, 75, 76, 78, 79, 81, 88, 92, 93, 123,128,177,182 Conversione, 27, 28, 102, 162, 163, 183 Corinto, l l 8 Corpo, 30, 69, 85, 86, 96, 99, 153, 155, 157,158 Cortellezzi G., 13,14 Costantina (Tunisia),5 Costola, 65 Creatore, 123, 124 Creazione, 61, 136, 137 Credenti, 85,102, 124 Credere, 91 Crisostomo G., 179 Cristiani, 12, 90, 93, 94, 98, 122, 171,175 Cristo, 19, 100, 103, 107, 115, 121, 124, 132, 135, 136, 137, 138, 139, 145, 146, 147, 149, 156, 160, 170, 172, 173, 175, 180, 182 Croce, 99

Crouzel P., 183 Culto, 119 Cultura, 183 Cuore, 22, 122, 158, 173,174 Daniélou J., 37 Dattrino L,, 3, 113, 136 Davide, 139, 141 Debolezza, 87,88,113, 174 Dèi, 77 Delfi (Focide),77 Delizie (e resurrezione), 35 Demonio, 76,77,80, 97, 105, 107 Denaro (simbolo evangelico del), 157 Diaconi (e monogamia), 159 Diale (FlarnenDzalis, sacerdote di Giove), 181 Dialettica, 30 Diana, 182 Didone, 181 Digiuni, 17,25, 172, 176 Diluvio, 114, 134, 179 Disciplina, 19, 21, 28, 38, 64, 75, 77, 78, 104, 106, 112, 113, 116, 126, 131,133, 168 Dissolutezza, 6, 104 Divorzio, 84, 87, 88, 117, 150, 151, 153, 154, 173, 184 Djemila (Tunisia),5 Dolcezza, 15 Domiziano, imperatore, 167 Dote, 98, 100, 101 Dragone infernale, 77 Ecclesiastici, 12,33,77, 84 Edizioni, 8 Egitto, 139, 182 Eleganza, 26 Elia, 150 Ellenismo, 6 Eloquenza, 38 Eneide, 181

Indice dei nomi e delle cose notevoli Epicuro, 156 Eresie, 18,36, 112, 125, 175, 176 Eretici, 35,66, 123 Erma, 44 Ermogene, gnostico, 28, 178 Escatologia, 20, 23, 25, 116, 128, 144 Esegesi, 36, 37, 38, 57, 86, 115, 183 Etica, 183 Eucaristia, 97,99, 106, 156 Eunuchi (e regno dei cieli), 127 Eva, 57,65,134 Famiglia, 123 Farisei, 142 Fede, 6, 7, 12, 17, 19, 20, 68, 74, 86 ,89, 90, 91, 93, 96, 100, 162, 164, 165, 176, 180,181 Felicita, martire, 7 Felicità, 87, 106 Fiamme, 67, 68 Figli, 11, 73, 90, 106, 122, 139, 143, 145,169, 179 Filadelfia di Transgiordania (Amman), 2 1 Filosofia, 6 Flamine (sacerdote di Giove), 181 Fornicazione, 85,94,95, 151, 162 Fortuna, dea, l81 Fratelli, 97, 143, 144, 145 Frédouille J.Cl., 27,29,37,40,41, 43, 45, 51, 55, 56, 112, 113, 120, 183 Frigia, 16,22,23 Frontone, Marco Cornelio, 5 Frugalità, 82 Fuoco, 76,77 Gdia, 73 Geenna, 77 Gerarchia, 2 1 Germania, 73

Gerusalemme, 16,21,23, 172 Gesù, 141, 146, 171 Gioielli, 73 Giosuè, 141 Giovenale, Decimo Giunio, 6 Gioventù, 18 Girolamo, 8,28,33, 116, 184 Giudea, 35, 180 Giudei, 172 Giuditta, 180 Giudizio, 25,35 Giunone, 77,182 Giustizia, 33, 115 Gola, 47 Gomorra, 59,73,74,75, 179 Gramaglia P.A., 9, 10, 84, 114, 122, 154, 164 Grazia, 19, 103 Impero, 33 Impurità, 85, 145, 177 Incirconcisione, 140 Incirconciso, 165 Indissolubilità, 136 Indulgenza, 64 Infanzia, 18, 161 Inferno, 4 1 Intimità, 96, 122 Intransigenza, 28 Isacco, 40,122, 140,141, 160 Ismaele, 40 Jarba, principe (pretendente di Didone), 181 Karp H., 12 Labriolle P. de, 12,22, 31,45, 46, 48, 184 Laccio, 69 Laici, 12, 168 Lamech, 114, 134 Lassismo, 176

190

Indice dei nomi e delle cose notevolt

Latte, simbolo paolino, 161 Lavoro, 72,83,157 Legame, 163 Legge, 66, 95, 113, 115, 135, 141, 142,144,145,146,170,172 Leggenda (di Didone), 181 Leptis Magna (Tunisia),5 Le Saint W.P., 12,40 Lettiga, 105 Levirato, 63, 116, 142, 145 Lex Aquilia, 95 Lex Iulia, 179 Lex Scautinia, 167 Libertà, 61,79, 104, 137, 155, 167 Libidine, 48, 101, 105, 180 Licenza, 66 Licenziosità, 105 Loth, 179 Lussuria, 13, 71, 75, 78, 82, 105, 123 Madri, 169 Maestri (della Chiesa), 84 Mammelle, come simbolo negativo, 47,180 Mano (matrimonio), 103 Marcione, 23, 24, 30, 32, 34, 35, 46,47,48 Marcioniti, 111 Martiri, 7 Martirio, 7 Maschilismo, 185 M a s s i d a , discepola di Montano, 17,21 Materia, 161 Mattei P., 9, 10, 41, 42, 44, 51, 117,123,159, 182,184 Mattioli U., 184 Matuta (MadreMatuta), dea, 181 Mayer A., 17,23 Mazzucco CI., 184 Medicina, 6 Mediocrità, 19

Medioevo, 13 Merari, figlia di Giuditta, 180 Messia, 23 Micaelli C., 184 Millenarismo, 23,25 Ministeri, 60,79, 148, 149 Ministri, 119 Misericordia, 81 Misoginia, 13, 185 Misogino, 10 Modestia, 73,81 Monceaux P., 12, 13,184 Mondo, 70,71, 72, 73, 75, 76, 78, 82, 173, 179 Montanismo, 16, 17, 18, 21, 22, 23, 25, 30, 33, 34, 37, 38, 49, 67,73, 125, 183 Montanisti, 7, 55, 111, 113, 114, 123, 159, 176 Montano di Frigia, fondatore del montanismo, 16, 17,20,24,31, 34 Moraldi L., 145 Morale, 14, 15,20,64, 119 More1 V., 184 Moreschini Cl., 9, 10, 27, 31, 34, 35,36,40,43,47, 179 Morte, 63, 68, 73, 74, 87, 90, 150, 154,155, 161, 170 Mosè, 121, 136, 141, 143, 149, 150, 174 Munier Ch., 9,20,57,61,83,84,86 Natura, 16 Nazireato, 172 Nazzaro A.V., 184 Neopitagorismo, 27 Neoplatonismo, 27 Noè, 59, 114,134, 137, 139 O'MaìIey T.P., 184 Omega (Cristo), 136, 137 Onera (dell'antica Legge), 115

Indice dei nomi e delle cose notevoli Operosità, 81 Oracoli, 2 1 Orfano, 80,81 Ornamenti, 15 Ortodossia, 30 Ostetriche, 48, 180 Otranto G., 185 Ozio, 82 Pagani (e matrimonio), 12, 24,35, 60, 75, 76, 77, 78, 83, 85, 90, 92, 93, 94, 99, 104, 122, 162, 164,181 Pane, 100 Paraclito, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 34, 112, 113, 116, 121, 125, 126, 127, 132, 173 Paradiso (e Redenzione), 137, 182 Parusia (e montanismo), 16,22 Passio (martiri),7 Passione (concupiscenza), 4 1 Pastorino A., 1 6 Patristica, 104 Peccato, 14, 15, 16, 163 Pepuza, pianura della, 24 Perfezione (in Cristo), 138 Perle (spirituali), 99 Perpetua (martire), 7 Persecuzioni, 7, 107,177 Piaceri, 15, 73, 75, 104, 169, 175, 17L

I I U

Pietà, 77,99 Pietro, 117, 148 Pincherle A., 21 Plinio, il Vecchio, 56 Pneumatici, o spirituali, 17, 34, 113, 123, 124 Poligamia e Antico Testamento, 65 Porci (significato evangelico), 99 Poveri, 97, 174 Prassea, eretico modalista, 36 Precetto, 38, 43,68, 89, 121, 162, 169

191

Preghiera, 118, 159 Presbiteri, 159 Priscilla o Prisca, discepola di Montano, 17,21,31 Procreazione, 59,65,73 Profetismo, 20,21 Profezia (e dottrina montanista), 16,34,36 Progenitori, 133 Prole, 143, 145 Prowidenza, 72 Psichici (i cattolici, secondo Tertulliano), 34, 36, 38, 41, 55, 111, 118, 120, 122, 123, 124, 160, 161, 164,165,168 Pubblicani, 150 Pudicizia, 115, 142, 173, 177 Pudore, 47,81, 124, 149 Puerperio, 47 Quacquarelli A., 185 Rambaux Ci., 12, 29, 39, 56, 57, 58,59,60,61,113, 185 Regula Fidei, 18,28,38 Religione (nuova religione o montanismo), 7 Repressione, 87 Retorica, 6, 15,36,56 Ricchezza, 72,174 Rigorismo, 7,20,25,64 Ri&aritaggio (passaggio a nuove nozze), 39,40,41,58,60, 118 Ripudio, 117, 136, 150, 151, 152, 154, 156,162 Risurrezione, 25,35,63, 156 Ritzer K., 185 Sacerdotesse (della santità cristiana), 147 Sacerdoti, 139, 145, 146, 166 Sacerdozio, 167 Sadducei, 63, 116, 142, 143 Salomone, 139, 141

192

Indice dei nomi e delle cose notevoli

Salvezza, 74, 101, 112 Sangue, 47,95 Santi, senso paolino dei, 98, 180 Santità, 20,27,32,71,78, 80, 130, 147, 149, 182 Sara, 115, 141 Schiavi, 97, 104, 165 Schiavitù, 60 Scipione Emiliano, 5 Scribi, 142 Seduzione, 32 Seneca Lucio Anneo, 28,56 Sentimenti, 155 Separazione, 151, 154, 157 Servizio, 87, 96 Sesso, visione negativa del, 15, 16 Settimio Severo, 5,24 Sicheo, marito di Didone, 181 Signore, 10, 85, 87, 88, 89, 91, 92, 94, 97, 125, 127, 147, 160, 173, 174 Simeone, 117,147 Sinagoga, 65 Siniscalco P,, 33 Siria, 178 Sodoma, 59,73,74,75, 177 Sofista, accusa di, 12 Sole, dio pagano, 182 Solitudine, 177 Spanneut M., 185 Speranza, 118 Spirito Santo, 17, 22, 34, 36, 42, 43, 44, 70, 101, 120, 121, 123, 124, 130, 131, 147, 170, 171, 172, 173, 174 Spurio Carviiio Ruga, 154 Statio (assemblea), 97 Stupro (e matrimonio), 25, 26, 27, 32 Superbia, 71 Superstizione, 100 Taverne, 101

Tempio, 77,148 Tenerezza, 15 Testamento (spirituale), 62 Tibiietti G., 13, 15,20,25,28,29, 32,33,55,78,185 Timgad (Tunisia), 5 Timore, 18 Tradizione (e verità), 20 Tribolazioni, 79 Tunisia, 5, 167 Turcan M., 10, 11, 12,28,30 Uccelli (e provvidenza), 72 Uglione R., 9, 10, 37, 116, 183, 185 Utero ("cloaca"), simbolo negativo, 46,47, 180 Uthina (Tunisia), 167 Vedovanza, 12,39, 50, 60, 61,73, 76,78,79, 80,81, 88, 169 Vedove, 42, 66, 70, 71, 74, 82, 84, 92, 118, 120, 144, 156, 159, 163, 169, 178 Veleno, 100 Verbo, 136 Vergini, 27,77, 81, 162, 182 Verginità, 16, 67,76, 80, 113, 115, 117, 127, 146, 147, 149 Verità (e Spirito Santo), 125 Vescovi, 119, 165, 166, 167, 168 Vesta, dea pagana, 182 Vestali, 76, 182 Virgilio, Marone Publio, 181 Virtù, e giovinezza di Tertdiano; e vescovo, 6, 119 Vivaio (matrimonio come vivaio del genere umano), 57,64 Vizi, 14, 15,59,75 Zaccaria, 117, 146 Zannoni G., 12 Zeus, 77

INDICE SCRITTURISTICO

ANTICO

TESTAMENTO Genesi 1,23: 29 1,28: 57,65, 143 2, 18: 133 2,21: 65 2,23: 152 2, 24: 29, 66, 106, 133 4, 18-19: 114, 134 4,24: 134 6,3: 124 6, 19-20: 135 7, 1-3: 135 15,6: 139, 140 16, lss.: 140 16, 16: 40 17, 1: 40 17, lss.: 140 17,4-5: 140 19,26: 179 38, 8 s . : 116

Esodo

19,2: 131 20,7: 131 20,21: 145 2 1 , l l : 146 21, 14: 145

NUOVO TESTAMENTO Matteo

Deuteronomio 23,2: 143 24, 1: 172 25,5: 143 26,5-10: 116 30, 15: 175

Giuditta 8, 1-8: 180

Qoelet 3, 17: 18, 112, 131

Isaia 1, 17-18: 81 22, 13: 179

Geremia

14, 13: 102 20,13: 145

31,29-30: 144

Levitico

Ezecbiele

17,3: 150 17, 12: 150 18,3: 149 18,20: 107

194

Indice scritturistico

Atti degli Apostoli

Romani Marco

Luca

1 Corinti

Giovanni

Indice scritturistico Filippesi 2 Corinti

Giacomo 2,21: 139

Colossesi I Pietro

1 Tessalonicesi

l , 16: 131 3, 1-2: 103 3,2: 102 l Giovanni

l Timoteo

2, 16: 71 3,3: 130

Apocalisse

INDICE GENERALE

Introduzione generale . . . . . . . . . . . . . . . pag . 1. La vita di Tertulliano . . . . . . . . . . . . . >> 1.i.Codici ed edizioni . . . . . . . . . . . . >> 2 . La personalità . . . . . . . . . . . . . . . . >> 3 . Ilmontanismo . . . . . . . . . . . . . . . . >> 3.1. I1 profetismo . . . . . . . . . . . . . . >> 3.2.11 millenarismo . . . . . . . . . . . . . >> 3.3. Il rigorismo morale . . . . . . . . . . . >> 4 . I tre periodi della operosità letteraria . . . . >> 4.1. Dalla conversione al 206 . . . . . . . . >> 4.2.Dal207a1211 . . . . . . . . . . . . . . >> 4.3. Dal212 a1217 . . . . . . . . . . . . . . >> 5 . L'esegesi biblica . . . . . . . . . . . . . . . >> 6. I1 matrimonio . . . . . . . . . . . . . . . . >>

5 5 8 10 16 21 23 25 27 27 30 33 36 41

Tertulliano ALLA CONSORTE

LIBROPRIMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Introduzione Capitolo I . . Capitolo I1 . . Capitolo I11 . Capitolo IV . CapitoloV . . CapitoloVI .

. . . . . . .

................. . ................. . ................. . ................. . ................. . ................. . .................

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55 55 62 64 66 70 73 75

198

Indice generale

LIBROSECONDO . . . . . . . . . . . . . . . . . . Introduzione Capitolo1 . . Capitolo I1 . . Capitolo I11 . Capitolo IV . Capitolo V . . Capitolo VI . CapitoloVII . CapitoloVIII

. . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . .

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.............. .............. .............. .............. .............. .... .......... .............. .............. ..............

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83 83 87 89 94 96 98 100 101 103

>> >> >> >> >> >> >>

111 123 124 127 132 135 139 142 146 150 154 158 165 168 171 175

Tertulliano L'UNICITÀ DELLE NOZZE

. . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . .

. . . .

. . . .

introduzione Capitolo I . . Capitolo I1 . . Capitolo 111 . Capitolo IV . Capitolo V . . CapitoloVI . Capitolo VI1 . Capitolo VI11 CapitoloIX . Capitolo X . . CapitoloXI . Capitolo XII . Capitolo XIII Capitolo XIV Capitolo XV .

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Indice generale

199

Capitolo XVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag . 177 CapitoloXVII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . >> 180 Bibliografia

....................

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183

Indice dei nomi e delle cose notevoli . . . . . . . >>

187

Indice scritturistico

................

>>

193

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