Vadim Zeland - Scardinare Il Sistema Tecnogeno

  • Uploaded by: mona_mi8202
  • 0
  • 0
  • January 2021
  • PDF

This document was uploaded by user and they confirmed that they have the permission to share it. If you are author or own the copyright of this book, please report to us by using this DMCA report form. Report DMCA


Overview

Download & View Vadim Zeland - Scardinare Il Sistema Tecnogeno as PDF for free.

More details

  • Words: 150,871
  • Pages: 2,787
Loading documents preview...
Gentile Lettrice, Gentile Lettore, i testi che ti proponiamo coinvolgono molte persone traduttori, redattori di testi informativi e promozionali, correttori bozze, attività amministrative e burocratiche…

Sono tutte persone appassionate e competenti che sono impegnate in questi lavori e ne ricavano le risorse economiche per vivere. Se i libri (cartacei o in forma di ebook) e Dvd che diffondiamo, invece di essere acquistati, vengono duplicati, riducendo le nostre entrate, per noi può risultare difficile compiere gli investimenti necessari alla produzione di nuovi materiali. Per questo,

Gentile Lettrice e Lettore contiamo sulla tua solidarietà per appoggiare e favorire la diffusione dell’editoria indipendente. Restiamo a tua disposizione per ogni ulteriore chiarimento, puoi scriverci alla seguente email: [email protected]

..e Buona Lettura!!! Lo staff Gruppo Editoriale Macro

Vadim Zeland

SCARDINARE IL SISTEMA TECNOGENO

www.gruppomacro.com

Avviso di Copyright © Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro digitale può essere riprodotta o trasmessa in alcuna forma tramite alcun mezzo elettronico, digitale, meccanico, fotocopie, registrazioni o altro, senza il preventivo permesso scritto dell’editore. Il file acquistato è siglato digitalmente, risulta quindi rintracciabile per ogni utilizzo illegittimo. Il file trasmesso è immodificabile, ogni alterazione dei contenuti è illegale.

Per maggiori informazioni su questo autore e sulla stessa collana visitate il nostro sito: www.gruppomacro.com Titolo originale: ВЗЛOМ TЕХНOГЕННOЙ СИСTЕМЫ COPYRIGHT: OAO ИЗДАTЕЛЬСКАЯ ГРУППА “ВЕСЬ” 2012 Гордиенко Арина “The Shard of Time” 2012 In copertina: Гордиенко Арина Gordienko Arina

coordinamento Sara Broccoli editoriale traduzione dal Vera Giovanna Ban russo (www.russiainedita revisione Paola Dimanno editing Danila Ganzerla copertina Matteo Venturi I edizione dicembre 2013 eBook collana Nuova Saggezza ISBN 9788862296380 © 2013 Macro Edizioni un marchio del Gruppo Editoriale

Macro Via Giardino 30 - 47522 Cesena (FC) www.gruppomacro.com [email protected] ebook by ePubMATIC.com

Indice Premessa Parte I IL TRANSURFING Siete in grado di crearvi il mondo che più vi piace L’inizio della trasformazione Posso fare tutto!

Le diapositive degli innamorati L’idrodinamica dell’intenzione Miriadi di riflessi Poker Face Parte II LA TECNOSFERA I parassiti sociali La cattura dell’attenzione

La coscienza tecnogena L’artefatto d’intenzione Un segreto spaventoso Freddo e fame Sui topi e sulle volpi Peso sano in corpore sano Transurfing o trasgressione? L’imprinting infantile Ho visto un arcobaleno Parte III LA BIOSFERA

Questioni vive Se mi ami, mangia! La vita non è roba chimica in vitro Il principio della società La sostanza viva e quella morta La sopravvivenza in ambiente tecnogeno La mamma ha mangiato la kaša Acquetta vivificante

La legge di attrazione della Forza Requiem alla carne altrui Si bemolle maggiore La fattoria umana Guerra nella Terra di Mezzo L’equazione della Vita Lettere dalla Terra di Mezzo Esoterismo reale Strane domande Le voci di Eywa Cioccolato vivo

Un nuovo gradino della piramide Parte IV LA SOCIETÀ-IL SOCIALE Punturati, con un joystick all’interno L’involuzione della coscienza Il controllo del supporto vitale

Aprire lo sportello Lo scardinamento e l’unificazione della personalità Parabola di riflessione Anatomia dell’importanza Le mollette mentali La corsa degli invalidi L’intossicazione da informazioni Le mollette somatiche I ricevitori e i trasmettitori

Due block notes La realtà dello specchio duale La trasmissione dell’intenzione La liberazione della Forza Un festa in arancione

Premessa Cari Lettori, vi sta davanti un libro creato dalla Forza. Non sono stato io a scriverlo, è il libro che mi ha mosso. Posso dirlo con piena certezza perché, in primo luogo, non avrei potuto scrivere un testo del genere. In secondo luogo,

senza il sostegno della Forza1, come suggerisce il titolo stesso del libro, ciò non sarebbe stato possibile. Perché? Perché il contenuto del libro, come scoprirete presto, è pienamente coerente al suo titolo. Parlare di queste cose, semplicemente così, senza permesso, non è consentito a nessuno. Si può parlare delle fini del mondo, degli extraterrestri, dei

sostenitori o degli oppositori di una qualsiasi causa, dei difetti e dei vizi della nostra società, persino del governo mondiale segreto, che si dice che controlli il mondo. Ma non si può parlare in alcun modo dello scardinamento del sistema stesso. È un tabù. Avete mai sentito parlare di una cosa del genere? Non si tratta di questioni di ecologia dell’ambiente, ma di un problema diverso, e

non meno serio. Perché, anche se non si è rivelato ancora in modo esplicito, esso cela dentro di sé una minaccia nei confronti di ciò che l’uomo ha di più importante: la sua libertà e individualità. È una questione di ecologia dello spirito, che per qualche motivo interessa a pochi. L’attenzione generale viene deviata verso problemi irrilevanti e insignificanti,

mentre il mondo sta cambiando rapidamente e dalla sua parte meno visibile, dal retro. Può sembrare che nulla stia succedendo, ma non è così. In realtà, sta avvenendo qualcosa. Esteriormente ciò non si manifesta in modo particolare. Tutto sembra procedere come al solito, con la nostra civiltà impegnata a seguire il cammino del progresso tecnologico. Di

fatto, però, il progresso, inteso come processo portatore di frutti utili per l’uomo, si è già concluso e ora si sta muovendo verso una direzione unicamente favorevole al sistema, cioè a una struttura che si evolve in modo autonomo. Il sistema, come un cancro, ha cominciato da solo a crescere in modo molto attivo, indipendentemente dalla volontà dell’uomo. E tutto

ciò è indizio del fatto che il processo si trova già fuori controllo. Per l’uomo questa situazione non è priva di conseguenze: le sue capacità si bloccano, le sue potenzialità vengono drasticamente ridotte e ciò proprio allo scopo di evitare la sua interferenza, evitare che egli ostacoli il sistema impedendo ad esso di evolversi come ad esso stesso

serve. L’uomo, però, non vede e non sente nulla, perché “l’operazione” avviene in anestesia generale, in uno stato di sonno profondo che egli, paziente, nemmeno sospetta. Nella sua coscienza viene inserito il codice: Sta seduto buono al tuo posto, nella tua celletta, e fai clic sul pulsante, come si deve. Crea i

prodotti del sistema e consuma tutto quello che il sistema ti dà. Rispetta la regola del pendolo, “fai come faccio io”. Segui il principio della società: “Se lo fanno tutti, allora è giusto”. E che non ti venga in mente di abbandonare le fila! E, ancora, la cosa più importante: sii sempre collegato con la rete. Sii

nel sistema. Non separarti mai dai gadget che ti permettono di esserlo sempre. Presta attenzione al flusso di informazioni in entrata. Partecipa al coro collettivo, rispondi ai comandi per essere sempre in risonanza con la rete, per esserne una parte. Non cercare la tua strada: essa ti verrà indicata. Non pensare,

non affaticare la testa: ti verrà tutto raccontato e mostrato. Quello che devi fare è impararare a rispondere ai comandi nel modo più primitivo, formarti i riflessi condizionati necessari per rispondere al posto giusto e al momento giusto, con un clic di mouse, con un tasto, con un carrello della spesa o con un bollettino

elettorale. E quando arriva l’ora, sii pronto a riempire le fila numerose di tutti coloro che marciano in direzione di… insomma, la direzione te la indicheranno. L’importante è che tu, ingranaggio, sia pronto. Provate a immaginare di essere arrivati al lavoro o all’università e di aver

trovato là un sogno collettivo. Tutti vogliono avere successo, ma agiscono come se fossero in sogno, a livello di algoritmi e istinti comuni. Anche voi vorreste avere successo e distinguervi dalla massa generale, ma come potete ottenerlo se siete degli ingranaggi ordinari, in marcia al passo con tutti, con lo stesso livello di coscienza ed energia degli altri? Ora la massa è colta, tutti hanno

letto The Secret [di Rhonda Byrne, Macro Edizioni, Cesena, 2007; N.d.T.]. Anche voi lo conoscete. E allora? Qual è il vostro vantaggio rispetto agli altri? Nessuno. Avete anche voi poche chances. Un sistema tecnogeno, per sua natura, è assolutamente distruttivo, sia rispetto alla biosfera del nostro pianeta sia rispetto a quella delle persone. Ma siccome nel

mondo tutto tende all’equilibrio, per ogni azione finalizzata a violare l’armonia c’è una reazione corrispondente. In questo contrasto nasce la Forza di cui si diceva sopra. Non è questione di distruggere il sistema, chè probabilmente è un fatto impossibile, a meno che il sistema non si distrugga da solo o non venga distrutto da un cataclisma naturale. Si tratta invece

della possibilità di ottimizzare significativamente la qualità della propria vita, cosa che si può ottenere se si conoscono i princìpi del funzionamento del sistema e le sue regole del gioco, quelle non dichiarate. Ciò significa che ci si può trovare all’interno del sistema, sfruttarlo a proprio vantaggio e al contempo non esserne vincolati.

E ora immaginatevi una scena diversa. La vostra coscienza è libera e chiara, il vostro potenziale energetico è molto più alto di quello generale, avete smesso di pensare e di fare “come tutti”. Siete usciti dai ranghi, senza però abbandonarli. Fingete di essere dei sognatori, ma lo fate da svegli. Ora vi è assolutamente chiaro che intorno tutti dormono,

mentre voi siete svegli. Coloro che escono dai ranghi ottengono sempre dei vantaggi: 1. Vedono dove stanno andando gli altri, standosene in disparte. 2. Si sbarazzano delle “schegge” e degli sterotipi della società. 3. Imparano a vedere e a capire quello che gli altri non sono in grado di

vedere e capire. 4. Smettono, infine, di aspirare a essere i primi e puntano invece a diventare gli unici. Quando vi libererete dai limiti e dalle convenzionalità imposti dal sistema, vi sarà data la chance di vendicarvi del fatto che il sistema ha livellato la vostra personalità. Siete persone uniche, e ora siete anche

libere. È un privilegio raro. Sfruttate il vostro privilegio. AVVERTENZE Nel presente volume sono presentati alcuni interventi di lettori, ovvero lettere scritte da persone di diverso background culturale e con diverse

capacità espositive. Nella traduzione si è cercato di rimanere quanto più possibile fedeli all’originale, mantenendo anche certe incongruenze nel contenuto o nella consequenzialità dell’esposizione degli eventi. Quando l’autore, nel presente testo, si riferisce a

Transerfing real’nosti intende la serie in 5 volumi, rispettivamente : Prostranstvo variantov I (Lo Spazio della varianti), Šelest’ utrennych zvezd - II (Il fruscio delle stelle del mattino), Vpered v prošloe III, (Avanti nel passato), Upravlenie

real’nosti - IV (La gestione della realtа)-, Jabloki padajut v nebo V (Le mele cadono in cielo), edizioni VES’ 2006. Versione i t a l i a n a : Serie Reality Transurfing, Macro Edizioni 2009-2011 - Lo Spazio della varianti I, (2009), Il fruscio delle stelle del

mattino II (2010), Avanti nel passato III, (2010), La gestione della realtà IV, Le mele cadono in cielo V. Per quanto riguarda il l i b r o Аpokrifičeskij Transerfing (Il Transurfing apocrifo), EKSMO 2010, abbiamo segnalato la versione aggiornata dello stesso

testo, contenuta in: Živoj Transerfing, EKSMO 2010 (versione italiana: Il Transurfing Vivo, Macro Edizioni 2011). I libri Veršitel’ real’nosti (L’arbitro della realtà), edizioni Ves’ 2005 e Forum snovidenija Obratnaja svjaz’ 1, 2 , (Il forum dei sogni. Feedback 1, 2), edizioni Ves’ 2006, citati nel

testo, non sono tradotti in italiano.

stati

Vera Giovanna Bani

Parte I IL TRANSURFIN

Siete in grado di crearvi il mondo che più vi piace

Oggi è di gran moda parlare del fatto che il pensiero è materiale. Come fisico, posso dichiarare, con

una certa autorità, che quest’affermazione è un’assurdità. Il pensiero non è materiale se non altro perché non può venir registrato dagli strumenti fisici di rilevazione e non ha una velocità di propagazione. Non appena pensate a qualcosa, il vostro pensiero si ritrova immediatamente ai margini dell’Universo, senza subire alcun ritardo (di

trasmissione). L’elettroencefalogramma registra gli impulsi cerebrali risultanti dall’attività mentale del cervello, ma non i pensieri. Allo stesso modo, le lampadine che lampeggiano sul computer non mostrano i programmi stessi ma il processo della loro elaborazione. Quando si tratta di energia, invece, è tutto più semplice:

l’energia può essere fissata, sentita e anche visualizzata dall’oscilloscopio. Con i pensieri, invece, la questione è molto più complicata. Se qualcuno dice di essere in grado di spostare degli oggetti con “la forza del pensiero”, di nuovo, non è proprio così. Gli oggetti vengono mossi dall’energia. Essa sì è materiale. I pensieri, invece, non lo sono. Ma cos’è un pensiero, ci

avete mai riflettuto? Parlando del pensiero è chiara solo una cosa: esso contiene un certa informazione. Ma che cos’è esso precisamente, lo potete spiegare? Allo stesso modo, non si può spiegare cosa sia l’infinito. Immaginate di muovervi sempre più lontano dalla Terra, di oltrepassare il sistema solare, di volare al di

là della galassia, di lasciarvi alle spalle tutti gli ammassi stellari, di raggiungere i confini del nostro Universo e di vedervi, forse, venire incontro già altri universi e altri ancora, e così all’infinito… Ebbene, tutto ciò è impossibile da immaginare, per quanto ci si voglia sforzare. Io, personalmente, immaginando questa situazione, provo un senso di smarrimento e di

disagio nella mia mente. Come può essere una cosa del genere? Ma non è tutto. Esiste un fatto che crea un disagio ancora maggiore: l’infinito e il punto. L’infinito e il punto sono topologicamente la stessa cosa. Immaginate di muovervi nell’infinito non verso l’esterno ma verso l’interno: superata la molecola, l’atomo, volate oltre gli elettroni che

orbitano attorno al nucleo come pianeti, vi introducete nel protone e dentro il protone ecco già i quark, e così via, in un percorso anch’esso infinitamente lontano e lungo. Nessuna fine, nessun inizio e nessun modo per trovarli. E neppure un sostegno, un fondamento, una piattaforma su cui far atterrare la propria ragione nel tentativo di capirci qualcosa.

Che fare? Si è costretti ad accontentarsi di modelli che, con un’approssimazione grossolana, spiegano chi siamo e in quale mondo viviamo. Diversamente, “la nostra ragione perderebbe il lume della ragione”. Ed è così che avviene: se la ragione perde il suo appoggio in questo mondo, il suo “punto di unione” viene spostato in un altro mondo, parallelo, col risultato che la

persona, secondo l’opinione degli altri, “ha perso la ragione, è impazzita”. Resta il fatto che, comunque si cerchi di dare una spiegazione, qualsiasi siano i modelli che vengono costruiti, i problemi rimangono irrisolti, ora così come lo erano prima. Anche il modello del Transurfing è una delle tante possibili interpretazioni, elaborata per cercare di

spiegare più o meno chiaramente alla ragione come affrontare questa realtà strana e incomprensibile. L’unica consolazione è che questo modello, se non spiega proprio tutto, quanto meno funziona. Il principio alla base del Transurfing è che l’uomo con i suoi pensieri si forma la sua realtà. Sembrerebbe strano: perché mai un fenomeno del

genere è possibile, se i pensieri non sono materiali? Risposta: perché i pensieri non si trovano nella testa ma nello spazio metafisico e non materiale delle varianti, che conserva in modo stazionario tutto ciò che era, è e sarà. I pensieri sono come i canali del televisore, e l’uomo è semplicemente un biotelevisore perfetto, in grado di connettersi a piacere all’uno o all’altro settore

particolare dello spazio, dove si trovano questi stessi pensieri, “programmi televisivi”. E, similmente a un televisore, l’uomo non “genera” i programmi, li capta. Tutti gli esseri viventi del nostro mondo “sono connessi” a un qualche programma. Le piante hanno i loro programmi, rigorosamente fissi. Gli

esseri che sanno strisciare, nuotare, correre, volare, hanno dei programmi più flessibili, ma comunque “cuciti” in modo piuttosto aderente, a livello di istinti. Solo l’uomo è in grado di saltare liberamente e consapevolmente da un “canale” all’altro. Purtroppo, però, egli non utilizza pienamente questa sua possibilità e ciò a causa del fatto che si appassiona troppo

al “serial televisivo mandato in onda” nella sua realtà. Questo serial, spesso triste, non finisce mai perché “il telecomando” si trova bloccato sullo stesso tasto. L’uomo, però, è in grado di prendere in mano “il suo telecomando” e cambiare canale. Sì, la realtà non cambierà immediatamente: all’inizio, per forza di inerzia, verrà trasmesso lo stesso programma, ma se si

insisterà a premere sul tasto giusto, il vecchio serial lascerà progressivamente posto alle scene del nuovo programma e alla fin fine la nuova realtà sostituirà completamente quella precedente. Così si materializzano i pensieri. L’unica condizione che bisogna osservare strettamente è la seguente: affinché la forma-pensiero si materializzi, è necessario

fissare su di essa la propria attenzione a lungo e in modo sistematico. Nella teoria del Transurfing ci sono diversi modelli “dimostrativi” che illustrano come questo funzioni. Uno di essi è stato creato in analogia al procedimento di sintonizzazione della radio su una frequenza: le persone capitano su quella linea della vita i cui parametri

corrispondono all’“emissione mentale” che hanno in testa. In altre parole, ci si trova nella realtà corrispondente alla frequenza d’onda su cui ci si è sintonizzati. Faccio notare che i termini “emissione mentale” ed “energia del pensiero”, usati nei primi libri, non sono pienamente corretti e servono più a facilitare la comprensione del concetto

che a spiegare la struttura del mondo. Ci dimentichiamo sempre di trovarci in piedi di fronte allo specchio del mondo, per questo molte cose ci sembrano girate a testa in giù. Ripeto, noi non “emettiamo pensieri”, ma facciamo esattamente il contrario, ci colleghiamo ad essi poiché essi si trovano lì dove devono essere gli oggetti non materiali, nello spazio metafisico. Come

avvenga esattamente questo collegamento nessuno lo sa. Per farsi un’idea del processo, si può dire che all’inizio è come se illuminassimo con la torcia della nostra attenzione un certo settore dello spazio delle varianti e intercettassimo le informazioni lì presenti, ragion per cui ci sembra che i pensieri nascano nella nostra testa; in seguito, se

quest’illuminazione viene fatta durare per un tempo piuttosto lungo, succede che la forma-pensiero corrispondente si incarna nella realtà, si materializza. Un altro modello utilizzato nel Transurfing è quello dello specchio. La realtà che ci circonda è l’immagine speculare (se non proprio precisamente speculare, ad essa si avvicina molto) di ciò

che si trova nei nostri pensieri. E qui è tutto molto semplice: il compito di ciascuno è solo quello di formare quell’immagine che vuole vedere nello specchio. Se volete vedere una faccia felice, vi basterà sorridere; se volete che l’immagine riflessa vi venga incontro, vi basterà fare un passo in avanti. Tuttavia, la difficoltà sta nel fatto che gli uomini cadono facilmente prigionieri

dell’illusione speculare. Come incantati, senza staccare gli occhi, fissano lo specchio, cioè la realtà che li circonda. Ed esattamente come succede in sogno, si dimenticano di se stessi e della propria immagine di partenza, non si ricordano che dovrebbero seguirla e mantenerla consapevolmente nella forma desiderata. Sembrerebbe che non ci sia nulla di difficile in questo

processo, non è così? Basta distogliere l’attenzione dallo specchio, reindirizzarla verso l’immagine di partenza, formare l’immagine che si vuole vedere e poi osservare quello che succede nel riflesso. Ma no, l’uomo fa esattamente il contrario: di fronte alla “dura realtà” si spaventa, crede che sia veramente così e così sempre sarà, si fissa un

modello mentale e vive in questa realtà triste, senza avere la forza di distogliere lo sguardo dallo specchio e dirigerlo su di sé, sui suoi pensieri, e trovare lì un tasto da schiacciare per cambiare. Anche in questo caso si pone l’annosa questione: che cosa possiamo fare? La prima cosa da fare è mantenere la consapevolezza, fare in modo che lo specchio

non ci trascini nel suo incantesimo come in un sogno. In secondo luogo o c c o r r e guardare non lo specchio, ma se stessi. Solo se si osservano queste due condizioni, la realtà circostante, cioè lo strato del vostro mondo, comincerà a cedere, non da subito, ma a poco a poco. L’importante è tenere costantemente e fermamente nei propri pensieri l’immagine

desiderata, indipendentemente da quello che sta accadendo nella realtà. Comunque l’immagine riflessa, alla fin fine, si conformerà all’immagine di partenza. Non ha altra scelta! Di fatto, siete veramente in grado di creare per voi stessi il mondo che più vi piace. Quando la vostra attenzione, o consapevolmente e con perseveranza, o

involontariamente e con insistenza, è fissata su una certa immagine mentale, la realtà che vi sta intorno comincia a trasformarsi. Accadono cose strane. L’oggetto su cui concentrate la vostra attenzione comincia letteralmente a invadere il vostro mondo e a capitarvi sempre sotto gli occhi. Gli altri fenomeni del mondo, invece, non occupando più i vostri pensieri, finiscono per

scomparire da qualche parte, senza lasciar traccia. Come può succedere una cosa del genere? La realtà non è forse una per tutti? Non esattamente. È vero, la realtà è una sola, ma ognuno in questa realtà ha il s u o strato singolo, separato da quello degli altri. Non è la realtà generale a cambiare, ma la configurazione dello strato del mondo di ognuno. Al vostro fianco un’altra

persona può esistere in una realtà completamente diversa. È una cosa che può sembrare incredibile, ma è davvero così. Il mondo intero è molto eterogeneo e questa varietà basta per una moltitudine di possibili configurazioni per ogni singolo strato. Con i vostri pensieri vi costruite una versione unica e personalizzata del vostro mondo. Lì è incluso o escluso

ciò che è rispettivamente presente o assente nei vostri pensieri. Così, ad esempio, una donna che odia gli alcolisti, se li ritroverà sempre davanti nella sua realtà. Come sapete, ciò che vi dà fastidio è proprio ciò che possiede i vostri pensieri. Non solo, ma per soprammercato entra in gioco la polarizzazione creata dal potenziale superfluo. Succede così che i

fattori irritanti vengono attratti dallo strato del mondo di una persona come la limatura di ferro viene attratta da una calamita. Alla fine, se la donna del nostro esempio eccellerà nel suo odio nei confronti degli ubriaconi, questi ultimi finiranno col popolare totalmente lo strato del suo mondo, che si troverà invaso da una caterva di beoni

appiccicosi, barcollanti o stesi a terra. Beoni saranno tutti i suoi uomini e beoni diventeranno i suoi figli. Allo stesso modo, un uomo che nel profondo della sua anima è consapevole di essere lontano dalla perfezione e perciò cerca di convincere se stesso che tutte le donne sono delle puttane, o, nel migliore dei casi, delle stupide, incontrerà sempre donne di questo tipo. Le

donne “di lega superiore” vivranno ben lontano dal suo strato, giacché egli stesso ha fatto la sua scelta e l’ha annunciata al mondo. Vi sembra una storia fantastica? Niente affatto, questa è semplicemente la realtà speculare nella moltitudine infinita delle sue manifestazioni. Può darsi che lo scenario che ho disegnato sembri spaventoso per

qualcuno… comunque sia, non vale la pena di preoccuparsi. Si tratta solo del lato esterno, visibile, dello specchio duale. La realtà che si nasconde al nostro sguardo è molto più spaventosa. RIEPILOGO I pensieri non sono materiali, non sono nella testa, ma in uno spazio

metafisico. I pensieri sono come i canali televisivi. L’uomo non genera e non emette pensieri ma si collega ad essi come se fosse un bio-televisore. L’uomo è in grado di passare consapevolmente e deliberatamente da un canale a un altro, cioè di controllare il corso dei suoi pensieri. L’uomo non sfrutta questa sua abilità in toto a causa del fatto che si fa troppo appassionare dal “serial”

che va “in onda” nella realtà. La forma-pensiero è un “programma televisivo” fisso, cui la persona può connettersi e che può diffondere nel mondo circostante. Affinché una forma-pensiero si materializzi, occorre fissare su di essa la propria attenzione in modo sistematico e per un tempo piuttosto lungo. La realtà è una per tutti, ma ognuno ha il proprio strato separato di realtà.

Con i vostri pensieri costruite una versione unica e individuale del vostro mondo. In esso finisce o non finisce ciò che è presente o assente nei vostri pensieri.

NOTE A MARGINE L’errore principale dell’uomo consiste nel fatto che egli agisce nel ruolo di osservatore passivo: guarda incantato lo specchio della realtà senza essere in grado di

distogliere il suo sguardo. Come se fosse un biotelevisore, egli guarda le trasmissioni che gli vengono imposte dall’esterno. Perché avviene ciò, vi sarà definitivamente chiaro solo alla fine del libro. Per creare il proprio mondo, non si deve guardare lo schermo esterno (lo specchio), ma quello interno (se stessi). Non guardare i programmi televisivi altrui, ma trasmettere i propri.

L’inizio della trasformazione

E adesso una domanda: come dare al proprio strato la configurazione desiderata? È molto semplice. Prendete un foglietto di carta e scrivete le vostre forme-pensiero,

ovvero un ritratto sintetico del mondo che vi circonda e del vostro posto in esso, un testo di poche frasi che descriva come vi piacerebbe vedere tutto ciò. Ad esempio: «Mi prendo cura del mio mondo e il mio mondo si prende cura di me. Il mio mondo si prenderà sempre cura di tutto e sistemerà ogni cosa. Non ho motivo di preoccuparmi. Mi sta andando tutto bene. A

poco a poco il mio pianetino personale si sta trasformando in un angolo accogliente. Mi riesce tutto. Ho un aspetto meraviglioso, che migliora di giorno in giorno. Sono una personalità molto affascinante, emetto una luce interiore, la gente la percepisce e prova per me simpatia. Ho una salute di ferro, un forte potenziale energetico e un super intelletto. Posso facilmente

far fronte a tutti i problemi. E anche la Forza è con me, la Forza mi guida, per questo faccio tutto in modo geniale e brillante». E così via… potete personalizzare il testo a piacere, concretizzarlo, aggiungerci tutti i particolari che volete, espanderlo con i fini cui ambite e i risultati che volete raggiungere. Così creerete una sorta di file di

configurazione, del tipo config.sys, per il “sistema operativo” del vostro mondo. Scrivere proprio sulla carta, nero su bianco, questo tipo di configurazione del vostro mondo non sarà superfluo, se non altro perché vi aiuterà a sistematizzare e a ordinare i vostri pensieri. Forse non avete mai pensato di sedervi un attimo e riflettere specificatamente su come vi piacerebbe vedere la

realtà che vi circonda. Ebbene, fatelo, formulate la vostra visione personale. “Il file di configurazione” vi servirà per i primi tempi, fintantoché tutti i parametri registrati non si sono stampati in modo chiaro nella vostra mente. Però non appendete il foglietto al muro sotto gli occhi di tutti. Le vostre forme-pensiero sono una questione personale tra

voi e il vostro mondo, insieme al quale vi troverete a realizzarli. Vediamo ora che cosa si dovrà fare dopo. Primo. Ogni volta che guarderete il mondo (cioè guarderete nello specchio), dovrete farlo attraverso il prisma della configurazione che vi siete dati. In altre parole, prima dovete guardare voi stessi e solo dopo nello specchio.

Qualsiasi cosa stia succedendo lì dentro, dovrete fissare il raggio della vostra attenzione solo su ciò che vi soddisfa e vi piace, e, al tempo stesso, dovrete sforzarvi di allontanare questo raggio da quei fenomeni che vi irritano o vi disturbano. Che queste interferenze rimangano pure, per il momento, l’importante è che non ve ne occupiate, che voltiate ad esse le spalle.

Presto tutti questi residui verranno spazzati via dal vostro pianeta. In questo stesso modo potete filtrare le persone con cui vi trovate ad avere a che fare. Trattenete la vostra attenzione sulle persone belle e positive, sulle donne e gli uomini che vi interessano di più. Godetevi la loro compagnia, frequentateli, sorridete loro e assicuratevi

il piacere e l’emozione della loro compagnia. In quanto alle persone che non vi piacciono, sopportatele educatamente, tenendo gli occhi socchiusi e “dandovi in affitto” [vedi Lo spazio delle varianti, Macro Edizioni, Cesena, 2009; N.d.T.]. Se poi non avete una reale necessità di frequentarle, evitatele, tenetevene lontani, passate oltre, non lasciate indugiare il raggio della vostra

attenzione su di loro. A poco a poco il vostro mondo sarà pieno solo di persone per voi gradevoli, e, cosa sorprendente, lo sarà persino in quei luoghi dove difficilmente ci si può aspettare di contare sulla presenza di un pubblico piacevole. Le cose non sempre andranno lisce o così come si vorrebbe. Di tanto in tanto vi toccherà comunque fare i

conti con gli aspetti negativi della realtà. Ma voi continuate lo stesso, in modo tranquillo e metodico, a far passare tutte queste cose attraverso il filtro della vostra configurazione. Comunque sia, ostinatevi ad affermare a voi stessi che il mondo sa meglio di voi come provvedere alla vostra cura e che tutto sta andando nel migliore dei modi, perché il principio del coordinamento

dell’intenzione, se viene seguito, funziona immancabilmente. Secondo. Dichiarate le vostre forme-pensiero in ogni occasione possibile, soprattutto quando ad esse trovate conferma. Dedicate a quest’attività del tempo da ritagliare espressamente, e portatevi sempre dietro le vostre forme-pensiero, fate in modo che siano sempre presenti sullo sfondo, per

ripeterle il più spesso, come se fossero una preghiera. In questo modo, in primo luogo imparerete a controllare il corso dei vostri pensieri, e ciò equivale a controllare la realtà. In secondo luogo trasformerete la realtà che vi sta intorno, conformandola all’aspetto che vi serve. Letteralmente, ciò va inteso nel modo seguente: voi prendete “la pellicola”

che vi interessa, la inserite nel vostro proiettore e lì la fate girare in modo sistematico e continuo. Che i pensieri qualche volta partano pure per la tangente, che vi si incuneino pure dei quadri negativi, non importa! Non lottate con questi fenomeni ma occupatevi invece di ritornare ancora e ancora una volta sul vostro scenario prediletto. Risulterà così che un bel giorno

vedrete scorrere nella vostra realtà la stessa pellicola che avete fatto girare nel vostro proiettore virtuale. Non importa nemmeno come pronuncerete le vostre formepensiero, se ad alta voce o mentalmente. Le parole sono secondarie, sono solo uno spostamento d’aria. Hanno valore solo i pensieri, e per giunta solo quelli che vengono trasmessi sistematicamente e

costantemente. Se comincerete ad andarvene in giro, dalla mattina alla sera, come una telericevente ambulante a trasmettere uno stesso o alcuni programmi selezionati e fissati, lo strato del vostro mondo progressivamente arriverà ad assumere la configurazione prescelta. Ribadisco il concetto: le forme-pensiero devono

essere trasmesse sistematicamente. Si tratta di un lavoro reale, concreto, non di un vagabondaggio tra le nuvole. Ed è questo l’unico segreto che dovete conoscere, che segreto, poi, proprio non è. Non c’è infatti alcun mistero. Tutta la difficoltà sta nel fatto che il risultato non compare subito e che bisogna avere pazienza e tenacia nell’inviare all’Universo,

inflessibilmente, e pur anche alla cieca, come potrà sembrare in un primo momento, la propria, giusta configurazione. E bisognerà farlo nonostante là, per il momento, avvengano cose completamente diverse da quelle desiderate. Sarà ancora bene tener presente che i pensieri, quelli che vengono proiettati meccanicamente, in modo inconsapevole e sconsiderato,

non hanno un gran vigore. L’intenzione esterna viene innescata solo dai pensieri che provengono dal cuore, pronunciati con sentimento, nell’unità di anima e ragione. Una forza maggiore acquistano le forme-pensiero scritte. Non a caso si dice: «Ciò che è scritto con la penna, non si taglia con l’accetta» [equivalente del nostro verba volant, scripta

manent; N.d.T.]. Quando non solo riflettete su qualcosa ma in aggiunta lo dichiarate in forma scritta, l’anima e la ragione vengono attivati e tendono a raggiungere l’unità. Per questo motivo nella vita degli scrittori non di rado trovano realizzazione soggetti, eventi e persone di cui essi scrivono nei loro libri. Posso confermare questo fatto con la mia esperienza personale.

In una lettera, specialmente se composta con sentimento e indirizzata a una persona concreta, è contenuta la forza del pensiero al quadrato. Per questo bisogna tener presente che con i messaggi scritti si deve essere molto cauti. Oggigiorno in internet è facile scontrarsi con situazioni di questo tipo: qualcuno, nel tentativo di sfogare la propria bile, invia

a molti o a una persona una sua forma-pensiero oltraggiosa, sprezzante od ostile. Se frequentate gli spazi virtuali, vi sarete accorti che essi ospitano spesso gli interventi di personaggi desiderosi di colpire e umiliare qualcuno, di rovinare l’umore alla gente. Non è detto che si tratti di persone cattive, forse, anzi, al contrario. Spesso sono persone sole e

infelici che in forza del loro disagio cercano di autoaffermarsi a spese di qualcun’altro o di estendere le loro proiezioni sugli altri. Sembrerebbe che, se ci si scontra con una situazione che non piace, non ci sia niente di più facile che passare oltre e dirigersi in posti più gradevoli, alla ricerca di quello che possa far stare bene. In ogni caso, se qualcuno ha detto o creato

qualcosa, forse è perché serve a qualcun’altro, perché ce n’è un motivo, per non parlare poi del fatto che i lavori degli altri hanno lo stesso diritto di esistenza dei nostri, che noi vezzeggiamo. E invece no. Ci sono persone che non possono passare oltre quello che non aggrada loro, e che devono a tutti i costi “segnare il territorio”, contaminarlo, e solo dopo averlo fatto, soddisfatti di sé,

possono proseguire oltre. Guardo queste persone con un sentimento di estatico terrore, come si guardano gli autolesionisti. Questi individui non vengono minimamente sfiorati dal pensiero che i loro attacchi e le loro critiche, indirizzati agli altri, possano tornare loro indietro come un boomerang. Perché, infatti, come potrebbe essere diversamente? In una forma

o in un’altra, e probabilmente anche in misura maggiore, tutta la loro ostilità tornerà loro immancabilmente indietro. È come gettare l’immondizia controvento, con la sola differenza che il boomerang non torna indietro subito. Non solo, ma non sempre, quando ritorna, è delle dimensioni che aveva quando era stato inizialmente lanciato. Non vedendo i legami

causa-effetto, le persone non capiscono che pagare, cioè prendersi una bella botta sul naso, tocca comunque, perciò continuano, ignari, a versare spazzatura nel proprio pianeta. Per contro, è evidente che, dal punto di vista pratico, lanciare un boomerang negativo contro qualcuno è poco conveniente. Perché non lasciare in giro fiori al posto

di disseminare schifezze? Perché non inviare al mondo delle parole di solidarietà, partecipazione, gratitudine? Sebbene a volte si abbia una gran voglia di sfogare in qualche modo la propria bile, consiglio vivamente di evitarlo. È meglio non farlo, è meglio passare oltre questo tipo di ostacolo o addirittura riuscire a invertire intenzionalmente il proprio modo di rapportarsi alla

situazione, facendola diventare di segno opposto, da meno a più. Per quanto strano sembri, “riconfigurare” il proprio boomerang da negativo a positivo è molto semplice e si può fare in qualsiasi momento: basta svegliarsi, capire la situazione e volerla cambiare. Il messaggio di benevolenza sarà forte quanto lo sarebbe stato quello d’ira, mentre

maggiore sarà la soddisfazione che ne otterrà il mittente, sia all’istante dell’invio che in seguito. Perché anche i boomerang di amore e bontà ritornano indietro, eccome! RIEPILOGO Il file di configurazione compie una funzione importante: ordina e chiarisce i pensieri, i desideri e gli scopi.

Guardate al mondo attraverso il prisma della configurazione che vi siete dati. Fissate il raggio dell’attenzione sulle cose che vi soddisfano e vi piacciono, facendolo deviare da ciò che vi suscita irritazione e disturbo. Dichiarate le vostre formepensiero in ogni momento possibile, specialmente quando trovate conferma di esse. La pellicola che gira nel vostro proiettore virtuale è il

film che vedrete nella realtà. Le forme-pensiero vanno trasmesse sistematicamente. Le forme-pensiero scritte acquistano una forza aggiuntiva. Il principio del boomerang è il seguente: se non volete vedere nel riflesso ostilità, aggressività, critica, dissenso, non inviate al mondo le immagini corrispondenti.

NOTE A MARGINE

I l file di configurazione vi servirà inizialmente per mettere in ordine i vostri pensieri. In seguito, da una parte, con il raggio sottile della vostra intenzione dovrete filtrare solo il buono da tutto ciò che capiterà nello strato del vostro mondo; dall’altra parte dovrete trasmettere intenzionalmente nella realtà che vi circonda tutto ciò che ancora non avete, ma che vorreste vedere realizzato. Dovrete diventare al contempo riflettore e

proiettore. Sono i primi passi della vostra meravigliosa metamorfosi da ricevitore a trasmettitore. Vedrete che, facendo seguito alla vostra trasformazione, nella vostra realtà si produrranno cambiamenti qualitativi.

Posso fare tutto!

Dunque, abbiamo in mano quattro metodi grazie ai quali ci diventa possibile trasformare lo strato del nostro mondo: il file di configurazione, il raggio dell’attenzione, il proiettore e il boomerang. Vediamo,

con esempi concreti, come avviene la trasformazione. Esiste una spiegazione del fatto che da tre giorni di seguito incappo sempre in gatti? Prima è morta sotto ai miei occhi la gatta dei vicini; il giorno dopo, in un film visto al cinema (era la prima volta, quest’anno, che ci andavo) ho visto

un’altra gatta che moriva; dopo, nella mia terrazza (al quinto piano) è finito un gatto nero che ha miagolato tutta la notte. Insomma, ho cominciato a far caso a una serie di interrelazioni, anzi, di parole, oggetti, azioni che si ripetono, ma non capisco da che cosa possa dipendere tutto ciò.

È semplice: nello strato del suo mondo si accumula tutto quello su cui lei fissa la sua attenzione. Dapprima, come una ricevente, lei capta, dal flusso entrante di informazioni, un certo segnale; poi, se questo segnale è riuscito a occupare la sua attenzione, lei comincia a trasmetterlo, col risultato che il segnale, in base alla catena di retroazione, diventa sempre più

forte. «Sto cercando lavoro. Tutte le proposte che ho ricevuto provengono da grandi aziende occidentali (come voglio io), ma si tratta di compagnie di tabacco o di birrifici. Io non bevo, non fumo e ho deciso fermamente di non voler lavorare per queste aziende, sarebbe

contrario ai miei princìpi. Però continuo a ricevere offerte proprio da questo tipo di ditte. Quando i miei amici mi chiedono come va la mia ricerca di lavoro, rispondo che ricevo offerte solo dai “sigarettai” e dai “birrai”. Forse è per il fatto che lo ripeto a tutti, che attiro proprio questo tipo di

aziende?». I suoi pensieri sono invasi da quello che lei fortemente non accetta. Lei, infatti, non rifiuta semplicemente, ma continua a ripetere ostinatamente il suo rifiuto, e ciò significa che lei fissa su di esso l’attenzione e per questo riceve la realizzazione corrispondente nello specchio della realtà. Si può non bere e non fumare, ma

avere un rapporto tranquillo rispetto a quello che fanno gli altri. Perché non permettere agli altri di essere se stessi? «In quest’ultimo mese la cifra “222” mi capita sempre sotto gli occhi, in modo quasi intuitivo. Guardo, per esempio, il contachilometri, e vedo lì 3-4 cifre uguali (non solo due). Guardo

l’orologio e anche lì le cifre si ripetono in modo strano: 11-11, o 22-22, e questo succede molto spesso. Una volta non succedeva così, mentre negli ultimi mesi la cosa si ripete continuamente. Cosa possono stare a significare queste cifre?». Queste cifre non stanno a significare assolutamente

nulla. Nello strato del suo mondo prende il sopravvento quello che capita sotto il raggio della sua attenzione, specialmente se si tratta di fenomeni che la stupiscono o la irritano. Di esempi ne posso riportare un’infinità. Se lei prova disgusto per i vagabondi senzatetto, ne incontrerà continuamente sulla sua strada; se la irritano i vicini o dei compagni di viaggio, sarà costretto a fare i

conti con la loro presenza. Se poi le piace guardare le belle ragazze, avrà modo di vederne sempre di più. Se lei si arrabbia molto quando sbagliano a darle il resto o quando le danno della merce di bassa qualità, questi casi si rinnoveranno con maggior frequenza. Nel caso concreto lei si è fissato con le cifre. Tutto è cominciato dal momento in cui la sua attenzione è stata

catturata da una cifra simmetrica che le è capitata sotto gli occhi. I suoi pensieri, in un modo o in un altro, si riflettono nello specchio del mondo e si realizzano nella realtà che la circonda. Per questo, dopo un po’ di tempo, lei si imbatte di nuovo in una strana combinazione di cifre. Lei, a questa vista, si sorprende, e l’anima e la ragione nel frattempo si fondono in

un’armoniosa unione, se il sentimento è sufficientemente forte. Il risultato è che davanti allo specchio si delinea un’immagine netta e precisa. Poi il processo continua, con frequenza crescente. Quello su cui lei ha fissato la sua a t t e n z i o n e riempie letteralmente lo strato del suo mondo. La normale ragione umana fa gran fatica a credere che i

pensieri, in questo modo, siano in grado di formare la realtà circostante. Eppure si vorrebbe tanto scaricare la colpa sulla selettività della percezione, non è vero? Possibile che sia io, con i miei pensieri, a creare questi senzatetto, questi vicini e queste belle fanciulle? Ma no, tutto ciò esiste oggettivamente, però sono io che concentro in essi oltremisura la mia attenzione

e per questo, alla fin fine, mi capitano continuamente sotto gli occhi! Comunque non è tutto così semplice. La selettività della percezione ha effettivamente un certo ruolo, ma è solo metà dell’opera. Se lei fa bene attenzione, si accorgerà con stupore di un fenomeno molto strano: quando qualcosa cessa di toccarla sul vivo, questo qualcosa finisce per sparire dalla sua vita, e,

al contrario, basta che lei si “fissi” su qualche fenomeno perché esso cominci a perseguitarla senza tregua. Qui si capisce benissimo che la percezione non c’entra niente. Sperimenti un po’: smetta, per esempio, di prestare attenzione ai vagabondi. Vedrà che presto non se li troverà più tra i piedi. Dove mai saranno spariti? Oppure: se ha trovato con chi fare coppia fissa,

incontrerà sempre più di rado delle belle ragazze. Pensa che le belle ragazze siano diventate di meno? Oppure: finalmente, dopo anni di irritazione, si è rassegnato al fatto che le strade sono sporche. Si guarda in giro e scopre che le strade sono diventate all’improvviso più pulite. Perché? Questi fenomeni trovano spiegazione nel fatto che in ogni persona lo strato di

mondo ha una determinata autonomia, una sua “singolarità”. Tutti questi strati si sovrappongono e si intersecano, ma al contempo si muovono indipendentemente l’uno dall’altro nella direzione indicata dal raggio di attenzione del titolare dello strato. La realtà è una per tutti, come un tavolo, ma le carte disposte sopra il tavolo si mescolano. Non appena il

titolare dello strato fissa il raggio della sua attenzione su un determinato oggetto, il suo strato (carta) comincia a muoversi nella regione dove si trova, concentrata, una grande quantità di questo stesso oggetto. In realtà, non siamo noi a materializzare i personaggi e le cose su cui abbiamo concentrato i nostri pensieri, è lo strato del nostro mondo che “va” lì dove essi si trovano in gran quantità.

«Scrivo musica e testi in stile “rap”. Mi è successo spesso che gli eventi di cui ho scritto si siano poi verificati nella realtà, con me o con qualcun’altro. Sono stato sconvolto quando sono venuto a sapere dai notiziari di un caso che avevo descritto una o due settimane prima che accadesse. Il testo era una specie di

storytelling e l’avevo inventato di sana pianta, era un ritornello che descriveva una situazione inventata, che ben si adattava alla musica e al ritmo. Casi del genere si sono ripetuti più di una volta, per questo ora sono particolarmente cauto con le mie invenzioni. Ho anche capito perché cantanti tipo 50cents

sono riusciti a costruirsi un’intero patrimonio: ne parlavano molto prima di diventare famosi e ricchi. Ora starò molto più attento nella scelta dei temi e filtrerò sicuramente i miei testi». No comment. «Nel mondo avvengono catastrofi e cataclismi che coinvolgono masse

di persone. Se ho capito bene, quello che succede è il risultato dei nostri pensieri. Posso supporre che una persona abbia avuto il presentimento di una qualche disgrazia, ma non si può però affermare che tutte le persone in essa coinvolte abbiano avuto la stessa sensazione». L’opinione che tutti gli

eventi che succedono siano il risultato dei nostri pensieri non è un principio del Transurfing, ma piuttosto una posizione di “esoterismo puro”, cioè di metafisica elevata all’assoluto. E si tratta di un’opinione errata. Viviamo in un mondo duale, formato da una componente fisica e una metafisica, per questo dobbiamo considerare sia l’una che l’altra.

Nell’“equazione della realtà fisica” ci sono troppe variabili. Quando si produce una particolare congiunzione di circostanze, che sortisce, in risultato, una variante fatale, nella vita di ognuno, persino di una persona orientata molto positivamente, può succedere qualsiasi cosa. Come si può evitare un terremoto se si vive in una zona sismica? Si può pertanto parlare solo di

una correlazione dei pensieri c o n la probabilità della disgrazia. Inoltre, non si esiste da soli nel mondo. Gli strati di molte altre persone si intersecano nel tempo e nello spazio. Per questo non si può isolare totalmente lo strato del proprio mondo e organizzarlo in modo asettico, senza contaminazioni dall’esterno. Di contaminazioni esterne ce

ne saranno sempre, non è possibile evitarle. Ma per quanto riguarda le catastrofi e i cataclismi, se riuscirete a non prestare attenzione alle notizie che ne parlano, allora c ’ è un’alta probabilità che essi non entrino nel vostro mondo. «Se lo strato del mio mondo è formato in gran parte dai miei pensieri, significa che se, a

proposito di qualcosa, provo un desiderio troppo forte (fino a temere che esso non si realizzi), teoricamente non dovrebbe riuscirmi niente». Il nostro mondo non è strutturato in modo tanto primitivo da reagire come un dispositivo automatico secondo il principio o si realizza o non si realizza. La

realtà delle cose è costituita da miriadi di unità e zero, e il risultato è un sistema complesso in cui tutto è al contempo sia determinato che casuale. Sembrerebbe, a prima vista, che le casualità non dovrebbero esserci. Ogni effetto ha la sua causa. T u t t a v i a , in forza della complessità del sistema, di fatto osserviamo un comportamento della realtà non determinato ma

probabile. Noi stessi non siamo strutturati in modo semplice. Non abbiamo in testa una lampadina che si accende o si spegne a seconda dei casi. La nostra psiche è molto più complessa. E la nostra interrelazione con la realtà è ancora più complessa. Per questo, quando si fanno supposizioni su “cosa succederebbe se...”, si parla non di leggi assolute e rigidi

algoritmi, ma di tendenze e probabilità. Non avete prestato attenzione al fatto che nel Transurfing non ci sono leggi ma solo princìpi? Per esempio, quanto più forte è il desiderio (misto alla paura di non vederlo realizzato), tanto minore è la probabilità di ottenere l’oggetto desiderato. Ma non è detto da nessuna parte che non otterrete nulla se avrete un po’ di paura di non

ottenerlo. O, al contrario, se avrete “un seme di senape di fede” potrete ribaltare le montagne. Ma, di nuovo, nessuno vi dice quanta di questa fede sia necessaria per ottenere il risultato. “Il seme di senape”, qui, è ovviamente una metafora. Dunque, non c’è nulla di assoluto. E per fortuna! Perché se ogni desiderio od ogni minimo timore si realizzassero, nel mondo

regnerebbe il caos. «Da ogni fronte ricevo notizie su cataclismi incombenti e mi preparo ad affrontare queste avversità. Mi sento una specie di stalker1, vado in giro per le strade e mi sembra di trovarmi in un altro mondo. Intorno a me tutto gira, vedo un mondo rotante dove viene venduta ogni sorta

di merce, cose brutte, che non servono a nessuno. Odori e suoni non naturali… I problemi della gente sembrano inesistenti… la civiltà si sta contraendo in una matrix? Non è di conforto tutto ciò». Uno “stalker” deve guardare a tutte queste manifestazioni della matrix

in modo compassato. Che esistano pure. Comunque sia non si è in grado di “vincerle”. Al contrario, con questo tipo di rapporto si rischia solo di portar dentro il proprio mondo del ciarpame inutile. Non conviene esprimere dissenso rispetto a quello che non piace e manifestare attivamente la propria insoddisfazione o, ancor peggio, entrare in conflitto

con i pendoli. Ciò verso cui una persona prova ostilità di solito occupa interamente i suoi pensieri e, di conseguenza, riempie in abbondanza il suo strato di mondo. Al contrario, bisogna accettare ciò che suscita irritazione (nell’ottica di pensiero: “Ne prendo atto”), farselo passare oltre e lasciarlo andare, facendo con la mano un segno di saluto.

Quando voi per primi vi sarete lasciati alle spalle questi fenomeni, essi stessi poi vi lasceranno. «Ecco qual è il mio problema. Per le mie idee politiche mi schiero con gli occidentalisti, i liberali, i democratici, e quello che sta ora succedendo in Russia (movimento verso un sistema totalitario) è

per me uguale alla peste. Come vivere? Non è possibile cancellare totalmente la politica dalla vita. Cerco di ignorare le notizie su catastrofi, assassinii e altro, ma non è possibile schermarsi dall’ondata di negatività che si riversa da internet e dai mass media. Quando vedo la foto “delle personalità eminenti”

del nostro Paese, non posso fare a meno di provare irritazione. Come fare? Mi sembra che quest’irritazione quotidiana azzeri tutti i miei sforzi di applicazione del Transurfing». Lei sbaglia quando collega la società in cui vive al benessere dello strato del suo mondo. A prima vista potrà

sembrare strano, ma di fatto qui non c’è assolutamente alcun legame. Lei può essere felice o infelice in uno stato qualsiasi, che sia totalitario o democratico. Tanto più che la differenza tra il primo e il secondo, di fatto, è prettamente decorativa. Lei è in grado di recitare ogni tipo di spettacolo sullo sfondo di qualsivoglia decorazione. Quando se ne renderà conto, la politica cesserà di

preoccuparla. «Vorrei porre una domanda a proposito dell’intenzione maligna. Lei ha scritto che inviare messaggi all’insegna di questo tipo di intenzione porta a risultati negativi per colui che li ha inviati. Vorrei sapere perché è così. Infatti, se io ho una ferma intenzione che,

facendo così, non ne verrò danneggiato, così dovrebbe essere! Quale forza entra in atto se alla fine le cose vanno diversamente? La forza della giustizia cosmica, che punisce il malfattore!? Ma lei ha detto che il karma non esiste! Del resto, esiste pure la magia nera, i cui adepti sanno benissimo cosa fanno e non temono

alcuna punizione!». Il karma non esiste per lei, se esso non esiste nel suo “file di configurazione”. Il karma è una cosa soggettiva, come il destino. Per chi si è rassegnato al fatto che il destino è già stato scritto, così sarà senz’altro. Per chi invece ha preso la gestione del destino nelle sue mani, il destino sarà gestibile.

Tuttavia esiste la legge oggettiva del boomerang: se inviate a qualcuno un messaggio negativo, esso vi ritornerà indietro, in un modo o nell’altro, in una forma o in un’altra. Il mondo, infatti, è uno specchio: “Riporta l’eco di chi ha gridato”. Con i maghi neri la situazione è diversa. Essi agiscono non direttamente, ma attraverso la mediazione dei loro pendoli, ed è per

questo che il boomerang non ritorna loro indietro. Pertanto, se lei vuole danneggiare qualcuno, deve saper usare il pendolo adeguato, oppure non occuparsi proprio di cose del genere. Non le conviene. «Per alcuni anni ho studiato in centri diversi per lo sviluppo spirituale, ma, dopo un po’ di tempo, ho

cominciato a notare che, nonostante tutta l’efficacia dei metodi, essi non mi avevano avvicinato al mio fine principale: il raggiungimento di un’esistenza serena, senza problemi. Ne risultava una sorta di “scalpitio con saltelli sul posto”. Un risultato che non mi soddisfaceva, e ciò

sebbene gli effetti di sette anni di “saltelli sul posto” fossero del tutto impressionanti: potevo, per esempio, gestire il tempo atmosferico, interrompere la pioggia, materializzare appezzamenti di terra, macchine, eccetera. Nonostante queste continue ondate di fortuna, un’esistenza serena, però, non si

realizzava. Ogni successo veniva seguito da una sconfitta». Per portare lo strato del proprio mondo a uno stato stabile di serenità è necessario praticare sistematicamente, con costanza invariante, il principio di coordinazione dell’intenzione e la tecnica dell’amalgama, descritti nei libri della serie Transerfing

real’nosti [Reality Transurfing; N.d.T.] . Tutto il segreto sta nella costanza. Lo specchio funziona con un certo ritardo, per questo una realtà stabile viene creata non dagli sforzi estemporanei, ma dalle abitudini fisse e dal modo di pensare. L’amalgama e la coordinazione devono diventare un’abitudine. Questa è la condizione necessaria e sufficiente per

scivolare ininterrottamente sull’onda della fortuna. È tutto semplice: ci vogliono costanza e coerenza nei pensieri e nelle azioni. Invece le persone, per abitudine, agiscono in modo poco coerente, si accendono facilmente per un progetto ma altrettanto facilmente si raffreddano, e per questo vedono prodursi, nella loro vita, un’alternanza di strisce nere, interrotte qua e là da

“saltelli” estemporanei. «Ho perduto il mio stato di integrità e gioia interiore. Cerco di ricordare com’era, cerco di riviverne la sensazione, ma è tutto inutile. Nella mia testa fluttuano tanti pensieri, si intrecciano tra di loro, senza però portare a un’idea compiuta. Non sono presa dal panico,

tuttavia questo stato di cose non mi piace affatto. Che cosa si può intraprendere in una situazione del genere? So cosa voglio: sicurezza, benessere interiore e gioia». Quello che le serve è raddrizzare la sua realtà, cioè portare lo strato del suo mondo fuori dalla nebulosità che lo sta avvolgendo,

portarlo fino a una zona pulita dello spazio delle varianti. Come fare? C’è una ricetta semplicissima, come tutte le cose geniali. Quando un bambino piange, come lo si può calmare? Le persuasioni non servono a nulla. Al bambino bisogna star dietro, dimostrare premure, partecipazione, attenzione. Quindi, quando lei si sente male, è il bambino dentro di lei che

piange. Si occupi di lui. Anche se molti di noi sembrano persone forti, affermate, serie eccetera, tutti noi, in sostanza, rimaniamo dei bambini. Se lo ricordi. “Porti se stessa a fare un giro in giostra”, cioè a dire, faccia quello che più le piace. Si prenda, per il raddrizzamento della realtà, una pausa, un “time-out” che le serva solo per riposare, senza pensare ai problemi.

Dica a lei stessa: “Oggi io e il mio mondo andiamo a farci una passeggiata!”. È una pausa importante, che serve al mondo per depurarsi. Da questo “time-out” dipende molto. Si compri il suo cibo preferito: “Mangia queste cose buone, mio tesoro, rimettiti in salute”. Questo lei deve dirsi. Dedichi un giorno intero a se stessa, a quello che più le fa piacere. Abbia cura di se stessa, si

metta a letto: “Dormi, mio tesoro, e non pensare a nulla. Il tuo mondo si occuperà di tutto”. Dopo un po’ di tempo lei si accorgerà che la realtà che la circonda comincerà ad acquistare sfumature via via più calde, accoglienti: il suo mondo sta uscendo dalla nebulosità. A questo punto cerchi di fare degli sforzi a f f i n c h é il principio di coordinazione

dell’intenzione, e, accanto ad esso, le tecniche di trasformazione della realtà, ovvero la configurazione, il raggio dell’attenzione, il proiettore e il boomerang, diventino un’abitudine, l’immagine dei suoi pensieri e della percezione del mondo. E arriverà il giorno che le farà dire: io posso tutto.

RIEPILOGO Nello strato del vostro mondo si accumulano i fenomeni su cui fissate la vostra attenzione. I vostri pensieri possono essere invasi da ciò che fortemente non accettate. Quando qualcosa cessa di toccarvi sul vivo, sparirà dalla vostra vita. Al contrario, non appena vi fissate su qualcosa, questo qualcosa comincerà a perseguitarvi senza tregua. Lo strato del mondo di una persona si muove lì dove

viene attratto il raggio della sua attenzione. Siete in grado di recitare spettacoli di ogni tipo, con decorazioni di ogni tipo. D’altra parte, non tutto viene definito solo dai vostri pensieri, poiché il mondo è duale e anche perché gli strati di persone diverse si possono intersecare. In forza della complessità del sistema, osserviamo un comportamento della realtà non determinato ma probabilistico. La realtà stabile viene

creata non da sforzi una tantum, ma da abitudini e modi di pensare radicati.

NOTE A MARGINE Più avanti, su esempi concreti, studieremo le domande che sorgono spontaneamente durante il processo di creazione del proprio mondo.

Le diapositive degli innamorati

«Si può inserire una persona concreta nella diapositiva del fine?». Sistemando lo strato del vostro mondo con i metodi

del Transurfing, finirete per materializzare dallo spazio delle varianti tutto quello che avete intenzione di ottenere. È come se andaste in un negozio e vi portaste a casa le cose che vi servono e che avete comprato in questo negozio. Lo spazio delle varianti contiene veramente tutti i beni che si possono materializzare: case, automobili, yacht, una carriera di successo, eccetera.

È un cliché che conserva tutti gli scenari e le decorazioni possibili. Ma esiste qualcosa che lì non si possa trovare? Sì. Lì non c’è il vostro amore e nemmeno il vostro odio, non c’è il benessere interiore e nemmeno l’oppressione, non c’è la gioia e non c’è la tristezza. Capite che cosa non si può trovare lì? Lì non c’è la vostra anima. E sapete qual è la differenza tra le persone reali e i personaggi

dello spazio delle varianti, con cui vi incontrate durante il sonno? La differenza sta nel fatto che quei personaggi, a differenza delle persone vere, non hanno né anima né autocoscienza. Sono semplicemente dei modelli, dei manichini, dei programmi pseudo-viventi. Se in un sogno lucido provaste a far loro delle domande del tipo: “Ma voi sapete che io dormo e vi sto

sognando?”, non sentireste in risposta nulla di più di una stupida risata, perché essi non sono in grado di comprendere il senso di queste domande. I personaggi dei sogni agiscono in base a uno scenario dato, come gli eroi dei videogame o dei film. Loro si comportano secondo quanto previsto dal copione della pellicola che voi state guardando in un certo momento. Ovviamente,

di pellicole con scenari diversi ce n’è una quantità infinita. Per questo il comportamento dei personaggi può cambiare plasticamente, a seconda delle aspettative della ragione, che interviene sia nel ruolo di spettatore che nel ruolo di cine-meccanico (generatore di idee). La ragione, quando vede un film, con le sue aspettative e le sue idee apporta dei

correttivi immediati allo scenario, e per questo la pellicola cinematografica cambia all’istante. Ne risulta che si crea l’illusione che l’uomo non guardi il sogno ma lo viva come una vita reale. Ma si tratta comunque di un’illusione. Tutto quello che avviene lì non è realtà, anche se al contempo esiste in modo reale e oggettivo (analogamente, il cinema è un’illusione, mentre la

pellicola inserita nel proiettore è una realtà). Anche i personaggi che sono lì non sono vivi, ma sono dei modelli inanimati. Cosa succede quando inserite una persona concreta nella vostra diapositiva? Illuminate con il raggio dell’attenzione la pellicola dello spazio delle varianti con il modello della persona che vi interessa. Ma che senso ha? Nello spazio delle

varianti non c’è la persona viva. È come se guardaste un film e pensaste di essere in contatto diretto e reale con l’eroe del film. La stessa cosa succede quando si evocano “gli spiriti dei morti”. I partecipanti alle sedute spiritiche credono ingenuamente di entrare in contatto con “i morti”, cioè con persone morte da tempo e ora viventi nell’aldilà. Di fatto, “gli esseri” con cui essi

entrano in contatto non sono mai nati e non sono mai morti. Sono gli stessi personaggi dei sogni, calchi, copie, pellicole cinematografiche, che vivevano e vivono archiviati sugli scaffali dello spazio delle varianti. Mentre gli originali, le vere anime dei morti, o si sono già reincarnate in altri corpi fisici, o fluttuano nelle sfere cui solo Dio può accedere.

In linea di principio ci si può proiettare in testa una diapositiva in cui ci si vede insieme alla persona desiderata, innamorati. Anche questo è uno scenario e, di conseguenza, esiste come gli altri nello spazio delle varianti, lo si può teoricamente trasportare dal mondo metafisico a quello fisico, cioè materializzare. Ma ribadisco: un’altra persona non è un oggetto

passivo ma un essere vivo, che realizza attivamente la sua intenzione. Può darsi che qualcosa vi riesca con la diapositiva, ma si tratterà di una soluzione poco efficace, perché una persona viva non sta ferma e impassibile nello spazio delle varianti ma si muove sempre da qualche parte. Mentre siete a visualizzarla nella vostra diapositiva, la persona oggetto del vostro interesse

potrebbe trovarsi velocemente un partner più “terrestre”. Più in generale, esercitare pressioni sulle persone è in contraddizione con i princìpi del Transurfing. Nel negozio potete scegliervi la merce che più vi aggrada, ma se provate a prendere qualcuno per il gomito e a portarlo dove volete voi, cosa succederebbe? Ecco dove sta il problema. Magari a questa

persona non servono affatto le sdolcinatezze e le coccole che cercate potenzialmente di imporgli nel vostro film amoroso. Non so quali meccanismi agiscano, ma probabilmente l’anima della persona, oggetto di una diapositiva sentimentale, sente quest’invasione. E se non dovesse piacerle, la persona può provare una ripugnanza

inconscia nei confronti di chi l’ha inserita nella sua diapositiva. È questo ciò che volete? Probabilmente no. Ne consegue che è meglio non sperimentare con la metafisica ed è invece più efficace cercare di costruire un rapporto diretto, magari utilizzando la tecnica del Freiling. I rapporti interpersonali rappresentano il caso in cui bisogna interagire con una persona

viva, e non volare tra le nuvole e i sogni. E se per il momento non avete nessuno in vista, utilizzate la diapositiva con un ideale, una personalità astratta. Allora arriverà il momento in cui incontrerete una persona molto vicina ai vostri desideri. «E se mi immagino una persona felice (dopo una dose di “prelibatezza

energetica”), perché in questo caso non ci sarebbe alcuna violazione? Lei ha scritto che una visualizzazione benevola è un regalo a livello mentale. Nel mio caso concreto, l’oggetto del mio interesse è una ragazza. Cerco di immaginare come le dono il mio amore, senza aspettarmi nulla

in cambio. Ma se non è consigliabile visualizzare una persona concreta, perché invece si possono fare dei regali energetici? Anche questa è una rappresentazione della persona in una situazione insolita?». Lei scrive che dona il suo amore! Ma è sicuro che

questa ragazza abbia bisogno del suo amore? Forse che nella tecnica del regalo energetico è detto che lei debba portare piacere a una persona? No. Nella tecnica si afferma che bisogna immaginare la persona in una situazione in cui è soddisfatta e sta bene: mentre corre in bicicletta, mentre è seduta con un boccale di birra, mentre sta giocando a calcio eccetera. La sua presenza in

questo scenario è assolutamente supeflua. Nel libro si dice anche che bisognerebbe capire quale tipo di regalo fare alla persona, oggetto di interesse. E a questo fine sarebbe opportuno provare, verso la persona, un interesse autentico: in quale situazione può sentirsi a suo agio, che cosa le può mancare? E non si tratta di una diapositiva fine a se stessa, ma di un

regalo energetico. La persona così “beneficata” prova piacere a essere vicino a lei perché l’emissione energetica che proviene da lei contiene quello che manca alla persona stessa. Bisogna leggere i libri con più attenzione. Proprio leggerli, almeno la prima volta, e non ascoltarli. Ascoltandoli si trascura molto. E occorre leggere proprio il libro, non il testo

elettronico. Il libro è una sostanza viva. Quando comunicate col libro direttamente, il libro vi aiuta. È un fatto verificato. «In che modo operare nel caso in cui il fine è rappresentato da una persona, un potenziale partner sentimentale? È un mio fine trovare una persona che soddisfi pienamente le mie

esigenze di amore corrisposto. Non faccio fatica a visualizzare al punto giusto l’immagine del mio fine, ma la mia visualizzazione si protrae da tempo senza evidenti segni o indizi che possano indicare qualche cambiamento di situazione. A dire la verità, vivo della visualizzazione della mia diapositiva del fine

già da più di una decina di anni». Le cause di questo posso essere due. Prima causa: una visualizzazione a vuoto. La diapositiva deve reggersi sulla “pellicola” dell’intenzione. Lei dovrebbe non solo immaginarsi nei pensieri le scene della realizzazione dei desideri, ma proprio aver intenzione di ottenere il risultato, e,

ovviamente, muoversi in direzione del fine. Seconda causa: lei passa oltre le porte che si stanno aprendo, come se i suoi occhi e le sue orecchie fossero chiusi. Se, in qualche misura, si producono queste due cause, la situazione assomiglia alla scena seguente: mi sono addentrato nel bosco per andare a funghi. Ho vagato per il bosco e mi sono immaginato di averne

raccolto un cesto pieno, di averli cucinati e mangiati. La diapositiva è ideale, sotto tutti i punti di vista. Manca solo una cosa: tutti i miei pensieri e le mie azioni sono occupati solo dalla visualizzazione: sogno, guardando le cime degli alberi, senza nemmeno fare attenzione a dove cammino. Magari ho anche lasciato il cestino a casa, o addirittura “ho raccolto i funghi”

standomene disteso sul divano. I funghi da soli non saltano sul divano, bisogna comunque andare nel bosco a raccoglierli. «Non riesco in alcun modo ad accettarmi. Ad accettarmi e ad amarmi. Per far ciò mi pongo sempre delle condizioni; per esempio, mi dico: se fossi bella, allora sì che mi amerei, eccetera

eccetera… Nel profondo dell’anima mi rendo conto che si tratta di assurde convenzionalità. D’altra parte, ho dei seri difetti fisici: una cicatrice sulle labbra, un naso irregolare… a parte questo sono una ragazza carina, però questi difetti rovinano tutto. Ovvero, non i difetti di per sé, ma il mio modo di

rapportarmi ad essi. Quando ero piccola, ero sicura che, a causa del mio aspetto, sarei rimasta sola. Invece a 20 anni mi sono sposata e ho avuto una bambina. Ma nonostante questo ho sempre sentito di star facendo qualcosa di sbagliato. Mio marito era una brava persona, buono, premuroso, affezionato a me e a

nostra figlia. Pensavo di amarlo. Però… per quanto ricordo, durante tutti gli anni di matrimonio mi sentivo infelice. Piangevo sempre senza motivo. Non potevo spiegare le cause delle mie lacrime, sentivo solo che la mia anima piangeva amaramente, come fa un bambino. Un giorno un amico di

famiglia ci ha portato l’audiolibro sul Transurfing. Mi sono interessata subito all’argomento, ho cominciato a proiettarmi la diapositiva del mio fine. E ha funzionato! Ma così come ho fatto io, forse non si doveva fare, perché io mi immaginavo felice, amata e piena di amore,

però non verso mio marito, ma verso un’altra persona. Da allora è andato tutto storto. Mio marito ha avvertito qualcosa e se n’è andato. A essere onesti, sono anche contenta che se ne sia andato. Mi sono tolta un peso dall’anima, però… lui è mio marito e so che ancora adesso mi ama e soffre, e non può

perdonarmi. Via internet ho conosciuto un uomo. Ci siamo scritti per un po’, poi lui è venuto a trovarmi. Mi è piaciuto molto, mi ha veramente colpito. Ma lui forse non provava nulla di simile e, insomma, non ne è venuto fuori niente. Quando è partito, mi ha detto che avremmo potuto continuare a scriverci, ma non l’ha

fatto. Evita i contatti con me. Una volta che mi ha risposto, mi ha detto che potevamo scriverci ma sarebbe stato meglio farlo dopo, sarebbe stato meglio aspettare. Ma quanto aspettare? Non voglio perdere quest’uomo, voglio che ritorni da me. Tanto più che non mi ha detto apertamente “no”. Ecco, ora, come

diapositiva del fine, immagino lui e me stessa come coppia ideale. Si può fare così?». Bisogna assimilare bene una semplice verità. In primo luogo: se la sua metà se n’è andata via, significa che non è la sua metà. Ci pensi un po’: forse che la sua metà può lasciarla? È un’assurdità. Ma le persone, purtroppo

per loro, di solito non comprendono questa semplice verità. Secondo: se una persona se n’è andata, non si può farla tornare indietro. Chi pensa diversamente si sbaglia di grosso. E anche qui la situazione è semplice. Non c’è alcun “orto psicologico” da recintare. Se anche a volte qualcuno riesce a far tornare la persona amata, non ne viene fuori nulla di buono.

Ma questo è già un altro tema su cui torneremo dopo. Di fatto, lei non ha niente da far ritornare, perché non c’è niente che lei abbia perduto. Non ha senso nutrirsi di illusioni e perdere in questo modo insensato il tempo della propria vita. Questo tempo non è poi così tanto. Lei si nutre della speranza che «lui non ha detto “no” apertamente». Ma non tutti possono dire direttamente e

apertamente “no”, e non sempre. C’è anche gente che non sa nemmeno dire “no” in generale. Non solo, ma sarebbe bene sapere che, se per una donna la situazione «io non ho detto “sì” e tu non hai detto “no”» indica piuttosto una promettente indeterminazione nei pensieri di lei, per un uomo questa stessa situazione indica un rifiuto inequivocabile. La mentalità maschile, a questo

riguardo, è assolutamente inequivocabile, direi addirittura fondata sul principio “nero-bianco”. Si può visualizzare una persona concreta solo nel caso in cui non ci sia altra possibilità di scelta. Ma a lei non lo consiglio, perché lei non ha incontrato la sua metà. Quando incontrerà il suo uomo, non avrà bisogno di lottare per conquistarlo: lui verrà da solo ai suoi piedi.

Mentre invece, con la persona che lei ha in mente, con tutta probabilità avrebbe solo sofferenze. Quindi non c’è motivo per soffrire ora. Utilizzi la tecnica dell’amalgama e della coordinazione dell’intenzione. Quanto ai difetti fisici, sono una sciocchezza! Al contrario, difetti simili, che esulano dagli standard

estetici, aumentano solo l’interesse. Lei crede che gli uomini cadano ai piedi solo delle donne con l’aspetto da bambole? Scemenze. Da questo punto di vista lei può stare tranquilla e accettarsi come un neonato, così com’è. E allora le persone che la circondano la accetteranno di conseguenza, automaticamente. Il mondo circostante è solo uno specchio.

«Forse lei ha ragione. Ma come devo intendere “avrebbe con lui solo delle sofferenze?”. Lei vuol dire che, se riuscirò in qualche modo ad attrarlo di nuovo nella mia vita, non sarò comunque felice con lui?». Il fatto è che se la porta è quella Sua, essa la accoglierà con piacere, tutto andrà per il

verso giusto e senza intralcio. Se invece fin dall’inizio c’è qualcosa che non va, oppure la porta, che all’inizio si era aperta, si richiude bruscamente davanti al naso, significa che la porta era di altri. In porte di questo tipo ci si può anche insinuare, ma di solito non ne viene fuori niente di buono. Per questo credo che lei non abbia assolutamente nulla di cui rammaricarsi.

La stessa cosa vale per la sua metà. Finora non le è riuscito di incontrare la Sua. È un problema che ha la maggior parte della gente. Non è la sola in una situazione del genere. Trovare il Proprio fine e la Propria metà sono i due compiti più difficili che ci si trova ad affrontare nella vita. Tutto il resto è banale in confronto. È proprio dell’anima innamorarsi e

appassionarsi, e spesso le sembra di aver trovato “il suo”. Ma poi emerge che si trattava di una passione passeggera. Non bisogna scoraggiarsi, ma continuare a cercare. Se l’intenzione c’è, tutto andrà bene. «Evidentemente, visualizzare una persona è come invadere la sua realtà, il suo mondo interiore, è così? Però vorrei lo stesso

sapere quali sono le conseguenze nel caso in cui continuassi a rappresentare l’uomo che desidero nella mia diapositiva del fine… Cosa può succedere? Devo sapere a cosa vado incontro e capire se devo ritenermi responsabile di questo». Non porta a nulla di grave e lei non dovrà sentirsi responsabile di nulla, se solo non si farà prendere dal senso

di colpa. La responsabilità morale grava sulle spalle di coloro che hanno deciso di ricorrere ai servizi dei maghi allo scopo di stregare e incatenare a sé qualcuno. Sono tecniche sporche. Una persona normale non ha accesso diretto alla coscienza di un’altra persona. I pendoli, invece, ce l’hanno. Un mago si assicura l’accesso attraverso la mediazione di un pendolo. Se il fine viene

raggiunto, il committente ottiene “un amore-zombie”. Ovviamente, questo tipo artificiale di felicità prima o poi si tramuta in disgrazia. L’unica cosa che si può ottenere con una diapositiva è di attirare una persona nello strato del proprio mondo. Può darsi che si producano situazioni più frequenti di incontro e quindi è possibile che si offra un’occasione di contatto diretto. Ma “far

innamorare” di sé una determinata persona con l’aiuto di una diapositiva non le riuscirà. Mentre invece è molto probabile che si possa ottenere l’effetto opposto, se, come ho già detto, l’anima della persona che lei desidera si accorge di essere visualizzata e se questo non le dovesse piacere. Ed è quasi sicuro che non le piaccia. Provi a immaginare di venire, volgarmente

parlando, “posseduta” da qualcuno mentre lei si trova in uno stato di incoscienza. D’altra parte, se proprio ci tiene tanto ad attirare questa persona concreta nella sua vita e non c’è altro modo di farlo, può anche arrischiarsi di visualizzarla. Ma allora lo dovrà fare, come lei forse capirà da sola, in modo sincero e con grande tatto. Cioè senza osare di permettersi virtualmente

quello che non si permetterebbe nella realtà. RIEPILOGO Visualizzare una persona concreta è sconsigliabile perché non è efficace e può produrre l’effetto contrario. Visualizzare una persona concreta si può solo nel caso in cui non ci sia altra via di uscita. L’unica cosa che si può ottenere, visualizzando una determinata persona nella

propria diapositiva, è di attrarre questa persona nello strato del proprio mondo. Bisogna non solo rappresentarsi nei pensieri le scene relative alla realizzazione dei propri desideri, ma anche avere l’intenzione di ottenere il risultato desiderato, e inoltre muovere i piedi in direzione del fine.

NOTE A MARGINE I

rapporti

interpersonali

rappresentano il caso in cui bisogna comunicare con delle persone vive. Utilizzate, a questo scopo, il Freiling [vedi i libri Transerfing real’nosti I-V (Reality Transurfing I-V)].

L’idrodinamica dell’intenzione

«Se in me si è già formata “l’intenzione di avere”, devo praticare lo stesso la visualizzazione?».

Quando lei avrà l’intenzione di avere, la necessità di porre domande del genere cadrà da sola, perché allora lei avrà già ottenuto tutto quello che era sua intenzione avere. Ma siccome lei chiede, vuol dire che dovrà ancora lavorare in questa direzione. Se l’intenzione di avere è pura, senza aggiunte di dubbio e timore, il Portiere dell’Eternità la farà accedere

al supermercato dello spazio delle varianti, e lei qui, senza problemi, si prenderà il Suo. Ricordiamo l’esempio classico con il chiosco dei giornali. Lei non ha certo il dubbio di non trovarci il suo giornale del mattino (risolutezza ad avere). Va tranquillamente al chiosco e lì se lo compra (risolutezza ad agire). Quando sono presenti, in forma pura, la risolutezza ad avere e quella

ad agire, lei otterrà incondizionatamente quello che vuole. Vuole camminare sull’acqua? Nessun problema! Se invece esistono comunque delle briciole di dubbio o di timore, toccherà lavorare con la diapositiva del fine, non c’è nient’altro da fare. Il lavoro consiste nello sviluppare l’intenzione con la fede, così come si fa con

una pompa idraulica: magari solo per un po’, ma in modo regolare e mirato. Il risultato di queste azioni sistematiche è che si viene ad accumulare una forza enorme e si viene inoltre a estendere la zona di benessere, in modo tale che nella realtà circostante avvengono delle trasformazioni evidenti. Dal settore dello spazio metafisico, che voi insistete a

illuminare con la vostra attenzione, allo strato fisico del vostro mondo, viene pompato, letteralmente sotto pressione, tutto quello che prima non c’era e non poteva nemmeno esserci. Ecco come funziona “l’idrodinamica” della vostra intenzione. E per rafforzare ulteriormente la fede riporterò, nel corso della mia esposizione, i riscontri dei lettori. Si tratta di interventi che parlano da soli.

«Mi sento come Neo del film Matrix, quando all’improvviso si rende conto che tutto è un’illusione. Il Transurfing mi ha pienamente confermato nella comprensione di una cosa così semplice qual è il concetto che il mondo è nulla. Perciò guardo al mondo senza timore e con gioia, come facevo da bambina. A

volte, a dire il vero, mi dimentico di questo e comincio a farmi prendere da un’inutile agitazione, ma riesco presto a sbarazzarmi di dosso quest’allucinazione. Lei mi ha davvero fatto scoprire la libertà, e con la libertà posso fare quello che voglio. Per esempio impormi delle regole mie e vivere in

base ad esse, senza dimenticare che sono stata io a crearle. Posso anche prendermi tutto quello che voglio, posso riempirmi la vita di quello che mi piace. È una sensazione magica, come quella che, come adesso ho capito, vivevo nell’infanzia». A dire il vero il mondo non è del tutto illusorio. Esso è

formato da due componenti: una materiale e una non materiale. Di questo è meglio non dimenticarsi. Ma una delle meravigliose proprietà di questa dualità è il fatto che siamo in grado di trasportare nel nostro mondo fisico le cose che si trovano in quello metafisico. Lo spazio delle varianti, a differenza di un archivio di informazioni, sottintende la possibilità di realizzazione dell’una o

dell’altra variante di eventi. Potete non solo prendere un disco dallo scaffale e guardarlo, ma anche attivare la vostra trasmissione, far sì che la vostra pellicola giri nella realtà. «Ho assimilato il Transurfing immediatamente, come se fosse una parte della mia vita. I risultati non hanno tardato a farsi

vedere, ma si trattava di piccolezze. Quando mi serviva una macchina, l’ho avuta senza problemi; quando dovevo trovare un alloggio più spazioso, l’ho trovato, non solo, ma sembrava che fossero le varianti a trovare me. Ma non potevo certo immaginarmi che la forza dell’intenzione

fosse sconfinata, e che le fossero sconosciuti i concetti limitanti di spazio e tempo. Insomma, prima vivevo come tutti, nella più normale routine. L’anima chiedeva, anzi, implorava di fare una cosa, ma la ragione, influenzata dalle persone “benintenzionate”, faceva l’esatto opposto.

E così è continuato fino a che l’anima si è rivolta alla ragione e le ha detto: “Lascia che provi io, passami il comando, solo per una volta, per un minuto”. La ragione ha acconsentito di malavoglia. Ma è accaduto l’impossibile. La realtà è cambiata nel giro di un giorno! La ragione era in stato di

shock, mentre l’anima cantava e volava dalla gioia! Ho capito che cos’è il Cammino che possiede il cuore! Ognuno di noi è padrone del proprio mondo, solo che fin dall’infanzia veniamo deviati dalla società (matrix). Ma quando si devono prendere delle decisioni, soprattutto nei momenti di svolta della vita,

bisogna riuscire a mandare a quel paese tutti “i benintenzionati” e i buoni consiglieri, bisogna immergersi nel silenzio, spegnere il televisore, andare nel bosco, chiudersi in camera, cessare di pensare, soppesando i più e i meno, e lasciarsi semplicemente andare all’ascolto della voce sommessa del cuore. La

sua risposta sarà l’unica soluzione giusta, anche se a prima vista potrebbe sembrare illogica. Tutto quello che serve per essere felice nella vita, l’uomo ce l’ha sempre sotto il naso. E se egli ha trovato questo cammino con il cuore, tutto il resto (i vari beni materiali) arriverà da sé, a seconda delle sue

necessità. Non sono considerazioni vuote, ma basate sulla mia esperienza: io queste cose LE HO PROVATE. Auguro a tutti felicità e fortuna! Nella vita non c’è nulla di impossibile, l’importante è non farsi mai prendere dallo sconforto, qualsiasi siano le circostanze! La vita è molto più enigmatica e

stupefacente della finzione più estrema». Posso solo aggiungere che bisogna spegnere non solo il televisore che è all’esterno, ma anche quello che è dentro la testa. Per quanto strano possa sembrare, la gente non riesce a fare la cosa più elementare: fermarsi, mettersi seduta, prendere un foglietto di carta e una penna e formulare le richieste da

avanzare al mondo e al proprio posto in esso, così come lo si desidererebbe vedere. Formare il proprio file di configurazione per poi (almeno una volta al giorno dopo il risveglio) caricarlo nello strato del proprio mondo come se fosse un sistema operativo. Nessuno lo fa, è incredibile. Le persone corrono di qua e di là come se avessero una carica, non hanno mai tempo,

rimandano tutto a dopo e, alla fin fine, non c’è mai tempo per nulla. Provate a sforzarvi di dare una configurazione ai vostri pensieri, così come si diceva in precedenza. Se lo farete, vedrete che, innanzitutto, è un compito che val la pena compiere, e in secondo luogo, vi convincerete che funziona. Ecco ancora un esempio, molto chiaro sul piano pratico.

«Vado al lavoro in macchina e a volte, sia all’andata che al ritorno, carico delle persone1. Non solo perché 50-300 rubli in più non mi dispiacciono, ma soprattutto perché mi piace farlo. Mi piace guidare e mi piace l’elemento di azzardo che subentra quando si caricano passeggeri per

strada. Mi piace anche parlare con gente sconosciuta (anche se non con tutti e non sempre). Queste 2-3 ore al giorno praticamente non si intersecano con il resto della mia vita. Esco di casa, mi immergo per un’ora, un’ora e mezza in questo gioco, arrivo al lavoro e lì trovo un altro mondo, un’altra vita. Finisce la

mia giornata di lavoro ed ecco che si presentano di nuovo un’ora, due, raramente tre per girare in macchina, tenendo comunque il corso verso casa. Potrei non farlo, ma in questo modo mi priverei non solo di soldi extra, ma di un aggiuntivo interesse verso la vita. Ebbene, un bel giorno ho fatto la

conoscenza del Transurfing, e mi è venuto in mente questo pensiero: il mio movimento da casa al lavoro può essere rappresentato come una piccola vita: con il suo inizio, la sua fine, il suo percorso, i suoi successi e le sue sconfitte, le sue casualità e le sue costanti, le sue possibili tragedie (incidenti

stradali), la speranza in incontri fortunati (con una qualche Bellissima passeggera Sconosciuta), e la possibilità di incontri ostili (vigili con il radar appostati dietro ai cespugli) eccetera. E la cosa più importante è che tutto l’andamento di questo processo dipende totalmente solo dalla mia SCELTA.

Dipende da quale itinerario scelgo, dalla mia decisione di far salire o no nella mia macchina quest’uomo dalla testa rasata, che puzza di alcool e di vestiti mal lavati, dalla mia decisione di volare davanti al giallo del semaforo o fermarmi ubbidientemente allo stop. Eccetera eccetera. A pensar bene, il

risultato di questo piccolo viaggio dipende veramente SOLO E UNICAMENTE dalla mia scelta. In tutto. Quello che succede nel mio cammino dipende dalla scelta che ho fatto prima di mettermi in viaggio! A proposito: e che cos’è il RISULTATO in questo caso concreto? Beh, innanzitutto una cifra finale, cioè la

somma che riesco a guadagnare durante i miei giri in macchina. Ma non è tutto, anzi. C’è ancora da calcolare lo stato emotivo in cui mi trovo quando arrivo al lavoro e poi a casa. Può trattarsi di una sensazione residua spiacevole e oppressiva, o, al contrario, di una sensazione radiosa, un buon umore generale

dovuto a un viaggio particolarmente piacevole e fortunato, a una conversazione con gente simpatica. Quando ho capito che l’andamento di questi viaggi si inscriveva perfettamente nei princìpi che deve seguire un transurfer, ho deciso di provare a osservare quanto segue:

-

-

azzerare l’importanza del risultato materiale del viaggio. Se riesco a guadagnare qualcosa, perfetto. Se invece no, non importa. Domani andrà meglio; non lottare mai per il cliente, non cercare di superare gli altri automobilisti, non

-

negoziare sul prezzo, non far salire persone che per qualche motivo non mi piacciono; nella scelta dell’itinerario, “calcolare” di meno e rimettermi pienamente agli impulsi interni: andare dove voglio, dove mi vien voglia

-

-

di andare, dove mi sento meglio; per la strada, cedere il passo a tutti, evitare di invischiarmi in gare assurde; la cosa, forse, più importante: non aver MAI rimpianti e PER NULLA, non scoraggiarmi nemmeno nei casi di

aperto inganno. Per esempio, mi è successo un giorno che stavo guidando per la corsia destra della prospettiva Žukov, quando ho visto una bella ragazza con una giacca bianca. Dentro di me mi sono illuminato e mi sono detto: è mia! In quel momento dalla

corsia vicina, una vecchia carriola sgangherata mi ha tagliato la strada, sì da farmi frenare all’istante, e ha raccolto con grazia “la MIA ragazza”. Qualche tempo prima avrei lanciato parolacce (tra me e me o anche ad alta voce) e mandato a quel paese il

padrone della carriola, la ragazza e (importante!) me stesso, per essere rimasto con un palmo di naso. Oggi, invece, in situazioni del genere cerco di sorridere bonariamente e di dirmi: beh, non sarà mica l’ultima ragazza del pianeta? Ne troverò un’altra,

e migliore! Ebbene, quest’approccio funziona al 100%. Prima, se il mio viaggio cominciava con qualche problema, mi demoralizzavo e le cose poi andavano solo peggio. Ora che invece non me ne frega niente (o quasi), un infelice (secondo i vecchi

standard) inizio di viaggio non influisce IN ALCUN MODO sul corso successivo. Ed ecco una domanda concreta: in tutto ciò sto guadagnando di più? Rispondo sinceramente: non lo so! Forse sì o forse no. Non sto segnando i miei guadagni. Comunque sia, non ho notato un

“salto” particolare, un forte aumento di questi extra. D’altra parte ho notato un evidente cambiamento su un altro fronte: mi capitano in macchina persone completamente diverse! Sono sparite le compagnie di beoni che mi costringevano ad arieggiare con forza la macchina, non incontro più gli arroganti

“mažori” [i nuovi ricchi; N.d.T.], pronti a fare osservazioni su come guidare la macchina, e persino “le persone di nazionalità caucasica” (contro cui, tra l’altro, non ho niente) sono diventate di meno. Per contro, sono aumentate le coppiette innamorate, le quarantenni socievoli, gli uomini amanti (come

me) del rock classico e del calcio. È come se questa raggiunta riduzione della tensione interiore abbia condizionato il mio mondo, riempiendolo di toni vivi e buoni». RIEPILOGO Le persone corrono indaffarate di qua e di là, non hanno mai tempo per

nulla, rimandano le cose a dopo, e alla fin fine non riescono mai a fare niente. Bisogna smettere di rimandare la vita a un dopo, bisogna cominciare a vivere adesso. Il lavoro sistematico con la diapositiva del fine riempie la vostra intenzione di fede, come fa una pompa idraulica: magari per poco, goccia a goccia, ma comunque in modo sistematico e mirato.

NOTE A MARGINE

In testa non ci sono pensieri. Essi si trovano nello spazio delle varianti. Quando vi occupate di visualizzazione, praticamente prendete da lì la pellicola che vi serve e cominciate a farla girare, a girare il vostro film. Se lo fate per un tempo piuttosto lungo, il film si materializzerà nella realtà. Così funziona il principio del “trasferimento”, dallo spazio delle varianti, di quella realtà che vi serve.

Miriadi di riflessi

Continuiamo lo studio approfondito di alcune questioni importanti legate all’applicazione del Transurfing. A giudicare dalle lettere, molte lacune

riguardano la tecnica delle diapositive. «Io so perfettamente quello che voglio. Voglio vivere per me stessa, avere una casa mia, viaggiare, occuparmi del mio sviluppo personale, studiare lingue straniere eccetera. Non voglio avere un progetto mio, foss’anche preferito. In

altre parole, la fonte per il raggiungimento del mio fine deve diventare un’eredità o una rendita. Faccio bene a lavorare solo con la diapositiva del fine dove vivo virtualmente nella mia casa e guido la mia macchina? O devo creare una diapositiva in cui mi vedo firmare dei documenti per l’ottenimento di

un’eredità?». La diapositiva deve contenere la scena del fine raggiunto, cioè: una casa di proprietà, i viaggi, eccetera. La firma dei documenti per l’ottenimento di un’eredità non è un fine ma un mezzo. Non deve programmare il mezzo di raggiungimento del fine se non è sicura di quale possa essere. In che modo il suo fine verrà raggiunto, non

è affar suo. Affare della ragione è focalizzare l’attenzione sulla diapositiva del fine, diversamente il processo potrà solo venir frenato. Se manterrà fermamente l’attenzione su una scena in cui lei si sta deliziando di ogni tipo di bene, dopo un po’ di tempo si aprirà la porta giusta, cioè il cammino che porta al fine. Di che porta si tratti, non si sa. Ma essa si aprirà solo nel

caso in cui, trovandosi in questa tappa, lei si permetterà di non sapere e di non pensare a questo. Si goda con maggior piacere l’ammirazione della diapositiva del fine. Quando finalmente la porta si aprirà, l’anima e la ragione dovranno arrivare a un accordo, concordare che il mezzo vada bene. E quando l’accordo verrà raggiunto, tutto andrà nel migliore dei

modi. «È da quando vivo che provo la sensazione di star picchiando la testa contro un muro invisibile. Non solo, ma mi sento anche perseguitata dalla sensazione, o forse dal sapere, che al di là di questo muro si estende una meravigliosa infinità in cui tutto è

possibile. Il dolore e l’angoscia mi hanno portata da un libro all’altro. Ogni volta che leggevo un nuovo libro, all’inizio provavo un enorme entusiasmo dovuto alla nuova visione del mondo che trovavo nelle pagine, ma dopo provavo tristezza, constatando che tutto, alla fin fine, rientrava nella normale routine. Il

dolore c’è ancora. La vita non cambia. I suoi libri mi hanno riempita di un enorme entusiasmo. Ma ho un po’ di paura che, come negli altri casi, passerà. D’altronde, nel mio regno queste emozioni sono permesse. Ho dei problemi con la tecnica delle diapositive. Come dev’essere la diapositiva, come la

devo impostare?». La sua vita non cambia proprio perché lei continua a guardare ininterrottamente, come incantata, lo schermo cinematografico e prova entusiasmo solo per le scene emozionanti che le stanno mostrando. Leggendo i libri degli altri, lei guarda le diapositive degli altri. E quest’attività, ovviamente, non produce alcun

cambiamento. Il cinema, la televisione, gli altri mass media e persino i libri sono tutti un mondo di illusione, un’invenzione geniale della matrix, ideata allo scopo di bloccare, nell’uomo, la sua capacità di creare la sua realtà. Cosa non si fa pur di impedire all’uomo di apportare, con la sua creazione, il caos nel processo ordinato di movimento del sistema. Il

sistema si muove nella direzione che gli serve. Ma a lei personalmente, in quale direzione serve muoversi? Nessuno, ad eccezione di lei stessa, può impostare la sua diapositiva. Lei deve smettere di ammirare i film degli altri e deve invece cominciare a produrre il suo. La regola del gioco è sem pl i ci ssi m a: lei vedrà nella sua realtà la stessa pellicola che si sta facendo

girare in testa. Si immagini tutto ciò non come “una serie di istruzioni da seguire”, ma come le viene spontaneo, proprio come viene, perché la visualizzazione è una cosa estremamente individuale, e in ognuno assume forme diverse. Non ci sono istruzioni particolari da seguire. L’unica condizione importante è questa: recitare

il ruolo ora spetta a lei, e lei dovrà farlo in modo da averne piacere. «Lavoro con la diapositiva del fine ma non riesco in alcun modo a staccare il cervello. In testa ho sempre un sacco di problemi, a volte privi di fondamento (che cosa pensano gli altri di una cosa, come viene vista

dall’esterno, valuto se è possibile o no, perché, per come, eccetera). Da una parte mi sembra di sapere tutto, capisco che è un gioco dei pendoli, che li devo ignorare, ma non ci riesco, i pensieri mi frullano come se venissero caricati da una chiave. Se bevo, la testa si ferma. Non voglio bere ma non vedo altre vie di uscita».

Bloccare il miscelatore di pensieri non ha senso. Anzi, è un lavoro faticoso e del tutto assurdo nel contesto della tecnica del Transurfing. Il problema sta nel fatto che non bisogna bloccare il proprio cineproiettore ma bisogna mettergli dentro la pellicola giusta. Se il suo cineproiettore si ferma, la coscienza vola già in un altro film, non nel suo ma in quello di qualcun altro

(e non si sa di chi). Pensieri simili emergeranno inevitabilmente, così è fatta la nostra ragione. La cosa più importante è che il vettore centrale dei suoi pensieri indichi il fine. Può avere dubbi, timori, persino cadere nello sconforto, ma cerchi di nuovo di ritornare alla diapositiva del fine, comunque sia.

«La mia società crea e produce moda per giovani. La merce viene venduta nei negozi dei nostri clienti, cui diamo i vestiti in contovendita. Vorrei migliorare le vendite con l’aiuto della visualizzazione. Mi sono scontrato con un dilemma: bisogna visualizzare l’immagine di un cliente che entra

ogni giorno nel negozio e compra i nostri vestiti? Ma i negozi sono tanti e anche la merce». In questo caso concreto non occorre “vedere” come viene ben venduta la merce. Basta dichiarare con convinzione la formapensiero. Per esempio, si può utilizzare la tecnica del “generatore di

intenzione”1 senza visualizzazione, semplicemente con una forma-pensiero che racchiuda la dichiarazione della sua intenzione. Dichiarando la sua intenzione, lei invia allo specchio del mondo un’immagine che prima o poi si svilupperà sulla superficie riflettente. La cosa principale è fare ciò sistematicamente. Non si dimentichi che lo specchio reagisce con un

certo ritardo. «Io e mio marito abbiamo parlato del sogno che ognuno di noi ha e abbiamo scoperto che essi praticamente coincidono. Sogniamo di avere una casa signorile, nostra, in riva al mare, una Porsche, uno yacht e di viaggiare in giro per il mondo. Ma lei non scrive da

nessuna parte che il sogno possa essere comune. E da qui sorgono le domande rispetto alla visualizzazione: anche se a parole ci descriviamo l’un l’altra la nostra residenza ideale, lo yacht e tutto il resto, comunque ci immaginiamo la cosa in modo diverso. Questo fatto non potrebbe

essere di freno alla realizzazione del nostro sogno e al nostro trasferimento sulle linee della vita desiderate? Forse sarebbe meglio se della visualizzazione si occupasse solo uno di noi? Oppure lo possiamo fare tutti e due, senza ostacolare il risultato? La nostra visualizzazione, infatti, si basa su un sogno

comune. Lo yacht lo voleva mio marito; nel mio sogno, per esempio, non c’è. Ho acconsentito allo yacht mentalmente, perché la mia anima, per il momento, non può accettarlo. Mi sembra che sia una cosa troppo cara (anche se, e qui sta il paradosso, è chiaro che l’acquisto di un terreno e di una casa verrebbe a costare

molto di più)». La visualizzazione si può e anzi si deve praticare in due. Ognuno, nella propria diapositiva, dovrà inserire solo gli attributi dei suoi desideri personali. Se, per esempio, lo yacht non la attrae particolarmente, lei non si deve sforzare di immaginarlo. Nella prima tappa consiglio di lasciar perdere “i” dettagli

geografici. E non si preoccupi di lanciare l’immaginazione troppo in alto, l’importante è che ogni dettaglio, anche lussuoso, rientri nella sfera del suo benessere, una sfera che, tra l’altro, può essere ampliata dalle diapositive. Non pensi a come e a quando verrà raggiunto il fine. Lavori con la diapositiva e si metta in attesa. L’attesa potrà durare anche più di un anno, del

resto, cosa vuole? Il settore dello spazio delle varianti dove lei vive in una palazzina di lusso probabilmente si trova a una certa distanza dalla sua situazione attuale. Ci vorrà del tempo per far sì che la sua realtà si trasferisca in questo settore. Quindi, si armi di pazienza e si occupi della tecnica delle diapositive in modo sistematico. Se non rinuncerà al suo fine, lo otterrà.

«Lei dice che non si può visualizzare una persona concreta in qualità di partner sentimentale. Ma se si è già in coppia, si può praticare la visualizzazione, immaginarsi di come si sta bene insieme e come si starà ancora meglio?». La questione non sta tanto

nel fatto se si possa o meno, ma se questo ha senso. Se siete già in coppia, è ora di smettere di visualizzare ed è invece tempo di occuparsi del proprio amore. L’amore un bel giorno arriva, e arriva da solo. Ma quando arriva, bisogna averne cura e custodirlo, come si fa con il fuoco nel focolare. I rapporti interpersonali si possono costruire con l’aiuto del Freiling. Qui le diapositive

non c’entrano più. Si tratta di un lavoro concreto, non solo di un allegro passatempo. Ma non è così difficile. Il principio fondamentale qui è quello di orientare in modo corretto il vettore dell’attenzione e dell’intenzione: non ottenere ma dare. Siccome lei si trova di fronte a uno specchio, dovrà solo fare il primo passo in modo che l’immagine raffigurata le si

muova incontro. Non appena lei avrà rifiutato l’intenzione di avere e l’avrà sostituita con l’intenzione di dare, otterrà tutto quello cui aveva rinunciato. È tutto molto semplice, ma se non ci si occupa di fare questo lavoro, l’amore potrebbe presto sfiorire. «Si viene a creare un potenziale superfluo se,

durante la visualizzazione, immagino di avere già il desiderato ma a questo pensiero mi rallegro fino al punto di piangere? In realtà questo mi succede anche nella vita: se sono al colmo della felicità, posso piangere di gioia e di gratitudine. O tutto ciò è una manifestazione di potenziale

superfluo?». Si rallegri a volontà, non danneggia affatto. Solo che deve praticare la visualizzazione in modo sistematico e mirato, allora l’euforia cesserà e i risultati si toccheranno con mano. «Amo guardare i film del genere “fantasy, horror, action”. Durante questi film di

solito si partecipa emotivamente alle vicende del protagonista o ci si mette nei suoi panni. Ne risulta che i pensieri di uno spettatore che guarda regolarmente film del genere o legge libri di contenuto analogo vengono trasmessi nei settori negativi dello spazio delle varianti e devono essere

realizzati?». La risposta è affermativa. Se lei rinuncia al ruolo di creatore attivo e si immerge totalmente nel ruolo di spettatore passivo, di consumatore di informazione esterna (e con la maggioranza delle persone accade proprio così), la sua capacità di creare una sua propria realtà viene annullata. Allora, se, per

esempio, nelle orecchie, negli occhi e nei pensieri gira “Vladimirskij central”2, lei finirà per ritrovarsi proprio in questo posto. Ciò su cui lei focalizza la sua attenzione, in una forma o in un altra, comparirà nella sua vita. «Vorrei legare il mio futuro al cinema, o meglio alla regia. Per il momento non vedo le opportunità per

cominciare la strada che mi condurrà al mio fine, però a questo proposito non mi preoccupo, preferisco lasciare il problema alla discrezione dell’intenzione esterna. A questo fine, tuttavia, dovrei proiettarmi in testa la diapositiva del fine ultimo. Ebbene, qui ho dei problemi».

Si immagini tutto quello che può essere legato al suo futuro lavoro. Non pensi a quello che è giusto o sbagliato, ma si conceda il piacere di una sua realtà virtuale. Quando cominceranno ad aprirsi le porte, vedrà da solo cosa fare e come andare avanti. «Già quando ero adolescente, mi capitava di svegliarmi nel sonno,

cioè di rendermi conto di star dormendo. Ogni volta che finivo in un sogno mi chiedevo prima: ma è un sogno o no? Facevo delle mattane o cose che nella vita reale non so fare, e se mi riuscivano per me era una vera gioia. Nei periodi fortunati della mia vita, quando mi sentivo sulla cresta dell’onda, mi sembrava

che il mondo fosse un sogno, e io ne fossi il padrone. Con la forza del pensiero distruggevo gli edifici, volavo come superman alla velocità di un missile, attraversavo i muri, insomma, me la spassavo come potevo. Tutto mi veniva facile perché in testa mi si era instaurato lo stereotipo che il sogno è il mio

mondo e lì faccio quello che voglio. La mia questione, però, è un’altra. Nei suoi libri c’è l’idea che, se si pensa a qualcosa di brutto, questo arriva. Io però ho un talento: quanto più chiaramente riesco a immaginare un certo avvenimento futuro, tanto minori sono le possibilità che esso si realizzi.

Intenzionalmente non posso costringermi a disegnare delle scene vive che riguardino possibili eventi. Teoricamente, dovrebbero realizzarsi le diapositive più vive. In realtà, per un qualche motivo, nel mio caso si realizzano le diapositive più opache, quelle più indefinite. Nella mia

eterna ricerca delle verità e dei princìpi della struttura del mondo mi avvicino sempre di più all’idea che non esiste alcuna idea. Esiste solo quella che lei chiama “L’unità di anima e ragione”. Mentre le idee sono una parte del mondo materiale e siamo noi stessi a crearle».

Quello che è vero, è vero. Come sia strutturato il mondo, nessuno lo sa e probabilmente nessuno lo saprà mai, perché il quadro del mondo non è statico e non è “a variante unica”, esso è infinitamente eterogeneo nelle sue manifestazioni, come la fila infinita di riflessi che si producono mettendo due specchi uno di fronte all’altro. Non ha mai provato ad avvicinarsi a uno

specchio tenendone un altro in mano? Quello che lei vedrà, è quello che risulta essere il modello più adeguato del nostro mondo: un’infinità di riflessi di specchio. Siamo in grado di studiare e di capire solo singoli riflessi, cioè l’una o l’altra delle manifestazioni della nostra poliedrica realtà. Il riflesso che si ottiene

dipende dalla concezione (specchietto) con cui ci si avvicina allo specchio del mondo. Se il vostro riflesso è basato sui princìpi del materialismo, otterrete una visione del mondo corrispondente. Se invece è basato sull’idealismo (non importa se soggettivo od oggettivo), anche in questo caso il mondo non porrà obiezioni e vi costruirà un riflesso pienamente logico e

coerente. Dunque, ci dobbiamo accontentare di modelli che quanto meno approssimativamente spiegano chi siamo e in che mondo viviamo. I modelli del mondo saranno tanti quanti sono quelli che lei avrà scelto di prendere. L’importante è un’altra cosa: cosa può ottenere con l’aiuto di un modello o dell’altro.

Per esempio, costruire una bomba atomica o creare una società umanistica, che possa coesistere in armonia con la biosfera del pianeta; fluttuare passivamente secondo la corrente o gestire intenzionalmente il proprio destino. Per quanto riguarda la questione della realizzazione o non realizzazione delle diapositive, nella sua lettera ci sono due frasi chiave: «…

mi sembrava che il mondo fosse un sogno, e io ne fossi il padrone» e «Intenzionalmente non posso costringermi a disegnare delle scene vive». Il fatto è che la scena della diapositiva deve venir stesa sul telo dell’intenzione, e non essere semplicemente sospesa nello spazio dell’immaginazione. Quando nel sonno lei si immaginava

padrone della realtà, l’intenzione non era necessaria, poiché la sensazione “io posso tutto” si trovava fuori della zona di fede o non fede, cioè si trattava di una cosa sottintesa, di un’impostazione predefinita. Ciò che viene accettato dall’anima e dalla ragione in modo incondizionato, per impostazione predefinita, viene realizzato dallo

specchio subito, in modo irreprensibile. Tuttavia, la ragione è più rapita dalla contemplazione dell’illusione speculare che dalla realizzazione della sua propria intenzione, e per questo poco le riesce. Affinché le cose riescano, è invece necessario gestire intenzionalmente il proprio “cineproiettore”. Se invece la qualità della

rappresentazione risulta incerta, occorrerà espugnare questa fortezza con un’assedio costante, proiettarsi il proprio film in modo sistematico. Le diapositive di buona qualità le riuscivano in modo spontaneo, automatico, per questo stavano sospese nello spazio dell’immaginazione, ma senza aver forza. Mentre invece le immagini opache che lei cercava di disegnarsi

in maniera intenzionale, col tempo trovavano realizzazione. Proprio per questo consiglio di non attribuire grande importanza alla tecnica della visualizzazione di per sé. La garanzia di successo sta nel lavoro sistematico e mirato. RIEPILOGO La diapositiva deve contenere la scena del fine

raggiunto, e non lo scenario e i mezzi per il raggiungimento del fine. Nella vostra realtà assisterete alla visione della stessa pellicola che avete in testa. Non c’è necessità di fermare il monologo interno. L’importante è che il vettore principale dei vostri pensieri sia orientato verso il fine. Nei casi in cui è difficile crearsi un’immagine visiva, si può utilizzare una formapensiero verbale, anche grazie alla tecnica del “generatore di intenzione”.

È consigliabile costruire e curare i rapporti interpersonali in base ai princìpi del Freiling. Qui le diapositive non servono. Se nelle orecchie, negli occhi e nei pensieri gira sempre la canzone “Vladimirskij central”, (vedi nota p. 57), vi ci ritroverete. La scena della diapositiva dev’essere stesa sul telo dell’intenzione, e non semplicemente fluttuare nello spazio dell’immaginazione. Se la qualità dell’immagine non è molto chiara, bisogna

espugnare la fortezza con un assedio costante, ovvero girare il proprio film in modo sistematico.

Poker Face

«Lei ha scritto che bisogna proiettarsi in testa la diapositiva almeno mezz’ora al giorno. È un particolare che mi è rimasto bene in mente. A guardare dall’esterno, appare

chiaro che questa “mezz’ora” è convenzionale, una formula del tipo “lavarsi i denti” o “fare sport”. Cioè, non è tanto importante la correttezza e l’obbligatorietà quanto la sistematicità e la sintonizzazione periodica sulla frequenza del fine. Però nella pratica tutto ciò si

trasforma in un piccolo incubo. Ecco la mia esperienza personale: per alcuni giorni o per una settimana mi proietto in testa la diapositiva ogni giorno, per non meno di mezz’ora, e tutto va meravigliosamente. Ma ecco che un giorno mi sveglio col pensiero che “devo” dedicare del tempo alla proiezione e

subito compare il timore che di tempo libero, quel giorno, potrei non averne. La ragione non vuol sentir argomenti e comincia a opprimere con un potenziale superfluo così forte che una minaccia, seppur minima, di irregolarità di lavoro con la diapositiva si trasforma in un senso oppressivo di angoscia, un peso nel

cuore. L’importanza del fine comincia a predominare. Ma qui mi vengono in mente le sue parole sul fatto che la visualizzazione non deve trasformarsi in un obbligo e ciò non fa che aumentare il mio stato di angoscia. Ne risulta un circolo vizioso, anzi, un manicomio!». Ogni

tanto

bisogna

lasciarsi andare, organizzarsi un giorno di ferie, senza lavoro. Castaneda chiama questa pratica “arte del nonfare”. Quando lei, consapevolmente, si permette di non fare alcunché, l’energia accumulata dei potenziali superflui si dissolve, così come accade quando si agisce. Allo stesso tempo l’intenzione dell’azione che ci si accinge a compiere si tende, come la

corda di un arco. E quando, dopo l’“arte del non-fare”, questa corda si mette in movimento, si libera la forza accumulata in precedenza. C’è ancora un modo: affinché il lavoro sistematico non diventi un peso, bisogna trasformarlo in abitudine, ma per far ciò all’inizio bisognerà investire degli sforzi di volontà. Quando poi il processo sarà diventato un’abitudine, non farà più

pressione. Ancora meglio è avere l’abitudine di proiettare la diapositiva come sfondo su cui si svolge la propria attività quotidiana. È il metodo più efficace. Qualsiasi cosa lei stia facendo, faccia in modo di ritornare costantemente col pensiero al suo fine, di confrontare ogni tipo di informazione in entrata con quello cui lei ambisce. In

altri termini, tenga costantemente inserita la pellicola del fine nel suo proiettore. Si muova in modo consapevole e non si preoccupi di nulla. «A proposito della visualizzazione, ultimamente sto facendo confusione o forse sto facendo le cose con troppa tensione. Ha senso spendere tempo e

forza per immaginare una scena completa e ben definita oppure si può lasciare che venga tutto come viene?». Non ha senso costringersi. L’importante, qui, è la concentrazione, e non l’abnegazione. Concentrazione e abnegazione sono due cose diverse. È meglio procurarsi semplicemente il piacere di

visualizzare. È sempre più semplice concentrarsi su quello che piace. «Mi sono posta il fine di ottenere un appartamento, poiché abito in una casa dello studente. All’inizio, quando mi rappresentavo la mia nuova casa, il cuore mi si riempiva di gioia, mi veniva voglia di saltare,

cantare e ballare. Ma poi ho capito che questo non era il mio vero fine, il fine che mi serviva. Ho capito che mi farebbe più piacere vivere in una casa fuori città, e non in un appartamento in città. Però la mia situazione è tale che in primo luogo mi interessa avere un alloggio di mia proprietà.. Forse per il

momento non sono ancora pronta per cambiamenti globali (evidentemente sono ancora fuori dalla zona del mio benessere)». Lei deve fare subito un ordine al grado massimo. Questo l’aiuterà a estendere la zona del suo benessere e a orientarla su quella linea della vita che in un modo o in un altro la porterà al fine per

la strada più corta. Ovviamente, se il fine è piuttosto complesso e ambizioso, l’intenzione esterna le potrà proporre, all’inizio, delle varianti più modeste. In questo caso lei dovrà rallegrarsi di questi modesti regali e sapere che i regali più cari la aspettano più avanti. «Bisogna proiettare la diapositiva come se

fosse un lungometraggio, cioè mostrare eventi ininterrottamente durante un certo tempo e con la mia diretta partecipazione o posso far girare per tante volte una scena breve?». Come vuole lei. Nella tecnica delle diapositive non ci sono regole rigide e forti limitazioni. Lei può e anzi

deve fare quello che ritiene necessario e nel modo che le è più comodo. Quando si fanno le cose con comodità, le cose vengono bene. L’importante è che non siano di peso ma procurino piacere, e che la diapositiva non sia una scena estranea sullo schermo ma un frammento della vita virtuale della persona che col tempo si tradurrà in realtà. Non bisogna nemmeno porre delle

limitazioni temporali. Si può dire che ognuno deve avere una propria tecnica personale di visione delle diapositive. «Ho un’amica che ha un potenziale energetico enorme: riesce a far realizzare tutto quello che desidera. Siccome voleva aiutarmi, all’inizio abbiamo deciso che lei avrebbe

dovuto visualizzarmi con le persone giuste e nelle situazioni ideali. Purtroppo, però, non le è riuscito: non è mai riuscita a vedere lo sviluppo del mio business. Come potrebbe lavorare con la visualizzazione per aiutarmi?». In alcun modo. Solo lei ha a disposizione lo strato del

suo mondo, la sua amica in questo non la può aiutare. Ciascuno di noi ha la sua realtà, anche se le persone vivono vicino. Così come lei non è in grado di esercitare un’influenza mentale (metafisica) sulla realtà altrui, allo stesso modo le altre persone non possono condizionare la sua realtà. Una realtà comune può essere creata da sforzi collettivi, solo che bisognerà

dividere le competenze. Per esempio, il suo business dovrà essere il suo e la sua amica non potrà condizionarlo. Mentre invece, per fare un esempio, costruire una casa comune dove poter viver insieme è una prospettiva pienamente reale. «Studio al (Istituto Cinematografia)

VGIK di e

attualmente, insieme a un amico, sto preparando un cortometraggio. La sceneggiatura è parzialmente basata sulle mie vicende vissute, con la differenza che il finale del film si distingue dalla mia storia personale, non ancora conclusa. In questo film io svolgo il ruolo del

protagonista. Quando abbiamo girato la prima scena, abbiamo capito che era meglio rivedere la sceneggiatura. Per giorni ho pensato alle varianti del finale, ma ogni volta che arrivavo a qualcosa di interessante e me lo segnavo, la mia vita cominciava a muoversi in direzione della storia fissata nei miei appunti.

Mi sembra impazzire».

di

Come vede, lo specchio funziona letteralmente in base al principio vedrete nella realtà la stessa pellicola che gira nel vostro “cineproiettore”. Se poi non solo ci si limita a pensare e a immaginare la scena ma si arriva anche a fissarla per iscritto, l’efficacia aumenta notevolmente. Per questo io

consiglio: non siate pigri, scrivetevi le vostre formepensiero e in questo modo vi creerete letteralmente la configurazione della vostra realtà. Al mattino potete scrivere l’impostazione per il raggiungimento di qualcosa, mentre la sera potete constatare i vostri successi e i vostri avvicinamenti al fine. Sia gli uni che gli altri verranno fissati in modo più solido nel vostro modello

mentale, e, di conseguenza, nella realtà. «Per quanto riguarda la visualizzazione, è tutto più o meno chiaro. Ma come fare con i dubbi? Si insinuano sempre nella diapositiva». Con i dubbi non serve lottare. Se si sono infilati nella sua diapositiva, permetta loro di oscillare un

po’ nella sua testa e poi convogli di nuovo e con fermezza la sua attenzione verso il fine, come se fosse già stato raggiunto. La bandierina dell’attenzione può ogni tanto fluttuare, ma l’importante è che il suo vettore medio indichi con sicurezza il fine. Con le diapositive bisogna lavorare sistematicamente e con assiduità. Allora i dubbi temporanei non creeranno

ostacoli. «Formulo il mio fine nel modo seguente: una vita indipendente, agiata, confortevole, senza la necessità di lavorare. Secondo lei, come può apparire la diapositiva del fine che riflette uno stato di fine già raggiunto? Oltre, ovviamente, a contenere l’immagine del conto in

banca. Non creda che a scriverle sia uno sfaticato che passa il tempo steso sul divano. Sono uno specialista riuscito e autore di alcuni libri. Solo che prima lavoravo nel mio campo professionale con piacere, mentre ora (che l’età si avvicina ai quaranta) ho incominciato a stancarmi».

Deve solo proiettarsi sistematicamente nei pensieri la festa della vita, così come lei se la immagina. Non si tratta solo di conti in banca, vero? Viva nel suo mondo inventato virtualmente. Io chiamo questo tipo di attività “vagabondaggio consapevole tra le nuvole”. Col tempo si apriranno le porte che le daranno le possibilità di capitare in questa festa. Lo specchio del mondo è,

in generale, una cosa meravigliosa, una cosa che fa restare senza fiato. Lei non si deve spaccare la testa a pensare in che modo si potrebbero realizzare i suoi sogni. Sarà lo specchio a mostrarlo. L’unica difficoltà sarà quella di non farsi coinvolgere nell’illusione speculare. Nella realtà, soprattutto all’inizio, si produrranno eventi completamente diversi da

quelli che girano nel suo cineproiettore e ciò la costringerà a dubitare, preoccuparsi, temere. Capita spesso che l’uomo butti la sua pellicola e cominci a osservare con terrore gli eventi che si svolgono sotto i suoi occhi. Proprio questa è l’illusione creata dallo specchio. Invece, fino alla fine bisogna essere consequenziali, direi anzi

furbi. Giochi al gioco del “Poker Face”: mi fanno paura, mi prendono per il naso, mi deridono, ma io conservo la mia impassibilità e porto avanti tranquillamente la mia linea. Non guardo con gli occhi spalancati l’incubo che si sta svolgendo sullo schermo, ma ci dò un’occhiata furtiva, di sottecchi, continuando a seguire la pellicola inserita nel mio cineproiettore. «No,

he can’t read my poker face » [no, non può decifrare la mia faccia inespressiva; N.d.T.]. In poche parole, non si faccia coinvolgere dal gioco che le impongono, faccia il suo gioco. La scena nello specchio, comunque, prima o poi si conformerà alla sua pellicola, non può andare diversamente. Queste sono le regole. «Da

una

parte

l’intenzione deve venir dichiarata al tempo presente, come se io fossi già entrato in possesso del mio fine, per esempio una macchina. Posso facilmente immaginarmi di averla già, di averla parcheggiata sotto le finestre di casa. Posso immaginarmi di uscire di casa, entrare in macchina, accenderla e

partire, o di comprare i pezzi di ricambio che mi servono, le gomme invernali eccetera… Ma come collegare tutto ciò al fatto che la macchina ancora non c’è? E allora dov’è? La mia ragione mi molesta continuamente con questa domanda». È un gioco al “credo-non credo” con lo specchio del

mondo. Lo specchio, infatti, gioca con lei e la fa girare a suo piacimento, sfruttando il fatto che la sua attenzione viene facilmente coinvolta d a l serial che gira nella realtà che la circonda. Ecco cosa succede: lei guarda lo specchio ed esso le mostra quanto il mondo tutt’intorno sia scomodo e poco cedevole, come sia difficile avere successo, come sia necessario girare come una

trottola nel tentativo di raggiungerlo, come si debba sempre fare i conti con le circostanze, come si sia costretti a sottomettersi ad esse e a trovarsi sempre in uno stato di tensione per ottenere qualcosa o per paura o per dubbi (specialmente in se stessi). Insomma, ci si sente appesi a un filo, come marionette. Lei crede a quest’illusione? Sì, ovviamente. Il gioco, infatti,

è univoco giacché lei stesso ha concordato col ruolo apatico di spettatore passivo in quest’illusione. Ma ora crei la sua personale illusione per lo specchio. Gli ordini di fare così: adesso guarda qui e fai quello che ti dico io. E lo specchio stesso, si immagini un po’, concorderà volentieri col suo ordine. Lo specchio la guarderà e ragionerà: “Credo-non credo”. Che le creda o non le

creda, che lo faccia da subito o dopo, dipende da quanto sinceramente lei lo ingannerà. E, ovviamente, anche da quanto lei si manterrà nella posizione di colui che distribuisce le carte. Diversamente lei potrebbe gettare le carte e ritornare a guardare ottusamente lo schermo, sì che di nuovo comincerebbe la vecchia solfa: le vengono mostrati dei trucchi e lei ci

crede. Dunque, quando lei distoglierà lo sguardo incantato dallo specchio e convoglierà l’attenzione su di sé, su quella pellicola che gira nella sua testa, la realtà comincerà lentamente a trasformarsi. È un processo che comincerà non subito, anzi, sullo schermo, per inerzia, continuerà a girare il v e c c h i o serial e si svolgeranno degli eventi che

non concordano affatto con la sua impostazione e potrebbero addirittura evolversi peggiorando la situazione che lei sta vivendo. Ma a questo punto lei dovrebbe ricordarsi di quale gioco si sta conducendo e di chi sta cercando di ingannare chi. Se lei si manterrà saldo nella sua direzione, vedrà presto che dallo strato del

suo mondo cominceranno progressivamente a sparire gli attributi del passato e a comparire gli indizi del futuro, di quel futuro che lei si era disegnato nella sua inverosimile sceneggiatura. Succede come a teatro, quando vengono cambiati gli scenari e le decorazioni, con la sola differenza che qui tutto avviene in modo appena percettibile, come se una qualche altra realtà

appartenente a un mondo parallelo si insinuasse nel mondo presente. E tanto più sfrontatamente lei mentirà, tanto più naturale le riuscirà. Alla fine lo specchio le crederà senz’altro e si comporterà ubbidientemente nell’illusione che lei ha creato, esattamente come lei faceva prima, quando ubbidiva all’illusione impostale dall’esterno. Pertanto, il senso iniziale e

la convenzione di questo gioco consistono in quanto segue: c’è chi crea l’illusione e chi semplicemente la guarda. Lei da solo si sceglie il ruolo che preferisce. RIEPILOGO Non si deve trasformare il lavoro con la diapositiva del fine in un pesante obbligo. Affinché il lavoro sistematico non diventi un peso, bisogna trasformarlo

in abitudine. Nelle diapositive, il valore decisivo risiede nella concentrazione, non nello zelo. Nella tecnica delle diapositive non ci sono rigide regole e limitazioni. Potete e dovete fare così come vi viene comodo. A vostra disposizione c’è solo lo strato del vostro mondo. Non siete in grado di esercitare un’influenza mentale sulla realtà degli altri. Se non solo mediterete e

immaginerete la vostra diapositiva ma la riporterete anche per iscritto, l’efficacia aumenterà sensibilmente. Con le diapositive bisogna lavorare semplicemente e assiduamente, allora i dubbi temporanei si dissiperanno. Proiettatevi intenzionalmente nei pensieri la festa della vita, così come ve la immaginate. Siate pronti a vivere virtualmente nel vostro mondo inventato e a “fluttuare nelle nuvole“ in modo mirato. Non lasciatevi coinvolgere

nel gioco che vi viene imposto. Fate il vostro gioco. Giocate col mondo a “credo-non credo“. Create la vostra illusione per lo specchio. Ordinategli: ora guarda qui e fai quello che ti dico io.

NOTE A MARGINE Se in modo fermo e inflessibile continuerete a proiettare nei vostri pensieri la vostra diapositiva, la realtà prima o poi si

confermerà ad essa. Non ha altra via di scelta, questa è la sua proprietà. Non solo voi dipendete dalla realtà, anch’essa dipende da voi. La questione sta in chi prenderà per primo l’i niziativa.

Parte II LA TECNOSFER

I parassiti sociali

«Segodnja samyj lučšij den’ Segodnja bitva s durakami». (Oggi è il giorno più bello, oggi è il giorno della battaglia contro gli stupidi). (Gruppo Mašina vremeni)1

Per comprendere il motivo per cui la gente incontra difficoltà con il Transurfing, bisogna capire com’è strutturata la nostra società. Cominciamo con alcuni temi non proprio piacevoli. A volte, non spesso, ricevo lettere da persone che si sentono, evidentemente, offese o le cui aspettative sul Transurfing non sono risultate per qualche motivo soddisfatte.

«Lei sta andando sicuramente per la strada giusta! Si sta facendo i soldi, fintantoché il suo nome è di moda e sulla bocca di tutti!». Ecco, detto in modo conciso e chiaro. Propongo di scrivermi lettere di contenuto simile proprio in questo formato, perché se il messaggio fin dall’inizio si

connotasse come ostile e fosse più lungo di due-tre righe, rimarrebbe non letto e verrebbe inviato in quello che è il suo posto, cioè nel cestino. In questo modo il lavoro andrebbe perduto… invece così, in termini laconici e pertinenti, la freccia raggiunge il bersaglio e io vengo sconfitto e abbattuto. In generale, non avrei voglia di toccare questo

tema. È vero però che si possono ignorare le provocazioni di singole marionette-pendoli, ma se esiste un certo fenomeno non è facile far finta di niente. E il fenomento esiste. Una delle sue manifestazioni consiste in questo: ricevo lettere di persone sinceramente convinte che il mio lavoro non debba essere retribuito. Per esempio:

«Una delle cause che mi hanno indotto a leggere il Transurfing è stata proprio l’approccio disinteressato: l’autore diffondeva liberamente il libro senza richiedere nulla in cambio. Invece adesso il Transurfing sembra un progetto commerciale». Beh, innanzitutto non mi sono mai occupato della

diffusione gratuita dei miei libri. Vero è che, se a qualcuno serve il testo, glielo spedisco. In secondo luogo, se lei è convinto che si debba lavorare gratuitamente, vada pure a farlo. Suvvia, perché non va lei a prestar servizio volontario gratuito? O vuole fare il furbo e scapolare? A essere onesti, tutti, in un modo o nell’altro, produciamo qualcosa e riceviamo per questo un

compenso. Se andassi dall’autore di questa lettera a chiedere qualcosa che egli produce, non me lo darebbe gratuitamente per alcun motivo. Però nella sua testa si è ben radicata la convinzione che io gli debba qualcosa. E non solo gli devo ma sono obbligato a dargli il mio lavoro in cambio di nulla. Questa è la mentalità dei parassiti.

Lettere come queste non mi toccano, mi sbalordiscono. Guardo a queste cose con disgusto e al contempo con la curiosità di un ricercatore. Questo fenomeno, infatti, presenta un interesse quasi medico ed è degno di uno studio approfondito. Esistono i parassiti del corpo, noti a tutti, ed esistono i meno noti parassiti della coscienza. Ma ci sono anche i parassiti

sociali, che, stranamente, sono stati poco studiati come fenomeno. Siccome non padroneggio il tema con competenza, non mi ci soffermerò molto ma mi permetto solo di fare alcune osservazioni. In questi casi, curiosa e stupefacente non è tanto la manifestazione della sostanza del parassita, quanto l’indescrivibile stupidità delle sue pretese. Ditemi un

po’, come si può accusare di «tendenza viziosa al commercio» un artista, un musicista, un compositore, uno scrittore, persino un cuoco? Provate a lasciare il tavolo di un ristorante, entrare nelle cucine e urlare al cuoco: «Perché sei qui a far denaro sulle nostre spalle, cane che non sei altro?!». Oppure ai musicisti durante un concerto: «Anche voi siete qui a far soldi a nostre spese!

Voglio arte pura e gratuita!». Ebbene, tu che parli tanto, per quale motivo sei andato al ristorante o al concerto? Hai bisogno di ottenere qualcosa, non è così? Diversamente, se non ne valesse la pena, non staresti a spender soldi. Pagare per il lavoro altrui a un parassita non piace proprio per niente, non lo vorrebbe proprio fare! Per scroccare qualcosa è sempre in prima fila, ma se

non gli riesce di scroccare, eccolo lì pronto ad accusare per primo gli altri di tornaconto! Proprio così si comporta il verme: mette il naso fuori dal suo buco, gira la testa, si indigna: oh, che mercato si sono permessi di allestire! Il cuoco lo nutre, il musicista lo diverte, ma la cosa non gli piace affatto. Certo, se tutto fosse gratis allora sì che andrebbe bene e sarebbe giusto. Lui magari

nel frattempo sistema in bella fila i salami nel suo negozietto e guai se qualcuno gli chiede qualcosa in omaggio! E poi, bella differenza, penserebbe: i miei concreti salumi pregiati in cambio delle vostre menate artistiche! Mi abbasso appositamente a questo primitivismo per spiegare cose che sembrerebbero evidenti. Però ci sono persone che queste

cose semplici non le capiscono lo stesso. Quelle enormi cifre che pare si faccia a sbafo un autore, nell’immaginazione di un verme, in realtà non esistono. Sono di gran lunga più modeste. Allo stesso tempo, il rapporto tra l’intensità che è dietro al lavoro dello scrittore e il ritorno materiale che egli ne ha è assolutamente

sproporzionato. Chi non ha provato a occuparsene non se lo può neanche immaginare. Anche il Centro Transurfing (http://tsurf.ru/) non dà tregua ai vermi, non possono accettare il fatto che qualcuno stia guadagnando soldi sulla formazione. Ma il Centro è sorto in seguito alla domanda di formazione e quindi a qualcuno è necessario. Ciò significa che gli insegnanti debbano

lavorare gratuitamente? La conduzione delle lezioni richiede competenze elevate e una totale dedizione al progetto. I parassiti, credo, non sanno quanto costi a un insegnante fare lezione in classe. È gente che non apprezza il lavoro degli altri e che di certo non è abituata a dare molto nel lavoro. Personalmente non ricevo alcun reddito dal Centro Transurfing, perché non

tengo alcuna lezione. Quando deciderò di fare l’insegnante, allora percepirò una retribuzione. O forse anche in questo caso non ne avrei il diritto? Se proprio bisogna parlare di rapporti commerciali veri e propri, va detto che nel commercio di per sé, non c’è nulla di male: il business è business. E tutti si riferiscono con rispetto e attenzione ai princìpi del

business, quando si tratta di un business personale. Invece s u l business creato da altri, molti sono pronti a incollare etichette di tornaconto, frode, gioco sleale. E poi, scusatemi, di che tipo di commercio si può parlare giudicando i miei libri che trattano argomenti scomodi come il regime alimentare di tipo vegetariano crudista? È forse un tema così popolare? [In Russia; N.d.T.]. Se

parlassi di carne, allora sarebbe un altro discorso! Comunque sia, se io perdessi la fiducia in un autore che prima leggevo e mi piaceva, non ci penserei due volte: me lo lascerei alle spalle e me ne andrei per altri percorsi, evitando in futuro di avvicinarmi e di toccare le cose che lui fa. Voi invece (mi rivolgo agli autori di messaggi simili a quello in oggetto), perché siete ancora

lì a scalpitare sul posto? Potete tranquillamente andarvene, uscire. Ho sempre detto che con me non invito nessuno. In realtà la maggior parte del mio lavoro non viene retribuita. Il lavoro di corrispondenza con i lettori che si rivolgono a me con la richiesta di aiutarli in varie situazioni esistenziali concrete porta via molto

tempo e molte forze, e qui io aiuto a titolo gratuito la gente, in misura delle mie possibilità e per quel tanto che riesco a fare. Se io non percepissi reddito dai miei libri, allora dovrei occuparmi di qualcos’altro per guadagnarmi da vivere, e in questo caso non mi resterebbe il tempo per fare quello che adesso sto facendo. E qui mi fermo. Tutto ciò suona come

un’assurdità, una cosa da selvaggi, non è vero? E forse che le pretese dei vermi non suonano selvagge? Però anche loro sono persone che si trovano in mezzo a noi, e che la società considera pienamente adeguate, in grado di intendere e volere. Ma perché ha luogo questo fenomeno? Da noi, in Russia, dove la malattia del parassitismo

sociale ha raggiunto una forma acuta, questo fenomeno è condizionato da caratteristiche storiche. Sia nel Medioevo che ai tempi della servitù della gleba2, nonché durante il socialismo, la responsabilità per il pagamento di un dazio in un modo o in un altro ricadeva sulla comunità (kolchoz), piuttosto che sui singoli. Succedeva che alcuni

lavoravano con coscienza, mentre gli altri potevano anche permettersi di non far nulla, tanto la comunità avrebbe pagato per tutti. Un ideale terreno fertile per la proliferazione dei parassiti! Dopo la caduta del regime zarista, che vide il sistema burocratico svilupparsi sino a raggiungere livelli patologici, i bolscevichi avevano covato la speranza di distruggerlo alle radici:

«Sradicheremo il morbo e poi…». Lo distrussero ma non ne venne fuori nulla: dopo la rivoluzione la burocrazia fiorì peggio di prima, in tutta la sua mostruosità. Lenin, osservando quello che stava prendendo forma dopo la rivoluzione, fu in preda alla disperazione più viva, non sapendo cosa fare. Lo angustiavano più di tutto

non la crisi e la devastazione, non la resistenza dei controrivoluzionari e nemmeno gli sciocchi e le strade da costruire, bensì la rapida crescita del sistema burocratico che sembrava evolversi da solo, secondo leggi proprie, e cui nessuna direttiva poteva far fronte. Molti di noi ricordano ancora come in epoca socialista e fino al suo crollo si portasse avanti una

campagna attiva contro la burocrazia. Oggi della burocrazia non ci si preoccupa più, si è occupati dalla lotta contro la corruzione. E, ancora una volta, sembra che non ne possa venir fuori nulla di buono. La storia, come si sa, non insegna niente. È ovvio che contro i parassiti sociali, così come contro quelli del corpo, lottare non ha senso. Quello che bisogna fare è

creare un ambiente tale per cui la loro esistenza diventerebbe impossibile. Ma anche tenendo conto dell’eredità storica, faccio fatica a comprendere che gli uomini civili e istruiti di oggi possano ritenere in buona fede che qualcuno debba loro qualcosa, mentre loro non si ritengono assolutamente obbligati a dare qualcosa in cambio. Per dirla in breve, come nel celebre film Dersu

Uzala3: «skol’ko let tajga chodi – ponimaj netu» [«quanti anni andare in taigà, capire niente»; [N.d.T.]. E se si scopre che non ci capiamo l’un l’altro in linea di principio, significa che siamo troppo diversi, quasi venissimo da altri pianeti, e dunque dobbiamo tenerci opportunamente a distanza. Solo che non sempre si riesce a ignorare la manifestazione

dell’essenza di una creatura aliena, quando essa è al di fuori del suo ambiente. Se, per esempio, si ignorano i parassiti del corpo, essi si possono insediare da qualche parte e starsene lì tranquillamente a gozzovigliare a spese altrui. Anche ignorare i parassiti sociali non funziona: vai da un funzionario per avere un certificato, e lui con una mano te lo tende e con l’altra

te lo trattiene. Il Transurfing non salva né dai primi né dai secondi. Il rimedio contro i parassiti del corpo e della coscienza, per fortuna, è stato trovato: cibo vivo, acqua viva e aria viva. Ma il rimedio contro i parassiti sociali dov’è? Nessuno l’ha ancora trovato, ma lo cercheremo. RIEPILOGO Il sistema comincia il suo

sviluppo con la formazione di un apparato burocratico.

NOTE A MARGINE Caro Lettore! Com’è noto, i libri sul Transurfing sono “di libero” accesso in rete. Tuttavia, nulla si dà per nulla. O si ottiene un falso a basso costo, come al mercato delle pulci, o si servono gli interessi di persone casuali. Ritengo mio dovere avvertirvi: se scaricate le versioni elettroniche da

risorse illegali, non posso garantire che si tratti di testi miei. Lì ci si può inserire tutto quello che si vuole, ed è già stato fatto. Leggere l’originale dell’editore, o raccattare le “copie usate” che sono in giro per il web, è una questione di scelta e di responsabilità personale. Se avete bisogno del testo, scrivetemi e ve lo manderò. Non lo nego a nessuno, se mi viene chiesto. Non ho bisogno di una vostra ricompensa, accettatelo come un dono. Mi interessa solo una cosa: che non

circolino falsi con il marchio “Transurfing”.

La cattura dell’attenzione

Dopo la risonanza ottenuta dal libro Apokrifičeskij Transerfing [Il Transurfing vivo, cit.; N.d.T.] sono stato letteralmente sommerso da lettere di lettori e richieste da

vari periodici (anche esteri) relative agli articoli e all’intervista, ragion per cui il mio tempo libero ne ha fatto le spese e questo libro ha avuto una lunga gestazione. D’altra parte, questo vivo interesse fa piacere ed è indizio del fatto che la rotta “Aggiornamento Transurfing” seguita negli ultimi libri è stata scelta correttamente e per tempo.

L’idea della pulizia del corpo, del potenziamento dell’energia e della liberazione della coscienza attraverso un regime alimentare basato sul cibo vivo ha trovato un forte sostegno tra i lettori. Ricevo tante lettere piene di entusiasmo e gratitudine per il Transurfing nel suo nuovo orientamento, che pare funzionare molto più efficacemente rispetto a

quello classico. Francamente, non contavo in un simile consenso, perché il nuovo corso prescelto sembrava assai strano, insolito e particolarmente impopolare [in Russia, dove il crudismo e il mangiar sano non hanno ancora largamente attecchito; N.d.T.], almeno in un primo momento. Non solo, ma ho dovuto contenere una fortissima pressione da parte di molti lettori convinti

che io “stia ingombrando di rifiuti inutili” l’essenza stessa della filosofia del Transurfing. Nonostante questi ostacoli, però, la nuova filosofia non solo sta iniziando a mettere radici, ma sta anche ispirando profondamente (ormai) molti. Evidentemente il tema del cibo vivo tocca le corde profonde dell’anima, lascia

intravvedere nuovi spiragli di luce alla fine del tunnel. Più avanti cercherò di spiegare perché è così. Ma ora cominciamo da questo: .juunzen ekulzar v ‘vobjul taksi, juunzerbzeb ‘lad v ‘saliladu I. ogonsetuzeb, oben v aluntem, ogonnesevdop tsovch az ja alitavhS. Jynnesevdop ypal aS? Otc aZ. jynesevB? otK. Jasteatlob – uzjal.

Gjznnesevonvaruen, usel op ja ‘salelP Vi siete svegliati? Chiedo venia, cari lettori. Ho usato questo metodo per attivare la vostra attenzione. (Il frammento è stato tratto dal l i b r o Forum snovidenij [Il forum dei sogni; N.d.T.]). Diversamente avreste potuto non cogliere il significato del messaggio che vorrei far giungere fino a voi. Sapete

come succede nei sogni: quando accade qualcosa di troppo eccentrico, l’attenzione si risveglia e l’uomo si rende conto improvvisamente che sta sognando. Ma la cosa principale non è il fatto che lui se ne renda conto, quanto quello che a partire da questa consapevolezza egli cessa di essere uno zombie e comincia a vedere con chiarezza e a capire quello

che sta succedendo intorno a lui. Recentemente mi sono accorto con sorpresa di un fenomeno strano. Nelle lettere che ricevo, la gente mi fa continuamente domande su temi esposti dettagliatamente nei miei libri. Per esempio, nel libro viene posta una domanda diretta cui fa immediatamente seguito una mia risposta diretta e chiara.

Certe persone, però, dopo aver letto i libri, mi scrivono presentandomi la stessa domanda, quasi parola per parola. All’inizio non ho prestato grande attenzione a questa circostanza, ritenendola il frutto di una semplice disattenzione. Ma ultimamente questi casi si stanno ripetendo con frequenza crescente,

assumendo le caratteristiche di un fenomeno generale. Si ha l’impressione che la maggior parte dell’attenzione della persona nel momento di leggere il libro venga catturata da qualcuno o qualcosa. Lo stesso fenomeno succede con l’energia: se una persona è malata, quasi tutta la sua energia è convogliata a combattere la malattia. Oppure, se una persona si è

presa in carico un peso di responsabilità maggiore alle sue forze, la maggior parte della sua energia libera si trova bloccata, occupata dagli obblighi che si è assunta. Nei miei primi libri avevo scritto di come un pendolo possa catturare l’attenzione di una persona, quando questa, irritata, ansiosa o spaventata, finisce per cadere

in uno stato di “stupor”, di torpore, si immerge a capofitto nel suo problema, come in un sogno, e smette di vedere e di capire quello che sta accadendo nella sua realtà. Allora, però, non descrivevo questo fatto come un fenomeno di massa. Invece adesso noto chiaramente una regolarità di dimensioni estese. Francamente, considero questo fenomeno come un

segno già preoccupante, perché solo due o tre anni fa non era così pronunciato. Per questo motivo più avanti tornerò più di una volta sull’analisi di questa manifestazione, mentre ora riporterò alcuni altri esempi che illustrano l’effetto della cattura dell’attenzione. Prendiamo, a titolo d’esempio, il testo della newsletter sui parassiti

sociali1. A volte spiego perché faccio questo o quello, a volte no. In quel testo specifico avevo chiaramente spiegato perché avevo deciso di affrontare l’argomento. Ciononostante alcuni lettori, dopo aver letto la mia spiegazione, mi hanno subito chiesto: «Ma perché lei fa questo?», specificando più avanti: «Nel mio mondo non ci sono parassiti!».

Ecco, se si assolutizzano stupidamente i princìpi del Transurfing, ci si può immergere in un’illusione creata da se stessi e tale per cui non si riesce nemmeno semplicemente a valutare in modo adeguato la realtà, figuriamoci poi a controllarla. Di questo mi preoccupo: si può sicuramente ignorare dei singoli provocatori, ma ignorare un fenomeno

sarebbe da stupidi. Un fenomeno va quanto meno studiato da una posizione di osservatori, non ignorato alla maniera degli struzzi che nascondono la testa sotto la sabbia. Ebbene, i parassiti del corpo, della coscienza e gli scrocconi sociali, esistono sicuramente nel vostro mondo e non spariscono solo perché avete dichiarato che non ci sono.

I primi se ne stanno acquattati nel vostro corpo buoni e zitti ed è proprio quello che gli serve per fare in modo che voi non notiate la loro presenza. I secondi possono facilmente occupare la vostra coscienza a un livello tale che voi non ve ne accorgete neppure. E con i terzi, comunque, in un modo o in un altro siete costretti a incontrarvi o scontrarvi nei luoghi della burocrazia o

simili. Quindi, ripeto, i parassiti non vanno ignorati ma come minimo osservati, meglio se con una lente di ingrandimento. Quando li si tira fuori dall’oscurità, dove gli è comodo brulicare, e li si espone alla luce del giorno, cominciano subito a dimenarsi e a contorcersi, perché, per loro, esibire il proprio aspetto sgradevole è pari alla morte. Quando il

parassita finisce sotto osservazione, “sotto la lente di ingrandimento”, come nei romanzi di Hoffmann, tutta la sua essenza viene illuminata e non può più occuparsi tranquillamente delle sue attività. È per questo che io sollevo questioni di questo tipo. E ora chiedetemi di nuovo: perché faccio questo? Con la stessa edizione

de l l a newsletter è successa ancora un’altra storia curiosa. Il Centro Transurfing (http://tsurf.ru/) ha dato annuncio di un webinar [seminario online; N.d.T.] gratuito, cui si è inaspettatamente iscritto un gran numero di persone, al punto che si è dovuto chiudere la registrazione il giorno stesso per esuberanza di richieste. Di fatto, però, al webinar avrebbe poi preso

parte una quantità altrettanto inaspettatamente bassa di persone. Interessato dalla causa di tale risultato (perché registrarsi per poi non partecipare?), il Centro Transurfing ha fatto un’inchiesta sui motivi della defezione, che si sono rivelati banali: qualcuno non aveva fatto in tempo, qualcun altro aveva confuso i fusi orari, era entrato nel webinar troppo presto o troppo tardi e

poi non aveva tentato di riparteciparvi, altri avevano indicato indirizzi sbagliati e non erano poi stati invitati eccetera. Tutto ciò è indice del fatto che le persone, nella maggior parte dei casi, dormono, agiscono letteralmente come in uno stato di torpore, non gestiscono la propria vita e la vita con loro accade. Non è difficile supporre che se il webinar fosse stato a

pagamento, l’affluenza sarebbe stata assicurata. Ma possibile che solo i soldi siano in grado di attivare l’attenzione della gente? Se questa è la statistica tra i transurfer, cosa si può dire degli altri? Ho l’impressione che l’effetto “sonnolenza” stia velocemente prendendo vigore. Solo qualche anno fa la gente non era così addormentata. Persino nel business, che richiede uno

stato di massima consapevolezza per il raggiungimento dei fini prefissati, si notano a volte dei ristagni di attenzione e delle fissazioni in meccanismi stereotipati. Ad esempio, recentemente ho ricevuto una proposta di collaborazione da parte di un servizio di mailing commerciale. L’obiettivo era quello di trasferire la mia utenza da Subscribe.ru su

questo nuovo servizio. Tuttavia, quando gli operatori di questo servizio hanno saputo che l’archivio degli indirizzi su Subscribe.ru non è disponibile agli autori delle newsletter (e io comunque non mi sarei permesso di fare un trasferimento su mia iniziativa senza il benestare degli iscritti), mi hanno proposto di pagare per gli articoli che avrei scritto e che

loro si sarebbero occupati di diffondere. Quest’approccio mi ha reso perplesso perché il marchio Transurfing attira spontaneamente le persone e di conseguenza lavora sull’allargamento della base degli iscritti al servizio, fatto che di per sé è molto più prezioso del denaro che si può guadagnare sull’autore. Ma il discorso non è tanto questo. Dopo che mi sono rifiutato di collaborare a

pagamento, lo stesso servizio mi ha comunicato quanto segue: «Pubblicheremo i suoi articoli gratuitamente a condizione che lei non nomini i suoi prodotti». Capite come funziona il pensiero geniale dell’uomo d’affari? Come se la filosofia del Transurfing si potesse mettere in vetrina, in mezzo al salame e alle scarpe da ginnastica. Nei miei articoli

avrei potuto parlare di una qualsiasi cosa astratta, ma non del prodotto Transurfing! In questo caso, evidentemente, l’attenzione era occupata da una passione interamente assorbente: invece di avere l’intenzione di fare il primo passo di fronte allo specchio per fare in modo che l’immagine riflessa si muovesse incontro, si coglieva l’aspirazione ad

afferrare a tutti i costi quest’immagine riflessa e ad attrarla a sé con forza. Una psicologia allontanatasi di poco dall’infantile: “Dammi!”. E al contempo il “terror panico” di fronte alla possibilità, non voglia Iddio, di far pubblicità gratuita. Questo comportamento è sintomo di un’attenzione non libera, incapace di cogliere il senso del principio “rinunciate all’intenzione di

ricevere, sostituitela con l’intenzione di dare e otterrete ciò cui avevate rinunciato”. Io, per esempio, da questo punto di vista mi sento assolutamente libero, e non soffro di insonnia al pensiero che qualcuno possa guadagnare qualcosa grazie ai miei consigli. Prego, alla salute! Se consiglio qualcosa, lo faccio non con il fine di

promuovere un certo prodotto ma semplicemente per facilitare agli altri la ricerca di risorse affidabili. E non capisco proprio perché tutti si preoccupino tanto del rischio di fare pubblicità gratuita. Ancora un altro esempio dell’effetto-cattura dell’attenzione. Quando una compagnia di amici va a fare un picnic fuori città, cosa tende a fare per prima cosa?

Apre le portiere della macchina e accende la radio a tutto volume. Sembra una cosa strana: invece di riposare dai rumori della città e ascoltare il silenzio del bosco e il canto degli uccelli, l’istinto è quello di ripristinare subito l’abituale fracasso. O forse sono tutti appassionati di musica e di notiziari? Provate a confrontare

l’uomo moderno con l’uomo che viveva mille anni fa, quando non c’erano né giornali, né cinema, né radio, né televisione, né internet, nè telefoni cellulari. Si tratta di persone completamente diverse! E la differenza principale non sta nel livello di intelligenza, cultura o istruzione. Il fatto è che l’uomo moderno soffre di dipendenza da informazioni, non è in grado di fare a meno

di un flusso esterno di informazioni. È proprio questo flusso, generato dal sistema, a creare l’effetto della cattura dell’attenzione. Potete credere di essere totalmente concentrati su quello di cui vi state occupando in un dato momento, ma in realtà solo una piccola frazione della vostra attenzione è attiva. La maggior parte di essa è invece collegata con un filo

invisibile alla ragnatela di informazioni del sistema, è come se fosse già stata riservata dal flusso di gestione esterno, al pari di una cassetta di sicurezza in banca. Un’altra parte dell’attenzione, non meno significativa, è invece bloccata e si trova in uno stato di ibernazione. Il blocco è indotto dal cibo sintetico, che, come qualsiasi altro prodotto chimico, provoca

uno stato alterato di coscienza di livello più o meno importante. L’attenzione, e di conseguenza la consapevolezza, sono inoltre bloccate dal cibo morto, cioè sottoposto a trattamento termico. Questa scoperta fu fatta per la prima volta da Arnold Ehret, già all’inizio del secolo scorso. Ma nemmeno Ehret poteva supporre quale sarebbe stata

l’influenza sulla coscienza del cibo sintetico. Dunque, nella realtà di oggi si stanno manifestando due processi paralleli: la cattura e il blocco dell’attenzione. Si tratta di fenomeni che risultano essere parte integrante di un più complesso meccanismo di sviluppo del Sistema-matrix. RIEPILOGO

La gente, nella stragrande maggioranza, dorme e agisce letteralmente come nel sonno: non controlla la propria vita e la vita accade. Al posto dell’intenzione di fare il primo passo davanti allo specchio, per fare in modo che l’immagine riflessa si muova incontro, le persone cercano di catturare quest’immagine riflessa e di attirarla a sé con forza. L’uomo moderno è informazione-dipendente e non può fare a meno di un flusso esterno di

informazione. Il flusso di informazione, creato dal sistema, genera l’effetto della cattura dell’attenzione. Solo una quota minima dell’attenzione è attiva. La maggior parte è occupata già dal flusso esterno di informazione, come lo è una cassetta di sicurezza in banca. Un’altra parte dell’attenzione, non meno consistente, è in stato di ibernazione. Il blocco è indotto dal cibo sintetico.

NOTE A MARGINE Il fenomeno della cattura dell’attenzione, che si osserva in questi ultimi anni, è il primo sintomo e segno del fatto che il sistema inizia a crescere vigorosamente, come un tumore. Per l’uomo questo non avviene senza conseguenze: le sue abilità sono bloccate, le possibilità sono drasticamente ridotte. Abbiamo iniziato col discutere le fondamenta del Transurfing e alcuni

problemi legati ad esse. Ora vediamo perché sorgono questi problemi.

La coscienza tecnogena

In concomitanza con lo sviluppo della tecnica e delle tecnologie si deve formare una corrispondente coscienza tecnogena, o coscienza dei cyborg, se preferite. Le prime

sono impossibili senza la seconda, è tutto intercorrelato. Se ti nutri di cibo sintetico, diventi un cyborg. Se diventi un cyborg, ti nutri di cibo sintetico. Per l’uomo questo significa una cosa sola: egli diventa una cellula di matrix, e quest’esito non è nient’affatto fantastico. Perché di questo non si parla apertamente e chiaramente da nessuna

parte? Perché, e ci siamo di nuovo, si inscrive in questa logica. In primo luogo, per il sistema questo tipo di informazione è controproducente; in secondo luogo, la consapevolezza delle persone è già fortemente bloccata, mentre l’attenzione viene costantemente catturata e convogliata verso aspetti secondari e di minore importanza. Che cosa si può

contrapporre a questi processi? Molti, nel loro percorso di ricerca spirituale, approdano con speranza ad antichi insegnamenti e a pratiche esoteriche. In qualche modo questo può rappresentare un sostegno e una fonte di ispirazione, ma non si possono riporre particolari speranze su pratiche vecchie di mille anni, sviluppatesi in epoche in cui le persone erano molto

diverse e vivevano in condizioni completamente differenti da quelle attuali. Si può anche affinare la propria consapevolezza fino a raggiungere un livello superiore tramite un processo puramente mentale, attraverso il costante monitoraggio di se stessi, dei propri pensieri, delle proprie azioni e della realtà circostante. Tuttavia, educare costantemente se stessi e

trovarsi perennemente in uno stato di allerta è piuttosto difficile, richiede una disciplina da Guerriero e notevoli sforzi di volontà. Non a tutti è dato, e ben pochi si impegnerebbero in tale approccio. In considerazione di quanto sopra, la pratica di alimentazione naturale e possibilmente cruda (su cui ho iniziato a scrivere già nel

2005, nel mio libro Veršitel’ real’nosti [L’Arbitro della r e a l t à ; N.d.T.]), è la più semplice, naturale e allo stesso tempo efficace. Essa, come minimo, sblocca l’attenzione. La coscienza si rischiara e si libera davvero, per non parlare dell’aumento del tono generale, del potenziale energetico e della salute. Sono effetti confermati da tutti coloro che hanno capito il beneficio di

questo tipo di alimentazione e l’hanno provato su di sé. È una cosa che richiede poco, solo capire e provare. Recentemente i notiziari hanno parlato di una ragazza sofferente di una forma di disturbo ossessivocompulsivo: era costretta a ripetere più volte la stessa azione insensata, per esempio contare i suoi passi o chiudere le porte. Si tratta di un grado estremo di cattura

dell’attenzione da parte dei parassiti della coscienza. I medici la farciscono di psicofarmaci, ma invano. Questo tipo di “cure” serve solo a una cosa: trasformare la ragazza in un vegetale. Aiutarla veramente, invece, è molto semplice: basterebbe cambiare la sua dieta e proporle verdure fresche e soprattutto vegetali verdi in foglia. I parassiti delle sua coscienza se ne andrebbero

da soli, senza alcuna necessità di psicofarmaci, né di psicoterapeuti. Purtroppo, con questi rimedi non posso aiutarla, perché non mi ascolterebbero. I dottori non capiscono neanche quello che fanno, perché anche la loro attenzione è catturata da fattori esterni. E questa situazione mette tristezza. ***

Il cielo fu oscurato dalla caligine della tempesta. Essa faceva volteggiare i vortici di neve, piangeva come un animale e ululava come un bambino. Non ho capito: la caligine o la tempesta? Vabbè, non importa. Gli animali e i bambini si infuriarono e gettarono sulla caligine delle fiaccole incandescenti. Dio, benedici gli animali e i bambini. Chiedo ancora un briciolo

della vostra attenzione, e ora parlo sul serio. Il fenomeno della cattura dell’attenzione è piuttosto grave, per non dire preoccupante. Ricordate come gli scrittori di fantascienza ci spaventavano con gli scenari di invasione della Terra da parte degli alieni? Può essere però che il pericolo (come succede spesso) provenga da una direzione completamente diversa, inaspettata. Si sa sin

dai tempi antichi che tutto ciò che entra direttamente nell’uomo forma il suo corpo fisico, la sua coscienza e, di conseguenza, la sua realtà individuale. Dopo migliaia di anni, però, questo principio fondamentale si è trasformato in uno stereotipo così trito e ritrito da passare inosservato. Le persone se ne sono collettivamente dimenticate e si sono messe a ricercare nuovi segreti per

migliorare la vita. Non è forse strano che la maggior parte della gente non si chieda nemmeno cosa, come e perché mangi: mangia e basta. Il massimo di cui si preoccupa è che sia qualcosa di gustoso o almeno pratico. Ovviamente il livello di consapevolezza in questo discorso è diverso per tutti. Per esempio, immaginatevi una vecchietta che, per pura praticità, fa le scorte di pasta,

farina bianca, farina integrale, margarina, olio raffinato, zucchero. Si tratta di ingredienti già di per sé inutili, che producono dei piatti finali ancor peggiori, cibo per torturati, malati, quelli che molti diventano dopo 40 anni, se non prima. Questo è un grado massimamente basso di c ons a pe vol e z z a : mangiare semplicemente quello che è commestibile. E la magra

pensione qui non c’entra niente, perché con gli stessi soldi la vecchietta avrebbe potuto comprare molti più prodotti naturali. Nella giovane casalinga che alla televisione guarda i programmi “di avanguardia” sulla corretta alimentazione, il grado di consapevolezza è più alto, ella già riflette su quello che mangia e mette in tavola alla famiglia. Tuttavia, molto di quello che viene

reclamizzato dai mass media, in un modo o nell’altro, rappresenta gli interessi dei grossi produttori, ai quali, ovviamente, non interessa tanto la salute della nazione quanto qualcos’altro, sebbene ogni pubblicità parli di “prodotti sani e naturali”. Prendiamo ad esempio uno dei prodotti più diffusi, la farina bianca. La consapevolezza della giovane

casalinga non arriva a comprendere che la farina bianca (e i prodotti suoi derivati) è un prodotto sintetico, una gastronomia portata all’assurdo. La parte più preziosa del grano è contenuta nel germe e nell’involucro. La farina bianca di prima qualità si ottiene da un processo di raffinazione che elimina il germe e l’involucro, cioè la parte più utile del chicco di

grano, e lascia solo la parte morta, costituita per lo più da amido e prevista dalla natura come riserva, una sorta di botte di grasso per il germe. Nutrirsi di prodotti di farina bianca di prima qualità è come comprare in negozio dell’amido e mangiarselo col cucchiaio per pranzo. Del resto, non vale la pena di nutrire illusioni nemmeno verso il pane nero di segale. La gente non sa che la farina

è un prodotto altamente deperibile. I tocoferoli (la vitamina E), le vitamine del gruppo B e altre sostanze nutrienti, a contatto con l’aria si ossidano molto rapidamente. La farina appena macinata perde rapidamente il suo aspetto commerciale, la consistenza necessaria, l’umidità e le altre proprietà necessarie per il suo uso nelle ricette. È ovvio che queste condizioni

non sono vantaggiose né per i produttori né per i commercianti. Al fine di renderla un prodotto usabile, la farina viene sottoposta a un serio trattamento chimico. Ma questo, lo ripeto, lo sanno in pochi. I cibi derivati dalla farina sintetica vengono prodotti sulla base dei lieviti termofili. Si tratta di una pratica che si è ampiamente diffusa in tempi recenti, negli

anni della seconda guerra mondiale. Il lievito è più pratico dei fermenti naturali. Si aggiunge direttamente alla pasta e questa cresce. Ma che cos’è il lievito? Di fatto è una colonia di funghi, che hanno una vitalità paragonabile alla vitalità dei parassiti più pericolosi: non li uccidono neanche le alte temperature, da qui il loro nome, termofili.

E adesso immaginatevi che nel vostro organismo si è instaurato un essere alieno, un fungo, che risistema il vostro ambiente interno così come gli fa comodo. Per il momento si sa solo che i lieviti inibiscono la microflora simbiotica (e qui si spiega la popolarità, oggi senza precedenti, dei vari tipi di yogurt – di nuovo, sintetico! –, che teoricamente “ripristinerebbe” questa flora

danneggiata). Sulle altre alterazioni degenerative si può giudicare solo sulla base del numero di morti per nuove malattie, e dei ricavi delle aziende farmaceutiche, poiché mancano studi specifici (non è redditizio rivelare la verità). Cosa può fare una giovane casalinga trovandosi circondata ovunque da cibo morto sintetico?

Immaginate ora un’altra scena. Nella vostra cucina campeggia una meraviglia della tecnica, il mulino elettrico (può anche darsi che molti non sappiano dell’esistenza di una tale meraviglia). Questo significa che in qualsiasi momento potete macinarvi il grano da soli e preparare tutto quello che vi piace, dal pane alla pasticceria raffinata, con la sicurezza di star utilizzando

una farina senza sostanze né additivi chimici e ricca delle sue sostanze benefiche. Vedrete allora il vero colore della farina, che non risulterà bianca, come l’amido, ma marrone, e arricchita dai preziosi frammenti dell’involucro e del germe di grano. Questa è l’autentica farina, quella che usavano i nostri antenati e che voi non avete mai visto. In realtà, preparare un

fermento naturale e cuocere il proprio pane non è affatto difficile, non più difficile che fare dei banali biscotti. Se poi vorrete ottenere un prodotto che faccia bene alla salute, dovrete prima far germinare il grano e poi essiccarlo, e anche quest’operazione non è così difficile. Il grano ecologico si può comprare senza problema (almeno, per il momento) nei negozi

specializzati, od ordinarlo via internet. Sempre in internet si possono trovare tante ricette e gli indirizzi per acquistare il mulino elettrico. Quest’apparecchio diventerà il vostro preferito, quando capirete qual è la sua meraviglia e quanto vi libera dalla ghenga numerosa e insaziabile dei produttori di cibi sintetici. Ma per questo occorre che la Consapevolezza della

giovane casalinga si sia elevata di almeno un gradino, capite? P.S.: ops, a quanto pare ho di nuovo fatto pubblicità di qualcosa. Ma questa volta, a bella posta, non indicherò alcun indirizzo utile per l’acquisto del mulino elettrico. Chi vuole, lo potrà trovare nel libro Apokrifičeskij Transerfing [contenuto ne Il Transurfing

vivo, cit.; N.d.T.] o in internet. Ma se a qualcuno serve proprio tanto e subito, mi potrà scrivere e io glielo spedirò. In gran segreto. RIEPILOGO Se ti nutri di cibi sintetici, diventi un cyborg. Quando diventi un cyborg ti nutri di cibi sintetici. Il sistema convoglia sempre l’attenzione del singolo in direzione di cose

secondarie e inconsistenti. Tutto quello che entra nell’uomo direttamente, forma il suo corpo fisico, la sua coscienza e di conseguenza anche la sua realtà. La maggior parte delle persone non si chiede nemmeno che cibo mangia, come e perché lo mangia. Mangia e basta. Nutrirsi con alimenti naturali e possibilmente vivi come minimo sblocca l’attenzione. La coscienza diventa chiara e libera, per non parlare poi dell’aumento del tono

generale, del potenziale energetico e della salute.

NOTE A MARGINE Guardatevi intorno: persone sonnolente, impotenti, malate comprano da mangiare nelle catene dei supermercati, perdono tempo nei meandri degli uffici sanitari locali, prestano cieco ascolto ai messaggi pubblicitari… L’umanità ha raggiunto un livello di idiozia tale da indurla ad autodistruggersi,

a rovinare se stessa, non a causa dell’ambiente, ma direttamente, attraverso il cibo. Una stupidità difficile da aspettarsi da esseri che si ritengono ragionevoli.

L’artefatto d’intenzione

Vi propongo una tecnica potente, e tra l’altro antica, che nel contesto attuale di cattura e blocco dell’attenzione risulta essere assai utile.

Innanzitutto vi serve un certo attributo, che può essere un giocattolino, un souvenir, un talismano, un guanto… un qualsiasi oggettino che vi ispiri simpatia. Potrebbe anche essere il regalo di qualcuno o una cosa acquistata o fatta da voi, o trovata per caso e raccolta dopo aver conquistato la vostra attenzione. La tecnica si riduce a un

semplice rito “pagano”, da eseguire al mattino e alla sera. Dovete prendere in mano l’oggettino e dirgli: «Buongiorno (buona notte), mio caro. Ti voglio tanto bene e avrò cura di te, ma tu dovrai aiutarmi a realizzare il mio desiderio». Dopodiché dovrete pronunciare la vostra dichiarazione di intenzione riguardante ciò che volete raggiungere. Per esempio:

«Il mio mondo mi ama, il mio mondo si preoccupa di me, incontro la mia anima gemella (o sarà la mia anima gemella a trovarmi, come preferite), mi offrono un ottimo lavoro, realizzo brillantemente il mio progetto, mi si offre l’opportunità di avere una casa mia, trovo il mio fine, la mia attività

è al massimo…» e così via, nominando ciò che più desiderate. Un desiderio per ogni giocattolo. Se avete più di un desiderio, dovrete procurarvi oggettini diversi e “sussurrare” a ognuno la vostra dichiarazione. Quest’ultima dovrà essere espressa in modo sintetico, chiaro e preciso, in forma affermativa e al presente e

non come preghiera o richiesta. Essa infatti verbalizza un’intenzione, e non deve contenere né condizioni né spiegazioni. Nel pronunciare la dichiarazione dovrete non desiderare, ma essere intenzionati. Siete intenzionati di fare e fate. Siete intenzionati di ricevere e ricevete. Se la dichiarazione viene formulata in modo corretto,

vi sentirete invasi da un senso di sicurezza, di certezza di ottenere quello che avete chiesto. Nonostante l’apparente semplicità e innocenza (o addirittura ingenuità), il gioco è piuttosto serio. Ora vi spiegherò come e perché funziona. Il suo meccanismo è basato su due funzioni: la prima, ovviamente, è il gancio dell’intenzione. Nella realtà di oggi le persone sono

fortemente influenzate dall’effetto della cattura dell’attenzione, ragion per cui fissare l’intenzione sul fine diventa sempre più difficile. Potete osservarvi da soli nel vostro quotidiano e vedere quante sono le buone intenzioni che rinviate a un dopo, quanto spesso insorgono questioni urgenti e fattori di distrazione che vi impediscono di soffermarvi un minuto e concentrarvi sui

vostri fini. Questo rituale, da inglobare nel vostro regime orario obbligatorio, funziona invece come un “lazo”, obbligandovi a focalizzare la vostra attenzione su ciò su cui dovete assolutamente e sistematicamente fermarvi se volete ottenere dei risultati. La seconda funzione non è così evidente, poiché giace nella sfera della metafisica

ed è intangibile. Alla pari del mondo fisico, esiste un mondo altrettanto obiettivo ma invisibile, popolato da essenze sottili, reali come siamo noi. Questo mondo viene da noi percepito solo indirettamente, sotto forma di fenomeni paranormali. Del resto, analogamente, le essenze del mondo sottile percepiscono la nostra presenza solo in forma di riflessi, proiezioni fantasma

di un’altra dimensione. Immaginate che, durante degli scavi archeologici, nello strato antico di migliaia di anni scoprite un oggetto chiaramente innaturale, forse anche di origine extraterrestre. Davanti a questo reperto vi sentite letteralmente paralizzati, presi da un fremito che si può definire estatico, perché il termine “sorpresa” non è adatto, tanto è irreale ciò che

vedete. Un simile oggetto si c h i a m a artefatto. Nell’enciclopedia gli viene data la definizione seguente: «Processo, oggetto, proprietà di un oggetto o di un processo, la cui comparsa per cause naturali nelle condizioni osservate è impossibile o altamente improbabile. È un segno di interferenza deliberata nel

processo osservato, o di presenza di alcuni fattori trascurati». Ebbene, allo stesso modo, un oggetto illuminato dall’intenzione si presenta alle essenze sottili come un artefatto, suscitando in loro una forte curiosità. Il mondo degli altri oggetti materiali che ci circondano per queste entità rimane invisibile. Noi, di regola, non attribuiamo importanza alle cose, non le

investiamo di intenzione, ma le usiamo solo meccanicamente come utensili o accessori per la casa. L’unico anello universale che collega i nostri mondi è l’intenzione e l’amore. Se si investe un oggetto materiale di intenzione, esso, da pezzo di materia senza vita, si trasforma in oggetto di Forza, che nel mondo

sottile diventa già visibile. Per le entità sottili esso appare come un artefatto di intenzione recante in sé il segno di un intervento mirato proveniente da una qualche realtà parallela. Inoltre, se in esso viene riposto amore, l’artefatto comincia a brillare e ad attirare le entità sottili, come il nettare attira le farfalle. Queste entità indipendenti (non pendoli) sono tutte diverse, grandi e

piccole, più o meno sviluppate. Non hanno un accesso diretto al nostro mondo, ma ne sono molto interessate, e se si presenta l’occasione, entrano volentieri in contatto. Nei miei libri precedenti ho già scritto che ognuno di noi è in grado di creare delle entitàfantasma, che può mantenere in vita con la forza dell’energia mentale. Vi potrebbe anche

accadere di attrarre e domare un’entità già matura, che diventerà il vostro alleato. L’artefatto d’intenzione, il vostro giocattolino, è un anello di congiunzione, una sorta di filo telefonico tra voi e il vostro alleato. Non importa in quale forma avverrà la vostra “comunicazione”: funzioneranno le regole che fisserete voi. Vi è solo richiesta un’attenzione più o

meno costante e sistematica, e un rifornimento di energia d’intenzione e di amore. Un piccolo rituale mattutino e serale sarà più che sufficiente. Dunque, quando portate a compimento il rituale con il vostro giocattolo, su di esso, come una farfalla su un fiore, si posa l’entità sottile, crogiolandosi ai caldi raggi del vostro amore e prestando ascolto con interesse alla

vostra intenzione. E non è nemmeno importante se l’essenza capisce o meno quello che volete comunicarle. Essa si metterà ad ascoltare come si ascolta una storia o una canzone, e poi volerà via, portando ovunque, come un’eco, le parole: «Il mio mondo mi ama! Il mio mondo si preoccupa di me! Col mio sogno, ci incontreremo presto!». Questa eco altro

non è che quell’additivo importante che migliorerà significativamente la vostra intenzione. RIEPILOGO Se un oggetto materiale viene investito di intenzione, esso, da pezzo di materia senza vita, si trasforma in un oggetto di Forza, che nel mondo sottile già diventa visibile. L’artefatto d’intenzione è un

anello di collegamento, una sorta di filo telefonico tra voi e il vostro alleato. La dichiarazione dev’essere formulata in modo conciso, chiaro e preciso, in forma affermativa, al presente o in un tempo continuato e non come richiesta o preghiera, ma come intenzione, senza condizioni né spiegazioni. Se la dichiarazione è formulata correttamente, verrete invasi da una sensazione caratteristica di sicurezza, di certezza di sapere che otterrete il vostro, ciò che avete

desiderato. Questo rituale fissa l’attenzione sul fine.

NOTE A MARGINE I miei libri, e soprattutto questo, sono delle entità assolutamente indipendenti, delle personalità autonome. E queste personalità sono più forti di me. Esse si scrivono da sole, non sono io a farlo. E si scrivono così come vogliono loro, e non come io vorrei. E poi, quasi per beffa, cominciano

a comandare. I redattori della casa editrice mi hanno raccontato che, quando arriva un mio libro, esso comincia a riorganizzare il loro orario a suo piacimento, come se fosse un capo. Negli ultimi sei mesi di lavoro su questo libro mi trovavo in uno stato che mi faceva dire: «Ecco, siamo alla fine». E invece no. Sopraggiungeva qualche nuova Forza che avanzava ancora delle questioni, costringendo a lavorarci su. Questo libro è esso stesso

un oggetto di Forza, un artefatto di Forza, ne sono assolutamente sicuro. Mi ritengo un esecutore mediocre ma il libro non mi dava tregua, mi prendeva sempre per la collottola e mi faceva lavorare fino a che non arrivava a spremermi fuori tutto quello che gli serviva.

Un segreto spaventoso

Il capitolo L’artefatto d’intenzione era stato pubblicato come newsletter. Qui rispondo ad alcune domande, continuando il tema della cattura

dell’intenzione. «La tecnica che lei ha descritto non si differenzia in nulla dai rituali sciamanici. Lei non è mai stato in grado di dire qualcosa di nuovo, né prima, né adesso». Ma quando mai ho affermato di rivelare qualcosa di nuovo? Mi scusi,

ma forse è il contrario. Ho sempre chiamato il Transurfing una conoscenza antica, che, tra l’altro, è nota a molti e senza tanti libri, giacché molti di noi sono anime antiche. Ma lei non ha ancora capito che tutti scrivono della stessa cosa, a cominciare dagli antichi Veda per finire con Elena Petrovna Blavatskaja? Degli autori contemporanei non parlo

nemmeno. Nel nostro mondo non c’è nulla di nuovo, perché questo mondo è già abbastanza vecchio. Le svelerò un segreto spaventoso, ma non lo dica a nessuno! Non si tratta del nuovo che l’uno o l’altro autore può rivelare a lei personalmente, ma del nuovo c he lei stessa è in grado di scoprire per sé leggendo autori diversi. Lei può

affrontare con lo stesso successo un serio trattato filosofico o una storia di poche pretese, perché il risultato, fondamentalmente, dipende non dalla fonte di informazione esterna ma da quali pensieri le volteggiano in testa mentre sta leggendo quelle pagine. La domanda doveva essere formulata in modo diverso: «Nel leggere il suo testo, non ho scoperto nulla di nuovo».

E, più avanti, una serie di precisazioni: 1. “Nuovo in senso generale o nuovo per me?”. Lei si renderà conto che si tratta di cose completamente diverse. 2. “Perché non ho scoperto nulla di nuovo?”. Di chi è la colpa, mia o dell’autore? 3. “A cosa stavo pensando nel momento in cui

leggevo il testo?”. Forse al fatto che lei è molto intelligente e sa tutto? 4. «Come funzionava il mio intelletto mentre leggevo il testo?». Quest’ultima precisazione è assai significativa. Abbiamo già discusso sul fatto che l’uomo medio moderno è più consumatore che creatore di informazione. Nel nostro mondo sono poche

le persone coinvolte nel processo di creazione di informazione, meno dell’1% della popolazione. Tutte le altre consumano solamente. E anche coloro che creano risultano a loro volta dei consumatori. In che senso? Provate a immaginare questa scena, un po’ esagerata. Al cinema è seduto un organismo cibernetico (supponiamo che si sia già imparato a farli) in grado di

eseguire due semplicissime funzioni: inghiottire popcorn e far lampeggiare le sue lucine in risposta agli effetti esterni visivi e uditivi. Quando il cyborg guarda semplicemente il film, senza pensare a nulla, e mastica il popcorn, nel suo organismo si svolgono due processi. Primo processo: il popcorn entra attraverso un orifizio e si muove in direzione di un

altro, venendo al contempo sottoposto ad alcune metamorfosi digestive. Secondo processo: allo stesso modo, negli orifizi adiacenti entrano le informazioni, che fanno girare di conseguenza qualche ingranaggio (registrando una reazione di entusiasmo del tipo “Wow! Pazzesco!”) e lampeggiare le lucine esterne.

I processi sembrerebbero diversi, ma la sostanza è la medesima: sia il popcorn che le informazioni entrano ed escono, semplicemente, senza generare alcun cambiamento e tanto meno ispirare creazioni e illuminazioni. Non voglio affatto dire che guardare film e leggere libri solo per divertimento non abbia senso. Tutto ha un senso, se viene fatto

consapevolmente. Ma se gli ingranaggi sono impostati solo sul consumo di informazione, espellere dal proprio orifizio di uscita delle conclusioni critiche, del tipo “non è nuovo, è poco interessante, non è degno della mia persona” è come minimo anti-estetico. Se una persona, dopo aver letto un libro, dichiara di non avervi trovato nulla di nuovo,

siamo in grado di ritenere con assoluta certezza che si tratti di un consumatore primitivo. E non di un creatore e certamente non di un artefice. Perché imparare qualcosa di nuovo dalle parole di altre persone non è né un conseguimento, né una creazione. Conseguire e creare avviene quando, sfogliando vecchie pagine, si fanno nuove scoperte da soli. In questo caso ogni desiderio

di criticare, al pari di lasciare un segno su un palo, scomparirebbe completamente, perché l’intenzione sarebbe occupata da tutt’altro e la mente funzionerebbe a un regime completamente diverso. Ora chiariamo un po’ cosa c’è di nuovo nella tecnica “l’artefatto d’intenzione”. In effetti, una tecnica simile veniva e viene utilizzata dai pagani, dai maghi, così come

dai bambini. Ma, nonostante l’apparente somiglianza, queste tecniche, in sostanza, sono diverse. In breve, le differenze sono le seguenti. I maghi ripongono nei loro artefatti l’intenzione, trasformandoli in amuleti, talismani e in altri oggetti di Forza. L’intenzione funziona in modo piuttosto efficace. Nei pagani non si tratta più di

intenzione, ma di richiesta, supplica, fede, speranza, culto e paura. È ovvio che una tecnica basata sulla fede mista a reverenza è molto più debole. I bambini non hanno né fede, né intenzione, ma hanno amore. Essi semplicemente amano i loro animaletti senza chiedere nulla in cambio e senza dar loro troppa importanza. Nella tecnica “l’artefatto dell’intenzione” viene usata

una doppia forza, quella dell’intenzione e quella dell’amore. Credo che non servano ulteriori spiegazioni. Si tratta solo di capire quanto volete e quanto amore siete in grado di investire in un oggettino. Ovviamente l’amore sarebbe indirizzato non all’oggettino stesso ma all’essenza che vi sta dietro. E non è sentimentalismo, come può

sembrare, ma una sorta di “amore di calcolo”, poiché, in un modo o nell’altro, confidate nell’aiuto da parte dell’essenza cui vi rivolgete per il tramite del giocattolino. Pur non trattandosi di un amore veramente “puro”, anche questo possiede una forza sufficiente. Di solito cominciamo ad amare le persone di cui ci occupiamo, e anche voi, dandogli

un’attenzione particolare, vi occupereste del vostro giocattolino. E poi, come non amarlo, se è così tenero, sempre pronto ad ascoltare le mie favole e le mie canzoncine, sempre pronto ad aiutarmi senza voler nulla tranne qualche goccia di attenzione. Tuttavia, ripeto, questa tecnica non è adatta a tutti, dipende dalla mentalità e dal carattere di ciascuno. Se essa

non si inscrive nella sfera del vostro benessere, non preoccupatevi, consideratelo una cosa normale e provate altre tecniche. «Se l’artefatto dopo un po’ di tempo realizza la mia intenzione, devo lasciarlo e cercarmene un altro per sostenere un altro nuovo fine? In altre parole, è multiuso?».

Forse che l’eco è “monouso”? Forse che il lettore di musica serve per un solo disco? Ovviamente una stessa essenza potrà all’inizio trasmettere un’intenzione e poi passare a un’altra, perché funziona come un’eco, o meglio, come una lucciola che svolazza per il mondo sottile irradiando la dichiarazione della vostra intenzione come un programma, un segnale radio.

Quello che vi viene richiesto è solo precisione e consequenzialità, per non confondere né l’essenza, né voi stessi. «Cosa fare con l’oggetto di Forza, con l’Alleato, quando il fine è stato raggiunto? Smettere di prestargli attenzione e dargli amore? Se fosse così sarebbe difficile, perché l’oggettino

diventa caro come un figlio, tanto più se è stato trovato e non creato». Quando il programma è stato completato, passate a un altro con lo stesso oggetto di Forza. Per il resto, capirete da soli. Siamo responsabili di coloro che addomestichiamo. Per esempio, se il vostro animale domestico non è più “stimolante”, decidere cosa

farne ricade sulla vostra coscienza. Certo, le essenze del mondo sottile non si manifestano in modo così chiaro come gli abitanti del mondo materiale. È difficile dire cosa può succedere a un’essenza dopo che la si è lasciata. Essa può spegnersi, svanire, oppure può iniziare a vivere una sua vita. Non sono stati condotti studi su quest’aspetto. Però, anche le persone si lasciano e

cominciano a vivere una loro vita. Tutto può succedere. Comunque sia, la decisione spetta solo a voi. Consiglio unicamente di non farsi troppi alleati, per non avere in futuro troppi oneri. RIEPILOGO Le conoscenze che si possono ricavare da un libro, dipendono fondamentalmente non dal suo contenuto, ma da quello

che il lettore stesso è in grado di scoprire per sé, nel libro. Imparare qualcosa di nuovo dalle parole dette da altri non è né un conseguimento, né una creazione. Il conseguimento e la creazione avvengono quando, sfogliando vecchie pagine, fate nuove scoperte da soli.

NOTE A MARGINE L’oggetto di Forza per questo libro è il quadro

riprodotto in copertina. L’autrice è un’artista di Londra, ARINA (Arina Gordienko). È stata Arina stessa a propormi di creare un bel vestito per il mio libro, e di questo le sono molto grato. Il suo quadro non è semplicemente bello. Potete forse notare che la Sacerdotessa in esso raffigurata è la perfezione stessa. È viva, mentre il cubo del sistema è morto e inquietante. È fuor di dubbio che il quadro porti il marchio della Forza. Si può fare la conoscenza dell’arte di Arina nel suo sito

http://www.arina-art.com/.

Freddo e fame1

Mi arrivano spesso lettere contenenti domande di questo tipo: «Dove trovare cibo vivo in inverno? Non so proprio cosa fare!».

Sì. Freddo e fame. Freddo perché si ha fame e fame perché si ha freddo. Non c’è un filo d’erba, bisogna cercare il cibo sotto il manto di neve. Mentre scrivevo queste righe era pieno inverno, ma il tempo aveva inaspettatamente fatto un inchino ed era venuta a fare un salto da noi la primavera. I germogli di tulipani e di tarassaco avevano fatto

capolino, pensando che l’inverno fosse già alle spalle. Ma invano avevano avuto questo pensiero. Era successo così che, senza volerlo, ero stato io a spaventare l’inverno. O forse non l’avevo proprio spaventato, ma confuso, insomma non lo so. Solo che è davvero successa una cosa strana. Quest’inverno da noi è

caduta tanta neve, fatto tutt’altro che tipico per la zona in cui vivo. In casa non avevo nemmeno gli sci, perché la neve di solito da noi è poca e non rimane a lungo. Invece quest’inverno, fin dall’inizio di dicembre, dovevo ogni mattina prendere in mano la pala e spalare. Alla fine mi sono stancato, così ho preso una decisione: basta, adesso vado a comprarmi gli sci. La mia

famiglia ha accolto l’idea con grande scetticismo, ma io sono stato irremovibile. Il problema stava anche nel fatto che nella nostra zona nessuno scia2, ragion per cui non si trovano sci nei negozi sportivi. Io, però, ero già sul piede di guerra contro l’inverno e non avevo dubbi circa il fatto che avrei trovato gli sci che mi servivano. O il Transurfing non avrebbe

funzionato?!? Iniziai la mia ricerca con una grave violazione dei princìpi stessi del Transurfing (ricadute di questo tipo mi succedono spesso, dato che la maggior parte della mia vita si è svolta all’insegna dell’antiTransurfing). Ragionavo in questo modo: nel negozio vicino, a fianco di casa, sci non ce ne dovrebbero essere, perché non è possibile

(ammesso che sia possibile la loro presenza nella nostra città). La ricerca degli sci dovrà essere necessariamente lunga e difficile, e a trovarli sarà solo colui che è più intelligente di tutti gli altri, colui che sa che gli sci lo potranno aspettare solo nel negozio specializzato più lontano. Ed essi spetteranno solo a colui che avrà superato ogni difficoltà e privazione sulle strade innevate, a colui

che avrà bevuto l’amaro calice della delusione derivante da una ricerca infruttuosa. Così fu (del resto, l’avevo ordinato io). Dopo che la mia faticosa escursione per tutta la città non fu coronata da alcun successo, entrai senz’alcuna speranza nel negozietto vicino a casa, dove gli sci mi stavano aspettando, belli e pronti, riservati apposta per me.

Portai gli sci a casa e li piazzai in bella vista, come spaventapasseri. Il giorno successivo piovve e la neve cominciò a sciogliersi. Tutto è successo due settimane fa, e la pioggia continua da allora. Non abbiamo visto nemmeno il “gelo del battesimo” [kreščenskie morozy... ]3. Per questo i vegetali più inquieti si sono immaginati che la

primavera fosse arrivata e hanno pensato di svegliarsi sul serio. Ora, però, ho un altro problema. Penso… e adesso cosa faccio? O nascondo velocemente gli sci nello sgabuzzino, così l’inverno ritorna e ricopre di neve questi sciocchi vegetali, oppure aspetto l’inverno al varco e non appena si avvicina corro a comprarmi i pattini da ghiaccio. E magari

il bastone da hockey, visto che non ce l’ho. A dire il vero sono tante le cose con cui ci si potrebbe equipaggiare. Mah, ci devo pensare, ancora non so. Chi vivrà, vedrà. Qualcosa di simile mi era accaduto anche prima, a Hong Kong, per esempio, dove sono stato invitato alla presentazione dei miei libri. Sapevo che sarei andato là

nella stagione delle piogge e per questo mi ero equipaggiato di un ampio ombrello. In tutti i giorni in cui mi trovavo lì, però, non ci fu pioggia. I nostri amici di Hong Kong si chiedevano, stupiti: «Ma cosa sta succedendo? Non piove perché c’è Zeland con noi?». «No» risposi, «perché c’è il mio ombrello». Ma ritorniamo ora alla ricerca del cibo. Di fatto, se

non avete idea di cosa mangiare in inverno, per voi non è ancora venuto il momento di passare a un’alimentazione viva al 100%. Non siete ancora in tema. Dovrete solo interessarvi di più di cibo vivo e di tutto ciò che ad esso è connesso. In internet e nei libri potete trovare molte informazioni scritte da persone che hanno già maturato una preziosa

esperienza in questo campo. Non consiglio solo di credere a tutto quello che si dice sul cibo alla televisione, in particolare sul cibo vivo. Di questo amano discutere, di regola, proprio quelle persone che non ne hanno esperienza alcuna. I mass media più importanti, sempre, in un modo o nell’altro, lavorano a vantaggio di grandi produttori e commercianti.

Quando si rivela una qualche “dura verità sul cibo”, chiedetevi: per chi è vantaggioso questo programma televisivo? Se si scende in mezzo al pubblico, si può vedere che spettacolo divertente viene messo in scena: se per questa “dura verità” soffrono i produttori, allora vince la medicina, se vengono compromessi gli interessi

dell’industria cosmetica, crescono in classifica i prodotti farmaceutici, se in un certo momento vengono pubblicamente battuti alcuni commercianti, allo stesso tempo ne trionfano degli altri, e così via, in combinazioni diverse. È in atto una battaglia senza fine tra grandi pendoli, una battaglia intesa a conquistare noi, acquirenti e consumatori. È nostro

compito non inserirci in questa battaglia e non inghiottire l’esca, ma osservare da lontano, come si guarda uno spettacolo circense, rendendosi conto che si tratta di un circo. Se non sapete che cosa mangiare o di cosa nutrirvi senza violare alcuna regola, fate una cosa semplice: permettetevi di violare la regola.

In questo caso sarebbe saggio farsi guidare dai seguenti princìpi: 1. Se non siete pienamente certi di voler e poter mangiare solo ed esclusivamente cibi vegetali freschi e vivi, vi conviene fissarvi dei limiti flessibili, per esempio nutrirvi di cibi prevalentemente vivi, concedendovi delle

eccezioni in questa fase. 2. Se fate delle eccezioni, conviene dare la preferenza a quei prodotti che contengono veramente qualcosa di utile e prezioso, e non sono semplicemente commestibili. 3. Utile e prezioso si può considerare quel cibo che, essendo caratterizzato da un alto contenuto

nutritivo, è in grado di depurare l’organismo, non di intasarlo. 4. Agire non in base al principio della rinuncia, ma in base a quello della sostituzione di alcuni prodotti con altri, più benefici. 5. E non dimenticarsi del principio fondamentale: il passaggio a un’alimentazione

vegetariana viva dev’essere graduale, deve corrispondere al proprio grado di maturazione e non essere il prezzo di sforzi di volontà o allenamenti emotivi. Il terzo principio necessita di un commento. I prodotti atti più a depurare che a intasare l’organismo ci sono, a dire il vero, anche nel cibo morto. Si tratta, innanzitutto,

di germogli di cereali e leguminose. Crudi, essi manifestano le loro qualità al massimo, ma anche cotti fanno bene. Ad esempio, i germogli di fagioli mung e di ceci purificano l’organismo a tutti i livelli, dalle cellule ai sistemi di filtraggio, possedendo inoltre un elevato valore nutritivo. Cucinarli è molto semplice. Bisogna prima setacciarli (a volte ci

sono sassolini), poi coprirli con acqua e lasciarli a riposo per una notte. Al mattino bisogna metterli in uno scolapasta, coprirli con quattro strati di garza umida e metterli in un luogo caldo. La sera bisogna far bollire dell’acqua, aggiungerci una foglia di alloro, del pepe in grani e dei chiodi di garofano, gettare i germogli nell’acqua bollente e farli cuocere per 3-5 minuti. Dopo

averli scolati, bisogna aggiungere dell’olio di zucca o di cedro (siberiano), eventualmente anche un po’ di sale e della salsa adzhika naturale (senza pomodori). Il piatto che si ottiene ha un valore nutrizionale superiore a quello della carne, e dalle proprietà depurative seconde solo ai germogli vivi. Il “boršč” vegetariano4 appena preparato ha, per

quanto strano possa sembrare, un potenziale ossido-riduttivo confrontabile a quello dell’acqua viva. Certo, non me la sento di consigliare il boršč bollito nel brodo di carne, però quello vegetariano sì. Se a qualcuno sembrasse troppo insipido, si possono aggiungere dei pomodori soffritti in padella con dell’aglio, mentre il cavolo previsto dalla ricetta

può essere in parte fresco e in parte acido, per un maggior gusto. Tutte le verdure devono venir bollite fino a metà cottura, non di più. Anche questo è un piatto prezioso e benefico, seppur cucinato. Un altro cibo molto utile e dimenticato è la rapa, col suo elevato contenuto di calcio, ferro e potassio. Per contenuto di vitamina C la

rapa supera persino il limone. Contiene molto fosforo e magnesio ed è ottima nella prevenzione del cancro, per rafforzare i denti e lo scheletro e per la depurazione e la cura del tratto gastrointestinale. È conosciuta come “il cibo dei costruttori delle piramidi” grazie al suo alto valore nutritivo. Nessuno può dire con certezza se le piramidi siano

state costruite “col sudore della fronte”, ma anche in Egitto, così come in Russia, fino alla diffusione delle patate le rape erano uno degli alimenti di base. Poi, con lo sviluppo della civiltà industriale e dell’idiozia generale, molti prodotti preziosi sono finiti nel dimenticatoio. Se al mercato riuscite a trovare qualche vecchietta5 che vende rape,

consideratevi fortunati. Per fortuna le persone che capiscono abbastanza di queste cose non si sono ancora estinte, però sono molto poche. Se in inverno volete mangiare qualcosa di denso e caldo, provate a cuocere a vapore una rapa (se avete la fortuna di trovarla), magari anche con una patata, e cinque minuti prima di fine cottura aggiungete alcune

cipolle. Sia la frutta che la verdura vanno mangiate con la buccia (con rare eccezioni, ad esempio banane e agrumi), perché essa contiene le sostanze necessarie per la completa digestione del frutto cui appartiene. Bisogna però sapere che le patate invernali vecchie devono essere mondate dalla buccia: in essa si accumulano le sostanze tossiche. La buccia della rapa vecchia può anche

essere lasciata, mentre le zone verdi sia delle rape che delle patate vanno sempre tagliate. Non stiamo parlando qui di cibo vivo vero e proprio ma delle eccezioni e delle aggiunte ammissibili in un regime tendenzialmente crudista. Il senso è che, se proprio si vuole violare il regime di alimentazione a base di cibi crudi e vivi, allora bisogna farlo con la

testa, con perdite minime e massimo vantaggio per l’organismo. Ad esempio, le “kaše” (pappette) di cereali possono venir sostituite da germogli di leguminose, mentre al posto delle patate si possono mangiare rape. Un altro prodotto esclusivo in questo senso è il cosiddetto riso selvatico, una pianta che, a parte la somiglianza esterna, col riso non c’entra niente.

A suo tempo il riso selvatico era uno dei prodotti più importanti per gli indiani del Nord America (come l’amaranto per i Maya e gli Aztechi). Fa benissimo all’organismo: migliora la vista, la reazione e infonde una forte carica di energia. Tonifica molto bene ed equilibra il sistema nervoso. È ricco di proteine ed è un forte afrodisiaco: con lo stesso successo si possono

mangiare sia ostriche che riso selvatico. Viene preparato in diversi modi, a seconda della specie. Il principio generale è il seguente. Prima bisogna immergerlo in acqua per un’ora, meglio se per una notte, se non si deforma (far germogliare il riso selvatico, purtroppo, non è possibile, perché di solito è sottoposto a un trattamento ad alta temperatura per garantire una

lunga conservazione). Poi va cotto per 20-25 minuti (il rapporto tra acqua e riso è di 3:1). Nella pentola di cottura esso va poi avvolto in una coperta per due ore. Lo si può condire con salsa di soia (se ne trovate senza glutammato) e olio di cedro siberiano. Trovare il riso selvatico sul mercato non è facile, per la stessa ragione di cui si diceva per la rapa: la gente,

nella maggior parte dei casi, non capisce nulla di cibo, non sa niente e non vuole sapere niente. Mangia semplicemente ciò che è commestibile. Ecco perché dico che, avvicinandosi a questa nuova pratica del Transurfing, ovverossia alimentandosi con cibo naturale e vivo, si entra in un club d’élite. Di solito il riso selvatico è venduto nelle boutique

gourmet, ma anche in internet lo si può trovare. Per quanto riguarda gli ortaggi di serra e i vegetali verdi in foglia, in inverno è meglio non cibarsene e focalizzarsi invece sulle alghe e sui crauti bianchi. Le colture di serra sono di gran lunga inferiori a quelle naturali per contenuto di sostanze nutritive, e le si può consumare sistematicamente

solo se siete sicuri che sono state coltivate senza ricorrere all’uso di fertilizzanti chimici. A volte ci si può anche vezzeggiare con gli ortaggi del supermercato, non ne verrà un gran danno. Però bisogna evitare i prodotti provenienti da Paesi extra-UE perché si corre il rischio di incappare in OGM. Per quanto riguarda la frutta, è preferibile comprare quella di stagione e di

coltivazioni biologiche. Ad esempio, le banane, le arance, i mandarini, i limoni, l’ananas e altri tipi di frutta possono essere consumati senza gran timore se hanno un aspetto, un profumo e un gusto naturali. Le banane biologiche (come anche altri tipi di frutta) di solito deperiscono presto, coprendosi di macchie scure. Le verdure surgelate (non

precedentemente sbollentate) e i frutti di bosco sono un alimento più che accettabile per l’inverno. Con i frutti di bosco si può fare un ottimo piatto che io chiamo yogurt vivo, essendo pienamente all’altezza del suo nome per una serie di proprietà benefiche, a differenza dei surrogati venduti al supermercato. Ecco la ricetta. Frutti

di

bosco

surgelati: 300-400 g Mele: 2-3 pezzi Banane: 2-3 pezzi Tè delle Curili: 2 cucchiaini abbondanti Polline di fiori: 5 cucchiai da tavola Polline di api: 1 cucchiaio da tavola Acqua: 2 bicchieri Scongelare le bacche (ribes, mirtilli, fragole o anche mezzo ananas). Affettare le mele lasciandoci

i semi. Mescolare il polline di fiori e di api con un po’ di miele, come indicato nelle ricette sistematizzanti (vedi il libro Il Transurfing Vivo, cit.). Il tè delle Curili è un’erba essiccata, nota per essere uno dei migliori rimedi contro la disbiosi. (La disbiosi, o disbatteriosi, è una forma di alterazione della microflora intestinale causata

dall’ingestione di pane lievitato, cibi sintetici e morti. Praticamente l’intera popolazione mondiale soffre di disbiosi, che si manifesta in forma di scarsa immunità e di patologie del tratto gastrointestinale. La persona mangia molto, ma il suo organismo assimila una minima parte delle sostanze nutritive). Dunque, tutti gli ingredienti vanno messi nel

frullatore e frullati per bene. Il risultato è un prodotto di alto valore nutrizionale: 400500 g saranno sufficienti per una prima colazione sostanziosa e salutare per ogni giorno dell’inverno. Questo yogurt vivo è particolarmente prezioso per i bambini e gli atleti. Ed ecco un’altra ricetta, ottima per la depurazione del fegato e dell’intestino ed

estremamente benefica: aumenta il tono fisico generale e fornisce all’organismo tutte le sostanze necessarie. Chicchi di grano: 200 g Banane: 3 pz Olio di cardo: 5 cucchiai da tavola Far germogliare i chicchi di grano (vedi “Le ricette

sistematizzanti” ne Il Transurfing vivo). Sminuzzare in un tritacarne a grana fine prima le banane, poi i germogli di grano. Aggiungere l’olio di cardo e mescolare. È un cibo benefico, gustoso, da consumare come piatto singolo e da non mescolare con altro (è una ricetta presa a prestito dalla compagnia, Tinjatov-http://www.tiniatov.ru E in conclusione la ricetta

di una bevanda. Il deficit di vegetali verdi in foglia in inverno può essere compensato non solo dalle alghe, ma anche da infusioni con erbe essiccate. Tè delle Curili: 1 cucchiaio colmo Epilobio: 1 cucchiaio colmo Hibiscus (rosa sudanese): 1 cucchiaio colmo

Bacche di rosa canina: 3-4 cucchiai colmi Bacche di sorbo o di biancospino: 1 cucchiaio colmo Acqua viva: 1 l Macinare la rosa canina in un macinino da caffè. Immergere tutti gli ingredienti in acqua fredda (meglio se viva e attivata), mescolarli e lasciare a riposo

per alcune ore durante il giorno o per una notte. Conservare in frigo, per evitare che acidifichi. Bevanda deliziosa da consumare con il miele. È comoda da preparare nella teiera a stantuffo da 1 l, ma tutte le parti dello stantuffo devono essere metalliche, diversamente risulta difficile filtrare l’infusione. Le erbe essicate si possono comprare qui:

http://www.taiga.etnoshop.net Tutte le bacche, ovviamente, vanno essicate a temperatura ambiente, ed è meglio svolgere quest’operazione da soli per essere sicuri della qualità. Per me è inconcepibile essiccare, come fanno molti, le bacche di rosa canina in forno, versarci dell’acqua bollente (magari anche metterle in un thermos), e poi bere quest’infuso facendo

finta che si tratti di una bevanda ricca di vitamina C. Che cosa può rimanere di prezioso dopo un trattamento del genere? Forse solo la pectina… È un procedimento assurdo come fare lo sciroppo di rosa canina per evaporazione e poi, non rimanendo vitamine naturali, aggiungerci delle vitamine artificiali. Però molti si impegnano in queste operazioni con la massima

serietà, addirittura su basi “scientifiche”. In generale, quello che voglio dire è che non c’è motivo di soffrire la fame se si hanno le informazioni giuste e si sa dove cercare il cibo. E per saperlo basta solo porsi questo fine. Buona caccia! RIEPILOGO Se non avete idea di che

cosa mangiare in inverno, allora per voi è prematuro passare a un regime composto al 100% di cibo vivo. Non abbiate fretta, muovetevi gradualmente. Potete nutrirvi per lo più di cibo vivo, ammettendo delle eccezioni. Occorre dare la preferenza a quei prodotti che contengono davvero qualcosa di benefico e prezioso, e non mangiare solo ciò che è commestibile. Benefico e prezioso può essere considerato quel

cibo che, avendo un alto valore nutrizionale, è in grado di depurare e non intasare l’organismo. Non bisogna seguire il principio della rinuncia ma quello della sostituzione di alcuni prodotti con altri, più preziosi. Il passaggio a un regime vegetariano a base di cibi vivi dev’essere graduale, deve corrispondere al livello di maturità raggiunta e non essere il risultato di sforzi di volontà e di allenamenti emotivi.

NOTE A MARGINE In qualsiasi stagione dell’anno i germogli sono la base dell’alimentazione viva. Consumando i germogli si risolvono subito i problemi più impellenti: Di che cosa cibarsi in inverno? Con che cosa compensare il deficit di proteine? Come sopperire al fabbisogno di vitamine e

amminoacidi? Come nutrirsi in generale, se ovunque si è circondati da prodotti chimici e OGM? Il vantaggio dei germogli sta nel fatto che il loro valore nutritivo è di gran lunga superiore a quello dei semi dormienti. I semi in germinazione, per definizione non contengono OGM. Essi contengono tutte le sostanze di cui necessita l’organismo e che in precedenza provenivano o, non provenivano, da cibi

di orgine animale. Una preziosa riserva di vegetali verdi si può ottenere anche in inverno, coltivando il grano in vasi posti sul davanzale. Maggiori informazioni sui germogli si possono trovare nel libro di Natalija Kairos Prorostki – živaja eda. Alchimija pitanija. (I germogli: un cibo vivo. L’alchimia dell’alimentazione).

Sui topi e sulle volpi

Continuo nell’opera di sistematizzazione delle tante domande che provengono dai lettori. Per cominciare se ne possono considerare due tra le più fondamentali.

La prima: «Perché mentre si leggono i suoi libri si provano euforia ed eccitazione e poi queste sensazioni se ne vanno, passano?». E perché me lo chiedete? Ora saprete la risposta che vi sembrerà tanto semplice quanto poco evidente. Allora: dove va a finire l’euforia, perché sparisce? Sparisce perché mentre

leggete il libro vi viene dimostrato che la realtà può essere gestita come un sogno lucido. Ma quando lasciate il libro e vi immergete in questa stessa realtà, vi diventa chiaro che non è così facile come sembra. Vi trovate una volta di più nello stesso sogno inconscio di prima, quello che gestisce voi. Da un sogno (il libro) siete saltati a un altro sogno (la realtà), che non è già così

roseo. La risposta è chiara? Dunque, è tutto molto semplice. Ma non è così evidente. In caso contrario, se fosse stato evidente, non vi sareste posti questa domanda, giusto? È solo ora, che ho spiegato tutto con parole esplicite, che tutto è diventato definitivamente chiaro. Ma cosa c’era prima di queste parole? Nebbia in testa, ecco cosa c’era. Ho

ragione? Oppure no? Certo, dipende dalle persone. Ognuno ha il proprio livello di consapevolezza e di Forza. Ed è proprio di questo che stiamo parlando. Ricordate come succedeva quando, dopo aver visto un film che vi aveva particolarmente ispirato e caricato, vi dicevate, assolutamente convinti: “Anch’io posso fare così!

D’ora in poi diventerò un altro/un’altra! Farò come lui/lei!”. Ma dopo poco tempo ricadevate nello stesso sogno di prima, infantile e impotente, e tutte le promesse che avevate giurato di mantenere si dissolvevano, finivano da qualche parte, sciolte, come l’euforia di cui si diceva sopra. La seconda domanda

fondamentale (che poi è forse la prima) è: «Perché in generale sorgono le domande?». Sembrerebbe che i libri soddisfino ogni quesito, in essi è tutto scritto in modo comprensibile. Però le domande emergono, non si capisce da dove, e sono sempre nuove. La risposta è la seguente: le domande sorgono perché non siete in grado di controllare il vostro sogno a

occhi aperti, cioè la vostra realtà. Se vi riuscisse, non sorgerebbe alcuna domanda, vero? E perché non ci riuscite? Come abbiamo visto in precedenza, l’uomo contemporaneo è più consumatore di informazioni che creatore. Se siete dei ricevitori, significa che state guardando il film di qualcun altro. Se invece siete dei

trasmettitori, create i vostri. Capite di cosa sto parlando? Quando si guarda un film altrui, ci si trova immersi in un sogno inconscio. Per rendere conscio un sogno inconscio occorre trasformarsi da ricevitore a trasmettitore. Trasmettitore è colui che non segue gli stereotipi e le convenzioni che gli impone la società, colui che ha l’audacia di stabilire le sue

leggi e le sue regole. Le leggi della società (a differenza delle leggi di Natura) sono un elemento mobile... per non parlare delle regole. Stante l’obiettività della realtà comune a tutti, il vostro mondo è il vostro mondo, il vostro sogno è il vostro sogno. Se avete la consapevolezza e l’intenzione dell’Arbitro, il vostro sogno (la vostra realtà) diventerà gestibile, nonostante la

presenza di circostanze apparentemente insuperabili, di “cause di forza maggiore”. E non dovete nemmeno temere l’espressione spietata “cause di forza maggiore”. Consideriamo, ad esempio, un fatto incredibile, seppur abituale: un pipistrello sa volare. Sa volare eccome! Però dal punto di vista del senso comune e delle leggi conosciute della meccanica non dovrebbe essere così.

Non può proprio essere così! Ma invece sì, funziona, come il Transurfing. Se avete mai visto il volo di un pipistrello, dovete sapere che esso non assomiglia a nulla di analogo: né al volo di un uccello, né a quello di un insetto. Nel suo movimento c’è qualcosa di mistico, di extraterrestre, oserei dire. Il volo del pipistrello è

virtuoso. Il pipistrello, in confronto a un uccello, è come un UFO in confronto a un elicottero. Perché sto dicendo tutto questo? Lo capirete dopo. La domanda principale è: come trasformarsi da ricevitore a trasmettitore ? R i s p o s t a : liberando la coscienza e aumentando il potenziale energetico. Una parte significativa

della coscienza dell’uomo moderno (come si diceva quando discutevamo l’effetto della cattura dell’attenzione) è occupata dal flusso esterno di informazioni imposto dal sistema, mentre un’altra parte non meno significativa è bloccata dai prodotti dell’ambiente tecnogeno: il cibo morto sintetico, le sostanze chimiche, gli OGM, le radiazioni elettromagnetiche e altri

fattori. La testa è invasa dalla nebbia, i pensieri fluttuano, concentrarsi è difficile e trasmettere “il proprio film” in modo mirato risulta praticamente impossibile. Gli stessi fattori causano la cattura e il blocco dell’energia. Una parte dell’energia viene tolta dal sistema, poiché l’uomo come elemento dello stesso non può godere dei suoi benefici gratuitamente, a fondo

perduto. Un’altra parte viene inevitabilmente estinta dalla tecnosfera, ancora una volta perché l’uomo, essendo una creazione della natura, non può “raffreddarsi così impunemente” in un ambiente tecnogeno, innaturale per il suo organismo. E infine un’altra buona fetta di energia va a coprire i costi di gestione: la digestione dei cibi morti sintetici, la lotta contro le

malattie e lo stress, il sostegno degli obblighi-pesi morti che ci si appende addosso volontariamente e dei problemi psicologici. Il risultato è che di energia libera, fonte di alimentazione dell’intenzione cosciente, ne rimane ben poca. Con l’età, la coscienza diventa ancora più annebbiata e l’energia si estingue con maggior forza. Il risultato è quello che io

chiamo “il fenomeno del vecchio comò”. Lo potete seguire da soli o sulla base della vostra esperienza personale, se avete non pochi anni di età, oppure osservando i vostri familiari anziani. Molte cose che prima si facevano volentieri, con vigore ed entusiasmo, dopo anni si fanno “a stento”, o non si fanno per niente. Ad esempio, se prima

amavate apparecchiare con cura la tavola, arredare con amore gli interni della vostra casa, fare bene le pulizie, occuparvi con piacere della macchina, prendervi cura di voi stessi, col tempo tutto il desiderio di perfezionismo pare dissolversi, svanire da qualche parte. Si perde l’interesse e la voglia di fare e si finisce con l’apparecchiare la tavola con il minimo necessario, con

l’essere indifferenti all’arredamento di casa, col fare le pulizie in modo superficiale, e in generale col lasciar andare tutto come viene. Come risultato, lì dove un tempo vi erano festa, splendori e lucori, ora regna la fiacca desolazione che si trascina per inerzia, quel tanto che serve per giungere al suo termine, simile a un vecchio comò,

immancabilmente impolverato, con tutti i suoi soprammobili ammuffiti. Ovviamente non è sempre così e non capita a tutti. Molto dipende dal livello di cultura e di educazione… Se le tradizioni culturali di famiglia sono abbastanza forti, in casa ci sarà sempre ordine e pulizia, sul comò non si formeranno gli strati di polvere, e ciò nonostante

uno stato di stanchezza dell’animo. Se invece in famiglia si pratica una regolare indisciplina, il fenomeno del vecchio comò si manifesta molto chiaramente. Riporto questi esempi a titolo illustrativo, affinché sia chiara una cosa: se con siffatte energia e coscienza le forze non bastano per gestire la realtà persino sul piano materiale, allora sul piano

sottile non c’è proprio possibilità alcuna di intraprendere qualcosa. Il fenomeno del vecchio comò vi ghermirà così rapidamente e di sorpresa che non avrete nemmeno il tempo di aprir bocca. Perché ultimamente questi due processi , la cattura e il blocco dell’energia e della coscienza, hanno una tendenza a svilupparsi

esteriormente in modo impercettibile ma accelerato. Sul vostro comò la polvere si deporrà molto prima di quanto avveniva sul comò dei vostri genitori. Ora l’eterna domanda: che fare? Anche in questo caso dobbiamo sollevare un argomento che infastidisce alcune persone. Sono ancora una volta costretto a ripetere che il Transurfing dev’essere considerato come un

approccio olistico, una dottrina integrale, costituita da tre componenti principali: come pensiamo, come ci alimentiamo, come ci muoviamo. Cosa significa i n s e g n a m e n t o olistico? Significa che se si eliminano uno o più di uno dei suoi componenti, si ottiene qualcosa di “non finito” e la tecnica perde il suo pieno

potenziale. Il pensiero è il vostro modo di relazionarvi allo specchio del mondo, cioè l’immagine che formate davanti a tale specchio e la reazione che avete rispetto all’immagine riflessa. L’alimentazione è ciò che entra in voi direttamente: il cibo e

l’informazione. Il movimento include il vostro stile di vita: attivo o sedentario, e la vostra capacità di gestire il vostro corpo e il vostro potenziale energetico. Il primo componente, noto a tutti come il Transurfing classico, è riportato nel libro Transurfing real’nosti I-V [Reality Transurfing I-V,

Macro Edizioni, Cesena, 2009-2012; N.d.T.]. Tuttavia, recentemente stanno diventando sempre più importanti il secondo e il terzo componente, perché solo il primo non è sufficiente (le basi del secondo e del terzo componente sono riportati nel libro Živoj Transerfing [Il Transurfing vivo; N.d.T.]). Costruirsi una realtà di proprio gusto e colore non è

come “andare a farsi una passeggiata”. L’energia e la consapevolezza non bastano. Certo, la visualizzazione sarà di enorme aiuto, ma al fine di controllare la realtà come un sogno lucido bisogna avere una coscienza e un forte potenziale energetico Il senso di tutto ciò consiste nel riuscire a vivere in un sistema (matrix) che deruba energia e coscienza,

pur essendone al contempo distaccati. E ciò può essere raggiunto solo grazie al secondo e terzo componente. Tutti gli altri tipi di approcci mentali, come le varie forme di meditazione, l’arresto del monologo interiore, le immersioni nelle profondità dell’inconscio, tutto ciò è assolutamente inutile. Dal sistema vi potete staccare solo utilizzando lo stesso modo con cui esso vi lega.

Bisogna cioè agire per opposizione. Se il sistema vi costringe a condurre una vita sedentaria, voi fate il contrario: iniziate a curare seriamente la vostra forma fisica; se il sistema vi nutre con cibi sintetici, passate ad alimenti naturali; se il sistema cerca di infarcirvi di ogni tipo di informazione, schivatela, fingendovi “vuoti”; se il sistema vi avvelena con sostanze

chimiche e radiazioni, sforzatevi di scegliere in tutto un percorso ecologico, dalla casa alla cosmesi. Ecco quant’è semplice questo principio. Non dico che si debba passare subito al crudismo o a isolarsi in un eco-villaggio. Cominciate da quello che vi è più accessibile e semplice. Cominciate, imboccate questo Cammino e poi sarà il Cammino a condurvi nel

posto giusto Per esempio, se soffrite di problemi psicologici come complessi e fobie, potreste perdere anni nella lotta contro voi stessi, praticando autoanalisi e ricorrendo all’aiuto di psicologi e di psicoterapeuti e senza ottenere risultati. Ma vi basterebbe passare a un regime alimentare separato a base di prodotti

naturali e prendervi cura del vostro corpo fisico e del vostro potenziale energetico per veder sparire da soli tutti questi complessi. E perché? Perché il secondo e il terzo componente liberano una parte significativa dell’energia e della coscienza che erano state risucchiate dal sistema tecnogeno. Quando il potenziale energetico e la coscienza raggiungono una certa massa

critica, tutto il resto comincia a sistemarsi da solo. Di questo parleremo dettagliatamente più avanti Qualcuno può dire: il mio Transurfing funziona benissimo, e il resto non mi interessa. È vero, funziona, però ora posso dichiarare con certezza che non funziona più con la stessa efficacia con cui funzionava 5-7 anni fa, e ciò in forza dello stesso effetto di cattura e di blocco

dell’energia e della coscienza di cui si diceva in precedenza. È un fatto che riguarda tutti noi. La realtà cambia molto velocemente e se continuerete a vivere secondo i vecchi princìpi ritenendo che “tanto tutto funziona lo stesso, il resto non è importante”, rischiate di restare indietro e perdere il treno. D’altra parte, ciascuno

sceglie il proprio livello di Forza, a seconda del proprio fabbisogno. Succede la stessa cosa con le auto: alcuni preferiscono una macchina potente, altri sono soddisfatti di una macchina leggera. Quindi, otterrete la Forza che avete intenzione di avere. Se vi prefiggete il fine di avere una coscienza e un potenziale energetico elevati, non avrete problemi del tipo “l’euforia è finita da qualche parte”.

Un bel giorno, quando, dopo aver chiuso il libro o essere usciti dal cinema, penserete di creare qualcosa nella vita, la cosa finalmente vi riuscirà. Non vi occorrerà parcheggiare il vostro sogno sul fondo di un cassetto profondo, come avete sempre fatto, ma potrete subito cominciare a realizzarlo perché l’energia e la coscienza (come succede con i soldi) per quel momento

saranno già sufficienti. E non lo saranno a prezzo di grandi sforzi di volontà come succede ora, ma si daranno davvero con facilità. L’evoluzione delle specie è una chiara dimostrazione del fatto che si possa scegliere il livello di forza a propria discrezione. Provate a guardarvi intorno: ci sono esseri viventi che nuotano, altri che corrono, altri che strisciano, altri che volano, e

c’è chi sta sempre fermo. È uno stato di cose abituale, semplice e comprensibile: uno ha ciò che gli è stato dato, così è sempre stato e sempre sarà. Ma è un fatto ovvio? No! Mi pongo la domanda tipica dei bambini: perché? Perché qualcuno vola e qualcun altro striscia? Chi può rispondere? Se vi porrete ogni tanto le domande che

fanno tipicamente i bambini, scoprirete intorno a voi una moltitudine di cose abituali ma assolutamente non ovvie. Esiste un ordine di mammiferi assai curioso, i chirotteri, comunemente noti come pipistrelli. Tra di essi ci sono delle specie che possono solo volare, ma ci sono quelle che possono anche correre, nuotare e decollare dall’acqua. Provate a immaginare, in un tempo

passato gli esseri viventi si erano suddivisi in base alle loro preferenze: qualcuno era rimasto a terra, ma per qualcun altro questo era sembrato poco. Nella realtà (almeno in quella che si estende nel tempo) “la forza maggiore” non esiste. Una creatura vuole correre sulle zampe? Prego, che corra pure. Un’altra vuole volare? Ma per carità, voli quanto più le pare. Lo possono fare solo

gli uccelli? E chi l’ha detto? Ognuno si sceglie il proprio livello di Libertà e di Forza. E persino per coloro che hanno scelto le ali, le preferenze in termini di forza possono fondarsi su una vasta gamma di possibilità. Mettiamo a confronto due tra gli esseri più interessanti: un pipistrello e una volpe volante. Il pipistrello è una delle

creature più perfette e misteriose create dalla Natura. Non a caso l’immagine del superuomo Batman si ispira ad esso. Il pipistrello vive di notte e possiede la visione diretta1. Nella comunità scientifica è diffusa l’opinione che i pipistrelli si orientino nello spazio utilizzando l’ecolocazione ultrasonica. Ma è un’opinione dubbia.

Nessuno sa con cognizione di causa perché ai pipistrelli dovrebbe servire l’ecolocazione (o forse qualcuno fa finta di saperlo). La maggior parte dei pipistrelli si nutre di insetti. Durante il volo i pipistrelli emettono segnali, canzoni, per lo più di richiamo all’accoppiamento. Non tutte queste canzoni sono percepibili dagli esseri umani poiché la loro frequenza può

essere al di sopra della soglia della nostra percezione di 20 kHz. Possono cadere in anabiosi (letargo) durante la persistenza di condizioni ambientali avverse. La volpe volante ha una vita notturna e diurna. Si nutre principalmente di frutta, nettare, fiori. La sua apertura alare raggiunge il metro e mezzo. Il suo volo è goffo, in compenso sa planare bene. Le volpi

volanti non sono in grado di cadere in anabiosi. Non possiedono né visione diretta né ecolocazione. Vivono in colonie rumorose, bisticciano continuamente tra di loro e sono in generale chiassose e indisciplinate. Se un pipistrello e una volpe volante si potessero incontrare e potessero chiacchierare tra di loro, si potrebbe assistere a un

dialogo del genere: – Sono una volpe volante! E tu, chi sei ? – Sono un pipistrello. – Oh, povera bestiolina! Sei così mostruosa! – Guardati tu! Hai un brutto muso peloso, un ventre ispido e un mozzicone di coda. – Guarda bene le mie orecchie, guarda come sono

belle, altro che le tue buffe cartilagini! – Io però possiedo l’ecolocazione, anche se per vedere perfettamente nel buio non mi serve affatto. A tutti, per qualche motivo, è venuto di pensare che con l’ecolocazione ci si possa orientare in volo. Che idiozia! È come se un cieco cercasse i funghi nel bosco con un bastone. Ho bisogno di inseguire le farfalle, e sai

bene quanto siano agili! – E allora a che ti serve l’ecolocazione? – È una cosa che non deve riguardare nessuno. Sono affari miei. – Che figata, mio caro, che figata! Però adesso vedi di non scoppiare, con tutta la tua importanza! – Ma figurati! Noi siamo topi tranquilli, voliamo con piacere, ci godiamo la vita,

mentre voi, volpi bisbetiche, non fate che litigare e schiamazzare nelle vostre colonie. Forse siete incattivite per il fatto di essere così goffe e buone a nulla? – E tu, perché mai squittisci mentre voli? – Squittisco dal piacere che mi procura il fatto di sapere che posso volare come voglio.

– Ma anch’io volo! – Sì, ma come un cane, se avesse le ali: “Sopra i boschi e sopra i campi Se solo io potessi volare! Con le ali di un cane, potrei la terra folgorare!” – Ti conviene volar via da qui, sennò rischi che ti pappi in un boccone! – Niente da fare, mia cara, sei vegetariana!

E così via. Allo stesso modo, tra di noi ci sono sia volpi volanti che pipistrelli. In fin dei conti siamo tutti diversi, ognuno con le sue esigenze e i suoi interessi. Ognuno si sceglie il proprio livello di Libertà e di Forza. Ma le esigenze e gli interessi possono cambiare nel tempo. Oggi sono alcuni, domani, altri. E un giorno, se mai vi incontrerete, vi potrete forse dire, come una parola

d’ordine: – Io sono un pipistrello, un topo volante!2. – E io sono una volpe volante! – Io sono un topo! – Io sono una volpe! Ma se voglio, anch’io posso diventare un topo. Ecco! RIEPILOGO Quando leggete un libro,

credete che la realtà si possa gestire come un sogno lucido. Ma quando vi allontanate dal libro e vi immergete in questa stessa realtà, vi diventa chiaro che non è tutto così facile come sembra. La realtà è difficile da gestire perché la persona vi agisce come un consumatore, non come un creatore, come un ricevitore e non come un trasmettitore. Per rendere lucido il sogno inconscio occorre trasformare se stessi da

ricevitori a trasmettitori. Trasmettitore è colui che non segue gli stereotipi e le convenzioni imposte dalla società e ha invece l’audacia di stabilire le sue leggi e le sue regole. Per trasformarsi da ricevitore a trasmettitore, occorre liberare la coscienza e aumentare il potenziale energetico. Una parte significativa della coscienza dell’uomo moderno è occupata al flusso di informazioni esterno imposto dal sistema, mentre un’altra

parte, non meno significativa, è bloccata dai prodotti dell’ambiente tecnogeno. Gli stessi fattori causano l’effetto della cattura e del blocco dell’energia. Con l’età la coscienza si annebbia ancora di più, e l’energia si smorza. Il risultato è l’insorgenza del “fenomeno del vecchio comò”. Ultimamente i processi di cattura e blocco dell’energia e della coscienza presentano una tendenza all’accelerazione,

esteriormente impercettibile ma di fatto molto forte. Il Transurfing va considerato come una dottrina olistica, fondata su tre componenti principali: come pensiamo, come ci alimentiamo, come ci muoviamo. Il senso di tutto ciò consiste nel riuscire a vivere in un sistema (matrix) che deruba energia e coscienza, pur essendone al contempo distaccati. Dal sistema ci si può staccare solo utilizzando lo stesso modo con cui esso

lega, cioè agendo per opposizione ad esso. Quando l’energia e la coscienza raggiungono una certa massa critica, tutti gli altri problemi scompaiono da soli. Ognuno sceglie il proprio livello di Libertà e Forza, a seconda delle proprie esigenze.

NOTE A MARGINE A volte qualcuno mi scrive: «In internet ci sono informazioni contrastanti

sul metodo di Bronnikov. Non si sa a cosa credere». Di solito le persone tendono a credere a quello che è trasmesso dai mass media, cui internet appartiene. Ma internet è al contempo una preziosa fonte di informazioni e un’enorme discarica di spazzatura. Non vi era mai venuto questo pensiero? In uno stesso spazio, su uno stesso scaffale, convivono informazioni attendibili e menzogne spudorate. Del resto, nessuno può controllare questo

processo. Per quanto riguarda Bronnikov, per il benpensante, il suo metodo è talmente fantastico da non poter essere vero. Per questo i perbenisti ignoranti, tirando fuori la lingua, scrivono ogni sorta di cattiverie per giustificare, anzi, difendere la loro ignoranza. Del resto, quante assurdità sono state scritte sul Transurfing?

Peso sano in corpore sano

Della propria costituzione fisica potete parlare o con orgoglio, se possedete un corpo atletico e sportivo, o con auto-ironia, se siete delle persone robuste ma brave e

buone quanto le vostre fattezze fisiche. Ma che cos’è la salute, che cosa dovrebbe essere? Oppure, ponendo la domanda in modo più interessante: ma esiste la salute? Ai tempi d’oggi le persone perfettamente sane sono pochissime unità, ammesso che ce ne siano, perché l’uomo, in relazione al proprio corpo, è un sadico sopraffino che pare

sottoporsi deliberatamente a delle prove che la Natura non aveva previsto. La Natura, infatti, non poteva prevedere che all’uomo venisse in mente di versarsi in corpo l’alcool, di avvelenarsi con il tabacco, di cucinare sul fuoco, di circondarsi di ogni sorta di sostanza chimica e di radiazioni elettromagnetiche, e che, invece di prediligere il

movimento attivo, per cui il suo corpo era stato evidentemente predisposto, finisse per condurre uno stile di vita sedentario. Per questo si scopre che se in base alla diagnosi preliminare un paziente è più vivo che morto, in base a quella finale è più che altro malato e sicuramente non sano. Persino se lo si deve spedire nello spazio1.

Esistono due falsi stereotipi. Primo: una malattia c’è quando qualcosa incomincia a far male. Invece il corpo umano, grazie alle sue grandi risorse, dà notizia di sé con manifestazioni di dolore solo nell’ultima fase, quando vivere alle condizioni di prima diventa praticamente impossibile. Secondo: la malattia può essere curata dai medici e dalle medicine.

Non ascriveremo i danni dell’organismo alla categoria delle malattie, qui è più adatto il termine “rotture”, alterazioni che si possono riparare. Ma il guaio è che ormai si è abituati a “riparare” quasi tutte le malattie, cioè ad applicare alle malattie croniche i metodi della medicina d’urgenza. Così come non si mette in ordine una strada

riempiendone solo le buche che compaiono in primavera2, allo stesso modo l’organismo non può venir risanato rappezzandolo qua e là. I medici, però, sono costretti a occuparsi proprio di “rattoppare i buchi”, non rimuovere le cause ma soffocare le manifestazioni dei sintomi: se la pressione è alta, prescrivono la pillola per abbassarla; se sale la

febbre, fanno la stessa cosa; se appare la tosse, la soffocano; se compare un mal di testa, lo stordiscono; se lo stomaco si fa sentire, lo bloccano! Ci sono molti modi per chiudere la bocca all’organismo: che si impasticchi pure, basta che coi suoi lamenti non infastidisca né il suo legittimo proprietario, né i medici che lo seguono. E che cos’altro resta da

fare? Come si può curare l’uomo, figlio della Natura, che ha violato tutte le leggi naturali esistenti? Chiedete a un qualsiasi medico ragionevole: si può curare una malattia con pillole, lozioni e impacchi? Giammai! La si può al limite cacciare in un angolo, non per molto, forse. Ma curarla definitivamente non si può. In compenso ci si può costantemente occupare di

curarla, come si fa quando si riparano le strade.

Qual è dunque la via di uscita? L’accademico I.P. Pavlov amava ripetere: «L’organismo è un sistema di auto-regolazione e autoguarigione». Esso si guarisce da solo. Ma per questo è necessario creargli delle

condizioni che siano naturali per il suo normale funzionamento, com’è stato previsto dalla Natura. Le più importanti di queste condizioni sono l’alimentazione naturale e il movimento. Sull’alimentazione mi sono espresso già molte volte in passato. Questa volta parlerò della necessità di un’adeguata attività fisica. In generale tutti sanno che il

movimento è necessario, è uno stereotipo noto. Ma a che fine sia davvero necessario muoversi quasi nessuno pensa, proprio per la ragione che questo fatto è fuor di dubbi o. Non tutte le cose semplici sono evidenti, non tutte le cose evidenti sono comprensibili. Qui cercherò di dare una risposta breve e chiara per rendere l’evidente anche comprensibile.

La malattia è un’inondazione La malattia insorge lì dove per qualche ragione si produce un’alterazione della microcircolazione del sangue, della linfa e del liquido intracellulare. L’organismo, inteso alla maniera di Pavlov come un sistema di auto-regolazione, dirige sempre il flusso delle

sue risorse di “riparazione” verso la zona alterata. E se l’afflusso di risorse non incontra ostacoli nel suo cammino, il problema, di solito, viene eliminato. Quando però la capacità di passaggio dell’alveo del fiume (la rete sanguigna) non può far fronte a dei volumi eccessivi, si produce la rottura degli argini, l’inondazione, il ristagno, l’infiammazione.

I vasi sono come degli alvei secchi Nelle persone che conducono una vita sedentaria, la rete delle vene e dei capillari non è sviluppata. I capillari muoiono, le vene si atrofizzano. Inoltre, in seguito a una cattiva alimentazione i vasi sanguigni sono intasati come vecchie tubature idrauliche.

Il risultato è che si seccano non i fiumi stessi (perché di sangue ce n’è a sufficienza), ma i loro alvei. Un fiume in piena finisce per trasformarsi in un ruscello o addirittura si secca. Questa è la causa di una moltitudine di effetti negativi.

I muscoli sono come “vogatori

costieri” Il cuore è in grado di pompare il sangue rapidamente solo nei grossi vasi. Nei piccoli vasi sanguigni il sangue giunge proveniendo dalla contrazione dei muscoli scheletrici, che vengono c h i a m a t i secondo cuore proprio per questo motivo. Per la linfa e il liquido intracellulare non è previsto

un cuore singolo, sì che la circolazione di tali sostanze dipende interamente dallo stato dei muscoli scheletrici, “vogatori” sulle rive dei vasifiumi.

Ciò che non viene utilizzato, si atrofizza Sì, esiste questa spiacevole

legge di Natura da cui non si può sfuggire. Lo status quo non esiste, c’è progresso o degenerazione. Fino a circa 20 anni il corpo si sviluppa per lo più in modo autonomo, ma poi tutto cambia: o si investono degli sforzi per lo sviluppo ulteriore o il mantenimento di una buona forma, oppure si assiste al suo graduale decadimento. Se i muscoli non vengono esercitati, questi “vogatori”

sulle rive dei fiumi si indeboliranno e il loro numero comincerà a diradarsi. I corpi dei “vogatori” nell’organismo di un uomo con uno stile di vita sedentario, per forma ricorderanno lui stesso e saranno o pesanti e goffi o deboli e deperiti.

Non esistono

muscoli inutili La natura non crea nulla invano. Se c’è qualcosa, significa che serve, compresi i muscoli, cui di solito non si presta molta attenzione. Ma come si evince da quanto sopra, se certi muscoli non vengono caricati di lavoro, si atrofizzano. Un’incompleta attività motoria (così come la passività) comporta una distribuzione non uniforme

dei carichi di lavoro: alcuni muscoli vengono utilizzati più frequentemente, altri raramente (o mai). In alcuni luoghi i “vogatori” sono di più, in altri di meno o addirittura assenti. Da una parte c’è una “valle del Nilo”, dall’altra c’è un deserto morto.È normale? No. È tipico? Per l’uomo moderno, sì.

Che fare? Immaginate che i vostri “vogatori” siano il vostro esercito, da cui dipendono la vostra sicurezza e la vostra stessa vita. Non si possono lasciar oziare dei soldati, bisogna tenerli costantemente pronti al combattimento. Ricordate: o vi evolvete o vi degradate. I carichi di lavoro dovranno essere regolari, sistematici

ma non estenuanti. Tutto va bene quando è nella giusta misura, che si tratti di lavoro o di tempo libero. Il movimento dev’essere fonte di piacere, se non lo è significa che l’organismo è completamente intossicato e dev’essere depurato. Gli esercizi dovranno essere massimamente vari, per sviluppare tutti i gruppi muscolari, senza eccezioni. Come vedete, non c’è nulla

di nuovo sotto la luna: è tutto semplice ed evidente. Ma ora è anche comprensibile, non è vero? Quando gli alvei dei fiumi si ripristineranno e i “vogatori” riprenderanno le forze, le malattie vi abbandoneranno, il corpo diventerà bello, sarete in salute e il peso sarà veramente sano. RIEPILOGO

Oggi come oggi le persone perfettamente sane sono pochissime. Il corpo umano dà notizia di sé con il dolore quando è all’ultimo stadio di una patologia. Per le malattie croniche da noi si è già abituati ad applicare i metodi della medicina di emergenza. L’organismo è un sistema di auto-regolazione e autoguarigione. La causa principale delle malattie nella maggior parte dei casi è dovuta

all’alterazione della microcircolazione. Nelle persone che conducono una vita sedentaria, le reti capillari dei vasi linfatici e sanguigni si atrofizzano. Nei piccoli vasi sanguigni il sangue e la linfa circolano principalmente grazie alla contrazione dei muscoli scheletrici, chiamati non a caso “secondo cuore”. Lo status quo non esiste: c’è progresso o degenerazione. Non esistono muscoli inutili.

I vostri “vogatori” sono il vostro esercito, da cui dipende la vostra sicurezza e la vostra stessa vita. I carichi devono essere regolari, sistematici, ma non estenuanti. Gli esercizi devono essere massimamente vari.

NOTE A MARGINE La tecnosfera ci sottrae la salute, l’energia, l’attenzione, la consapevolezza e in definitiva anche la libertà.

La cosa strana è che vediamo tutto, ma allo stesso tempo non ce ne accorgiamo. Per esempio, avete avuto il tempo di rendervi conto di come, in modo rapido e silenzioso, nel giro di due-tre decenni i materiali sintetici hanno sostituito quasi completamente quelli naturali? Al fine di realizzare il principio di base del Transurfing, la scelta, occorre almeno essere a conoscenza del fatto che limitarsi solo a ciò che

impone la tecnosfera non è affatto d’obbligo. Basta avere la conoscenza e l’intenzione, chè il cibo e i vestiti naturali, piacevoli al corpo e all’anima, nello spazio delle varianti si troveranno. Una meraviglia dimenticata è il lino azzurro. Si potrebbe parlare molto di questo tessuto, ma non è il caso. Meglio non perdere tempo in parole. Nella tecnosfera bisogna utilizzare il tempo per andare a caccia di questo tesoro. Del resto, i vestiti di

lino sono un’oasi di biosfera per il corpo. Guardate che meraviglie ci sono nel mondo: http:otrada.by.

Transurfing o trasgressione?

Ricevo spesso lettere con commenti entusiastici: «Il Transurfing funziona!». Ma di storie concrete, dove si racconta che è stato fatto questo e quello e si è ottenuto

questo e quest’altro, ce ne sono poche. Ciò lascia intendere che le persone confondono la gestione intenzionale e consapevole della realtà con l’effetto di sincronicità, quando qualcosa, che ha catturato l’attenzione, si manifesta miracolosamente nella realtà. Se voi, con stupore, vi accorgete per la prima volta che tra i vostri pensieri e la realtà è sorto un legame

spontaneo, questo ancora non significa che il vostro Transurfing funzioni. Ovvero, funziona, ma da solo, indipendentemente dalla vostra volontà. E in più non si tratta di Transurfing ma di una ingestibile sincronicità, un fenomeno che si può solo osservare e di cui ci si può stupire. Al fine di iniziare a gestire questo processo, cioè

imparare ad allestirsi delle “sorprese” premeditate e pianificate, è necessario, come ho già detto, ricostruire il proprio modo di pensare, “saldare” qua e là nella testa il proprio schema in modo tale che il vostro ricevitore passivo diventi un trasmettitore, passi a un regime di trasmissione delle sue intenzioni. Ci si può chiedere: quanto

spesso e quanto a lungo bisogna trovarsi in un regime di trasmissione? È come chiedere quanto dovrà remare una barca per mantenere un corso invariato in un flusso in continuo cambiamento. Non appena lasciate i remi, verrete subito risucchiati dalla corrente delle circostanze esterne, create non da voi. La vostra vita diventerà dipendente dai copioni e dagli scenari di una

realtà che non è la vostra. I vostri remi capiteranno nelle mani di viaggiatori più attivi. Così stanno le cose. Per questo occorre sforzarsi di trasmettere il quadro della propria realtà ideale al mondo esterno in modo costante, in regime diretto e di fondo. Anche se vi state semplicemente riposando, se state passeggiando, leggendo, guardando o ascoltando film

e programmi allestiti da altri, lo spettacolo del vostro film personale e la trasmissione della vostra radio non deve smettere mai. Voi stessi colorate il vostro mondo come volete. Se veramente lo volete. Qualunque cosa stia succedendo nella realtà, insistete ad affermare la vostra posizione, come nella famosa canzone: Oranževoe

nebo,

oranževoe more, oranževaja zelen’, oranževyj verbljud. Oranževye mamy oranževym rebjatam Oranževye pesni oranževo pojut. (Un cielo di color arancione, un mare di color arancione, verdure di color arancione, un cammello di color arancione.

Mamme di color arancione, a bambini di color arancione Cantano arancionamente canzoni di color arancione). Potete magari avere intorno a voi, ad esempio, poliziotti di color arancione, funzionari di color arancione, capiufficio di color arancione, sciocchi di color arancione, strade di color

arancione, eventuali problemi di color arancione, tutto di color arancione! E il mondo diventerà subito divertente! Dopo tutto, per quanto nere siano le nuvole, dovete sempre ricordare che sopra di esse brilla costantemente un cielo blu. Oppure, se preferite, di color arancione. Beh, è una specie di “spiegazione dei maghi” in forma semplificata.

Più in generale, ogni tipo di informazione in entrata può scatenare analogie o legami con il vostro mondo interiore. Se siete in regime di trasmissione, i dati in entrata “del trasmettitore” si trasformano in associazioni, mentre quelli in uscita rilasci ano le dichiarazioni della vostra intenzione. Quando guardate un film altrui, basterà porsi il fine di

cogliere le associazioni e allo stesso tempo di girare il proprio filmato, cioè dichiarare l’intenzione del proprio “mondo di color arancione”: da loro è tutto grigio, da me, invece, è di color arancione; nel loro mondo ci sono dei problemi, nel mio invece no; quelle persone vivono ristrette entro certe limitazioni, ma questo non mi tocca; le grandi personalità creano

capolavori, e anch’io però posso fare qualcosa; loro sono belli, forti, coraggiosi, ma anch’io ho le mie belle qualità; quella cosa io non la faccio entrare nel mio mondo, quest’altra, invece, è ciò che fa per me, e così via. Un altro sistema da adottare è ridurre tutte le informazioni in entrata al comune denominatore del vostro fine. Se per esempio desiderate intensamente

avere quanto prima una casa vostra, dovrete trasmettere in regime continuato il programma “La Mia Casa e Io in Essa”. Quando vedete dal vivo, al cinema o alla televisione, una casa, confrontatela con quella dei vostri desideri e poi disegnatevela nell’immaginazione. Se avete visto in un negozio o in una pubblicità degli oggetti utili, guardateli, sceglieteli, con

l’intenzione di trovarci una sistemazione nella vostra casa. Se avete occasione di visitare angoli diversi di mondo, immaginatevi dove vorreste vivere. Dipingete tutto il mondo con i colori del vostro sogno, in modo serio e deciso, senza prestare attenzione a chi, come dice la canzone, vi dirà «queste cose non esistono». Da loro queste cose non esistono, da voi, invece, esistono.

Per qualcuno trovarsi in questo regime di trasmissione potrà sembrare stressante e gravoso, se non addirittura un esercizio inutile. Ovviamente, tutto dipende dalla presenza di un fine nella vita, così come dalla forza del desiderio di raggiungerlo. Quanto all’onerosità, è una questione di abitudine. Un atto che diventa abitudine quotidiana cessa di diventare sforzo, di

creare tensione. Per ristrutturare il proprio modo di pensare e trasformarlo in un regime di trasmissione si può iniziare dalle cose più banali. Il Transurfing offre un sistema potente e al tempo stesso semplice: il principio della coordinazione dell’intenzione. Lo ricordiamo. Se avete l’intenzione di considerare come positivo un evento che vi sembra

negativo, allora diventerà sicuramente positivo. Ricordate, per quanto male viviate adesso, più avanti vi attenderà una sorpresa molto piacevole, a condizione che in questo momento manteniate la coordinazione. Perché succede così? La vita umana, come qualsiasi altro movimento della materia, è una catena di cause ed effetti. L’effetto,

nello spazio delle varianti, si trova sempre vicino alla sua causa. Come uno deriva dall’altra, così i settori adiacenti dello spazio delle varianti si dispongono nelle linee della vita. Ogni evento nella linea della vita ha due diramazioni, una favorevole e l’altra sfavorevole. Ogni volta che vi trovate a vivere un qualsiasi evento esistenziale, scegliete il modo in cui affrontarlo. Se

considerate l’evento come positivo, capiterete nella diramazione favorevole della vita. Purtroppo, la tendenza al negativismo costringe spesso a esprimere insoddisfazione e a optare per la diramazione sfavorevole. E ogni volta che qualcosa suscita fastidio arriva di seguito qualche altra contrarietà. Risulta così che “le disgrazie non vengono mai da sole”. La

serie di guai, però, fa seguito non al primo fastidio ma al modo in cui ci si è rapportati ad esso. La regolarità è formata dalla scelta che viene fatta al bivio di cui si diceva sopra. Il principio della coordinazione dell’intenzione vi offrirà la possibilità di cadere sempre sulla diramazione felice della vita. Perché ripeto ancora una volta quello che sapete da

tanto? Perché tra il sapere e il fare c’è un intero abisso. Dite la verità: conoscete bene il principio della coordinazione delle intenzioni, ma siete sicuri di applicarlo veramente? Non credo che faccia parte delle vostre abitudini quotidiane, diversamente non avreste tanti dei numerosi problemi di cui mi scrivete nelle vostre lettere. Pur conoscendo e capendo tutto, continuate a

reagire agli eventi e alle circostanze negative in modo negativo, ecco cosa fa parte delle vostre abitudini. Ed è proprio quest’abitudine inconscia, non certo la vostra intenzione cosciente, a controllare la vostra realtà. Vorrei chiarire per bene la situazione perché il principio della coordinazione dovrebbe essere veramente utilizzato. A questo fine consideriamo un fenomeno che pare non

avere attinenza a questo tema, il déjà vu, quando un concorso di circostanze indica che qualcosa di simile sia già successo in precedenza. Una caratteristica distintiva del déjà vu consiste nel fatto che la persona è quasi sicura che un evento simile si sia già prodotto ma non riesce a ricordare esattamente quando e dove sia successo. Accade di solito che gli eventi del

passato si confondano e non sia possibile determinare se si tratti di un deficit di memoria o di confusione nella realtà stessa. Si possono citare due possibili ragioni del fenomeno. Prima variante: il déjà vu avviene per il fatto che un evento simile ha avuto luogo in un sogno. Una persona non ricorda sempre quello che ha sognato, ma quando incontra nella realtà

condizioni e circostanze simili, nella sua memoria affiora una vaga e al contempo netta sensazione di aver già vissuto l’evento. Seconda variante. Nel corso della sua vita una persona passa continuamente da una linea all’altra. Due linee della vita, come due pellicole cinematografiche, possono contenere nel passato eventi contrastanti. È

come se si incollassero insieme due pellicole diverse, le cui storie, fino al punto di incollaggio, si differenziano. In rari casi gli scenari possono differire radicalmente. Tali transizioni parrebbero portare a una violazione dei legami causaeffetto, ma di solito evidenti conflitti non si colgono, mentre invece si delinea qualcosa di simile a un “malinteso”, quando non è

chiaro se è la persona ad aver confuso le cose o se c’è concretamente qualcosa di anormale. In ogni caso, non è possibile né confermare né smentire la situazione incomprensibile, cioè prendere la realtà per mano, “coglierla sul fatto”. Risulta così che la persona sembra ricordare che nei fotogrammi precedenti della pellicola c’era una cosa, mentre le persone che la circondano,

che non “hanno saltato” da una pellicola all’altra, le assicurano che quella cosa non c’ era, ed era tutto completamente diverso. E a questo punto si toccano nuove questioni, che riguardano la struttura della memoria umana. Supponiamo che il processo del ricordo si presenti come una sorta di collegamento alle pellicole che sono archiviate nello spazio delle

varianti. In questo caso sorgerebbe la domanda: una persona “guarda” proprio la sua pellicola, ottenuta dal risultato di numerosi incollaggi durante le sue transizioni da una linea all’altra, oppure può collegarsi a pezzi interi tratti da quelle pellicole che in passato non ha vissuto? Insomma, in questo labirinto ci si può perdere.

La confusione sorge non solo nella vita, dove si può far riferire tutto all’imperfezione della psiche umana, ma anche nei laboratori di fisica. Il noto principio di indeterminazione di Heisenberg mostra proprio questo lato insidioso della realtà: essa non si lascia “cogliere sul fatto”, riesce in ogni modo a svincolarsi e a fuggire quando si tenta di inchiodarla al muro per

osservarla come si deve. Un esempio tipico di tale confusione, simile al déjà vu, è riportato nel libro di Siderskij e Privalov, Oko Vozroždenija dlja novoj epochi (L’occhio della rinascenza per una nuova era). Qui si illustra un fenomeno chiamato transgressija, cioè trasgressione da una vita all’altra. Un uomo, ricercatore presso un

laboratorio segreto situato in Siberia, si svegliò improvvisamente in una realtà diversa, ritrovandosi sposato con una donna che conosceva e non conosceva, facendo un lavoro completamente diverso, che sapeva e non sapeva fare. Il “trasgressore” aveva la chiara sensazione di star vivendo due vite completamente diverse, trovandosi nella stessa

incarnazione corporea. Sapendo esattamente dove si trovava l’azienda segreta per cui lavorava, l’uomo decide di partire per la Siberia ma nel posto previsto non trova nulla. Anche Carlos Castaneda racconta di una situazione analoga quando, dopo essersi gettato da un dirupo, si ritrovò nel suo appartamento di New York. Anche qui era avvenuto un incollaggio:

Castaneda teoricamente doveva sfracellarsi, ma in realtà era passato da una realtà all’altra, finendo per ritrovarsi nella linea in cui era vivo. Non spetta a me giudicare se è vero o no ciò di cui si scrive in questi libri, tanto più che nella vita ci sono state non meno sorprendenti prove di movimento nello spazio e nel tempo.

Comunque la realtà sfugge come sempre e non dà una risposta chiara: è successo o non è successo, in che modo e perché. Un fatto è fuori di dubbio: la trasgressione come spostamento tra le diverse linee di vita, vicine o lontane, ha luogo senz’altro. Non solo: la viviamo ogni volta che prendiamo una decisione a un bivio. Anche nella mia vita ci sono state esperienze del

genere. Ecco uno dei ricordi lontani. Hai dimenticato da me i tuoi guanti. Li hai dimenticati o li hai lasciati apposta, per tornare indietro? Ho la strana sensazione che qualcosa sia successo tra di noi, ma non ho la chiara certezza che si sia trattato di un sogno o di realtà. Il giorno prima, a casa mia, la nostra allegra

compagnia era in festa. Mi ricordo che io e te eravamo usciti in terrazza a fumare. Lì non c’era nessun altro, oltre a noi, e a un certo punto abbiamo incominciato a baciarci, con ardore. Per mia vergogna, quella sera avevo bevuto così tanto da non poter, il giorno dopo, distinguere la realtà dal sogno. Quando ci siamo incontrati, mi guardavi in

modo strano, ma allo stesso tempo, in base al tuo comportamento, non riuscivo a capire se c’era stato tra di noi qualcosa o era tutto il frutto della mia immaginazione. Ti ho chiesto se avevi dimenticato i guanti e se volevi entrare, e tu, continuando a guardarmi in modo strano, hai risposto che forse li avevi dimenticati. Non capivo niente e non potevo dire niente, perché

non mi ricordavo niente di preciso. Anche tu tacevi. Sembrava che qualcosa ci fosse stato, ma anche no. In che situazione ero capitato! Bisognerebbe bere di meno! Poi, quando la sbornia finalmente mi passò, nella memoria mi balenò un altro flash, più forte del precedente. Di nuovo ci stavamo baciando, già nell’ingresso, entrambi già eccitati e accaldati. Tu, di

solito calma e pacata, gettavi via febbrilmente le scarpe e cercavi di strapparmi la camicia… Poi non ricordavo più niente. Ancora una volta il vuoto. Che roba!! Ma è successo o non è successo? No, basta, bisogna smettere di bere così tanto. Passano due giorni. Tu non vieni a prenderti i guanti. Quindi, non li hai lasciati apposta ma li hai

dimenticati… e io mi sono sognato tutto? No, è assurdo. E poi per quale motivo? Tu sei con un altro, io sono con un’altra. E poi non ho mai avuto un pensiero del genere, non ho mai pensato di tradire. Perché mai? Parto per un viaggio di lavoro. Mi immergo in altri problemi. Il déjà vu passa in secondo piano. Torno a casa. I tuoi guanti sono spariti. Adesso sono davvero in un vicolo

cieco. Come sia potuto succedere tutto ciò, l’ho capito solo ora.È avvenuta una trasgressione da quella linea dove davvero era successo qualcosa che poteva avere un seguito, a un’altra linea, dove non c’era niente, né in premessa né in conclusione. L’incollaggio si è verificato al bivio, nel momento in cui avevo preso la decisione:

“Non è successo niente”. Comunque sia, prendere la realtà “con le mani in pasta”, cioè scoprire dove e come erano spariti i guanti, allora proprio non mi riuscì. Ed ecco un’altra storia, questa volta del mio passato recente. Fuori fa un freddo gelido, siamo in inverno. Devo uscire e andare in legnaia a prendere i ceppi per il

camino. Devo ricordarmi di mettere il telefono in tasca, perché sto aspettando la chiamata del mio editore. In quello stesso momento mi distraggo e non ci penso più. Esco di casa. Tocco il telefono, è in tasca. Quindi, non l’ho dimenticato, è qui. Dove sarebbe meglio metterlo perché non dia fastidio? Ho fatto male a prenderlo. Mentre sarò indaffarato attorno ai ceppi

potrei rovinarlo. Devo trovargli un posto. Di nuovo mi distraggo. Il gatto del vicino ha violato il mio territorio. Lo inseguo, lo prendo per la collottola e lo allontano ma quel mascalzone ha già fatto in tempo a marcare la mia porta. Finalmente mi occupo della legna. Mi viene in mente il telefono. Devo tirarlo fuori di tasca e metterlo da qualche parte.

Frugo nelle tasche. Non c’è. Forse mi è caduto mentre inseguivo il gatto. Ok, lo troverò dopo. Mi distraggo nuovamente. Torno a casa. Il telefono è sul tavolo. Evidentemente di nuovo è avvenuto un incollaggio. Questa volta, però, posso giurare di aver chiaramente palpato il telefono quando era in tasca. Com’è potuto finire sul tavolo? Forse si è verificato uno scoppio

spontaneo del mio potenziale energetico, perché per trasgressioni come queste, “in pieno giorno”, si richiede una quota significativa di energia. Adesso, quando succede che il mio potenziale energetico va fuori norma, i dispositivi elettronici a volte si guastano. Ed è già da tanto che non bevo. In breve, perché vi sto raccontando tutte queste

cose? Il déjà vu è un fenomeno incontrollabile che succede, come il sogno inconscio. Finché inconsciamente, come in delirio, prendiamo decisioni chiave di fronte a bivi importanti e, come ostriche, reagiamo primitivamente ai piccoli problemi di tutti i giorni, la nostra vita si presenterà come una trasgressione ingestibile lungo le linee infelici della

vita. Se invece ci addestriamo a rispettare il principio della coordinazione dell’intenzione in ogni tipo di situazione, la nostra realtà inizia a muoversi e a scivolare sull’onda del successo. E allora questa non sarà più trasgressione, ma Transurfing. Tutta la meraviglia della coordinazione sta anche nel fatto che essa raddrizza la realtà nel modo più perfetto

possibile: non occorre darsi molto da fare per colorare il proprio mondo. Ad esempio, desiderate che tutto vi vada bene così come deve andare ma non sapete cosa significhi che tutto vada bene e come deve andare. Nessun problema. Non occorre spaccarsi la testa, basta prendere l’abitudine di svegliarsi immediatamente, ogni volta che qualcosa va per il verso storto, e invertire

coscientemente lo spiacevole in piacevole. Per questi casi dovreste avere la vostra riserva di reazioni particolari. «Wow, che meraviglia, chissà che gioioso evento mi attenderà! Oh, sicuramente mi aspetta una piacevole sorpresa! Staremo a vedere! Che fortuna! Che gioia! Che felicità! Che

meravigliosa coincidenza! Che grande opportunità! Sì, questa è la mia occasione! Il mio mondo mi ha protetto da guai ben peggiori! Oh, che emozione! È veramente fantastico! Attendo con impazienza regali e auguri!». Dovreste esprimervi (in silenzio o ad alta voce, non

ha importanza) con tutte queste “inappropriate” esclamazioni ogni volta che succede qualcosa di spiacevole, anche nel caso di piccoli fastidi o quando il copione che avevate predisposto viene per qualche motivo compromesso. Imparate a rallegrarvi per il brutto tempo, le code da fare, i problemi, ogni negatività. Questa specie di masochismo vi aiuterà a liberare

gradualmente il cielo sopra il vostro mondo. Dovete solo preoccuparvi di riflettere su quali vantaggi otterrete dall’una o dall’altra sfortunata circostanza. E così sarà, ve ne accorgerete voi stessi e più di una volta. Solo nelle fasi iniziali vi sono richiesti degli sforzi di volontà per fare in modo che la coordinazione diventi un’abitudine, diventi una parte del vostro Io. Superato

questo momento, tutto andrà come deve. Questo è il primo passo per trasformarsi da ricevitore a trasmettitore. RIEPILOGO Non si deve confondere la gestione intenzionale e consapevole della realtà con l’effetto di sincronicità. Se tra i vostri pensieri e la realtà è sorto un legame spontaneo, ciò non significa ancora che il vostro

Transurfing funzioni. Al fine di iniziare a gestire questo processo, occorre ristrutturare il proprio modo di pensare in modo tale che il ricevitore passivo diventi un trasmettitore, passi a un regime di trasmissione delle intenzioni. Bisogna sforzarsi di trasmettere costantemente al mondo esterno il quadro della realtà desiderata, in diretta o in regime di fondo. Per quanto cupe siano le nuvole che vi stanno sovrastando, dovete ricordarvi che al di là di

esse splende sempre un cielo chiaro. Quando vedete scenari imposti dall’esterno, prefiggetevi il fine di cogliervi associazioni utili per voi e allo stesso tempo ricordatevi di proiettare il vostro film, dichiarare l’intenzione del vostro “mondo di color arancione”. Portate tutte le informazioni che ricevete in entrata al comune denominatore del vostro fine. Partendo con la coordinazione dell’intenzione si può

iniziare a ristrutturare il proprio modo di pensare per metterlo in regime di trasmissione. Se siete intenzionati a considerare come positivo un evento apparentemente negativo, allora diventerà positivo. Assistiamo a fenomeni di trasgressione ogni volta che prendiamo una decisione a un bivio. Imparate a rallegrarvi del maltempo, delle code, degli ingorghi, dei problemi, di ogni negatività.

NOTE A MARGINE Potete ascoltare La canzone arancione (nella sua versione originale) nel blog di Laura Lotus e Drago C h i v o n g Transerfing na praktike (Transurfing in pratica) http://transerfingon.ru/. La canzone è stata cantata per la prima volta da una bambina di otto anni, Irma Sochadze, credo, circa 40 anni fa. Da allora ha trovato molti altri interpreti (evidentemente non a

caso). Nella canzone è racchiusa tutta la quintessenza del Transurfing. Il testo è stato scritto da Grigorij Gorin e Arkadij Arkanov, la musica è di Konstantin Pevzner. Sulla pagina del blog c’è anche il testo integrale. Il blog è simpatico: è tutto molto interessante e molto arancione.

L’imprinting infantile

Continuo il tema del capitolo precedente, in cui si trattava della coordinazione dell’intenzione. Abbiamo dipinto di colore arancione eventi e circostanze aventi

una tonalità “presumibilmente negativa”. Infatti, è in nostro potere rendere piacevoli tutte (o quasi tutte) le questioni spiacevoli. Resta solo da applicare lo stesso principio alle persone e a quello che fanno. Ora parleremo di come pulire il proprio mondo dai rifiuti superflui. Se avete fatto ben attenzione, vi sarete accorti che il Transurfing non

si occupa di “curare” i problemi ma di eliminarne le cause, taglia i nodi gordiani d’un solo colpo. Inoltre, non consiglia nemmeno di occuparsi di ricercare le cause dell’insorgenza dell’una o dell’altra situazione: porterebbe via troppo tempo e farebbe correre il rischio di perdersi. La cosa migliore che si può fare per alleggerirsi il

cammino è sbarazzarsi delle cose che danno origine a queste cause. In questo modo i problemi in corso si risolverebbero da soli, e di nuovi non ne sorgerebbero. In altri termini, non bisogna guardare al passato e nemmeno al presente, ma al “futuro del fine”. Bisogna muoversi in avanti, indipendentemente da quello che ci si è lasciati alle spalle, perché in questo modo si

arriverà solo lì dove si è focalizzata l’intenzione. In questo contesto, la nota affermazione “vivi ora, il momento corrente”, non è del tutto corretta. Nel momento corrent e non vi è alcuna Forza. La Forza è nel momento che precede, è proprio questo momento che si porta dietro il corso del vostro sogno a occhi aperti. Ma di questo parleremo più avanti, per ora ne scrivo solo

a titolo informativo, come spunto di riflessione. Dunque, ritornando alla bambina che dipingeva il suo mondo di color arancione, ci si può chiedere: ma come mettere in pratica tutto ciò? Fortunatamente non è richiesta alcuna abilità né alcuno sforzo particolare: il mondo stesso, da solo, acquista tonalità gioiose se gli viene applicato il principio di coordinazione

sia rispetto alle circostanze che si vengono a creare, sia in relazione alle azioni e ai comportamenti degli altri. Coloro che ora hanno attivato la loro consapevolezza, mi potranno capire immediatamente: “azioni e comportamenti sono la stessa cosa”. Il problema è proprio questo: siamo abituati, con o senza motivo, a criticare gli altri

per il minimo errore e a insultarli per errori maggiori. Lo facciamo senza rendercene conto, automaticamente. Per la maggior parte di noi è letteralmente un riflesso incondizionato. Non appena qualcosa non ci aggrada, subito, da qualche parte nella testa, si accende una lucina rossa e si dà avvio allo sfogo, a voce o per iscritto. Soprattutto internet, dove

ovviamente nessuno ti può prendere per la collottola o darti un calcio nel didietro, è un paradiso di libertà per i critici di ogni risma. Per quanto si dica sul rapporto tranquillo nei riguardi della critica, in essa non c’è assolutamente nulla di buono per nessuno, né per l’oggetto criticato né per il portatore della critica. La quale, come minimo, non è

mai bella. Se in questo momento godete di un’equilibrata disposizione d’animo, provate a immaginare oggettivamente come appare chi impreca contro qualcuno o qualcosa, chi esprime critica, disappunto, rigetto. È davvero uno spettacolo brutto da vedere, e ciò indipendentemente dal fatto che tale reazione sia giustificata o meno. Ma

allora perché le persone agiscono spesso in questo ruolo poco simpatico? Perché la nostra mentalità, fin dalla prima infanzia, è stata marchiata da un imprinting: se qualcuno degli adulti ci sgrida con tono sicuro e rabbioso, significa che ha ragione e noi siamo colpevoli di qualcosa, abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, perché gli adulti

sono più saggi, migliori, mentre noi siamo piccoli, siamo inferiori a loro, peggiori. Capite? Mentre noi non vorremmo essere inferiori ad alcuno! È dunque così, fin dall’infanzia, che si elabora un modello di reazione: se non ti sgridano ma sei tu a sgridare qualcuno, significa che hai ragione, sei il migliore, sei superiore a coloro che sgridi. La reazione, a ben vedere,

è abbastanza primitiva, a livello di invertebrati inferiori. Però crea l’illusione di una certa superiorità, seppur temporanea, e in qualche modo ci eleva sopra gli altri. Dobbiamo tuttavia renderci conto che ciò non è altro che un’illusione, ed elevata lo sembra solo dall’interno, mentre vista dal di fuori appare sempre poco

attraente. Ad esempio, se si prende internet, considerando il posto di rilievo che occupa nella nostra realtà, e ci si immagina com’è il criticone (e di questi ce sono tanti) che naviga in lungo e in largo in cerca di autoaffermazione, non credo sia difficile rappresentarselo come un cane da cortile, con la coda ritta, qui pronto ad abbaiare, là pronto ad alzare la zampa

e a imbrattare… Avrà pur ragione, delle volte, ma qual è il suo vero motto? A differenza del motto dei grandi del passato [veni, vidi, vici; N.d.T.], il suo sarebbe: «Sono venuto, ho imbrattato, ho lasciato le mie tracce». E allora viene da chiedersi: le gesta di chi e quali tracce si lasciano dietro questi personaggi? Le gesta di coloro che sono stati

aggrediti dai criticoni rimarranno di sicuro, perché di solito questi tipi non se la prendono per cose di poco conto. Ma cosa resterà dopo il passaggio dei criticoni stessi? Prima o poi la neve sciolta dal sole di primavera metterà a nudo “la loro arte” e la pioggia d’estate laverà via tutto, senza lasciare traccia delle loro schifezze che poco rallegrano la vista1.

Sono costretto a occuparmi di questi bozzetti poco piacevoli solo per necessità, per mettere alla berlina l’imprinting infantile e dare un esempio del reale stato delle cose. Ma lo squallore non è l’unica cosa che caratterizza la reazione primitiva dell’insoddisfazione e della critica che la segue. Ci sono altre tre buone ragioni per cui non conviene lasciarsi

abbandonare a questo sentimento. Prima ragione: l’effetto boomerang. Qualunque cosa si getti sullo specchio, tutto vi volerà indietro, si tratti di cose belle o di cose brutte. Da qui la conclusione ovvia: non conviene buttare quello che non si vorrebbe ricevere indietro. Provate a fare caso a questo fatto: quando si giudica qualcuno, dopo un po’ di tempo ci si ritrova nel

ruolo dell’imputato e spesso per la medesima voce d’accusa. Succede molto spesso. Più raramente, ma comunque inevitabilmente, il boomerang torna trasformato: vi si può condannare per altre vostre azioni, oppure ci si imbatte in un fastidio che non sembra logicamente collegato alla pietra che si era precedentemente lanciata nel giardino di qualcuno. Non ha

senso chiedersi: “Ma da dove mi viene così tanto male?” se si impreca contro tutto e tutti e poi si ottiene in risposta una grandinata di boomerang da cui ci si deve parare. Certo, le conseguenze non sono tutte così fatali e inequivocabili, però una certa costanza in questi casi si rileva. Notiamo così che un fenomeno innocuo, quale pare essere l’imprinting

infantile, genera in realtà una moltitudine di conflitti, che vanno dagli scandali familiari alle guerre stellari. Seconda ragione: l’effetto specchio. Lo specchio constata spassionatamente il contenuto del rapporto, ignorando il suo orientamento. Allo specchio non importa se esprimete approvazione o condanna. Esso riflette semplicemente

il vostro messaggio. Nel caso della condanna, però, questo riflesso cade nella vostra realtà come un’ombra ancora più scura, poiché la condanna si esprime sempre con sentimento, nell’unità dell’anima e della ragione. Esprimendo insoddisfazione e critica rispetto a qualcosa, intasate da soli il vostro mondo. Del resto, all’esterno si proietta lo stesso film che è contenuto nel proiettore.

Infine, la terza ragione: potreste aver torto. Attaccando qualcuno con la vostra critica avrete quasi certamente torto, perché non potete sapere tutti i dettagli, non potete sapere con certezza perché questa persona fa una cosa che non vi piace. Cosa avreste fatto voi se foste stati al suo posto? In ogni caso, è impossibile conoscere tutte le circostanze, le condizioni e

i motivi che hanno guidato un’altra persona. Molte cose in questo mondo sono relative, con rare eccezioni. Per non andare troppo lontano, prendiamo ad esempio le critiche che vengono fatte al mio indirizzo. C’è chi mi accusa di aver contaminato l’esoterismo con “accessori da cucina” che non c’entrano niente. E che comunque, indaffararsi in cucina non è

affare da uomini. Non è che questa critica mi abbia profondamente toccato, però mi ha colpito la posizione da cui si è tentato di emettere il verdetto. Tra l’altro, sarebbe utile ragionare ogni tanto non in linea retta, da uomini, ma “in linea perpendicolare”, come pensano “le bionde” (e qui non mi riferisco a niente e a nessuno). Nella risoluzione di un compito difficile, le mosse non lineari

e non logiche, l’approccio trasversale, che sembra “non avere nulla a che fare con il problema in oggetto”, molto spesso porta a illuminazioni. Per quanto concerne “l’affare non da uomini”, anche qui è tutto relativo. Ricordo che quando facevo il militare, nel mio gruppo non amavamo quelli che non sapevano fare niente. Su quelli che erano abituati ai servizi delle mamme e delle

“njanj”2 non si poteva assolutamente contare. In esplorazione, con tipi come questi non si andava. Non so come sia adesso, ma ai miei tempi bisognava farsi tutto da soli, cucina compresa. Delle volte ci toccava procurarci il cibo nel bosco, in pieno inverno. Colpire una lepre con il kalašnikov è difficile, e inoltre fare la posta all’animale richiede del

tempo. Per questo adottavamo una tecnica crudele, molto da uomini. Bisognava fare un cappio con l a polevka, un pezzo di cavo telefonico con fili d’acciaio, e appenderlo a un ramo sopra il sentiero battuto dalle lepri. La lepre di notte correva lungo il sentiero, scivolava nel cappio, senza accorgersene, ma con la zampa posteriore si agganciava al filo, che si

tirava. Al mattino la trovavamo già intirizzita, sulla neve rossa, con la zampa segata fino all’osso dal cappio metallico. Preferiva battersi fino all’estremo e morire piuttosto che attendere chi sarebbe venuto a prenderla. Quando di una persona poco coraggiosa si dice “anima di lepre”, il confronto è ingiusto. Per forza d’animo la lepre non è inferiore al

lupo. Tutto è relativo. Ebbene, il senso di tutto quello che ho raccontato sta nel fatto che, manifestando insoddisfazione o imprecando contro il governo, gli impiegati, i calciatori, il tempo, i colleghi, i vicini, i familiari, per non parlare poi dei figli, trasmettete allo specchio del mondo un’immagine squallida e ricevete di conseguenza, di riflesso, una

realtà altrettanto squallida. Trasmettere alla frequenza della radio “Onda della fortuna” o della radio “Sciacquone del cesso” è una questione di scelta consapevole (o inconsapevole). Non voglio certo dire che non si debba per principio né discutere, né difendere se stessi o altri, né mettere qualcuno in riga quando è

veramente necessario. L’importante è che le vostre azioni e il vostro modo di rapportarvi alla situazione non siano gestite dall’imprinting infantile ma siano mosse da un’intenzione consapevole. Ci si scontra spesso con circostanze in cui non è affatto obbligatorio manifestare una reazione negativa. Perché lamentarsi di cose che non vi riguardano direttamente o di persone che

non vi hanno fatto personalmente alcun male? Non potete cambiare quello c h e si è già prodotto nel mondo, così come non potete influire su un film che vedete allo schermo. Però è in vostro pieno potere cambiare la pellicola. Aggredire lo schermo o regolare il proiettore sono due modi di esistere completamente diversi, e, di nuovo, una questione di scelta personale.

In molti casi è meglio passare semplicemente oltre le cose che suscitano reazioni negative, non focalizzarvi l’attenzione, non preoccuparsi troppo di quello che non si vorrebbe avere nello strato del proprio mondo. Perché basta che voi permettiate a qualcuno di catturare la vostra attenzione con un qualche tocco di negatività per vedere quest’ultima realizzarsi

i m m e d i a t a m e n t e , entrare nella vostra realtà. Se invece non siete riusciti a passar oltre e siete caduti nella trappola emotiva, non dovete trattenervici a forza. Sarebbe un’azione vuota. Dovete capire che occorre gestire non le emozioni ma il modo di rapportarsi alla situazione. Che si può sempre invertire, se si riesce ad accendere la propria consapevolezza. Per esempio,

al posto di sgridare qualcuno, fate l’opposto, elogiatelo. I funzionari degli uffici vi hanno fatto perdere la pazienza? Provate a guardarli da un altro punto di vista: ma come sono diligenti! Ma come si danno da fare! La polizia stradale vi ha fermato? Ma che bravi! Come si preoccupano che io non faccia incidenti! I vicini di casa vi stanno tormentando col loro

rumore? Ma che creativi! Come sanno divertirsi! I calciatori vi stanno deludendo? Però come corrono bene per il campo! Come sono bravi! E che bella divisa! I colleghi di lavoro vi hanno offeso? Grazie a loro mi sono svegliato e ho capito qualcosa di nuovo. Grazie, ragazzi! Abituatevi a elogiare tutto e tutti. Per ogni messaggio negativo si trova sempre un riscontro quanto

meno “ironico-giocoso”. Meraviglioso! Magico! Colossale! E che i pendoli si rodano dalla cattiveria per essere rimasti con un pugno di mosche in mano. Checché se ne dica, la pazienza e la condiscendenza sono virtù dei re. Non è così? Aggiungo a questo proposito ancora una breve considerazione per quanto riguarda il movimento nella

corrente delle varianti. Nella realtà di tutti i giorni capita spesso di scontrarsi con piccole osservazioni, proposte, fatte da qualcuno en passant, consigli di vario genere o semplicemente opinioni astratte. Si tratta di piccolezze che possono sembrare insignificanti, ma solo in apparenza. Dovete sapere che le persone che vi circondano, a differenza di voi (se non state dormendo a

occhi aperti), permangono in uno stato di sonno profondo. Le muove il sogno, ed esse, nella maggior parte dei casi, nuotano secondo la loro corrente, facendo solo deboli e rari tentativi di cambiarla. Vostro compito non è nuotare, ma muovervi consapevolmente nel flusso della corrente, sfruttando la sua forza e prestando attenzione solo ai segni che si incontrano per strada.

Ebbene, come segni possono servire proprio le osservazioni, le proposte, i consigli, le opinioni di cui si diceva sopra, soprattutto se è evidente che sono stati espressi senza intenzione, en passant, cammin facendo. In questi casi sarebbe molto utile contenere l’istinto naturale di contraddirli, obiettarli o ignorarli. Non si è ovviamente obbligati a seguire immediatamente i

primi consigli che vengono dati, ma non farà male, tuttavia, tenerli presente. Fate vostra una nuova regola: ascolta la donna e fai quello che ha detto. Capite di cosa parlo? Con gli uomini funziona di rado, perché l’uomo è fondamentalmente guidato dalla ragione e non dall’intuizione. L’uomo ha bisogno di essere attentamente ascoltato ed elogiato. «Ma come sei

bravo!», bisogna dirgli. Consiglio: non è obbligatorio fare quello che dice un uomo, ma elogiarlo val bene la pena. Gli uomini amano essere ascoltati ed elogiati, quando succede, chiudono un occhio su tutto il resto. Però quando parlano in modo inconsapevole, non sarà superfluo tener conto delle loro parole perché potrebbero rivelarsi un segno del cammino, un suggerimento

saggio proveniente dalla corrente delle varianti che si sta muovendo lungo il percorso ottimale. Mantenetevi svegli quando tutt’intorno la gente è immersa in un sogno inconsapevole collettivo, e guardate ad esso come a un’avventura coinvolgente. E un’ultima cosa: affinché tutto funzioni occorre addestrarsi ad accendere la

consapevolezza al momento giusto. Ogni volta che qualcosa non vi piace e c’è un motivo per dare sfogo alla reazione negativa, controllatevi. In testa si è accesa una lampadina rossa? Perfetto! Si sta accendendo il regime di osservazione. Segue la domanda: cosa bisogna fare? Come andare avanti lo sapete già. Se vi sforzerete, non subito, dopo una serie di infruttuose

cadute e ricadute nel sogno, acquisterete gradualmente l’abilità giusta e l’inconsapevole imprinting di prima cesserà di gestire la vostra vita. Scoprirete con stupore che i motivi di insoddisfazione attorno a voi diventeranno sempre di meno. Il vostro mondo si ripulirà del superfluo e comincerà a brillare di un caldo colore arancione.

RIEPILOGO Il mondo acquista tonalità gioiose se ad esso si applica il principio della coordinazione dell’intenzione, sia rispetto alle situazioni che rispetto alle azioni e al comportamento degli altri. Fin dall’infanzia ci hanno marchiato con un imprinting particolare: se qualcuno degli adulti ci sgrida con tono sicuro e rabbioso, significa che ha ragione e che noi abbiamo fatto qualcosa di sbagliato.

Fin dall’infanzia viene inculcato un modello di reazione: se non ti sgridano ma sei tu a sgridare qualcuno, significa che hai ragione, sei migliore e stai più in alto di quelli che stai sgridando. Qualsiasi cosa gettiate contro lo specchio, bella o brutta che sia, vi tornerà indietro. Esprimendo insoddisfazione e non accettazione, intasate da soli il vostro mondo. Aggredendo qualcuno con le critiche avrete quasi sicuramente torto.

Manifestando insoddisfazione verso qualcosa o imprecando contro qualcuno trasmettete allo specchio del mondo un’immagine squallida e nel riflesso riceverete di conseguenza un’altrettanto squallida realtà. Ciò, tuttavia, non significa che non si debba discutere, mettere in riga qualcuno, difendere se stessi o gli altri quando serve. Il vostro modo di rapportarvi al mondo e le vostre azioni devono essere guidate da un’intenzione consapevole,

non dall’imprinting assimilato nell’infanzia. Non potete cambiare quello che si è già compiuto in questo mondo, però è in vostro potere cambiare la pellicola nel proiettore. Aggredire lo schermo o regolare il proiettore sono due modi di esistere completamente diversi. Non bisogna gestire le emozioni ma il modo di rapportarsi alle situazioni. La pazienza e l’accondiscendenza sono le virtù dei re.

Muovetevi lungo la corrente delle varianti prestando attenzione ai segni che incontrate lungo il cammino. “Ascolta la donna e fai quello che ti ha detto”. Mantenetevi svegli e lucidi quando intorno a voi il mondo sprofonda in un sogno inconscio, e percepite tutto ciò come un’avventura coinvolgente. Bisogna addestrarsi ad accendere la consapevolezza al momento giusto. In testa si è accesa una lampadina rossa? Perfetto, si sta

attivando il regime di osservazione.

NOTE A MARGINE Quando qualcosa o qualcuno suscita la vostra irritazione, significa che state dormendo. Non appena vi rendete conto che qualcosa vi sta opprimendo, potete risvegliarvi dal sogno, sia esso a occhi aperti o nel sonno. Se poi avrete energia e chiarezza di coscienza a sufficienza,

potrete sogno.

gestire

questo

Ho visto un arcobaleno

Questa volta ho deciso di fare quello che faccio rarissimamente: invece di pubblicare le lettere che parlano di problemi, pubblicare delle storie di

successo. Di queste ne ricevo molte, potrei comporne un grosso libro. Credo che vi possa interessare sapere come molta gente riesce a realizzare il Transurfing con successo. «Ho deciso di scriverle e raccontare cosa precisamente mi è riuscito e come. Ho incominciato a leggere il Transerfing za 78 dnej (Transurfing in 78 giorni). Il

lavoro previsto dal libro è andato subito bene, anche perché avevo un forte desiderio di liberarmi da una depressione che stava incombendo. Lamentarsi e rattristarsi sono un lusso che non ci si può concedere! A titolo sperimentale mi sono creata l’intenzione di cercare un lavoro nuovo e più interessante. Molti princìpi del libro, come quello di aspettarmi dal mondo solo il

meglio e di avere una ferma sicurezza nella propria stella, coincidevano con quello che avevo cercato di fare fino a quel momento. Il risultato è stato che la ricerca di lavoro si è conclusa con successo e ora è già da tre mesi che sono insediata nel mio nuovo posto. Praticamente, i princìpi del libro erano tutto quello che avevo usato per convincere il mio intelletto a ritenere che tutto funzionava

a meraviglia. Non mi soffermo nemmeno a parlare dei piccoli colpi di fortuna, come i mezzi di trasporto che arrivano al momento giusto e altre piacevoli “casualità”. Ora come ora mi sto occupando della proiezione di un intero complesso di scene che prevedono dei cambiamenti molto più significativi della semplice ricerca di un lavoro interessante. I cambiamenti

si stanno delineando con gradualità, del resto la sfera di azione è piuttosto ampia. Non nascondo che ci sono ancora momenti che mi inducono allo scavo interiore e al masochismo mentale, ma in questi casi mi faccio aiutare dalla cura del corpo fisico (docce di contrasto, deliziose insalate, lunghe passeggiate, esercizi di ginnastica) o cerco di reindirizzare la mia

attenzione verso il mondo circostante, comprese le persone che mi stanno vicino. Comunque sia, ultimamente il mondo attorno a me è diventato come un enorme meccanismo che prima sono riuscita a fermare, e poi a far girare in direzione opposta. Certo, all’inizio tutto ciò procedeva a fatica, con stridii, ma ogni giorno che passa mi accorgo che gli ingranaggi ruotano sempre

più velocemente. Per quanto riguarda la trasgressione, mi è venuto in mente un caso che mi è successo alcuni anni fa. È da più di dieci anni che porto, senza mai toglierlo, un anello che avevo comprato quando ero ancora adolescente. Un giorno, improvvisamente, quest’anello mi era scomparso dal dito. In altri tempi mi sarei demoralizzata, ma allora i

miei pensieri seguirono un altro corso, non so perché. Era come quando si fa un sogno reale e poi ci si sveglia e si cerca di capire se quello che si è visto è successo veramente o si è solo sognato. Quella volta avevo avuto una sensazione simile. Mi ricordo perfettamente ancora adesso le prime scene: metto la mano in borsa e quando la tiro fuori ho di nuovo l’anello al dito. In quel

momento non mi ero nemmeno sorpresa. Avevo guardato il mio anello, l’avevo accarezzato e, in uno stato quasi letargico, avevo continuato per la mia strada». «Se l’amico tuo di sempre Si fa gaio bruscamente Pur in modo un po’ indecente non si affligge, non va

in basso non impreca a ogni passo... ti dirò tutto d’un fiato: un transurfer è diventato! Tu gli dici: “Il sole è avaro” Lui in risposta: “Chiama denaro!” L’estate è finita, la pioggia bagna... Lui ride: “Di soldi ne

avrai una montagna” Sbeffeggiare sembra apposta Cade la neve, lui: “Arriva la festa” C’è un freddo cane: “Fa bene al pane!” Io già sto zitta, non oso obiettare… lui mi dice senza esitare Se il capo urla con vilipendio Vuol dir: “Fa bene allo

stipendio” Se ti si rompono le calze: “Avrai vestiti per nuove danze” Se nel parcheggio la multa ti danno: “Attendi novità per tutto l’anno” Per lui Lunedì è: “La dolce vita!” La settimana, una dolcezza infinita!

Se dal lavoro ti han licenziato Per lui: “In amore sarai fortunato” Scodinzolando un cane ti fissa lo sguardo di soldi ne avrai più di un miliardo Se un gatto l’orecchio si gratterà: “È segno che presto vivrai da pascià” Per lui ogni evento è un

divertimento Se crolla il tetto è un trasloco netto Tutte le strade portano a Roma Ma anche al mare, direttamente Io ormai non dico più niente... Oggi lui, come un uccello come una piuma leggero e bello

sull’onda della fortuna vola contento e se ne va, gestendo il vento Cambia lui e cambia il paesaggio Mentre fluttua nel suo viaggio... Dietro a lui correr non serve C’è il tuo mondo qui che ti serve Cosa importa se è avaro

il sole: In Egitto ce n’è una mole! L’estate è finita, la pioggia bagna: ma agli esami sarà una cuccagna! Le scarpe sono strette, le braghe son corte: la primavera è gia alle porte! Non hai sandali? Niente paura!

Il tuo beneamato li comprerà su misura! Ogni acciacco venuto a scoperto di lunga vita è segno certo, fino a cent’anni, e non novanta! Una vita felice tanta tanta Viver già è una fortuna Tutto il Transurfing è in questa runa!»1.

«Una volta, l’inverno scorso, mentre passeggiavo verso sera, cercavo di praticare la visualizzazione del mio fine. Mi immaginavo la mia futura casa, ed essa era già presente nei miei pensieri: vedevo come ne avevo organizzato gli interni, vedevo l’arredamento e la mia famiglia già dentro QUESTO quadro. Non mi soffermo sui particolari degli esterni, di come la mia casa

stava rispetto al sole. Vedevo tutto e mi immaginavo di come entravo in cucina, vedevo lì mia moglie, sentivo nelle stanze la luminosità del giorno, vedevo i raggi del sole che, entrando dalle finestre, si disperdevano sul pavimento, sentivo il calore dell’energia del sole, così piacevole al tatto dei piedi scalzi. Fantastico! Scrivo queste righe ora, mentre mi trovo LÌ, all’interno di questo

spazio! Ebbene, allora, alla fine della mia passeggiata, avevo deciso di praticare la transazione. Era il crepuscolo, una parte della giornata che io adoro perché meglio delle altre mostra le meraviglie del nostro mondo! Non è né chiaro né buio, né caldo né freddo, un’ora in cui io sento profodamente l’armonia assoluta del mondo! È una fase effimera:

nell’arco di pochi minuti il chiaro si fa scuro, ma quando riesco a cogliere il momento di questo passaggio, provo un senso di mite entusiasmo. Era successo anche questa volta, ma in tutto ciò, in modo incomprensibile, era avvenuta anche una fusione nello spazio della causa e dell’effetto, tutto era “qui e adesso”. In strada c’era molta neve dopo la nevicata del giorno precedente, per questo

dovevo fare attenzione nell’attraversare la strada. Durante il giorno, poi, la neve si era sciolta e verso sera si era formata una crosta di ghiaccio, ma, a parte ciò, la mia passeggiata serale si stava svolgendo senza particolari problemi. Per arrivare a casa mi restava solo da attraversare una stradina e imboccare il marciapiedi, già spalato dalla neve.

Nel momento stesso in cui appoggiai il mio piede sinistro sul marciapiede pulito e il mio piede destro era pronto a seguire il movimento del sinistro, la mia attenzione, al fine di scongiurare ogni pericolo di scivolamento, si concentrò sul bordo. In quel momento ebbi UNA VISIONE! Era un frammento di realtà di forma indeterminata, con i bordi esterni strappati ma con un

contorno ben delineato, com’è, in un planisfero, un’isola nell’oceano. “Ma guarda che roba!”, pensai, capendo che non era un sogno ma un fenomeno che era avvenuto realmente nell’istante che ero riuscito a cogliere. Grazie alla luce tipica del crepuscolo, il quadro si presentava di ottima definizione, solo che non aveva particolari abbellimenti, come succede

nei sogni a colori, pur non essendo inferiore ai sogni per illusione di realtà. Non so perché ho deciso di raccontare proprio quest’episodio, forse perché era più vivido rispetto agli altri, come una stella che brilla all’improvviso in un cielo stellato pulito e di cui si è certi che un secondo prima non ci fosse! O forse perché quello che avevo osservato il giorno prima sopra la mia

testa mentre praticavo la visualizzazione era un segmento di arcobaleno in un cielo che non prometteva alcuna pioggia. E l’arcobaleno mi aveva indotto a pensare che nei dieci minuti in cui esso era apparso, in pochi l’avevano notato, come spesso succede: chi è occupato a far la spesa, chi dorme, chi beve… mentre io avevo visto quest’arcobaleno! Forse

proprio questo FELICITÀ!».

è

la

«Di recente ho litigato con mio figlio di 12 anni a causa dei suoi studi. È un ragazzino abbastanza ubbidiente, ma a volte parte per la tangente. L’ho sgridato perché, passando il tempo al computer e nelle reti sociali, stava andando male a scuola. Insomma, eravamo quasi arrivati a picchiarci, perciò

ho deciso di punirlo. Per punizione doveva ogni giorno, fino al suo compleanno, chiedermi scusa e ripetere che si era comportato male. Tre giorni dopo, rendendomi conto che mi stavo comportando come un manipolatore dei più classici, ho deciso di cambiare. Gli ho detto che d’ora in poi avrebbe dovuto ricordarmi di essere il figlio più bello, più bravo, più

capace a scuola, più ubbidiente, più disponibile ad aiutare in casa e, in generale, baciato dalla fortuna. Dopo questo mio cambiamento non mi sono affatto stupita di vederlo fare i compiti praticamente senza il mio intervento: dopo le litigate, succedeva sempre così. Mi sono sorpresa, invece, oggi: mentre tornavamo a casa, dopo la scuola, e lui mi raccontava

della sua vita in classe, mi ha detto che, secondo l’ultima classifica fatta dalle sue compagne per scegliere “il ragazzo più ammirato della classe”, a lui era stato assegnato il primo posto. Sono rimasta senza fiato per l’emozione!». «Quello che Lei “ha combinato” nella mia vita con i suoi libri è difficile da esprimere a parole: non passa

giorno che non provi ammirazione. Ho comprato il Suo primo libro nell’estate del 2005. L’ho letto tutto d’un fiato. Poi ho comprato e studiato i libri successivi. Mi sono iscritto alla sua newsletter. Ho cominciato ad applicare nella vita gli insegnamenti ricevuti e ora cerco di vivere ogni giorno secondo il Transurfing. La mia vita è cambiata su tutti i fronti, e ovunque solo in

meglio. Non solo, ma è diventata così come me l’“ero disegnata!”. Faccio subito un esempio: mi sono composto la tabella “I MIEI FINI durante un certo anno”. Ne sono venuti fuori 10 punti. Ho lasciato perdere ogni pensiero sui soldi, dato che il giorno in cui ho composto la tabella avevo meno della decima parte della somma che mi serviva. Però ho stampato la mia

tabella in vari esemplari: uno me lo sono appeso a casa, sopra la mia scrivania, un altro me lo portavo sempre in giro e il terzo l’ho appeso in dača2. Poi ho cominciato a lavorare secondo “le prescrizioni” del dottor Zeland. Il primo fine era: comprare una macchina. Siccome avevo deciso prima il modello, mi ero procurato tutte le informazioni

necessarie: foto, video, risultati del test-drive, prospetti, riscontro nei forum eccetera. Avevo messo in mostra le foto della macchina che mi interessava in casa, nei posti più evidenti, qualche foto me la portavo dietro e ogni tanto, durante la giornata, la guardavo, cercavo “la mia macchina” in strada e nei parcheggi, l’ammiravo nei saloni dove ogni tanto andavo. Con una

macchina ho anche fatto un giro di prova. Ed ecco IL RISULTATO: sono seduto oggi al volante della macchina dei miei sogni, anzi, quella che ho comprato è un’auto della stessa marca ma di un modello più caro e migliore. Credo che di quest’ultimo particolare si sia occupato IL MIO MONDO, che meglio di me sa ciò che mi serve. E di questo sono più che contento.

Per farla breve, dei 10 punti che avevo fissato per quell’anno se ne sono realizzati 9. Della realizzazione del decimo mi sto occupando ora. A proposito, quasi mi dimenticavo… un anno e mezzo fa, in modo assolutamente consapevole e volontario, ho smesso di bere bevande alcoliche. Un anno fa sono passato a un regime alimentare vivo. Grazie ai

Suoi libri sono riuscito a realizzare tutto questo. E la mia salute è diventata un’altra: sono ringiovanito, ho perso 20 chili, sono sempre arzillo, contento, resistente alle fatiche eccetera, eccetera». «Quando mi proietto in testa il film del mio fine, immagino la mia vita futura, quello che trasformerà la mia vita in festa: sono un esperto

di finanza, ho una famiglia meravigliosa; eccomi al lavoro, nel mio ufficio al trentesimo piano di un grattacielo. Entro nel mio ufficio, mi siedo sulla mia poltrona, vicino alla finestra. Alzo le veneziane e ammiro il panorama… resto senza fiato. Entra la segretaria con la posta. Prendo in mano il tagliacarte per aprire le buste. Il manico del tagliacarte è comodo, di

legno. Apro un lettera. La carta è di qualità, fruscia sotto le dita. La lettera contiene un invito a un anniversario della mia università. Poi vado in riunione. Mentre faccio girare nella mia testa questo film, ho la piena sensazione di essere un asso nel mio lavoro, di essere uno specialista di classe… mi immagino che dopo il lavoro vado a cena con mia moglie,

o a giocare a tennis con un amico. E poi volo via a New York, in trasferta di lavoro. Poi mi immagino mentre sono a casa. Mi sveglio perché il mio cane carlino cerca di salire sul mio letto ma è grassoccio e non ci riesce. Mi alzo. In casa c’è odore di pane fresco. Mi avvicino alla vetrata, enorme, dal pavimento al soffitto. La apro ed esco in terrazza. Davanti a casa c’è un piccolo

lago, e vedo i miei figli che stanno giocando lì vicino. E così via. Faccio in modo di cambiare le mie diapositive e di tornare il più spesso possibile a vederle. Un giorno mi vedo mentre giro per l’Europa con la mia famiglia, il giorno dopo mentre sono in trasferta di lavoro in Siberia, il giorno successivo mi vedo al teatro “Marinskij”3. E in tutte

queste scene rimane costante la sensazione che si tratta della mia vita. Tutto ciò che vedo intorno a me sono le mie cose. Sento, ascolto, vedo. Tutto ciò mi piace molto, mi sento bene perché sono riuscito ad ampliare notevolmente la zona del mio benessere. Se prima perdevo tempo a pensare a come poter fare a raggiungere la realtà dei miei sogni, ora non ho più di

questi problemi. So che avrò e basta. Tutto sta andando come deve e il mondo mi sta venendo incontro. Sono già successe un sacco di cose cui solo poco tempo prima non avrei potuto credere. Però, non molto tempo fa nel forum ho letto che non si possono proiettare diapositive composte, che è come se io non vivessi la mia vita. Come fare?».

Lei sta facendo tutto correttamente. Continui pure a crearsi la sua realtà virtuale e a vivere in essa. Se lo farà sistematicamente, otterrà il suo film nella realtà (V. Z.). «Vivo in Ucraina. A febbraio il canale televisivo “STB” ha organizzato, per un programma, un casting destinato a cuochi amatoriali (non con formazione professionale e non operanti

nel settore). Ho individuato il piatto da presentare (era una torta), ma non sapevo come decorarla, perché in casa non ho mai decorato i miei piatti, invece per quest’occasione dovevo farlo... Insomma, la sera ho fatto una ricerca in internet, ho trovato degli ingredienti da usare e sono andata a dormire. Al mattino mi sono alzata e ho cominciato a preparare la mia torta in velocità, perché

mio marito doveva accompagnarmi sul posto prima di andare al lavoro. Ma siccome non avevo mai decorato nulla prima di allora, non mi riusciva niente… Intanto mio marito mi soffiava sul collo, così ho deciso di utilizzare il principio di coordinazione dell’intenzione: gli ho chiesto di uscire al lavoro per non disturbarmi e, in cucina, mi sono messa a cantare una

canzone che suonava più o meno così: “Andrà tutto a meraviglia, la mia torta sarà il piatto Migliore, uscirò campionessa e mi prenderanno per il programma…”, e così via. In breve, la mia torta è venuta uno spettacolo: al casting mi hanno chiesto se potevo preparare torte su ordinazione per matrimoni o compleanni, e quando ho detto che lo facevo per la

prima volta, non mi hanno creduto». «Mi sono reso conto che quanto più precisamente dirigo il mio pensiero, tanto prima esso si realizza. Ho eliminato tutti i pensieri distruttivi, e in una settimana, partendo da zero, ho organizzato un mio business: ho aperto il videostudio che da tempo desideravo aprire. È andata

così. Non avevo neanche un soldo superfluo, a volte il denaro non mi bastava nemmeno per pagare l’affitto dell’appartamento in cui vivevo. In una situazione del genere, altro che pensieri di business… Non potevo chiedere un prestito, poiché ne avevo già ottenuto uno che non avevo terminato di pagare. Nonostante ciò ho raccolto i miei pensieri e ho deciso di focalizzarli in

direzione del mio desiderio. Vivevo letteralmente di questi pensieri. Mi sono fatto un piano delle entrate, mi sono reso conto che lavorare per se stessi è molto più redditizio e più piacevole che lavorare per altri. In questi pensieri ho trovato un sacco di vantaggi, mi faceva piacere rifletterci, gustarmi le immagini del mio progetto senza pensare minimamente ai soldi

necessari per iniziarlo. Poi, un giorno alcuni miei amici mi hanno proposto un prestito e mi hanno sollecitato ad aprire l’attività dei miei sogni. L’hanno fatto così, per piacere personale, senza chiedermi nulla in cambio, solo una cassa di birra con i primi guadagni. Ebbene, mi sono deciso. Ora è da sei mesi che lavoro per me, vivo in un nuovo appartamento, seppur

anch’esso in affitto, guadagno benone. Sono già riuscito a saldare il mio primo debito. Tra qualche mese chiuderò anche il secondo. Ecco com’è andata!». «I suoi libri hanno letteralmente cambiato la mia vita. L’ Apokrificeskij Transurfing [Il Transurfing apocrifo, edizione italiana contenuta ne Il Transurfing

vivo; N.d.T.] è il mio livre de chevet. L’organismo sente istantaneamente la differenza tra cibi naturali e cibi morti. Quando ho incominciato a preparare la gelatina viva, all’inizio il gusto non era proprio il massimo… ora, però, come Lei ha scritto, non ne posso fare a meno. Adesso mangio sempre semi germinati, biscotti vivi eccetera. L’effetto è stupefacente! Ho scoperto

con sorpresa che prima non sapevo cosa significasse “salute”. Utilizzo con costanza anche le tecniche descritte ne “Il generatore d’intenzione” e “Un bicchier d’acqua” [vedi Il Transurfing vivo; N.d.T.], sistemi mooooolto potenti, che funzionano al 100%! Prima di leggere i suoi consigli avevo praticato gli esercizi di Oko vozroždenija [vedi I cinque tibetani] per un anno

e mezzo, ma senza effetti significativi. Grazie ai suggerimenti descritti nei Suoi libri ho finalmente sentito tutta la potenza di questo complesso di esercizi. La potenza e l’energia ne risultano triplicate, si vuole fare tutto e subito. E, cosa importante, ti rendi conto che la forza e il buonumore bastano per fare tutto, e la pigrizia non c’è più».

«Non posso dire che sono completamente passato a un regime di cibo vivo, a volte ricorro a quello trattato termicamente, ma mangio molto più spesso verdura, frutta e pesce leggermente salato. Ho 48 anni. Il Transurfing ha cambiato me e la mia vita. Prima ho perso peso, poi l’ho riacquistato, poi di nuovo la taglia dei jeans è diminuita. Il potenziale energetico è

aumentato nettamente. L’umore è sempre positivo. Faccio molto sport. La cosa più sorprendente è che ho cominciato a vedere l’emissione di luce intorno alle persone, colgo bene le dimensioni di questa luce e ne distinguo un po’ il colore. Ho così scoperto che viviamo in un mondo di esseri luminosi e brillanti! Avevo letto di questo fenomeno, ma non avevo mai pensato di

poter arrivare a vederlo». «Sono riuscita a cambiare davvero molto nella mia vita. Se, per esempio, prima cercavo di fare soldi, ora mi arrivano da soli. Di solito faccio un ordine, dico per cosa esattamente mi servono i soldi e poi porto quest’ordine nella zona del mio benessere. Due-tre settimane di norma sono sufficienti: i soldi mi

arrivano, oserei dire che si materializzano. I miei guadagni sono aumentati mediamente di dieci volte dopo circa sei mesi che avevo iniziato a mettere in pratica le sue tecniche! Sono sicura che ci sarebbe voluto molto meno tempo se non ci fosse stato l’ostacolo di organizzare questa “zona di benessere”. I primi tempi, infatti, dovevo persuadermi continuamente, la mia mente

si ostinava a non credere che POTESSI PERMETTERMI DI AVERE molto di quello che ho adesso. Due anni fa per nulla al mondo avrei creduto a questa situazione, ma ora è diventata già così familiare e naturale. Ci sono, a dire il vero, anche momenti di calma, quando non tutto fila proprio liscio, ma so che si tratta di un fenomeno temporaneo e facilmente superabile».

«Volevo raccontare la mia storia di successo. Ho 20 anni, ho concluso i miei studi di architettura presso l’istituto di Mosca e sono entrata in una società di costruzioni, ovviamente come architetto più giovane. Ora sono il vice capo del dipartimento di architettura. Quello che ho fatto è stato “darmi in affitto”, e, sinceramente, l’ho fatto dapprima istintivamente,

solo poi è subentrata la consapevolezza. Nel mio caso ha funzionato benissimo il Freiling. Grazie ad esso il mio capo mi stima molto. Sì, sono sempre raggiante e positiva. Grazie mille! Ora non ho né limiti, né confini!!! Ho la sensazione di essere un cavallo che prima arrancava per il sentiero senza alzare gli occhi mentre ora ha messo le ali. Sono diventata spensierata e

libera… come un bambino! Sì! Ecco come si può definire il mio stato. E se il mio gioco mi stancherà, non succederà nulla… ne inventerò un altro nuovo. Nella vita non c’è niente di più serio che monitorare la condizione dell’anima. E la mia è stupenda». «Nella mia vita è cambiato letteralmente tutto, dai rapporti in famiglia a quelli

con gli amici e i conoscenti. Ho persino cominciato in modo inspiegabile a vincere le partite a biliardo, perché prima non giocavo ma tartassavo il mio sistema nervoso, e non solo il mio. La conquista maggiore è stato l’avvicinamento a mia moglie: solo per questo le sono infinitamente grato. Abbiamo anche iniziato a collaborare per un progetto comune! Da quando ho

smesso di pensare alla mia importanza, ho notato come sono cambiati in meglio i rapporti degli altri nei miei confronti! Non mi assalgono strane idee, indotte dai mass media, e non solo perché non guardo più la TV, ma perché per esse non c’è posto nel mio flusso di pensieri positivi. Chi mi sta attorno si stupisce della mia reazione alle notizie negative. Giudico la mia esistenza attuale come

uno stato di assenza di peso. Sono stato un pilota militare e so di cosa parlo. Un mese fa ho compiuto 40 anni e la sensazione “la vita è finita” è stata sostituita da quella “tutto è appena cominciato». «Lei ha risposto a una domanda che mi ha tormentato tutta la vita: perché ottengo sempre il contrario di quello che voglio? Se ero sicura che si

verificasse un certo evento, quest’evento non si realizzava, indipendentemente dal fatto che fosse una cosa positiva o negativa. Le cose arrivavano fino all’assurdo. Una volta, presso l’Istituto per la comunicazione, mi avevano registrato dei dischetti con un archivio di programmi ed ero sicura che avrei ricevuto senza problemi il materiale desiderato. Non c’era niente

che potesse ostacolarmi. I dischetti erano già pronti e bastava solo andare a ritirarli. Persino in caso di eventuali contrarietà sentivo di non aver nulla da temere, perché i dischetti si sarebbero potuti sempre ripristinare. Ma il giorno prima che, a nome mio, i miei conoscenti andassero a ritirare il materiale, l’Istituto di comunicazione, e più precisamente il Centro

computer dove giacevano i miei dischetti, bruciò in un incendio. Così svanì il mio sogno. Quando notai la regolarità di simili eventi, iniziai a utilizzare attivamente a mio vantaggio questo “fenomeno”. Se avevo bisogno di qualcosa, convincevo me stessa e chi mi era vicino del fatto che non mi sarebbe riuscito nulla di buono. Il risultato era che funzionava tutto al contrario

e io ottenevo il risultato desiderato. Ho utilizzato questa tecnica per 30 anni, senza che ci fossero mai eccezioni! La probabilità di riuscita delle cose era del 99,9999%!!!!!!!!!! Ma alla fine mi sono stancata. Perché non ero come tutti gli altri? Perché dovevo pensare al contrario per ottenere qualcosa?

Tutti in giro mi dicevano che è necessario inviare pensieri buoni e pensare in positivo. Ebbene: ogni volta che facevo così succedeva esattamente il contrario. Poi, per caso, qualcuno mi ha consigliato i suoi libri. Il mondo si è improvvisamente capovolto, e tutto è diventato chiaro. Nel giro di un mese ho risistemato i miei pensieri, e ora le mie intenzioni funzionano così

come dev’essere. Anzi, funziona tutto molto meglio di prima, è tutto più semplice, più comprensibile e più divertente! Ho ricevuto le risposte a tutte le mie domande e, in sovrappiù, anche la tecnica per raggiungere il mio fine e proteggermi dai pendoli. La teoria delle diapositive, poi, è semplicemente stupenda! Funziona tutto!».

«Non vorrei stancarla con l’elenco crescente dei miracoli (diversamente non li potrei chiamare) che mi succedono grazie a questo SAPERE. In poche parole dirò che prima vivevo la vita disgustosa e opaca della metropoli, mentre ora, nel giro di una misera quantità di tempo, sto vivendo con la mia splendida moglie in un’isola tropicale nell’oceano, e ogni minuto

della mia vita è colmo di significato e di gioia. Come dice Lei, “l’anima canta e la ragione si strofina le mani soddisfatta”. Solo che a volte mi amareggia e mi stupisce vedere quanta gente cieca ci sia intorno, e come coloro cui regali il miracolo del TRANSURFING, dopo aver letto il libro non capiscano NULLA di esso… brontolano ma continuano a vivere la loro odiata routine

quotidiana. Comunque ciò non mi turba particolarmente, perché ognuno si sceglie lo strato del suo mondo». «Che cosa faccio io? Supponiamo che mi sia arrivata una notizia brutta, dal mio punto di vista. Comincio col fregarmi le mani, l’una contro l’altra, sorrido (a volte a forza, in modo tirato), e mi dico:

“Tutto sta andando come deve. Fantastico! È tutto OK! È tutto meraviglioso!”. E poi comincia una cosa strana, una sorta di “gesto interiore”. Non riesco nemmeno a capire cos’è, figuriamoci se riesco a spiegarlo! È come se, dentro di me, qualcosa si contraesse (come fanno i bambini piccoli quando, per la felicità, stringono i pugnetti e poi li agitano). Insomma, mi costringo a fare la stessa

cosa. E funziona davvero! La situazione non solo comincia a volgere a mio favore, ma alla fine mi porta anche una qualche inaspettata e piacevole sorpresa! E quando succede posso solo dire: “Wow! Non è possibile!”». «Quando ho iniziato a leggere il Suo primo libro, mi sono sorpresa del fatto che tutto quello di cui Lei scriveva mi fosse familiare e

chiaro: quando ero piccola, più o meno fino a circa 12-14 anni, sapevo fare tutto questo. Certo, non conoscevo tutti i dettagli, ma in qualche modo, intuitivamente, sapevo muovermi e tutto mi riusciva con successo. Poi, col tempo, dovevo sempre più spesso agire con buon senso e com’è giusto fare. “Grazie” all’esperienza accumulata nella vita, ho incominciato a classificare tutto per bene, a

disporre ogni cosa nel suo scompartimento in conformità ai concetti di giusto e sbagliato. Il risultato non si è fatto attendere: ora ho perso tutto quello che avevo raggiunto un tempo, che era importante e incrollabile. Alcuni eventi hanno distrutto certe mie ferme convinzioni. Per fortuna ho deciso di fermarmi e riflettere su ciò che mi stava succedendo. Per

caso sono venuta a conoscenza dei Suoi libri, ma li ho trovati presto. Forse anche questo è un segno. Ora sembro un’atleta che prima era una campionessa ma a causa della sua sicumera ha subito un trauma e ora di nuovo impara a camminare. Avrò modo di ricordare la mia infanzia». «Quando ho letto il Transurfing, due anni fa, non

potevo nemmeno sognare di potermi trovare un giorno all’estero, soprattutto a Londra. E del fatto che ci sia gente che può discutere per decidere su quale parte delle Alpi andare a sciare, anche questo l’ho saputo dal suo libro. È allora che ho capito che questo era anche il mio desiderio. Allora mi sembrava veramente irreale, ma sapevo che se il Transurfing avesse

funzionato, sarebbe stato così. Insomma, ora sono a sciare sulle Alpi, quindi, la tecnica funziona e ciò mi permette di fissare, per il futuro, dei fini ancora più incredibile e folli. Del resto, non c’è nulla di impossibile, siamo noi a porci da soli dei limiti». «Fin dall’inizio il mio fine, la mia intenzione era quella di cambiare casa. Però

non avevo ben chiaro cosa volessi. Se due anni prima visualizzavo con forza un’appartamento di tre stanze nel centro della mia città, un anno e mezzo più tardi avevo finalmente capito che la mia anima aspirava a un bell’appezzamento di terreno e a una casa fuori città. Volevo vivere e lavorare vicino alla terra e preferibilmente a distanza dal centro della mia città.

Ed ecco che tre giorni fa questa felicità mi è letteralmente caduta dal cielo sotto forma di un’ottima occasione di acquisto di un grande appezzamento di terreno (7 ha) per la creazione di una fattoria. Ho già calcolato che con il ricavato dalla vendita del mio appartamento attuale mi sarà possibile costruire una bella casa. Dunque, senza ipoteche e simili sistemi

vincolanti di credito, ho la possibilità di cambiare il mio bilocale in un quartiere periferico della città con un meraviglioso cottage di 150 mq in un terreno enorme di buona terra fertile, circondata da un bosco, vicino a un fiume e a un’ora di macchina dalla città. Ecco dove troverò lo spazio per la mia fantasia, quante cose potrò realizzare lì! A dire il vero, quando questo colpo di fortuna mi è

caduto dall’alto, è stato così inaspettato che in un primo momento sono stata presa dal panico. Voglio dire che, sì, avevo intenzione di avere tutto, ma non così presto! Non ero pronta a un cambiamento così radicale di tutta la mia vita! Ho dovuto lavorare con me stessa per un po’, calmarmi e risistemare il cervello. Così ho capito: la realizzazione dell’intenzione avviene quando si è

chiaramente consapevoli di quello che ci serve esattamente. E solo se se ne ha realmente bisogno. Non sarei rimasta soddisfatta ottenendo un trilocale in centro città. Non era il mio fine. Appena mi sono resa conto del mio vero fine, l’ho raggiunto immediatamente». «L’anima viveva, l’anima soffriva, l’anima languiva e

chiamava, l’anima esser libera voleva. Di volare, amare, il mal dimenticare, voleva ridere, giocare, gioire della vita vedere un mondo di felicità infinita. Ma improvvisamente le vennero pensieri consigli ragionevoli ma neri:

Non creder… non serve… non esiste… Scendi a terra ... dal desiderar desisti Ahimé, quanto spesso la nostra ragione di costruir inferno è maestra e cagione L’anima invece, sempre con sorriso si sforza ovunque di creare un paradiso…»4.

«Ho iniziato a leggere i suoi libri e non potevo smettere. Ho trovato risposte a tutte le mie domande, comprese quelle che non riuscivo nemmeno a formulare. Tutto ciò che ho letto si organizzava in un sistema armonico che non ostacolava niente e nessuno e, anzi, era di aiuto a tutto. Mi sono diventate evidenti molte cose, la cui essenza prima non riuscivo a capire o

su cui avevo dei dubbi. Fin da quando ero bambino mi ponevo delle domande che, come dicevano gli adulti, erano di un passo più avanti della mia età. Mentre tutti dicevano: “Così non si può fare, devi fare in questo modo, in caso contrario non otterrai nulla”, io cercavo altri percorsi. Non mi è quasi mai piaciuta la strada che battevano i miei coetanei e solo ora mi rendo conto che

stavo cercando una strada per me, la mia strada verso “l’armonia dell’anima e della ragione”. Dopo aver trovato queste parole mi è parso che il mondo fosse cambiato, come se qualcuno mi avesse tolto degli occhiali che avevo addosso. Osservavo il mondo che mi circondava ed ero fuori di me dalla gioia di poter vedere finalmente tutto

con i miei veri occhi. Era come se mi fossero cresciute delle ali! Era tutto cambiato intorno a me. E quello che fino a quel momento facevo in modo inconsapevole sembrava corrispondere a quanto scritto nel Transurfing. Così, ormai senza ombra di dubbio, ho cominciato ad andare per la mia strada, a seguire la direzione dell’armonia dell’anima e

della ragione. È risultato che tutto, come mi piace dire, “è talmente semplice da sembrare ridicolo”. Sono spariti i continui sbalzi di umore alla minima provocazione, anzi, ora trovo divertente che, per esempio, in autobus una vecchietta cominci a sgridarmi. Sono scomparsi i fini “irraggiungibili”, perché infatti non esistono. Sono finiti i problemi di

comunicazione, studio, soldi, tutto si è come vanificato. Ora so che al di là di tutto ciò c’è una cosa vera. Per la prima volta nei miei 18 anni di vita sono davvero felice. Perché sono fuggito dalla fattoria. Sono libero! E lì non ci tornerò mai più». «Un’amica mi ha dato da leggere le sue newsletters sul cibo sintetico. Credo che Lei debba sapere che Le è

riuscito di indirizzare su questa strada un’altra persona, me. Non mi è stato difficile passare al cibo vivo perché sono abituata a fare digiuni regolari e il mio organismo è allenato. Durante il digiuno mi sento bene e ho un sacco di energia, ma non potevo nemmeno immaginare di poterne avere ancora di più! Si ha davvero la sensazione di essere stati sottoposti a

doping, si ha voglia di volare e creare. Ma la cosa principale non è neanche questa. Non mi sono mai lamentata della mia salute e della mia coscienza, perché è da anni che vivo coscientemente e tutte le mie intenzioni si avverano. Ma prima, alla mattina, sentivo una sorta di angoscia e non riuscivo a capire da dove provenisse, era un’ansia ingiustificata che si

trasformava in paura. Poi però ho capito: l’organismo provava una sorta di dipendenza dai prodotti sintetici. Quando li ho eliminati, è sparito tutto. Prima delle cose mi riuscivano a volte difficili, perché potevo prefiggermi un fine, realizzarlo, ma i tempi si spostavano. Ora è comparsa la tranquillità. Non ho più urgenze, solo una chiara intenzione, senza

ulteriori sforzi. Vado al mio fine e basta. È diventato tutto semplice. E pensare che non potevo nemmeno supporre i motivi delle mie difficoltà. Se qualcuno prima li avesse collegati all’alimentazione, non ci avrei creduto. Continuavo a cercare le cause nel mio carattere, nell’insufficienza di disciplina e in altre cose. E solo dopo aver realizzato che ci sono molte cose di cui non

si sospetta neanche l’esistenza, come l’alimentazione, nel mio caso, si fa presto a cambiare la propria realtà. Le ho scritto questa lettera affinché Lei sappia QUANTO ha fatto per me».

NOTE A MARGINE Va osservato che dopo l’uscita del libro Apokrifičeskij Transurfing

[ I l Transurfing apocrifo, contenuto ne Il Transurfing vivo; N.d.T.] di storie felici ne sono arrivate molte di più. Più avanti nel libro ci sarà un altro capitolo sui riscontri dedicati all’alimentazione viva e a come riesce a cambiare radicalmente il mondo.

Parte III LA BIOSFERA

Questioni vive

Dai lettori arrivano molte domande sullo stile di vita naturale. I capitoli che seguono trattano di questo, e non solo. «È vero che i rapporti sessuali frequenti

portano a un calo di energia creativa, come si scrive in uno dei romanzi di Dreiser, dove il protagonista, un artista, smette di dipingere dopo essersi sposato?». No, non è vero. Non portano a un calo dell’energia creativa e dell’energia in generale, a condizione che, ovviamente,

non si superino certi limiti ragionevoli. I rapporti intimi rientrano in una sfera di forti emozioni e, in un certo senso, di relativo equilibrio, per questo motivo il tema sesso abbonda di miti soggettivi. La domanda è: che cosa si intende per “rapporti sessuali frequenti”? Ogni tipo di attività, e non solo il sesso, toglie energia se ci si offre ad essa oltre misura. Dove si

trovi questa misura, ognuno lo definisce per se stesso, giacché siamo tutti diversi. Bisognerebbe solo tener conto di un aspetto. L’energia è come la forza della corrente, essa si manifesta solo nel movimento. In altre parole, l’energia si trova lì dove c’è movimento, mentre non c’è nel ristagno. Non si può accumulare energia se non la si spende allo stesso tempo.

Ciò che non viene utilizzato si atrofizza gradualmente. Per assenza di utilità. Così è fatta la Natura. «È vero che, secondo l’opinione dei maghi di Castaneda, dopo il concepimento, nelle auree dei due partner si formano dei buchi neri?». No, non è vero. Non risulta

che qualcuno abbia mai sentito nel proprio involucro una perforazione dopo aver concepito un bambino. Credete davvero che la Natura sia interessata a “bucherellare” una persona per aver realizzato la sua funzione naturale primaria? Piuttosto è il contrario. Non è il caso di credere letteralmente e ciecamente a tutto quello che qualcuno ha detto una volta.

«È vero che la potenza sessuale viene inibita da un regime alimentare a base di cibi vivi?». No, non è vero. All’inizio diminuisce e poi aumenta. Cercate di mangiare in modo vario e nutriente. Quando la transizione da un regime alimentare all’altro si sarà completata, tutto si ripristinerà e tornerà alla norma.

«Perché Osho dice che è sufficiente fare sesso solo una volta all’anno e che in generale il sesso non è una componente obbligatoria della vita umana?». E perché sarebbe abbastanza proprio una volta l’anno e non due o dodici? Qual è il criterio? Se per sesso si intende procreazione

e continuazione della specie, allora è tutta un’altra faccenda. Sesso e funzione riproduttiva sono due cose diverse. Per quanto riguarda il discorso del sesso inteso come componente non obbligatoria della vita, è vero. Di fatto, molte persone vivono senza avere un’attività sessuale e peraltro senza che ciò influisca sul resto delle loro funzioni

vitali. Potete nominare delle evidenti differenze di principio tra coloro che conducono una vita sessuale attiva e coloro per cui questa sfera esistenziale non è ancora iniziata o è già stata superata? Più semplicemente, quando avete a disposizione un certo tipo di energia, potete sfruttarla o meno, è tutto a vostra discrezione. Se

decidete di non sfruttare quest’energia, finerete per perderla progressivamente, ma del resto la perdereste comunque se decideste di usarla oltre misura. In ogni caso, ripeto, si può tranquillamente vivere senza questo tipo di energia se non se ne sente la necessità, e ciò senza danno per il resto. «Lei ha scritto che se non c’è energia non si

può fare nulla: non basta l’intenzione. Recentemente mi sono fatto coinvolgere molto dalla meditazione e il fatto è che, nonostante segua un regime crudista, ho la sensazione di non aver abbastanza energia per mantenermi costantemente in uno stato di lucidità. Per questo motivo ho

cominciato a pensare di limitare la mia attività sessuale, passare al brahmacharya [continenza o astinenza s e s s u a l e ; N.d.T.]. Il motivo della mia domanda è che ho una ragazza cui sono molto legato. Non vorrei scegliere tra il percorso dell’anima e l’amore per la mia ragazza».

Non si deve confondere un dono divino con le uova strapazzate, l’amore con il sesso, la spiritualità con l’ascesi, l’autodisciplina con una continenza fanatica. Si tratta di cose completamente diverse. Se non si usa una certa forma di energia, essa si atrofizzerà, ma questo non sta a significare che vengano potenziati gli altri tipi di energia. Se c’è movimento, c’è

energia. Confronti un fiume di montagna e una palude stagnante. Dove si trova l’energia? Non so che tipo di meditazione lei stia praticando e che cosa le dia. Posso solo dire una cosa: la meditazione, nel senso di arresto del monologo interiore, immersione in una certa profondità della coscienza e tentativo di

raggiungimento di una certa verità o cose simili, non ha alcuna attinenza con il Transurfing. Che cosa sono riusciti a raggiungere di tanto speciale i seguaci delle pratiche meditative? Per quanto si sa, il primo e l’ultimo cui sia riuscito effettivamente di raggiungere qualcosa (e che cosa, di preciso, ancora non si sa), è stato Buddha. Di

clamorosi successi da parte di suoi seguaci non si sa nulla. Non è forse così? Il monologo interiore non dev’essere arrestato ma incanalato nella direzione giusta, al fine di trasmettere nel mondo circostante la propria intenzione mirata, il proprio intento propositivo. La trasmissione è movimento. La meditazione è un arresto, un collasso da un sogno a un altro, ancora

più profondo. E chi sarà in questo sogno a controllare i suoi pensieri, se sarà lei o le essenze sottili che qui si trovano nel loro ambiente naturale, è una domanda non da poco. Anche seguire un regime alimentare a base di cibi vivi, crudista, non è una garanzia di illuminazione, nonostante esso agisca come un ascensore che porta subito più in alto di alcuni piani.

L’acquisizione di quel determinato livello di coscienza tale per cui la realtà viene percepita come un sogno lucido, subordinato all’intenzione, cosa che, di fatto, risulta essere il fine del Transurfing, è un cammino piuttosto lungo che richiede autocontrollo e autodisciplina. Ma non autolimitazione. Coglie la differenza?

L’alimentazione a base di cibi vivi non dev’essere concepita come un’autolimitazione in qualcosa, ma come un principio fondamentalmente diverso di esistenza, in grado di elevare l’essenza di una persona alla somma gamma di vibrazioni e, ovviamente, tale da facilitarle la via di acquisizione di uno stato di consapevolezza. Ma, ripeto di nuovo, non

immediatamente. «La shungite1 serve a contrastare gli effetti delle radiazioni elettromagnetiche?». Non lo so. Ci sono produttori che sostengono che le piastrine di shungite aiutino a schermare il campo elettromagnetico. In internet si può anche trovare un video che mostra un indicatore che

registra la diminuzione del campo di un telefono cellulare, provvisto di una lastrina di shungite. Di fatto, un pezzo di pietra non può in nessun modo schermare un campo. Una casseruola lo può fare, ma la shungite no. Ho un indicatore elettromagnetico e mi sono preso la briga di controllare personalmente. Purtroppo la casseruola è scomoda da usare.

La schermatura, cioè la riduzione dell’intensità del campo, è possibile solo in presenza di uno schermo. Se si parla di protezione contro le radiazioni elettromagnetiche del telefono, quindi, non si può nemmeno prendere in considerazione la schermatura, in quanto il dispositivo non funzionerebbe. Non si può estinguere l’emissione di

radiazioni, la si può solo armonizzare, cioè rendere più o meno fisiologica. La shungite è in grado di armonizzare il campo. In teoria. Ma in che misura lo possa fare, è tuttavia difficile da dire. I produttori su questo argomento tacciono perché non dispongono di dati concreti. Per verificare tutto ciò servirebbero delle attrezzature speciali, per questo non resta loro altro da

fare che dichiarare ciecamente che la shungite presumibilmente protegge. Sarebbe bello se qualcuno si occupasse di una verifica qualificata. «Una mia amica lavora in una sala dove si effettua la tomografia a risonanza magnetica. Ci lavora da tre anni. Da qualche tempo ha cominciato a notare,

dopo il lavoro, una forte stanchezza che nemmeno un sonno prolungato la aiuta a superare. Passa i giorni festivi a dormire: va a letto il venerdi alle 21:00, si risveglia il sabato alle 9:00, sta in piedi un paio di ore e poi di nuovo ritorna a dormire. Dorme e dorme. Ha fatto una vacanza di un mese ma anche questo non le

è servito. La stessa cosa sta accadendo alla sua collega. Mi dica, possibile che si tratti di un effetto della radiazione elettromagnetica? O il problema sta in qualcos’altro? È possibile risolvere la questione in qualche modo senza essere costretti a cambiare il posto di lavoro?».

È meglio cambiare il posto di lavoro. I conducenti di treni elettrici, tram, filobus, gli astronauti, i marinai dei sottomarini, gli aviatori e tutti coloro che devono lavorare circondati da apparecchi elettrici fanno le professioni più pericolose. La radiazione elettromagnetica agisce principalmente sul sangue e il biocampo umano. I globuli rossi si raggruppano in aggregati (cluster), proprio

come avviene dopo una dose di alcol. Il biocampo umano subisce deformazioni significative. Dispositivi speciali mostrano che nelle persone che non si staccano dal telefono cellulare o trascorrono un sacco di tempo al computer, l’aura è piena di fenditure. Questo è il prezzo da pagare per l’utilizzo delle “comodità” tecnogene.

Del resto, la stragrande maggioranza delle persone non si cura della cosa, poiché per lo più permane in uno stato di serena ignoranza, come se tutto fosse assolutamente normale (aggiungo che l’ignoranza è tanto più spensierata proprio perché collettiva). Ciò dura di solito fino al momento in cui le riserve del corpo si esauriscono e prendono avvio i processi degenerativi, ma

anche in questo caso c’è chi continua a fregarsene del proprio stato di salute. Che cosa si può consigliare a coloro che non sono indifferenti? Non ci si può nascondere dalle radiazioni, le si può solo armonizzare, cioè renderle fisiologiche e accettabili dall’organismo. A mio parere, oggi come oggi questo compito viene dignitosamente svolto da un dispositivo chiamato KFS

(Korrektor Funkcional’nogo Sostojanija - CSF [Correttore dello Stato Funzionale; N.d.T.] , http://www.centerregion.com/). Non voglio imporre nulla a nessuno, tanto più che questo giocattolino non è molto economico. Tuttavia, ritengo un mio dovere condividere con gli altri le informazioni su ciò che uso. Tratto tutto questo come informazioni

destinate a coloro che possono ricavarne una qualche utilità, e non come pubblicità. Non guadagno soldi su questo. Mi fa piacere offrire informazioni sulle cose che agiscono in contrasto con i prodotti della tecnosfera, ampiamente pubblicizzati, e lo faccio volontariamente e consapevolmente. Lo ritengo un mio modesto contributo alla causa della

conservazione della preziosa e fragile biosfera del nostro caro pianeta. Il CSF è una piccola piastra che, a voler parlare in breve e in generale, struttura l’acqua, armonizza i campi non fisiologici e crea delle condizioni di disagio per gli organismi estranei come i parassiti. Fra l’altro, i vari tipi di piastrina hanno funzioni e proprietà diverse. In altre parole, il CSF

garantisce alla persona un’oasi locale (personale) di sicurezza in mezzo a un ambiente esterno aggressivo. Fonte di alimentazione è il campo magnetico della Terra. Informazioni dettagliate si possono trovare sul sito del produttore. Credo sia doveroso avvertire che, per una persona non preparata, dette informazioni possono suscitare incomprensione, diffidenza e

persino rifiuto. Purtroppo, il produttore, Sergej Valentinovic Kol’cov, non si è preoccupato di presentare la descrizione della sua creazione in linguaggio accessibile e semplice, sufficientemente chiaro ai lettori privi di una formazione tecnicoscientifica. E ciò si nota soprattutto nelle lezioni: si ha l’impressione che parli un genio, mentre si rivolge ai

suoi colleghi, ad addetti ai lavori che padroneggiano la materia e per i quali è tutto chiaro ed evidente. Infatti, in un primo momento vi sarà quasi tutto poco comprensibile. Dovrete ascoltare un bel po’ di videolezioni e leggere una discreta quantità di materiali prima di iniziare a capirci qualcosa. Tanto più che la base teorica del CSF è in contrasto con il paradigma delle scienze

fondamentali. Del resto, questa discrepanza è piuttosto un vantaggio, poiché proprio questo paradigma ha portato alla creazione della tecnosfera, in grado di ucciderci in tempi molto rapidi e inattesi, oppure in tempi lunghi e gradualmente. In questo senso la scienza suscita più paura che fiducia. A essere onesti, non posso

darvi una garanzia del 100% sul fatto che il prodotto funzioni davvero come viene dichiarato. Le sensazioni possono essere soggettive, mentre per una prova oggettiva servirebbero delle attrezzature costose, di cui io non dispongo. Si può solo credere al produttore, i cui dispositivi mostrano che l’aura viene davvero ricomposta e i globuli rossi disgregati. Io personalmente

ho fiducia in questo produttore, anche se allo stesso tempo non posso consigliarvi di credere a quello in cui credo io. Decidete da soli, ovviamente se il CSF ha suscitato il vostro interesse. Diversamente, prendetene atto e dimenticatevene. Può darsi che nel vostro mondo si trovi per voi qualche altro mezzo di protezione. Ognuno ha il suo cammino e i suoi

giocattoli. «Cosa offrono le lezioni organizzate dal Centro di Transurfing? Lei una volta ha affermato che una persona può imparare tutto da sola, senza ricorrere all’aiuto di corsi particolari». Dall’epoca in cui lo dissi sono passati molti anni. La realtà cambia rapidamente e

di conseguenza anche il Transurfing. I cambiamenti avvengono in tempi accelerati. La nuova realtà comincia a manifestarsi prima che possa comparire una nuova tecnica di Transurfing aggiornata e ad essa corrispondente. E l’uscita di nuovi libri è ancor più tardiva. Presso il Centro si ha l’opportunità di imparare le ultimissime tecnologie di gestione della

realtà. Naturalmente, con la giusta determinazione ci si può arrangiare senza corsi formativi, ma è vero anche che non tutti possiedono tale determinazione e molti hanno bisogno di una spinta dall’esterno per iniziare un movimento autonomo. Soprattutto in questi ultimi tempi, nei quali l’effetto della cattura dell’energia e della coscienza, fatto di cui

ho scritto nelle mie ultime newsletter, comincia a manifestarsi in forma sempre più forte. Le persone stanno diventando sempre più assonnate. La vita dell’uomo sembra affogare nel caleidoscopio di eventi che non dipendono dalla sua volontà, ed egli non può far nulla per impedirlo. L’energia e la consapevolezza vengono a mancare.

Inoltre, come succede spesso, tra la comprensione della teoria e l’azione, intesa come capacità di risolvere un problema pratico, potrebbe esserci un abisso. Com’è noto, il problema del cane è che capisce tutto ma non può parlare. Il problema dell’uomo, invece, è diverso: capisce tutto, può parlare ma non può fare. Così, leggendo i libri imparate a capire. Seguendo i corsi imparate ad

applicare le conoscenze, a metterle in pratica, a fare. «Seguo da sei mesi un regime alimentare crudista ma a volte non ce la faccio e mi abbuffo di pesce crudo o carne di agnello. Quando mangio carne di agnello, mi rintontisco subito. In generale mi sento leggero, aggressivo, e sono

dimagrito in modo anomalo. Ho perso l’interesse per il sesso. Sono diventato molto pallido, forse a causa di un deficit di vitamina B12, che nei vegetali si trova in bassissima quantità». Si tratta di fenomeni transitori. Quando la transizione si sarà completata, tutto tornerà alla

normalità. Ecco perché io non consiglio di passare di colpo a un regime crudista esclusivamente vegetariano. Il passaggio dev’essere liscio e armonico, senza effetti collaterali. Il corpo necessita di più di un anno per depurarsi e ristrutturarsi completamente. Per quanto riguarda la vitamina B12, ne avevo già parlato ma posso ripetere: il

nostro organismo ha bisogno di una quantità minima di questa vitamina. Fonti di vitamina B12 sono: l’uva, l’uva passa nera (blu), le alghe di mare, l’aceto di mele naturale, il polline di fiori, il polline d’api, i cereali germogliati. Le vitamine essenziali vengono inoltre prodotte dalla microflora intestinale. Ma per farlo essa dev’essere in

buona salute. La microflora si ripristina molto lentamente, ed ecco ancora un buon motivo per passare progressivamente, e non di colpo, a un regime alimentare crudista. RIEPILOGO L’energia c’è quando c’è movimento. Nel ristagno non si trova alcuna energia. Ciò che non viene utilizzato

si atrofizza. Se avete in mente di passare a un regime alimentare a base di cibi vivi, fatelo con gradualità, cercando di nutrirvi sempre in modo equilibrato e vario. Quando la transizione si sarà completata, tutto rientrerà nella norma. Seguire un’alimentazione a base di cibi vivi non significa limitarsi nel mangiare qualcosa ma adottare un principio esistenziale sostanzialmente diverso.

L’alimentazione a base di cibi vivi porta l’uomo, come essenza, a percepire la gamma superiore di vibrazioni. Non ci si può sottrarre all’effetto delle radiazioni elettromagnetiche ma lo si può solo armonizzare, cioè renderlo fisiologico e accettabile per l’organismo.

NOTE A MARGINE Non mi piace il termine “crudismo” e cerco di non usarlo perché è stato già

sufficientemente screditato sia dai media che dai crudisti stessi. Non consiglio a nessuno di passare bruscamente a un regime alimentare a base di cibi vivi. Nel libro Apokrifičeskij Transerfing [Il Transurfing apocrifo, contenuto ne Il Transurfing vivo; N.d.T.] ho già illustrato il mio approccio alla questione. Rinunciare ai prodotti sintetici da supermercato sarebbe già un grande risultato. Arnold Ehret, il fondatore della dottrina alimentare a base di cibi vivi, avvertì a suo

tempo: «Non dimenticate mai che ogni estremismo è dannoso. Evitate ogni tipo di estremismo».

Se mi ami, mangia!

«Non so cosa fare. Vorrei passare a un’alimentazione viva poiché ritengo che si tratti del sistema migliore, ma vivo con

mio marito che in questo non mi sostiene affatto, anzi: dice che sono esagerata e un’egoista che pensa solo a se stessa. Da parte mia io non gli impongo nulla, al contrario: lui mangia quello che vuole ma mi costringe a mangiare quello che mangia lui stesso. Dice: se mi ami, mangia! Lui ritiene che nella

nostra vita ci debba essere sia il buono che il cattivo e per questo vuole che io mangi il cibo cotto e beva bevande alcoliche, per abituare il mio organismo ad affrontare le varie malattie, perché se invece mangiassi solo cibi crudi, il mio corpo si indebolirebbe e mi ammalerei continuamente.

I cibi che lui mi impone non mi piacciono, ma mi trovo costretta a mangiarli perché lui me lo ordina. Mi dice: “Come puoi sapere cosa vuole il tuo organismo? Lo sanno solo i medici perché si occupano proprio di questo. La medicina non è stata inventata per caso. E devi prendere assolutamente anche le

medicine!”. Un giorno mi ha detto: “Scegli: o me o il crudismo. Se vuoi essere una crudista, allora divorziamo. Non voglio vivere con una persona stupida come te”». Non posso dare consigli concreti in situazioni simili. I rapporti di famiglia sono una sfera in cui è meglio non immischiarsi con consigli

tratti “dal proprio statuto”. Ma non le è mai venuto da pensare che i disaccordi con suo marito, in sostanza, non riguardino l’alimentazione ma ben altro? Ecco, per esempio, un caso tipico, descritto nel libro della famiglia Butenko Kulinarnaja kniga syroeda [Il libro di cucina del crudista; N.d.T.]: «Sergej

Butenko

– Un

giorno, dopo le lezioni ai corsi di cucina, mi si avvicinò una donna (il suo nome era Wendy) che mi raccontò che stava per lasciare il marito perché lui non voleva nemmeno sentir parlare di cibo crudo. Nonostante il fatto che lei era passata a mangiare cibi crudi solo un mese prima, si era già stancata di convincere il marito ed era sicura che ogni tentativo di cambiarlo

sarebbe stato inutile. Un anno dopo ricevetti una email da Peter, ormai ex coniuge di Wendy, nella quale mi informava di essersi separato da Wendy e di essersi fidanzato con un’altra donna, insieme alla quale era passato a un regime di alimentazione crudista. Peter era entusiasta del nuovo tipo di alimentazione e mi chiedeva se io e mia sorella potessimo allestire il

banchetto in onore del suo matrimonio. Alla fine della sua lettera, Peter menzionò, non senza ironia, la circostanza che Wendy, invece, aveva smesso di mangiare cibi crudi».

Non posso fare a meno di citare un altro passo da questo stesso meraviglioso libro, che si può comprare all’indirizzo. www.ozon.ru/context/detail/id/

«Valja Butenko – Ecco un brano tipico di uno dei miei innumerevoli dialoghi con gli altri studenti. Io: Ciao. Henry: Ciao. Io: Come va? Henry: Ieri sera ho vomitato in tutta la camera. Ho dormito solo 3 ore. La testa mi ticchetta come un meccanismo a orologeria. Io: Caspita!

Henry: E tu, invece? Io: Io sto benissimo, mi sento molto riposata. Henry: Sono intontito, in tutte le materie mi sento indietro. Ma tu capisci cosa dice l’insegnante? Io: Sì. Henry: Ieri alla festa è stata una figata! Io: Sì, davvero. Henry: Sto così male… odio questa scuola! Non vedo

l’ora che finiscano le lezioni. Io: Io invece oggi sto benissimo. È interessante che per determinare la densità di un corpo occorra considerare il rapporto della massa rispetto al suo volume. Pensa un po’ cosa viene fuori: la densità dell’acqua è un’unità e la densità del ghiaccio è solo nove decimi. Il ghiaccio è più leggero dell’acqua del 10% e per questo dell’iceberg è visibile solo la

sua punta (cioè proprio quel 10% che è più leggero dell’acqua). Henry: Sì, interessante… ma tu come lo sai? Io: Ma ce l’hanno spiegato oggi alla lezione di fisica! Non ti ricordi? Henry: Caspita! (si gira per allontanarsi) Ciao! Io: Ciao ciao». «Ma come convincere i

bambini a passare a un’alimentazione viva? Non è facile spiegare loro che prima mangiavamo una cosa e ora bisogna mangiare quest’altra». Spieghi le cose come le capisce lei. Anche i bambini capiranno e persino meglio di lei. Certo, a condizione che non siano stati portati a diventare consumatori

incalliti di prodotti sintetici da supermercato. Purtroppo, le cose sintetiche possiedono un fascino perverso e suscitano una dipendenza narcotica, per questo agli echi della natura autentica, ammesso che da qualche parte si facciano sentire, restano poche chances di farsi ascoltare dall’intelletto. Non è nemmeno facile proteggersi dall’influenza dei genitori premurosi o da

quella dell’ambiente aggressivo dei coetanei, in cui a nessuno viene in mente di augurare a qualcun’altro del bene. Comunque sia, la coercizione in materia di alimentazione dev’essere assolutamente evitata. Tutto quello che lei può fare è dare il suo personale esempio positivo. Niente di più. La coercizione e la guerra con i

familiari, in qualsiasi forma esse si manifestino, non porteranno alcun frutto, anzi, potrebbero solo peggiorare la situazione. Riporto ancora un estratto dal libro di Butenko Kulinarnaja kniga syroeda (Il libro di cucina del crudista). Ancora una volta, non posso farne a meno. È un brillante esempio di come i bambini si sappiano

destreggiare tra di loro. Gli adulti possono solo invidiarli: «Valja Butenko – Una volta, in terza elementare, abbiamo fatto “la festa della pizza”, un evento che per i bambini di terza ha un significato pari alla festa di Natale o di Capodanno. Io ero seduta con i miei amici e stavo mangiando una macedonia di mele, arance,

mirtilli, lamponi e miele, quando una ragazza di un’altra classe prese posto accanto a me. Sapevo già per esperienza che dalla sua presenza ci si potevano aspettare solo guai. – Guarda che bella pizza che ho! – disse, facendomi roteare davanti al naso un pezzo di pizza dall’aspetto poco fresco. – Tu invece non ce l’hai! I

conigli non mangiano la pizza! – Se l’avessi voluto, avrei avuto anch’io la pizza – dissi io – ma non ne ho bisogno. – Davvero? – chiese sarcasticamente la mia interlocutrice. – E perché? – Beh, se proprio vuoi saperlo – dissi con un sospiro – è perché la farina è stata fatta con un grano geneticamente modificato,

impollinato da pesticidi così tossici che le persone che l’hanno trattato erano costrette a indossare tute di protezione e maschere antigas. Il formaggio sulla tua pizza è di qualche anno più vecchio di te e sembra che l’abbiano appena tirato fuori dalle scorte scadute dell’esercito. I pomodori sono stati raccolti ancora verdi, sono stati messi in frigo e fatti diventare rossi

per mezzo dell’etilene. Quanto al salame, è stato fatto con la carne, gonfiata da ormoni, di animali che erano stati prima tenuti in mezzo a una tale sporcizia che vomiteresti solo al vederlo. Personalmente non ho la minima voglia di mangiare questi cibi. I miei genitori conoscono il proprietario della pizzeria, e lui gli ha detto che sta guadagnando abbastanza bene proprio

perché gli ingredienti per la pizza gli costano una miseria. Le altre bambine sedute al mio tavolo rimasero con la bocca aperta. La sera mia mamma ricevette la telefonata di una signora arrabbiata: voleva sapere cosa avevo detto a sua figlia, che si ostinava a rifiutare la cena». Naturalmente questo non

significa che si debbano smontare tutti quelli che cercano di prenderti in giro. Anche perché, per rispondere a tono, bisogna saperlo fare. Sapete cosa serve? Serve solo svegliarsi per tempo, guardare la scena dall’esterno e fare a se stessi un rapporto sobrio: capire che cosa sta accadendo in quel determinato momento. In altre parole, si richiede di avere una coscienza chiara.

Credo che ognuno possa ammettere di essere riuscito a trovare troppo tardi le parole giuste in risposta a un’offesa, e ciò non solo una volta. Ovviamente, queste due citazioni di Valja Butenko dimostrano i vantaggi che ottiene una persona che si nutre di cibi vivi. Vedo chiaramente, capisco chiaramente e mi esprimo chiaramente. Sono libero,

tranquillo e sicuro di me. «Ho compreso e accettato il Transurfing immediatamente. Quello che non sono riuscita a capire subito, invece, sono state le newsletters sulla cucina e l’acqua viva. In quel momento non ero pronta. Ero follemente alla ricerca di qualcosa d’altro, di un qualche significato.

Mi sono fatta coinvolgere da dottrine diverse, dopo di che nella mia vita sono sopraggiunte alcune piccole tragedie. Poi ho comprato il Transurfing apocr i f o e l’ho letto d’un fiato, senza però riuscire ad assimilarlo perché, quasi per caso e improvvisamente, mi sono ritrovata alle Maldive. Non so cosa

sia successo, ma sono tornata a casa completamente diversa! Ora è da nove mesi che mangio cibo vivo. Ho incluso nella mia dieta l’olio di semi di lino, l’olio di cardo, il polline delle api, bevo infusi di erbe e sono passata alla cosmesi naturale, sostituendo anche molte creme con succhi vegetali. Ho un aspetto

meraviglioso! Sono orgogliosa di poter dire: più invecchio e più ringiovanisco. Ma sono disorientata! Nel mio ambiente non c’è nessuno che abbia letto i libri sul Transurfing. Il mio ragazzo se n’è interessato ma mi ha ridato il libro liquidandolo come “pura demagogia”. Nel

mio ambiente nessuno si nutre di cibi naturali e vivi, nessuno condivide il mio punto di vista. Io non lo impongo di certo, e rispondo con pazienza a coloro che mi chiedono perché non mangio l’uno o l’altro prodotto. È da nove mesi che ascolto sermoni sulla mancanza di proteine e di altre vitamine nella mia dieta

quotidiana. Io sto meglio di giorno in giorno, ma irrito tutti. Risultato: ho rovinato i rapporti con i miei amici, è in crisi la mia vita privata, ovunque, intorno a me, colgo incomprensione». Non è lei a irritare tutti, ma è a lei che tutti danno fastidio perché lei non permette agli altri di essere

diversi da lei. Ecco cosa succede: lei vuole che tutto il suo ambiente si interessi dei suoi hobby. Lo specchio all’inizio riflette semplicemente il fatto che lei desidera proprio questo: “Io voglio! Sì, è vero. Beh, continua a volere”. Poi lei si accorge che il suo volere non fa cambiare nulla. Lei continua a desiderare, ma già con un tocco di irritazione e malcontento: “Ma perché

mai gli altri non vogliono le stesse cose che voglio io?”. Lo specchio di nuovo riflette impassibile la sua preoccupazione e irritazione. Ora lei vede una foto diversa: nel mondo circostante appaiono sfumature di aggressività nei suoi confronti, in conseguenza del messaggio che lei stessa ha fatto circolare. La sua reazione ulteriore (assolutamente

naturale, ma non consapevole) è quella di difesa e contrattacco all’aggressione esterna. Lei inizia a combattere, stando in piedi davanti allo specchio, e nel riflesso cosa vede? La stessa cosa: le sue proiezioni. Anche nel mio mondo nessuno si interessa di Transurfing. A casa mia la parola “Transurfing” non viene nemmeno pronunciata.

E nessuno dei miei familiari è un appassionato di alimentazione a base di cibi crudi, se lo immagina? Tuttavia, questo non rovina in alcun modo i miei rapporti con loro. Perché? Perché non impongo ad alcuno la mia visione del mondo, non comincio neanche a parlarne, ammesso che io non venga esplicitamente interrogato. La stessa cosa riguarda l’alimentazione. Posso

sedermi alla stessa tavola di chi consuma carne e beve alcolici, mentre nei miei piatti e nel mio bicchiere c’è tutt’altro. Se una persona sceglie di non mangiare carne e non bere alcolici, può dar motivi per la rottura di un rapporto? Conosco molte persone che, al pari di me, rimangono fedeli alla loro scelta di regime alimentare nonostante

il fatto che i loro amici o familiari non la condividano. Bisogna solo seguire il primo principio del Transurfing: permettetevi di essere voi stessi e permettete agli altri di essere loro stessi. Se invece lei non si permette di essere se stessa, anche gli altri non glielo permetteranno, capisce? D’altra parte, quando si rinuncia alla carne, all’alcool, al tabacco e ad

altre sostanze che suscitano dipendenza (la carne, tra l’altro, è un forte narcotico), si passa a percepire la gamma più alta di vibrazioni e quindi si potrebbe cessare di essere in risonanza con la compagnia precedente, si potrebbe finire per perdere il linguaggio che si aveva prima in comune. Per esempio, se una persona smette di bucarsi, non ha più nulla da condividere con gli

amici tossicodipendenti che aveva prima. Se smette di bere, non le interessa più socializzare con gli ex compagni di bevute. Tuttavia, se lei, cambiando, rimane ugualmente flessibile e riesce a seguire il primo principio del Transurfing, i suoi amici l’accetteranno così com’è e anche lei li accetterà così come sono rimasti. E tra voi ci sarà ancora molto in

comune. Per esempio, i miei amici, con i quali un tempo mi facevo delle belle bevute, non hanno smesso di essermi amici dopo che ho rinunciato all’alcool. Per non parlare poi delle differenze fondamentali nei nostri menù. Solo che molti di coloro che hanno continuato a bere ora sono già morti, mentre quelli che sono

ancora vivi hanno un brutto aspetto, seri problemi con la salute e in generale con la qualità della loro vita. Nel suo caso personale, o lei non ha rispettato il primo principio e ha finito perciò per alienarsi dalla sua compagnia di amici, o il suo ambiente ha smesso di corrisponderle. Perché se il motivo della rottura è potuto essere un cambio di abitudini alimentari, c’è motivo di

chiedersi: ma mi serve davvero una compagnia del genere? Una volta sono stato impressionato dal disinvolto entusiasmo con cui una nota frequentatrice di salotti e animatrice di feste mi raccontava dei suoi problemi: «– Oh, domani daremo una festa: verranno tanti amici, dovremo preparare un sacco di cose, comprare vino,

carne, fare questo e quest’altro, bla bla bla... – Ma tu non bevi, e non mangi neanche carne. Il suo viso, per un momento, fu contratto da una smorfia di sincero sconcerto. – Beh, e allora? – Ma come sono i tuoi amici, come sono? – Oh, loro sono così e così! Bla bla bla bla…».

Mi capisce? È una trasmissione di tutt’altro genere. La mia conoscente non si preoccupava se i suoi amici volessero o meno quello che voleva lei. Si preoccupava semplicemente del suo mondo, e il suo mondo si preoccupava per lei. Tutto qui. Smetta di inviare allo specchio le proiezioni delle sue aspettative, vedrà che il suo ambiente la lascerà in pace.

Se poi ne avrà cura, riceverà dall’esterno la stessa cura. Un elementare Freiling. RIEPILOGO I prodotti sintetici da supermercato possiedono un fascino perverso e provocano dipendenza. Bisogna assolutamente escludere un approccio di coercizione in materia di regime alimentare. Tutto quello che potete fare per convincere gli altri è

presentare il vostro esempio personale positivo. Permettete a voi stessi di essere voi stessi e agli altri di essere diversi. Non cercate di discutere, imporre o dimostrare la vostra opinione. Non cercate di convertire il prossimo alla vostra fede. Cercate persone che condividano le vostre scelte.

NOTE A MARGINE Nonostante tutti i vantaggi

offerti dai cibi vivi, vi esorto ad avvicinarvi con attenzione e cautela a questo campo e a non buttarvici a capofitto. Io stesso mantengo una posizione moderata sulla questione. I miei princìpi sono l’equilibrio e la gradualità. Purtroppo, tra i crudisti si incontrano talvolta quelli di cui si può dire: “Se costringi uno sciocco a pregare, si spacca la fronte da solo”1 (parlo in generale, non in riferimento alle lettere che ho qui riportato).

La vita non è roba chimica in vitro

«I medici dicono che i latticini sono assolutamente necessari per la salute dei denti e

dei capelli. In che condizione sono i suoi denti e i suoi capelli?». La solita solfa sulla principale fonte di calcio, latte e latticini, è una solfa pura e semplice, peraltro fatta suonare non tanto dagli allevatori e dai medici quanto dai produttori e dai commercianti. A loro, infatti, serve trovare sempre degli argomenti incisivi affinché la

gente apra con immutata costanza e piacere il suo borsellino per acquistare la merce. I produttori e i distributori sono delle strutture così potenti da essere in grado di creare qualsiasi mito. Se tutto a un tratto, per qualche motivo, la produzione di latte e il commercio di prodotti caseari diventasse poco conveniente, state pur certi che non perderebbero tempo

a comporre una nuova solfa, anzi, una canzone molto convincente, molto intelligente e bella, da far in modo che tutti vi credano. Si troverebbero subito anche gli esecutori, dalle stelle dello show business ai professori. E gli acquirenti l’ascolterebbero e direbbero: “Oh, ma che bella nuova intelligente canzone!”. E altrettanto volentieri porterebbero al supermercato

i loro borsellini. Come sapete, è una cosa che si può organizzare in modo sapiente, ed è quello che si fa. Oltre alle canzoni, vengono composte anche storie spaventose, storie del terrore. «Se tu, non voglia Iddio, ti rifiuterai di mangiare il nostro delizioso “mogurt”, ti cadranno tutti i capelli e ti

dovranno estrarre le unghie perché esse cresceranno all’interno! Se non ne vorrai mangiare tanto, del nostro nutriente “mogurt”, ti dovranno mandare dal terribile e spaventoso dentista, già pronto ad aspettarti con le maniche arrotolate e un paio di pinze in mano! Se continuerai a ostinarti a pensare di poter sopravvivere senza il nostro benefico “mogurt”, sai cosa

ti succederà? Ti cadranno tutte le ossa e allora potrai solo strisciare come una serpe mentre tutte le persone belle e in buona salute ti si faranno intorno, tenendo in mano le loro tazzine di miracoloso “mogurt”, e rideranno di te e su di te punteranno il dito! Ma è proprio questo che vuoi? (“No, no, non lo voglio!”). E allora mangia ancora di più del nostro “mogurt”, così

benefico e naturale». Inoltre, si compongono falsi miti, trappole, dottrine e opinioni sfavorevoli per screditare gli altri. An apple a day keeps the doctor away. Una mela al giorno toglie il medico di torno. No, sbagliato. Una mela al giorno e tolgo il medico di torno, vado ad ammazzarlo. Chi mangia

mele diventa uno psicopatico, si trasforma in un terribile terrorista! No, sbagliato. Una goccia di nicotina uccide un cavallo, una mela uccide il medico. Non mangiate mele, fanno malissimo! Insomma, cose del genere. Io personalmente preferisco credere alla Natura, perché essa non è alla ricerca di benefici personali, non

compone canzoni e non allestisce alcuno spettacolo. In natura di latte si nutrono solo i neonati, per di più del latte della loro madri e non altrui. Inoltre, ho la tendenza a verificare tutto sulla mia esperienza. Quando i prodotti di origine animale sono stati gradualmente esclusi dalla mia dieta e sostituiti con verdure vive, tutti i problemi con i denti si sono risolti da

soli, senza il coinvolgimento di “un terribile e spaventoso dentista”. Alcuni denti mi hanno creato disturbo ma sono caduti da soli e in modo completamente indolore e naturale, e al loro posto ne sono spuntati di nuovi. Presso i crudisti fenomeni del genere non sono una rarità, però solo presso coloro che non vanno agli estremi e si alimentano in modo equilibrato ed

eterogeneo. I miei capelli sono folti e forti come li avevo in gioventù, e non si stanno incanutendo, anche se sarebbe già ora. Sul viso non c’è accenno di rughe e ciò non è indizio di mie particolari caratteristiche individuali. Al contrario, nella mia vita c’è stato un periodo in cui i segni del tempo, brutti denti, rughe,

capelli grigi, avevano cominciato a manifestarsi piuttosto chiaramente. Ma poi, con mia grande sorpresa, ho scoperto che i processi degenerativi si possono non solo fermare, ma addirittura invertire. L’ho scoperto quando nella mia dieta hanno cominciato a prevalere cibi vegetali vivi di vario tipo. È emerso che, se si ritorna alle leggi della Natura, si risveglia nel corpo la

capacità di rigenerarsi. Molto, se non tutto, si ripristina e torna alla normalità. Ma sottolineo ancora una volta: non bisogna andare agli estremi. L’alimentazione dev’essere, soprattutto, varia e nutriente, e non da fanatici, come succede quando qualcuno sente vagamente parlare delle meraviglie del cibo vivo e comincia a nutrirsi di sole mele. La

transizione dev’essere graduale e naturale. Il principio di fondo non dev’essere né la limitazione, né la rinuncia a mangiare certi cibi, ma la sostituzione graduale di alcuni cibi con altri. Non abbiate fretta a rinunciare al formaggio, alla ricotta, alle uova e al burro, se sentite che non siete ancora pronti. E ricordatevi

che un valore particolare è contenuto non tanto nella frutta e nella verdura quanto nei vegetali verdi in foglia, nei germogli di cereali e nelle alghe di mare. Per contenuto di vitamine, minerali e altre sostanze nutrienti, i vegetali verdi in foglia superano le altre verdure di decine o centinaia di volte. È vero, tuttavia, che non si può mangiare tanta erba da sola: è difficile e non

è particolarmente gustoso. Ma è stata già studiata una via di uscita: frullati verdi e zuppe verdi. Di questo si è parlato dettagliatamente nel l i b r o Apokrifičeskij Transerfing [versione italiana ne Il Transurfing vivo]. «Ho 22 anni e da sempre sono impegnato in attività sportive. Ora gioco a calcio, e mi

alleno regolarmente in palestra per “fare massa”. Domanda: da quali fonti, essendo io un sostenitore del crudismo, posso ricavare le proteine necessarie per la crescita muscolare? Mia mamma, che è un buon dottore di formazione e mi vuole molto bene, dice che senza proteine animali non si può avere

alcuna muscolare».

crescita

A questa domanda ho già risposto molte volte, ma i lettori continuano a pormela. Certo, sua madre ha ragione. Nessuna mamma in natura nutrirebbe il proprio figlio vitello con della carne o il proprio figlio tigrotto con dell’erba. La questione è: di quale essere vivente si tratta, con che cosa è stato svezzato

e con che cosa è stato cresciuto? Perché un individuo, quando rinuncia ai cibi animali cotti e passa a un regime alimentare vegetariano e vivo, subisce una forte perdita di peso, soprattutto se il passaggio è brusco? Qui hanno luogo due processi. In primo luogo, il cibo vivo non blocca il

meccanismo di escrezione delle tossine e delle scorie, così come invece succede con il cibo bollito (morto), e, al contrario, lo corrobora. Prima nell’organismo entravano alimenti distrutti dal fuoco, quasi velenosi. Il cibo cotto è tossico per sua natura. La sostanza morta è morta. Giudicate voi: che cos’è la vita e che cos’è la morte? Confrontate ogni essenza

vivente con l’essenza morta. Per qualche motivo sentiamo e capiamo ancora molto bene la differenza tra un essere vivente e un cadavere, e questa differenza fa una forte impressione quando gli occhi vedono davanti a sé un cadavere o una pianta appassita, morta. La morte si presenta come uno spettacolo molto sgradevole e assolutamente non appetitoso. Non è vero?

Però, quando il discorso arriva fino alla tavola da pranzo, per qualche motivo ce ne dimentichiamo immediatamente. Questa è la forza dell’abitudine, inoculata fin dalla nascita. Questo è lo stereotipo, il modello mentale formato dalla società. Immaginatevi il cadavere bollito di un uomo. Non l’avete mai visto? Disgustoso solo al pensarci? Ma è forse qualcosa di

fondamentalmente diverso dal cadavere bollito di una gallina? Non proseguiremo oltre nella differenziazione tra la sostanza viva e quella morta. Pensateci solo un po’: cosa tocca fare all’organismo con il cibo morto? La Natura non poteva prevedere una situazione in cui a una sua creatura venisse in mente di uccidere il cibo con il fuoco. Ma per ogni eventualità ha

predisposto una grande quantità di riserva e di resistenza. In questo senso siamo molto più perfetti di qualsiasi altro animale. Se un animale venisse sottoposto a tutti quegli eccessi estremi e a quelle violazioni delle leggi della natura cui si sottopone l’uomo, non vivrebbe a lungo. Ebbene, il corpo è costretto ad assimilare in

qualche modo il cibo morto, poiché è stato messo in tali condizioni. Esso semplicemente non ha altra scelta. E affronta questo compito con successo alterno, grazie alla riserva di resistenza e di preparazione alle situazioni estreme che esso possiede. D’altra parte, tale preparazione non è sufficiente nel caso in cui la situazione estrema si protraesse per tutto il tempo,

per sempre. Capite? L’organismo non è in grado di espellere costantemente i rifiuti risultanti dall’elaborazione del cibo morto. Dopo tutto, la sostanza morta è sostanza morta. Il cibo non è solo una materia prima chimica, una miscela di certe molecole, di certe sostanze utili. L’organismo non è solo un impianto chimico, in cui dalla materia prima vengono

prodotti dei materiali. E la vita non è un semplice complesso di reazioni chimiche. Tutto è molto più complicato. Persino la scienza, nonostante fino ad ora non sia riuscita a spiegare cosa sia la vita, è d’accordo. La sostanza viva dev’essere alimentata dalla sostanza viva. Questa è la legge assoluta della Natura. Anche le piante, le uniche creature,

tra tutte quelle viventi, in grado di ricavare sostanze nutrienti direttamente dai minerali, si nutrono di minerali vivi e non di quelli morti! Provate a far crescere una pianta da appartamento in un vaso contenente della terra dopo aver fatto “cuocere” questo vaso nel forno e averci poi piantato il germoglio: la pianta morirà. Perché la sostanza morta è sostanza morta. La pianta

non ha le risorse di cui dispone l’uomo, che può assimilare la sostanza morta e tramutarla in viva. Ripeto: la vita non è chimica in vitro. L’uomo, per ogni pasto che fa a base di cibo morto, è costretto a consumare una parte della sua energia vitale. Al livello inteso dalla scienza di oggi, si tratta dell’energia di enzimi vivi. Ma non è ancora tutto, la situazione è molto

più complessa. Anche gli enzimi non sono semplici reattivi chimici ma sostanze viventi, con la loro luce, la loro aura. Essi rimangono in vita per qualche tempo anche in un corpo che è stato abbandonato dall’anima. Ma se si frigge questo corpo, di vivo non resta nulla. D u n q u e , l’organismo è costretto a distribuire dove capita i rifiuti derivanti dalla

trasformazione del cibo morto, poiché le sue risorse non consentono di eliminare tutto. In fin dei conti, in un modo o in un altro nel sangue entrano sia le sostanze vive che quelle morte, ciò che è necessario e ciò che è superfluo, ciò che può essere assorbito e ciò che invece non può esserlo. La Natura, ancora una volta, non poteva prevedere che l’uomo, lasciandosi appassionare

dalla chimica, sarebbe stato così pazzo da introdurla nella sfera della sua esistenza, e in particolare nel cibo. L’organismo imbuca tutta questa zavorra in giro per il corpo, dove trova posto, ed essa si accumula ovunque nel corso di tutta la vita. Un corpo pesante, se non si tratta del fisico di un sollevatore di pesi, testimonia proprio della presenza di questa zavorra, e non è indizio di salute e forza

dei muscoli. Quando si passa a un’alimentazione a base di prodotti vivi, si innesca un meccanismo di autodepurazione. Le riserve dei sistemi escretori si liberano e l’organismo comincia lentamente a estrarre da ogni suo angolo e a espellere le scorie accumulate nel corso degli anni. Proprio come succede con le masserizie che ingombrano una vecchia

casa e i cui abitanti, ormai in marasma senile, continuano imperterriti ad accumulare. Quindi, il primo processo responsabile della perdita di peso è la depurazione. La depurazione può durare anni, giacché i detriti si sono accumulati nel corso degli anni. Non è così facile sbarazzarsi di questi ammassi, lo posso dire per esperienza personale. Per

quanta attenzione io abbia dedicato alla depurazione del mio organismo e alla sana alimentazione, a tutt’oggi vedo e sento come da esso continuino a fuoriuscire le schifezze che prima avevo introdotto con tanta alacrità. Lo potete constatare di persona: è come se lo spirito di una cosa, che magari non consumate già da tempo, fuoriuscisse dal vostro organismo. Può trattarsi di

un’eruttazione da birra, di un’effimera sensazione di gusto di tabacco, vino o patatine fritte… Da dove proverrebbe questa sensazione se avete smesso da tempo di introdurre questi prodotti? Si tratta proprio di questo, dello spirito del prodotto morto e tossico, in senso letterale e figurato: esso viene esplulso come le scorie e le tossine a livello corporale, e come imprint

(l’impronta introdotta) a livello mentale. Dopo di che, questo prodotto cessa completamente di essere “desiderato”. Se ancora oggi avete voglia di salame, per esempio, o di patate fritte, significa che le tossine di questi prodotti circolano ancora nel vostro corpo. Insieme alla depurazione prende avvio un secondo processo, la sostituzione. La

sostituzione di cosa con cosa? Provate a pensare: in cosa si differenzia l’uomo da un animale erbivoro, della cui carne egli si nutre? Si differenzia letteralmente nella carne. Essi si trovano a livelli diversi della piramide alimentare e hanno tutto diverso, la digestione, la carne, le ossa e la coscienza. E ora immaginate che quest’uomo, improvvisamente, senza

alcuna ragione apparente, cessi di mangiare cibi di origine animale e cominci a mangiare solo cibi vegetali, per di più non bolliti, come prima, ma crudi. Cosa gli succederebbe? Il suo organismo innanzitutto sperimenterebbe un forte shock. Che sta succedendo? Esso sarebbe confuso, non capirebbe quello che gli viene richiesto. Poi, ritornando in sé,

comincerebbe a occuparsi d e l l a ristrutturazione generale di tutto se stesso. L’organismo sarebbe costretto a sottomettersi, perché con le leggi della Natura c’è poco da discutere e dovrebbe trasferirsi a un’altro scalino della piramide, con tutti i profondi cambiamenti che ciò richiederebbe. La forma, forse, resterebbe invariata, ma il contenuto, il materiale,

sarebbe completamente diverso. Nell’organismo si produrrebbero dunque due processi, la depurazione e la sostituzione. Una ristrutturazione non da ridere. Che cosa ne consegue? RIEPILOGO Gli stereotipi in tema di alimentazione sono

fondamentalmente promossi dai produttori e dai commercianti di alimenti. La Natura non cerca vantaggi, non compone canzoni e non allestisce spettacoli. In Natura, solo i neonati si nutrono di latte, del latte della loro madre e non di quello delle altre. Un’alimentazione a base di cibi vivi assicura capelli voluminosi, contrasta la canizie e fa crescere nuovi denti. Ma solo se il regime alimentare è vario e completo. E, anche in questo caso, non da subito.

Se si ritorna alle leggi della Natura, nell’organismo si risveglia la capacità di rigenerarsi. La transizione dev’essere graduale e naturale. Il principio di base non dovrà essere né la limitazione, né la rinuncia a un cibo, ma la sostituzione graduale di un cibo con un altro fino a completa eliminazione dei cibi nocivi. Non abbiate fretta di rinunciare a formaggio, ricotta, uova e burro, se sentite di non essere ancora pronti per questo passo.

Un valore particolare hanno le verdure verdi fresche in foglia, i germogli di cereali e le alghe marine, più ancora che frutta e ortaggi. Il cibo non è semplicemente della materia prima chimica, ma una miscela di molecole e sostanze particolarmente utili per l’organismo. L’organismo non è solo un impianto chimico in cui dalle materie prime si producono materiali. La vita non è solo un complesso di reazioni chimiche.

L’uomo, per ogni assunzione di cibo morto, deve spendere parte della sua energia vitale. L’organismo è costretto a imbucare i rifiuti derivanti dalla lavorazione del cibo morto in tutti gli interstizi che trova, perché le sue risorse non gli consentono di espellere tutto. Le sostanze vive devono nutrirsi di sostanze vive. Quando una persona passa ad alimentarsi con cibi vivi, si innescano dei meccanismi di autodepurazione dell’organismo.

La pulizia può durare anni. Del resto, anche le scorie si sono accumulate nel corso degli anni. L’organismo si appresta a occuparsi della ristrutturazione generale di se stesso.

NOTE A MARGINE I mezzi di comunicazione di massa del sistema vi convinceranno che il cibo vivo è una brutta moda lanciata da persone poco sane nella mente e nel

corpo. Vi mostreranno un crudista patito (ce ne sono abbastanza) vicino a un personaggio fiorente e prospero per il fatto di mangiare “come tutte le persone normali”. È vero però che talvolta i mangiatori di carne e i crudisti si equivalgono. Gli uni possono eccellere in ignoranza, aperta menzogna, tendenziosità e diffamazione, gli altri in ristrettezza mentale, fissazione e irrazionale fanatismo. L’ignoranza, di fatto, è una grande forza!

Il principio della società

Ci siamo fermati al punto in cui si diceva che quando l’organismo passa a un regime alimentare basato su cibi vegetali freschi, in esso avviene una ristrutturazione

generale, accompagnata da processi di depurazione e sostituzione. La zavorra delle scorie e delle tossine accumulate nel corso di molti anni viene espulsa e sostituita da un corpo letteralmente nuovo, costituito da un nuovo biomateriale, che dispone già di un nuovo metabolismo e un nuovo meccanismo di digestione. Non si può affermare che

il meccanismo della digestione e del metabolismo cambi in maniera radicale, tuttavia un cambiamento significativo della microflora simbiotica e già il fatto che i cibi vegetali crudi inizino a essere completamente assimilati, parlano da sé. Vi chiedo, cari lettori, di attivare ora la vostra attenzione e comprendere il significato delle

formulazioni sopra riportate. Capite davvero di che cosa si sta parlando? Non si tratta di una dieta, né di un cambiamento superficiale delle proprie abitudine alimentari e nemmeno di vegetarianismo, che ammette prodotti lattiero-caseari e il trattamento termico. Si parla di un passaggio a un diverso livello della piramide alimentare, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Nel capitolo precedente (pubblicato nella newsletter) ho menzionato questo fatto senza però accentuarlo, e sembra che nessuno si sia accorto che “nel sogno era avvenuto qualcosa di straordinario”. Al contrario, molti si sono interessati solo ai nuovi denti. Ma i denti non sono niente, sono solo “un effetto collaterale” della transizione. Il discorso verte sull’essenziale capacità

dell’organismo di rigenerarsi, nel senso che i processi degenerativi possono essere invertiti. Proprio questa è la questione fondamentale. Certo, per ora è impossibile dichiarare categoricamente la possibilità di una rigenerazione al 100%, anche se nella storia ci sono stati casi relativi alla ricrescita di arti perduti nell’uomo, come

succede con le salamandre. Ma già i processi che sperimento su me stesso danno tante speranze, quindi il punto di vista della scienza ufficiale su quest’argomento per me non è di alcun interesse. Per qualche ragione, dell’alimentazione a base di cibi vivi come di un passaggio a un gradino diverso della piramide

nessuno ha mai parlato chiaramente. E nemmeno io, fino ad ora, ne ho parlato in questa prospettiva, per non scioccare troppo il pubblico e introdurre nel modo più morbido possibile tutti gli interessati al tema. Ma penso che sia giunto il momento di chiamare le cose col loro nome. Lì, su quel gradino della piramide, la gente è già molto diversa. Con un’altra

visione del mondo, un’altra percezione, energia, salute, intelligenza, qualità della vita, con un altro corpo, infine. È una specie di club d’élite, tenendo presente i privilegi straordinari che esso offre. E, a differenza di altri club privilegiati, chiunque voglia può accedervi (e in qualsiasi momento può uscirne, non trattandosi di una setta).

Ma per un passo così straordinario devono sussistere delle buone ragioni. Vi pare uno scherzo passare a un altro gradino della piramide, tanto più nella nostra società, zombizzata da stereotipi radicati? Sorgono spontanee tre domande ragionevoli: 1. Quali sono i vantaggi di questo passo? 2. Com’è possibile farlo?

3. Ed è possibile, in generale, farlo? Rispondendo alla prima domanda, elenchiamo i principali vantaggi: un corpo pulito e sano, un potente intelletto e una coscienza chiara, una buona forma fisica, una mente sana, un organismo libero da parassiti, libertà da dipendenze da cibo e da altri prodotti, superamento di malattie

croniche e degenerative come le malattie cardiovascolari, il cancro, il diabete, l’artrite, l’AIDS, l’obesità, le allergie, la depressione, la nevrastenia, l’infertilità, l’invecchiamento precoce, lo stress, la stanchezza cronica ecc, e per coronare il tutto, e come naturale conseguenza, il potenziamento del tono vitale e della qualità della vita in generale. Se si possano considerare tutti

questi motivi abbastanza convincenti o meno, giudicate voi stessi. Se invece si considera l’alimentazione viva come una delle componenti del Transurfing, il vantaggio evidente in questo caso è quello di aumentare l’energia e la chiarificazione della coscienza, aspetti che per il controllo del sogno a occhi aperti, cioè della realtà, si ritengono di prima necessità.

Si inizia a vedere e capire ciò che gli altri non vedono e non capiscono. L’acquisizione di almeno uno di detti benefici permette di ottenere un vantaggio sugli altri che di tali benefici non godono. In generale, quando abbandonate i ranghi e cominciate a fare qualcosa di diverso da quello che fanno gli altri, otterrete sicuramente qualche

vantaggio. Dovrebbe esservi noto dai principi del Transurfing. Ricordate la regola del pendolo “fai come faccio io”? Coloro che marciano nelle file comuni obbediscono ciecamente al seguente principio: se tutti pensano così e fanno così, allora è giusto. Su questo principio, in sostanza, si regge la società, ma esso è lungi dall’essere giusto.

L’incremento di malattie degenerative, per esempio, statisticamente è chiaramente correlato alla comparsa e allo sviluppo di nuove tecnologie di preparazione dei cibi, come la conservazione, la raffinazione e ogni forma di trattamento chimico. Oggi le tecnologie alimentari non si sviluppano per motivi legati a uno stile sano di alimentazione, ma perché il

prodotto è buono, è pratico da usare, è di moda, lo consumano tutti. Forse, tanto tempo fa, le cose andarono in questo modo: a qualcuno venne in mente di eliminare dai cereali e dal riso l’involucro e il germe, cioè le sostanze più nutrienti. Così i prodotti del grano diventarono di colore bianco, morbidi e soffici.

Può darsi che un giorno qualcuno sia andato a far visita a qualcun altro, abbia visto delle focaccine invitanti e un bel riso bianco e abbia pensato: che meraviglia! Li voglio anch’io! E così l’hanno voluto tutti e ci hanno fatto l’abitudine. Solo che poi sono cominciate le malattie. Ma a nessuno è venuto in mente di collegare l’emergere di nuove malattie ai mutamenti della

tecnologia alimentare. Quasi nessuno ci ha pensato e anche oggi solo poche persone ci pensano. La gente mangia e si ammala. Si ammala e mangia. È interessante osservare che nella Francia medievale, patria della cucina raffinata, una grande ciotola di insalata verde era il piatto principale e quotidiano della gente comune. Il popolo si nutriva di cibo naturale e integrale.

Le delizie culinarie erano considerate un privilegio della nobiltà. Proprio per i nobili lo chef cercava di cucinare dei piatti speciali, mentre lui stesso e il resto della servitù, seduti in cucina, mangiavano intere ciotole di insalate fatte con erbe diverse. Nel menu destinato ai signori, invece, queste stesse erbe venivano usate solo come spezie o come ornamento.

Ebbene, le malattie e i vari tipi di disturbi, a quel tempo, erano un segno distintivo del ceto aristocratico. Era addirittura di moda sfoggiare un volto pallido e i signori passavano tutto il giorno a letto a lamentarsi, spossati dalla malinconia tipica “dell’alta società” e da un malessere generale. Per contro, un aspetto sano e verace, un volto abbronzato, erano un tratto caratteristico

del volgo. Le persone semplici non avevano il tempo di ammalarsi, erano piene di forze, lavoravano tutto il giorno come se niente fosse e la sera trovavano senza problemi l’energia per scambiarsi tenerezze nei fienili. Con il tempo, però, la cucina elaborata si diffuse ovunque, e ciò anche grazie alla moda. I cibi in scatola, ad esempio, furono inventati

allo scopo di rifornire le truppe di Napoleone di viveri pratici da consumare. Ma poi entrarono in voga come uno dei risultati del progresso. Mi immagino una tavolata di persone servite da scatolame di ogni sorta. Probabilmente allora anche a tavola si parlava di prodotti in scatola: “Quali cibi in scatola avete provato oggi? Noi abbiamo assaggiato questi e questi altri. Cosa? Non mangiate

cibi in scatola? Ma siete veramente indietro con i tempi!”. All’inizio la tecnologia di conservazione alimentare si limitava a un prolungato trattamento termico. Più tardi, però, vennero inventati anche i vari tipi di conservanti, esaltatori di sapidità, aromi, additivi. Questo tipo di alimentazione non crea

semplicemente un’abitudine, ma qualcosa di più. Essa provoca una fortissima dipendenza narcotica, una dipendenza da cibo. Non solo, ma, fatto ancora più importante, emerge che la cosa è conveniente per tutti, produttori, distributori e consumatori. Sono tutti dipendenti dalla stessa sostanza. Da cui ognuno trae i suoi benefici. E, di nuovo: la gente mangia e poi sta

male, sta male e mangia. Si ha l’impressione che l’uomo moderno non sia un Homo Sapiens ma un tipo umano addomesticato, domato e appositamente nutrito DA QUALCUNO. Un essere che non si rende conto del cibo con cui viene nutrito e del motivo per cui viene nutrito. Un Homo Mansuetus, un uomo domestico posseduto da un padrone. Qui, ovviamente, lavoro di

fantasia. Di fatto questo QUALCUNO non è un individuo ma il sistema, la “matrix”. La sostanza comunque non cambia. Il sistema è interessato a far marciare tutti nella stessa fila. Gestire questa fila è particolarmente semplice, se sono tutti legati alla stessa mangiatoia. Ed è ancor più facile se tutti aspirano agli stessi fini surrogati e hanno

le stesse paure. Provate a dare un’occhiata ai mass media. Vedrete un quadro in sostanza assai primitivo: da un lato, da tutti gli schermi e da tutte le copertine ci viene imposto il culto del successo e del consumo, mentre dall’altro lato veniamo s p a v e n t a t i da notizie angoscianti. È così che viene mantenuto l’ordine nelle file. Dunque, come uscire dalle

file comuni per smettere di marciare dietro al successo delle altre persone e dirigersi, invece, alla ricerca del proprio? A questo fine è necessario scardinare il principio della società, cioè cessare di credere che “se lo fanno tutti, allora è giusto”. In un certo senso, una tale mossa può essere vista come una sorta di hacking del sistema operativo della società, di una società che

alletta costantemente la gente sbandierando i successi altrui e allo stesso tempo la mantiene entro determinati confini, la costringe a operare secondo un determinato programma, sprofondandola e tenendola immersa in un sogno collettivo. Liberandovi da questo programma sarete in grado di creare il vostro programma personale, che potrete integrare poi nel

sistema in modo tale che quest’ultimo funzioni per voi e non viceversa. Sarà così che un giorno il vostro successo diventerà punto di riferimento per gli altri, rimasti ancora intrappolati nelle spire dell’algoritmo. RIEPILOGO Il vecchio corpo viene letteralmente sostituito da un corpo nuovo, costituito

da un nuovo biomateriale e già dotato di un nuovo meccanismo di digestione e metabolismo. Non si tratta di una dieta né di un cambiamento superficiale del menù quotidiano, e neanche di vegetarianismo, che ammette i prodotti lattierocaseari e il trattamento con il fuoco. È invece un passaggio a un diverso livello della piramide alimentare, un regime di alimentazione e di esistenza nuovo in linea di principio. Si tratta della fondamentale

capacità dell’organismo di rigenerarsi, nel senso che i processi degenerativi possono essere invertiti. La coscienza diventa chiara, si comincia a vedere e a capire ciò che gli altri non vedono e non capiscono. Quando si abbandonano le file comuni e si inizia a fare qualcosa di diverso da quello che fanno gli altri, si ottiene sicuramente qualche vantaggio. Il principio della società è: se tutti la pensano così e fanno così, allora è giusto.

La crescita di malattie degenerative è chiaramente correlata statisticamente con la comparsa e lo sviluppo di tecnologie alimentari. Pochi pensano a questa correlazione. Mangiano e si ammalano. Si ammalano e mangiano. Il cibo sintetico provoca uno stato di estrema dipendenza, un attaccamento narcotico al mangiare. Tutti dipendono dallo stesso narcotico e ognuno ottiene i benefici che gli servono. Ma

ancora una volta: mangiano e si ammalano, si ammalano e mangiano. L’uomo moderno, ritenuto un tempo indipendente e sapiens, è ora un tipo addomesticato, domato e intenzionalmente svezzato dal sistema. Il sistema è interessato a far marciare tutti nelle stesse file. Gestire queste file è particolarmente facile se tutti si fanno spaventare dalle stesse storie dell’orrore, se tutti perseguono gli stessi obiettivi e sono attaccati

alla stessa mangiatoia. Per cessare di marciare dietro al successo altrui e dirigersi alla ricerca del proprio, occorre scardinare il principio della società secondo cui “se tutti fanno così, allora è giusto”.

NOTE A MARGINE Oggettivamente mi trovo a trattare questi temi non per particolare attaccamento alla causa “verde”, ma perché, per controllare la realtà, è necessario prima

di tutto sapere come si presenta questa realtà.

La sostanza viva e quella morta

Continuiamo il tema dei capitoli precedenti. Tra i vantaggi offerti dal passaggio a un nuovo gradino della piramide alimentare si possono elencare molti

benefici piacevoli. Per le donne ciò significa, soprattutto, l’eliminazione del problema delle m e s t r u a z i o n i , realmente innaturale e illogico, unitamente all’assenza di gestosi in gravidanza e alla presenza di un parto indolore. Ecco cosa scrive in proposito il dottor Arnold Ehret:

«Quando l’organismo femminile viene completamente depurato da una dieta di guarigione, le mestruazioni cessano. Nelle Sacre Scritture questo fenomeno si chiama proprio così, “depurazione”, cioè cessazione della scadenza mensile di sangue impuro con scorie.

Tutte le mie pazienti, che hanno seguito un processo di depurazione tramite la dieta di guarigione (alimentazione viva), hanno riferito che le mestruazioni diventavano sempre più rare, con intervalli di due, tre, quattro mesi, fino a scomparire del tutto. Il mal di testa, il mal di

denti, la nausea e tutti gli altri cosiddetti “malesseri” tipici dello stato di gravidanza cessano, il parto avviene senza dolore e il neonato che viene alla luce è insolitamente “pulito” rispetto agli altri; la madre produce, a sufficienza, un latte molto dolce; ho osservato tutto questo in donne che seguivano la

dieta di guarigione. Non si consiglia di cambiare radicalmente la propria alimentazione durante la gravidanza o l’allattamento al seno. Ciò dovrebbe essere fatto almeno due o tre mesi prima del concepimento»1. Un’utile acquisizione per gli uomini sarà un marcato aumento della stabilità della

psiche contro le influenze esterne, o, in altre parole, un incremento della capacità di resistenza allo stress . Compare un caratteristico senso di serena fiducia in se stessi, un senso di Forza, equilibrio, depurato da isterie e aggressività ingiustificate. Come sapete, in qualsiasi situazione difficile, conflitti compresi, la qualità più preziosa è costituita

dall’autocontrollo e dalla capacità di contenersi, piuttosto che dalla forza fisica. Ma coltivare l’autocontrollo è più difficile che pomparsi i muscoli. Dunque, la fiducia in se stessi viene inoculata, stranamente, non da un pezzo di carne ma da verdure verdi in foglia fresche. Non tanto la frutta e verdura quanto proprio le verdure verdi in foglia fresche meglio di tutto

stabilizzano il sistema nervoso. Perché? Proverò a spiegarlo. Non si può dire che, insieme al cibo vivo, l’organismo riceva una certa forza. In questo caso, la forza non arriva ma viene liberata. Confrontate la volontà e la psiche di una persona sana e di un tossicodipendente. L’euforia e l’incremento di forze nel tossicodipendente si

manifestano per poco. Per la maggior parte del tempo egli è in uno stato di recessione, di astinenza. La sua energia è simile a un secchio bucherellato: gli servono dosi sempre nuove per compensare le perdite. Lo stato di intossicazione lo deruba di forze e si ripercuote molto negativamente sul suo sistema nervoso, rendendolo instabile e debole.

L’impatto del cibo morto non si manifesta così chiaramente come avviene con le droghe pesanti, ma la logica è assolutamente simile. Tutto dipende dalle tossine che, in un modo o nell’altro, si vengono a formare. L’assunzione di qualsiasi sostanza che provochi intossicazione comporta sempre uno stato di astinenza, il quale richiede nuove dosi necessarie per

frenare questa stessa intossicazione. Ci si vuole di nuovo bucare, si vuole ancora bere, fumare o mangiare, l’oggetto della dipendenza non fa differenza, la natura è la stessa. Ma se le cose stanno veramente così, perché le persone vivono felici e contente (relativamente, s’intende) mentre dovrebbero essersi già avvelenate? O perché, per esempio, una persona può

fumare per lungo tempo senza conseguenze pesanti e, cosa più importante, rapide, considerando che il fumo di tabacco contiene un centinaio di veleni diversi? Il fatto è che l’organismo ha la capacità di incapsulare le tossine che non ha avuto il tempo di espellere e di ficcarle dove capita, a patto che sia il più lontano possibile dagli organi vitali. Allo stesso modo, in fretta e

furia, ma non per disperazione sebbene per grande stupidità, l’uomo seppellisce i rifiuti chimici, cercando di allontanarseli il più possibile dalla vista. Ma come i barili di sostanze tossiche sul fondo del Mar Baltico non possono star lì per sempre, allo stesso modo giungerà inevitabilmente il momento in cui le pareti dei depositi tossici dell’organismo si

sfalderanno. Nel frattempo, però, tutto si limita a uno stato di sbornia continua. Il cibo vivo, a differenza di quello morto, non è tossico. La sostanza viva è viva, è sempre fresca e pulita. Una qualsiasi pianta viva è più pulita di una qualsiasi pappetta di cereali (kaša) morta, per quanto “benefica e strabenefica” essa sia. La sostanza morta è sempre, almeno un po’, già impura.

Perché la sostanza morta è morta. La foglia verde è in assoluto la manifestazione primaria e più perfetta di una forma superiore di vita. Nella foglia verde è contenuto un enorme potenziale, un programma per lo sviluppo. In una foglia morta la vita è già finita. Dove la vita finisce, prende avvio un processo di decadimento, di putrefazione. La vita e il decadimento sono due

processi opposti, suddivisi da una linea di demarcazione sottile ma assolutamente definita nel suo significato. In piedi, di fronte allo specchio, capite perfettamente la differenza tra realtà e immagine riflessa. Sapete che lo specchio ha un limite, la sua superficie, da un lato della quale c’è una cosa, mentre dall’altro ce n’è un’altra completamente diversa. In

piedi, di fronte a un corpo morto, distinguete in modo altrettanto netto la differenza tra la vita e la morte. E ciò vi fa persino impressione. Ma quando il discorso sconfina nel cibo, la capacità di sentire questo limite scompare del tutto. Le persone sono così abituate al cibo morto da non riuscire più a distinguere una mela fresca da una mela cotta. Ovvero, capiscono che si

tratta di consistenza e sapore diversi. Ma la comprensione del confine stesso, cioè di ciò che contraddistingue in linea di principio la sostanza viva da quella morta, è completamente assente. La vita, nella sua essenza, sottintende la presenza di un potenziale, di una possibilità di ripristino e sviluppo. Ma quando il limite tra vivo e morto è superato, si innesca un programma di

degenerazione, di disfacimento. Da qui provengono le scorie tossiche come parte integrante del cibo morto. E dove c’è intossicazione, ripeto, ci sono astinenza, fuga di forze, soppressione della volontà, disfunzione del sistema nervoso. Il buco nel “secchio” è come un buco nell’Anima, un buco che richiede continuamente di venir tappato con qualcosa.

In realtà, il cibo bollito (morto) non aveva un impatto così dannoso sul corpo umano mentre continuava, per secoli e secoli, a rimanere naturale. Le riserve del corpo umano sono sorprendentemente enormi, ma con l’avvento e lo sviluppo di metodi tecnologici di trasformazione dei prodotti alimentari, la situazione è andata peggiorando di anno in anno.

Una caratteristica della psiche dei bambini di oggi, vale a dire l’iperattività e il connesso deficit di attenzione, viene liquidata come “fenomeno indaco”. È diventato comodo connotarla in questo modo (se non se ne conosce il vero motivo), perciò oggi si dice con facilità che i bambini di oggi sono tutti indaco. In realtà non si tratta di nulla del genere. Il comportamento

isterico ormai comune nei bambini di oggi fin dalla più tenera età è condizionato dall’elevato contenuto di prodotti chimici e di sintesi utilizzato in tutti i mangimi da supermercato. I prodotti sintetici morti sono di gran lunga più tossici del cibo semplicemente bollito ma naturale. Ecco da dove trae origine il sistema nervoso irritabile. Il bambino fluttua come una banderuola al

vento, ha difficoltà nello studio, fa fatica a concentrare l’attenzione e a stare seduto. Ai miei tempi, quando eravamo dei pionieri2, riuscivamo a stare fermi seduti. La mia generazione si ricorda ancora bene di come a scuola ci costringevano a stare seduti, immobili, a braccia conserte. Perché i bambini di oggi non lo possono fare? Il loro umore e

la loro energia sono in continuo cambiamento. Ma in cosa si differenziano i bambini di oggi dai pionieri di un tempo, dai bambini della nostra generazione? Anche noi eravamo degli scavezzacollo, ma riuscivamo anche a concentrarci, senza problemi. I bambini di oggi, direi, non sono più dei monelli (come del resto dovrebbero essere), ma sembrano

piuttosto stanchi. Una volta, in estate, ero al mare e stavo passeggiando lungo la riva quando ho visto un folto gruppo di bambini, probabilmente di una colonia. Erano appena arrivati, li avevano fatti spogliare e avevano permesso loro di entrare in acqua. Mi ero già preparato all’idea di affrontare una folla imbizzarrita di piccoli mostri urlanti e saltellanti…

e invece no. Niente di tutto questo. Quei bambini si comportavano come fanno i pensionati dopo un pasto abbondante. E questo nonostante il fatto che il mare, di solito, eccita i bambini. Certo, i bambini sono tutti diversi e anche sugli adulti le sostanze chimiche agiscono in modo diverso. Però il quadro generale è piuttosto o m o g e n e o : l’intossicazione

da sostanze sintetiche morte, con tutti gli annessi e i connessi, è già diventata una norma. Si ritiene che tutto ciò sia normale, in conformità al principio che «se lo fanno tutti vuol dire che così dev’essere». Ma veramente dev’essere così? Gettate via questo stupido stereotipo e provate a riflettere: possibile che sia da considerare normale il fatto

che all’interno del vostro corpo, del vostro meraviglioso e amato corpo, qualcosa si stia decomponendo e marcendo? Perché dovrebbe essere così? Forse perché succede a tutti? E se io non volessi essere come tutti? Quindi, se vi deciderete a scardinare il principio della società in materia di prodotti alimentari, vi succederanno delle cose anomale ma

incredibilmente piacevoli. Per esempio, potrebbero crescervi dei denti nuovi perché il vecchio programma di degenerazione si chiude e per contro si avvia un nuovo programma di rinnovamento e sviluppo. Cambia, in generale, tutta la pelle. Ma la cosa principale è che vi disintossicate e in questo processo si libera un sensibile potenziale di Forza. Questo è un grande vantaggio

rispetto a coloro che permangono ancora in uno stato di sbornia continua. RIEPILOGO L’eliminazione dalla vita di un problema così innaturale e illogico quali sono le mestruazioni, l’assenza di gestosi in gravidanza e un parto indolore. Un incremento sensibile della resistenza agli stress. La sicurezza in se stessi viene data, per quanto

strano sembri, non da un pezzo di carne ma da verdura verde fresca. La forza non arriva dall’esterno, insieme al cibo vivo, ma si sprigiona dall’interno. Il cibo vivo, a differenza del cibo morto, non è tossico. La sostanza viva è sostanza viva ed è sempre fresca e pulita. La foglia verde è in assoluto la manifestazione primaria e più perfetta di una forma superiore di vita. Nella foglia viva è contenuto un potenziale esplosivo, un

programma di sviluppo. In passato, per tutti i secoli durante i quali era rimasto naturale, il cibo bollito (morto) non aveva avuto un impatto così devastante sull’organismo dell’uomo. L’iperattività e il deficit di attenzione dei bambini sono direttamente correlati alla presenza di sostanze sintetiche nei cibi. I prodotti di sintesi morti sono di gran lunga più tossici del cibo semplicemente bollito ma naturale.

NOTE A MARGINE Come in passato le persone morivano stupidamente a causa dello scorbuto, così ora la gente muore stupidamente a causa del cibo tecnogeno, senza capire i reali motivi di questa morte. Gli animali seguono stupidamente i cambiamenti degli areali, dei loro habitat. Con l’arrivo del freddo si spostano gli ungulati e dietro a loro i predatori. L’uomo segue anch’esso stupidamente

questo percorso: corsa al guadagno-forza lavoro a basso costo-prodotto di basso costo. Di nuovo guadagno-cibo a basso costo-consumo sventato. L’uomo consuma tutto ciò stupidamente, senza preoccuparsi della qualità, pensando solo al guadagno. È come se, a testa bassa, “egli seguisse la migrazione degli ungulati”. Come nei tempi antichi. Col tempo non ha progredito.

La sopravvivenza in ambiente tecnogeno

Molti sono rimasti impressionati dalla morte di

Steve Jobs. Anch’io non posso passare sotto silenzio quest’evento perché ho sempre considerato Steve Jobs un grande genio e un transurfer nella vita. Il suo slogan principale era: «Abbiate il coraggio di seguire la via del vostro cuore e dell’intuizione, tutto il resto è secondario». E ancora mi piace lo s l o g a n : «Restate affamati, restate dissennati!». Lo

intendo così: non diventate sazi, non diventate adulti, rimanete dei bambini capaci di stupirsi e di guardare il mondo con gli occhi spalancati, non ascoltate nessuno, solo la voce del vostro cuore, cercate il vostro fine ma non scoraggiatevi mai, non fermatevi mai perché il fine è un cammino e non un punto di arrivo. Dispiace che la morte

giunga così assurda e precoce. Ci convinciamo ogni volta che la morte non distingue i suoi clienti in VIP e comuni, non si lascia impressionare dalle qualità straordinarie né dalle creazioni grandiose. I soldi non servono per scamparla e nemmeno un intelletto brillante può esser di aiuto. La realtà è tale che esistono malattie mortali. Da questa certezza non si può

sfuggire e non c’è un posto da cui aspettarsi un aiuto. Tuttavia aiutare si può: sia coloro che se ne sono già andati, e per i quali ora si può dire che li si poteva aiutare, sia coloro che sono in una situazione a rischio e per i quali la domanda è “Li si potrà o non li si potrà aiutare?”. Al fine di aiutare se stessi (perché in questo campo

nessun altro può essere d’aiuto), bisogna accettare il fatto che in un ambiente civilizzato la questione della sopravvivenza non è meno attuale che in un ambiente selvaggio. La gente spesso mi chiede: ma tutti questi preparativi e queste cerimonie con l’acqua viva, l’aria viva e il cibo, non sono faticosi? Perché è tutto così difficile, e ne vale davvero la pena?

In realtà non è né fastidioso né difficile, è solo strano. Ti piazzi a casa e in ufficio uno ionizzatore e respiri aria fresca. Sostituisci un bollitore per l’acqua con un attivatore e ti bevi dell’acqua viva. Dove sta il problema? Con il cibo, a dire il vero, le cose non sono così semplici, ma qui bisogna davvero rispondersi alla domanda: perché, a che fine

lo faccio? Ne vale o non ne vale la pena? Le condizioni dell’ambiente selvaggio richiedono l’applicazione di sforzi costanti per procurarsi e preparare il cibo, ripararsi dalle intemperie e dall’attacco degli animali selvatici. Se non si vogliono complicazioni, ci si può semplicemente stendere a terra e morire di freddo, di fame o per opera dei

predatori. Se si vuole sopravvivere, bisogna accettare tutte queste difficoltà e cercare di superarle in qualche modo. In condizioni di civilizzazione pare che tutto sia già stato preparato e messo a disposizione degli utenti. Un riparo c’è, fatto con materiali tossici ma in compenso economico e veloce da costruire. Ci sono

anche gli articoli per la casa, tutto sintetico, però pratico da usare. Non serve neanche muoversi con le proprie gambe. E perché mai? Per fare cento metri in più c’è la macchina. Per l’intrattenimento e la comunicazione è stato creato un intero mondo virtuale. È vero, esso produce un po’ di radiazioni elettromagnetiche, ma che importa? Non si vedono neanche, quindi forse

va tutto bene, è tutto “passabile”. Di cibo si è pieni, mangia quanto ne vuoi, se non vuoi, non mangiare. Ma c’è forse qualcuno che non vuole mangiare?… C’è sì in giro qualche vaga notizia sulle sostanze chimiche, gli OGM, la dipendenza da cibo… Ma tutto è così delizioso e, di nuovo, pratico da consumare. Nella “fattoria” è veramente tutto semplice: puoi anche

sdraiarti sul pavimento del supermercato e, senza alzarti, allungare le mani verso gli scaffali della merce. Ma è davvero tutto così semplice, in questa civiltà sintetica, tutto così “passabile”? Le sostanze chimiche, le radiazioni e gli OGM non si percepiscono ma uccidono in modo reale, solo che lo fanno lentamente. Si tratta di una morte lenta. Quella che offrono è la via

della morte, non della vita. Bisogna essere molto ingenui per credere che tutte queste “comodità sintetiche” non causino conseguenze. Non siamo mica degli androidi, giusto? Certo, si può non pensare a tutto ciò. Oggi ci si può divertire festeggiando come falene attorno a un lampione. Ancora un giorno spensierato, e va bene. E poi

ancora un altro giorno e un altro… Quanti di questi giorni vorreste vivere così? Le falene non riflettono mai su quest’esistenza. Noi, esseri umani, ci riflettiamo quando è già troppo tardi. Su tutti fa sempre una forte impressione la morte di una persona famosa, specialmente se in vita aveva raggiunto un grande successo. Ma pochi restano impressionati dalla statistica

globale, che resta sempre nell’ombra, dietro le quinte. La statistica è la seguente. In Russia muoiono di cancro 300mila persone all’anno. Negli Stati Uniti, mezzo milione. La popolazione di un piccolo paese, di un piccolo Stato. Provate solo a immaginare: ogni anno, all’interno di ogni grande Stato, si estingue un intero staterello. Solo a causa

del cancro. E ogni anno queste cifre aumentano in modo significativo. Negli ultimi tempi si è inoltre notato un notevole “ringiovanimento” della malattia. Non riporto i dati sulla mortalità causata dal diabete e dalle malattie cardiovascolari: sono comunque di gran lunga maggiori dei precedenti. C’è una statistica ancora più interessante: un

terzo della popolazione degli Stati Uniti, il Paese più avanzato dal punto di vista della tecnosfera, soffre di infertilità, un altro terzo soffre di obesità e un terzo ancora assume regolarmente farmaci anti-depressivi. Il 40% della popolazione europea, secondo i dati del giornale «New Scientist», è già considerato psichicamente fuori norma.

Difficile crederlo? Se si considera che la depressione, per esempio, è cresciuta fino al livello di pandemia, non c’è motivo di stupirsi. Le allergie, l’artrite, i problemi alla colonna vertebrale sono anche questi tutte epidemie di massa. Ma la depressione è ancora niente. Solo in Russia, nel corso degli ultimi due decenni, 800.000 persone si sono tolte la vita. Ne deriva

che abbiamo una media di 40.000 suicidi all’anno, gente che muore non per causa di malattia, ma perché ritiene che continuare a vivere sia semplicemente insopportabile. Ogni giorno muoiono di fame 37.000 persone. Ogni 5 secondi un bambino muore di fame. Un tempo qualcuno ci ha promesso che gli OGM avrebbero nutrito e salvato

dalla morte per fame tutta l’umanità. La propagazione degli OGM, invece, non solo non è stata in grado di far fronte al problema, ma ha anche causato una diffusa infertilità, oltre che la morte degli insetti coinvolti nell’impollinazione, fatto che, visto in prospettiva, presenta conseguenze disastrose. Questa è oggigiorno la triste statistica, una statistica

che non viene apertamente pubblicizzata e rimane dietro le quinte. Ma la cosa più importante non è data tanto dalle cifre, quanto dal fatto che tutte queste malattie sono degenerative. Ciò significa che l’organismo si sta progressivamente sfaldando sotto l’attacco di condizioni ambientali aggressive e artificiali. L’origine di tutte queste

malattie e disfunzioni, compreso anche il suicidio, è puramente tecnogena. Nella storia dell’umanità, prima della penetrazione capillare della tecnosfera in tutti gli aspetti della vita e nella fattispecie nella tecnologia alimentare, non si verificava nulla di tutto ciò. E allora, cosa dite, esiste o no il problema della sopravvivenza in un ambiente d i civiltà sintetica? Dove si

annidano un maggior pericolo e un danno, nella biosfera o nella tecnosfera? E vale la pena di investire certi sforzi per assicurarsi la sopravvivenza? Quest’ultima domanda non è nemmeno retorica, è idiota. Anche se, come dire, se sei in una stalla e ti trovi davanti al naso una mangiatoia, non è da escludere che non ti importi niente di tutto il resto.

Se invece non è così, allora si fa strada una domanda che appartiene a un piano diverso: se non si vuole affatto fuggire dalla fattoria, è possibile vivere nel suo contesto, nutrirsi al suo riparo e al contempo non esservi attaccati? La risposta è sì. Solo che in questo caso bisogna avere certe conoscenze ed essere pronti a fare dei piccoli sforzi. Bisogna cioè

conoscere le regole per un’esistenza sicura in un ambiente tecnogeno. Perché ho chiamato la morte per cancro assurda? Poiché l’insorgenza del cancro, come di una qualsiasi altra malattia degenerativa, può essere prevenuta. Per ogni effetto esterno negativo, che si tratti di radiazioni o di intossicazione da sostanze chimiche, si può trovare un rimedio, quanto meno in

grado di ridurre il rischio e il danno. In particolare, il rischio di cancro aumenta notevolmente a causa dell’eccessiva acidificazione del corpo, quando la dieta giornaliera consiste principalmente di prodotti di sintesi o di origine animale. L’eccesso di radiazioni elettromagnetiche provenienti dai telefoni e dai computer agisce da

catalizzatore. Cosa può servire da mezzo per contrastare questi effetti? Il cambiamento dell’alimentazione in direzione di un aumento dei cibi vegetali freschi. Ma anche se non si desidera modificare il proprio regime alimentare, l’acqua e l’aria viva sono il minimo che chiunque può permettersi. Dopo tutto, non è difficile né

oneroso. Ed è semplice. Si tratta di norme basilari di sicurezza, da trattare come elementari norme di igiene. Chi ha detto che le prime siano opportune solo nei luoghi di lavoro e le seconde solo in casa? RIEPILOGO In un ambiente civilizzato la questione della sopravvivenza non è meno

attuale che per un ambiente selvaggio. Le sostanze chimiche, le radiazioni, gli OGM non si percepiscono ma uccidono realmente, solo che lo fanno in tempi lunghi. Provocano una morte lenta. Sono una via di morte, non di vita. Le malattie degenerative si hanno quando l’organismo letteralmente si sfalda, attaccato da condizioni ambientali innaturali e aggressive. L’origine di queste malattie degenerative è puramente tecnogena.

È tuttavia possibile vivere nel sistema, utilizzandone certi suoi benefici e essendone al contempo distaccati. A questo fine occorre conoscere le regole per un’esistenza sicura in un ambiente tecnogeno. Di questo tratta tutto il libro.

NOTE A MARGINE In realtà, la questione di dove ci troviamo e cosa succede intorno a noi è forse la più importante e la

più complessa. Siamo in grado di vedere solo la superficie dei fenomeni e riconoscere solo alcuni aspetti singoli della realtà. Uno degli aspetti più evidenti e allo stesso tempo (paradossalmente) più occulti è la trasformazione della nostra civiltà in “matrix” tecnogena.

La mamma ha mangiato la kaša1

Prima di andare avanti, occorre chiarire di cosa ci stiamo occupando e quali sono i nostri fini. Di tanto in

tanto mi trovo costretto a farlo, perché al nostro pubblico si aggiungono continuamente nuove persone, che spesso conoscono solo le basi del Transurfing e per le quali non sempre è chiaro dove siano approdati e che cosa succeda in questo sito2. Il numero degli iscritti supera già i 45.000, equivalente al pubblico di un

grande stadio. Poche riviste hanno una tiratura dello stesso ordine. Tra di noi ci sono personaggi noti, stelle dello spettacolo, politici, uomini d’affari, studenti di scuole superiori appena affacciatisi alla vita e pensionati, per cui la vita è altrettanto all’inizio, considerando che fanno parte del nostro gruppo. Il fatto che il nostro numero non diminuisca e che

di giorno in giorni aumenti suggerisce che gli argomenti discussi sono degni della vostra attenzione. E devo dire che è difficile attrarre l’attenzione di un pubblico così folto, ed è ancora più difficile mantenerla. Però per il momento ce la faccio, già da dieci anni, dal momento in cui, nell’agosto 2003, uscì il primo numero della newsletter.

Trattenere l’attenzione del pubblico è ancora più difficile perché negli ultimi tempi gli effetti di blocco e cattura dell’energia e della coscienza, di cui ho scritto nelle mie precedenti edizioni, si manifestano con forza via via crescente. La coscienza dell’uomo è strutturata in modo tale che essa, essendo la coscienza di un individuo, da una parte è libera, ma allo stesso tempo non può

trovarsi in condizioni di volo libero o in uno stato di sospensione. La coscienza richiede un supporto, come a un uccello serve il ramo. Se fin dall’inizio dello sviluppo della civiltà questo supporto era stato offerto dalla religione, ora l’iniziativa, in modo impercettibile ma fermo, è passata al sistema, alla “matrix” energeticoinformazionale. La nuova realtà cambia

con tempi accelerati. Nel 2003 la situazione era ben diversa, e il Transurfing era un altro. È un bene che in molti l’abbiano capito, come posso constatare dalle lettere che ricevo. Però ci sono anche molti che permangono ancora nell’euforia dovuta al fatto che “il Transurfing funziona, il resto non importa”. In realtà il vecchio Transurfing, quello classico, non funziona più come

prima. Se non si tiene in considerazione la specificità del momento contingente, l’euforia passerà presto e dopo di essa si ritornerà alla realtà ingestibile di prima, nella quale gli eventi seguono il loro corso senza prestare attenzione ai “voglio” o “non voglio” di ciascuno. Per questo devo armarmi di pazienza e rispondere di

tanto in tanto a domande che si assomigliano tutte nella loro inopportunità. Non sono opportune per lo stesso motivo: una persona può ritenere di essere sana di mente e in buona salute, ma di fatto la sua energia e la sua coscienza sono già in gran parte bloccate, sono già state catturate dal sistema. Che benefici si possono ottenere dal Transurfing se la realtà è immaginata in modo

distorto? «Steve Jobs era appunto uno dei leader del sistema tecnogeno». Una cosa è creare dei gadget pratici per la gente e un’altra è inventare, per esempio, una bomba atomica o gli OGM. Bisogna fare gli opportuni “distinguo”. Vuole forse rinunciare al telefono cellulare o al computer? Sì, è

vero, si tratta di prodotti del sistema. Noi però non parliamo di scappare dal sistema ma di utilizzarlo consapevolmente, restandone al contempo distaccati. «Steve Jobs non mangiava carne, però si è ammalato lo stesso». Proverò a esprimermi in termini morbidi… Ma qualcuno ha mai detto che se

non si mangia la carne non ci si ammala di cancro? «Buongiorno Vladimir. Da tempo leggo i Suoi libri e ho deciso di iscrivermi alla Sua newsletter. Il Transurfing mi ha aiutato in molte cose, però ci sono comunque vari aspetti che restano in sospeso. Per esempio, ho notato che il

Transurfing funziona non sempre, ma “selettivamente”. Oggi ho letto il suo articolo sulla morte di Steve Jops e ci tenevo molto a esprimere il mio punto di vista. In uno dei programmi televisivi si è parlato molto della biografia di Steve Jops, si diceva che dopo l’università lui ha visitato l’India, è

diventato buddista vegetariano!!!».

e

A giudicare dal fatto che lei chiama me Vladimir e Steve “Jops” posso concludere che la sua attenzione è già stata fortemente agganciata dal sistema e lei non coglie semplicemente la sostanza del discorso che cerco di portare avanti. Tiene lontani dal cancro non il regime

vegetariano ma il cibo naturale vivo, sono due cose completamente diverse. Nel l i b r o Apokrifičeskij Transerfing [edizione italiana: Il Transurfing vivo; N.d.T.] ciò è scritto nero su bianco, perché tutti lo possano vedere e capire. Ma lei comunque non vede e non capisce e per questo il suo Transurfing funziona “selettivamente”.

Queste lettere non sono isolate e non le si può liquidare come prodotti di una banale distrazione. Ora quasi tutta la generazione dei più giovani soffre di deficit di attenzione. Sapete perché è stato introdotto l’EGE3? Non a causa della poca lungimiranza di qualcuno, ma per un motivo legittimo, giacché oggi come oggi sono molto pochi i giovani in

grado di pensare ed esprimersi chiaramente. Per la maggior parte di essi la coscienza basta solo per mettere un segno di spunta nel posto giusto. Immaginate come si può far fare un esame a un dormiente? Solo ponendo domande monosillabiche o suggerendo le risposte da scegliere. Egli non è in grado di pronunciare un discorso articolato e coerente, però

per il momento, nel suo delirio, è in grado di dare dei segni di risposta e manifestare delle minime reazioni. Ovviamente qui esagero, ma in sostanza le cose stanno così. Il blocco dell’attenzione è tuttavia ancora il minore dei mali. Gli stereotipi mentali restringono i confini della percezione e non permettono

di vedere la realtà come essa è. Le persone vedono per la prima volta un aereo e se lo rappresentano come “un carro volante”. Guardano la locomotiva e vedono “un cavallo di ferro”. Vi parlo del cibo vivo (peraltro, non necessariamente vegetale) e a voi sembra che io parli di vegetarianismo. Con l’avvento dei mezzi e della comunicazione di massa, gli stereotipi mentali

hanno cominciato a radicarsi nella coscienza in modo ancora più attivo, fermo e, soprattutto, centralizzato, come se fossero sotto il controllo di un certo sistema operativo sotteso alla base della società tecnocratica. La coscienza sta diventando chiaramente fresata a misura del sistema. Il sistema non manda in diretta le cose che non gli conviene esternare. E anche se qualcosa trapela, la

coscienza non se ne accorge o la percepisce in modo alterato. Presto si sarà costretti a spiegare il significato di ogni parola o a scrivere, come nell’abbecedario: «La mamma ha lavato il telaio della finestra. Maša ha mangiato la kaša». Anche se si troveranno quelli che capiranno al contrario anche queste frasette e diranno: «Ma come! La mamma ha

mangiato la kaša di Maša?!». O, ancora meglio: «La mamma ha lavato la kaša. Maša ha mangiato il telaio della finestra»4. «Se avessi voluto iscrivermi a una newsletter sull’alimentazione sana, l’avrei fatto. Pertanto annullo la mia iscrizione a questa newsletter e la prego di

scusarmi». Queste parole dovrebbero deludermi, invece, al contrario, mi è molto più piacevole e facile comunicare con coloro che sono in grado di distinguere il telaio della finestra dalla kaša. Quindi non c’è bisogno di scuse. Da tempo mi sono abituato al fatto che non si può spiegare a tutti e non tutti capiscono. Ripongo la

mia speranza solo sui pochi che hanno già capito che, nonostante la somiglianza nel lessico e nella semantica, non si sta affatto parlando qui di una sana alimentazione. La salute qui appare solo in veste di effetto collaterale e in alcun modo come fine del discorso. Di salute e alimentazione in generale, a mio avviso, non è nemmeno interessante parlare.

Sono consapevole del fatto che il tema non sia molto popolare (magari qualcuno ora, svegliandosi, come durante una lezione, potrebbe chiedere di nuovo: di quale tema si sta parlando?). Se inseguissi la popolarità, non toccherei questioni scomode. Ma io sono abituato a guardare la realtà negli occhi. Secondo le mie stime (sono passati già alcuni anni dalla pubblicazione dei

miei primi libri e ora posso trarre delle conclusioni), di persone in grado di percepire in qualche modo il Transurfing se ne possono contare non più del 5%. Il restante 95% non si avvicinerebbe nemmeno agli scaffali con questi libri. Di questo 5%, poi, solo il 10% è in grado di comprendere il contenuto del libro Apokrifičeskij Transurfing [ed. it. Il Transurfing vivo].

Evidentemente, il pubblico si sta riducendo sempre di più. Perché ne avrei bisogno? Perché continuo a insistere con lo stesso spirito? Perché ho avuto a che fare con un’altra deludente statistica. Di coloro che hanno conosciuto le fondamenta del Transurfing, solo pochi, e qui ho difficoltà a nominare un numero, sono riusciti a capire veramente tutto e ad applicare queste

conoscenze nella pratica. La maggior parte praticamente non ha capito nulla e sulla loro vita questo Sapere non ha avuto alcun effetto. Posso giudicarlo sulla base delle domande che continuano ad arrivarmi, come se non fossero mai usciti i libri. Dovrei forse cominciare tutto da capo? Ma perché mai? Siete venuti a conoscenza del “Segreto”, che altro vi serve?

Si sarebbe potuto procedere nel modo più triviale: continuare a spiegare le basi del Transurfing, masticarle ancora e ancora una volta e poi sistemare sugli scaffali quello che dovrebbe essere ovvio automaticamente. Ma allora sarebbe stato il “Transurfing dell’irrealtà”. Perché non viene capito ciò che dovrebbe essere capito?

Quindi, nella realtà ci sono alcuni aspetti che non erano stati presi in considerazione prima. Tanto più che questa realtà cambia letteralmente sotto i nostri occhi. Ovviamente, ballare sulla lastra di granito di un Sapere congelato è “per molti comodo e anche meraviglioso”. E popolare. Ma non è realistico. La conoscenza deve compiere una periodica voluta nel suo

sviluppo ed elevarsi a un nuovo livello, dove quello che non era comprensibile prima diventa già ovvio e chiaro. Ed è davvero così. Ecco ancora un altro punto di vista, di natura completamente diversa rispetto al precedente, e ciò proprio perché proviene da questo stesso nuovo livello di Sapere di cui si è appena detto:

«In effetti, con un regime alimentare naturale il Transurfing viene percepito in modo totalmente diverso! Prima, quando leggevo i libri, mi sembrava che fosse tutto chiaro… però, a volte la pigrizia, a volte qualcos’altro… E ora riesco letteralmente a leggere tra le righe e ad attrarre gli eventi desiderati

nella mia vita». Dunque, di che cosa stiamo parlando? Di sana alimentazione? No. E nemmeno di alimentazione viva in sé e per sé. Come forse avrete notato, sono molto lontano da forme di fanatismo in materie come questa. Bisogna distinguere i fini e i mezzi. Lì dove l’obiettivo è la perdita di peso, per esempio, o la cura

di certe malattie, i mezzi e i discorsi sono altri. Il lessico può essere simile, e anche la tematica può essere vicina, ma il fine è diverso, capite? E, di conseguenza, anche il significato e il percorso sono completamente diversi. Non leggerete né sentirete parlare da nessuna parte di quello di cui si sta parlando qui. Perché il fine non si inscrive nei limiti degli stereotipi del sistema.

Fuoriuscire dai ranghi comuni, vaganti a casaccio non si capisce bene dove, liberarsi dal sogno collettivo, ecco, questo è il fine, di questo si parla e in questo sta il senso di tutto. E uno dei mezzi, quanto meno, almeno, e per cominciare, è cessare di consumare ciò che è largamente diffuso.

Poiché sono generalmente proprio ciò che è diffuso e ciò che viene consumato direttamente che fanno immergere in questo stesso sogno collettivo. Ciò che entra direttamente in contatto con il corpo e la ragione di una persona (cibo, informazione, condizioni ambientali) forma in primissima istanza anche la sua coscienza.

Il sistema non ha altre forme di influenza sulla coscienza oltre al cibo, all’informazione e alle condizioni dell’ambiente esterno. Per questo il Transurfing non si può trattare solo nel suo aspetto classico, cioè come pensiamo. Per essere completo devono essere necessariamente considerati altre due componenti: come ci alimentiamo e come ci

muoviamo. Ultimamente si sta osservando una forte curvatura informazionale in direzione della tecnosfera: la maggior parte delle informazioni riflette nella fattispecie gli interessi dei produttori, dei commercianti, dei politici o delle strutture finanziarie, il che in generale significa gli interessi del sistema tecnogeno.

Il fine della tecnosfera è quello di cacciare l’uomo nella celletta della “matrix”, cancellare la sua individualità, “ritagliare” da una personalità un ingranaggio standardizzato. A questo fine vengono largamente e sfrontatamente utilizzati mezzi di disinformazione e di comunicazione tendenziosa. L’ingranaggio non dev’essere in buona salute per evitare

che abbia energia libera disponibile, e dev’essere preferibilmente “rintronato” per non capire dove si trovi. Il fine dell’individuo è quello di conservare la sua libertà, indipendenza, unicità, consapevolezza, energia, salute. Possono conservare tutte queste qualità solo coloro che avranno il coraggio di abbandonare le file comuni. Ad attendere i

sostenitori della tecnosfera c’è invece “un’unificazione” di massa, un adattamento totale alle necessità del sistema. E non è una finzione. Come evitare “l’unificazione”? Il primo e più importante passo è quello di scardinare il principio della società, cessare di credere che “se tutti pensano e fanno così

vuol dire che è giusto”. Fuoriuscire dai ranghi comuni. Smettere di marciare all’inseguimento di un falso successo altrui e invece dirigersi alla ricerca del proprio. Cosa dà tutto ciò? Chi esce dalle file comuni, ottiene sempre dei privilegi: può seguire dall’esterno la direzione di marcia

degli altri; può sbarazzarsi delle “mollette mentali” e degli stereotipi della società; impara a vedere e a capire ciò che gli altri non vedono e non capiscono; cessa, infine, di sforzarsi di essere il primo, aspirando a diventare l’unico.

A cosa serve tutto ciò? Ognuno decide per se stesso, se questo gli serve o meno. Se non avete qualità e talenti particolari, non vi resta altra via che uscir fuori dai ranghi e permettervi di diventare unici. Guardando la rapidità con cui cambia la realtà in direzione dell’unificazione universale, si può supporre che tra cinque-dieci anni la situazione sarà davvero

interessante. E lo sarà soprattutto per coloro che sono usciti dai ranghi e ora osservano tutti gli altri. Nella pratica dei Toltechi questo si chiama Stalking. Provate a immaginarvi questa situazione: siete arrivati al lavoro o all’istituto e lì regna il sogno collettivo. Tutti mirano al successo ma si muovono come in un sogno, a livello di

algoritmi e istinti comuni. Anche voi vorreste aver successo e distinguervi dalla massa, ma come potete riuscirci se siete degli ingranaggi ordinari, in fila insieme agli altri, con la stessa coscienza e lo stesso potenziale energetico degli altri? Ora tutti sono istruiti, tutti conoscono “il Segreto”, e anche voi lo conoscete. E allora? Che vantaggio avete sugli altri? Nessuno. Avete

ben poche possibilità. Ed ecco un’altra scena: la vostra mente è libera e chiara. Il potenziale energetico è di gran lunga superiore a quello degli altri. Avete cessato di pensare “come tutti” e di fare “come tutti”. Siete usciti dai ranghi ma senza lasciarli. Vi fingete dormienti ma in realtà vi siete risvegliati. Ora vi è perfettamente chiaro che in giro tutti dormono, mentre

voi siete in stato di veglia. Poi inizia lo Stalking, cioè la gestione del sogno a occhi aperti. In questo sogno siete Padroni e Arbitri. Ed è già il gradino successivo del Transurfing che offre dei vantaggi reali. Non posso ora passare a spiegare lo Stalking e ciò per un semplice motivo: è uno stato che non si spiega, ma si riconosce. Siete in grado di

svegliarvi nella realtà come succede in un sogno? Per fare questo, prima dovete necessariamente liberare la mente e aumentare il vostro potenziale energetico. L’alimentazione a base di cibi vivi non è la questione principale, ma solo uno degli aspetti. Però è già il primo passo verso lo Stalking. Si finge di essere “dei normali matti” ma senza ingoiare pasticche. Si passa la notte

nella fattoria, facendo finta di far parte “della mandria”, di essere “come tutti”, però ci si nutre di libertà e non di quello che viene messo sotto il naso. È un mio dovere portare a conoscenza il Sapere in modo consequenziale per coloro che lo vogliono assimilare. Diversamente in seguito non sarebbe del tutto chiaro e sicuramente “non sarà per tutti”.

RIEPILOGO La coscienza non può trovarsi in uno stato di volo libero o di sospensione. Ha bisogno di un sostegno, come l’uccello ha bisogno del ramo. Se un tempo tale funzione di sostegno veniva svolta dalla religione, ora l’iniziativa, in modo impercettibile ma fermo, sta passando al sistema, alla “matrix” energetico-informazionale. La nuova realtà sta

cambiando in tempi rapidissimi. Con l’avvento dei mezzi e della comunicazione di massa, gli stereotipi mentali hanno cominciato a radicarsi nella mente in maniera attiva, forte e centralizzata. Proprio ciò che è largamente diffuso e viene consumato direttamente è responsabile di questa stessa immersione nel sogno collettivo. Per influenzare la coscienza, il sistema non ha altri mezzi oltre al cibo,

all’informazione e alle condizioni ambientali. La maggior parte delle informazioni riflette, nella fattispecie, gli interessi dei produttori, dei commercianti, delle strutture politiche o finanziarie, cioè, in generale, gli interessi del sistema tecnogeno. Il fine della tecnosfera è quello di cacciare l’uomo in una celletta di “matrix”, cancellare la sua individualità, “ritagliare” dalla sua personalità un ingranaggio standard.

Il fine dell’individuo è invece quello di conservare la sua libertà, indipendenza, unicità, consapevolezza, energia e salute. Il fine del Transurfing aggiornato è quello di uscire dalle file comuni, in marcia verso una direzione sconosciuta, e di liberarsi dal sogno collettivo. Uno dei mezzi, quanto meno, almeno, e per cominciare, è smettere di consumare ciò che è largamente diffuso. Scardinare il principio della società, cessare di credere

nel fatto che “se tutti pensano e fanno così, allora è giusto”. Smettere di inseguire il falso successo altrui e dirigersi verso il proprio.

NOTE A MARGINE La coscienza umana è costantemente sottoposta alla codificazione: “Fai come me; omologati agli sterotipi e ai fini proposti; produci e consuma tutto quello che viene prodotto e consumato nel sistema;

desidera quello che ti dà il sistema; sii sempre collegato, rispondi a tutte le vibrazioni del web; sii nel sistema; alla fin fine tutti lo fanno, e tu sai che se tutti pensano e fanno in questo modo, vuol dire che è giusto”. Questo codice viene intessuto nella coscienza.

Acquetta vivificante

In questo capitolo sono contenute le risposte alle domande sull’“acqua viva”. «Lei dice che dovremmo bere acqua alcalina,

mentre afferma bisogna acida».

l’autore Z il contrario, bere acqua

Ho consigliato di bere “l’acqua viva”, non l’acqua “alcalina”. L’acqua viva ha una reazione alcalina dovuta al valore negativo dell’ORP (potenziale di ossidoriduzione) e non alla presenza di sali di metalli alcalini contenuti nel terreno.

Nell’acqua viva prevalgono gli antiossidanti, molecoledonatore caratterizzate da un elettrone libero. L’acqua morta ha una reazione acida perché ha un ORP positivo. Nell’acqua morta prevalgono i radicali liberi, molecolevampiro che mancano di un elettrone. L’acqua viva ringiovanisce l’organismo, “carica le sue batterie” e può essere bevuta a volontà. L’acqua morta ha proprietà

antibatteriche, per questo viene usata a scopi medicinali secondo un programma speciale. Le terapie non rientrano nelle mie competenze, sì che non posso dare ricette per l’uso dell’acqua morta. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, l’autore Z ha creato confusione nelle opinioni. Secondo i suoi consigli, la dieta giornaliera deve

assolutamente includere dell’acqua acida. Non solo. Ma da bere anche con polvere di acido citrico. Il fatto è che l’intera teoria di Z è stata elaborata in relazione a un’area geografica caratterizzata dalla presenza, nelle acque, di molti sali di calcio (queste sono, ad esempio, le acque del corso inferiore dei grandi fiumi). I sali di durezza contribuiscono alla

formazione di depositi sulle pareti dei vasi sanguigni e delle articolazioni. Può darsi che l’acqua acida in qualche misura favorisca la neutralizzazione del processo di deposizione del sale. Ma questo è solo nel caso in cui si beva acqua dura. Però mi viene da chiedere: ma perché mai bisogna bere l’acqua dura? Depuratela col distillatore o il filtro a osmosi inversa e bevetevela

alla salute. Personalmente vorrei ancora aggiungere che non posso ritenere autorevole l’opinione dell’autore Z per un motivo che supera tutti gli altri: si è permesso degli attacchi negativi nei confronti di Paul Bragg e Gennadij Malachov, e la cosa non è affatto carina. Quello che Malachov e Bragg hanno fatto per la salute di intere nazioni Z se lo può solo

sognare. Ci si può fidare di una persona impegnata a screditare gli insegnamenti di altri? Non farò il nome di Z. Chi segue il tema, lo conosce già. «Si può bere sempre l’acqua distillata?». Sì, però è consigliabile bere non quella distillata pura, ma quella arricchita da shungite e silicio. Tutti i

liquidi del nostro organismo sono degli elettroliti, per questo l’acqua potabile dev’essere leggermente, appena appena, mineralizzata. La shungite e/o il silicio sono i prodotti migliori per questo scopo. «È vero che la shungite e il silicio dopo sei mesi si deteriorano?». Sì, le pietre devono essere

lavate almeno una volta ogni due settimane e cambiate ogni sei mesi perché in esse si forma inevitabilmente una patina, anche se si usa acqua distillata. Non è possibile ottenere in casa acqua sterile. «Posso usare il filtro a osmosi inversa invece del distillatore?». Sì, si può. È più semplice e più economico. È vero,

tuttavia, che il distillatore fornisce un’acqua di miglior qualità, si sente anche al gusto. Anche il filtro a membrana depura bene l’acqua, persino dai sali calcarei. Bisogna però sapere che la struttura dell’acqua ottenuta dal filtro a membrana è fortemente alterata. L’acqua non può essere bevuta immediatamente, dev’essere assolutamente prima rimessa

in ordine, con la luce del sole, la shungite, il silicio o l’“Aqvadisk” [vedi Transurfing vivo], e ancor meglio con il CSF (Correttore dello Stato Funzionale, vedi il capitolo “Questioni vive”). Il filtro a membrana non cancella nemmeno la vecchia informazione. Forse la sottile ripartizione non impedisce ai “bit” di ripristinarsi subito. Per quanto si sa,

l’informazione viene come “archiviata”, ma senza scomparire del tutto (sottolineo che l’informazione e la struttura dell’acqua non sono la stessa cosa). Però, se si fa uso del CSF, su questo fatto si può chiudere un occhio perché il CSF registra rapidamente e fortemente nell’acqua molte informazioni di guarigione che con buona probabilità riescono a cancellare tutta la

vecchia negatività accumulata. Questa è la mia opinione. «Mi interessa la sua esperienza con l’organizzazione della produzione di acqua viva, nella fattispecie quali contenitori usa e di che volume». Innanzitutto bisogna ottenere l’acqua distillata. A

questo scopo io uso il distillatore (“DE-4 Tjumen medica”) e, talvolta, il filtro a membrana di marca “Geyser Prestige” (senza mineralizzazione aggiuntiva). L’acqua distillata viene versata in un contenitore smaltato di 25 l sul cui fondo devono essere precedentemente messe le pietruzze (circa 1 kg di silicio e 1-1,5 kg di

shungite). Riguardo al tempo di riposo non occorre preoccuparsi particolarmente, sono sufficienti anche un paio di ore. Consiglio di coprire il contenitore con un canovaccio di cotone per evitare il deposito di polvere. È importante sapere che l’acqua, prima di essere bevuta, deve anche “vedere la luce del giorno” (non necessariamente i raggi

diretti del Sole). Pertanto, dopo che il contenitore è stato riempito con acqua distillata appena preparata, bisognerà rimuovere il canovaccio almeno per un’ora. Perché si fa tutto questo? Per il fatto che l’acqua, dopo la distillazione (e a maggior ragione dopo il passaggio attraverso il filtro a membrana), ha una struttura dissestata. Più precisamente,

la struttura in essa è assente. Si tratta di acqua tecnica, non entrata in contatto con i minerali naturali e la luce solare e proprio per questo essa, per l’organismo, non è fisiologica. Gli astronauti e i marinai che venivano dissetati con quest’acqua si ammalavano spesso. Al fine di rendere l’acqua accettabile per il nostro organismo, è necessario dunque esporla alla luce naturale,

sincronizzare la sua struttura con quella del Sole. Anche la shungite e il silicio strutturano parzialmente l’acqua, rendendola fisiologica, naturale. Non occorre gettar via lo strato inferiore dell’acqua del contenitore perché essa è già ben pulita. Ma le pietre dovrebbero essere lavate ogni due settimane sotto l’acqua corrente. Prima del primo uso, ricordo, devono essere

lavate accuratamente con una spazzola, specialmente la shungite. È anche meglio non mettere subito molte pietre perché le pietre fresche danno una forte mineralizzazione. Il passo successivo è l’attivazione, cioè la preparazione dell’acqua viva. Personalmente sono pienamente soddisfatto dell’elettroattivatore “AP-1”

[vedi dettagli ne Il Transurfing Vivo; N.d.T.]. Il tempo di attivazione dipende dalla posizione della freccia dell’indicatore e può variare da un minuto a un’ora. Il criterio principale per una giusta durata è il seguente: l’acqua viva nel recipiente esterno non dovrà avere né odore né sapore alcalino; anche l’acqua morta, contenuta nel bicchiere di ceramica interno, non

dovrebbe avere alcun sapore, ma solo un leggerissimo, appena percettibile odore di acido. Le caratteristiche fisico-chimiche ottimali dell’acqua viva sono le seguenti: ORP = -150 - 200, pH = 8-8,5. L’acqua morta può essere messa a riposo per ventiquattro ore e poi riversata nel serbatoio. Sia l’ORP negativo che quello positivo col passare del tempo si riducono fino a

diventare neutri. Tuttavia, l’acqua morta conserva le sue caratteristiche più a lungo di quanto avvenga con l’acqua viva. Lo si può giudicare dall’odore. L’ultima tappa è la strutturazione definitiva. L’acqua viva viene versata in una brocca posta sull’Acquadisco (“Aqvadisk”) e vigorosamente mescolata con un bastoncino di legno in

senso antiorario. Oltre all’Acquadisco uso anche il CSF, poiché l’uno non ostacola l’altro e addirittura si integrano bene. La piastrina del CSF (la alterno: un giorno il tipo N. 1, il giorno successivo il N. 2)1 è vicino alla brocca, appoggiata al muro. In questo modo l’intero processo si riduce al travasamento dell’acqua da

un recipiente all’altro. L’acqua così preparata può essere portata via per tutto il giorno. Si può godere della sua forza vivificante mentre altri si tormentano con bevande pesanti. L’organismo fa davvero fatica a digerire le bevande, di qualsiasi genere esse siano, a eccezione dell’infusione di erbe nella stessa acqua viva. Anche il succo di frutta appena

spremuto non è una bevanda ma un cibo. L’organismo necessita di acqua pura soprattutto per depurarsi e mantenere il suo bilancio idrico. A causa del caffè, del tè e di analoghe bevande il sangue diventa denso e viscoso. Se bevete caffè e tè, non dimenticate di rinfrescarvi e depurarvi mezz’ora dopo con

dell’acqua pura. Non ci si può torturare tutto il giorno ingoiando continuamente bevande. Volete avere un corpo simile a un fiume di montagna o preferite associarvi a una palude stagnante? Per saperne di più sull’acqua viva si veda il l i b r o Apokrifičeskij Transurfing [ed. it. contenuta n e Il Transurfing vivo; N.d.T.].

«Dopo l’attivazione, l’acqua ha acquisito un cattivo sapore, un gusto chimico». Bisogna che l’acqua di partenza sia pura, distillata o passata attraverso un filtro a osmosi inversa, e solo dopo messa a riposo con shungite e silicio. Il tempo di attivazione di tale acqua con l’attivatore “AP-1” è determinato a seconda della

posizione della freccia sull’indicatore. Se la freccia si trova nella zona verde, il tempo è meno di un minuto. Se si trova tra la zona verde e quella gialla, tre minuti. Se invece è a zero, si deve attendere fino a un’ora. Molto, inoltre, dipende dalla conduttività del bicchiere di ceramica. Recentemente hanno iniziato a utilizzare bicchieri porosi, tali per cui persino l’acqua

molto debolmente mineralizzata porta la freccia nella zona verde. Pertanto, il criterio principale, ripeto, è il seguente: l’acqua viva nel recipiente esterno non deve avere alcun odore né alcun sapore alcalino, mentre l’acqua morta contenuta nel bicchiere di ceramica non deve avere alcun sapore ma dovrebbe presentare un debolissimo e appena percettibile odore di acido.

Se il sapore c’è, significa che il tempo di attivazione è stato ampiamente superato. Se poi compaiono dei fiocchi, vuol dire che l’acqua è molto dura. Sarà bene, inoltre, tener presente che il bicchiere e gli elettrodi col tempo si incrostano. Bisogna lavarli almeno una volta al mese. A questo fine l’apparecchio va staccato dalla presa di corrente e riempito come al

solito, però non con acqua ma con aceto al 6%. Lasciare così per mezz’ora e quindi lavare accuratamente. «Posso caricare con l’attivatore l’acqua di sorgente?». L’acqua di sorgente è dura. L’attivatore la renderà una soluzione torbida con fiocchi galleggianti. I fiocchi sono proprio i sali calcarei di

durezza da cui il suo organismo dovrà poi in qualche modo liberarsi. L’unico vantaggio dell’acqua di sorgente è l’informazione. Ma solo a condizione che si tratti davvero di una buona fonte, sgorgante in una zona ecologicamente pulita. «Un professore ha cercato molto diligentemente di convincermi che persino

un passaggio al 50% all’acqua viva è dannoso per l’organismo, per non parlare poi di un passaggio completo che, come dice lui, ancora non si sa quali conseguenze possa avere». Se «non si sa quali conseguenze possa avere», non ha senso dare giudizi. Io

so quali sono e per questo dico quello che so. Effetti negativi non ce ne sono di certo. L’acqua è vivificante, deliziosa, si ha sempre voglia di berla e non solo quando si ha una sete particolare. «Qualcuno ritiene che l’essiccatore, così come l’acqua strutturata e “vivificata” artificialmente, non abbiano in alcun modo

alcuna attinenza con il crudismo. Cosa può dire Lei in proposito?». Anch’io non ho in alcun modo alcuna attinenza con il crudismo. Più precisamente, non mi classifico nella categoria dei crudisti, né in quella dei maestri spirituali, né in quella dei ricercatori spirituali. E non mi piace nemmeno il termine “crudismo”, non a caso lo

uso di rado. In generale, “avere attinenza con qualcosa” significa aderire a una colonna, accettare certi dogmi. Io non accetto e non predico dogmi. Non impongo una scelta ma dò informazioni per una scelta. Tutte queste manipolazioni con l’acqua possono sembrare poco degne di attenzione, tempo e fatica, e a qualcuno potranno

sembrare inutili e onerose. Ed è davvero così. In realtà tutti sanno che una cattiva benzina rovina il motore. L’acqua cattiva, invece, è innocua per l’organismo. Porto una prova. Se nel corpo umano viene introdotta per via orale dell’acqua di scarsa qualità, l’organismo non mostra alcuna reazione visibile: non produce bolle, non si agita in convulsioni e sicuramente non romba e non

emette fumo. Di conseguenza, val la pena preoccuparsi della qualità della benzina, mentre all’acqua non serve pensare. Se questa prova non vi soddisfa, non posso farci niente. Non ne ho altre da presentare. Ma c’è un’altra logica, diversa da quella largamente diffusa. Si tratta di capire che cosa vogliate o non vogliate avere. L’intenzione è la

determinazione ad avere e ad agire. Da questo tutto prende inizio. La logica è semplice. Il potere dell’intenzione è direttamente proporzionale al potenziale energetico. In un organismo pulito l’energia scorre facilmente e liberamente, come in un fiume pulito di montagna. La pulizia dei vasi sanguigni, delle articolazioni e, di conseguenza, dei canali energetici, dipende in gran

parte dalla qualità dell’acqua potabile. Quindi, tutto questo non significa affaccendarsi a vuoto ma prendersi cura delle cose più importanti che abbiamo. D’altra parte, il processo di preparazione di acqua di alta qualità si può al contempo utilizzare per allenare la forza d’intenzione. In realtà, la qualità dell’acqua è direttamente dipendente dalla

volontà che investite nelle vostre azioni. Se le azioni vengono eseguite meccanicamente, inconsciamente, a forza, da esse non si sprigionerà alcuna intenzione. Se invece tutto questo viene fatto: in modo ragionato (sapete infatti perché lo fate); in modo consapevole (vi rendete conto di quello che

state facendo in quel preciso momento); con l’anima (dopo tutto vi impegnate per voi stessi), la vostra acqua acquisirà una Forza particolare. Non sarà mero H2O, ma un’intenzione registrata su un veicolo liquido. Un’intenzione che vi tornerà indietro con raddoppiata energia.

RIEPILOGO L’acqua viva ringiovanisce il corpo, “carica le sue batterie” e può essere bevuta a volontà. I sali calcarei, di durezza, contribuiscono alla formazione di depositi sulle pareti dei vasi sanguigni e nelle articolazioni. Tutti i liquidi che circolano nel nostro organismo sono degli elettroliti, per questo l’acqua da bere dev’essere leggermente, appena appena, mineralizzata. La struttura dell’acqua

ottenuta da un filtro a membrana è fortemente dissestata. L’acqua non può essere bevuta immediatamente, dev’essere prima necessariamente strutturata. Prima del primo utilizzo, il silicio e la shungite devono venire accuratamente lavati con una spazzola. Bisogna anche limitare la quantità di pietre da mettere la prima volta, perché le pietre fresche danno una forte mineralizzazione. L’acqua viva non dovrebbe

avere né fiocchi né odore o sapore alcalino. Se sono presenti, significa che si utilizza una tecnologia sbagliata. L’organismo ha bisogno di acqua pura soprattutto per depurarsi e mantenere il suo bilancio idrico. Il potere dell’intenzione è direttamente proporzionale al potenziale energetico. In un organismo pulito l’energia circola facilmente e liberamente, come in un fiume di montagna dalle acque pulite.

La pulizia dei vasi sanguigni, delle articolazioni e, di conseguenza, la pulizia dei canali energetici, dipende in gran parte dalla qualità dell’acqua potabile. Quindi, tutto questo non è vuoto affaccendamento ma cura e attenzione per le cose più importanti che abbiamo.

NOTE A MARGINE L’intenzione torna indietro con energia raddoppiata. Da dove provenga

quest’energia e in cosa consista l’allenamento dell’intenzione lo tratteremo in maniera specifica nel capitolo successivo.

La legge di attrazione della Forza

Nel capitolo precedente ci siamo fermati sul fatto che, con l’aiuto di procedure banali come la preparazione

dell’acqua viva, si può addestrare l’intenzione. Nella vita, insieme alle cose piacevoli, esistono incombenze non proprio piacevoli e il lavoro di routine. Non si ha voglia di fare il lavoro di routine, spesso è di peso. Ma anche assecondare la propria pigrizia è un’attività difficile, dolorosa e improduttiva. Non fa star meglio, perché comunque si

sa che da questo non si ottiene un gran guadagno. L’inattività stanca ancora di più. Domanda: come affrontare la pigrizia? Non si può vincerla, perché fare un lavoro per forza non fa passare la pigrizia. Il senso di incombenza, di dovere, d’obbligo, rimane comunque e non ha importanza se lo si prova verso se stessi o verso

altri. Contro la pigrizia, però, un rimedio c’è: mettere l’anima in quello che non si ha voglia di fare. Fare il lavoro di routine nel miglior modo possibile, con piena dedizione. Senza esagerare ma mettendoci l’anima. Forse si può, in qualche misura, ingannare se stessi, far finta che la cosa piaccia. Trasformare il dovere in passione e farlo

consapevolmente e intenzionalmente. In questo caso la pigrizia scompare realmente. Potete verificarlo di persona, se ancora non conoscete questo segreto. Io, intanto, cercherò di spiegare perché succede così. Lo stato di pigrizia o inazione è un ristagno energetico, un tappo, un blocco. Se non c’è movimento, non c’è energia.

Se non c’è energia, non c’è voglia di fare alcunché. È un circolo vizioso. Quando, alla fin fine, si inizia un movimento, compare “la corrente” e il motore si avvia, seppur a bassa velocità. L’energia alimenta l’intenzione, l’intenzione genera il movimento e così via, secondo una catena di retroazione. E tuttavia questo ancora non è sufficiente. Se il lavoro

viene sentito come un obbligo, l’intenzione non basta: la pigrizia non scompare, il lavoro non produce gioia e il risultato è negativo. Ma se si comincia a fare un’attività, anche la più banale, con coscienza e diligenza, succede che, dal nulla, compare un flusso di energia. E ciò non richiede sforzi particolari. Dopo tutto, le opzioni sono solo due: o fare il lavoro al minimo, in

modo sciatto, o farlo con impegno. Ma nel primo caso l’energia viene spesa soprattutto per contrastare e superare la propria pigrizia, mentre nel secondo l’energia arriva da sé. Da dove proviene, dunque? È il risultato dell’intervento di una Forza esterna. O, in altre parole, dell’intenzione esterna. È la forza di cui parlavano i Jedi della saga di Star Wars . E

non solo loro, ovviamente. Non si tratta di fantasie, questa Forza esiste realmente. Che cos’è precisamente? Se consideriamo la realtà in modo semplificato, immaginandola come il movimento di un nastro in un certo cineproiettore, la Forza è il motorino che gira il proiettore. Il compito della Forza è spingere questa

realtà, muovendola incessantemente al fine di evitare arresti. Perché non può esserci alcun arresto. La materia e lo spazio, la Forza e il movimento, nonché il tempo inteso come “effetto collaterale” del movimento, sono tutti degli assoluti, sono i fondamenti immutabili del nostro mondo. Essi non sono mai comparsi e non sono mai scomparsi, esistono da sempre.

Ogni individuo ha la sua pellicola cinematografica, lo strato del suo mondo. L’uomo, con i suoi pensieri e le sue azioni, fa girare questa pellicola nel suo proiettore. Quando qualcuno, intenzionalmente e consapevolmente, coscientemente e diligentemente, nell’unità dell’anima e della ragione, si crea il suo piccolo film come parte di uno più grande,

favorendo in tal modo la missione della Forza, quest’ultima lo vede e si precipita immediatamente in soccorso. La Forza interviene in questo modo non “per qualche scopo” e non “per qualche motivo”, ma semplicemente perché tale è la sua caratteristica. L’impulso interno traina una risposta esterna.

Non a caso gli antichi maghi, così come i maestri di arti marziali, costringevano i loro studenti a svolgere lavori di routine che non avevano alcuna attinenza con la loro pratica. Si può spazzare la strada in modo meccanico, senza pensarci, ma si può trasformare quest’attività in un effetto magico: spazzare fino a che qualcosa non comincia a diventare chiaro nella testa,

fino a quando non ci si rende conto di quello che si sta facendo e di come lo si sta facendo. Per illustrare come funziona, riporto di seguito alcuni esempi tratti dalla mia esperienza personale. *** Uno dei corsi principali che ci facevano seguire alla facoltà di fisica era la storia

del PCUS (per chi non lo sapesse, o se lo è dimenticato, il PCUS era il Partito Comunista dell’Unione Sovietica). E non si trattava di brevi lezioni ma di un corso fondamentale, distribuito su tre semestri. Oggi la storia del partito, forse, potrebbe anche suscitare la mia curiosità, ma in quegli anni questa materia non rientrava in alcun modo nella cerchia dei miei

interessi. Però i voti avevano una notevole influenza sulla destinazione postuniversitaria1. Allo stesso tempo, la storia non è una materia che permette di “scapolare”. O le cose le sai o fai scena muta. Gli esami non erano nemmeno la prova peggiore. Di peggio c’era che ogni settimana dovevamo essere pronti per rispondere ai

seminari. I seminari si svolgevano in un rigoroso clima cerimoniale che ricordava le esecuzioni medievali. Ognuno di noi sperava solo di non essere l’interrogato del giorno. Per tutti noi queste lezioni erano una vera e propria tortura. Studiare era duro, ma salire sul patibolo lo era ancora di più. Il docente, per contro, ricavava da questi incontri un’enorme riserva di piacere,

beandosi di trovarsi allo stesso tempo nelle vesti di uno spettatore al circo e di Pilato al processo inquisitorio. Questa situazione non mi soddisfaceva affatto. Il dilemma che avevo era: non posso e non voglio studiare, ma non posso e non voglio neanche prendere brutti voti. Era insopportabile trovarsi pressati da una necessità forzata. Almeno per me. Mi

sembrava come il lavoro degli antichi schiavi nelle galee: ti fanno vivere finché tiri la cinghia e al contempo non ti fanno vivere perché sei uno schiavo. Un triste compito. Bisognava prendere qualche decisione. Fu così che decisi di prepararmi alle lezioni come se si trattasse della mia materia preferita. Senza farmi violenza, però. Avevo

pensato a qualcosa di diverso, che si reggeva piuttosto sul principio “tanto peggio è, tanto meglio sarà”. Durante le lezioni mi sedevo in prima fila, mangiavo il docente con gli occhi e prendevo scrupolosamente appunti. Durante i seminari, mentre tutti gli altri tremavano come foglie, con le teste ritratte nelle spalle, io alzavo la mano e facevo rapporto con

entusiasmo: «Ma lei sa che in un certo Congresso del partito fu programmato di maggiorare gli obblighi socialisti per superare il piano di produzione di trattori e macchine per la raccolta?! E nel piano quinquennale relativo all’anno tot i colcosiani riuscirono a portare nei serbatoi della Patria tot tonnellate di grano» (sì, in altri tempi era così, altro che

oggi. Giusto per restare in tema). Nessuno riusciva a capire che cosa mi fosse successo. Ero forse impazzito? Quanto al docente, all’inizio sembrava soddisfatto, ma in seguito, vedendo il mio braccio teso a ogni seminario, cominciò a dare segni di nervosismo anche se non osava interrompere le mie relazioni. Il desiderio era mio, l’iniziativa era mia e io

rispondevo come mi pareva e mi piaceva. Era un circo già completamente diverso e nessuno capiva se si trattasse di una cosa seria o di un imbroglio. Alle mie “bizzarrie” comunque si abituarono tutti ben presto. L’imbroglio, ovviamente, non c’era, ma c’era, d’altra parte, un intento preciso (mischiato a una buona dose

di protesta interiore) generato da questa stessa necessità forzata: “Se voi mi obbligate a fare così, allora io vi obbligo a fare colà”. Non posso dire che allora abbia finito per interessarmi davvero alla storia del partito (anche se era la storia del mio Paese). Di fatto, mi ero dato in affitto a me stesso. Non studiavo la materia, ma mi preparavo semplicemente per ogni seminario specifico,

facendo gli schemi e prendendo meticolosamente appunti di ogni materiale necessario. (Alle lezioni ci veniva permesso di controllare gli appunti fatti a casa, ammesso che fossero stati preparati). In quel periodo feci una scoperta sorprendente: ci si può dare in affitto a se stessi, ma se lo si fa con piena dedizione, tutto diventa facile! Allora non capivo da

dove provenisse questa facilità, però mi era evidente un fatto: il lavoro forzato sulle galee poteva in qualche modo essere trasformato in lavoro coinvolgente. Non c’è più qualcuno che ti costringe a fare ma sei tu stesso che dichiari la tua volontà. Così il lavoro non è più un peso e senti di avere la libertà in mano. Splendido! Continuò così, di sessione

di esame in sessione, con l’unica differenza che durante la sessione non facevo assolutamente niente, contrariamente al solito. Non perché fossi pronto, anzi, non sapevo quasi nulla (anche se qualcosina, ovviamente, assimilavo comunque). Le informazioni volavano fuori dalla testa subito dopo ogni lezione, poiché il tema non mi interessava e non mi serviva. Ma sapevo che il

docente non aveva più la forza di ascoltare le mie tirate anche all’esame e le cose andavano veramente così. Ogni mio esame in storia del partito si contraeva in un dialogo rapido e nervoso: – Allora, vediamo… Mmmmm, eeee… Parli dell’argomento della seconda domanda! – Nella seconda domanda

si imposta il tema seguente … – Basta, vada avanti, avanti! – Sulla terza domanda vorrei soffermarmi in modo particolare perché… – Basta, vada, ottimo, cinque2! *** Ecco un altro episodio

simile legato alla mia vita da militare. L’esercito è un ambiente che si presta molto bene per illustrare certi meccanismi, perché tutti i problemi sociali lì si delineano con grande contrasto. Nei primi mesi di servizio nel nostro reggimento, per le reclute era in vigore il criterio seguente: la compagnia doveva mettersi in riga davanti all’ingresso

della caserma. Veniva dato il comando: «Rompete le righe, di corsa nei locali, avanti, marsh!», e chi entrava per ultimo avrebbe dovuto lavare tutte le scale. Quest’ordine non si inscriveva nella mia mente. Avevo altre idee sui princìpi militari: solidarietà, aiuto reciproco, per non parlare poi del detto “muori tu ma salva il compagno”… Per i

comandanti, invece, era più conveniente operare in base al principio divide et impera. Subordinare un collettivo è infatti molto più difficile. Non a caso circolava un altro principio ancora: affinché la volontà della recluta diventi malleabile come creta molle, bisogna assolutamente complicare la sua vita. I locali della nostra compagnia erano situati al

terzo piano. Tutti i pianerottoli e le scale erano rivestiti di piastrelle bianche come la neve. Provate a immaginare in che cosa si potessero trasformare dopo il passaggio di una mandria impazzita di quaranta paia di anfibi. Ed è quello che succedeva non una, non due ma molte volte al giorno, avanti e indietro. E in ogni caso, «l’ultimo è un caprone e lava le scale». Insomma,

l’idea è chiara. La situazione era esattamente come nelle galee di cui si parlava poc’anzi. In me si risvegliò di nuovo il sentimento familiare di protesta interiore e decisi dimostrativamente di restare sempre l’ultimo. Eseguivo il mio lavoro con ogni diligenza possibile, anzi, dirò di più, con piacere. Sapone, spazzolone, straccio, secchio. E un po’ di masochismo. Ma solo un po’.

Un goccio. Risultava che quanto peggio era, tanto meglio sarebbe stato. Per me, infatti, il lavoro era facile e mi faceva sentire libero. Gli ufficiali e i sergenti, guardandomi, provavano un’autentica stizza. Avrei dovuto arrendermi, prima o poi, pensavano. Ma a guardarmi si capiva che, invece di soffrire, provavo un vero piacere a lavare le scale.

Il meccanismo che avevano sempre usato con le reclute ora non funzionava più. Cosa potevano fare con me? Dovettero introdurre un nuovo ordine. Interruppero le corse “a chi arriva prima” e cominciammo a lavare le scale a turno. Di lì a poco ci trasferirono in un’altra caserma. Io allora non mi ero reso pienamente conto di quello che avevo fatto, però tra me e me avevo pensato:

ma guarda un po’! Il sistema si può scardinare! *** Ancora un episodio tipico della vita militare. Stavamo correndo su un terreno accidentato. Lo stavamo facendo già da lungo tempo, equipaggiati di tutto punto. Caldo, polvere, la gola secca, il torace ormai spaccato, sentivamo la morte vicina e

l’obiettivo finale era ancora lontano. Ci comandava un sergente aitante e ben addestrato. Più precisamente, non ci comandava ma ci prendeva in giro come poteva. «Siete delle femminucce! Farò di voi dei veri uomini!». Si vedeva bene che, sulla nostra pelle, si beava di se stesso e dei suoi trionfi. Intanto, però, lui correva senza zaino e con delle scarpe da ginnastica.

Anch’io stavo morendo come tutti gli altri. Pensavo solo a una cosa: che questa tortura finisse al più presto. Ma allo stesso tempo la situazione mi faceva arrabbiare. “Ma guarda a che livelli siamo arrivati”, mi dicevo. “Mi tocca sopportare un sergente che pretende di ‘fare di fare di me un uomo’. Se è così la situazione è seria”.

Mi era venuto in mente quello che si diceva sui samurai: «Vivi come se fossi già morto». E ricordavo come essi si addestravano: correvano fino a esaurimento e poi facevano trecento flessioni. Correvano di nuovo e di nuovo facevano flessioni. Poi ancora correvano. Si fermavano, non ce la facevano più. Di più era proprio impossibile. «Beh», diceva il loro Sensei, «per il

momento basta». «Anzi, no. Siamo o non siamo guerrieri?!». «Banzai!», gridavano tutti. E facevano ancora trecento flessioni. E correvano ancora. Io però non ce la facevo più veramente. Non avevo più forze. Loro, in fondo, erano samurai e poi erano già morti tutti. Io invece, porca vacca, stavo tirando le cuoia, come un cane. E questo sergente, pezzo di canaglia...

Mi prese l’ira. Pensai: “Va bene, sono morto. Ma adesso, però, di corsa, avanti, facciamogliela vedere a ’sto stronzo”. In quel momento sentii come se una Forza mi afferrasse e mi portasse via. Colsi di nuovo la sensazione di leggerezza. Dopo un po’ di tempo mi girai e vidi che il sergente si indaffarava a raggiungermi ma

infruttuosamente, perché la Forza che un minuto prima era con lui, ora era passata interamente dalla mia parte. Dopo, ovviamente, era furioso, sebbene cercasse di far vedere che non era successo nulla. *** E infine l’ultimo esempio, già tratto dalla storia. I cosacchi del Zaporož’e nel

Medioevo utilizzavano delle pratiche magiche sorprendenti. Quando un cosacco cadeva prigioniero dei nemici, questi ultimi cercavano di spezzare la sua volontà con la tortura e alla fine gli tagliavano la testa. Ma prima che succedesse, egli diceva: «Ma che stai qui a perder tempo e a tagliarmi la testa! Infilzami con un palo e poi scorticami vivo, allora poi sì che vedremo». E

quando lo facevano, il suo spirito passava nel corpo del nemico. È ovvio che non serve attirare a sé la Forza in modi così brutali. E poi le situazioni critiche nella vita sono relativamente rare. La Forza può essere catturata nella vita quotidiana ordinaria anche con altri espedienti. Ricordate, per esempio, con quali parole, nel film Džentl’emeny udači

(I gentlemen di successo), il protagonista, maestro di scuola materna, riusciva a convincere con successo i suoi piccoli allievi a mangiare la colazione: «Buongiorno signori, un attimo di attenzione, prego. Oggi la colazione al nostro asilo è stata cancellata. (Urrà!, gridavano i bambini). Il nostro missile sta volando verso Marte. Prego tutti di

prendere in mano gli astrocucchiai. Bisogna mangiare per bene. Il missile non rientrerà sulla Terra fino all’ora di pranzo». Insomma, la morale della storia è che se vi trovate in una situazione di necessità forzata, quando qualcuno vi costringe o voi stessi vi costringete a eseguire dei compiti, cercate di trasformare la pressione

esterna in un’intenzione segreta. Immaginate che vi state trascinando a testa bassa in una colonna di schiavi, in lenta marcia verso i lavori forzati. All’improvviso vi svegliate, vi riscuotete e cominciate a sollecitare il vostro aguzzino: “Da’ un po’ qua la frusta! Mi fustighi male!”. Trasformate la situazione

“mi costringono a fare” in un’espressione della vostra libera volontà: “Faccio da me!”. Così spesso fanno i bambini. Essi sentono in modo particolare la presenza della Forza. Quando iniziate a manovrare con azzardo il motore della vostra realtà, la Forza vi rivolge attenzione e poi si unisce a voi. Se il lavoro dev’essere

fatto in ogni caso, non avete altra via di uscita che eseguirlo nel modo migliore intenzionalmente e consapevolmente, con tutta l’anima. Quando si investono sforzi, l’anima vi aderisce automaticamente. E quando l’anima aderisce, ad essa si unisce la Forza. È più facile eseguire ogni incombenza con impegno che non con negligenza. Chi non conosce questo segreto si tortura per

tutta la vita, lottando contro la necessità forzata e un’invincibile pigrizia. Se invece si utilizza la legge di attrazione della Forza, si può dire addio alla routine e alla pigrizia. Persino le azioni più semplici, come la preparazione dell’acqua viva, acquisiscono Forza e leggerezza se vengono eseguite consapevolmente, intenzionalmente, con

l’anima. Allora non si tratterà semplicemente di movimenti meccanici ma di una pratica magica con la partecipazione della Forza. Quando questa pratica diventerà un’abitudine, la Forza sarà sempre con voi. E se la Forza sarà con voi, potrete creare capolavori. RIEPILOGO Lo stato di pigrizia o di

inazione significa ristagno energetico, tappo, blocco. Quando non c’è movimento, non c’è energia. Rimedio contro la pigrizia: mettere l’anima in quello che non si ha voglia di fare. Eseguire i lavori di routine nel miglior modo possibile, con piena dedizione. Senza strafare, ma mettendoci l’anima. Ci si può dare in affitto, ma se lo si fa con piena dedizione alla causa, tutto diventa facile! Trasformate la situazione: “Mi costringono a fare” in

un’espressione di libera volontà: “Sono io che voglio fare!”. Quando si investono degli sforzi, l’anima aderisce automaticamente. E quando l’anima aderisce, ad essa si unisce la Forza. Quando iniziate a girare con azzardo il motorino della vostra realtà, attirate l’attenzione della Forza ed essa si unisce a voi.

NOTE A MARGINE Ricordate il fenomeno del

“vecchio comò”? Se non vi basta la vostra energia, la legge di attrazione della Forza vi servirà come fonte ulteriore.

Requiem alla carne altrui

«Kak prijatno otčego-to Znat’, čto kto-to gde-to est’ Ili rjadom budet kto-to, Kogo možno vkusno s’est’».

[È un vero piacere per qualche ragione Sapere che in giro in qualche regione O forse in un posto ancor più vicino Si trovi qualcun da mangiare per benino; N.d.T.]. In questo capitolo vorrei chiarire ulteriormente la questione affrontata per la

prima volta in uno dei primi libri sul Transurfing, Veršitel’ real’nosti (L’Arbitro della realtà ). Ricevo molte lettere da persone desiderose di passare a una nuova fase della piramide alimentare, ma allo stesso tempo diffidenti rispetto a un regime alimentare senza proteine animali, temendo danni alla salute e all’aspetto fisico. I loro timori sono suscitati

principalmente dal fatto che quasi tutti i nutrizionisti e i medici affermano unanimemente: «Senza carne non si può stare al mondo, proprio no!». Secondo loro la carne conterrebbe delle sostanze assolutamente necessarie per l’organismo. Anche il principio della società contribuisce a frenare gli entusiasmi: tutti mangiano

carne, vuol dire che bisogna farlo. E infatti, quando si apre il menù di qualsiasi ristorante, diventa subito chi ar o: quello che non è carne di qualcuno, non è cibo. In altri termini: cibo è ciò che risulta essere la carne di qualcuno. Tuttavia, in India, per esempio, il 70% della popolazione è costituito da vegetariani. E non sembra che soffrino di sfinimento. Al

contrario, presto per crescita demografica supereranno la Cina. Quindi c’è qualcosa che non torna qui, c’è qualcosa che non va con questo “principio della carne”. Non è mia intenzione cercare di disavvezzare qualcuno dalle sue abitudini alimentari, non ne ho alcun interesse. Il mio compito è quello di fornire

informazioni oggettive. Nel sistema tecnogeno tutte le informazioni sono prediposte in modo da servire il sistema. Una concezione qualsiasi di alimentazione naturale può essere ribaltata e distorta da far piangere tutte le icone. Rivolgiamoci allora, per consigli, alle fonti più affidabili e autorevoli, alla Natura, al buon senso e ai classici, Arnold Ehret e Max Bircher-Benner, in qualche

modo dimenticati.

stranamente

Per cominciare, vediamo un po’ che cosa sono le proteine. Non si tratta di carne di maiale o di manzo, o di pesce o di qualche altro animale, ma di una molecola gigantesca, una lunga catena di amminoacidi. Che cosa dovrebbe fare l’organismo per trasformare le proteine in tessuto muscolare? Una

bistecca di manzo diventa una parte del nostro corpo non appena la si mangia? No, per assimilare una molecola proteica altrui essa dev’essere prima decomposta nei suoi amminoacidi di partenza, i quali a loro volta sintetizzano la loro molecola. Le proteine sono ovunque, nelle polpette e nelle foglie verdi. Ma, a differenza dei cibi animali, le piante contengono sia le proteine

che gli amminoacidi essenziali, cioè il materiale da costruzione primario, i mattoni. Ovviamente le piante, e soprattutto le verdure verdi in foglia, sono la migliore fonte non solo di proteine, ma anche di materiale di partenza per la loro sintesi. Si può trovare una conferma visiva di ciò direttamente nella padella.

All’atto della cottura, un pezzo di carne di animale nutrito dai mangimi “ricchi di proteine” riduce il suo volume di due o tre volte, mentre la carne di un animale cresciuto in fattoria e alimentato da erba naturale e fieno, rimane quasi immutata. Le cosiddette “proteine animali complete”, ovunque aggiunte ai mangimi, fanno ingrassare i bovini più che crescere le

loro carni. Rispetto al tema “proteine”, è tutto girato al contrario. Di fatto, si dovrebbero considerare “complete” le proteine vegetali, ossia, a dirla in termini più precisi, quegli amminoacidi, minerali e vitamine a partire dai quali vengono sintetizzate le proteine e che sono presenti in abbondanza nei vegetali.

Gli alimenti vegetali vivi creano la massa muscolare in tempi lenti, ma in modo naturale ed efficace. Il cibo animale, al contrario, favorisce un rapido aumento di peso ma di quel peso inutile, che si scioglie in padella e rende felice il cuore del produttore. Per questo il produttore informa allegramente i suoi clienti che le proteine animali sono le migliori: con

esse si può anche nutrire il bestiame, e poi, naturalmente, alimentare l’uomo. E il consumatore ci crede ciecamente, perché il suo animo ingenuo accetta facilmente questa logica primitiva, su cui non c’è alcun bisogno di pensare: per formare i muscoli, si devono mangiare questi stessi muscoli; per formare le proteine, si devono mangiare proteine; per formare il

grasso, si deve mangiare il grasso, e, ovviamente, la madre che allatta al seno deve bere latte per produrre latte. Ma in omaggio a questa stessa logica, il toro dev’essere nutrito con la carne (cosa che, in realtà, già si fa, perché nel mangime per animali viene aggiunta farina di ossa e di pesce, e non solo), e la mucca con il latte. Con la stessa logica, dal

momento che la casa è costituita da pareti, la si dovrebbe costruire di pareti e non di mattoni. Anzi, ancora meglio, di intere “case complete”. Quante case serviranno per la costruzione di una casa? Non importa sapere cosa succederà nel cantiere, è una faccenda dei costruttori. Il nostro compito è portare nell’area di costruzione la quantità sufficiente di case e che poi

si arrangino loro. Non è rilevante che in seguito gli operai dovranno scomporre le pareti in mattoni singoli, la cosa più importante è che abbiamo fornito i materiali edili in assoluto “più completi”. Il mito che gli alimenti di origine animale contengano qualcosa di insostituibile, di cui l’organismo non può proprio fare a meno, non è nemmeno un mito. È

ignoranza o menzogna mirata. Non si trova in natura nulla che non sia contenuto in taluni o talaltri vegetali. E se la scienza disponesse di informazioni attendibili riguardo a quello che l’organismo è in grado o meno di sintetizzare, problemi come il cancro e il diabete, per esempio, sarebbero già una questione risolta. Nel frattempo, invece, bisogna considerare il

fatto che la scienza dell’uomo è ancora in fase di ricerca, ragion per cui non vale la pena confidare troppo su di essa. L’unica cosa su cui ha senso confidare sono le leggi della natura e del buon senso. Proprio su questi princìpi poggia la concezione del dottore svizzero Maximilian Bircher-Benner. Illustro brevemente i capisaldi della sua teoria, semplice e chiara.

Tutti noi, alla fine, ci nutriamo dell’energia del Sole. Essa è la nostra fonte primaria di energia. Tutto il resto, compreso il carbone, il petrolio e il gas, sono secondari. Non prendiamo per il momento in considerazione l’energia cosmica. Le piante assorbono l’energia solare direttamente. Sono le uniche

creature sulla Terra che lo possono fare (non considereremo ora “i mangiatori di sole” e l’alimentazione pranica per non complicare il discorso). Insieme alle piante consumiamo energia solare anche noi. In altre parole, l’energia del Sole arriva a noi attraverso le piante. Gli animali, che si trovano al gradino successivo della piramide alimentare, si

nutrono anch’essi di piante. Gli animali predatori, che sono in un gradino più in alto, si nutrono dei corpi (cadaveri) degli animali erbivori. Coloro che si nutrono di piante ricevono energia solare di prima mano. Chi si nutre di animali, la riceve di seconda mano, e se questi stessi animali (uccelli compresi), come ora succede,

vengono alimentati da proteine animali, allora è già di terza mano. Le piante sono cibi di prima specie. Essi contengono in sé sia proteine vegetali, facilmente assimilabili, che gli amminoacidi primari, da cui vengono sintetizzate le proteine. La carne di animali erbivori è cibo di seconda

specie. Dopo le piante, gli animali erbivori sono i secondi intermediari nella catena di trasmissione dell’energia solare. Tutti gli intermediari successivi della catena possono essere considerati come fonti di cibo di ordini inferiori. Sono pochi, in Natura, a mangiare la carne dei predatori. Digerire questo tipo di carne, in linea di principio, è possibile, ma solo per coloro

che ne sono capaci e che sono fatti in un certo modo. Ma siccome l’uomo nel suo “processo produttivo” di preparazione del cibo va anche oltre, Bircher-Benner introduce ancora il concetto di necrobiosi, mortificazione prima della carne viva e poi di quella morta. Com’è noto, l’uccisione di una creatura che si trova a un livello sufficientemente

elevato di coscienza per rendersi conto di venir uccisa, non passa senza lasciar traccia nel suo corpo. Nel suo sangue vengono disperse delle sostanze che lasciano sulle carni un’impronta, il sigillo della morte. E ciò avviene anche sul piano fisico-chimico ed energetico-informazionale. Ne consegue che tali alimenti, se considerati dal punto di vista di fonte di

energia solare, diventano di qualità ancora più bassa. Il passo successivo è la mortificazione della carne morta. In questo, ormai, non troviamo assolutamente nulla di insolito e sorprendente, dal momento che fin dalla nascita assistiamo a questo “processo” tanto da considerarlo, nell’abitudine, una parte integrante e normale della vita.

Ma è davvero normale dal punto di vista della Natura? Immaginate di non aver mai visto come si frigge la carne e di non avere alcuna idea che ciò sia possibile e anche necessario fare. E così lo fate. La carne è già morta di per sé, e voi, cucinandola, la rendete ancora più morta. È già molto strano. C’è qualcosa che non va, che non quadra.

Allora, chi siamo veramente? Figli della Natura o pervertiti e degradati? Forse nessuno ha ancora impostato la questione in questa prospettiva. I prodotti cotti sono fonte alimentare di terza specie. Riguardo al discorso dell’energia, è un processo di indebolimento, di abbassamento del potenziale energetico. La sostanza viva

è sostanza viva. La sostanza morta è sostanza morta. L’energia e la Forza si trovano lì dove c’è la vita. Tanto più forte è l’azione del fuoco, tanto minore è il potenziale energetico residuo del cibo. Per non parlare del fatto che nel processo di cottura si producono sostanze tossiche. Ogni prodotto è più prezioso nella sua forma naturale. Certo, la carne

cruda non è proprio una delicatesse, a eccezione, forse, dei frutti di mare. Del resto, nel mare la vita è costruita in modo molto più naturale e armonioso rispetto alla terraferma. Persino la carne dei pesci e degli animali marini predatori, rispetto a quelli terrestri, è pienamente commestibile. Sulla base di quanto detto, possiamo già trarre le conclusioni principali.

1. È meglio ricevere energia di prima mano, piuttosto che da intermediari. 2. La sostanza viva è sempre e sotto tutti i punti di vista meglio della sostanza morta. E qui non si dice nulla di nuovo. Bircher-Benner ha semplicemente chiamato tutte le cose con il loro nome. E quando le cose vengono

chiamate con il loro nome, esse acquistano il loro vero significato. RIEPILOGO Il principio della società dice: il cibo è quello che risulta essere la carne di qualcun altro. Nel sistema tecnogeno tutte le informazioni sono poste al servizio del sistema. Al fine di assorbire una molecola proteica altrui, è necessario scinderla prima

nei suoi amminoacidi di partenza, che successivamente sintetizzano a loro volta una molecola. Le piante, e soprattutto le verdure verdi in foglia, sono la migliore fonte non solo di proteine, ma anche del materiale di partenza per la loro sintesi, cioè degli amminoacidi. Gli alimenti vegetali vivi creano la massa muscolare lentamente, però in modo naturale e di qualità. Tutti noi, alla fine, ci nutriamo di energia solare.

Le piante assorbono l’energia solare direttamente. Insieme alle piante, anche noi consumiamo energia solare. Coloro che si nutrono di vegetali ricevono l’energia solare di prima mano. Le piante sono cibo di prima specie. La carne di animali erbivori è cibo di seconda specie. I prodotti cotti sono una fonte alimentare di terza specie. Sulla carne macellata è

impresso un sigillo di morte.

NOTE A MARGINE Ma non è tutto. È rimasta tutta una serie di domande interessanti: perché mai le persone hanno preso gusto per la carne? Dov’è più conveniente trovarsi? In cima alla piramide o a un gradino inferiore? Da dove viene la forza vitale, dalle proteine, dai grassi o dai carboidrati?

Tutti questi problemi, soprattutto l’ultimo, non sono banali. Per evitare un sovraccarico di senso, li tratteremo nel capitolo successivo.

Si bemolle maggiore

«Čelovek, odetyj v černom, Učtivo poklonivšis’, zakazal Mne Rekviem i skrylsja...

Mne den’ i noč ’ pokoja ne daet Moj černyj čelovek». (PUŠKIN, MOZART E SALIERI) [Un uomo, di nero vestito, facendomi un inchino deferente, mi ordinò u n Requiem e si dileguò... giorno e notte non mi dà

tregua il mio N.d.T.]

uomo

nero;

Ci occuperemo oggi di ciò cui è dedicata, in sostanza, tutta la teoria del Transurfing: una soluzione semplice di problemi complessi. E sebbene non vi sia qui alcunché di complicato, vi convincerete di quanto sorprendente e scioccante può essere il

banale e lo scontato. Sarete visitati dalla strana sensazione di aver riscoperto per voi stessi ciò che conoscevate bene e da tempo, ma che al contempo non conoscevate affatto. E tutto perché le cose meno evidenti nel nostro mondo sono quelle semplici, quelle cui di solito non si presta attenzione. Proviamo a riformulare la prima questione: perché, a partire da un certo punto,

qualcuno ha cominciato a mangiare qualcun altro? Immaginate di essere arrivati sulla Terra e di avervi trovato solo ed esclusivamente piante. Inesistente il concetto di fauna. Una cosa del genere è possibile? Sì, lo è benissimo. Le piante sono infatti le creazioni più perfette. Per vivere hanno bisogno solo di minerali, acqua, sole e aria. E sono anche le creature più

tranquille e incantevoli. Non attaccano nessuno, non rovinano l’ambiente, non si avvelenano le une con le altre con sostanze chimiche e non inventano la bomba atomica. L’unica manifestazione di aggressività da parte loro, ammesso che si possa parlare di aggressività in un caso come questo, è il loro desiderio di ottenere più sole e spazio per la loro esistenza. Dopo tutto ognuno ha questo

diritto, è il diritto alla vita! Tuttavia, in ogni società, persino la più prospera e pacifica, in forza della legge inesorabile della dialettica, si troverà sempre almeno un elemento “asociale”, o troppo avido e ingordo, o deprivato di qualcosa. Ecco cosa gli potrebbe venire in mente: “E se io, al posto di indaffararmi, come gli altri, in un’estenuante e lenta fotosintesi, prendessi e

inghiottissi qualche vicino? O magari mi trovassi un docile ‘amico’, lo stringessi in ‘un abbraccio affettuoso’ e sorseggiassi pian pianino il suo succo?”. Così, probabilmente, comparvero gli altri, coloro che vivono a spese altrui e anche a scapito della vita altrui. Gli altri si affrettarono a moltiplicarsi e a crescere, in forza della stessa

dialettica. Nella piramide alimentare stavano già a un gradino superiore rispetto alle piante e ciò dava loro un preciso vantaggio. Molti di loro impararono a muoversi nello spazio, mentre la maggior parte degli “inferiori” restava ancora legata a uno stesso luogo. E presto cominciarono ad apparire esseri ancora più arroganti e ingordi, che salirono al gradino

successivo e si misero a mangiare gli altri, quelli che ancora si contentavano delle piante. Ora chiedetevi: qual è il significato di tutto questo? Vale davvero la pena salire in cima alla piramide perché lì si sta meglio? E che cos’è davvero meglio: mangiare gli altri o alimentarsi da soli, direttamente, come fanno le piante?

A prima vista si fa strada una conclusione apparentemente “naturale”: più in alto ci si trova, più forti si è e più conveniente è la posizione che si occupa. Ma ricordiamo, tuttavia, il principio di Bircher-Benner: tutti noi, in ultima analisi, ci nutriamo dell’energia del Sole. Ne consegue che chi è più vicino alla sorgente di quest’energia e ha il minor

numero di intermediari, si trova di fatto nella migliore posizione sulla piramide alimentare. Ma allora, perché e da dove ha tratto origine questa competizione di “chi mangia chi”? La situazione appare assurda. È forse la Natura che si contraddice? La risposta è tanto semplice quanto paradossale: a qualcuno tocca mangiare qualcun altro non perché sia

meglio (più nutritivo, più gustoso), ma perché non vi è null’altro da mangiare. Pensate a questa frase. Solo in questo, e non in altro, consiste la ragione della corsa su per la piramide. Il fatto che in natura, ovunque e sempre, “qualcuno mangi qualcun altro” sembra assolutamente naturale, non è vero? Ma se ignoriamo lo stereotipo diffuso, diventerà più evidente anche un’altra

c o s a : non è affatto obbligatoriamente naturale che “qualcuno mangi qualcun altro”. Il fatto che sia abituale non significa che sia naturale e normale. Ed è anche possibile che il nostro pianeta, sotto questo punto di vista, sia una delle poche eccezioni. Mentre “da qualche parte, in una galassia lontana lontana…” di questo non si possa nemmeno sentir parlare.

Da noi invece è così. In effetti, nel nostro mondo sono successe e succedono situazioni varie, tali per cui il cibo in un certo luogo e in un certo momento non è disponibile. Le piante sono più adatte ad affrontare le differenti avversità climatiche. Alcune possono anche cadere temporaneamente in anabiosi. Gli animali, invece, in

periodi di siccità o di gelo, hanno grandi difficoltà. E allora, cosa possono fare? La bestiola affamata, avanzando con passi felpati sul terreno deserto, pensa con angoscia: “Con me non c’è nessuno e sono triste per qualche motivo, giuro che darei qualsiasi cosa per trovare qualcuno, per trovare qualcuno…”1. Si capisce bene perché: per mangiarlo.

Se in giro non c’è vegetazione alcuna, ti vien voglia di divorare chiunque passi per strada. La sopravvivenza è l’istinto primario. Senza alternative. Allo stesso modo funziona per gli uomini. Non si sa da dove e quando siano comparsi sulla Terra e in quali condizioni siano esistiti, ma non è difficile supporre che, trovandosi in una situazione tale per cui

nel loro habitat per un certo motivo sono cominciate a sparire le piante, saranno stati costretti a fare un passo avanti nella piramide alimentare. E ciò nonostante questo sia assai poco conveniente, e non tanto per la ragione che il cibo di seconda specie è di qualità inferiore, ma soprattutto perché esso è molto più difficile da procurare. Non c’è bisogno di andare a

caccia di piante: sono tante, non scappano, non mordono e non attaccano. La caccia, di per sé, è un’attività molto faticosa, e non solo per gli uomini. Chi non ha familiarità con la vita reale della fauna selvatica può credere che i predatori crescano e prosperino nell’abbondanza. Nessuno li minaccia, possono mangiare chi vogliono o, quanto meno, chi riescono a

uccidere. E nessuno ha pretese sulle loro carni, sì che possono andarsene in giro, divorare a volontà e godersi la libertà, con tutti quegli stupidi erbivori e sciocchi pesci che ci sono in giro, prede a portata di zampa! In realtà è tutto molto più complesso e, purtroppo, più tragico. Che sia tutto semplice è solo un’illusione

della percezione. Sullo schermo si vede il leone che abbatte facilmente un toro, o un orso che cattura un pesce, o un lupo che afferra una lepre… o un bravo cacciatore che spara a un cervo… e così via. Ma si vede solo il finale, perché l’intero processo precedente sta dietro le quinte. Ecco perché sembra che tutto sia facile e semplice: se sei in cima alla piramide, sei il re e il dio e

hai accesso a tutto. In realtà è vero il contrario. Il paradosso sta nel fatto che quanto più alto è il tuo livello sulla piramide alimentare, tanto più ti è difficile nutrirti. E, di conseguenza, quanto più in basso sei sulla piramide, tanto maggiori sono per te le disponibilità di cibo. Strano, non è vero? Ma è davvero così.

Il vero stato delle cose è il seguente: sui gradini più alti della piramide regna la fame. La sopravvivenza è letteralmente ai limiti del possibile. Soprattutto dal momento in cui sulla sommità massima della piramide si è piazzato l’uomo. Pochi sanno di questo (la fame), e meno ancora ne parlano. Quando per carestia muoiono milioni di persone in Africa, è una

tragedia. Ma quando, per mancanza di cibo, muoiono i predatori, ciò viene percepito come un processo naturale, una normale regolazione della popolazione. Pochi sanno che un branco di leoni a volte non mangia per mesi. I leoni reali (non quelli dello zoo o del circo) in quei periodi sembrano scheletri ambulanti. I lupi possono correre per settimane alla vana ricerca di

prede. Gli orsi polari sono cadaveri ambulanti anche loro quando per mesi non riescono a trovare cibo. Le megattere, che si nutrono di aringhe, non hanno la possibilità di nutrirsi nell’arco di sei mesi (!). Mentre il fitoplancton, che si trova sulla parte inferiore della piramide, mangia quando e come vuole. Molte sono le ragioni per

cui esistono queste difficoltà di alimentazione sulla Terra. Il cambiamento climatico, le stagioni, la migrazione di animali, uccelli e pesci, e così via, è una storia lunga. Ma l’essenza di questa storia è che tutti i rappresentanti dei diversi gradini della piramide si trovano in dipendenza l’uno dall’altro secondo una catena. Tanto più in alto ti trovi, tanto più lunga e complessa è la catena

e tanto maggiore è la dipendenza da tutti gli esseri inferiori. E il seguente paradosso sta nel fatto che chi è in alto di fatto non è il Re della Natura ma un prigioniero delle circostanze e un mangiaufo dei suoi sudditi “commestibili”. Con l’uomo la situazione è identica. L’uomo moderno civilizzato è impotente quando si trova in condizioni di natura selvaggia. Ma il

fatto che sia impotente non è neanche il peggiore dei mali. Grave è il fatto che lui stesso si sia cacciato all’ultimo stadio di dipendenza. Per lui ciò che non è carne non è cibo. In un documentario delle s e r i e Discovery è stato ripreso quest’esperimento: un gruppo di sette volontari, normalmente residenti in città, è stato abbandonato in

Alaska. Il compito era quello di resistere il più possibile. Erano equipaggiati di tenda, fucili, canne da pesca e altre attrezzature necessarie, di tutto tranne che di cibo. E inoltre ognuno aveva un cercapersone con pulsante che, se fosse stato premuto, avrebbe inviato il segnale a un elicottero che sarebbe intervenuto a porre fine alle sue sofferenze. Era l’inizio o la metà

dell’autunno. Il primo giorno di missione passò allegramente. La natura era meravigliosa, l’umore era gagliardo, era tutto perfetto. Poi cominciò a piovere. Erano tutti bagnati e non erano ancora riusciti a procurarsi del cibo, ragion per cui dovettero sistemarsi per la notte a stomaco vuoto. Ma nel gruppo c’erano un pescatore dilettante e una donna appassionata di caccia,

per cui speravano di avere buone possibilità di successo nei giorni successivi. Al mattino si accorsero che le scarpe, messe ad asciugare al fuoco, si erano bruciate. Dovettero arrangiarsi con delle fasce per avvolgere in qualche modo i piedi. Tutti ormai volevano follemente mangiare. La ricerca di selvaggina nella zona circostante non aveva portato

ad alcunché di buono. Quel territorio generoso, per qualche motivo, pareva non avere alcuna fretta di rivelare le sue ricchezze a questi ospiti inattesi. La cacciatrice disse che doveva esplorare la zona più a monte e si diresse al suo lavoro, promettendo che in serata avrebbero avuto carne. Tanta carne. Gli altri, nel frattempo, gettarono le canne da pesca.

C’era infatti un bellissimo ruscello di montagna lì vicino. Ma dopo alcuni lanci infruttuosi l’entusiasmo scemò. Il pescatore del gruppo giunse alla conclusione che in quelle acque non ci fossero pesci. Quindi, niente da fare, bisognava cercare la carne. Ben presto si accorsero che vicino al campo viveva un topo. Si prefissero il compito di acciuffarlo. Ma in che

modo? Certo, erano tutte persone istruite e intelligenti, e quindi il metodo fu presto inventato, per di più un metodo geniale, mica una scemenza! Riempirono una gran pentola con dell’acqua, vi appoggiarono un bastone e lungo i bordi della pentola attaccarono un filo che reggeva un tubicino in modo tale che questo tubicino girasse liberamente sul filo. L’idea era la seguente: il

topo si sarebbe arrampicato sul bastone, avrebbe corso lungo il filo, sarebbe scivolato e sarebbe caduto in acqua, così… avrebbero ottenuto la loro preda! Pensate che avevano preparato la trappola con la massima serietà. Si misero in agguato e attesero a lungo. Il topo, infatti, sembrava non aver alcuna intenzione di finire in pentola, perciò si occupava tranquillamente

delle sue faccende. Ebbene… Un’altra sconfitta. Nel frattempo la telecamera che filmava il gruppo mostrava lo sfondo circostante: si vedeva il fiume e, in esso, una trota che nuotava (quindi il pesce c’era!), si vedevano le bacche sui cespugli e nell’erba, gli arbusti di bardana lungo le rive del fiume e molto altro che non ricordo. La radice di

bardana, per esempio, se proprio si vuol parlare di questo, si può cuocere e non è peggio delle patate. Ma gli esploratori non erano interessati alle piante. Erano alla ricerca di carne. Alla fine, uno degli uomini scorse uno scoiattolo su un albero e riuscì miracolosamente (wow!!) a sparargli e a centrarlo. Senza pensarci su molto, scuoiarono l’animaletto

(questa è una cosa che sapevano fare bene) e ne appesero il corpicino, poco più grande di quello di un topo, ad arrostire sopra il fuoco. Facevano tutto ciò con la massima serietà, sebbene fosse evidente che, dividendo la carne per sei persone, si sarebbe ottenuta una porzione pari alla punta di un mignolo. Cucinato il cibo, ogni membro del gruppo inghiottì rapidamente il suo

pezzettino. Non avevano tenuto conto del settimo membro (la cacciatrice), perché ella sarebbe arrivata presto portando tanta tanta carne. La donna, infatti, arrivò. Incattivita e a mani vuote. In quei posti tre volte maledetti non c’era l’ombra di selvaggina! Quando però venne a sapere che, in sua assenza, i suoi colleghi si erano divorati lo scoiattolo,

divenne letteralmente furiosa. Dopo tutto erano una squadra! Come avevano potuto farle questo! E prese avvio una lunga e noiosa discussione. Non ebbi poi la possibilità di vedere il seguito di quest’avventura. Ma non è difficile immaginare come sia finita e del resto non è così importante. Avete già capito tutto.

RIEPILOGO Le cose meno evidenti nel nostro mondo sono quelle semplici, perché ad esse non si presta attenzione. Chi è più vicino alla fonte di energia primaria, il Sole, e ha il minor numero di intermediari, si trova a occupare la posizione migliore nella piramide alimentare. A qualcuno tocca cibarsi di qualcun altro non perché sia meglio (più nutriente, più gustoso), ma perché

storicamente e spontaneamente questo succedeva quando non c’era altro da mangiare. Ai gradini superiori della piramide regna la fame. Chi si trova ai vertici della piramide non è di fatto il Re della Natura ma un prigioniero delle circostanze e un mangiaufo dei suoi sudditi “commestibili”. L’uomo moderno civilizzato si è cacciato da solo all’ultimo stadio di dipendenza.

NOTE A MARGINE Chiarimento: “Si bemolle maggiore” è il tono che Mozart amava usare nelle sue opere. Ma… i violini hanno finito di suonare e ora risuona una marcia militare. Più avanti sarà ancora più interessante.

La fattoria umana

Continuo la mia messa di commemorazione per la “carne altrui”, augurandomi, in tutto ciò, che voi non vi rapportiate con fanatismo a quanto ho scritto. Nel

Transurfing non ci sono regole (le regole appartengono ai pendoli), e quasi non ci sono leggi, ma esistono solo i princìpi che, a discrezione personale, si possono seguire o non seguire, nell’unità dell’anima e della ragione. Ritengo inoltre compito un’informazione indipendente, che

mio dare non

esprima gli interessi di qualcuno e si contrapponga alla propaganda sfrenata promossa dai produttori e dai commercianti e diffusa capillarmente in tutto il nostro mondo. Dovremmo essere tutti consapevoli del fatto che le merci che ci circondano sono prodotte non tanto perché senza di esse non ci potremmo arrangiare, ma perché qualcuno le produce,

qualcun altro le vende e tutti hanno bisogno di guadagnare. È solo in una prima tappa che si produce e si vende quello di cui qualcuno ha bisogno. Ma poi comincia un processo completamente diverso, la corsa al profitto ad ogni costo. Viviamo in un mondo in cui questa corsa è permanente e sapete bene che in questo contesto pochi si preoccupano dei mezzi.

La menzogna e la disinformazione sono mezzi molto efficaci. Infatti, per vendere, per esempio, un prodotto alimentare senza ritardare nella corsa contro la concorrenza, occorre creare il mito non solo della sua utilità, ma anche della sua insostituibilità: senza questo cibo non si può proprio vivere. (Senza carne e latte non si può vivere, nel modo più assoluto).

Ora è di moda una nuova tendenza, “il tutto naturale”, tendenza cui, in una certa misura, hanno contribuito anche i miei libri. Domanda: come si può vendere, in queste condizioni, un alimento che non ha alcuna attinenza coi prodotti naturali? Semplicissimo: chiamandolo naturale, tutto qui. E così vediamo sullo schermo un bel bambino, roseo e sano (ricercato a

bella posta da qualche parte), che mangia a quattro palmenti un qualche prodotto sintetico da un barattolo di latta, mentre una voce ci spiega che fa così “perché è tutto naturale!”. E a questo proposito qualcuno mi deve spiegare come si possa definire naturale un prodotto conservato, “rinchiuso e seppellito” in un barattolo di latta o in una confezione con

validità di uno o due anni. Ma così lo definiscono, senza problemi. La produzione e il commercio hanno ottime capacità di mimesi, sanno adattarsi rapidamente alle nuove tendenze. E non investono alcuno sforzo per rendere la loro “favola” una storia vera. Perché sarebbe più costoso che non turlupinare velocemente e senza tanti problemi gli ingenui consumatori.

Il periodo di validità di un alimento, in linea di massima, si può paragonare direttamente al “termine di reclusione” dato a un condannato: quanto esso è maggiore, tanto più pericoloso è “il prigioniero”. Probabilmente pochi ricordano i tempi in cui la durata di conservazione di un barattolo di maionese non era più di tre settimane in frigorifero, il latte in

bottiglia si inacidiva dopo due o tre giorni e la birra diventava torbida già dopo una settimana. Molti non hanno mai visto queste cose, altro che ricordarle! L’universale corsa al profitto ha reso noi stessi prigionieri, ostaggi degli interessi dei produttori e dei commercianti. Nei negozi i prodotti davvero naturali quasi non si trovano. L’ultimo rifugio è rimasto il

mercato delle aziende agricole e i frutti di mare (ovviamente quelli che non vengono allevati artificialmente). E anche qui non vige la massima onestà. Se ritorniamo a fare riferimento alla classificazione del dottor Bircher-Benner, si potrebbe integrare la sua tabella alimentare con il cibo di quarta specie, un concetto di

cui egli ai suoi tempi non poteva avere alcuna idea, c i o è i prodotti sintetici da supermercato, la produzione della classe più bassa, praticamente gli alimenti tecnogeni per i cyborgs che si trovano ai vertici della piramide alimentare. L’idea è semplice e lineare. Tante più sostanze sintetiche sono contenute nel prodotto, tanto minori sono i costi di produzione. Tanto

più lunga è la durata di conservazione, tanto più facile è vendere la merce. La domanda è: ma che diritto hanno di darci da mangiare queste schifezze? Com’è potuto accadere che attorno a noi si trovino, oggi, per lo più prodotti sintetici? E ciò non riguarda solo il cibo ma tutto. E di nuovo la spiegazione è molto semplice: se la

coscienza del consumatore si trova a un livello basso, letteralmente al livello di uno zombie, gli si può propinare qualsiasi cosa ed egli crederà che tutto questo è non solo utile ma anche indispensabile per la sua vita, per la sua stessa salute. Vedete, se la coscienza degli individui presi singolarmente e dell’intera società fosse di almeno un livello più in alto, saremmo

ancora a bere latte e birra naturali, a mangiare un salame senza soia geneticamente modificata e così via. Ma noi non siamo individui liberi e consapevoli. Noi… non vorrei usare un termine volgare perciò mi esprimerò moderatamente: ci troviamo rinchiusi in una fattoria e per questo mangiamo quello che ci viene dato. Questa è la nostra situazione! Pensate

che ciò non abbia attinenza col Transurfing? Ed è veramente così: mangiamo quello che ci viene dato. Perché nella nostra società avanzata e civilizzata vige una legge che si può formulare nel modo seguente: prima la merce viene prodotta, poi costringono la gente ad acquistarla. Spiego che cosa significa.

Come si è già detto sopra, nella prima fase inizia la produzione della merce per cui vi è domanda. Supponiamo che tutti siano venuti a sapere che da qualche parte, in un villaggio di montagna, gli abitanti centenari bevono una bevanda miracolosa che li mantiene in ottima salute e di buono spirito. Perché non iniziare a preparare questo prodotto per la città? Nessun

problema, si avvia la produzione e il processo continua fruttuosamente. Ma poi si inseriscono i concorrenti, che si mettono a fare la stessa cosa. Come competere con loro? Il mercato, intanto, è già invaso dal prodotto. Come fare in tempo a smerciarlo? Tutti questi problemi si risolvono facilmente: basta produrre la stessa bevanda ma sinteticamente. Non è più

il liquido che bevono nel villaggio di montagna, ma il suo costo è notevolmente più basso mentre più lungo è il suo periodo di conservazione. E i consumatori si possono abbindolare facendo loro credere che si tratti dello stesso elisir miracoloso. Loro ci crederanno, poiché sono molto affamati e molto fiduciosi. Quando poi, più tardi, la

produzione si è già perfezionata, si innesca un processo di altro genere: la merce dev’essere tutta venduta, propinata ai consumatori con qualsiasi mezzo. Se noi la produciamo, voi la dovete comprare. E se voi non la volete comprare, vi convinceremo con trasporto. Un po’ come succede nell’esercito: se non puoi, te lo insegniamo noi, se non vuoi, ti costringiamo.

Come facciamo a insegnarvelo? Vi racconteremo, con l’aiuto di una pubblicità diffusa, con il coinvolgimento di autorevoli pareri di medici (che, in linea di principio, se ne fregano della salute della gente, giacché hanno bisogno di pazienti malati e non sani), che il tale prodotto è buono per la salute e indispensabile in generale, contenendo esso tutto il necessario eccetera

eccetera Come facciamo a costringervi? È molto semplice. Sugli scaffali non c’è niente altro, solo la nostra merce sintetica, special for you, per voi, esseri superiori, beh, sì, in fattoria che… perché noi vi amiamo molto e ci prendiamo cura di voi! E tutto ciò avviene non perché i produttori e i commercianti siano una categoria di cattivoni e malintenzionati.

In realtà è il sistema che li costringe ad agire così e non diversamente. E così come la rivoluzione divora i suoi figli, i figli del sistema si ritrovano nelle sue fauci. In qualità di esempio qui sarebbe il caso di ripetere ciò cui si accennava nel libro Il Transurfing apocrifo. Nel 1974 il governo degli Stati Uniti dichiarò che l’obiettivo di ridurre la

popolazione nei Paesi del Terzo Mondo si poneva come una questione di sicurezza nazionale. In che modo si prevedeva di attuare questa linea politica? Il segretario di stato Henry Kissinger, in un memorandum per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, consigliò senza mezzi termini, oltre al sistema di provocare delle guerre, l’uso di determinati prodotti alimentari in qualità

di strumento per ridurre la popolazione. All’inizio si occuparono dell’elaborazione di armi chimiche, ma poi capirono che sarebbe stato molto più conveniente seguire “una via pacifica”. La tecnologia transgenica è un’invenzione geniale del sistema. Prende subito due piccioni con una fava: è infatti al contempo sia un mezzo per ridurre la popolazione, sia un mezzo

per indebolire la sicurezza alimentare di singoli Paesi, perché i semi delle piante modificate non germogliano e di conseguenza la banca dei semi è sempre nelle mani delle corporazioni. È un metodo ideale di manipolazione. Così non serve neanche scatenare una guerra, basta rifiutare ai Paesi disobbedienti la tempestiva fornitura di sementi, in tal modo si può

fare con loro quello che si vuole. Molti Paesi sono già stati messi in ginocchio. Ma la cosa più interessante è che la politica del governo degli Stati Uniti, diretta contro i Paesi del Terzo Mondo, si è rivoltata con conseguenze impreviste per gli stessi Stati Uniti. Le corporazioni, nella loro corsa al profitto, hanno cominciato a produrre OGM

in quantità tale da non saper più dove smerciarli. Ma bisogna assolutamente smerciarli! E qui inizia ad agire la legge di cui si diceva: prima producono, poi costringono a comprare. E chi costringono? In primo luogo, i loro stessi cittadini. Ora il mondo intero è pieno di queste schifezze. Cibo per non-umani. L’epidemia diffusa di infertilità, obesità,

depressione e di altri malesseri e spaventose disfunzioni è una sciocchezza. La cosa principale è la corsa al profitto. Nei Paesi in cui il livello di consapevolezza è più elevato e dove le persone hanno rispetto per se stesse c’è almeno la possibilità di scelta. Vediamo, ad esempio, la Scandinavia: lì si trovano

prodotti sintetici ma anche biologici. E si danno informazioni con chiarezza su che tipo di prodotti si stanno acquistando al supermercato. In Russia, invece, non abbiamo il diritto di sapere se il prodotto contenga o meno OGM. Pensate un po’: l’assenza di questo diritto è stata legalizzata. Del resto, siamo in una fattoria. Non è forse così?

Non solo, quando il mondo è andato in crisi ed è rimasto poi impantanato in una profonda recessione, la corsa al profitto è diventata ancora più acuta. E ora questo si riflette molto bene sulla qualità della merce, di tutta la merce, non solo dei prodotti alimentari. In ogni articolo per la casa, a partire dalle vernici per finire alle lampadine, vengono aggiunti ingredienti chimici a basso

costo che rappresentano una minaccia diretta non solo per la salute ma financo per la vita. Per qualche ragione, di quest’aspetto della crisi nessuno parla chiaramente e apertamente. Ma è proprio quest’aspetto che si sta ora sviluppando in tempi accelerati. Può sembrare che nulla stia cambiando, ma non è vero. Se ieri avete acquistato un articolo di uso

quotidiano, oggi esso sarà molto diverso. La corsa è corsa. I produttori stessi, alla fine, dovranno consumare i loro stessi prodotti. La legge del “prima produciamo e poi costringiamo a comprare” si applica a tutti senza eccezione. A dirla in parole chiare significa: “Non sputare nel pozzo e non scavare le fosse agli altri”1.

Ma, ripeto ancora una volta, i produttori e i commercianti non sono un male astratto, incombente oltre ai confini della società civile. È gente come tutti, che ha famiglia, bambini, e che soffre degli stessi effetti della corsa al profitto. Tutto il problema sta nel sistema. Esso ti usa mentre tu credi di goderti i suoi frutti. I diversi modelli di sistema funzionano in modi

diversi. Quello socialista nega la libertà di scelta. Quello capitalista schiavizza. Quello tecnogeno funziona in modo assai interessante. Non opprime direttamente e non esercita una pressione diretta. Esso crea delle condizioni tali per cui i suoi elementi, i suoi ingranaggi, si affilano da soli a seconda delle esigenze del sistema e cominciano a desiderare quello che è vantaggioso per

esso. Tutto è costruito su rapporti di dipendenza. Qualsiasi cibo sintetico oscura la mente e provoca una forte tossicodipendenza. Il sistema non ha altri mezzi per influenzare la coscienza oltre al cibo, l’informazione e le condizioni ambientali. Per questo ne devo parlare, anche se, credetemi, non mi fa affatto piacere farlo. Molti dei miei colleghi scrittori

preferiscono ignorare questi temi, come se non fossero importanti. Ma se tutto questo non ha importanza, allora ci occuperemo di gestione della realtà nella stalla. Non posso assumermi una tale responsabilità, cioè offrirvi qualcosa di effimero e puramente metafisico. Il Transurfing si distingue per il fatto di utilizzare al

massimo un approccio realistico e globale (olistico). Avendone un’intenzione consapevole, si possono indossare degli occhiali rosa e si può colorare il proprio mondo di arancione. Ma volare su, verso le nuvole, no, non si può. Su in cielo devono volare “le mele”. Voi invece dovete camminare coi piedi per terra, diversamente l’intero Transurfing si tramuterebbe in un’illusione.

RIEPILOGO Le merci che ci circondano sono prodotte non tanto perché senza di esse non ci si potrebbe arrangiare, ma perché qualcuno le produce, qualcun altro le vende e tutti hanno bisogno di profitti. La produzione e il commercio hanno ottime capacità di mimetizzazione e si adeguano rapidamente alle nuove tendenze, “al tutto naturale”! Il periodo di validità di un prodotto può essere

direttamente paragonato al termine di reclusione: quanto più è lungo, tanto più è pericoloso “il prigioniero”. La corsa universale al profitto ci ha reso prigionieri, ostaggi degli interessi dei produttori e dei commercianti. Gli alimenti sintetici da supermercato sono cibo di quarta specie, produzione della classe più bassa, cibo di “matrix” per cyborg. Siamo in una fattoria, per questo motivo mangiamo quello che ci danno.

Nel sistema tecnogeno la merce prima viene prodotta e poi si costringe a comprarla. Dopo che la produzione viene perfezionata, comincia un processo di altro genere, finalizzato a smerciare tutto, a propinarlo ai consumatori con ogni metodo. Se noi lo produciamo, voi dovete comprarlo. L’epidemia diffusa di infertilità, obesità, depressione, di malattie e disfunzioni è una sciocchezza. La cosa

principale è la corsa al profitto. In ogni articolo di uso quotidiano, dalle vernici alle lampadine, vengono aggiunti ingredienti chimici a basso costo che rappresentano una minaccia diretta non solo per la salute ma addirittura per la vita stessa. Il sistema ti utilizza mentre ti sembra che sia tu a godere dei suoi frutti. Il sistema tecnogeno crea delle condizioni tali per cui i suoi elementi, i suoi ingranaggi, si auto-affilano a

seconda delle esigenze del sistema e cominciano a desiderare ciò che è vantaggioso per esso. Tutto è costruito su rapporti di dipendenza.

NOTE A MARGINE Nel prossimo capitolo verrete a sapere qualcosa che nessuno vi ha mai detto e che potrebbe sconvolgervi. Ma non siamo qui per scherzare o raccontare favole. Il Transurfing presuppone una

prontezza a vedere e a conoscere la realtà come essa è veramente, e non un invito a continuare a rimanere sprofondati in uno stato di sogno collettivo, di illusione. Allo stesso tempo, ancora una volta, vorrei mettere in guardia contro gli esperimenti estremi e il fanatismo in relazione al proprio corpo e allo stile di vita. Se volete cambiare qualcosa in voi, dovete farlo in modo intelligente, equilibrato e armonioso.

Guerra nella Terra di Mezzo

Nel capitolo precedente ci siamo fermati col dire che la “matrix” tecnogena imposta il suo sistema di gestione delle persone in base a rapporti di dipendenza.

Innanzitutto dal cibo. Al centro di tale dipendenza sta non un naturale fabbisogno fisico ma una fame narcotica. Perché il cibo di terza specie (cioè quello trattato con il fuoco, soprattutto se è cibo di origine animale) provoca intossicazione, e tutto ciò che provoca intossicazione genera tossicodipendenza. La sostanza morta è morta. Il cibo morto è già di per sé tossico ma lo diventa ancora

di più nel processo di digestione, perché la digestione di sostanza morta, in violazione alle leggi di Natura, è in gran parte un processo putrido (e ciò motiva, chiedo perdono per i dettagli, l’odore corrispondente quando si frequenta il bagno). La carne bollita o fritta è un narcotico in forma pura. Proprio per questo se ne ha

sempre voglia. Ci sono appassionati che senza carne non riescono a trascorrere nemmeno una giornata. Quando scocca l’ora, dicono: Se adesso non mangio qualcuno, ammazzo qualcun altro. Poi assumono la dose di turno, l’intossicazione per un po’ si arresta e possono tirare avanti. Per chiarezza, ricordo che cos’è l’intossicazione. Non si tratta tanto di un livello di

intasamento dell’organismo dovuto a sostanze e prodotti tossici del metabolismo, ma di quel preciso momento in cui le tossine iniziano a venire espulse. Il corpo umano, nel corso della sua vita, viene intasato in un crescendo continuo. È un processo che ricorda il seppellimento dei residui chimici in zone diverse dal consumo; allo stesso modo, infatti, gli organi emuntori

del nostro corpo, non riuscendo a far fronte al sovraccarico di lavoro per lo smaltimento dei rifiuti, devono innescare un piano di riserva. Secondo questo piano “B”, l’organismo incapsula e infila i rifiuti ovunque, badando bene, tuttavia, di tenerli lontani dagli organi criticamente più importanti. Ogni volta che riesce a liberarsi dalla fatica di digerire un pasto morto, il

nostro corpo comincia quindi a depurarsi. Quando ciò avviene, le tossine finiscono nel flusso sanguigno, fatto che però stimola automaticamente la reazione: bisogna prendere un’altra dose. L’uomo, ovviamente, lo fa, ed è così che il “piano B”, pur essendo di riserva, finisce per funzionare a regime continuato. A prima vista non vi è alcunché di terribile, gli scarti vengono

incapsulati (per un po’), e la vita può continuare (di nuovo, per un po’). Però è solo a prima vista: senza la dose di turno, infatti, vivere non si può. Ecco, questa stessa dipendenza è stata la ragione principale per cui l’uomo è salito sul gradino più alto della piramide alimentare e poi vi si è piazzato, in modo stabile e a lungo.

Sembrerebbe che la questione della sopravvivenza in condizioni di ambiente selvaggio e costante mancanza di cibo oggigiorno non sia più attuale. Oggi, infatti, abbiamo la possibilità di rinunciare tranquillamente ai prodotti di origine animale, ma nonostante ciò la dipendenza da carne non è venuta meno. Attualmente la maggior parte del raccolto

delle piante non è destinata all’uso diretto ma alla produzione di mangimi per ottenere proprio la carne. Persino nelle foreste tropicali, dove l’eterogeneità e la ricchezza del mondo vegetale sono costantemente presenti, i nativi non cessano di occuparsi di caccia e ciò perché se si prova, almeno una volta, la carne fritta, se ne avrà ancora voglia. La dipendenza, tra l’altro, forma

l’abitudine. E l’abitudine, a sua volta, crea uno stereotipo mentale (sociale), una spiegazione (collettiva) ragionevole del perché e a che fine serve fare così. Non solo, con l’invenzione delle tecnologie alimentari industriali l’uomo si è spinto a un livello ancor più forte di dipendenza, perché le sostanze chimiche e sintetiche provocano un forte

effetto di assuefazione, un attaccamento al mangiare. Ed è chiaro a chi è vantaggioso tale attaccamento. Se noi produciamo e vendiamo, tu devi comprare. Le componenti sintetiche vengono aggiunte ai prodotti intenzionalmente e in modo assolutamente consapevole. Gli esempi abbondano. Una volta ho avuto la possibilità di vedere, in uno stabilimento, la scena

seguente: sul nastro trasportatore si muoveva un pezzo di carne e dall’alto, su questo pezzo, si abbassava qualcosa di simile a una pressa, irta di una moltitudine di aghi-siringhe. Nella carne venivano iniettate delle sostanze chimiche, forse per darle volume, peso, colore e condizione, e ciò sebbene in essa fosse già presente una discreta quantità di sostanze

chimiche, antibiotici, ormoni e altre schifezze che vengono aggiunte al mangime, per non contare poi la cadaverina e i prodotti metabolici dell’animale in agonia. Come sapete, non c’è alcunché che non si possa intraprendere quando si è impegnati nella corsa al profitto. Non esistono né norme né princìpi che non si possano violare in questa corsa. La dipendenza è rafforzata

anche dalla circostanza che il cibo cotto, specialmente quello animale, sembra molto più nutriente di quello naturale, vivo. Ma lo sembra soltanto. Secondo la legge di Ehret, di cui ho già scritto nel libro Il Transurfing apocrifo, quando il cibo cotto entra nello stomaco, si arresta l’eliminazione delle tossine. L’effetto è simile a un colpo allo stomaco inferto da una mazza. L’organismo cade in

uno stato di semistordimento a causa del sovraccarico di lavoro. Questa stessa sensazione di congestione, unitamente al piacere derivante dall’arresto del processo di disintossicazione, viene di solito confusa con la sazietà. Ma ecco la domanda che si pone: il cibo animale è davvero più nutritivo di quello vegetale? Il dottor Walter Veith, noto

smascheratore del mito del latte, riporta il seguente esempio: una donna africana di colore, che durante tutta la sua vita non beve latte, secondo le statistiche riceve dalla sua alimentazione un apporto di 350 mg di calcio al giorno, mentre una donna americana consuma 1400 mg di calcio al giorno. In America le donne in gravidanza soffrono spesso di deficit di calcio

(osteoporosi), mentre nelle donne africane tale carenza è molto rara. I processi che avvengono nell’organismo non sono così semplici come la tabella del contenuto di calcio. Non si tratta di quanto calcio sia contenuto nel tale prodotto ma di quanto ognuno di noi ne possa assimilare. E ciò dipende da molti fattori. Il dottor Veith paragona questo processo al lavoro di un

costruttore. Supponiamo che un muratore sia in grado di posare solo 500 mattoni al giorno. Aumenteranno le sue prestazioni se avrà a disposizione un numero maggiore di mattoni? Anche se lo riempirete di mattoni, egli non potrà lavorare più velocemente. Il concetto tradizionale che pone l’attenzione unicamente sull’apporto calorico e il

valore nutrizionale dei prodotti è una chimera, perché non si tiene conto di un punto fondamentale: quanto ci vuole perché il prodotto venga assimilato. Anche il discorso del fabbisogno giornaliero di vitamine, minerali, micro e macro-elementi è piuttosto divertente. Se si raccogliessero tutti gli alimenti che si dovrebbero mangiare per compensare il

fabbisogno giornaliero, se ne accumulerebbe una montagna, che sarebbe fisicamente impossibile ingoiare nell’arco di un giorno. E ciò considerando che ogni prodotto contiene qualcosa di più o qualcosa di meno di queste sostanze e in generale di tutto un po’. Confrontare l’organismo umano con una caldaia di locomotiva è, come minimo,

non corretto. Il metabolismo non è chimica in vitro, in provetta, ma qualcosa di diverso che a tutt’oggi non è stato ancora capito. La scienza spiega i processi che avvengono nel nostro organismo con argomenti che corrispondono al livello di conoscenza che, per esempio, non può spiegare come mai i neonati guadagnino peso rapidamente e crescano quando sono alimentati con il

solo latte materno. Cosa pensate, qual è il contenuto di proteine nel latte materno? Solo l’1%! E come riescono a sopravvivere senza cibo “i mangiatori di sole”? Basarsi sulla scienza non conviene foss’anche per il solo fatto che essa non è in grado di guarire un’umanità già totalmente malata e sofferente di obesità. Vediamo, dunque, cosa abbiamo. Da un lato, gli

evidenti vantaggi degli alimenti vegetali vivi, dall’altro, uno stereotipo consolidatosi nei secoli e in base al quale il cibo animale è nutriente e quello cotto è più facilmente digeribile. È vero, infatti, che la pratica dimostra che non appena l’uomo passa a un regime alimentare a base di vegetali freschi e vivi cominciano i problemi:

indigestione, perdita improvvisa di peso, deterioramento della salute, nevrosi, esacerbazione di vecchie malattie e persino allergie diffuse in tutto il corpo. Come si può risolvere quest’annosa disputa tra i sostenitori del cibo vivo e quelli del cibo morto? La soluzione risiede non lì dove la si cerca ma in un piano completamente diverso. Il discorso non è

tanto se è più nutritivo e più facilmente assimilabile il cibo vivo o quello morto, quello vegetale o quello alimentare, ma piuttosto su quale gradino della piramide si trova un uomo e verso che specie di cibo è orientato il suo organismo. A diversi livelli della piramide, e per diverse specie di cibo, esistono tipi fondamentalmente diversi di

digestione. Inoltre, il tipo di digestione dipende in larga misura dalla microflora intestinale, ed essa, a seconda dei livelli della piramide, è differente. Non si possono trarre conclusioni in merito all’assimilazione dei cibo prima che si sia completato il passaggio da un livelo all’altro. Dopo tutto, nessuno si sognerebbe di cercare di alimentare una mucca con la carne o una tigre con

dell’erba e poi di trarre delle conclusioni. Tuttavia, nei confronti dell’uomo viene avanzato proprio questo tipo di conclusioni senza senso, e ciò perché non si capisce la differenza fondamentale tra cibo vivo e cibo morto, tra i diversi tipi di digestione a seconda dei livelli della piramide, tra la vita e la morte.

E come può una mente ordinaria capire che cos’è la vita se persino la scienza non arriva a capirlo? Quale che sia la definizione “scientifica” data alla vita, sono tutte ugualmente assurde. Ad esempio: «La vita è un modo di esistenza di corpi proteici». Pensate un po’: c’è in questa definizione foss’anche un goccio di comprensione e di significato? Allo stesso modo

si potrebbe dare un’analoga definizione “scientifica”: il sesso è un modo di copulazione di corpi proteici. Ha qui luogo una differenza di categoria nell’approccio scientifico ed esoterico alla comprensione dell’essenza delle cose. Ci sono cose che sarebbe opportuno non capire e spiegare ma sapere, non per mezzo della ragione bensì per il tramite dell’anima e

del cuore. La Natura non spiega nulla, mostra solo ciò che è naturale e ciò che è contro natura, indica dove c’è il cuore e dove non ce n’è neppure l’ombra. La Natura sa che la sostanza viva deve nutrirsi di sostanza viva. Date ai vivi la vita, e lasciate tutto il morto ai morti. Non ha senso intavolare dibattiti scientifici con la Natura.

C’è tuttavia un modo che permette di avvicinarsi almeno un po’ alla comprensione dell’essenza delle cose: chiamare le cose con il loro nome. Più avanti, molto brevemente per non mettere alla prova la vostra pazienza, mi occuperò, cari lettori, proprio di questo. Si può a lungo difendere e giustificare un tipo o l’altro di alimentazione. Vi è una

serie di cosiddetti tipi “giusti” di regimi: la dieta dei gruppi sanguigni, quella secondo il tipo di costituzione, il vegetarismo, il veganismo, l’alimentazione kosher, ayurvedica, la macrobiotica… Tutti questi approcci hanno un aspetto in comune: tutti, in sostanza, non sono altro che necrobiosi. La necrobiosi (dal greco

nekrós, morto, e bíos, vita, immagine di vita), per definizione, è un processo di alterazioni della cellula in uno stato che precede la sua morte. Tutta la vita di un uomo che si ciba di alimenti morti è una continua anticamera di morte, una preparazione alla morte, un’aspirazione a una morte precoce. La necrobiosi è anche un

tipo speciale di digestione e di metabolismo cui il corpo è costretto ad adattarsi quando viene alimentato da cibo morto. Questi processi inducono la formazione di un particolare tipo di microrganismi in grado di assorbire il cibo morto, la necroflora. Al contrario, quando nel corpo viene esclusivamente o principalmente introdotto solo cibo vivo, in esso si

instaurano processi di digestione e di metabolismo fondamentalmente diversi, la vitabiosi (probiosi). E anche la microflora è un’altra, è vitaflora. La vitaflora si differenzia dalla necroflora più o meno come gli elfi e le fate si differenziano dai goblin e dagli orchi: da un lato, creature magiche e pure che vivono in un paese magico e

puro; dall’altro, esseri spaventosi, mutanti, sporcizia, parassiti, fetore, marcescenza, divoramento di cadaveri. Allo stesso modo si differenziano i pannolini dei neonati nutriti dal latte materno da quelli dei bambini alimentati da latte artificiale. Dei soggetti adulti, taccio. Non dobbiamo illuderci per il fatto che da fuori sembra tutto normale e a

volte persino bello. Si può anche occultare la sostanza interna, ma essa comunque rimarrà e non cambierà. Necrobiosi significa: sostanza morta in entrata, sostanza morta e sporca all’interno, sostanza morta e sporca in uscita. Vitabiosi (probiosi) significa: sostanza viva in entrata, sostanza viva e pulita all’interno, sostanza viva e

pulita in uscita. Questo è lo stato reale delle cose. Sono fatti che non richiedono spiegazioni. In realtà c’è un unico fatto che richiede spiegazioni e cioè perché il passaggio a un regime alimentare a base di cibi vivi e freschi viene accompagnato da fenomeni di crisi (che sono comunque temporanei). A questo proposito va detto che

quando il cibo fresco entra in un ambiente sporco, putrido, coperto di necroflora, inizia immediatamente un processo di pulizia. La necroflora, da parte sua, non può assimilare il cibo vivo. I goblin e gli orchi sono abituati ad alimenti di tipo completamente diverso. Che cosa serve, allora, affinché il cibo vivo cominci a essere completamente assimilato e a portare quei

benefici che deve portare? Serve ripulire tutto l’ambiente interno, cacciar via dall’organismo tutti gli alieni, gli intrusi e le schifezze in modo da far sì che al posto della necroflora si instauri una flora nuova, vitale, la vitaflora. È una pulizia che non si può fare immediatamente. Una tale ristrutturazione assomiglia alla lunga guerra nella Terra di Mezzo di cui si parla nella

t r i l o g i a Il Signore degli Anelli. I goblin e gli orchi non se ne andranno via così semplicemente. La transizione può durare un tempo indefinitamente lungo, a seconda dello stato di salute e di intasamento dell’organismo. Ci sono casi in cui tutto avviene in tempi rapidi e in modo indolore. L’importante è capire la sostanza del discorso: si tratta davvero di una

ristrutturazione seria, di un’autentica guerra nella Terra di Mezzo, accompagnata da un cambio di potere nel regno con tutti gli annessi e i connessi. Il passaggio a un nuovo gradino della piramide alimentare avverrà quando nella digestione cesseranno tutti i processi necrobiotici e si instaurerà un metabolismo vivo, la vitabiosi (probiosi). Sarà allora che

nell’organismo comincerà un’autentica vita. Una vita nuova. A sostituire gli orchi e i goblin nella microflora arriveranno gli elfi e le fate e vi sentirete come se vi foste trasformati in elfi o fate. E dentro di voi ospiterete non tetri e marci sotterranei ma un paese pulito e magico. Sulla base della mia esperienza personale posso dire che si tratta di una

sensazione strana, meravigliosa e dimenticata nel tempo: hai 50 anni e ti senti come se ne avessi 17. RIEPILOGO Il cibo morto diventa ancora più tossico nel processo di digestione, perché l’assimilazione di sostanza morta è in gran parte un processo di putrefazione. Le componenti sintetiche vengono aggiunte nei

prodotti intenzionalmente per assuefare i consumatori al cibo. Secondo la legge di Ehret, quando il cibo cotto entra nello stomaco, si arresta l’eliminazione delle tossine. La sensazione di congestione, unitamente al piacere dovuto all’arresto del processo di disintossicazione, viene di solito confusa con la sazietà. Confrontare il corpo umano con una caldaia di locomotiva è come minimo non corretto.

Ai livelli diversi della piramide, e per diversi tipi di cibo, si instaurano tipi fondamentalmente differenti di digestione. La necrobiosi è un tipo speciale di digestione e di metabolismo cui il corpo è costretto ad adattarsi quando è alimentato con cibo morto. In presenza di questo tipo di digestione si forma un particolare tipo di microflora in grado di assorbire il cibo morto: la necroflora. Quando nel corpo viene esclusivamente o

principalmente introdotto del cibo vivo, in esso si instaurano dei processi di digestione e di metabolismo fondamentalmente diversi, la vitabiosi (probiosi) e la vitaflora. Quando il cibo vivo finisce in un ambiente sporco, rivestito di necroflora, inizia immediatamente a pulire tutto. Il passaggio a un nuovo livello della piramide alimentare avverrà quando nella digestione cesseranno tutti i processi necrobiotici e si instaurerà un

metabolismo vivo, la vitabiosi (probiosi).

NOTE A MARGINE Ma non siamo ancora giunti alla fine, anzi... questo era solo il preludio al tema più importante, che presto verrete a conoscere.

L’equazione della Vita

Nel capitolo precedente ci siamo fermati dicendo che il passaggio a un nuovo livello della piramide alimentare avviene quando nella digestione cessano tutti i

processi necrobiotici e si instaura la vitabiosi, un metabolismo di sostanze vive. È allora che per l’organismo inizia una vita autentica. Una vita nuova. È una vita nuova perché aumentano notevolmente la vostra vitalità, la vostra intenzione, la Forza e di conseguenza la capacità di influenzare il corso degli eventi. Per capire da dove tragga origine questa Forza, rinfreschiamo

un’equazione geniale, per quanto a lungo dimenticata, l’equazione che il dottor Arnold Ehret rilevò ancora all’inizio del secolo scorso: L = C-R dove L è la forza vitale C è un valore sconosciuto, l’incognita R è il carico, i costi.

L’incognita qui è l’energia che muove il meccanismo umano. Si tratta davvero di un valore sconosciuto giacché nessuno sa da dove un organismo vivente tragga la sua energia. La vita non è un insieme di sostanze c h i m i c h e in vitro, che possono essere calcolate. Il modello fisico-chimico (noto anche come “caldaia di locomotiva”) è solo una delle tante spiegazioni primitive

date a questo meccanismo ed è solo un aspetto, nemmeno il più importante. Gli altri aspetti si trovano nel regno delle congetture. Oltre a tutto ciò, l’uomo, come ogni essere vivente, risulta essere anche un consumatore e al tempo stesso un generatore di energia cosmica. In questo senso possiamo dire che C è, al contempo, la forza fisica, l’energia Qi e la forza dello spirito.

R è il lavoro speso principalmente per la digestione del cibo morto e la rimozione dei prodotti del metabolismo. L’organismo, la cui funzionalità intera si basa sulla necrobiosi, in sostanza si occupa solo di questo. Non ha tempo di occuparsi di autodepurazione, ripristino e sviluppo. Il processo di necrobiosi, a differenza di quello probiotico, si svolge

in tempi lenti, è sporco, viscoso e richiede un grande dispendio di energia. R è una congestione, un fardello che il corpo deve sopportare per tutta la sua esistenza e che nel corso degli anni aumenta costantemente poiché la riserva di risorse si riduce e il peso dei prodotti non eliminati si accumula… Malgrado l’apparente semplicità, l’equazione di Ehret è di fondamentale

importanza. Non è meno preziosa della famosa formula di Einstein E = mc2, essendo, in sostanza, l’equazione della vita. E a n c h e l’equazione della morte. Se R diventa maggiore o uguale a C, la vita cessa. L’analogo tecnico di quest’equazione è: la potenza reale (il coefficiente di effetto utile/coefficiente di prestazione) di una vettura è

pari alla potenza del suo motore meno tutte le spese e le forze di resistenza. Quando la forza di resistenza supera la potenza della vettura, questa si arresta. Il senso principale dell’equazione di Ehret consiste in quanto segue: quali che siano gli elementi che compongono l’energia C, la forza vitale L, alla fin fine, dipende direttamente e

principalmente dalle spese R. Sono proprio le spese a meritare l’attenzione principale, perché ridurre R è molto più semplice che aumentare C. Di solito si usa aumentare il valore della capacità energetica e della capacità di distribuzione dell’organismo, ovvero la cosiddetta energia Qi, attraverso pratiche complesse e faticose. Queste pratiche sono finalizzate

esclusivamente all’incremento di C. Tuttavia, come risulta dall’equazione di Ehret, il potenziale energetico può essere aumentato in un modo molto diverso e più facile. Basta liberare il corpo dal sovraccarico di lavoro cui è sottoposto, eliminare tutti i processi necrobiotici e passare a un tipo di metabolismo più ottimale e meno dispendioso, la

vitabiosi (probiosi). È come passare dalla locomotiva alla Formula 1… L’alimentazione a base di prodotti di basso ordine e potenziale porta a svogliatezza, ottusità, stanchezza cronica, obesità, riduzione del tono vitale e offuscamento della coscienza. Si tratta di sintomi evidenti già in gioventù, per quanto in questa fase della

vita la situazione non sia ancora critica. Verso la mezza età questo tipo di alimentazione causa disfunzioni del sistema nervoso simpatico, degli organi di circolazione del sangue, dei reni, della pelle, dei sistemi respiratorio e digerente. Più avanti nel tempo cominciano i processi patologici. Il cibo vivo, per contro,

non solo non sovraccarica l’organismo, ma lo purifica, stabilizza il sistema nervoso, rende chiara la coscienza e, cosa ancor più interessante, gli ridona la capacità di rigenerarsi. Una capacità che l’organismo ha davvero! Avrete già sentito dire che il cervello umano, secondo fonti diverse, è attivo solo in una piccola percentuale. Pochi però sanno che in un organismo medio funzionano

attivamente non più del 20% (!) di tutte le sue cellule. Le altre permangono in uno stato come di “semi-veglia” a causa dell’ipoenergia (assenza dell’energia necessaria nelle cellule). Ma quando l’organismo, durante la transizione verso un nuovo gradino della piramide, si libera del peso R, il suo potenziale energetico aumenta

bruscamente e le sue cellule si attivano. In questo caso è possibile ripristinare molte delle funzioni e dei processi che al livello precedente della piramide venivano giustamente considerati irreversibili. Al nuovo livello molto è reversibile. Ecco come descrive le sue impressioni Arnold Ehret dopo aver fatto la sua scoperta:

«Un senso indescrivibile e finora sconosciuto di salute eccellente, energia vitale, capacità di prestazioni superiori, resistenza e forza sopraggiunse, apportandomi un’enorme gioia e felicità già solo per il fatto che io fossi in vita. Non si trattava solo di una sensazione fisica. Dei cambiamenti

significativi si erano prodotti nelle mie capacità mentali, e ciò si tradusse in un miglioramento della percezione e della memoria. Comparvero in me la speranza, la quiete e persino il coraggio, e mi sentivo invaso da una sorta di illuminazione spirituale, come la luce al sorgere del sole. Tutte le mie

capacità fisiche d’un tratto aumentarono bruscamente, superando di gran lunga quelle che possedevo negli anni della mia giovinezza sana e piena di energia. Affrontai facilmente un viaggio in bicicletta di 800 miglia da Algeri a Tunisi. E pensare che ero un candidato alla morte, condannato e rifiutato dai medici». E

più avanti: «Il vostro cervello inizierà a lavorare così da sorprendervi. La vostra vita precedente vi sembrerà un sogno, e per la prima volta la vostra coscienza si eleverà al livello di un’autentica autocoscienza». [Traduzione in italiano dal testo in russo; N.d.T.].

Io stesso, in base alla mia esperienza, posso mettere la mia firma sotto ogni parola. Mi dispiace solo di avere a disposizione solo parole, incapaci di rendere l’intera tavolozza delle mie sensazioni. E mi dispiace che non tutti capiscano perché parlo di stranezze come il passaggio a un diverso livello della piramide e introduco concetti orribili come necrobiosi o uso allegorie

astratte come “Guerra nella Terra di Mezzo”… Tutto ciò appare effettivamente molto strano. Troppo lontano dalla cerchia delle questioni relative all’esoterismo cui tutti sono abituati. Il motivo per cui mi occupo di questo tema sta nel fatto che i nuovi princìpi del Transurfing, princìpi molto strani, recano in sè una Forza enorme che non immaginate nemmeno.

E lo stile di esposizione non è stato scelto per caso, perché scardinare gli stereotipi mentali pietrificati nel tempo è assai difficile. Per un numero non basso di persone, tra l’altro, questi stereotipi non si possono nemmeno scardinare. È molto difficile far capire ai dormienti che non si tatta di sana alimentazione ma di cose nuove in linea di

principio, seppur giacenti in superficie. I dormienti, pieni di sé, insistono sul loro: “E dov’è qui il Transurfing? Non lo vedo proprio. Vedo solo alimentazione sana. E che cosa mi dà questo?”. Dà un’impareggiabile sensazione di libertà, chiarezza della mente, folle energia ed euforia letteralmente giovanile. Vi ricordate la risposta all’enigma del Guardiano?

Otterrete la libertà quando cesserete la vostra battaglia. Ma questo è solo l’aspetto iniziale del Transurfing, è solo il primo passo, il primo grado di libertà. Otterrete nuovi gradi di libertà quando vi svincolerete dagli ultimi fili con cui vi tiene e vi manovra il sistema. Gli ultimi fili della marionetta sono il cibo, le informazioni e le condizioni ambientali. Quando vi renderete conto

della realtà di questi fili e li spezzerete, otterrete una libertà che non avete mai nemmeno avuto il coraggio di sognare. Tutto ciò di cui scrivo sono i miei tentativi di dimostrare e spiegare in qualche modo che i fili che vi collegano al sistema sono reali. Solo voi li potete sentire; li sentirete solo quando proverete a liberarvi da essi. Come dicevo prima,

nonostante i miei 50 anni, mi sento come se ne avessi 17, e a dire il vero non è nemmeno così, è molto meglio. Perché ora il valore della mia componente R è irrisorio rispetto alla congestione che avevo a 17 anni. Un tale effetto non si può raggiungere con l’aiuto della sola visualizzazione e proprio per questo occorre utilizzare un metodo integrale: come pensiamo, come ci nutriamo,

come ci muoviamo. Mi sento così carico da non saper dove investire la mia energia. Sembra il momento adatto per fare parcour, free-style o altre attività estreme, buone per scavezzarsi il collo. È un vero e proprio sballo, ma senza pasticche, e per di più proprio in questo momento, quando il sole della vita di solito comincia a declinare, a volgere verso il tramonto. La

sensazione che ho è quella di aver scardinato non solo il sistema ma qualcos’altro ancora, di molto più serio. Non riesco al momento a formulare pienamente questa sensazione, ma forse la cosa più interessante è ancora di là da venire. Perciò, quando qualcuno mi viene a dire che tutto quello di cui scrivo negli ultimi tempi è una

sciocchezza, mi sento invaso da un sentimento di profondo stupore. Ma in che altro modo posso spiegare, come ancora posso mostrare l’esistenza dei fili che vi legano?! E, di nuovo, mi dispiace che chi parla non può sentire e forse non sentirà mai tutto questo sballo di libertà e di folle energia. Però mi arrivano anche riscontri diversi, da persone

che hanno provato il gusto del passaggio a un nuovo gradino della piramide e hanno sperimentato le stesse sensazioni che ho avuto io. Prego, inviatemi lettere con le vostre esperienze affinché tutti gli altri sappiano che esiste una via di uscita verso una dimensione della realtà e della qualità di vita assolutamente diversa. Se

avete

un

sogno

segreto, se il vostro fine è difficile da raggiungere, se in molti vogliono quello che volete anche voi, se vi tocca stare in una lunga fila, in attesa di ottenere il vostro sogno, se non avete spiccate capacità e talenti… dovete sapere che avete una chance particolare, unica.

L a chance di ottenere una priorità che gli altri non hanno. L a chance di scardinare la “matrix” e uscire in libertà. Dovete almeno sapere che questo è possibile. RIEPILOGO Passando a un gradino nuovo della piramide, aumenteranno bruscamente

il vostro tono vitale, la vostra intenzione, la Forza e, insieme a tutto ciò, anche la capacità di influenzare il corso degli eventi. L’equazione di Ehret: L (forza vitale) = C (energia viva) – R (carico). L’uomo è un consumatore e al tempo stesso un generatore di energia cosmica. C al contempo è forza fisica, energia Qi e forza dello spirito. R è il lavoro speso soprattutto per la digestione

del cibo morto e l’eliminazione dei prodotti del metabolismo. L’organismo, la cui funzionalità è basata interamente sulla necrobiosi, si occupa esclusivamente di questo. Ridurre R è molto più semplice che aumentare C. Il tipo di metabolismo ottimale e meno dispendioso in assoluto è la vitabiosi (probiosi). Il modo più semplice per aumentare il potenziale energetico è alleggerire

l’organismo dal sovraccarico di lavoro che è costretto a fare, eliminare tutti i processi necrobiotici che avvengono in esso. Un’alimentazione a base di prodotti di ordine e potenziale basso provoca svogliatezza, ottusità, stanchezza cronica, obesità, calo del tono vitale generale e offuscamento della coscienza. Il cibo vivo non solo non sovraccarica l’organismo, ma lo depura. Inoltre, stabilizza il sistema nervoso, rende chiara la

coscienza e ripristina le capacità di rigenerazione. Gli ultimi fili della marionetta sono il cibo, l’informazione e le condizioni ambientali. Quando riconoscerete l’esistenza di questi fili e li spezzerete, otterrete quella libertà che non avete mai avuto il coraggio di sognare.

NOTE A MARGINE Presso l’editore EKSMO è uscito il libro del dottor Arnold Ehret Živoe pitanie (L’alimentazione viva).

«Arnold Ehret ha lasciato all’umanità una grande eredità, probabilmente la più importante mai ricevuta dagli uomini nell’ultimo millennio. La teoria di Ehret porta ai suoi sostenitori salute, felicità e risveglio spirituale, un tesoro più prezioso di tutte le ricchezze del mondo» (Professor B.W. Child). Il libro contiene la mia prefazione.

Lettere dalla Terra di Mezzo

Cari Lettori! Ricevo da voi molte lettere contenenti le vostre esperienze personali di passaggio al nuovo gradino della piramide. Non posso pubblicarle tutte, perché

sarebbero troppe, ragion per cui ne ho scelto alcune a illustrare il fatto che ognuno sperimenta un proprio percorso individuale. Prima di tutto bisogna ascoltare il proprio cuore e avanzare per la propria strada, così come sentite sia giusto fare. L’unica cosa che si dovrà inequivocabilmente evitare è il fanatismo, qualsiasi ne siano le manifestazioni. Se opererete con gradualità,

nell’armonia di anima e ragione, vi riuscirà tutto. E vi riuscirà come dev’essere per ciascuno di voi, perché ogni persona è unica. «La mia esperienza è la seguente: 25 anni di alimentazione tradizionale (che anche in base agli standard tradizionali è considerata molto dannosa), con chiari sintomi di alcolismo, e poi due anni e

mezzo di progressiva transizione verso un’alimentazione a base di cibi vivi. 1. Come sono passato al cibo vivo. Ci sono passato gradualmente, seguendo la mia intuizione e la mia volontà. Grazie a ciò non ho avuto quasi alcun fastidio. Io e mia moglie abbiamo fatto tutto

insieme, quindi la mia esperienza può essere moltiplicata per due. All’inizio ho rinunciato alle sigarette e all’alcol, quindi alla carne, poi al pesce, poi alle uova, poi al pane, poi sono diventato un vegano e poi sono passato al cibo vivo, aumentando, parallelamente, la quantità di cibi crudi nella mia dieta

giornaliera e allo stesso tempo rifiutando conserve alimentari, zucchero e tutti gli altri prodotti dannosi. Tutto ciò si è svolto nell’arco di due anni e mezzo. Sono sicuro che se fossi passato immediatamente al cibo vivo, o non ce l’avrei fatta, o avrei sperimentato periodi

molto duri, sia fisiologicamente che psicologicamente. Chi va piano… 2. Cosa mi ha dato questo passaggio a un’alimentazione a base di cibi vivi. Non mi ha reso “una trottola a orologeria”, come succede con quelli che la “matrix” “punge in quel posto”, ispirando

loro la convinzione che più si agitano, più successo avranno. Questa è la tipica rappresentazione dell’asino e della carota. Ci sono persone inclini all’iperattività e all’affaccendamento. Sono queste persone che abboccano all’amo della “matrix”. Lo dico per esperienza personale: anch’io sono

episodicamente cascato in vortici di questo tipo. Il passaggio al cibo vivente fornisce energia di un altro tipo: un’energia tranquilla, moderata, misurata, sicura. La definirei “una sana energia”. L’energia sana si ha quando una persona fa tranquillamente quello che le serve, senza sovraffaticamento, senza

crisi, senza sbalzi di umore, valutando chiaramente le proprie forze e arrivando a portare ogni attività a conclusione. Ho sperimentato questo tipo di energia ancor prima di passare a un’alimentazione viva. Ho improvvisamente cominciato a muovermi in quei contesti dove prima mi fermavo e

giravo a vuoto sul posto. Affari che avevo “in sospeso” hanno cominciato a progredire, mentre al contempo rinunciavo a impegni e obblighi che in precedenza mi ero accollato. Sono cominciate a venirmi in mente non idee deliranti e folli, ma idee pertinenti, “di lavoro”, quelle che non si estinguono ma che

finiscono per dare risultati reali. È molto difficile disporre di questo tipo di sana energia quando ci si nutre in modo tradizionale. Di solito l’uomo si muove per la vita passando “dalla padella alla brace”. Spesso la gente si rende conto dei motivi che stanno a monte delle cose, ma non ha le forze per cambiare

la situazione. Ora capisco che l’alimentazione gioca qui un ruolo primario. Anche se qui non si tratta solo di alimentazione, ma di “consumo”. Per esempio, una persona che consuma ogni giorno le notizie della televisione o di internet non può muoversi per la vita senza avere paura, non può valutare con lucidità le sue capacità. Questo

l’ho visto su di me. Il cibo, i libri, i film, la musica, le merci, tutto quello che entra in noi dev’essere filtrato, in un modo o nell’altro. E il cibo qui è sicuramente al primo posto. 3. Cosa non mi ha dato l’alimentazione a base di cibi vivi. I pendoli amano mostrare all’umanità il cosiddetto

approccio ispirativo verso tutto. Nei film di Hollywood si vede il protagonista, prostrato e malinconico, che a un certo punto ha un’illuminazione e si precipita, ispirato, a compiere qualcosa… Ci hanno conficcato in testa q u e s t o chip dell’ispirazione e noi ce lo portiamo in giro. Per la gioia del pendolo. Il

passaggio a un’alimentazione biologica, a differenza degli “specchietti” della “matrix”, non produce un effetto “wow!”, quanto meno in caso di passaggio morbido. Si instaura semplicemente una gioia tranquilla, un senso di sicurezza praticamente in assenza di paure. La vita diventa di giorno in giorno

migliore e più stabile. I problemi spariscono, finendo da qualche parte. Il movimento verso il fine cessa di essere una lotta. Compaiono i risultati, i successi, ma avviene tutto in modo tranquillo, senza euforia. Così tranquillamente e naturalmente che quasi non te ne accorgi. Quindi, almeno nel mio caso, l’alimentazione

viva non mi ha procurato entusiasmi, euforia ed estasi, non mi ha reso una trottola a orologeria, capace di lavorare senza tregua. Non mi trovo a vivere in uno stato di “eterna positività”. Credo di aver ricevuto qualcosa di più, qualcosa che non può essere descritto e nemmeno dimostrato. Una cosa da provare assolutamente.

4. I miei consigli. Le case farmaceutiche elaborano medicine per ogni tipo di malattia, complessi vitaminici che dovrebbero migliorare leggermente la salute delle persone, antibiotici e così via, investendo miliardi di dollari e miriadi di altre risorse. Invece Victoria Butenko, un giorno, ha frullato in un miscelatore acqua,

frutta dolce e verdure a foglia verde. Il risultato è stato l’invenzione più importante (a mio parere) del XXI secolo, il frullato verde (green smoothie), un autentico elisir di salute e giovinezza. La mia vita (compresa quella della mia famiglia) ha acquisito una qualità completamente diversa. È meravigliosa!

Amo questa vita!». «Tutto è iniziato alcuni anni fa, quando ascoltai per la prima volta Transurfing real’nosti [Il Transurfing della realtà; si intendono i 5 libri che compongono il ci cl o; N.d.T.]. Fino a quel momento mi si erano realizzate tante intenzioni e sapevo che “questo” funziona. Onestamente, però, non riuscivo a capire il

contenuto del libro. Avevo provato in un modo e nell’altro, ma non mi riusciva niente. Passò circa un anno. Da una persona sentii dire che il consumo di alcol influisce sul livello di consapevolezza. Perciò decisi di provare: rinunciai completamente all’alcol. Non bevevo nemmeno alle feste. Dopo pochi mesi ebbi come un’illuminazione. Cominciai

finalmente a capire di che cosa trattavano i libri del Transurfing. Cominciai non solo ad ascoltare, ma anche a sentire. Quando arrivai a l e g g e r e Apokrifičeskij Transurfing [ed. it. Il Transurfing vivo; N.d.T.], ero fermamente determinato a verificare su di me l’effetto degli alimenti vivi. Nel libro l’autore più di una volta menziona

l’importanza del passaggio graduale, ma io avevo così tanta voglia di sperimentare gli effetti del cibo vivo che passai bruscamente a questo tipo di regime. Smisi di bere tè e caffè. Bevevo solo acqua viva. I risultati non si fecero attendere. Prima della transizione a questo tipo di regime alimentare il mio potenziale energetico era basso. La sera, dopo cena, gli

occhi mi si chiudevano immediatamente e mi addormentavo. Il mio peso era di 85 kg per 174 cm di altezza. Cominciai a perdere peso molto rapidamente. In tre mesi calai di circa 15 kg e continuavo a perdere peso. Le mie sensazioni erano eccellenti, avevo voglia di volare. L’energia era diventata più che sufficiente. Di notte mi bastavano 4-5 ore di sonno per riposare.

Cominciai a fare ginnastica e a camminare e, nonostante ciò, l’energia era troppa e non sapevo dove investirla. Tutti i miei familiari e i miei amici cominciarono a preoccuparsi molto della mia rapida perdita di peso. Al lavoro era impossibile mangiare con i colleghi. Mi guardavano sempre nel piatto e facevano i loro commenti. Mia moglie e mia suocera smisero di sentirsi

necessarie, poiché non avevano nulla da cucinare e loro a far da mangiare erano già abituate. Mi svegliavo alle 5:00 e non sapevo di cosa occuparmi. Sentivo che avevo dormito a sufficienza. Col tempo avevo acquisito una visione sorprendente delle situazioni, mi venivano in mente idee e pensieri geniali. Al lavoro potevo risolvere facilmente ogni tipo di problema, riuscivo a

vedere le difficoltà dal di fuori e a risolverle con semplicità. A un certo punto, dopo aver raggiunto un peso di 65 kg, decisi di fermarmi. Mi ero reso conto che nella mia situazione non dovevo permettere dei cambiamenti bruschi, che avrebbero potuto comportare altri cambiamenti per i quali non ero ancora pronto. Questo valeva anche per il lavoro.

Non ero pronto a cambiarlo, era un lavoro che mi piaceva. Per questo tornai all’alimentazione di prima. Ripresi anche a mangiare carne. Presi quindi la decisione di tornare all’alimentazione viva, ma lentamente, nell’arco di tre anni. Ora ho 27 anni e per i miei 30 ho intenzione di concludere la mia transizione a un regime di cibi vivi. Sono passati circa sei mesi dal

momento in cui ho iniziato il mio passaggio graduale e lento. Questa lentezza consiste nel privilegiare frutta fresca e insalate nella mia dieta giornaliera. Continuo a non bere caffè né tè, ma a volte, alle feste, mi concedo un po’ di alcool. L’energia che ho mi è sufficiente, mi basta per essere consapevole e affrontare le mie azioni e le mie incombenze quotidiane.

Di solito mi sveglio prima della sveglia, ma non così presto come succedeva ai tempi dell’alimentazione esclusivamente a base di cibi vivi. Di recente ho scoperto un fatto curioso: ho smesso di sentire il gusto della carne. La carne è diventata assolutamente insapore al mio palato e non riesco più ad apprezzare quei piatti di carne che una volta amavo.

Preferisco mangiare un’insalata di verdure fresche che non dei peperoni farciti di carne. Insomma, consiglio a tutti una transizione graduale e morbida. Col tempo avrete molta più energia e dovrete pensare anche a come investirla. I cambiamenti graduali, inoltre, non sconvolgeranno i vostri familiari. A proposito: il mio

peso si è ora fermato al livello di 70 kg. E ne sono pienamente soddisfatto». «Ho cercato di inserire il cibo vivo nel mio menù giornaliero gradualmente, utilizzando un approccio di sostituzione a tappe dei prodotti, come consiglia lei, però mi sono resa conto che volevo affrettare i tempi e fare a modo mio, senza tanti sistemi. Così, a partire dal 2

gennaio, dopo aver finito di mangiare tutte le insalate preparate per le feste di Capodanno, ho deciso di smettere di mangiare cibi trattati termicamente. Avevo smesso di bere alcool e di fumare circa un mese prima. Ora ogni tanto ho delle crisi, ma ho deciso di permettermele, di non farmi violenza, così, se proprio ne ho voglia, mangio certe cose senza poi soffrire di rimorsi

di coscienza. Questo è il mio modo di sperimentare la transizione. E le crisi diventano sempre di meno. Più difficile è stato smettere di fumare, perché mi sentivo sempre “tirata per il gancio”. La cosa più semplice è stato smettere di bere alcolici. Non ne ho assolutamente voglia e non me ne viene neanche se sono in compagnia di bevitori. Mi diverto come tutti gli altri, ma senza alcol.

Dire che ho cominciato a sentirmi meglio sarebbe minimizzare. Ho la sensazione che finalmente la mia anima sia svincolata da catene pesanti e sia salita verso il cielo. Ho cominciato a sentirmi leggera e libera, invasa da energia. E questo è solo l’inizio! Non sono ancora abituata a tutto e continuo a sorprendermi, anche se mi rendo conto che non lo dovrei fare, dato che

lei in ogni sua newsletter parla di questo. D’altra parte, una cosa è leggere, e tutt’altra è sperimentare in prima persona». «Sono felice per il fatto che sette mesi fa tutta la nostra famiglia è passata a seguire il percorso di alimentazione viva. È successo all’improvviso e tutto in una volta. All’inizio

dell’estate mi ero appassionata ai libri sul Transurfing, e dopo questa lettura avevo guardato un po’ di traverso “l’apocrifo”. Da un lato, mi fidavo pienamente dell’autore e concordavo con i pensieri espressi nei suoi primi libri, dall’altro, trattavo con grande ironia le persone con simili eccentricità nel cibo e, pur non orientandomi nel tema, ritenevo che gente così

avesse tempo da perdere. Esitai a lungo ma alla fine la mia curiosità ebbe il sopravvento e decisi di comprare il libro online. Forse l’avevo fatto per avere gli argomenti per criticare una volta per tutte questo sistema e non ritornarci più sopra. Dopo aver ricevuto il pacco con i libri che avevo ordinato, mi occupai subito

d e l Transurfing apocrifo, perché non mi dava pace. Potevo allora sapere come sarebbe radicalmente cambiata, dall’oggi al domani, la mia visione del mondo? Il contenuto e la teoria dell’alimentazione viva mi sconvolsero… Avevo la sensazione che, finalmente, tutti i pezzi tornavano al loro posto e il puzzle si era sistemato. A quel tempo stavo

tentando, invano, di sbarazzarmi di un carico consistente di chili superflui. Avevo l’aspetto di una tipica florida bellezza russa, sullo stile di Kustodiev1 e un peso di un centinaio di chilogrammi. Al contempo ero anche sempre più assiduamente presa dal desiderio di allungare la mia giovinezza e migliorare la salute. Dopo la lettura del

libro comparve in me un forte desiderio di cominciare da subito a mangiare un vero cibo vivo. Parlai con mio marito che mi appoggiò totalmente, cosa che di rado avveniva. Con mio figlio fu più dura… Aveva 12 anni, e in quel momento, con un’altezza di 164 centimetri, pesava 87 kg. I costanti tentativi di perdere peso lo esaurivano senza portargli alcun risultato.

Ogni dieta e restrizione gli causavano debolezza e vertigini e abbassavano il suo tono emotivo, già scarso di per sé, mentre l’attività fisica gli riusciva male e la faceva di controvoglia. Credo che coloro che hanno un problema simile mi possano capire. Mio figlio amava mangiare tanto e bene (come noi), perciò non accolse con piacere la nostra idea. A forza di promesse e

persuasioni lo convincemmo tuttavia a provare e resistere per una sola settimana, per il bene di quest’esperimento, accordandoci che poi avrebbe deciso da solo e noi non avremmo insistito. Così il nostro esperimento cominciò. Con nostra sorpresa, la cosa non fu difficile come pensavamo e in più l’inizio di luglio era un momento perfetto per cominciare. Per i primi tempi

avevamo deciso di non eliminare il latte di mucca, la panna e il pesce crudo marinato in succo di limone. Certo, per noi era tutto molto insolito: non provavamo la solita sensazione di sazietà, anche se non facevamo altro che mangiare e mangiare. Però la prima settimana eravamo tutti scesi di 5 kg! Tutto ciò era così inaspettato e meraviglioso che mio figlio disse: “Va bene, andrò avanti

fino alla fine del mese ma non di più”. Noi approvammo, aggiungendo anche che avrebbe potuto smettere in qualsiasi momento e che gli avremmo preparato da mangiare come prima. Facendo un salto in avanti, dirò che questo momento non sarebbe mai arrivato. I primi miglioramenti non si fecero attendere a lungo. Era diventato più facile e più

gioioso svegliarsi al mattino, l’energia era notevolmente aumentata ed era comparso il desiderio di muoversi, quasi dimenticato. In tutti noi scomparvero i problemi di stomaco, la pelle era diventata più fresca, liscia, erano scomparse le impurità. In me sparirono i primi campanelli di allarme di un diabete incombente, cambiarono gli odori del corpo, diventando meno forti.

Insomma, erano cambiate tante cose. Nell’arco del primo mese, in tre avevamo perso 31 kg!! Mio figlio guardava ciò che stava succedendo già con maggior entusiasmo, ma ancora, di tanto in tanto, diceva: “Quando perderò peso, ritornerò al mangiare di sempre, tenetelo presente!”. Noi concordavamo, ma parallelamente e senza far pressioni gli spiegavamo

l’essenza dell’alimentazione a base di cibi freschi e vivi. E lui comunque queste informazioni in qualche modo se le registrava. Così passarono luglio e agosto. Poi andammo al sud, al mare, per quasi un mese, e lì trovammo un vero e proprio paradiso della frutta. Il nuovo stile di alimentazione attecchì in modo indolore nella nostra famiglia, anche se, a volte, non era facile. Ci

tormentavano gli odori che “ci agganciavano” con forza alla nostra vita passata. Lungo la strada che portava verso il mare era pieno di caffè, ristorantini, chioschi che vendevano spiedini e carne grigliata. Ci fu un momento in cui questi odori ci sconfissero del tutto: decidemmo, consapevolmente, di fare uno strappo e di comprare un pollo arrosto.

È stato interessante seguire i nostri pensieri in quel momento: erano una tempesta di emozioni contrastanti! Da un lato ci aspettavamo il piacere desiderato e garantito proveniente da un cibo che un tempo era il nostro preferito, dall’altro avevamo una chiara comprensione di tutto il processo che avrebbe avuto luogo nel nostro corpo dopo questa mangiata. Del

resto, si trattava di un esperimento fatto in piena coscienza. Il piacere atteso durò in realtà solo i primi minuti e poi sopraggiunse la piena delusione e un senso di disagio. Il pollo ci rimase sullo stomaco, come un sasso, e si fecero vivi il bruciore di stomaco, già quasi dimenticato, la svogliatezza e la sete. Sensazioni molto contrastanti in confronto al benessere cui

ci eravamo già abituati. Sono molto grata a quel pollo arrosto: dopo averlo mangiato, tutti gli odori che prima ci seducevano venivano ora percepiti con assoluta tranquillità e indifferenza. Per dirla con le parole della famosa leggenda, avevamo ballato una piccola danza, per non doverne ballarne in futuro una grande. A fine settembre mio

figlio andò a scuola completamente cambiato: da 87 kg di peso era arrivato a pesarne 62. Dimagrito, imbellito, abbronzato, era diventato un altro. Inutile dire che il primo giorno di scuola molti erano sconvolti dai cambiamenti che si erano verificati in lui. Alcuni degli studenti provenienti da classi parallele non lo avevano nemmeno riconosciuto! L’autostima gli era cresciuta,

e di conseguenza era cambiato il rapporto coi suoi compagni di classe: ora aveva più amici e anche le ragazze lo guardavano. Era cresciuto anche il suo rendimento, sì che senza troppa fatica uscì da certi suoi brutti voti. Ecco cosa succede con il magico cibo vivo! La cosa interessante è che mio figlio, proprio grazie a quest’alimentazione, sta

crescendo attivamente, sia in altezza che in larghezza (nel senso che si sono irrobustiti i muscoli e le ossa), gli sono comparsi i baffetti e gli è cambiata la voce, insomma, si sta sviluppando come previsto dalla sua età. Sì, è dentro il sistema, il cibo vivo non impedisce di restarci, ma semplicemente lui non mangia più alla mensa scolastica. Capisce benissimo che cos’è il sistema, si è

risvegliato, però non si mette in mostra, non si contrappone agli altri e non parla in giro del cibo vivo perché tanto non verrebbe capito lo stesso. Ancora un’osservazione riguardo al dimagrimento: per me e mio figlio la questione era estremamente attuale, per mio marito un po’ meno. Il suo fine principale era ripristinare la salute, la giovinezza e il potenziale energetico. È

fortemente dimagrito nei primi due mesi, ma ora questo processo si è fermato e lui sta gradualmente prendendo peso. È una cosa che succede a molti. Non si diventa distrofici, si perde quello che serve e in compenso si guadagna in salute e giovinezza. Quanto a me, in sette mesi ho perso facilmente 40 kg e senza cedimenti! La mia

pelle, alla mia età di 37 anni, ha l’aspetto di quella di una venticinquenne, liscia, elastica e pulita. Il mio cuore non è affaticato: prima avevo stabilmente 110 battiti al minuto, ora la mia frequenza cardiaca è di 62-65 battiti. È passata la mia eterna stanchezza cronica, così come la debolezza e la sonnolenza, ed è comparsa una buona resistenza: posso fare tranquillamente dieci

piani a piedi e per più di una volta, e ciò senza dolori muscolari e senza fiatone! In tutto questo periodo nessuno di noi si è ammalato di influenza e di raffreddore, cosa che una volta era parte integrante di ogni inverno. E, fatto interessante, è sparita la tosse! Era un problema perenne per tutti noi, al punto che ci era più facile abituarci ad essa piuttosto che curarla. Pensavamo che avremmo

avuto freddo, in inverno, senza cibo caldo né tè, ma non è stato così! Temevamo che in inverno avremmo trovato poco cibo adatto a noi, ma i nostri timori erano infondati. Germogli di cereali, frutta, verdure, alghe, noci, miele, polline ne abbiamo sempre trovati in abbondanza. Nel momento in cui scrivo abbiamo già da tempo escluso il latte e il pesce, ed è

una decisione che è giunta da sola, al seguito di sensazioni interiori. L’organismo ha cominciato a reagire al cibo: in bocca riconosce infallibilmente la fruttaverdura “chimica”. Con tutta la famiglia ora facciamo yoga, non perché ci sentiamo obbligati, ma perché ci piace e ne abbiamo voglia. Le lezioni ci procurano un autentico

piacere. L’intuizione si è affinata. È cambiato anche il nostro giro di amicizie: ci vediamo con persone per noi interessanti, mentre si stanno allontanando quelle con cui non abbiamo più nulla da spartire. Stanno facendo la loro comparsa i primi germogli di risultati provenienti dalla pratica del Transurfing. A dire il vero faccio ancora fatica ad abituarmi all’idea che il mio

mondo è felice di prendersi cura di me e di portarmi in braccio. Mi è ancora difficile confidare pienamente nel mio mondo. Diciamo che siamo ancora agli inizi, però è piacevole constatare che “ci si addormenta” sempre più di rado, mentre con maggior forza si fa sentire il custode interiore. Vorrei dire anche qualcosa sui “contro” dell’alimentazione viva. Uno

dei “contro più seri” è il totale rifiuto della TV e della maggior parte dei film: andare al cinema è diventata una noia (con rare eccezioni), i programmi televisivi sono buffi per la loro prevedibilità e impostazione commerciale, la pubblicità diverte sinceramente. I notiziari mi sono già fisicamente insopportabili. Già prima non amavamo la televisione, ma ora per noi è quasi un affare

chiuso. Il vuoto che si è creato è stato compensato da passeggiate, letture di libri, lezioni di yoga e altro. È molto più importante costruire la propria vita che starsene sul divano a guardare sullo schermo la vita degli altri. Quali altri svantaggi? Qualche crisi, qualche peggioramento temporaneo di salute. Sì, ci sono stati periodi problematici, quando

cadevano i capelli, la pelle delle mani era diventata secca, l’osteoporosi si era acutizzata, erano comparse afte ai lati della bocca, era aumentata la sensibilità dei denti eccetera. Ma tutto è stato affrontato con comprensione e gioia: l’organismo si sta ristrutturando, c’è un processo in atto. E tutto, infatti, è passato.

Mio figlio ha detto: ok, fino a 18 anni sono con voi e poi vediamo. Se resterete davvero giovani e sani, allora rimarrò con voi anche dopo. Ecco le sue condizioni! Non staremo a indovinare cosa succederà, comunque sia io che mio marito non ci immaginiamo in modo diverso. Interessante… forse da qualche parte, nello spazio delle varianti, sono rimasti dei “noi - altri”, cioè una

variante di noi non partita per questo percorso. Ma avrei paura di guardare lì anche con un solo occhio!». «Oggi io e mio marito siamo andati ad acquistare il grano saraceno verde. Ci siamo messi in contatto con un giovane di nome Aleksej e abbiamo concordato luogo e ora dell’appuntamento. Con lui si è incontrato mio marito e, quando è rientrato in

macchina, mi ha detto: “Si vede subito che Aleksej mangia cibo vivo: i suoi occhi brillano, la sua persona risplende!”. È bello incrociarsi con persone che ti sono vicine per spirito. Non siamo soli nell’universo! Io e mio marito ci nutriamo di alimenti vivi da soli sei mesi, ma com’è cambiato tutto intorno a noi! Questo stile di alimentazione è diventato per noi una sorta

di scintilla di gioia nel cuore, una festa che è sempre con noi. Prima di allora non avevamo mai pensato che dalla vita si potesse ottenere uno SBALLO come questo! Un tale brivido! È troppo lungo elencare tutti i vantaggi della cosa, perciò mi limiterò a citarne alcuni: una leggerezza del corpo mai provata finora, una carica di energia, un umore eccellente, la capacità di vedere per

tempo i pendoli e di estinguerli. Il Transurfing è diventato più chiaro, qualcosa comincia a riuscire, seppur ancora con difficoltà, però il processo è in atto! Di tornare indietro alla fattoria non si ha alcuna voglia!». «Tutto vero. Seguo da un anno l’alimentazione viva. All’inizio cerchi di spiegare ai tuoi cari cos’è utile e cos’è dannoso, ma in risposta ottieni irritazione e

rimproveri. Poi te ne freghi di tutto, soprattutto quando le porte cominciano ad aprirsi da sole e compare una visione del mondo completamente diversa, la consapevolezza (chi sa mi capirà). Si instaura un senso di libertà da sballo, una cosa che mozza il fiato. È meraviglioso che tutto ciò funzioni. Gente, è vero che a queste cose non si può credere, le si può solo

sperimentare. Chi osa farlo, otterrà. Io ci sono riuscito». «Da sei mesi sto seguendo una dieta di transizione per passare al cibo vivo, mangio mattina e sera cibi crudi mentre a pranzo mangio qualcosa di bollito (ma con un’insalata). Ringrazio il mio caro e amato marito che non mi ostacola e anzi accetta queste mie innovazioni (a volte ci scherza su, ma

bonariamente). Io, da parte mia, continuo a preparargli il suo cibo abituale e siamo tutti soddisfatti, nessun conflitto». «Nell’alimentazione viva non c’è alcunché di estremo o di straordinario se la persona ci è arrivata in modo naturale e senza costrizioni. Io non vi ho attribuito molta importanza, non mi sono posta alcun limite. E quando

volevo “avvelenarmi” con qualcosa della mia vita precedente, tipo le patatine fritte (i ricettori del gusto richiedevano i piaceri precedenti), ne mangiavo qualcuna, rendendomi conto che non ne avevo affatto bisogno. Né i miei amici né la mia famiglia si preoccupano a questo proposito. Quando tutta la nostra famiglia si riunisce per qualche festa,

vicino a me viene messo un enorme piatto con insalate, frutta secca ecc. Non ho mai avuto necessità di spiegare o convincere. Mi sento incredibilmente leggera, sempre positiva e, di nuovo, senza alcuna tensione». «Due parole sull’alimentazione viva: è un autentico sballo. A dire il vero, per sei mesi devi sopportare la depurazione

dell’organismo, però poi vivi nello sballo». «Passando al cibo vivo, non pensavo come tutto, ma proprio tutto, tutti gli aspetti della mia vita, potessero cambiare. Dopo averlo sperimentato non potevo più vivere in appartamento e mi sono trasferita in una casa lontano dalla città, così è ancora più bello. Indosso vestiti fatti solo con materiali naturali. Non perché non

possa indossare materiali sintetici. Posso. Ma perché? Il mio corpo è diventato più sensibile e detesta le sostanze sintetiche. Quanto alle creme e ai cosmetici, prima mi sono diventati sgradevoli e poi non necessari: una pelle così meravigliosa non l’avevo da quando ero piccola. Andare a lavorare, fare carriera, è una noia terribile. Ho trovato un’attività che

faccio col cuore, e le forze e l’energia sono più che sufficienti. Il regime psicoemotivo di fondo è sempre allegro e tranquillo. Anche se si tratta di una tranquillità molto particolare! Ho una voglia indicibile di vita! È una tale libertà, una libertà da tutti i limiti, gli stereotipi, le offese, le critiche, la noia, la dipendenza da quello che bisogna mangiare, la dipendenza dal fatto che

bisogna dormire-riposare, che non ci si deve congelare, che per sopravvivere c’è sempre bisogno di qualcosa… ma che cavolo! Nessuna droga ti assicura questa gioia, una sensazione di Vita ovunque e in tutto, imparagonabile! Certo, non tutto è andato sempre liscio. Ho passato crisi, sensi di colpa, paranoia e schizofrenia, ho avuto gli occhi folli della neofita-

crudista, quando tutti scappavano via da me mentre io volevo portar loro la felicità, persino contro la loro volontà. Questo succede ancora adesso, in una certa misura, ma non in modo così forte anche perché ho ormai un solido bagaglio di esperienza che mi dà sicurezza e tranquillità. Se solo penso che avrei potuto non conoscere tutto ciò che avrei potuto non

intraprendere questa strada… rabbrividisco brrr! Sicuramente non posso più tornare indietro». «Noi siamo ancora solo all’inizio del viaggio. L’abbiamo iniziato due mesi fa, dopo aver letto il libro Il Transurfing apocrifo. Abbiamo accolto le informazioni sul cibo vivo come un tassello mancante nel grande quadro della vita.

Tutta la nostra famiglia (io, marito e nostro figlio di 12 anni) è passata al nuovo regime alimentare. Non ci è stato molto difficile, anche perché noi non consumiamo sale da 7 anni, dopo la lettura di un libro di Paul Bragg. Da molto tempo abbiamo anche eliminato i prodotti della “matrix”, pane, salame, zucchero, conserve eccetera. Da sempre cerchiamo di mangiare sano, consumando

la frutta e la verdura del nostro orto e la carne biologica, acquistata direttamente in una fattoria. Però abbiamo sempre cucinato! Non avevamo mai approfondito il discorso del cibo vivo, e consideravamo i crudisti dei personaggi bizzarri. Ma dopo la lettura del suo libro ci si sono aperti gli occhi… I vantaggi sono molti. In primo luogo, in totale, in tre,

abbiamo perso più di 40 kg di sovrappeso e ciò con facilità, senza stress e restrizioni alimentari. Mangiamo quanto vogliamo, tutta roba fresca e benefica. Non soffriamo più di alitosi, dopo un mese è sparito il tartaro dai denti, gli odori corporei sono molto meno forti e sgradevoli, la schiena e le articolazioni vanno molto meglio, è comparsa la forza (e la voglia!) di fare al mattino un

po’ di jogging o di ginnastica, sono scomparsi i papillomi, la pelle è diventata più liscia e più elastica. Sono scomparsi i bruciori di stomaco, la stanchezza costante, il mal di testa. E potrei continuare l’elenco. Sta cambiando anche la coscienza. Si guarda a molte cose in modo diverso, ci si rende conto delle cose non come prima. Leggo e rileggo

i libri sul Transurfing come se fossero nuovi. È come se qualcuno mi avesse regolato la visione interiore. Gli eventi positivi sono diventati di più, le cose belle accadono con sempre maggior frequenza, e vedo sempre di più che il nostro mondo si prende cura di noi e ci ama. In giro non parliamo molto della nostra alimentazione, non imponiamo e non

ostentiamo. I primi momenti di euforia, quando volevamo saltare e gridare per la gioia e convertire tutti alla nostra fede, sono passati velocemente. Ora il cibo vivo è diventato una parte integrante e piacevole della nostra vita. E comunque, nella nostra cerchia di amicizie si sono aggiunte persone che la pensano come noi. I cambiamenti nell’aspetto e l’umore

positivo funzionano meglio di qualsiasi pubblicità». «Il nostro primo passo nel “Transurfing della realtà” è stato un passaggio parziale alla dieta alimentare con cibi vivi. Mio marito è un sostenitore di vecchia data di Gennadij Malachov2. Vent’anni fa, quando aveva 40 anni, la sua salute era peggiorata a tal punto che dovette scegliere: o

l’ospedale o un regime di cura autonomo in casa. Scelse la seconda via, seguendo le prescrizioni di G. Malachov e ne ebbe un gran beneficio. In seguito cominciò a ragionare sul tema: “Quanto correttamente viviamo?”. Poi: “Quanto correttamente ci alimentiamo?”, e col tempo arrivò la consapevolezza della necessità di passare a un’alimentazione a base di

cibi freschi e vivi. Non abbiamo sperimentato alcuna crisi né malumore. Il cibo cotto non ci attira più. Il budino di avena viva è una fantastica leccornia! Ci è piaciuto subito ed è stato accettato dal nostro organismo con gratitudine. Oggi è praticamente il nostro cibo quotidiano, non ci stanchiamo mai di mangiarlo ed è desiderato più di una volta al giorno. Mangiamo

anche pappette vive (kaša) di altri cereali, sono davvero prelibate. Facciamo anche la salsa di pomodoro e alghe secondo la sua ricetta. Ci sembra di essere rinati e di cominciare di nuovo a conoscere il mondo. Ci sentiamo leggeri nel corpo e pacati nell’anima. La vita è diventata interessante: ogni giorno accadono cose meravigliose... forse prima la nostra ignoranza non ce le

faceva vedere e ci passavamo vicino senza accorgercene». «Se si fa tutto senza fanatismo, allora l’organismo capisce più in fretta e ciò senza cui prima non si poteva stare, progressivamente cessa di piacere. Io cucino i piatti soliti per tutta la famiglia, ma di mangiarli non ne ho più voglia. A Natale mio marito mi ha fatto assaggiare un pasticcino con la carne,

però non ci ho più trovato niente di gustoso». «Col tempo si scopre una tale varietà di cibo vivo che “le ricette da buongustai” non reggono il confronto». «Io e mio marito ci nutriamo da tre mesi di cibo vivo, ed è risultato essere un’alimentazione molto gustosa. A casa ho un libro della Butenko, preparo le sue ricette e sono molto presa da

queste cose. Prima cucinavo per necessità e ora con entusiasmo. Mio marito vuole sbarazzarsi del peso superfluo e smettere di prendere medicine contro il diabete. Prima pesava 120 kg, ora ne ha persi 14. Lavora nell’edilizia ed è tutto il giorno in piedi. I suoi colleghi si sono sorpresi: “Mangi erbe e stai così bene?”. Anch’io adesso sono snella e ringiovanita, faccio

in bicicletta 20 km, mi accompagna sempre una sensazione di felicità». «Sento GIÀ com’è fantastico scardinare il sistema, com’è meraviglioso essere liberi, senza aver bisogno di guardarsi intorno e osservando solo le profondità del proprio cuore». «Ormai da tempo non bevo

e non mangio nei fast food però a volte mi vien voglia di quei terribili hamburger o di vino. Non fatevi condizionare da limiti troppo rigorosi. Dopo tutto, siete voi i padroni della vostra realtà. Di solito, quando mi viene una forte voglia, mi permetto di mangiare o bere qualcosa che non consumavo da tempo, e quando lo faccio mi dico: “Dài, mangia, mangia, mia cara, la tua pancina

vuole mangiare qualcosa di gustoso, mangialo alla salute, digerisci bene ogni pezzo di questa prelibatezza”. Il giorno dopo o anche solo dopo qualche ora capisco già che questo non serve, non ha senso, eccetera. E di nuovo riprendo a mangiare bene come prima. Dovete far capire al vostro organismo, ancora una volta, che quelle cose sono disgustose. Dopo un lungo periodo di astinenza

dal pane (alcolici, sigarette, eccetera), consumarlo vi dovrebbe disgustare. La linea di fondo che seguo è che oggi mangio il pane Consapevolmente, e domani Consapevolmente non lo voglio mangiare». «Mangio cibi vivi da due anni. Nello sport le mie prestazioni sono migliorate, molti non riescono a starmi dietro. E studiare è diventato

una favola». «Sono passata all’alimentazione viva durante l’allattamento (mio figlio aveva sei mesi). Come risultato, sono diventata più bella, più snella, sono ringiovanita di 10 anni. Mio figlio è in piena salute ed è molto sviluppato! Lo allatto ancora adesso, ha già due anni ma io, di latte, ne ho tantoooooo! E anche l’umore e l’energia sono al

massimo!». «Non sono riuscita a passare al cibo vivo al primo tentativo. A causa del passaggio troppo brusco ho avuto una crisi al secondo mese, poi ho fatto una pausa di sei mesi, mangiando alimenti trattati, ora sto tentando per la seconda volta: mangio quello che voglio ma cerco progressivamente di

limitarmi. In generale il Transurfing è una cosa sorprendente. È magnifico, tutto funziona, e se qualcosa va storto, passa quasi inosservato. Dire che l’anima gioisce è dir poco. La mia anima esplode dalla gioia e ho cominciato anche a sentire il mio corpo in modo diverso. È comparsa la netta sensazione della presenza di un’enorme forza buona che si prende cura di

me e mi ama». «Non mangio carne da un anno. Di tanto in tanto posso permettermi del pesce fritto o bollito. Non sono ancora completamente passato a un cibo vivo, ma cerco di mangiare frutta, ortaggi, verdura in foglia in grandi quantità. Al mattino faccio colazione mangiando solo frutta fresca, prima di pranzo mangio noci e frutta secca, a

pranzo consumo tante verdure in foglia e ortaggi, un po’ di cibo cotto con pane senza lievito e formaggio e per cena pure. Già seguendo questa dieta l’organismo si è riorientato e mi sento molto meglio. Per il futuro ho intenzione di rinunciare completamente al cibo cotto e consumare solo quello vivo. Credo di essere sulla strada giusta. Ringrazio il mio mondo, che mi ha dato

l’opportunità di conoscere il Transurfing». «Un anno fa canzonavo i crudisti, e oggi mi viene da piangere al pensiero di come IO mi nutrivo prima». «Qualche tempo dopo il mio passaggio a un regime alimentare crudista è cominciata la disintossicazione. Ebbene, tutti mi dicevano che mi sarei esaurito e che ero

troppo giovane per finire in quello stato. Ma adesso non mi dicono più niente, anzi, qualcuno mi chiede come cavolo faccio a essere così luminoso. Ah, ah… e cosa posso rispondere? Non posso certo distruggere i loro stereotipi, per i dormienti sarebbe come morire». «Ho 54 anni. Più di due anni fa ho cominciato la mia transizione verso il cibo vivo

e ora le mie crisi sono sempre più rare. Sento tutto quello di cui Lei scrive. Quando arriva la crisi, queste sensazioni si perdono immediatamente e ciò aiuta a tornare a un’alimentazione normale… il desiderio di sentirsi giovane, leggera, mobile, volante non si può esprimere a parole, si può solo sentire. Grazie!». «Presto saranno due anni

da quando noi, tutta la famiglia, siamo passati al cibo vivo. Abbiamo scelto un passaggio graduale e moderato. Non abbiamo avuto serie difficoltà, solo qualche crisi nel periodo di depurazione dell’organismo. Sembrava che il corpo si fosse risvegliato, si fosse riscosso e riempito di gratitudine per questo cibo. Richiedeva solo questo e non voleva più quello di prima!

Ora l’80% della nostra alimentazione è a base di cibi vivi. Abbiamo imparato le ricette di un sacco di piatti vivi, sono incredibilmente deliziosi! Nostra figlia è riuscita a perdere 40 kg di peso in poco più di un anno e senza alcuno stress. Anch’io e mio marito siamo dimagriti, abbiamo riacquistato la salute e siamo ringiovaniti. Ci siamo liberati di molti malesseri

che i medici non potevano curare. Pian piano se ne sono andati via da soli! Siamo diventati più energici. Lei ci ha aiutato a trasferirci in un’altra realtà!». «È da più di tre anni che sto ristrutturando la mia alimentazione e il mio stile di vita. In me stanno avvenendo grandi cambiamenti. Quando ho fatto un check up in base al

programma “Russia Sana”, il medico, sulla base dei risultati delle mie analisi, ha calcolato la mia età biologica valutandola intorno ai 20 anni (e io ne compirò presto 47). Sono allegra, piena di energia, affronto la vita con facilità. All’improvviso ho cominciato a scrivere, sia prosa che versi poetici, e credo di poter fare molto di più. Ho anche un lavoro molto stressante da seguire.

E il fatto che sia calata di 10 kg e che ci siano stati cambiamenti molto positivi nel mio corpo, lo prendo come effetto collaterale. Condivido pienamente le sue tesi, tutto deve avvenire senza sforzo, a poco a poco, procurando piacere». «A colazione, germogli di grano con le banane, per pranzo un’insalata di barbabietola cruda, per cena,

pesce marinato in salsa di soia e limone. Il mio menù è più o meno questo. La sensazione di fame è sempre più leggera, gli occhi sono sempre più brillanti. L’attenzione si è spostata da supermercati e mense a bancarelle di frutta e negozi specializzati. Com’ero cieco prima! Quante cose squisite ci sono in giro! A volte trascorro tutto il giorno in cucina a provare nuovi piatti.

Provo incredibili!».

sensazioni

«Le sensazioni che provo sono stupefacenti. Prima di tutto trenta minuti dopo aver fatto colazione, proprio mentre arrivo al lavoro, inizio a sorridere, sento che c’è una luce che proviene da dentro (e tutto ciò nonostante io abbia una faccia seria). Si instaura una sensazione di libertà e non capisco cosa

sia: da che cosa mi sento libera? Al lavoro riesco a fare moltissimo senza fatica, e a casa vado a dormire solo per non sembrare stupida, dato che di notte si usa dormire. È cambiato l’aspetto fisico. Ho la sensazione che dal viso si irradi qualcosa. Con facilità sopporto le situazioni di stress… l’anno scorso avevo avuto dei problemi e solo successivamente mi sono

resa conto di essermela cavata senza i soliti farmaci e gli infusi di erbe tranquillanti. Non emano odori, praticamente non uso più i deodoranti. I vestiti non puzzano, i piedi non puzzano. Quando vengono a casa mia “i mangiatori di carne” e succede che mangio i cibi di un tempo, sento subito uno sgradevole odore per un paio di giorni. È già il secondo inverno che trascorro senza

raffreddori, quando prima mi ammalavo come minimo due volte in questa stagione ed ero costretta a passare una settimana a letto. Il raffreddore, poi, era una normalità. Non appena ho eliminato pasta, riso, cereali, patate, pane, è sparito tutto: pare che l’influenza e il raffreddore si siano dimenticati di me». «Dirò brevemente: dopo

aver fatto un bel pezzo di strada nell’alimentazione viva, ho imparato a provare piacere dalle cose semplici come una passeggiata o la visione del cielo. È una sensazione incredibile capire che si può ottenere un gran piacere dall’osservazione di un albero. È una sensazione che non si può esprimere a parole, si deve sperimentare. Dite un po’, quando avete provato un autentico piacere,

di quelli che mozzano il fiato, una vera e propria scarica di endorfina? Forse quando avete fatto l’amore per la prima volta con la vostra amata? E cosa mi rispondereste se vi dico che si può ottenere lo stesso piacere dalla semplice contemplazione di un bosco, di un lago, persino di una città, al mattino? Ho capito quanto non stavo bene prima, nonostante facessi sport con

successo e fossi in ottima forma. Insomma, è una cosa che val la pena fare». «Che meraviglia! Sono proprio questi momenti meravigliosi che mancano oggi quasi a tutti. Molte persone capiscono già che il buco nero inghiotte, con tutti questi vkontakte, facebook, email. Quanto tempo va in queste cose, e LA VITA SCORRE VIA. Gli alberi, i

ruscelli, gli uccelli, le farfalle sono rimasti, ma l’Uomo Moderno ha spostato la sua attenzione da tutta un’altra parte». «L’alimentazione naturale è un volo dell’anima, il passaggio a un nuovo livello di coscienza! Il Transurfing riesce spontaneamente, ed è una vera e propria euforia!». «Quando si passa a mangiare cibi vivi, il corpo si

rianima, i muri degli stereotipi si sgretolano e si apre la poliedricità dell’Essere!». «Piccoli miracoli mi accadono, e per quelli grandi, mi impegno ad aumentare l’intenzione e la consapevolezza. Da due anni sto progressivamente passando al cibo vivo. Il risultato è sul viso: la pelle si è ripulita da acne e punti

neri, i denti sono più bianchi, il corpo è perfettamente bello, mi piace. Ringrazio di cuore!». «La sorella di mia mamma nutre la sua figlioletta di un anno e mezzo con che cosa? Conserve di carne, succhi concentrati, ricotta e yogurt del supermercato. Anche mia mamma ritiene che la bambina abbia bisogno di vitamine artificiali ma

discutere di questo con loro non è possibile. Ma non sono forse immerse in un sogno? Quante volte ho visto la bambina agitarsi e urlare quando cominciano a darle questi cibi sintetici, mentre se invece le danno un pezzetto di cipolla, comincia a leccarlo tutta contenta. La bimba ha un anno e mezzo, non sa masticare, dice una sola parola, “mamma”. È forse normale? E come

mangiano i miei parenti? Cuociono tutto e poi mangiano per tre giorni la stessa pasta, condita con ketchup e maionese, patate fritte, caffè, pane bianco e carne. Tutto. È forse una strada per stare bene?». «Il mangiatore tecnogeno si priva davvero del proprio Io. I Suoi libri mi sono arrivati tanto tempo fa, quando ne avevo davvero

bisogno. Leggendoli, qualcosa ho trascurato, qualcosa non ho capito, però avevo una sensazione di euforia che in seguito è passata. Ora, dopo aver depurato l’organismo, ho cominciato a pensare con vedute più larghe e sicure. La gente ha cominciato a guardarmi di traverso perché risolvo facilmente problemi difficili». «Ora SO con certezza che

esiste quello di cui prima avevo solo il sospetto o a cui credevo. Per esempio, ho sempre creduto che il mio corpo non sarebbe invecchiato e sarebbe stato in forma incontaminata tanto quanto avrei voluto. Senza diete, con cui mi tormentavo, senza esercizi stupidi in palestra, senza interventi di chirurgia plastica. ERO SICURA che esistesse un’altra via, leggera e

naturale, per essere come voglio. Sono rimasta molto colpita dal fatto che con il pensiero si può cambiare la materia, e questo ora viene confermato dalla vita. Ogni giorno che passa mi vedo ringiovanire, con sorpresa mia e degli altri. Ma la cosa più importante è l’alimentazione viva. Come Margarita3, continuo a ripetere: “Oh, che crema!”».

NOTE A MARGINE

Ecco ancora degli esempi da cui trarre ispirazione: Ageless Woman: http://www.youtube.com/watc v=O6oJA_xhTa8. http://www.youtube.com/watc v=ANt4RIFnJH4&feature=rel http://www.annettelarkins.com Ragazzina di 14 anni: http://www.youtube.com/watc v=X-sSmk9BgS0.

Esoterismo reale

Sto concludendo i capitoli dedicati al tema del cibo vivo. Si è già detto abbastanza sul significato, le finalità e i vantaggi del passaggio a un nuovo gradino della piramide alimentare. Resta da rispondere alle

ultime domande: 1. Perché non a tutti riesce? 2. Come fare perché riesca? Vorrei ancora una volta sottolineare: non predico un’alimentazione sana, non mi interessa lo stile di vita sano, non mi occupo di crudismo. Mi occupo di Transurfing, gestione della realtà. La gestione della realtà è una tecnica olistica,

si compone di tre elementi inseparabili: come pensiamo, come mangiamo, come ci muoviamo. Se si scarta anche un solo componente, la tecnica sarà incompleta, unilaterale, imperfetta. Analogamente, un uomo non è corpo, anima, ragione presi singolarmente, ma tutto ciò fuso in un unico intero. Allo stesso modo, “il Transurfing da divano” o “il Transurfing nella stalla” non

sono Transurfing; uno stile di vita sano non è Transurfing; il crudismo non è Transurfing. Accade purtroppo, a volte, di incontrare “un crudista”, di guardarlo e di pensare: no, qui c’è qualcosa che non va, a me questo non serve. E, in effetti, basta una pecora nera per rovinare tutto il gregge. Da dove arrivano i problemi lì dove dovrebbero esserci i

vantaggi promessi? Esiste un paradosso, che per qualche motivo nessuno menziona e probabilmente nessuno conosce. L’essenza di questo paradosso è la seguente: quanto più alta è la qualità della manutenzione dell’organismo, tanto maggiori sono le pretese che esso avanza. Per quanto strano possa sembrare, l’organismo si

comporta come un bambino che, più viene viziato, più fa capricci. O come uno snob che si è abituato presto al lusso, e che è molto difficile da accontentare. In che modo si manifesta questo comportamento? Per esempio, quando si inizia a praticare attivamente uno sport, si nota che si perde subito la forma se per un periodo di tempo, anche breve, si interrompono gli

allenamenti o non ci si allena con il solito impegno. Possono comparire dolori ai muscoli, alle articolazioni, alla colonna vertebrale, debolezza, malessere e malattie. Mentre prima di cominciare a fare sport non succedeva niente di tutto questo, si viveva senza grandi programmi e non c’era motivo di lamentarsi di nulla.

Quando si passa a consumare cibi del primo ordine, cibo migliore e completo in assoluto, potrebbe subentrare una carenza di vitamine e minerali, tali da provocare la caduta dei capelli e dei denti. E magari prima, che si mangiava per lo più cibo in scatola, salame e pasta, con una foglia di lattuga per amor di decenza, ci si sentiva benone.

Perché succede così e qual è allora il senso di prendersi cura e compiacere il proprio organismo? Immaginate, per fare un paragone, la vita di un vagabondo e quella di un uomo abituato a vezzeggiarsi e a non negarsi nulla. Il primo non ha nemmeno lo spazzolino da denti, è costretto a vivere come capita, con desideri e pretese ridotti al minimo. E ora

provate a pensare di quanto invece ha bisogno il secondo! Tanto più alta è l’asticella della qualità della vita, tanto maggiori sono le cose che servono. La stessa cosa succede con l’organismo: quando viene alimentato con cibo di bassa qualità, esso si abbassa a sopravvivere a uno stato marginale, diventa stordito e insensibile, come se

l’avessero caricato di un peso superiore alle sue forze, l’avessero costretto ai lavori forzati. Non gli interessa niente altro, solo riuscire a tirare il suo carico. Allo stesso modo il mulo, condannato a vita a girare in tondo per far ruotare le macine del mulino, non oppone resistenza e non si lamenta. Si è adattato al suo destino ed è immerso in un sonno profondo, non ha

semplicemente altra scelta. Anche l’organismo non può fare altro che rassegnarsi, adattarsi. Una vita di questo genere lo porta molto presto a logorarsi; tuttavia, fintantoché scorre la vita, esso tira doverosamente la sua corda. Grazie a Dio, la capacità di sopravvivere in condizioni estreme gli è stata infusa da madre Natura, però non è illimitata e dura finché dura.

Ora immaginate che cosa può accadere quando l’organismo viene liberato dal suo carico, gli viene tolta la corda che tirava e viene messo in libertà. Questa sì che è vita! Prende inizio il processo di depurazione, rinnovamento, rigenerazione. L’organismo si ricorda di come dev’essere, secondo Natura, e si mette al lavoro per ripristinare e rigenerare tutto quello che nel tempo

aveva perduto. Ma come sapete bene, per una vita di lusso servono molte più cose. E qui s’incuneano i problemi del periodo di transizione. Durante i lavori “di restauro capitale” si accumulano mucchi di spazzatura che bisogna portar via e depositare da qualche parte, perché la potenza dei sistemi escretori non è sufficiente. Il risultato è l’aggravamento di malattie croniche,

disfunzioni del sistema nervoso, malessere generale, crisi di astinenza. Come se non bastasse, “il padrone” ha crisi costanti e si sbraccia continuamente per lanciare la corda al suo “mulo” e riportarlo alla sua vita precedente. L’organismo si trova ad affrontare condizioni molto difficili, viene confuso, gli è difficile riorientarsi. In situazioni simili, in luogo dei

miglioramenti attesi potrebbero subentrare dei peggioramenti. L’organismo si ritrova bloccato tra i due gradini della piramide: non può più vivere come faceva prima, ma ancora non sa come vivere in modo nuovo. Non si sa quanto durerà questa fase, è un processo assolutamente individuale, ognuno ha i suoi tempi.

Quindi, se si vuole veramente allestire una vita di lusso nel proprio organismo, bisogna farlo con intelligenza e consapevolezza e non così come viene. Pensate che sia uno scherzo da ragazzi passare a un altro livello della piramide? No, non è affatto uno scherzo. Come farlo, l’ho descritto in modo dettagliato nel libro Il Transurfing apocrifo. Qui, in aggiunta e in chiarimento al

tema in oggetto, illustro brevemente i princìpi fondamentali della transizione.

Il principio fondamentale è la gradualità Il brusco passaggio a un’alimentazione a base di cibi vivi vegetali può essere

accompagnata da effetti molto spiacevoli. Subentra la crisi: disfunzione della digestione, aggravamento di vecchie malattie o comparsa di nuove, brusco calo di peso, possibili mal di testa e mal di denti, reazioni allergiche, irritabilità, nervosismo, malessere generale e persino stati depressivi. Col tempo, ovviamente, tutto finisce per rientrare nella norma. Tuttavia,

proprio il periodo di crisi, quando invece dei miglioramenti attesi si verifica il contrario, è la ragione principale per cui le persone non resistono e tornano alle vecchie abitudini alimentari col cibo morto. Un brusco passaggio è negativo sotto tutti i punti di vista, è una fonte di forte stress, sia per la coscienza che per il corpo. Si deve aumentare la percentuale di alimenti

vegetali vivi nel proprio menù giornaliero progressivamente, senza tensione, con piacere.

Non restrizione ma sostituzione A seconda della possibilità, sostituire il cibo nocivo con alimenti meno dannosi: lo zucchero con il miele; le torte e le crostate con del

cioccolato al 72% di cacao o con della frutta secca dolce; i salumi affumicati con dei salumi cotti; la padella con la pentola a vapore; gli alimenti grassi con alimenti magri; l’olio di oliva e di semi di girasole con l’olio di semi di lino o di cedro siberiano; le pappette cotte (kaša) di cereali con germogli di legumi e di cereali o riso selvatico; eliminare i prodotti da forno a base di

farina bianca, il pane lievitato e tutti i tipi di cibi conservati e simili alimenti sintetici da supermercato e sostituirli con analoghi naturali. Si noti che non si tratta di limitare ma di sostituire alcuni prodotti con altri, più nutrienti e meno tossici.

Non intasamento

ma depurazione Il cibo dev’essere selezionato in modo tale da non intasare ma depurare. Ad esempio, i prodotti a base di farina di prima qualità intasano l’intestino e il fegato di una massa collosa, mentre i prodotti di farina integrale e crusca lo ripuliscono. Le pappette (kaša) cotte trasformano il corpo in una palude stagnante, mentre i

legumi germogliati (fagioli, ceci, lenticchie eccetera), anche se bolliti per trecinque minuti, ripuliscono il corpo a tutti i livelli, dalle cellule ai sistemi di filtrazione. Il riso selvatico, pur essendo un cibo bollito, è un ottimo alimento per il periodo di transizione. Ci sono alimenti che depurano il corpo meglio di qualsiasi digiuno. Qui mi limiterò a fornire tre ricette

che probabilmente non conoscete. Credetemi, valgono una dettagliata descrizione. All’inizio si prepara il cardo. Prendete 1-1,5 kg di semi di cardo mariano, risciacquateli accuratamente, metteteli in una ciotola smaltata e ricopriteli di acqua arricchita con la shungite. È meglio fare quest’operazione al mattino

presto. La sera colate l’acqua, eliminate i semi venuti a galla, mettete il tutto in uno scolapasta e coprite con una garza bagnata ripiegata in quattro strati. La mattina e la sera del giorno successivo, lavate bene i semi sotto l’acqua corrente e senza rimuovere la garza. Se l’acqua è clorata, è meglio utilizzare l’acqua di shungite per distruggere i batteri patogeni. Il mattino del

giorno dopo i semi devono aver già germogliato. Bisogna lavarli di nuovo, disporli su un vassoio e metterli a essiccare nell’essiccatore a una temperatura di 41 °C (o in forno, a fuoco bassissimo e con il portello aperto). Otterrete così un prodotto che, per proprietà depurative, curative e nutritive, non ha praticamente analoghi. Il cardo mariano ha la proprietà

eccezionale di ripristinare le cellule del fegato ed eliminare dall’organismo le tossine. È inoltre un fortissimo anti-ossidante. I flavonoidi del cardo hanno un’attività antiossidante che supera di 10 volte il tocoferolo, noto come vitamina E, la vitamina della giovinezza. Questa pianta contiene un principio attivo unico nel suo genere, la silimarina, che per le sue

proprietà curative è talmente polifunzionale da rendere impossibile la sua ascrizione a un singolo gruppo di rimedi curativi. Il cardo mariano è anche chiamato “Il dono della Vergine Maria”. È il simbolo nazionale della Scozia, evidentemente non a caso. E i germogli di cardo mariano, vi assicuro, sono una cosa stupenda! E ora le ricette.

1. Prendere del grano saraceno, non sottoposto a trattamento termico, vagliarlo attraverso un colino per eliminarne le particelle frantumate e le impurità, lavarlo e immergerlo per tre ore in acqua di shungite. Si possono usare due parti di grano saraceno verde e una parte di grano saraceno non scorticato, per la depurazione

dell’organismo sarà più efficace. Mettere il tutto in uno scolapasta o in un setaccio e coprire con una garza inumidita. Il grano saraceno germoglierà in dodici-quattordici ore. I semi germogliati vanno poi lavati, messi in un frullatore con un dito abbondante di acqua e macinati fino a ottenerne una pappetta. Prendere poi tre cucchiai di semi di

cardo mariano, macinarli accuratamente in un macinino da caffè e versarli sul piatto con la porzione di grano saraceno. Aggiungervi un cucchiaino di olio di cedro siberiano od olio di noce o di cardo mariano, mescolare bene. La pappa (kaša) viva è pronta. Tutto questo si fa in tempi molto rapidi, con

un apporto minimo di tempo e di fatica. Ma l’effetto di questo piatto è colossale! Ha un valore nutritivo e proprietà curative di prima classe, e un gusto molto buono. Questa pappa si può mangiare anche ogni giorno. Si conserva in frigorifero per non più di tre giorni (il cardo, però, dovrebbe essere macinato e aggiunto prima di ogni

consumo). Ma il vantaggio principale di questo piatto, in particolare durante il periodo di transizione, sono le sue proprietà depurative. Se lo si mangia prima di andare a dormire, di notte ci si potrebbe svegliare bagnati di sudore, e questo va benissimo, è segno che l’organismo si sta già depurando al

massimo! 2. Prendere mezzo bicchiere di semi di lino e macinarli accuratamente in un macinino da caffè. Prendere tre cucchiai di cardo mariano e macinare anch’esso per bene. Aggiungere un bicchiere d’acqua, un cucchiaino da caffè di olio di zucca, volendo, un po’ di cannella e miele a piacere e mescolare il tutto. È

una pappa semplicissima ma molto nutriente e preziosa. I parassiti la detestano ma a voi piacerà. 3. Gli stessi tre cucchiai di cardo vanno aggiunti al budino vivo di avena descritto nelle ricette sistematizzanti [vedi Il Transurfing vivo, cit., . 375]. Tutti

questi

piatti

dovrebbero piacere anche ai vostri bambini (però attenzione a non aggiungere il grano saraceno non decorticato alla pappa dei più piccoli). Con quest’alimentazione diventeranno molto più sviluppati dei loro coetanei cresciuti con prodotti sintetici. Il cardo, il grano saraceno e il lino possono essere acquistati nei negozi che

vendono prodotti naturali od ordinati via internet. Ovviamente è necessario disporre di un buon frullatore, meglio se molto potente (non meno di 1 kW). Anche il macinino dev’essere potente. L’essiccatore è un apparecchio molto utile, ma per i primi tempi si può usare tranquillamente il forno.

Prodotti naturali

Da ogni prodotto chimico, sintetico e OGM ci si dovrebbe salvaguardare una volta per tutte. Il cibo cotto può essere presente nella dieta per lungo tempo, ma al mangime della “matrix” si dovrebbe dire addio il prima possibile. Quali prodotti si possono considerare naturali? Quelli che non contengono additivi artificiali. Conservanti,

esaltatori di sapidità, agenti aromatizzanti, emulsionanti, coloranti, addensanti, profumi, eventuali ingredienti sintetici, compresi quelli che vengono spacciati per “naturali”, sono tutti trucchi del sistema finalizzati ad assicurare l’attaccamento alla mangiatoia e all’abbindolamento. Se continuerete a inghiottire docilmente le pillole che vi

dà il sistema, non riuscirete mai a uscire dalla “matrice” e a respirare l’aria fresca della libertà. Si dovrebbe anche comprendere che in realtà non si può sapere (e da noi in Russia non si ha neanche il diritto di sapere) cosa precisamente viene aggiunto ai salami, alle salsicce e ai prodotti semilavorati. I produttori e i commercianti nascondono la reale

composizione e l’origine dei prodotti o li segnalano astutamente, indicandoli nelle confezioni con scritte a caratteri minuscoli. Nella maggior parte dei casi sarebbe più ragionevole preparare qualcosa con le proprie mani, che non pagare, prima con la salute e poi con la vita, per il tempo risparmiato. Un prodotto naturale non

richiede alcun additivo artificiale. Serve aggiungere al salame della soia modificata come ingrediente? No, il salame dev’essere fatto di carne. Quest’ingrediente serve agli acquirenti? Assolutamente no, ma loro vanno al negozio e comprano stupidamente ogni cosa senza pensarci. La maggior parte dei consumatori del sistema non pensa assolutamente a quello

che mangia. Mangia alla cieca, stupidamente, e basta. E poi, altrettanto stupidamente, si ammala e muore. Se inizierete a pensare e a interessarvi di queste cose, farete un sacco di scoperte interessanti. Per esempio, in che cosa dovrebbe consistere la maionese naturale? A titolo illustrativo riporterò la ricetta di quella stessa maionese di cui tanto tempo

fa, quando ancora non esistevano gli additivi artificiali, andava orgogliosa la Provenza francese. Per 250 g di olio: 2 tuorli d’uovo crudi 1 cucchiaino da caffè di senape pronta 50 g di aceto, sale e zucchero Separare i tuorli d’uovo crudi dagli albumi. Ai tuorli

aggiungere la senape pronta e il sale. Mescolare con cura. Continuando a mescolare, aggiungere l’olio in piccole quantità (mezzo cucchiaino per volta). Quando viene utilizzato tutto l’olio, versare l’aceto e aggiungere lo zucchero. Il numero di tuorli può essere aumentato e la quantità di aceto diminuita o sostituita con succo di limone. Il segreto della maionese

preparata come si deve, cioè fatta diventare cremosa, consiste proprio nel fatto che l’olio viene aggiunto in piccole porzioni e mescolando. Una maionese naturale si può preparare in casa, a mano, con una normale forchetta e un piatto fondo, o con un robot da cucina o un frullatore, se avete poco tempo. È preferibile usare olio di girasole o di cardo mariano,

ovviamente di prima spremitura a freddo, non raffinato, cioè naturale. Le uova dovrebbero essere di fattoria e non di allevamento avicolo. Come vedete, non ci sono additivi speciali né trucchi o cose simili. I trucchi servono dove bisogna risparmiare sulle materie prime, aumentare la scadenza di conservazione, ottenere

maggiori profitti e allo stesso tempo occultare tutte le macchinazioni. Ma se si fa tutto con coscienza, qualità e onestà, la necesssità di ingegnarsi furbescamente scompare semplicemente. Dunque, nelle condizioni in cui oggi viviamo, questa ricetta per la maionese possiede un senso più esoterico di qualsiasi testo antico di migliaia di anni fa. Quello che è avvenuto

nell’antichità è passato da tempo. Ora si sono instaurate altre condizioni, l’uomo è un altro e la realtà è ben diversa, è tecnogena. Ma se nei testi moderni vi garantiscono che siete in grado di controllare liberamente questa realtà, senza al contempo menzionare l’impatto dei prodotti alimentari, dell’informazione, delle condizioni ambientali e dello stile di vita, state certi che vi

stanno inducendo nell’errore o vi stanno propinando un’interpretazione alterata, “rosicchiata” di un sapere. RIEPILOGO Quando l’organismo viene alimentato con cibo di bassa qualità, si abbassa a uno stato marginale. Da questo genere di esistenza l’organismo si logora molto rapidamente; tuttavia, fino a quando la

vita scorre, esso tira docilmente “il suo carretto”. Quando il corpo viene liberato dal carico di lavoro, prende avvio il processo di depurazione, rinnovamento, rigenerazione. L’organismo si ricorda di come dovrebbe essere secondo Natura, e si impegna nel processo di ristrutturazione e rigenerazione di tutto ciò che aveva perduto. Compare una forte domanda di vitamine, minerali, micro e macroelementi.

Quanto più alta è la qualità della manutenzione dell’organismo, tanto maggiori sono le pretese che esso avanza. Bisogna aumentare la percentuale di alimenti vegetali vivi nella dieta in modo graduale, senza stress, con piacere. Non bisogna crearsi delle limitazioni ma sostituire alcuni prodotti con altri, più preziosi e meno tossici. Il cibo dev’essere selezionato tenendo conto che esso deve depurare e non intasare l’organismo.

Bisogna rinunciare da subito e per sempre ad ogni prodotto chimico, sintetico o contenente OGM. Sono da considerarsi naturali quei prodotti che non contengono additivi artificiali.

NOTE A MARGINE Come vedete, l’informazione è densa, non è di immediata assimilazione, sì che per distrarci un po’ passeremo per breve tempo a un altro

tema.

Strane domande

Cari lettori!1. Dedico nuovamente quest’edizione alle risposte relative a questioni problematiche. Non tutto è roseo nella nostra comunità di transurfer, non troviamo

sempre una comprensione reciproca, e non riesco a farmi capire da tutti. Ogni tanto ricevo al mio indirizzo domande strane, o meglio, rimproveri. «Perché guadagno soldi dai miei libri?». Già, come mi posso permettere di ricevere una ricompensa per il mio lavoro? C’è una categoria di

persone assolutamente convinte che io debba essere obbligato, a piedi nudi e con un bastone in mano, ad andare in giro per il mondo e a portarvi “la luce della conoscenza”, disinteressatamente e gratuitamente. Oppure che dovrei distribuire liberamente i miei libri alle uscite della metropolitana. Bene, se così fosse, da quali mezzi mi ordinate di

trarre la mia sussistenza? Ovviamente continuando a rispondere alle vostre domande e a scrivere nuovi libri? Se non si riceve un compenso per la propria opera creativa, tra l’altro, assai faticosa, allora si dovrebbe trovare un’altra occupazione redditizia, e di tempo per la creazione non ne rimarrebbe. Le entrate di un autore, soprattutto di profilo ristretto qual è il

settore dell’esoterismo, non sono così grandi come può sembrare. Tanto più che la percentuale più alta dei miei libri non viene comprata ma scaricata gratuitamente da internet. E va bene, prego, che si faccia pure, a questo non mi attacco. Vorrei solo fare un appello a coloro che cercano di ottenere tutto gratis. Se si tende solo a prendere-prendere-prendere, arraffare-arraffare-arraffare

senza dare nulla in cambio, in realtà non si otterrà davvero nulla. Del resto, come potete ottenere qualcosa se, stando in piedi davanti allo specchio del mondo, dite continuamente: dai-dai-dai? Nelle mani vi resterà solo il vuoto, che non vi porterà alcun beneficio. E avviene proprio così. Succede che qualcuno mi scriva, in termini diretti e innocenti:

«Ho scaricato il suo libro e avrei delle domande da farle…». E poi mi chiede delle cose che nel libro sono scritte chiaramente, ripetute più di una volta e su cui si è particolarmente accentuata l’attenzione. E qual è il risultato in uscita? Il risultato è come se il libro non fosse stato letto affatto. Questo è il vuoto di cui si diceva, il vuoto che non dà niente se non si è dato niente. Questa è

la legge assoluta di conservazione dell’energia. D’altra parte, abbiate un po’ di rispetto per voi stessi. Credo che tutti vogliano essere rispettati. Ma anche qui di nuovo funziona la legge dello specchio e quella della conservazione dell’energia. Provate a pensare: se voi, stando in piedi davanti allo stesso specchio, non comincerete a rispettare il lavoro degli altri,

cosa avrete in cambio, a fronte del vostro lavoro? Ancora una volta il vuoto. E la sorpresa: “Com’è che gli altri guadagnano e io sono sempre senza soldi? Guadagnano sicuramente sulla mia pelle! Preferisco risparmiare. Devo avere tutto gratuitamente!”. Oggi, nel mondo, si sta cercando di assumere delle misure e delle leggi efficaci

per contrastare la pirateria ma, caso strano, non si riesce a farle passare perché il numero degli scrocconi è cresciuto in modo tale da poter organizzare manifestazioni e azioni di protesta. E come no! Vengono privati del loro diritto di scroccare! Altro che Transurfing! A queste persone il Transurfing non serve. Sono come gattini che si agitano di fronte allo

specchio e non possono in alcun modo capire che in realtà ricevono solo la loro immagine riflessa: non hai dato niente e non ti verrà dato niente. Com’eri in uno stato di bisogno prima, lo sei anche ora e lo sarai anche in futuro. Immaginate, per esempio, il lavoro colossale, disumano, investito in film com e Avatar, Star Wars , Il Signore degli Anelli. Quanto

non si deve rispettare il lavoro altrui, e se stessi, per cercare di risparmiare un centinaio di rubli e preferire scaricare questi film gratis da internet! E poi partecipare alle proteste per conservare il proprio diritto allo scrocco. No, a queste persone non si può spiegare nulla. Ma ci sto provando. Forse alla fine ci sarà qualcuno che capirà. Il punto non è che mi dispaccia

immensamente che i miei libri vengano scaricati. Ma, ripeto, è un’azione senza senso, a profitto zero nella realtà. Anche se non si volessero tenere in considerazione i princìpi dello specchio, esiste la legge oggettiva della conservazione dell’energia. Con questa legge, né io né voi possiamo fare nulla. «Perché

il

Centro

Transurfing guadagna con i suoi corsi? Perché lei ne fa pubblicità?». Ci risiamo… ma come si permettono di guadagnare a spese degli altri? Perché non offrono tutto gratis? Spiego per i non iniziati. Il coaching è un lavoro molto difficile e impegnativo in cui si investono non solo risorse fisiche, ma anche spirituali. Viene letteralmente data una

parte di sé. Il reddito, al tempo stesso, non è molto grande perché non si possono alzare i prezzi, e i costi di manutenzione delle apparecchiature sono significativi. Il lavoro di un coach è una sorta di compartecipazione agli eventi esistenziali. In questo senso gli allievi dei corsi del Centro ricevono più di quello che pagano. Cosa ricevono? Letteralmente proprio questa

parte delle risorse spirituali d e l coach, per di più direttamente. È un aiuto molto più concreto di quella parte delle risorse spirituali che viene trasmessa per il tramite di un testo. Un lavoro così vale molto. In merito alla pubblicità: sappiamo tutti che la pubblicità è a volte aggressiva, astuta e persino ingannevole. Ma c’è pubblicità e pubblicità! Non

si può fare di ogni erba un fascio, bisogna essere in grado di fare degli opportuni “distinguo”, capire dove cercano di ingannarvi e dove invece vi forniscono delle informazioni utili, dove vi costringono “a vedere come facciamo i soldi”, e dove invece vi aiutano, dove vi riuniscono nella stessa vasca della sabbia per “vendere sabbia”, e dove invece siete invitati a entrare a far parte

di un club di persone che la pensano allo stesso modo. Il Centro Transurfing svolge attività sia a pagamento che a titolo gratuito. Io personalmente non ricevo un soldo dall’attività del Centro. E non pubblicizzo, ma diffondo informazioni che a qualcuno possono tornare utili. Il termine “pubblicità”, nel senso comunemente usato, sottintende una trasmissione

commerciale di informazione. Non ho mai pubblicizzato alcunché per soldi, nè intendo farlo. Tuttavia si trovano in giro personaggi scaltri che si ingegnano a sfruttare a proprio fine questa mia caratteristica di dare gratuitamente informazioni. Ho già avvertito e avverto ancora una volta che se si scaricano i libri da risorse

illegali, in quei testi potete trovare qualsiasi cosa, si possono veicolare dei riferimenti con un testo di accompagnamento, come se fossi io a consigliare qualcosa. È una cosa veramente sporca, e mi piacerebbe guardare in faccia gli autori. Credo che assomiglino ai vermi. Esistono i parassiti del corpo, esistono i parassiti sociali e anche i parassiti della

coscienza, ma non avrei mai pensato che nei libri potessero proliferare i parassiti. Dunque, i diversi tipi di pubblicità vanno ben distinti. Facciamo così: se vi serve il testo, scrivetemi e io ve lo spedirò. Se mi viene specificamente richiesto, non dico di no a nessuno. Non di rado qualcuno mi scrive e mi chiede di inviargli il testo elettronico. Io lo invio. E per

me non è importante se poi viene comprato o meno il libro cartaceo. Facendomi una richiesta, voi agite onestamente e per questo vi rispetto, perciò il mio libro vi arriva come un regalo e non come una vuota prebenda. Cogliete la differenza? A volte mi fanno questa dom anda: «Perché lei ha trasformato il Transurfing in un business? Ci sono i libri e

in essi è scritto tutto. A che servono i corsi?». Così ragionano le persone con una posizione riflessiva: “Io sono l’ombelico del mondo. Se a me non serve, non serve a nessuno. Veh, che commerci sono stati messi su!”. Se non ne avete bisogno voi, passate oltre e andate avanti per la vostra strada. Perché gli altri dovrebbero

basarsi solo sulle vostre opinioni ed esigenze? Se c’è un’offerta, significa che a monte c’era stata una domanda. Quindi qualcuno di questo ha bisogno. Fate attenzione: ora è molto raro vedere in giro, per strada, delle compagnie di amici. Un tempo i bambini e gli adolescenti si riunivano nei cortili, giocavano insieme a qualcosa, comunicavano, stavano anche solo seduti su

una panchina, magari a bere birra. Ora sono tutti a casa dietro ai computer. Sono tutti immersi nella realtà virtuale delle reti sociali che offrono comunicazione surrogata e amici surrogati. Ma l’uomo rimane un soggetto sociale. Gli serve una comunicazione viva e non questo stupido cliccare “mi piace” e “non mi piace”. Il paradosso è che quanti più

amici “virtuali” si hanno, tanto più ci si sente soli. Stai seduto per giorni interi, e clicchi e riclicchi insieme ai tuoi compagni virtuali mentre la VITA, come scriveva una lettrice, SCORRE VIA. I problemi invece restano, e qui traggono origine gli stati depressivi e il crescente numero di suicidi. Il Centro del Transurfing (http://tsurf.ru) vi offre non

una comunicazione surrogata ma un vero club di persone che la pensano allo stesso modo, e anche un aiuto reale. E se ciò vi serva o meno, sarete ovviamente voi a deciderlo. Dovete sapere che non siete soli con i vostri problemi, e potete sempre chiedere aiuto. Non è tutto gratis, ma è tutto vero. Personalmente sono contento che il Centro del

Transurfing giustifichi ancora la sua esistenza, perché di esso la gente ha bisogno. Arrivano tante lettere di riconoscenza.

Le voci di Eywa

«Qui e lì, tra le fronde, sui fiori, ci attorcigliamo, ci intrecciamo, volteggiamo, oscilliamo. Sorella, sorella! Oscilla nella luminosità! Più rapidamente, più

rapidamente, in su e in giù, il sole della sera lancia i suoi raggi, il venticello fruscia, muovendosi tra le foglie, scivola la rugiada, i fiori cantano, muoviamo le nostre lingue, cantiamo con i fiori, con le fronde, le stelle appariranno presto, per noi è ora di scendere, ci attorcigliamo, ci intrecciamo,

volteggiamo, oscilliamo; forza, sorelle, più rapidamente!»1. (HOFFMAN, Il vaso d’oro) Cari lettori! L’edizione “Strane domande”, uscita ieri, ha dato vita a tanti diversi riscontri da parte vostra. Li ho suddivisi nelle seguenti categorie: messaggi di amore, di gratitudine, di

compassione, di sostegno; alcune richieste di invio di testi elettronici, richieste di dati bancari, messaggi edificanti e istruttivi, come pure risposte fredde-ostili e semplicemente volgari. Un bouquet meraviglioso! Grazie. Quando faccio qualcosa di simile a quello che ho fatto nel l ’ ul t i m a newsletter mi chiedono spesso: ma perché lo fai? La risposta è

or di nar i a: eseguo il mio lavoro, in un modo e nell’altro, per tutti e per ciascuno. Mi viene richiesto: ci spieghi il Transurfing, ci dia nuovi princìpi e nuove tecniche. E di questo mi occupo costantemente, in formati e aspetti diversi, in ogni edizione delle mie newsletter. È interessante non tanto rispondere alle domande

inappropriate, quanto seguire dopo la reazione successiva e la tempesta di riscontri. Bisogna pur ravvivare ogni tanto il nostro pendolino comune, fare in modo che non ci si annoi. La trasmissione posata, accademica, di informazioni fossero anche curiose, provoca “uno stridio di penne” e “un fruscio di quaderni”. “Individui” e

“soggetti” stanno lì a scrivere appunti, a patto, ovviamente, che non dormano. Ma la risonanza maggiore si ottiene quando si propone una questione discutibile, controversa e magari anche sciocca. Mi vengono in mente delle associazioni strane, come se stessi in piedi davanti all’albero di Eywa2 per comunicare con le anime

viventi che vivono tra le sue fronde. Se dico qualcosa di inequivocabile, o se, per esempio, esclamo semplicemente: – Salve-salve, miei cari! Come state? In risposta si possono sentire riecheggiare solo alcuni riscontri: – Salve-e-e-e!

– Bene-e-e-e! – Ma va affa… Se invece si invia a Eywa un intero accordo: – Anch’io vi voglio bene! Vi ammazzerei tutti! Amore e fortuna a voi, miei cari! Bovini e ungulati! Bravi ragazzi e brave ragazze, quella buona donna di vostra madre! Carissimi mostri, maschi e femmine! Che siate, infine, in salute e felici!

Allora dalle fronde di Eywa si riversa un’intera cascata di trilli e gorgheggi: – Amiamo il cielo azzurro e le foglioline verdi! – Ci rallegriamo e ci allunghiamo verso il sole! – Viviamo bene, non ci possiamo lamentare! – Beh, così così. – Anche tu smettila di tossire. – Che cosa cavolo vuoi?

– Lei è pregato di occuparsi degli affari suoi. – Vaffanculo! Sui rami superiori vivono “le anime pure”. Assomigliano alle meravigliose serpi verde-oro dei racconti di Hoffmann. Si allungano verso il sole e gridano: «Con i fiori cantiamo, le lingue muoviamo!». Esse si godono la vita, e per questo tutti

coloro che si trovano vicino a loro stanno bene, diventano allegri. Emettono un suono di campanelle di cristallo e spargono in giro, intorno a sé, smeraldi scintillanti. Sui rami più bassi e vicino alle radici hanno preso dimora i soggetti eternamente insoddisfatti e ostili. Gettano ghiande e torsoli di mela. Stanno male, ma allo stesso tempo sembra quasi che siano contenti di

star male. Questo loro “male” lo constatano e lo covano in continuazione, e poi lo riversano tutt’intorno per far star male gli altri. Allo stesso modo si distribuiscono i riscontri nelle lettere: dalle vibrazioni più alte a quelle più basse. Mi arrivano un sacco di messaggi di amore incondizionato. Non messaggi amorosi, ma di

amore, provenienti da autori che non chiedono nulla, non dicono nulla ma mi augurano semplicemente amore, fortuna e felicità. Così, semplicemente, senza alcun motivo, per qualche ragione o senza alcuna ragione. Queste sono, direi, delle anime pure. Si sono praticamente trasformate in semi di Eywa e sono pronte, come si usa credere nella filosofia del buddismo, per le

incarnazioni superiori. È anche sorprendente scoprire che persone così, in mezzo a noi, ce ne sono tante. (A essere obiettivi, non posso vantarmi di me stesso: in questo senso sono ben lontano da loro). Un alto voto darei anche a coloro che, senza alcuna spiegazione o giustificazione, mi hanno chiesto semplicemente di inviar loro il testo elettronico. Ciò è

indizio del fatto che la persona si trova in uno stato di buon equilibrio con se stesso e con il mondo circostante. Non mi metterò a valutare e interpretare i riscontri delle altre categorie. Ognuno lo potrà fare facilmente da solo. Il principio sta nel concetto seguente. Tutti noi, in un modo o in un altro, “specchiamo noi

stessi”. Questo si vede chiaramente quando reagiamo a qualche stimolo o fattore irritante esterno. Appendiamo agli altri le proiezioni delle nostre aspettative; accusiamo gli altri di ciò di cui pecchiamo noi stessi; critichiamo gli altri per quello di cui siamo in difetto; adoriamo soffermarci sulle imperfezioni, le mancanze e i fallimenti altrui; andiamo in

escandescenze quando si fa allusione alle nostre debolezze. Insomma, entriamo in risonanza con ciò che consciamente o inconsciamente ci preoccupa o ci manca. Lo stesso vale per i nostri punti di forza. Ad esempio, la compassione e l’empatia sono le forme supreme di manifestazione dell’amore incondizionato. “Ti amo e ti apprezzo non meno di quanto

ami e apprezzi me stesso”. Il desiderio di aiutare, la partecipazione sincera, la nobiltà d’animo, il rispetto, la dignità, l’onore e la generosità nei confronti delle persone, degli animali, delle piante, dell’intero nostro pianeta. Cherish for World. Mi prendo cura del mio mondo e il mio mondo si prende cura di me. E in molti possiedono queste qualità.

Quindi, potete facilmente definire da soli in cosa siete “poveri” e in cosa siete “ricchi”. A questo fine dovete svegliarvi e riprendere voi stessi nel momento in cui avete reagito a uno stimolo o a un fattore irritante esterno. Capirete così cosa “vi duole”, qual è il vostro punto debole e qual è invece il motivo per cui andare orgogliosi. È uno specchio che avete sempre

con voi. Ci potete guardare in qualsiasi momento, e per questo non vi serve alcun psicoanalista, ci vuole solo un senso di consapevolezza e di onestà. Ovviamente ci vuole anche il desiderio di capire se stessi, la volontà di vedere sia i propri punti di forza che quelli di debolezza. Questo non è di poca importanza perché la maggior parte delle persone non ha alcuna voglia

di guardarsi allo specchio e reagisce stupidamente, inconsciamente e alla cieca. Così sono abituati. A vivere nel sogno. Così è più comodo, infatti, è meglio non guardarsi direttamente in faccia, evitare di vedere l’autentico se stesso. Questo è lo specchioautovedente, una sorta di self-view, molto utile da portarsi sempre appresso. Ed

ecco perché è utile. L’uomo, alla fin fine, crea la sua realtà quando, in piedi davanti allo specchio del mondo, reagisce alle immagini che lì appaiono. Tutti gli esseri viventi hanno un riflesso primitivo, di base: al tocco, reagiscono. Tutti, dagli esseri più semplici a quelli che si definiscono “sapiens”, seguono questo riflesso. Inoltre, la reazione istintiva, come quella dell’ostrica,

tende a prevalere su quella consapevole. La vostra risposta a una qualsiasi immagine esterna è già il vostro messaggio personale allo specchio del mondo. Quello che inviate lo riceverete indietro e forse anche in grado superlativo. Prendete quest’abitudine: prima di inviare qualsivoglia vostro messaggio allo specchio esterno, date

un’occhiata a quello interno, rendetevi consapevoli del contenuto che intendete inviare e della reale necessità che avete di farlo. Non vi è alcuna necessità di indossare una tunica arancione e girare con i campanelli, cantando “Hare Krishna”. E non vi è nemmeno bisogno di sopprimere tutte le proprie emozioni. Il senso è quello di imparare a gestire “le valve

della propria conchiglia” non con le emozioni, che sono secondarie, ma con l’atteggiamento, il modo di rapportarsi agli eventi. Ripulire il negativo dalle proprie reazioni. Allora si ripulirà anche il mondo interiore e quello esterno comincerà a risplendere. E non vi accorgerete nemmeno di come sarete ascesi ai rami più alti di Eywa.

Ecco un esempio. Quando, proveniendo dai rami più bassi, mi perviene un messaggio cattivo del tipo: «Ma di che cosa si occupa lei, con queste “menate salutiste”! Mi dia qualche nuova pratica!», appare subito chiaro che la persona non si è avvicinata nemmeno di un passo alla comprensione di ciò che viene chiamato “gestione della realtà”. Che vantaggi

possono offrire le nuove pratiche a coloro che non hanno nemmeno assimilato quelle di base, nemmeno il principio del boomerang e quello della coordinazione dell’intenzione? Gli strumenti del Transurfing sono assolutamente inutili se si è intrisi di negatività. Ma se prima di inviare un messaggio del genere ci si

guarda allo specchiettoautovedente, si può capire qualcosa e quindi provvedere per evitare un effetto boomerang, che sicuramente si produrrebbe, in una forma o nell’altra. A coloro che desiderano ottenere “nuove pratiche”, suggerisco di superare prima un esame su quelle vecchie. Una semplice domanda: in cosa si distingue l’Osservatore dal

Guardiano? Chi ha partecipato al recente webinar gratuito del Centro dovrebbe conoscere la risposta, a patto, ovviamente, che non dormisse. Anche coloro che stanno seguendo il corso on-line di dodici giorni probabilmente lo sanno, o lo scopriranno presto. E, naturalmente, potranno rispondere coloro che hanno letto i libri consapevolmente e con discernimento, e non “a

salti”. In realtà, non si tratta di questioni di lana caprina ma di una questione molto importante nelle condizioni della realtà che oggi ci circonda. Ho più volte posto l’accento sul senso di detta questione. Ad essa sicuramente non potranno rispondere coloro che ritengono che noi ci troviamo qui a discorrere di “sana alimentazione”. Per quelli di

voi che hanno letto con attenzione, propongo una variante più complessa della stessa questione: L’Osservatore è colui che… (tre parole). Il Guardiano è colui che… (due parole). Riuscite a star dentro a questo numero contato di parole? A dire il vero, si può risolvere tutto anche con una

sola parola. Suggerimento: chi, nella nostra società, sono gli osservatori, e chi sono invece i guardiani? RIEPILOGO Potete facilmente capire in che cosa siete “poveri” e “ricchi”. A questo fine dovete svegliarvi e cogliervi nel momento in cui avete reagito a stimoli o fattori esterni irritanti. Saprete allora “cosa vi duole” e cosa invece vi rende orgogliosi.

Questo è uno specchio che potete sempre portarvi appresso. La vostra risposta a qualsivoglia immagine proveniente dall’esterno è il vostro messaggio personale allo specchio del mondo. Ciò che inviate lo riceverete indietro e forse anche in grado superlativo. Prendete la seguente abitudine: prima di inviare qualsiasi vostro messaggio allo specchio esterno, date un’occhiata a quello interno e rendetevi consapevoli di ciò che intendete inviare e

della reale necessità di farlo.

NOTE A MARGINE

Ed ecco la musica di un’insolita compositrice. Non assomiglia ad alcun’altra musica, è unica, molto bella, proviene dai rami più alti di Eywa: http://youtu.be/_r28IrRnn5Q. Tutto il canale di Al’fija si trova all’indirizzo: http://www.youtube.com/user

Cioccolato vivo

Dai lettori ho ricevuto molte lettere con le risposte al test posto nel capitolo precedente. Il rapporto tra risposte corrette e non corrette è di circa 50-50. È un risultato dignitoso. Significa che in molti di voi la

consapevolezza si trova a un livello abbastanza alto. Ma non nella maggioranza, anche tra coloro che hanno risposto. La risposta corretta è: Osservatore è colui che guarda un film altrui. Guardiano è colui che gira il suo film personale. Vincitrice del concorso è Natalija (purtroppo non

conosco il suo cognome). La sua risposta è, per significato, la più precisa e peraltro inclusa in una sola parola: Osservatore spettatore. Guardiano sceneggiatore.

è lo è lo

L’Osservatore è uno spettatore passivo, esterno. Nel migliore dei casi egli non

sprofonda nel gioco fino al collo, ma segue gli eventi impassibile, standosene in disparte. Ma scendere in platea non è sufficiente, così come non basta leggere i libri solo per capirci qualcosa, senza al contempo voler alzare un dito. Il cane dice: «Capisco tutto ma non posso parlare». L’Osservatore dice: «Capisco tutto, posso parlare ma non posso fare».

Il Guardiano è al contempo attore e regista e spettatore. In altre parole è il creatore, l’artefice . Nei capitoli precedenti si menzionava il fatto che la società moderna si suddivide in chi crea le informazioni e in chi le consuma. Gli ultimi sono la maggioranza. Il consumatore di informazioni, seduto davanti allo schermo del televisore o del computer,

osserva coloro che si creano il proprio destino. Il Creatore di informazioni, a differenza dell’utente passivo, non è nemmeno necessariamente colui che crea prodotti multimediali. Il Creatore è colui che trasmette attivamente nello specchio del mondo la sua intenzione, colui che gira il suo film e quindi, nella realtà, ottiene ciò che aveva nella mente.

Ancora un’osservazione riguardo ai due capitoli precedenti. Vi pregherei di non inviare lettere per chiedere dove inviare i soldi. Questo è un “NON SUPERAMENTO DELL’ESAME”. Se desiderate acquistare il testo elettronico, in Ozon troverete tutto, audio-dischi ed e-book. Permettetemi di ricordarvi

che il fine principale del discorso, qui, nonostante tutti i discorsi paralleli, è quello di uscir fuori dal bozzolo del consumatore passivo di informazione per diventare un trasmettitore attivo, l’Arbitro della propria realtà. Nelle condizioni in cui oggi ci troviamo a vivere, il compito non è affatto semplice. Quando lavoravo intorno ai primi libri sul Transurfing, non sospettavo

neppure che dieci anni più tardi un tale compito si sarebbe imposto in termini così schietti. Per trasformarsi da Osservatore a Guardiano occorre liberare la propria attenzione, la propria percezione, la propria coscienza e il proprio potenziale energetico dalla rete del sistema. L’alimentazione naturale (non necessariamente crudista) favorisce molto

quest’obiettivo. Vi siete mai chiesti, per esempio, dove sono andati a finire gli scarafaggi? L’umanità ha condotto contro di loro un’infruttuosa guerra per secoli, ma non c’era rimedio che servisse. La capacità di vita di questi insetti è sorprendente. Sono comparsi ancor prima dei dinosauri e sono sopravvissuti a tutte le catastrofi terrestri. Persino la

radiazione elettromagnetica non rappresentava per loro alcuna minaccia. Uno scarafaggio in un forno a microonde è un classico dei laboratori di radiofisica. Ebbene, improvvisamente, solo pochi anni fa, gli scarafaggi hanno preso e… in modo sommesso, pian piano, sono scomparsi, come se non fossero mai esistiti. Ora, se si vedono da qualche parte, è un

fenomeno molto raro. Non spaventa forse una cosa del genere? Possibile che non sia ancora chiaro che il cibo tecnogeno è proprio quella stessa bomba a effetto ritardato che ticchetta in modo rumoroso e inquietante, facendo oscillare “il pendolo con la falce”? Ed è un pendolo che decima ovunque: centinaia di milioni di persone muoiono ogni anno per malattie provocate

dalle nuove tecnologie alimentari. E insieme alla salute e all’energia, il sistema divora la coscienza dell’uomo. La coscienza scorre via anch’essa in modo sommesso, pian piano, goccia su goccia. Un bel giorno ci si può svegliare e scoprire di aver completamente perso la capacità di visualizzazione. E allora, addio Transurfing. Che sia davvero possibile

anche una cosa del genere? Sì, possibilissima. Ora però, per scherzo, facciamo finta di niente e occupiamoci dei nostri affari noiosi.

La sostituzione del caffè e del cioccolato Per molti è davvero un problema: a questo non si

vuole rinunciare e alternative valide non se ne vedono. E poi, perché bisognerebbe rinunciarci? Perché si tratta di prodotti molto tossici. Chi si è depurato l’organismo a sufficienza utilizzando i cibi vivi sa: basta bere un caffè o mangiare un pezzo di cioccolato perché dopo un’ora, se non prima, cominci una naturale sindrome da smaltimento. E

la caffeina non c’entra niente. Il fatto è che il caffè e il cioccolato sono un grande business mondiale. E il g r a n d e business, come sappiamo, non è particolarmente delicato quando si tratta di mezzi per l’ottenimento di profitti. Nelle piantagioni di caffè e di cacao sono ampiamente utilizzati prodotti chimici e proprio essi sono responsabili del processo di

intossicazione. Nel processo di torrefazione dei grani di caffè e dei semi di cacao e poi durante la loro lavorazione, la tossicità aumenta notevolmente, danneggiando il prodotto finale. Il tè in questo senso è molto meno dannoso, ma solo perché non viene torrefatto perché per la preparazione del prodotto finale, una tazza di tè, ci

vuole una quantità relativamente piccola di foglie secche. Ovviamente, anche le piantagioni di tè sono trattate con fertilizzanti, pesticidi, insetticidi. Caffè, cacao e tè organici non si trovano spesso in commercio. In queste condizioni, quando ci si trova invasi da tutte le parti da prodotti chimici, la migliore via di

uscita è quella di bere acqua viva pura, e stop ai problemi. È spaventoso vedere quanto caffè possano bere le persone durante il giorno! O tè, bevande gasate, succhi di frutta confezionati, ogni sorta di bevanda e non una goccia di acqua pura! Così facendo, il sangue si addensa, l’ambiente interno diventa viscoso e resta solo da chiedersi come l’organismo riesca ancora a funzionare

dopo questi attacchi esterni. Quando si smette di bere caffè e tè e si comincia a bere solo acqua viva, ci si chiede presto: ma a che serve bere caffè? Con la caffeina si vive bene, ma senza caffeina si vive ancora meglio. Se però avete bisogno del “doping” o avete voglia di dolce, una buona e per di più benefica alternativa potrebbe essere il cacao selvatico vivo,

quello che cresce in condizioni naturali e non è stato sottoposto a trattamento termico. Una cosa così meravigliosa esiste ancora in natura e la si può trovare, per esempio, a questo indirizzo: http://www.ocacao.ru. Il cacao contiene poca caffeina, in compenso ha un’altra “droga”, la teobromina. Tuttavia, a differenza del caffè, il cacao non scuote il sistema

nervoso, non provoca intossicazione, dipendenza e altri effetti collaterali. Tra i vantaggi si possono elencare i seguenti: è un antidepressivo, un forte antiossidante, una ricca fonte di micro e macro-elementi, stimola il funzionamento del cervello, rafforza il sistema cardiovascolare, stabilizza il sistema nervoso e il sonno, migliora l’aspetto, la salute generale e l’umore.

Di seguito le ricette: 1. La più semplice: mescolare i semi di cacao con una piccola quantità di miele e mangiarli. Vanno però ben masticati e non consumati in eccesso, perché il cacao è comunque un doping e va perciò assunto con moderazione: non più di uno o un cucchiaio e mezzo da minestra in una volta, ovvero non più di

40-50 g al giorno; e non più tardi di tre ore prima di andare a letto, perché diversamente non si riuscirebbe a dormire. Se vicino al cacao vivo dovessero trovarsi per caso i moscerini della frutta, noterete che prenderanno a volare come impazziti. Per loro basta solo sentire l’odore del cacao.

2. Bevanda di cacao: mescolare parti uguali di semi di cacao e “žmych”1, macinare in un macinino da caffè, mettere la polvere in un frullatore, aggiungerci dell’acqua, un po’ di miele, frullare ad alta velocità. Il rapporto tra gli ingredienti dev’essere scelto a seconda del gusto e della golosità

individuale. La bevanda può essere conservata in frigorifero. Scuoterla prima di consumarla. 3. Tè e burro di cacao. In una tazza calda di tè verde aggiungere un cucchiaino di burro di cacao e un po’ di miele. Meglio non risparmiare sul tè e usarne di prima qualità. Il burro di cacao non è meno benefico dei semi di cacao. Se in

inverno volete bere qualcosa di riscaldante, questa è la scelta migliore. L’effetto stimolante è molto più forte di quello di una tazza di caffè, ma senza gli effetti nocivi di quest’ultimo. 4. Cioccolatini vivi. Mescolare parti uguali di semi di cacao e “žmych”, macinare tutto in un

macinino da caffè. Al composto ottenuto aggiungere noci frantumate e miele. Lavorare l’impasto, formare delle palline o altre forme e riporle in frigorifero. Per raffinare il gusto si possono aggiungere una stecca di cannella e un baccello di vaniglia, macinati in un macinino da caffè. La quantità di miele (non

troppo compatto) dipende da quanto serve per ottenere un impasto duro. Per esempio: 200 g di semi di cacao, 200 g di sansa di pinoli di cedro siberiano, 100 g di noci, 200 g di miele. Troverete il gusto di questi cioccolatini più che soddisfacente. Non ve ne serviranno altri. 5. Cioccolato vivo. Grattare 80-100 g di burro di

cacao in una ciotola smaltata, aggiungerci 200 g di miele. Riempire una grande pentola con acqua calda, di temperatura non superiore ai 41°C, metterci la ciotola per far fondere il burro e il miele. Macinare in un macinino da caffè 250 g di semi di cacao in più fasi, mettendo la polvere nella stessa ciotola. Il macinino da caffè

dev’essere potente e in una stessa volta si dovrebbero caricare non più di due cucchiai da minestra ricolmi. Quando il burro di cacao e il miele saranno completamente sciolti, aggiungere due manciate di noci tritate e mescolare il tutto accuratamente. Poi versare il composto in due-tre grandi contenitori per alimenti,

lisciarlo sul fondo, chiudere i contenitori con i coperchi e metterli in frigorifero. Dopo alcune ore il cioccolato sarà pronto. Si stacca facilmente dal fondo del contenitore. Forse non tutti sanno che cos’è lo “žmych” di pinoli di cedro (farina di pinoli di cedro): è ciò che rimane dopo la spremitura dell’olio di

pinoli di cedro. È un prodotto molto nutriente, contenente fino al 45% di proteine. Ed è anche assai gustoso. Lo si può trovare nei negozi di alimenti naturali od ordinare via internet. RIEPILOGO L’Osservatore segue ciò che succede tutt’intorno, standosene in disparte. Il Guardiano è al contempo

attore, regista e spettatore. È il creatore, l’artefice. Il fine principale è quello di uscir fuori dall’involucro di consumatore passivo di informazioni e di diventare un trasmettitore attivo, l’Arbitro della propria realtà. Oltre alla salute e all’energia, il sistema divora la coscienza dell’uomo. La coscienza defluisce in modo sommesso, pian pianino, goccia a goccia. Quando si smette di bere caffè e tè, e si passa a bere l’acqua viva, si comincia presto a capire una cosa: si

vive bene con la caffeina, ma senza caffeina si vive anche meglio.

NOTE A MARGINE A proposito, praticamente quasi tutti i giovani oggi hanno un sacco di problemi di salute, cosa che non si osservava con le precedenti generazioni. I nostri figli, nutriti da prodotti sintetici da supermercato, vivranno meno di noi. Prima la tendenza era diversa, mentre ora, per la prima

volta, i figli vivranno meno dei loro genitori. E potranno loro stessi avere figli? È una questione seria. Capite cosa sta succedendo?

Un nuovo gradino della piramide Concludiamo il tema iniziato nel capitolo “Esoterismo reale”.

Un’alimentazione

completa e varia Come si è già detto, quando si affronta il periodo di transizione per passare a un’alimentazione a base di cibi della prima specie, può verificarsi un deficit di vitamine e minerali. Tale carenza emerge non perché nei cibi morti e di origine animale ci sia di tutto in abbondanza, ma a causa del fatto che l’organismo in fase

di rianimazione richiede un fabbisogno aumentato di vitamine, minerali, micro e macro-elementi. Questo è un altro motivo per cui non si dovrebbe aver fretta di passare a questo regime. L’organismo ha bisogno di tempo per ristrutturarsi, formare la vitaflora e accumulare tutti gli elementi necessari. Nel periodo di ristrutturazione e del

passaggio dalla necrobiosi alla vitabiosi (probiosi) si verifica proprio un accumulo di vitamine, minerali, micro e macro-elementi. Cambiano, letteralmente, la carne e la pelle. L’accumulo durerà finché non verrà raggiunta la massa critica di tutti gli elementi necessari. Ancora, fintanto che non si sarà formata una microflora viva, il cibo vivo non potrà essere pienamente assimilato, e per

l’organismo sempre poco.

tutto

sarà

Poi, verso la fine del periodo di transizione, sarete sicuri che il cibo vivo ha cominciato a essere assorbito completamente, mentre quello morto ha cessato di esserlo. E allora scoprirete tutta la differenza tra necrobiosi e vitabiosi, tra un gradino della piramide e l’altro. Ma fino a quel

momento dovrete nutrirvi consapevolmente in modo completo, includendo nella vostra dieta anche cibo di origine animale e frutti di mare, possibilmente crudi. L’importante è che il processo di depurazione dell’organismo prevalga su quello di intasamento. A questo proposito, la carne cotta e consumata con una grande quantità di verdure verdi in foglia è anche

meglio delle pappette cotte di cereali. La proporzione di alimenti vegetali vivi dev’essere aumentata gradualmente nella dieta, e massimamente diversificata. Dovete capire che il corpo ha bisogno non tanto di proteine, grassi e carboidrati, quanto di grosse quantità di vitamine e minerali. Senza i primi può sopravvivere, e anche per lungo tempo, senza i secondi, invece, non lo può

fare. Se andate al capitolo “Le caratteristiche distintive dei vegetali” (contenuto ne Il Transurfing vivo, p. 418), vedrete che ogni pianta è particolarmente ricca di qualcosa di suo, e tanto più varia è la vostra dieta, tanto prima il vostro organismo si rifornirà di tutto il necessario, si sazierà. Certo, non si può mangiare

tanto di tutto, e poi non sempre lo si trova, del resto bisogna capire che l’alimentazione viva non si deve limitare solo a frutta e verdura. Come riferimento si possono prendere le ricette sistematizzanti (vedi Il Transurfing vivo, cit., p. 371). Molte ricette utili si possono trovare anche nel libro di V. Boutenko, Kulinarnaja kniga syroeda (Il libro di culinaria del

crudista), http://www.ozon.ru/context/det

Nutrite il vostro corpo, come fate con un bambino Secondo un’opinione diffusa, l’organismo sa quello che vuole. Ma è una falsa opinione. Non lo sa. L’organismo è confuso e

immerso in un sonno profondo perché il suo sapere primario, quello ricevuto da madre Natura, si trova sepolto sotto uno spesso strato di fibre sintetiche artificiali. Del resto, fin dal suo concepimento è stato nutrito con cibi morti, suscitanti intossicazione e assuefazione. Esso piuttosto vi dirà che vuole patatine fritte o hamburger, invece che peperoni dolci. E anche

quando sarete passati a un regime alimentare interamente a base di cibi vivi, esso non cesserà di volerlo e ciò fino a che in esso continueranno a circolare le tossine dei prodotti morti. Immaginate che state alimentando il vostro bambino e volete che si ingrassi e sia in buona salute. Come risulta dal principio sopra esposto, bisogna

nutrire il proprio organismo in modo cosciente e completo, dandogli ciò che è necessario, che lo voglia o no. Poi lo vorrà da solo e sarà lui stesso a esigere il cibo giusto, ma all’inizio bisogna istruirlo come si fa con i bambini. Lo stesso vale per il bere.

Bere acqua pura

consapevolmente Con il bere bisogna fare la stessa cosa, che l’organismo voglia o meno. A seconda del peso, bisogna bere non meno di 1,5-2 l di acqua al giorno, possibilmente acqua strutturata e, meglio, anche viva. Non più tardi di quindici minuti prima di un pasto e non prima di un’ora e mezza o due dopo. L’acqua pura serve non tanto per

placare la sete quanto per depurare l’organismo. Non lavate i piatti con le bevande gasate o con i succhi di frutta, non è vero? Anche il bilancio idrico dell’organismo è più facile da mantenere con l’aiuto dell’acqua pulita che non per il tramite di prodotti da cui l’acqua dovrebbe essere poi ricavata. Non costringete l’organismo a svolgere un lavoro simile a quello che

sono costretti a fare gli abitanti del deserto, quando estirpano le radici delle piante per poi schiacciarle e spremerle. Recentemente è stata fatta una scoperta sorprendente: pare che l’organismo, per motivi sconosciuti, segnali la sete solo al-l’ultimo momento, quando è arrivato già a un limite pericoloso. È per questo che una persona

può bere tutto il giorno caffè e non sentire la sete. L’organismo non ha grandi pretese e si accontenta del minimo. Ma questo non significa che non sia necessario prendersene cura.

Dieta dissociata Non bisogna mescolare in uno stesso pasto prodotti incompatibili, come le

proteine e i carboidrati. Le proteine vengono digerite in ambiente acido, i carboidrati, invece, in ambiente alcalino. Se si mescolano, il cibo non viene digerito ma marcisce. I prodotti di diverso tipo, frutta, verdura, noci, cereali, vanno mangiati separatamente. I prodotti dello stesso tipo si possono consumare insieme ma bisogna fare attenzione a non esagerare. Le ricette devono

essere possibilmente monoprodotto, però è meglio non affrettarsi a passare a una dieta monotrofica basata sui cibi crudi, è meglio che prima l’organismo si sazi. Insalate miste di verdura fresca condite con olio, zuppe vive di varie verdure ed erbe non faranno mai male a nessuno.

Dieta consecutiva

Durante il giorno utilizzare prima i prodotti che vengono rapidamente digeriti, e dopo quelli che richiedono maggiori tempi di assorbimento. È lo stesso principio che vige per il movimento delle macchine: se le vetture che sono davanti vanno lentamente, si forma un ingorgo. Per velocità di digestione i prodotti si dispongono nel modo seguente: frutta, verdura,

cereali e frutta secca con il guscio. Secondo quest’ordine si possono consumare durante il giorno (frutta secca con il guscio e cereali possono essere scambiati di posto se dopo un piatto a base di noci sono passate almeno tre ore.) Prima di pranzo, frutta, frullati verdi, yogurt vivo (cioè non a base di latte ma verde, come descritto nelle ricette sistematizzanti). Per pranzo,

ortaggi e verdure verdi in foglia. La sera, noci, pane tostato, pappette vive a base di germogli di cereali. Il cibo vivo non sottosta alla regola di “non mangiare dopo il tramonto o dopo le sei di sera”. Si può mangiare quando e quanto si vuole, anche poco prima di andare a dormire. L’importante è non violare la sequenza.

Il metabolismo del colibrì Rinunciare possibilmente all’olio pesante come quello di oliva, girasole, mais, soia, palma e alcuni altri. Gli olii leggeri, a differenza di quelli pesanti, non sovraccaricano inutilmente l’organismo e vengono assorbiti più rapidamente. Oli leggeri sono: quello di lino, di cedro

siberiano, di zucca, di cardo, di amaranto, di noce. Se l’olio è leggero, si lava dal piatto con acqua fredda, senza richiedere l’uso di detergenti. Victoria Boutenko avanza un paragone calzante. L’uomo che si nutre di grassi leggeri ha il metabolismo di un colibrì. Ha un’energia fluida e vibrante, si sente leggero e libero, si muove velocemente e capisce

rapidamente le cose. L’uomo che consuma grassi pesanti, soprattutto di origine animale, ha il metabolismo di un orso grizzly. Egli ha un corpo pesante, un basso potenziale energetico, fa movimenti pigri e rallentati, ha una coscienza assonnata. Nella maggior parte delle situazioni esistenziali sono avvantaggiati coloro che hanno un organismo meno

carico, che si sentono liberi e scattanti. Persino sul ring dei pesi massimi chi ha un corpo forte e il metabolismo di un colibrì è imbattibile. Non sono sicuro che questo vantaggio possa avere lo stesso valore, per esempio, in una birreria, comunque sia è sempre comodo.

Alimentazione in

inverno In generale, il periodo invernale non è il momento migliore per passare a un regime a base di cibi vivi. Sarebbe meglio iniziare la dieta di transizione graduale in tarda primavera. Però anche in inverno si possono trovare cibi a sufficienza. Il cibo vivo non si limita solo a frutta e verdura. Le verdure verdi in foglia

possono essere sostituite dalle alghe. Anche le piante di serra sono una variante accettabile, ma bisogna essere più attenti nella scelta. Si ritiene che gli ortaggi e le verdure di serra siano da scartare, essendo pieni di sostanze chimiche. Tuttavia non è sempre così. Ci si può certamente imbattere in verdure “taroccate”, ma per fortuna ultimamente sempre più aziende utilizzano nelle

loro serre fertilizzanti organici. C’è un altro fattore importante. Com’è noto dal Transurfing di base, il vostro mondo è pieno di ciò su cui si fissa la vostra attenzione. Se continuate a ripetere: «Le sostanze chimiche sono dappertutto!», per voi sarà così. Non sarebbe meglio orientare la propria intenzione sulla ricerca di prodotti naturali? Chi cerca

trova sempre e ottiene quello che gli serve, riservato apposta per lui. Il venditore non sempre sa se gli ortaggi sono stati coltivati senza uso di prodotti chimici, e se lo sa, può anche non dire la verità. Però la verità si può scoprire anche da soli: se l’ortaggio ha un gusto forte e non tipico, è meglio cercare la merce di altri produttori.

Ci si può tutelare anche con un metodo conosciuto: versare 1,5-2 l di acqua in una ciotola smaltata, prendere mezzo limone, spremerne il succo, aggiungerlo all’acqua e metterci poi il limone stesso, dopo averlo ulteriormente strizzato per ricavarne tutto il succo. Mettere in quest’acqua le verdure verdi in foglia e lasciarvele per cinque minuti. Allo stesso

modo si può fare con le carote e le barbabietole, precedentemente mondate. Con questo sistema le sostanze nocive saranno neutralizzate, anche se non del tutto. Anche i frutti di bosco surgelati vanno bene per preparare i frullati verdi. Con le verdure, invece, c’è un problema: di solito vengono sbollentate, ragion per cui non si sa quanti enzimi vivi

rimangano. Credo comunque che qualcosa resti. Potete capire da soli al gusto se un prodotto è vivo o morto. A mio parere, le verdure e i frutti di bosco surgelati possono ancora essere considerati un alimento vivo, anche se, rispetto a quelli naturali, hanno un valore nutritivo inferiore. In inverno bisogna prestare un’attenzione particolare ai

prodotti nutrienti, come la frutta secca con il guscio e i cereali germogliati. Se la frutta secca con il guscio non vi sembra molto gustosa, provare a consumarla con un po’ di miele. Oppure, per esempio, ecco una ricetta. Prendete in parti uguali noci, “žmych” (vedi conclusione del capitolo “Il cioccolato vivo”) di pinoli, cacao vivo, aggiungeteci un po’ di miele, mescolate. Il palato sentirà

subito gusti nuovi e molto interessanti. Le alghe, il polline di fiori, il polline d’api, l’uvetta blu, l’infuso vivo di rosa selvatica e di erbe si devono consumare obbligatoriamente: sono fonti della maggior parte delle vitamine e dei minerali necessari all’organismo. Un alto valore nutritivo è contenuto inoltre nei seguenti

prodotti: farina di zucca, di sesamo, di amaranto, di pinoli di cedro siberiano, “žmych” di cedro siberiano, latte di cedro siberiano, farro spelta. Si tratta di prodotti che arrivano a contenere fino al 45% di proteine. In nessun prodotto animale se ne trova così tanto. La farina può essere aggiunta, ad esempio, nelle pappette vive come integratore proteico. Tutte le informazioni relative e i

prodotti si possono trovare su internet.

Sostituzione del latte Bere latte non ha senso. Si digerisce male e si assimila anche peggio. Ha ancora meno senso nutrire i bambini con latte altrui, per non parlare di quello in polvere, surrogato. (Non voglia Dio,

piccolo, che tu nasca da una mammina che ti nutre diligentemente con latte e pappette artificiali fino a farti venire, poverino, tutte le malattie possibili e immaginabili). Se volete nutrire i vostri bambini piccoli con cibi vivi, fatevi guidare dai princìpi di: prudenza, piccole dosi, gradualità. Per i primi tempi date ai bambini il latte di germogli di grano, di farro

spelta, di avena, di grano saraceno, il latte di noci, di sesamo, di pinoli, poi delle pappette di germogli, frullati verdi, zuppa verde, alghe, succhi di frutta freschi, frutta grattugiata e frutti di bosco schiacciati. Fate attenzione al polline di fiori e di api. Cercate farina di zucca, sesamo, pinoli, che si può aggiungere alle pappette e con cui si può fare anche il latte. Per tutto questo è

necessario usare un frullatore potente. La pappette bollite vanno assolutamente sostituite con pappette vive a base di cereali germogliati. Il latte animale va sostituito col latte degli stessi germogli di cerali o di frutta secca in guscio. Tutto ciò può essere facilmente preparato in un frullatore. Durante il passaggio al

cibo vivo non si dovrebbe avere fretta di abbandonare latticini, ricotta, formaggio e i tuorli d’uovo. Rinunciateci solo quando sentite di esserne pronti. Si deve tener presente che il formaggio duro viene assorbito dall’organismo con grande difficoltà e molto a lungo. È meglio dare la preferenza al formaggio non stagionato, morbido.

I produttori di tutti gli alimenti, cereali compresi, dovranno essere scelti tra coloro che non avvelenano i propri animali con additivi sintetici, che non distruggono il suolo e le piante con fertilizzanti chimici, che hanno conservato ancora almeno un po’ di buon senso. Esistono produttori di questo genere. Se vi imporrete il fine di trovarli, li troverete.

Meno chimica Certo, è quasi impossibile salvaguardarsi da tutte le manifestazioni e gli attacchi della civiltà tecnogena. Però, se ci si prefigge lo scopo, si può ridurre al minimo la quantità di sostanze chimiche nocive nel proprio ambiente più prossimo, dai materiali edili ai cosmetici. Si può costruire una casa utilizzando solo materiali

organici e naturali? Certo che si può. E non dite che vi mancano i soldi per farlo. Per questo c’è il Transurfing. La questione non sono i mezzi materiali, ma il film che gira nel vostro “proiettore”. Può darsi che un giorno vi venga voglia di buttare fuori di casa tutti i detersivi, i detergenti e i cosmetici di basso costo. Il motivo è sufficientemente convincente. Tutte queste

polveri per il lavaggio e la pulizia non se ne stanno semplicemente in un angolo. Esse diffondono per tutta la casa fumi tossici che vi tocca respirare, anche se non li sentite. E le sostanze chimiche contenute nei cosmetici penetrano facilmente attraverso la pelle nel sangue e con le loro tossine ostruiscono l’intero organismo. Come risultato, il rapido “miglioramento di

qualcosa” col tempo lascia il posto a un ancor più rapido deterioramento di tutto. Non tutti i detergenti e i cosmetici con il marchio “naturale” possono essere considerati prodotti assolutamente organiciecologici. Dipende da quanto sono aggressivi gli additivi chimici in essi contenuti. I cosmetici veramente vivi,

per esempio, vengono realizzati a mano e sono a base di materie prime vegetali vive. Non si conservano a lungo, così come avviene con i cibi freschi. Non occorre necessariamente andare agli estremi, ricordando con cosa si lavavano i capelli o facevano il bucato i nostri antenati. Ma non sarebbe male lasciare i “vecchi

produttori”, con le loro merci sorpassate e pericolose, e rivolgersi a nuovi produttori più sensibili alla sicurezza e attenti all’impatto ambientale. Come punto di partenza, per rendere l’idea di che cosa si intende per eco-prodotti per la casa e per il corpo, posso consigliare il sito seguente: http://www.bezhimii.ru.

Permettersi di essere se stessi e permettere agli altri di essere diversi Non siate come quei crudisti arrabbiati contro il mondo intero che non li vuol capire e non desidera condividere le loro credenze. Abbandonate i tentativi di convertire gli altri alla vostra fede. Se gli altri cercheranno di indicarvi

“l’autentica via”, ascoltateli con attenzione, con occhi spalancati e fiduciosi, e continuate tranquillamente a seguire la vostra strada. Ma voi non dovete né dimostrare né imporre alcunché ad alcuno, figli compresi. Non potrete proteggere i vostri figli dagli effetti della tecnosfera a mano che non lo vogliano loro stessi. E non vi riuscirà di convincere qualcuno di qualcosa se

questo qualcuno non è pronto ad accettarlo. Per colui che è pronto basta solo un accenno e un buon esempio. Ognuno ha la propria strada e non spetta a voi decidere quale dovranno seguire i vostri cari. L’unico metodo di persuasione può essere solo il buon esempio. Gli altri metodi non funzionano. Però, naturalmente, potete provarci.

Cercare persone che la pensano come voi Non bisogna convertire alla propria fede ma cercare intorno a sé persone già “pronte”, che la pensano come voi, e comunicare con loro. Alla fin fine le si può sempre trovare in internet. La comunicazione è necessaria al fine di non cuocersi nel

brodo dei propri pensieri ed errori e per condividere esperienze e aiuto. La coscienza umana è strutturata in modo tale da non potersela cavare senza alcun sostegno reale, così come un uccello non può stare senza un ramo. La coscienza non può essere sempre in volo libero, di tanto in tanto ha bisogno di atterrare. Ecco perché, quando le persone sono accomunate da una stessa

idea e visione del mondo, si riuniscono in gruppi nei quali possono trovare la compagnia e il sostegno di chi è loro vicino. Però bisogna rapportarsi con cautela all’esperienza altrui. Innanzitutto, l’esperienza è sempre in qualche misura individuale. Personalmente cerco di dare consigli non strettamente mirati ma il più possibile generali. Non precipitatevi a

seguire metodi o pratiche alimentari seguite da altri, ascoltate in primo luogo voi stessi, la vostra anima, la vostra ragione e il vostro corpo. In secondo luogo, cercate di mantenervi consapevoli e di valutare quanto lucida è la persona con cui interloquite. In generale, a un’attenta osservazione non è difficile arguire il livello di idoneità di un individuo. Se una

persona manifesta tendenze paranoiche, mostra segni di fanatismo e ossessione per qualcosa, è meglio tenersene lontani.

Orientarsi sul fine Dovete sempre ricordarvi e rendervi conto del motivo per cui state facendo qualcosa, del fine cui ambite, di ciò che volete raggiungere.

Diversamente non sarete in grado di mantenere il vettore dell’intenzione e di realizzare il passaggio a un nuovo gradino della piramide. Da stelle di riferimento vi serviranno i benefici che otterrete quando vi ritroverete su questo gradino. Ad essi dovrete sempre pensare: un organismo pulito e sano; un intelletto potente e una mente chiara; una buona forma

fisica; una psiche stabile; la libertà da parassiti; la libertà dalla dipendenza da cibo e da altri alimenti; l’eliminazione di malattie croniche e degenerative come quelle cardiache, il cancro, il diabete, l’artrite, l’AIDS, l’obesità, le allergie, la depressione, la nevrastenia, l’infertilità, l’invecchiamento precoce, lo stress, la stanchezza cronica eccetera, e per coronare il

tutto e come naturale conseguenza, l’aumento della vitalità e della qualità della vita in generale. Ovviamente, acquisendo anche solo uno di questi benefici sarete in vantaggio rispetto a coloro che non ce l’hanno.

Verbalizzare la propria realtà

L’alimentazione da sola non risolve tutto. Funziona a dovere solo l’approccio integrale: come pensiamo, come mangiamo, come ci muoviamo. Bisogna sempre pensare al fine e trasmettere continuamente la propria intenzione. Una grande massa di persone sulla terra prega incessantemente i propri dèi. E non senza ragione. Così le persone fissano il loro “punto

di unione”, la loro realtà, affinché la coscienza non voli via, non si perda la testa. Se l’attenzione non è occupata dalla religione, viene sicuramente catturata da qualche altro pendolo: un’ideologia, un’idea, il lavoro, un movimento sociale, e così via. Un luogo sacro non è mai vuoto. Noi pascoliamo i pendoli e loro pascolano noi.

Nostro compito è quello di essere fondamentalmente dei pastori, anziché delle pecore. Non essere sotto i pendoli, ma sopra di essi, utilizzarli per i nostri scopi, pascolarli. E a questo fine è necessario gestire la propria attenzione. Sì, la coscienza ha bisogno di atterrare su una qualche piattaforma, su un pendolo. Coloro che pregano gli dèi e le idee lo fanno inconsciamente. Ma la stessa

cosa può essere fatta consapevolmente. Trasmettere la propria intenzione, girare il proprio film, verbalizzare la propria realtà. Quando vi occupate della preparazione di un alimento vivo, quando mangiate, eseguite degli esercizi fisici, non lo dovete fare meccanicamente, ma in modo ragionato, pensando al motivo per cui lo fate, al fine cui ambite, a cosa otterrete

da questo. Verbalizzate tra voi e voi le forme-pensiero, dichiarate la vostra intenzione il più spesso possibile, trasformate tutto ciò in abitudine. Le formepensiero possono avere approssimativamente il seguente contenuto: Mangio cibo naturale vivo, il mio organismo si sta depurando, il mio potenziale energetico

sta aumentando, coscienza diventando chiara.

la sta

Tutte le scorie e le tossine vengono eliminate dal mio organismo. Il mio organismo è come un fiume di montagna. Io sono come un fiume pulito, rapido, potente. Il

potente

fiume

di

montagna fa ruotare potenti turbini di energia. Ho un bel corpo, un’ottima salute, un forte potenziale energetico, un potente intelletto e una mente chiara. Il cibo vivo purifica il mio organismo. Man mano che il mio organismo si ripulisce, la mia mente diventa

sempre più chiara. Ho un intelletto chiaro e una coscienza potente. Gestisco la mia realtà come un sogno lucido. Il mio corpo diventa di giorno in giorno più pulito. Nel mio corpo puro l’energia fluisce liberamente e facilmente. Ho un’energia potente, di giorno in giorno sempre

più potente. Il cibo vivo mi depura e mi nutre di tutto il necessario. Mangio molto bene, in modo corretto e completo. Mi prendo cura del mio corpo e il mio corpo sta rinascendo. Il mio organismo si sta depurando e in me si stanno rivelando delle

supercapacità. Ho un forte potenziale energetico, un potente intelletto e una potente coscienza. Sono un genio e la Forza è con me, la Forza mi guida e per questo faccio tutto in modo brillante e geniale. Risolvo facilmente ogni tipo di problema. Gestisco la mia realtà.

Amo il cibo vivo perché esso purifica il mio corpo e la mia mente, caccia via tutti i parassiti, mi libera dalla “matrix”, mi dà un’ottima salute e un forte potenziale energetico, mi dà sicurezza e libertà. Anche il mio organismo ama il cibo vivo, leggero, curativo, pulito. Amo il cibo vivo

già solo per il fatto che è vivo». Non occorre necessariamente verbalizzare il testo per intero e parola per parola. Potete inoltre comporre le vostre varianti personali di dichiarazioni e ripeterle di tanto in tanto durante il giorno, regolarmente, a mente o ad alta voce, insieme o separatamente, come volete.

L’importante è farlo con regolarità. Lo stesso può essere fatto pronunciando le dichiarazioni su un bicchiere di acqua o sulla pietanza che intendete mangiare. Basta non trasformare quest’azione in un penoso obbligo. Ciò dovrebbe procurarvi piacere, dopo tutto state formando il vostro corpo, il vostro tempio, la vostra mente, la

vostra realtà, il vostro mondo. È tutto a vostra disposizione e ciò ne vale davvero la pena. Senza una tale consapevole trasmissione di intenzione, tenersi sulla strada del cibo vivo è difficile. La vostra attenzione può venire rapidamente catturata dal sistema, che per questo fine può muovere molte leve: i mass media, la società, i

ristoranti, i supermercati. E voi di nuovo vi ritroverete nel branco, sotto i pendoli, e ritornerete all’alimentazione di prima, come tutti gli altri. Ma allora anche le vostre possibilità saranno come quelle degli altri, non superiori alla media. Per evitare questo, createvi la vostra preghiera consapevole, pronunciate la vostra realtà, pascolate il

vostro pendolo del cibo vivo, ed esso vi aiuterà a mantenere l’attenzione sul cammino prescelto.

Il movimento sulla scala mobile Esercizi fisici adeguati (non pigri e non estenuanti) sono una parte altrettanto integrante della cura dell’organismo, esattamente

come il cibo. Se, seguendo un regime alimentare a base di cibi vivi, farete vita sedentaria, il vostro peso devierà presto dalla norma, in una direzione o nell’altra. Il movimento è molto importante per il corpo. Se non c’è movimento, non c’è sviluppo. E dove non c’è sviluppo, subentra il degrado. Immaginate di dover salire per una scala mobile che sta scendendo. Se state fermi sul

posto o vi spostate troppo lentamente, finirete alla fine della scala. Non si può stare fermi sul posto. Non esiste lo status quo. O c’è sviluppo o c’è degradazione. Questo non significa che dovremmo essere costantemente in corsa, come uno scoiattolo che fa girare la ruota. La soluzione ottimale sarebbe arrivare nel proprio sviluppo fino a un certo livello (desiderato) della scala

mobile, e quindi muoversi con ritmo misurato in modo da non retrocedere.

Il programma di rigenerazione Il cibo morto innesca, un programma di degenerazione, decomposizione. Il cibo vivo, al contrario, è in grado di rivitalizzare e rinnovare tutto il corpo. Però, per attivare il

programma di rinnovamento c’è bisogno di una spinta. Il cibo da solo non risolve tutto. L’intenzione di depurazione e rinascita può servire sia da fine che da impulso, da spinta iniziale per attivare il programma di rigenerazione dell’organismo. Non credete a coloro che vi assicurano che è impossibile. Al nuovo gradino della piramide molte cose diventano possibili. Ci vuole solo una ferma

dichiarazione della vostra intenzione. Le formepensiero possono essere più o meno le seguenti: Nel mio organismo tutto si sta depurando, rinnovando, ripristinando, ringiovanendo. Il processo di invecchiamento si è invertito. Il cibo vivo sta

rimettendo in ordine tutto il mio corpo, tutte le funzioni vitali vengono ripristinate e normalizzate. Un organismo vivo richiede cibo vivo. Il cibo vivo rinnova tutto il mio corpo e avvia il processo di rigenerazione. Al posto dei denti caduti ne crescono di nuovi.

Tutto il mio sistema nervoso si sta completamente ristrutturando. Tutto il sistema sanguigno e quello linfatico si stanno completamente ripulendo, rinnovando e rinascendo. I dischi intervertebrali si stanno completamente ripristinando. La mia colonna vertebrale è flessibile, giovane,

fresca, come quella di un bambino. Tutti i miei organi si stanno completamente rigenerando. Nella mia mente c’è un programma di sviluppo e miglioramento. Ogni giorno nascono nuovi neuroni, milioni di nuovi neuroni. Entrambi gli emisferi funzionano a meraviglia, precisamente,

sincronicamente. Si stanno formando nuove connessioni tra gli emisferi. Ho un cervello geniale e un potente intelletto. La mia pelle si sta ripulendo, levigando, è ringiovanita. Ho una pelle pulita, liscia, fresca, elastica. Appaio giovane e attraente. Ho un ottimo aspetto, che

migliora di giorno in giorno. Tutto il mio corpo sta rinascendo. Mi sto trasformando in un elfo (elfa) giovane e bello. Appaio giovane, potente, attraente. Sono un giovane bellissimo elfo (elfa)». Di fatto, la dichiarazione d’intenzione rappresenta proprio quel fattore decisivo

che separa e distingue il semplice crudismo come tipo di alimentazione e l’alimentazione a base di cibi vivi come parte del Transurfing. Se avete incontrato dei crudisti che non hanno raggiunto quei fini e quei vantaggi di cui si è costantemente parlato in queste pagine, significa che le loro intenzioni lavoravano in una direzione completamente diversa, o

non lavoravano affatto, o che queste persone seguivano dei princìpi diversi di transizione. Anche se il cibo vivo, già di per sé, dà molti vantaggi.

Il passaggio alle vibrazioni superiori Passando ad alimentarvi con cibi di prima specie vi viene dato automatico accesso alla

gamma di vibrazioni superiori. È come salire verso l’alto e guardare in giù la terra dall’altezza del volo degli uccelli. L’organismo si depura, il potenziale energetico è in aumento, la mente diventa chiara. Davanti a voi si apre una realtà in una veste sconosciuta. Cominciate a vedere ciò che gli altri non vedono, e a capire ciò che gli altri non capiscono. È un

vantaggio molto forte. D’altra parte, non vi saranno disponibili delle cose a bassa vibrazione. Per esempio, non potrete fumare e bere, vi verrà la nausea. Però, qualche rara volta vi sarà persino utile fumare, bere o mangiare qualcosa di morto, tanto per convincervi una volta di più di non aver alcuna voglia di ritornare al passato.

RIEPILOGO Nel periodo della ristrutturazione dalla necrobiosi alla vitabiosi avviene un processo di accumulo di vitamine, minerali, micro e macroelementi. Finché non si sarà formata la microflora viva, il cibo vivo non potrà essere pienamente assimilato, e per l’organismo tutto sarà sempre poco. L’importante è che il processo di depurazione del

corpo prevalga sul processo di intasamento. La quota di alimenti vegetali vivi dev’essere aumentata gradualmente e massimamente diversificata. L’organismo non cessa di volere il vecchio cibo morto fintanto che in esso continuano a essere presenti le tossine dei cibi morti. Immaginate di alimentare il vostro organismo come fate con un bambino, desiderando che cresca e stia bene.

Bisogna nutrire il proprio organismo in modo cosciente e completo, dandogli quello che gli serve, che lo voglia o no. Bere non meno di 1,5-2 l al giorno di acqua pura. Non mescolare in uno stesso pasto prodotti incompatibili, come per esempio le proteine e i carboidrati. Durante il giorno utilizzare prima quei prodotti che vengono rapidamente digeriti, e dopo quelli che richiedono tempi lunghi di digestione.

Sostituire gli olii pesanti con quelli leggeri: di cardo, di cedro siberiano, di amaranto, di zucca, di lino, di noce. Se continuate a ripetere: “Siamo circondati dalle sostanze chimiche”, lo sarete sempre. Orientate l’intenzione verso la ricerca di prodotti naturali. I germogli di cereali, le alghe, il polline di fiori, il polline d’api, l’uvetta blu, l’infuso vivo di rosa canina estratto e di erbe devono essere assolutamente

consumati Un alto valore nutritivo è contenuto: nella farina di zucca, di sesamo, di amaranto, di pinoli di cedro siberiano, nello žmych di pinoli di cedro siberiano, nel latte di cedro siberiano, nel farro spelta. Durante il passaggio al cibo vivo non si dovrebbe aver fretta di abbandonare i latticini, la ricotta, il formaggio, i tuorli d’uovo. Sostituire le pappette cotte di avena con pappette a base di cereali germogliati.

La quantità di sostanze chimiche nocive nel proprio ambiente di vita, dai materiali da costruzione ai cosmetici, può essere ridotto al minimo se ci si prefigge questo fine. L’unico metodo per persuadere i propri familiari è dare il buon esempio. Non bisogna fare proseliti intorno a sé ma cercare persone già “pronte” che la pensano come voi e comunicare con loro. Bisogna trattare con cautela l’esperienza altrui.

Passando all’alimentazione a base di cibo vivo, tenete sempre ben presenti i vantaggi, il fine e il perché lo state facendo. Trasmettete la propria intenzione, girate il proprio film, verbalizzate la propria realtà. Un’attività fisica adeguata è una parte altrettanto integrante della cura dell’organismo, esattamente come il cibo. Datevi delle impostazioni, verbalizzate le formepensiero relative alla vostra depurazione, rigenerazione

ed evoluzione. La dichiarazione d’intenzione è quel fattore decisivo che separa e distingue l’alimentazione a base di cibi vivi, intesa come componente del Transurfing, dal crudismo, inteso come semplice regime alimentare.

NOTE A MARGINE Come pensiamo, come mangiamo, come ci muoviamo. Quando la vostra coscienza diventerà

più chiara e il potenziale energetico aumenterà, sarete capaci di molte cose che prima non potevate nemmeno sognarvi di fare. Io, per esempio, non avrei potuto scrivere questo libro se non avessi seguito la rotta del Transurfing di rinnovamento e non avessi raggiunto un nuovo livello. Alla mia età, di solito, ci si è già lasciati alle spalle tutti i risultati creativi. Per scrivere un libro di questo genere è necessaria una coscienza piuttosto potente e un altrettanto forte potenziale energetico.

Parte IV LA 1 SOCIETÀ Il sociale

Punturati, con un joystick all’interno

Parleremo ora di una malattia diffusa che ha un’influenza diretta sulla consapevolezza. In

considerazione del fatto che tale malattia ha un carattere latente, non ha una sintomatica inequivocabile e precisa e inoltre non interessa particolarmente la medicina ufficiale, le attribuiremo per cominciare un nome convenzionale, “punturazione”1. Leggendo la descrizione che segue, provate a indovinare di che si tratta.

Sintomi generali Il punturato lascia ovunque intorno a sé rifiuti: bottiglie vuote, scatole, involucri, torsoli di mela, mozziconi di sigaretta e immondizia simile. Fa uso incessante di turpiloquio. Può imbrattare una parete pulita,

l’ascensore, la finestra di un mezzo pubblico. Prova un irresistibile bisogno di insozzare quando si trova in luoghi che hanno ancora conservato la loro purezza naturale. Non teme di essere maleducato quando si siede in macchina: suona il clacson inutilmente, taglia la strada a tutti,

parcheggia dove gli fa più comodo. 1. Segnala la sua presenza nelle piattaforme virtuali per mezzo di ogni sorta di commenti poco lusinghieri all’indirizzo degli altri. 2. Cerca di riversare la sua negatività sugli altri con ogni mezzo a sua disposizione. 3. Agisce inconsciamente, a

livello dei programmi e degli istinti inoculatigli dall’ambiente sociale. 4. È facilmente suggestionabile, si lascia volentieri coinvolgere da slogan politici e pubblicitari. 5. Nell’alimentazione e nel cibo non ha grandi pretese e può accontentarsi di cibo a buon mercato e di articoli

di uso comune di scarsa qualità.

Portatori Umanoidi, antropoformi, ungulati, roditori e altri rappresentanti del mondo animale.

Decorso della malattia

La malattia si manifesta per lo più senza alcun sintomo clinico significativo. Tuttavia, a seconda del sierogruppo del fattore scatenante, del grado della sua virulenza, della quantità della dose infettante nonché dello stato di immunità e di resistenza specifica dell’organismo, la malattia può verificarsi in varie forme: acuta, subacuta, cronica, latente e abortiva.

Diagnosi La diagnosi si basa sui dati di epizoozia, sui cambiamenti patologo-anatomici e sui risultati degli esami di laboratorio.

Infezione La via oro-fecale è la più tipica, ma la trasmissione può avvenire anche per via

nasale od orale. È diffusa inoltre la trasmissione per contatto, attraverso l’acqua e gli alimenti nonché attraverso le punture. Il fattore patogeno entra nell’organismo principalmente attraverso le mucose dell’apparato digerente, respiratorio e genito-urinario, attraverso il consumo di alimenti e acqua con taminati, il consumo di cadaveri di animali morti, in

caso di balneazione in acque infette o accoppiamento con soggetti infetti.

Epicrisi Il punturato si comporta in modo inadeguato e di solito si trova in uno stato di squilibrio, anche se esternamente sembra assolutamente normale. La paradossalità della

manifestazione dei sintomi sta nel fatto che il paziente rivela un comportamento deviante senza al contempo uscire dai limiti delle norme accettate.

Trattamento Prendete in parti uguali artemisia, tanaceto, elicriso, Achillea millefolium, corteccia di pioppo e origano,

mescolate il tutto in una scatola. Mettete due-tre cucchiai ricolmi di questo mix in una teiera, versateci dell’acqua bollente e riscaldate a bagnomaria per quindici minuti. Bere quindi mezzo bicchiere di quest’infuso tre o quattro volte al giorno prima dei pasti. Avrete forse capito che stiamo parlando di parassiti.

Nonostante il tono semiironico della descrizione, i sintomi e il trattamento sono stati segnalati con la massima serietà. I parassiti hanno veramente un forte impatto sulla psiche, a cominciare dall’obnubilamento della coscienza per finire al controllo diretto delle motivazioni e delle azioni. È

un

effetto

persino

dimostrato dalla ricerca scientifica, anche se sono relativamente pochi gli studi condotti su questo tema. Mi chiedo: che cosa verrà scoperto quando i parassiti diverrano un oggetto di intensa ricerca? Ma può anche essere che non lo diverranno mai. Dopo tutto, per questi alieni è comodo nascondere in ogni modo la loro presenza. Vero è, tuttavia, che non

possono nascondersi del tutto. Oltre ai sintomi fisici, non sempre inequivocabili, esistono anche caratteristiche comportamentali tipiche del “punturato”. Ad esempio, l’abitudine inconscia di insozzare o di usare un lessico volgare quasi sicuramente è indizio del fatto che la persona convive allegramente con i vermi. Si verifica una sorta di

simbiosi, con l’unica differenza che il beneficio lo riceve solo l’intruso. Il portatore gli fornisce al contempo vitto, alloggio e possibilità di riproduzione. L’obiettivo finale dei parassiti è la distribuzione capillare, da assicurarsi con tutti i mezzi disponibili. Ad esempio, l’ascaride depone fino a 300.000 uova al giorno. Nessuna creatura

vivente sulla terra ha un’analoga fertilità. Questi parassiti realizzano il loro obiettivo anche attraverso la gestione delle reazioni comportamentali del loro portatore. Il portatore t e n d e inconsciamente a spargere intorno a sé le impurità che incuba dentro il suo organismo e a infestare tutto ciò che tocca, in modo diretto o indiretto, materiale o verbale.

Il comportamento del “punturato” ha proprio un carattere inconscio, poiché non è lui a gestirsi, ma l’essere che dimora al suo interno che lo manovra come se avesse un joystick. Nel momento in cui sparge tutt’intorno immondizia, l’uomo non si rende conto di quello che fa. Nel suo discorso non intercala parolacce, ma con esse parla.

Per lui è tutto normale, naturale.

solito,

Questa è la sua “natura”. È assai poco attraente, se visto dall’esterno, ma pienamente organico per la nostra società, poiché questi “punturati” ne costituiscono la maggioranza, e come s e m p r e , la stragrande maggioranza. Da qui la strana formulazione: un comportamento deviante che

non esce dai limiti previsti dalle norme generalmente accettate. Non molto tempo fa si è scoperto che i parassiti hanno una particolare predilezione per i prodotti sintetici, che si tratti di abbigliamento o di articoli di uso comune. Più sostanze chimiche li circondano, meglio stanno. Molto probabilmente quest’attaccamento è dovuto

alle conseguenze che portano con sé le merci della tecnosfera: abbassamento dell’immunità e intossicazione generale dell’organismo, condizioni ottimali per i parassiti. Non è forse per questo che l’intero mercato è ormai invaso da merci a basso costo e di scarsa qualità? Non mi piace discutere di quest’argomento, ma mi ci

vedo costretto a causa di alcuni episodi che mi hanno coinvolto in prima persona, nonché in relazione al gran numero di e-mail con dom a nde su questo tema. Ecco una delle mie osservazioni. Nella mia zona c’è una foresta secolare. I tronchi possenti dei suoi alberi antichi si protendono in alto verso il cielo. Qui, in un

angolino nascosto, zampilla una meravigliosa sorgente dall’acqua miracolosa e buona. La gente è venuta a conoscenza di questa fonte e ora va e viene continuamente con le taniche per fare rifornimento di acqua. Ci viene molta gente di città. Teoricamente tutti dovrebbero essere grati a questa meravigliosa fonte per l’acqua buona e fresca che offre, ma invece non è così.

Sono rimasto sconvolto da quello che ho visto: ovunque, nei pressi della sorgente, sono sparsi rifiuti. Avevo avuto modo di vedere tante cose, ma uno spettacolo di questo tipo... Evidentemente si tratta di un caso clinico che riveste già un interesse puramente medico. Esso non può essere spiegato diversamente che ricorrendo al concetto e alla

presenza di una grande percentuale di punturati (scrivo la parola già direttamente senza le virgolette). Al portatore dell’essere che “dimora all’interno e manovra un joystick” non viene in mente di esprimere alla fonte delle parole di gratitudine. Al contrario, egli si sente anche in pieno diritto di insozzare. È vero però che lo fa in modo assolutamente

inconscio. E altrettanto inconsciamente va alla fonte. Avrà sentito vagamente da qualche parte che quest’acqua dovrebbe essere benefica e ora crede ciecamente di ottenere la sua quota di beneficio. Invece il punturato da quest’acqua non otterrà alcun beneficio, perché il suo valore sta nella bontà dell’informazione che essa trasporta. Ma quale bontà può restare in un’acqua

che è passata per le mani di un punturato, con la sua visione del mondo? Sono certo che tra di voi, cari Lettori, non ci sarà alcuno pronto a insozzare nei pressi di una sorgente. Perché coloro che lo fanno non si interessano a pratiche di crescita spirituale o cose simili. E certamente non vorreste avere nulla in comune con soggetti del

genere. Da voi ricevo molte lettere con la stessa domanda: che tipo di programmi anti-parassitari scegliere? Ebbene, non esiste un’unica risposta. Tutte le persone sono diverse, ognuno ha i suoi problemi individuali. Anche i vari programmi si basano su approcci diversi, ognuno ha i suoi pro e i suoi contro. Credo che voi possiate

intuitivamente trovare da soli quello che fa per voi. Ci sono programmi che utilizzano i rimedi naturali a base di erbe e altri che prevedono l’uso di metodi di biorisonanza. Si può usare l’uno o l’altro approccio, o entrambi insieme. Scegliete da soli il metodo su cui intuitivamente confidate di più. Ma, ovviamente, l’ideale sarebbe

consultare gli specialisti in materia. Io posso solo dare dei consigli generici. Prima regola: un approccio integrato. Si dovrebbero prendere dei provvedimenti contro tutti i tipi di parassiti allo stesso tempo, perché al posto degli uni ne arrivano sempre degli altri. Gli antibiotici, per esempio, uccidono i batteri, ma al loro posto subentrano i funghi, e così via. È meglio

dare la preferenza a rimedi non invasivi, a base di erbe. I prodotti chimici, come si sa, da una parte guariscono e dall’altra rovinano. Seconda regola: provvedere all’attivazione del funzionamento del tratto gastrointestinale. Neutralizzare i parassiti non basta. Bisogna anche farli fuoriuscire. Anche in questo caso non serve ingoiare

pasticche ma si possono utilizzare rimedi vegetali. Ad esempio: prendere 100 g di fichi e di prugne secche, passarli attraverso un tritacarne, aggiungere 50 g di foglie di senna (si può usare quella in sacchettini) e mescolare tutto con 100 g di miele e di olio di zucca (o anche di oliva). Prenderne ogni giorno un cucchiaino prima di coricarsi. Conservare in frigorifero.

Terza regola: fare in modo che il cibo assunto durante il periodo di trattamento sia ricco di fibre. Alla dieta vanno anche aggiunti prodotti anti-parassitari: cipolle, aglio, porro, pepe, senape, rafano, ravanello, chiodi di garofano, semi di zucca, succo di melograno, melone, anguria. Quarta regola: la durata del trattamento dev’essere di almeno 1,5-2 mesi. I parassiti

sono le creature più tenaci e ostinate tra quelle che popolano la nostra terra. Non se ne andranno via facilmente solo perché sono stati messi alla porta. Bisogna far loro capire che nel vostro organismo sono state create delle condizioni per essi del tutto intollerabili. Quinta regola: privare i parassiti dei loro menù preferiti. Se continuate a

utilizzare prodotti sintetici da supermercato, prodotti da forno fatti con farina bianca, zucchero e pane lievitato, succede che, mentre cercate da una parte di sbarazzarvi dei parassiti, dall’altra li vezzeggiate e li coccolate. È una cosa illogica. Il trattamento in questo modo va sprecato. Se decidete di voler passare a un nuovo gradino della piramide, i parassiti vi

abbandoneranno spontaneamente, perché non possono tollerare un ambiente pulito e alimenti vegetali vivi. Tuttavia, fino al momento in cui il vostro organismo non si ripulirà completamente e non si ripristineranno le difese immunitarie può passare molto tempo. Quindi, organizzare per questi “turisti stranieri” almeno un programma “ricreativo” non

farebbe male. Non rinunciate a indulgere a tale piacere. Il rimedio più diffuso ed economico contro i parassiti è l’infuso di erbe amare. Ho già riportato sopra la ricetta standard. Le erbe amare, oltre a costringere “gli ospiti” a torcersi, normalizzano la funzione del tratto gastrointestinale. Rispetto ai farmaci chimici, le piante amare sono

praticamente innocue e non bisogna temerle. Più difficile liberarsi di funghi e organismi unicellulari. Sono gli “ospiti” più insidiosi e tenaci. Stanno acquattati buoni buoni, non danno segni di sé ma conducono un’attività molto distruttiva. Ad esempio, non tanto il cibo pesante quanto l’Helicobacter, il batterio spiraliforme, è una delle principali cause di ulcera,

gastrite, bruciori di stomaco. Non è per caso che i rimedi contro il bruciore di stomaco sono così ampiamente pubblicizzati. Evidentemente vi è una forte domanda. Riporto di seguito un paio di ricette semplici di antibiotici naturali, particolarmente efficaci per contrastare l’attività degli organismi unicellulari: Giardia

lamblia.

Mescolare in parti uguali radice di inula, Potentilla palustris, infiorescenze di elicriso, menta piperita, radice di pimpinella (Sanguisorba minor). Mettere due-tre cucchiai ricolmi di questo mix in una teiera, versarci dell’acqua bollente e riscaldare a bagnomaria per quindici minuti. Bere mezzo bicchiere di quest’infuso una volta al giorno, indipendentemente

dai pasti. Helicobacter. Mescolare in parti uguali calendula, achillea, iperico. Mettere due-tre cucchiai ricolmi di questo mix in una teiera, versarci dell’acqua bollente, avvolgere la teiera in un panno e lasciare riposare per circa 40 minuti. Prendere mezzo bicchiere di infuso 30 minuti prima dei pasti, non meno di quattro volte al

giorno. Bere questi infusi non è molto piacevole. Del resto, com’è piacevole sapere che per gli intrusi questa è una vera tortura! RIEPILOGO I parassiti hanno un forte impatto sulla psiche, a partire dall’obnubilamento della coscienza del loro ospite e fino al controllo

diretto delle sue motivazioni e delle sue azioni. Una persona che ha l’abitudine inconscia di insozzare e fare uso di turpiloquio quasi sicuramente convive con i vermi. I parassiti hanno una particolare predilezione per le sostanze sintetiche contenute nell’abbigliamento e negli articoli di uso comune. Più prodotti chimici li circondano, meglio stanno. Dovrebbero essere adottate misure contro tutti i tipi di

parassiti allo stesso tempo, perché al posto degli uni sopraggiungono subito gli altri. Non basta neutralizzare i parassiti. Bisogna anche eliminarli dal corpo. Depurazione dell’organismo. Il cibo durante il periodo del trattamento dev’essere ricco di fibre. Inserite nella vostra dieta piante anti-parassitarie. La durata del trattamento dev’essere di almeno 1,5-2 mesi. I prodotti sintetici del

supermercato sono il menù favorito dei parassiti. Fintantoché siete in procinto di passare a un nuovo gradino della piramide, dovrete creare nel vostro organismo un habitat insostenibile per i parassiti.

NOTE A MARGINE Siamo passati alla parte finale del libro, al tema della società e dell’ambiente sociale Il capitolo che segue è stato pubblicato sulla rivista

«Russkij pioner», http://www.ruspioner.ru. Vi pregherei di leggere l’intero testo in modo meditativo, perché le informazioni che contiene non sono per la percezione ma per la comprensione. Forse alcune cose susciteranno in voi sorpresa o persino indignazione. Ma non abbiate fretta di giungere alle conclusioni. Alcuni degli argomenti che ho toccato qui solo en passant, per esempio riguardo all’intossicazione da informazioni e alle reti sociali, verranno sviluppati

nel dettaglio nei capitoli seguenti. Per il momento sono solo motivo di riflessione.

L’involuzione della coscienza

Scendeva una sottile pioggerellina autunnale. Il vento burbero strappava dagli alberi le foglie già ingiallite, distribuendole sulle pozzanghere sparse sulla

piazza d’armi. In riga, immusoniti, nei loro cappotti militari bagnati, soldati cantilenavano malinconicamente l’inno dell’Unione Sovietica. Non c’era alcun accompagnamento musicale, e l’intera melodia, che nessuno si impegnava a osservare, si sublimava in un recitativo cupo che la rendeva simile a una messa o a una marcia funebre.

Il Capo dello stato maggiore del reggimento, tormentato dalla ricerca di un espediente per sollevare il nostro umore di truppe e rafforzare in noi l’amore per la Patria, evidentemente aveva riposto sull’inno grandi speranze. I primi tempi (questo si stava ripetendo già da un mese) si stava fermi in riga e si ascoltava l’inno che

proveniva da un disco in vinile. Munendolo di un cavo di prolunga, si portava fuori, sulla piazza d’armi, il giradischi, e quando c’era pioggia, lo si proteggeva con un ombrello. Il disco girava e la melodia monotona che ne usciva ci faceva sprofondare tutti in una trance meditativa, come succede quando si guarda la fiamma di una candela.

Alla fine, a causa dell’uso frequente, il disco cominciò a saltare, si incantava nei punti meno opportuni, guastando con perfidia tutta la solennità della manifestazione. Al giradischi si dovette rinunciare. Ma al Capo dello stato maggiore venne presto in mente un’idea brillante: far cantare i soldati. Il coro militare sarebbe stato persino più patriottico e solenne di un banale ascolto. E non si

sarebbe inceppato. Quindi ora eravamo noi a borbottare ubbidientemente l’inno. Ne usciva, però, uno spettacolo assai triste. Si può portare il cavallo all’acqua, ma non lo si può costringere a bere. Finì che si dovette por fine anche a questa cerimonia, forse per il dispiacere del comando o, al contrario, per il sollievo di tutti. Quando ero in riga, “a fare

il mio dovere”, in questa forma così strana, venivo invaso dalla vaga sensazione che tutto questo stesse accadendo in un sogno. Da una parte sembrava che tutto si dovesse svolgere così, dall’altra non ne capivo il senso. Perché tutto ciò? Che ci faccio qui? «Sla-avs’ja oo-o-te-čestvo! Na-še-e svoobodnoe…»1. In realtà, noi, anche senza tante cerimonie,

amavamo la Patria ed eravamo pronti a difenderla, indipendentemente dal fatto che ce lo richiedesse o meno il dovere. Da allora sono passati molti anni, durante i quali più di una volta sono cambiati sia “i giradischi” che “i dischi”. Tuttavia, la sensazione che ciò che accade intorno sia un sogno, è rimasta quella di prima. Forse è davvero così? Non a

caso i bambini fino a quattro o cinque anni non distinguono il sogno dalla realtà, credendo che la realtà sia la continuazione del sogno. O viceversa. Se si segue l’evoluzione d e l l a coscienza a partire dagli organismi più semplici fino all’“homo sapiens-uomo ragionevole”, si può cogliere una costante del tutto inaspettata e paradossale.

Per semplicità cominciamo con le piante. Hanno una coscienza? Certamente. L’uomo, che si ritiene la coronazione della creazione della Natura, ha avuto la presunzione di immaginare che le piante si possano trattare come se fossero un biomateriale. In realtà, recenti ricerche di laboratorio hanno dimostrato che una pianta ordinaria in vaso è in grado di provare

qualcosa di simile alla gioia, quando le si avvicina la persona che si prende cura di essa, e all’ansia, quando si avvicina qualcuno che le strappa regolarmente le foglie. Tutto ciò è stato inequivocabilmente registrato dall’elettroencefalogramma. Non possiamo sapere cosa sentano veramente le piante, e se siano consapevoli di se stesse, ma non si può affatto

considerarle come qualcosa di assolutamente inanimato. Queste leggiadre sognatrici, rispetto all’uomo, si trovano semplicemente in uno stato di trance profonda, come succede a una persona che cammina nel sonno sotto la luna. Gli animali, rispetto alle piante, sono già a un livello più alto di consapevolezza. Ma anche per gli animali la

vita è simile a un sogno inconscio, in cui sono destinati a operare in base a un programma congenito, a livello di istinti. Purtuttavia la consapevolezza in essi si risveglia, e ciò accade ogni volta che la saggezza dell’istinto non basta e le circostanze richiedono loro di prendere delle decisioni straordinarie ai fini della sopravvivenza. Diversamente non ci sarebbe stata

evoluzione alcuna. Il risveglio e il passaggio dall’istinto alla consapevolezza si manifesta principalmente solo negli animali selvatici, relativamente indipendenti nelle loro azioni e costretti a vivere in condizioni ambientali costantemente mutevoli. Ma cosa accade alla coscienza dell’animale che è stato addomesticato e cacciato in una fattoria? Per

esso i confini esterni si restringono bruscamente, prendere decisioni non serve più, tutte le condizioni sono già esistenti: mangia e dormi. È allora che la coscienza sprofonda in un sogno da cui veramente non ci si può svegliare, non distante, per profondità, da quello delle piante. Per quanto riguarda l’uomo, l’evoluzione della

sua coscienza è andata in crescendo fintantoché gli toccava sopravvivere in un ambiente selvaggio, e ha raggiunto il suo apice nel momento in cui l’umanità è giunta a formarsi come civiltà. Poi, l’evoluzione della coscienza è passata a una fase di plateau, perché nel corso di molti secoli il modo di vita praticamente non è cambiato. Ma poi è sopraggiunta l’era della

rivoluzione industriale e ciò suggerisce immediatamente l’ipotesi che la coscienza, in quelle condizioni esistenziali, si debba essere sviluppata alla stessa velocità del progresso tecnico. Tuttavia la questione di cui si tratta qui non riguarda il bagaglio di conoscenze che ha accumulato la mente umana, ma proprio la coscienza come capacità di orientarsi lucidamente nella

realtà circostante e di rendersi conto: dove mi trovo, cosa sto facendo in questo preciso momento, perchè sto facendo proprio così, a che fine. In altre parole, stiamo trattando il discorso della capacità di intendere e volere nel senso stretto dell’espressione. Per quanto paradossale sia, la competenza nelle questioni della scienza moderna e la

capacità di premere dei pulsanti non garantiscono affatto il rischiaramento della coscienza, ma esattamente l’opposto. Provate a volte a prestare attenzione ai flussi umani nelle grandi aree metropolitane. Le persone si muovono per i loro sentieri battuti come formiche, ognuna sprofondata all’interno del suo sogno. Compiono tutte le loro azioni

in automatico, come se fossero programmate. Questo si nota in modo particolare nei flussi umani che si snodano dai treni dei pendolari alla metropolitana e viceversa. Casa-lavoro, lavoro-casa. In Giappone, per esempio, molte persone non lasciano addirittura lo stesso grattacielo per lunghi mesi: in un grande formicaio sono concentrati il lavoro, la casa, lo shopping e

l’intrattenimento. Questo ricorda molto una fattoria, con tutte le conseguenze che ne derivano per la coscienza. L’unica differenza è che è stato l’uomo stesso a cacciarsi in questa situazione. A questo punto sorge una domanda: come siamo arrivati a questo genere di vita? E così rapidamente! Decine di secoli sono trascorsi a un ritmo lento e

misurato e d’un tratto, nel giro di un centinaio di anni, si è prodotto un salto così brusco.È un bene o un male? Su quest’evoluzione o, più precisamente, involuzione, contrazione della coscienza, hanno influito fondamentalmente tre fattori. Il primo è la divisione del lavoro. Per semplicità prendiamo ad esempio l’economia naturale. È ovvio

che quando si è costretti a occuparsi di una cosa, di un’altra e di una terza, ciò contribuisce all’espansione della coscienza. Al contrario, se la sfera di attività si restringe bruscamente, anche la coscienza, di conseguenza, rimane invischiata in un campo ristretto. L’uomo cammina ed è come se fissasse il suo sguardo sulla terra sotto i suoi piedi e non avesse la possibilità di

guardarsi in giro. In altre parole, non riesce a vedere la foresta al di là degli alberi. È per questo che due fisici di profilo diverso non riescono a capirsi, e due medici con specializzazione diversa fanno al paziente due diagnosi differenti. Nella società industriale l’individuo, di fatto, si trasforma in un ingranaggio che non ha più bisogno di una

grande mente. Gli basta spingere dei tasti. Persino i processi di elaborazione di alte tecnologie sono massimamente automatizzati, per non parlare dei meccanismi di produzione. Il processo di raccolta e preparazione dei cibi è anch’esso “a spinta di pulsante”: si prende dallo scaffale del supermercato un surrogato di qualcosa e “basta aggiungerci

dell’acqua”. Scaffale del supermercato o mangiatoia della fattoria, c’è una grande differenza? Il secondo fattore è costituito dai metodi tecnogeni di trasformazione degli alimenti. È lampante che la crescita di malattie degenerative è statisticamente correlata alla comparsa e allo sviluppo di nuove tecnologie alimentari come la conservazione, la

raffinazione e ogni tipo di trattamento chimico. Tali alimenti non solo causano malattie, ma provocano anche una fortissima tossicodipendenza, l’attaccamento alla mangiatoia. I consumatori devono sentire il bisogno di dosi regolari (scusate, prodotti), costantemente, sempre. Niente di personale, solo business.

Anche ora, quando quasi tutti i giovani, se li si confronta con quelli delle generazioni precedenti, soffrono di ogni sorta di malattie di origine prettamente tecnogena come la depressione, le allergie e altre, diventa abbastanza evidente il fatto che i figli per la prima volta vivranno meno dei loro genitori. Non serve confidare molto sulla medicina: anch’essa non sa

cosa fare con le malattie tecnogene. O meglio, non vuole sapere cosa fare, perché la medicina e la farmacologia di oggi sono un business grande e freddo, e non associazioni di “beneficenza”. Chi ha bisogno di pazienti guariti? Cosa si può ancora prendere da essi? I pazienti devono essere costantemente malati, sempre, in ciò sta il senso di

questo business. Cosa succederà dopo, non si sa. Per esempio, è difficile immaginare quali sorprese ci attendano, nel prossimo futuro, dalla larga introduzione di OGM se già oggi ciò ha portato alla crescita diffusa dell’infertilità negli esseri umani, così come alla scomparsa degli insetti responsabili

dell’impollinazione. Come aveva ragione l’accademico T.D. Lysenko quando si era messo a capo di una campagna per la negazione e il divieto di ricerche genetiche! Quali che fossero i costi associati alla campagna, l’idea era di per sé giusta e saggia: non mettere il naso nel laboratorio della Natura se non ci capisci niente.

Non è difficile supporre che si comincerà, probabilmente, “a far crescere la gente in provetta”. Non sarà altrettanto difficile supporre che tipo di persone saranno. Se ci si nutre di prodotti sintetici, si diventa dei cyborg, se si diventa dei cyborg, ci si nutre di prodotti sintetici. Gli alimenti tecnogeni, come ogni tipo di n a r c o t i c o , obnubilano la

coscienza nel modo più diretto. E cosa ne consegue? Ne consegue che la coscienza diventa chiaramente fresata a misura delle esigenze del sistema, e non dell’individuo. Infine, il terzo dei fattori da noi considerati è l’intossicazione da informazione. Confrontate l’uomo moderno e quello che viveva mille anni fa, quando non c’erano giornali, cinema, radio, televisione, internet e

telefoni cellulari. Sono persone completamente diverse! E la differenza principale non sta nel livello di intelletto, civiltà o istruzione. Il fatto è che l’uomo moderno soffre di dipendenza da informazioni, non è in grado di fare a meno di un flusso esterno di informazioni. E questo flusso, alla fine, funziona da

fattore chiave responsabile dell’immersione della gente nello stato di profondo sogno collettivo. Ovviamente la consapevolezza dei popoli che hanno vissuto duemila anni fa era superiore di alcuni ordini di grandezza rispetto a quella degli uomini di oggi. Non per caso i ricercatori spirituali cercano di attingere alla saggezza millenaria delle culture

antiche, anche se è una cosa a malapena possibile, perché altri erano gli uomini di allora. E questo significa che i loro e i nostri percorsi verso l’illuminazione non possono in alcun modo coincidere. Dobbiamo depurare il nostro corpo e la nostra coscienza prima di poterci avvicinare, foss’anche di un solo passo, a quei saperi che possedevano gli antichi.

Da quando la nostra civiltà ha imboccato la via tecnogena di sviluppo, si sono attivate delle leggi che in precedenza non si manifestavano in alcun modo. Oggi l’azione di queste leggi fa sì che la tecnosfera si stia contraendo irreversibilmente in “matrix”. La “matrix” è una sorta di conglomerato, un sistema in cui alla persona viene attribuito il ruolo di

batteria di alimentazione. Film come Matrix e Surrogates (Il mondo dei replicanti) non sono una fiction ma il nostro non lontano futuro. E non è neppure una questione delle tecnologie da cui l’uomo si fa circondare. Quando le persone entrano in una rete comune di informazioni (o social network, se volete), si ritrovano in balia del sistema. Non sono loro a

gestire il sistema ma è quest’ultimo che le controlla e le assoggetta. Nella ragnatela di informazione globale è una cosa che si può fare facilmente. Come diceva V.I. Lenin: «Il comunismo è il potere sovietico più l’elettrificazione di tutto il Paese». Queste parole, alla luce di quanto sopra, possono essere parafrasate come

s e g u e : la “matrix” è un idiotismo generalizzato più la cyborgizzazione di tutta la società. Invece la cyborgizzazione della società è, di nuovo, un idiotismo generalizzato più l’unione di tutti gli idioti in una stessa rete sociale. Suona un po’ eccentrico, ma in sostanza è proprio così. Lo scopo principale di questa rete consiste nel dare dei comandi centralizzati, che poi

verranno ciecamente eseguiti dai suoi utenti, immersi in uno stato di anabiosi collettiva. Dunque, la costante paradossale di cui si diceva all’inizio consiste nel fatto c h e l’evoluzione della coscienza, compiendo la sua voluta di turno, non sale al livello superiore ma ritorna indietro, al suo punto di partenza.

Capite cosa sta succedendo? In quest’ottica, è naturale che insieme alla teoria dell’evoluzione stia recentemente acquistando sempre più popolarità la teoria dell’involuzione. In base ad essa, le scimmie non sarebbero gli antenati degli esseri umani ma le loro diramazioni più basse, i degradanti. Credo, tuttavia, che non sia “la disumanizzazione” a

minacciarci, quanto meno nel prossimo futuro, mentre invece la cyborgizzazione mi pare un esito assai probabile e assai prossimo. Forse le storie dell’orrore sulla fine del mondo, quelle con cui amiamo spaventarci a vicenda, come fanno i bambini nelle colonie dopo la buonanotte, non hanno alcun rapporto con la realtà? Che cosa ci aspetterà: il riscaldamento o il

raffreddamento globale, un’alluvione o la caduta di un meteorite? No, niente di tutto questo, non sembra. Troppo prevedibile per un finale così tragico. La fine, secondo lo scenario classico, deve arrivare quando nessuno se l’aspetta. Allo stesso modo, dal nulla e improvvisamente arriva il sogno. E allora la domanda che si pone è: non sarebbe ora di preparare una fuga dalla fattoria?

RIEPILOGO La consapevolezza è la possibilità di orientarsi con lucidità nella realtà circostante e rendersi conto di dove si è, di cosa si sta facendo in un determinato momento, del perché e del fine per cui lo si sta facendo. La competenza in materia di scienze e la capacità di premere i pulsanti non garantiscono affatto il rischiaramento della coscienza, ma esattamente l’opposto.

Se la sfera di attività si restringe bruscamente, anche la coscienza, di conseguenza, ristagna in un campo ristretto. Nella società industriale l’individuo si trasforma in un ingranaggio cui non si richiede di avere una grande mente. L’introduzione di tecnologie per la produzione e la preparazione di alimenti ha portato a un aumento delle malattie degenerative e all’obnubilamento della coscienza. L’uomo moderno è

realmente informazionedipendente e non è già in grado di fare a meno di un flusso di informazioni proveniente dall’esterno. Questo flusso, alla fine, è un fattore chiave responsabile dello stato di profondo sogno collettivo in cui versa la società. Il nostro percorso verso l’illuminazione e quello che fu seguito dai popoli antichi non può in nessun modo coincidere. La “matrix” è una sorta di conglomerato, di sistema dove l’uomo viene relegato

al ruolo di batteria di alimentazione. Quando le persone finiscono nella rete comune dell’informazione (o nella rete sociale, come preferite), si trovano alla mercé del sistema. L’evoluzione della coscienza, facendo la sua voluta, non sale a un gradino superiore ma torna indietro al punto di partenza.

NOTE A MARGINE La

storia

dell’inno

ha

trovato una continuazione. Nell’estate di quest’anno (2011) ho letto una notizia che non posso esimermi dal riportare qui quasi testualmente, con l’omissione dei nomi propri: «Dal prossimo anno, gli studenti delle scuole delle regioni di Belgorod e Kostroma prima dell’inizio delle lezioni canteranno l’inno della Federazione Russa. Lo ha annunciato venerdì a Lipeck, alla riunione del consiglio del Distretto Federale Centrale per le politiche familiari, l’inviato del presidente.

[Ora è stato promosso a una carica più alta; N.d.A.]. Egli ha anche aggiunto che l’inno verrà eseguito dagli studenti dalla prima all’undicesima classe, e che “questa è un’ottima idea”. L’inviato del presidente ritiene che varrebbe la pena di estendere quest’esperienza anche ad altre regioni, comunica l’ITARTASS». Ecco come stanno le cose.

Il controllo del supporto vitale

Paradossalmente, al sistema serve ed è comodo che i suoi ingranaggi non siano completamente sani. Il potenziale energetico, e di conseguenza la forza

dell’intenzione, dipendono direttamente dalla salute. L’ingranaggio deve avere l’energia sufficiente per adempiere alle sue responsabilità, né più, né meno. In caso contrario, esso potrebbe togliersi dal suo posto e cominciare ad andare in giro dove gli pare, e questo dev’essere impedito. Compito del sistema è trattenere l’ingranaggio nella celletta che gli è stata

assegnata. Il nostro compito, per contro, è guadagnare una quantità di energia e di libera volontà sufficienti per disporre autonomamente del nostro destino. Immaginate che voi, credendo di essere degli individui indipendenti, di fatto risultate essere solo un piccolo algoritmo in un complesso modulo di software. La vostra funzione è quella di sommare numeri,

come nel ciclo: ora opera… somma, poi torna indietro, di nuovo somma… poi aspetta fino a quando si rivolgono a te di nuovo… E così per tutta la vita. Oppure provate a immaginarvi come dei transistor nei circuiti di una scheda madre, che consiste in milioni di transistor come voi. Ognuno esegue la sua funzione specifica nello

spazio apposito. Qualcuno è finito in un buon posto, senza polvere, fresco, con un traffico di megabit tranquillo. Qualcun altro deve invece lavorare fino allo sfinimento in un processore surriscaldato, come in una miniera di carbone. E non può fuggire da nessuna parte. Dove vuoi fuggire, lontano dal tuo villaggio natale? Lì, nella capitale, sotto le luci incassate a soffitto, in

comode poltrone, si crogiolano i fortunati. Tu non hai avuto fortuna, sei dove sei. E l’uomo crede veramente che la sua situazione non si possa cambiare. Beh, come posso avere una casa mia se ho uno stipendio misero? Beh, chi mi può dare un posto di lavoro ben pagato se non ho né esperienza né conoscenze? In che modo posso fuggire, togliermi dal

mio posto, se sono solo un transistor o un frammento di algoritmo? E tuttavia è possibile. Alzarsi e partire per un viaggio autonomo attraverso il labirinto dei circuiti e delle curve del software, dove tutti gli altri stanno seduti al loro posto, attaccati alle loro cellule; andare ovunque, anche nei recessi più remoti della “matrix”, vagando nel

suo megamondo fino a che non si trovi il tuo angolo, riservato apposta per te, l’angolo dove sarai libero e felice. Ma all’inizio questo stesso transistor o algoritmo deve capire chi è e dove si trova. E per questo gli è necessario a v e r e energia libera e chiarezza di coscienza, proprio ciò di cui la “matrix” lo deruba. Il sistema non ha necessariamente bisogno di

piazzare ventose nel corpo umano o incorporare chip nella testa. Ha altri metodi, non così spettacolari, ma non meno efficaci. Il sistema socchiude letteralmente lo sportellino dell’uomo, la valvola del suo supporto v i t a l e . Affinché l’energia vitale scorra, ma non troppo. Come si fa? Prima ho già riportato un paragone tra i vasi sanguigni e gli alvei dei

fiumi. Il sistema cardiovascolare per l’organismo è un sistema di irrigazione che approvvigiona ogni organo e ogni cellula di ossigeno, di sostanze nutritive e delle cosiddette “squadre di manutenzione,” che intervengono se qualcosa va storto. In aggiunta al sistema di irrigazione vi è anche quello di drenaggio, il sistema linfatico. I vasi

linfatici funzionano come una sorta di condotte fognarie per il drenaggio dei prodotti metabolici accumulati. Se i sistemi di irrigazione e di drenaggio in alcuni punti o in tutto il corpo si deteriorano, il ciclo di vita normale viene violato, il potenziale energetico cala e subentra la malattia. Con l’età i piccoli vasi sanguigni e linfatici si ostruiscono e si atrofizzano.

La rete dei capillari “si prosciuga”, cessando di essere fitta e ramificata come prima. Ne risulta che il corpo umano alla fine della sua vita si trasforma in un deserto secco o in una palude stagnante. Sia una cosa che l’altra significano morte. Però, fintanto che scorre ancora qualche rivolo lungo gli alvei, la vita in qualche modo arde.

Se prima, solo alcuni decenni fa, i sistemi di irrigazione e drenaggio andavano da soli in degrado, secondo un processo naturale, ora la situazione è cambiata radicalmente. Oggi il processo di ostruzione e degrado dei vasi sanguigni si è significativamente accelerato sotto l’influenza dei fattori tecnogeni. Gli alimenti tecnogeni intasano concretamente e direttamente

i vasi sanguigni, perché “gli impianti di depurazione” dell’organismo non riescono a far fronte all’attacco delle sostanze chimiche e sintetiche, mentre le radiazioni elettromagnetiche sono tali che gli eritrociti elettrizzati si compattano in grappoli, dando vita a dei conglomerati. Quando un conglomerato di questo genere finisce in uno stretto capillare, lo ostruisce e lo fa

progressivamente atrofizzare. Il cervello dell’uomo che passa la maggior parte del suo tempo attaccato al telefono cellulare è sottoposto agli stessi effetti che subisce il cervello di un bevitore, perché una qualsiasi quantità di alcol, similmente alla radiazione elettromagnetica, provoca l’agglutinamento degli eritrociti, i globuli rossi. Per

i grandi vasi questi coaguli non rappresentano un rischio particolare, anche se il sangue in un tale stato è ovviamente molto meno funzionale. Nella testa la situazione è ben diversa. Il cervello umano è composto da miliardi di neuroni. Ognuna di queste cellule nutre il suo microcapillare ed esso è così sottile che i globuli rossi possono introdurvisi solo in

un’unica fila. E quando alla base del capillare si avvicina un conglomerato di eritrociti, il capillare si ostruisce e dopo pochi minuti il neurone muore per sempre. Dunque, tenersi abbracciati alla bottiglia o al cellulare, l’effetto è lo stesso: il cimitero delle cellule cerebrali morte è in rapida crescita. Chiaramente, se

l’ingranaggio non necessita di un gran cervello, su quest’effetto si possono chiudere gli occhi. Le riserve del cervello sono abbastanza grandi, e anche le sue possibilità vengono usate solo per una piccola percentuale, fino alla vecchiaia gli possono bastare. È come se la Saggia Natura avesse calcolato che è meglio disabilitare l’uomo di una parte significativa del

suo cervello e provvedere piuttosto a fargli avere delle solide riserve di resistenza. Ma c’è un altro pericolo: l’insorgenza di un tumore al cervello a seguito di un’esposizione costante alle radiazioni elettromagnetiche. I produttori di cellulari e gli operatori di rete sono perfettamente a conoscenza del problema, ma non se ne preoccupano. Li preoccupano solo i guadagni. Gli utenti del

telefono o non ne sono al corrente, o permangono in uno stato di cosiddetta “sicurezza da appartenenza alla mandria”. Del resto, tutti usano i cellulari. Non possono mica essere tutti idioti, è vero o no? Ebbene, vi do una bella notizia: possono! L’uomo è in grado di rimanere quanto vuole in uno stato di euforia spensierata, senza prestare

attenzione ai segnali di allarme, e ciò fino a che un problema non finisce per toccarlo specificatamente o fino a quando non gli diventa evidente che l’intera mandria era stato alimentata per la macellazione. Fino agli anni Ottanta del secolo scorso tutti avevano accolto con entusiasmo la comparsa di materiali edilizi a basso costo a base di amianto. Agli avvertimenti

degli esperti sulle proprietà cancerogene di questo minerale nessuno prestò attenzione e i produttori di amianto ebbero allora occasione di arricchirsi. In seguito furono registrati casi di tumori di massa ma l’industria dell’amianto era ed è un business multimiliardario e i produttori ebbero a lungo l’opportunità di “lobbyzzare” i loro interessi facendo il

possibile per dimostrare l’“assoluta innocuità” del materiale. Attualmente l’amianto è completamente vietato solo nei Pae si dell’Unione Europea. La guerra dell’amianto non è ancora finita. Perché? Perché il tempo non è ancora giunto. Il fatto è che i tumori si sviluppano in tempi molto lunghi, circa 35-40 anni. Se

si considera che l’utilizzo dell’amianto ha raggiunto il suo apice alla fine degli anni Settanta inizio degli anni Ottanta, non è difficile capire che il picco della diffusione dei tumori è ancora di là da venire, subentrerà tra il 2015 e il 2020. Il meccanismo a orologeria sta ancora ticchettando. È evidente che le conseguenze della larga introduzione della

comunicazione mobile affioreranno verso il 2035. Di che natura e portata saranno, nessuno ancora lo sa. La cosa peggiore è che si tratta di un esperimento su scala globale, condotto sull’intera umanità, e siccome le radiazioni elettromagnetiche, tra le altre cose, comportano cambiamenti genetici, è lecito supporre che tale folle esperimento coinvolga non solo la generazione presente

ma anche quelle future, non ancora nate. A qualcuno potrà forse sembrare che io stia gonfiando artificialmente il problema. Ma anche se ci dimenticassimo delle statistiche relative alle sindromi di origine tecnogena, quelle che ho già menzionato, e prendessimo ad esempio due categorie opposte, quella degli iscritti alla leva e quella degli atleti

professionisti, otterremmo uno scenario inquietante. Ora gli iscritti alla leva vengono selezionati in base ai requisiti minimi dello stato generale di salute. In Russia oggi il 30% dei giovani in età da servizio militare viene riconosciuto come non idoneo alla leva. Provate a immaginare: uno su tre è fisicamente non idoneo. Per quanto mi

ricordo, trent’anni fa venivano esentate per malattia solo poche unità, e ciò nonostante allora i requisiti fossero ben più rigidi. Oggi sono costretti ad abbassare fortemente i requisiti minimi per poter reclutare almeno qualcuno. Gli atleti professionisti, dal canto loro, sono dei farmacodipendenti. Sembra che per qualche motivo non possano concorrere e vincere

le gare senza stimolanti. Così, per aumentare l’emoglobina devono assumere preparati arricchiti di ferro. Ma per far sì che il ferro venga assorbito meglio devono prendere un altro farmaco. Questo preparato, a sua volta, provoca bruciore di stomaco e per contrastarlo serve prendere un’altra medicina ancora. Quest’ultima causa disturbi del sonno e quindi bisogna

prendere qualcosa contro l’insonnia. E via così, in un circolo vizioso. Nessuno si preoccupa di capire se occorra o no assumere stimolanti e integratori. Ci si preoccupa solo di definire che cosa, tra tutte le sostanze chimiche assunte dagli atleti, sia da riferire al doping e cosa no. La medicina non si preoccupa particolarmente di tutti questi fatti. Piuttosto il

contrario. La medicina, e la farmacologia con essa, sono un enorme business che non ha affatto bisogno di pazienti sani. Siete ancora in buona salute? Allora ci pensiamo noi! E come la mettiamo col sistema? Possibile che sia interessato ad esaurire completamente i suoi ingranaggi? Certo che no. Come ho già detto, un

elemento del sistema dev’essere sano, carico di energia e in grado di intendere e volere quel tanto che basta per adempiere alle sue responsabilità, né più, né meno. Non servono doti fisiche particolari. La produzione sta diventando sempre più automatizzata e persino le tecnologie militari si stanno muovendo in una direzione tale che per guerreggiare presto

basteranno i tasti e i joystick. Dunque, lo sportello del supporto vitale viene utilizzato proprio per la regolazione della funzionalità. Le radiazioni elettromagnetiche e il cibo sintetico premono su questo sportello. La medicina e la farmacologia aiutano in qualche modo a tenerlo a livello, avendo cura però di non aprirlo troppo. Alla fine, se una persona accetta tutti i

prodotti, i termini e le condizioni del sistema, la sua salute, il suo potenziale energetico e il suo grado di consapevolezza risultano bloccati in un vicolo senza uscita, quello del né più, né meno. Questo corridoio funge praticamente da particolare cellula di “matrix” che non consente di liberarsi e andare in cerca del proprio percorso, fosse anche nella struttura stessa della “matrix”.

In questo modo all’ingranaggio non si richiede molto, e il suo compito consiste in quanto segue: Siediti al tuo posto di lavoro, nella tua cellula, e premi i pulsanti come previsto. Crea i prodotti del sistema e consuma tutto quello che ti fornisce. Rispetta la regola del pendolo “fai

come faccio io”. Segui il principio della società: “Se tutti lo fanno, allora è giusto”. E che non ti venga in mente di abbandonare le fila comuni! Ma l’importante è che tu sia sempre connesso, sempre in rete. Sii nel sistema e non lasciare i gadget che ti servono per esserlo. Prendi parte al coro collettivo

di “cliccate” e likate1 per essere in costante risonanza con la ragnatela, per esserne una sua parte. Non cercare la tua strada, ti dirigeranno. Non pensare, non turbare la tua testa, ti diranno e ti mostreranno tutto. Il tuo compito è quello di imparare a cliccare e a l i k a r e al livello più primitivo, formare in te

stesso i necessari riflessi condizionati per likare correttamente nel posto giusto e al momento giusto, con un tasto o con il mouse, col carrello della spesa o con un bollettino elettorale. E quando scoccherà l’ora, sii pronto a riempire le fila numerose di coloro che si trascinano, tutti in riga, di qua o di là…

insomma, dove, te lo indicheranno. L’importante è che tu, ingranaggio, sia pronto. RIEPILOGO L’ingranaggio deve avere un’energia sufficiente per eseguire le sue funzioni, né più, né meno. Il sistema dischiude letteralmente all’uomo lo sportello, la valvola del suo supporto vitale, affinché

l’energia vitale scorra, ma non troppo. Se i sistemi di irrigazione e drenaggio in alcuni punti o in tutto il corpo si stanno deteriorando, il ciclo di vita normale si altera, il potenziale energetico diminuisce e subentra la malattia. Oggi il processo di ostruzione e atrofia dei vasi sanguigni è significativamente accelerato sotto l’influenza dei fattori tecnogeni. Gli alimenti di origine tecnogena intasano

direttamente i vasi sanguigni, perché “gli impianti di depurazione” dell’organismo non riescono a contrastare le sostanze chimiche e sintetiche. Le radiazioni elettromagnetiche agiscono in modo tale da provocare la costituzione di conglomerati, l’agglutinamento in grappoli degli eritrociti. Rischio di tumori cerebrali causati da una costante esposizione alle radiazioni elettromagnetiche. Le conseguenze di una

larga diffusione della comunicazione mobile cominceranno ad affiorare intorno al 2035. Si tratta di un esperimento su scala mondiale condotto su tutta l’umanità. Lo sportello del supporto vitale viene utilizzato per regolare la funzionalità della persona.

NOTE A MARGINE Per quanto folle suoni, nel sistema tecnogeno (se siete veramente nel

sistema, nella fattoria) le risorse del vostro supporto vitale non sono a vostra disposizione. Qualcuno controlla il vostro sportello. O gestisce il vostro destino. Ebbene, chi dovrebbe farlo? Voi o una qualche forza esterna?

Aprire lo sportello

Al fine di riprendersi in mano il controllo del proprio supporto vitale occorre fare una cosa semplice: cessare di ingoiare le pillole del sistema.

Prima di tutto occorre rinunciare ai cibi contenenti OGM, ai prodotti chimici, sintetici, e agli integratori mimetizzati sotto l’etichetta di “naturali”. Gli alimenti biologici non hanno bisogno di alcun integratore. Occorre quindi impegnarsi il più possibile per minimizzare la presenza di prodotti chimici e sintetici nel quotidiano. In secondo luogo è necessario utilizzare il

telefono cellulare per il suo scopo principale, cioé come telefono (e, quando serve, disabilitare la modalità radio). Prenderlo in mano solo quando è veramente necessario, tenerlo lontano dal corpo e soprattutto lontano dalla testa. L’unico mezzo efficace per evitare le radiazioni dirette al cervello è l’uso di auricolari, cuffiette e microfono con cavo. Proprio con cavo e non

tramite qualche altro mezzo di emissione-radiazione. In terzo luogo bisogna dosare consapevolmente il flusso di informazioni in ingresso, così come il proprio coinvolgimento diretto nella ragnatela di informazione globale. Su questo ci soffermeremo più avanti. Si tratta di misure di prima necessità, utili per staccarsi dalle ventose della “matrix”.

Ma anche questo non è sufficiente. Occorre ancora aprire lo sportello tenuto premuto dal sistema. Rianimare i sistemi di irrigazione e drenaggio. Ripetiamo ancora una volta il motivo per cui è necessario. I capillari vascolari e linfatici con l’età deperiscono, si prosciugano. Il sistema tecnogeno accelera questo processo. È per questo che la vita dell’uomo

moderno cade letteralmente in una forbice che va dai 20 ai 40 anni. Prima dei venti, come giovane specialista non si è ancora utili, poiché si manca di esperienza, e dopo i quaranta non si è già più utili, perché tutto quello che c’era da spremere è stato spremuto. Per lo stesso motivo dopo i quaranta non si è più interessanti per il sesso opposto, e il picco creativo è già alle spalle. Non

si è fatto in tempo a cominciare a vivere che è già tutto passato. Non è forse stupido? Anche le malattie stanno rapidamente ringiovanendo. Ripetiamo ancora una volta una semplice verità che, per qualche motivo, nessuno pronuncia chiaramente ad alta voce e di cui probabilmente pochi si rendono conto: il sistema ha

bisogno di elementi non del tutto sani, diversamente potrebbero fuoriuscire dal suo controllo. Certo, dovete andare a lavorare ed esercitare le vostre funzioni, ma dovete anche ammalarvi cronicamente, farvi visitare dai medici e prendere medicine. Solo in questo modo soddisferete i requisiti del sistema. La malattia, come si sa, insorge quando viene alterata

la microcircolazione dei mezzi interni, del sangue, della linfa, del liquido intracellulare. Oltre alle malattie di per sé, effetti del disturbo della microcircolazione sono anche il sovrappeso, l’obesità, la cellulite, l’invecchiamento precoce, la diminuzione della massa muscolare, della potenza, dell’intelligenza, della vitalità in generale. Il fatto

che l’80% di tutto il sangue si trovi nei capillari parla già da solo. Lo sportello si trova proprio là e lo si può aprire con l’aiuto dell’attivazione della microcircolazione del sangue e della linfa. I metodi sono noti da tempo: il movimento, l’attività fisica, le brevi abluzioni con l’acqua ghiacciata, le docce di contrasto, i bagni di vapore. Tuttavia, il metodo migliore,

scoperto all’inizio del secolo scorso, è costituito dalla capillaroterapia e, in particolare, dai bagni di trementina. Questo metodo è stato elaborato da uno scienziato russo, il professor A. Zalmanov. In ricerche analoghe si era impegnato anche il professore A. Krog, danese, che grazie ai suoi lavori ricevette il Premio Nobel.

L’essenza del metodo è di far circolare attivamente il sangue e la linfa attraverso i vasi. La capillaroterapia è una stimolazione del movimento dei flussi per tutte le reti del supporto vitale. Se si riesce a ripristinare il normale funzionamento di queste reti e a ripristinare i flussi vitali in base ad esse, allora l’organismo riacquista da solo la sua funzionalità, riattivando le difese

immunitarie e un normale metabolismo, indispensabili per non ammalarsi, sentirsi pieni di energia ed essere di bell’aspetto. In qualità di stimolatore viene usata la trementina, un olio essenziale estratto dalla resina delle conifere. Il bagno a base di trementina funziona nel modo seguente: i recettori cutanei vengono stimolati, i capillari vascolari e linfatici vengono scossi, si

allargano e si attivano. Oltre ai capillari, migliora la permeabilità delle fibre nervose, si ripristina e si normalizza il sistema nervoso autonomo. Come risultato, lo sportello del supporto vitale, tenuto premuto dalla “matrix”, si apre. Per preparare i bagni di trementina si devono usare, ovviamente, non le

formulazioni tecniche ma dei composti speciali: un’emulsione bianca e una soluzione di colore giallo contenente trementina di alta qualità. Nonostante il fatto che questo metodo sia stato inventato un secolo fa, oggi non è stato dimenticato perché funziona davvero. Non tratta i sintomi ma elimina la causa, e per questo funziona realmente. Questa è medicina preventiva, ed è a

disposizione di chiunque voglia prendere su di sé il controllo del proprio supporto vitale. I composti inventati dal professor Zalmanov sono ancora venduti in farmacia come cento anni fa. Un mezzo migliore per ripristinare la microcircolazione non è stato ancora inventato. Per le multinazionali farmaceutiche del sistema, a dispetto di tutti

i loro sforzi, è evidentemente ancora difficile rimuovere o far cadere nell’oblio un mezzo che guarisce veramente e non “muove lo sportello” avanti e indietro. A dire il vero, bisogna ammettere che non tutti i produttori producono composti di trementina davvero di qualità, come fanno spesso con tutto il resto. C’è però un istituto,

“NII Naturoterapii” (Istituto di ricerca di naturopatia), che si occupa intensamente del metodo Zalmanov. La sua linea di prodotti Skipofit attualmente può essere considerata una delle migliori. Sorprende, naturalmente, che nel mondo dei pendoli della medicina tecnogena si siano ancora conservate delle isole dissidenti di medicina vera, di prevenzione. Che mi

fa piacere sostenere (ovviamente in modo disinteressato): http://skipofit.ru. I bagni di trementina, per i loro effetti, si suddividono in bianchi, gialli e misti. L’emulsione bianca provoca contrazioni ritmiche dei vasi capillari e a causa di esse la pelle brucia e pizzica leggermente. Al contempo i vasi dormienti si dilatano e

ripristinano la loro funzionalità. Aumenta la pressione sanguigna. La soluzione gialla ha un forte effetto depurativo, provoca sudorazione, dilata i capillari, li pulisce, elimina le tossine e le scorie dall’organismo. Abbassa la pressione sanguigna. I bagni misti condividono i vantaggi dei bagni bianchi e di quelli gialli.

L’applicazione dell’emulsione bianca, della soluzione gialla o di una miscela di entrambe dipende dal livello di pressione sanguigna, dalle caratteristiche e dalle preferenze individuali. Non ci sono regole rigide, tuttavia si consiglia di attenersi alle istruzioni fornite nelle confezioni. Le controindicazioni sono poche, e il dottor Zalmanov

riteneva che i bagni non possono causare danni ad alcuno, se presi con moderazione, facendosi guidare dal proprio stato di salute e impedendo evidenti disagi. Le modalità principali dei bagni sono le seguenti: riempire la vasca con acqua calda, a una temperatura compresa tra 36 e 39 °C. La temperatura dev’essere scelta a seconda dello stato di salute e di benessere. Non

bisogna provare alcun disagio evidente. Per una persona sana una temperatura di 39 °C è da considerarsi normale. Per la prima volta prendere 1-2 cucchiai da cucina di emulsione bianca o di soluzione gialla, mescolarli con la stessa quantità di acqua calda, versare il tutto in un contenitore di 3-5 l (per esempio un secchio), riempire tale contenitore di

acqua calda, mescolare bene e versare nella vasca da bagno. Poi, con lo stesso secchio, attingere dall’acqua della vasca e riversare la stessa acqua dall’alto, per fare in modo che essa si amalgami per bene e il composto si emulsioni. La durata del bagno è in media di quindici minuti, ma si può stare immersi di più, a seconda di come ci si sente.

Dopo un po’ si comincia a sudare e si prova un leggero formicolio o una sensazione di bruciore. Insieme al sudore, l’organismo elimina nell’acqua le scorie e le tossine. Se il bruciore è forte, significa che la dose del composto va ridotta. Se invece non si prova alcuna sensazione, occorre aumentare il dosaggio. Se si provano brividi o surriscaldamento o altri

disturbi, allora bisogna uscire dalla vasca. L’efficacia del trattamento può essere notevolmente migliorata se durante un bagno si concentra la propria attenzione sulle seguenti forme-pensiero: Il mio organismo si sta depurando, si sta rinnovando, si sta ristrutturando (sta ringiovanendo). Sto

eliminando le tossine e le scorie. Nel mio organismo pulito l’energia fluisce facilmente e liberamente. Sembro un fiume di montagna. Sono un fiume di montagna, pulito, veloce, potente. Il fiume di montagna lava via tutti i ristagni, tutte le impurità del mio organismo. Tutte le scorie, le tossine, il

muco e i parassiti vengono lavati via. Sono un fiume di montagna dalle acque pure. Si stanno completamente ristabilendo il sistema circolatorio, quello linfatico e quello nervoso. Il sistema circolatorio è come un sistema di irrigazione, nutre ogni organo, ogni cellula di tutto il necessario. Il sistema

linfatico è un sistema drenante, elimina dall’organismo le scorie, le tossine e i prodotti metabolici. Il mio sistema nervoso è il sistema di controllo del mio organismo. È a mia disposizione e mi obbedisce. Il sistema nervoso si sta stabilizzando, mi sento tranquillo, sicuro.

Ogni capillare sanguigno che prima era assopito, ora si sta svegliando, riscuotendo, rianimando, riattivando, sta depurando se stesso e quanto è intorno ad esso. Il mio intero sistema di irrigazione si sta restaurando e sviluppando. Ogni capillare linfatico che prima era assopito, ora si sta svegliando,

riscuotendo, rianimando, riattivando, sta depurando se stesso e quanto è intorno ad esso. Il mio intero sistema di drenaggio si sta restaurando e sviluppando. Ogni fibra nervosa si sta risvegliando, riscuotendo, rianimando, riattivando. Ora ho un sistema nervoso sano e forte.

Sono tranquillo e sicuro di me. I sistemi di irrigazione, di drenaggio e quello nervoso si stanno completamente ristrutturando e sviluppando. Ogni organo, ogni cellula riceve una manutenzione tempestiva e di qualità. Le sostanze nutritive e l’ossigeno arrivano per tempo, e i prodotti

metabolici vengono eliminati per tempo. Ora tutto il sistema di supporto vitale è a mia disposizione. Man mano che si depura l’organismo, la coscienza si rischiara. Ho una mente chiara. Riesco a vedere tutto chiaramente, a capire chiaramente e a esprimermi chiaramente. Ho un

forte potenziale energetico, un intelletto e una coscienza potenti. Posso facilmente far fronte a qualsiasi problema. Gestisco la mia realtà. Si sta ripristinando un’ottima salute. Nel corpo è iniziato un processo di rigenerazione e di ringiovanimento. Il processo di invecchiamento si è

invertito. Mi sento pieno di forze e di energia. Ho un ottimo aspetto. La mia ottima salute si riflette sul mio aspetto fisico. Sono la perfezione fatta persona. Le forme-pensiero possono essere ridotte o integrate, modificate o alterate a piacimento. L’unica cosa che non si deve fare è accennare,

seppur minimamente, ai problemi (ad esempio, “la malattia sta passando”). Nessun problema, nessuna malattia, solo un chiaro orientamento in direzione della perfezione e dello sviluppo. Pronunciate tra voi quello che desiderate raggiungere. Ovviamente il bagno di per sé assolve già ai suoi compiti, ma insieme alle forme-pensiero la sua

efficacia aumenta notevolmente. Come sapete, il Transurfing raggiunge il suo massimo risultato se viene applicato un approccio integrato: come pensiamo, come mangiamo, come ci muoviamo. Potete stare certi che tutto ciò funziona alla perfezione, ve ne accorgerete da soli. Le forme-pensiero nel bagno funzionano in modo

particolarmente potente perché l’acqua registra su di sé l’intenzione che voi dichiarate. La vasca da bagno funge in un certo senso da risonatore di informazione, che ripete e amplifica le vostre formepensiero. Fissate l’intenzione sul fine. Esso può essere uno qualsiasi, ma in questo caso sarebbe più logico puntare la

propria attenzione sulla salute. Se ci saranno la salute, un forte potenziale energetico e una mente chiara, tutto il resto arriverà. Se mentre siete immersi nella vasca provate un fastidio, di qualsiasi tipo esso sia, dovrete ammorbidire i parametri: o il dosaggio del composto, o la durata del bagno, o la temperatura. Ricordate che un fastidio palese non sarà di

giovamento. In queste cose devono prevalere la moderazione e la gradualità. Se, usciti dalla vasca da bagno, provate un capogiro, potete sedervi per un po’. Passerà presto. La dose del composto dev’essere aumentata di volta in volta di mezzo cucchiaio. Come misurino potete usare un bicchierino di plastica, sul quale potete segnare con un

pennarello il livello della dose precedente. La dose massima è di 150-180 ml. Dopo aver raggiunto la dose massima, non serve aumentare ulteriormente, anche se non avvertite più bruciore. Se la pressione arteriosa è superiore al normale, sarebbe consigliabile, i primi tempi, finché non si normalizza, fare un bagno giallo.

Viceversa, se la pressione è bassa, è meglio fare un bagno bianco. Nell’uno e nell’altro caso si può fare un bagno misto, metà del composto bianco e metà giallo. Le persone con pressione sanguigna normale possono alternare bagno bianco e bagno giallo. Ad esempio, fare un giorno un bagno bianco, un altro giorno quello giallo e il terzo giorno un bagno misto. Oppure passare

interamente ai bagni misti. Scegliete voi quello che preferite sulla base delle vostre sensazioni. Uscendo dal bagno, senza asciugarsi ci si deve avvolgere in un accappatoio di cotone, si devono indossare caldi calzetti di lana o di lino e si deve andare a letto, coprendosi con una coperta calda. Questa è la parte successiva del

trattamento. Bisogna stare sdraiati per trenta-quaranta minuti. Durante questo periodo continua la sudorazione e la leggera sensazione di bruciore sulla pelle: il composto di trementina continua a fare effetto. Questo stesso tempo può essere sfruttato a vantaggio dei propri fini. Per esempio, si può approfittare

dell’occasione per esercitare la tecnica delle diapositive o dedicarsi a quello cui di solito non si ha il tempo di pensare perché si è sempre occupati e non c’è mai l’occasione per sedersi o stendersi con calma e riflettere su qualcosa. Quindi si può concentrare la propria attenzione sul proprio fine e ricavarci un vantaggio. Al mattino si possono impostare i compiti per il giorno, che

così si realizzano più facilmente. La sera si possono constatare i successi, così essi si rinforzano. Quest’occupazione porterà sicuramente nella vostra vita qualcosa di nuovo, qualche frutto. Se il trattamento viene eseguito prima di andare a letto, ci si può addormentare. Tuttavia, per un pieno effetto di risveglio e spinta di tutti i sistemi del supporto vitale, è

meglio fare quest’operazione al mattino. In questo caso, dopo essersi alzati dal letto, bisogna ritornare in bagno, versare all’inizio in un grande catino (che si possa facilmente sollevare) dell’acqua fredda e metterlo su un asse disposto a ponte tra le estremità della vasca (per non dover sollevare il catino da terra). Più fredda è l’acqua, meglio è.

Poi fare una doccia tiepida o calda (ma non molto) per riscaldarsi, se ci si è raffreddati, e per lavarsi di dosso tutto quello che è uscito insieme al sudore. Se è stata utilizzata la soluzione gialla, è meglio lavarsi anche con il sapone. Dopo essersi riscaldati bisogna versarsi addosso l’acqua del catino e risciacquare il corpo con l’acqua fredda della doccia per alcuni secondi. A questo

punto si capirà fino in fondo cosa significhi “aprire lo sportello”: l’energia fluirà con una potenza che non si è mai sperimentata prima d’ora. Coloro che hanno problemi di cuore e di pressione dovranno però stare attenti a usare l’acqua fredda. Sarà più opportuno aumentare gradualmente il contrasto di temperature, passando da un’acqua tiepida a una via

via più fredda. Se la salute versa in un cattivo stato, il motto dovrà essere moderazione e gradualità. Non ci si deve portare a uno stato di palese disagio. Prima del trattamento, durante e dopo, si deve bere molto, ma solo acqua o tisane. Se non volete bagnare i capelli, potete utilizzare una cuffietta per la doccia. (Spiego tutto in modo così

dettagliato perché ci sono persone che non hanno mai fatto nulla di simile e per le quali tali informazioni possono essere importanti). La razione alimentare non deve contenere prodotti sintetici da supermercato né medicine. Non ha senso aprire lo sportello e allo stesso tempo spingerlo indietro. I prodotti dovranno essere naturali, senza ingredienti chimici, sintetici

e OGM. Se la salute è tale che non si può fare a meno di farmaci, è meglio consultarsi prima con un medico. Comunque, è preferibile prima uscire dallo stato di crisi e poi occuparsi di riabilitazione. La capillaroterapia, unitamente a una dieta naturale e all’esercizio fisico, dà la possibilità di gestire i sistemi del proprio supporto

vitale e mantenere lo sportello sempre sotto il proprio controllo. (Chi lo dovrebbe fare? Voi o qualche forza o sistema esterni? Capite quanto questo sia importante?). In giovane età questo controllo permette di tenersi in forma, mentre in età avanzata esso permette di ripristinare le forze perdute. A. Zalmanov consigliava di fare i bagni a giorni alterni o una volta ogni due giorni.

Inoltre, possono essere alternati con la ginnastica. In realtà, i bagni di trementina sono una ginnastica per i vasi. Nel regime un giorno sì, un giorno (o due) no, bisogna prendere circa trenta bagni, o più, a seconda delle condizioni di salute. Poi si può passare al regime di una volta alla settimana. Nel giro di un mese dall’inizio delle

procedure, e anche prima, assisterete a un netto miglioramento dello stato di salute, della forma fisica e dell’aspetto. Coloro che vi stanno intorno, guardandovi non potranno fare a meno di chiedervi dove avete passato delle vacanze così riposanti. RIEPILOGO Rifiutare alimenti contenenti OGM, prodotti chimici e

sintetici, nonché integratori, spacciati per prodotti “naturali”. Impegnarsi il più possibile per ridurre al minimo la presenza di sostanze chimiche e sintetiche nel quotidiano. Utilizzare il telefono cellulare per la sua funzione primaria, cioé come telefono, usando gli auricolari e cercando di tenere l’apparecchio lontano dalla testa e dal corpo. Dosare consapevolmente il flusso di informazioni in ingresso, come pure il

proprio coinvolgimento diretto nella ragnatela di informazione globale. Aprire lo sportello tramite l’attivazione della microcircolazione sanguigna e linfatica. Rianimare il sistema di irrigazione e drenaggio dell’organismo: bagni di trementina, abluzioni con acqua ghiacciata, doccia di contrasto, movimento. La capillaroterapia è la stimolazione del movimento dei flussi lungo tutte le reti del supporto vitale.

La trementina funziona nel modo seguente: i recettori cutanei vengono stimolati, i capillari sanguigni e linfatici vengono ripercossi, dilatati e attivati. Si tratta di medicina preventiva, accessibile a chiunque. Non tratta i sintomi ma corregge la causa e per questo funziona. L’efficacia del trattamento può essere notevolmente migliorata se durante un bagno ci si concentra sulle forme-pensiero. Le forme-pensiero non

devono contenere alcun accenno a problemi o malattie, ma solo un netto orientamento verso la perfezione e lo sviluppo. La vasca da bagno funziona come una sorta di risonatore informazionale, che ripete e amplifica le vostre forme-pensiero. Se il vostro stato di salute è fortemente degradato, il vostro motto dev’essere moderazione e gradualità. Non ci si può portare a uno stato di palese disagio fisico. Prima, durante e dopo il

trattamento bisogna bere molto. Se la vostra salute versa in una condizione tale che non potete rinunciare a dei farmaci, consultate un medico prima di fare i bagni. Sarebbe comunque opportuno prima uscire dallo stato di crisi e poi occuparsi di riabilitazione.

NOTE A MARGINE Può sembrare sorprendente: com’è che per liberare l’uomo dalla

“matrix” vengono proposti dei metodi, per così dire, primitivi, terra terra, “ambulatoriali”? La cosa non vi colpisce? Naturalmente avrebbe impressionato di più qualcosa di esotico, come “disattivare il chip nella testa”. Ma questi sono proprio i metodi che funzionano. Lasciamo l’esotismo a Hollywood. Quando vi prepareranno per impiantarvi in testa un vero e proprio chip, non sarete già in grado di intendere. E allora sarà troppo tardi.

Lo scardinamento e l’unificazione della personalità

Cosa serve a un uomo per essere in grado di disporre

autonomamente del proprio destino? Gli servono tre cose semplici, ma allo stesso tempo non immediatamente disponibili: una volontà libera, una coscienza libera, un’energia libera. Non sono cose facilmente disponibili perché, come

abbiamo chiarito nei capitoli precedenti, nel sistema (“matrix”) esistono, a fronte di esse, tre fattori limitanti:

la cattura dell’attenzione, l’obnubilamento della coscienza, il blocco dell’energi A dire il vero vi è un quarto fattore deterrente, poco chiaramente percettibile

ma non meno forte. Chiamiamolo l’oppressione ( p r e s s i n g ) della vita in generale, ciò che la vita è, come ci è imposta. Se guardiamo noi stessi, il mondo che ci circonda e il nostro posto in esso, non è difficile capire che siamo costantemente oppressi da qualcosa, un carico di circostanze, di obblighi, di termini, di condizioni, di fini, di valori. La vita crea

tensione perché essa ci è c o m e imposta dall’esterno. Ognuno di noi, venendo in questo mondo, vi arriva dotato di una propria individualità, unicità. Ma l’obiettivo del gioco, al tempo stesso, è generale, e le sue regole sono uguali per tutti. Esattamente lo stesso tipo di oppressione si può provare in certi squallidi sogni

inconsci, che risultano imposti, dati, non scelti. Essi opprimono perché ci si sente costretti a vivere in questi sogni e ancora perché non si capisce il motivo per cui essi siano stati imposti e anche perché non si può fare nulla a riguardo. Da qualche parte, nel profondo del cuore, cova una sensazione dimenticata, quella di essere stati un tempo liberi e capaci di tutto, quando non c’era nulla di

impossibile. E invece ora, per qualche motivo, non ci si sente liberi, ci si sente in qualche modo bloccati e limitati nelle proprie possibilità. La pressione opprimente si manifesta prima di tutto nel fatto che alle persone vengono imposti falsi fini, falsi stereotipi e falsi modelli di successo e di vie per raggiungerlo. Tutto questo per la maggior parte dei casi

non concorda con le qualità individuali, scardina la personalità, rompe l’IO. Ma gli uomini, immersi nel loro sogno inconscio, pensano che a queste norme ci si debba adeguare. Succede letteralmente questo: alle persone vengono appese delle mollette mentali. La ragione e la volontà si rivelano bloccate, come un abito che prima stava

addosso liberamente e comodamente e poi viene tirato e spillato da tutti i lati. Le persone si muovono come se fossero staccate, disattivate, disallineate. L’energia dell’intenzione viene bloccata dalle mollette, si crea stasi, ostruzione, inibizione. In tali circostanze la possibilità di gestire la propria realtà è ridotta al livello più primitivo.

Le mollette vengono appese secondo il seguente algoritmo: 1. Viene mostrata un’immagine patinata di qualcosa, “un confetto”, un’esca da prendere (ci mostrano costantemente gli stessi “confetti” stereotipati). 2. Da tale immagine si arriva a una conclusione (deduzione), che viene

presentata al nostro giudizio: ci credete, siete d’accordo? 3. Più avanti viene spiegato lucidamente che “il confetto è delizioso” ma in questo mondo nulla si dà così semplicemente e facilmente. Ancora: siete d’accordo? 4. Se sì, si appende una molletta. Ecco un esempio di come

si fa. Un buon lavoro è considerato un posto di prestigio, che non sporca le mani, ben remunerato. Volete un lavoro di questo tipo? Beh, certo che lo volete. Per questo buon lavoro assumono esperti di classe con una vasta esperienza oppure si ottiene il posto tramite conoscenze. Voi non avete né esperienza, né conoscenze. Siete d’accordo? Significa

che voi potete sognarvi un buon lavoro. Non ci credete? Ma sapete quante persone come voi vorrebbero avere un buon posto? E non solo come voi, ma molto meglio di voi. I datori di lavoro scelgono i migliori. Voi non siete i migliori. Siete d’accordo? Vedete... Un buon lavoro ve lo potete solo sognare. Non cercate neanche di averlo. Lavorate con voi stessi. Dovrete lavorare tanto

e seriamente. E se poi si trova qualche dissenziente che non crede subito o non crede a tutto, la prima brutta esperienza lo metterà immediatamente al suo posto. Come risultato l’uomo, oppresso da questo stato di cose, accetta il quadro proposto nella configurazione del suo mondo e si immerge in un sogno penoso. Il mondo

tutt’intorno è un ambiente aggressivo e ostile, in cui conquistarsi un posto al sole è molto difficile. Di fatto l’uomo moderno è coinvolto in una corsa per tutto quello che egli, dal punto di vista della societá, deve raggiungere, e per questo si trova in uno stato di stress incessante. È incredibile come possa resistere a tutto ciò, tanto più che la pressione cresce di

giorno in giorno. Perché? Fino a poco tempo fa, gli stereotipi della società non avevano una pressione e una forza così massicci, perché non esisteva il sistema globale di sincronizzazione delle informazioni che abbiamo ora. Oggi tutto è avvolto nella stessa ragnatela. Un innocente, come pare, scambio di informazioni avviene alla

velocità della luce. Di per sé lo scambio di informazioni non è nemmeno la cosa più importante. Un ruolo decisivo è svolto da un processo completamente d i v e r s o , lo scambio di opinioni. Ogni tipo di classifica, scelta, selezione, concor s o, tele-show, blog, forum, “YouTube” e, infine, il cliccaggio di “mi piacenon mi piace”, tutto ciò è lo scambio e la

sincronizzazione delle opinioni. Curiosamente, nessuno pensa al perché e a chi serva. Il sistema, quasi appositamente, ha programmato le persone in modo tale che esse siano disposte a condividere volentieri le loro opinioni su tutto, senza interrogarsi sullo scopo e il significato del processo in atto. Tutti pensano solo di partecipare a

una specie di gioco divertente e in ognuno si crea l’illusione di star giocando di propria libera volontà. Nessuno sospetta che il gioco sia controllato dall’esterno e persegua un fine che non è stato dichiarato. Nessuno ha l’impressione di “non essere lui a condurre” il gioco ma di “essere condotto”. E in cosa consiste allora il fine e il senso di questo

processo? La proprietà più sgradevole e viscida del sistema è la sua capacità di intrecciare illusioni e agire furtivamente, di soppiatto. L’uomo nel sistema comincia a volere proprio quello che conviene al sistema. La sua coscienza diventa fresata perfettamente a misura delle esigenze del sistema. Come raggiungere questo scopo? Basta ritagliare da un’individualità non

standardizzata un ingranaggio standardizzato. La sua visione del mondo, i suoi pregi, i suoi difetti, le sue capacità, le sue esigenze, tutto dev’essere unificato. Pian pianino, senza fretta, in un modo o nell’altro, one way or another, si deve riportare tutto a un denominatore comune, fare di ogni erba un fascio. Ebbene, questo stesso “mi piace-non mi piace”, in una

forma o nell’altra è un metodo di sincronizzazione delle opinioni, unificazione dei valori, creazione di standard e stereotipi . Ogni singolo e unico IO viene gradualmente livellato sotto il chiasso dell’“opinione pubblica”. In ciò sta il senso e il fine del gioco. È tutto molto semplice: tanto meglio sono sincronizzate le opinioni, tanto più simili sono gli ingranaggi.

Usciranno dalla catena di montaggio tutti uguali, come se fosse uno solo, unificati e standardizzati. Su questo stesso principio funziona qualsiasi sistema totalitario. Forse che il sistema tecnogeno, con la sua avidità, ipocrisia, falsa “democrazia” e simili amenità è in qualcosa meglio del sistema totalitario? Niente affatto. La differenza è solo una: nel sistema totalitario

l’unificazione avviene in modo forzato, mentre in quello tecnogeno essa avviene in toni morbidi, subdoli, impercettibili. Di fatto, l’“appendimento” di mollette mentali è questo stesso processo di livellamento della personalità. Il principio della società “se così pensano e fanno tutti significa che è giusto”, funge

da sorta di asse attorno a cui ruota quest’intero processo. E in qualità di pignoni di guida, opera, per quanto strano possa sembrare, qualcosa cui “nessuno avrebbe mai pensato, nessuno avrebbe mai creduto”: delle forme innocenti di scambi di opinioni nella ragnatela delle informazioni. Esempi viventi di come tutto ciò avvenga nella realtà li potete trovare facilmente,

osservando un po’. Che dire, resta solo da stupirsi di quanto genialmente si sia auto-organizzato il sistema. RIEPILOGO Per un uomo libero è indispensabile avere una volontà libera, una coscienza libera e un’energia libera. Nel sistema (“matrix”), a fronte di queste necessità ci sono fattori deterrenti: la

cattura dell’attenzione, l’obnubilamento della coscienza, il bloccaggio dell’energia. Un altro fattore deterrente è l’oppressione (pressing) della vita in generale, ciò che essa è, come essa ci è imposta. La vita crea tensione perché è come se fosse imposta dall’esterno. L’uomo moderno è coinvolto in una corsa per tutto ciò che, secondo il punto di vista della società, egli dovrebbe raggiungere.

Alle persone vengono imposti falsi fini, falsi stereotipi, falsi modelli del successo e delle vie attraverso cui raggiungerlo. Le persone, immerse in un sogno inconsapevole, pensano che a questi standard ci si debba adattare. Le persone sono bloccate dalle mollette appese dalla società, sono come disallineate, staccate dalla corrente. Fino a poco tempo fa gli stereotipi della società non avevano una pressione e

una forza così grandi perché non esisteva il sistema globale di sincronizzazione delle informazioni che abbiamo ora. Di per sé lo scambio di informazioni non è la cosa più importante. Un ruolo fondamentale è svolto da un processo molto diverso, lo scambio e la sincronizzazione delle opinioni. Si crea la piena illusione che ogni partecipante del gioco giochi da solo, esprimendo il proprio libero

arbitrio. Nessuno sospetta che il gioco è controllato dall’esterno e si prefigge un fine non dichiarato. Ogni IO singolo e unico viene progressivamente livellato sotto il chiasso “dell’opinione pubblica”. Qui sta tutto il senso e il fine del gioco.

NOTE A MARGINE Ecco in che modo interessante si produce, nel sistema, lo scardinamento

dell’IO e la sua successiva unificazione. Non è difficile capire a cosa si vada incontro. Quando l’IO viene mascherato o cancellato, la personalità o, più precisamente, ciò che di essa rimane, risulta sola e impotente nel sogno che la circonda e la sovrasta. La capacità di autorealizzazione individuale della persona viene tolta (con il suo consenso inconscio). E in seguito, ovviamente, la personalità livellata cade nelle grinfie dei pendoli del sistema. Per questo la vita

è così difficile e a volte addirittura insopportabile.

Parabola di riflessione

C’è un vasto campo. In mezzo al campo c’è una legnaia. Intorno alla legnaia c’è un cane che corre e abbaia. Arrivano altri cani che cominciano ad abbaiare

al primo: – Ma perché abbai come un ossesso, cane che non sei altro! – Non sono affari vostri! Sono un cane! È un mio diritto! – Anche noi siamo cani, ma noi non riversiamo la nostra negatività sulla legnaia. Cerchiamo il positivo. – E allora perché mi

abbaiate contro? – Perché mai non ti piace la legnaia? È una legnaia come un’altra, anzi, è molto positiva. – Allora siete proprio deficienti! Non sto abbaiando alla legnaia! Lì ci sono altri cani, si sono ubriacati e ora sono stesi a terra, ubriachi fradici. – Permettiti di essere un cane, e permetti agli altri di

essere cani. – Ma andate al diavolo! E continuano ad abbaiare l’uno contro gli altri, finché non arrivano altri cani: – Beh, perché state abbaiando? – Questo cane qua – rispondono gli altri cani – pensa di essere un cane particolare, il meglio di tutti. Il primo cane è sconvolto!

– Ma come! Siete stati voi a dirmi appena adesso che devo permettermi di essere un cane… Gli altri cani lo interrompono: – Voi, miei cari, per quanto abbaiate, rimarrete comunque quello che siete, dei cani. Che cagnaaaaaara ne seguì! Ognuno a dire la sua: – Il cane, detto per inciso,

è l’amico degli indiani! – Il cane è un lupo per il cane! – La nostra vita non è così facile, facciamo una vita da cani! – Hai vissuto come un cane e come un cane morirai! – Ma perché siete tutti incattiviti come cani? – Chiudi il becco, lasciaci dire la nostra opinione! – Anch’io ho la mia

opinione! – Suvvia compagni, comportatevi da cani, non perdete la consapevolezza! A quel punto escono dalla legnaia quegli altri, i cani ubriachi fradici, e dicono: – Cani, ma perché abbaiate tanto? …

NOTE A MARGINE

Non si tratta di un’illustrazione del capitolo precedente, ma solo di una singola osservazione dall’esterno. Qualsiasi sia la realtà, guardatela con più allegria.

Anatomia dell’importanza

La standardizzazione e l’unificazione non sono indolori. Almeno, non per tutti. Naturalmente ci sono quelli che non pensano affatto a resistere e si

integrano nel sistema in modo organico, naturale, come un coniglio in una gabbia per il quale non importa dove si trovi, basta che ci sia da mangiare. Forse costoro sono la maggioranza, del resto questo libro non è per loro. È per coloro che intuitivamente sentono che c’è qualcosa che non va, per coloro che non accettano il fatto che il loro io non significhi alcunché, non

serva ad alcuno e, in generale, sia soggetto a trattamento. La contraddizione fondamentale tra il sistema e la personalità sta nell’incongruenza che segue: l’anima chiede una cosa e il sistema ne detta un’altra. Ma questa discrepanza è sentita in modo vago. L’uomo non è in grado di capire chiaramente in cosa consistano le sue convinzioni

e le sue aspirazioni, e che cosa invece sia imposto dagli stereotipi sociali, non sa dove sta la verità. Il motivo è che l’uomo “è spillato”, tenuto stretto da queste stesse mollette della società, è bloccato in esse, deviato. La molletta è un qualcosa che causa oppressione o non si accorda col vostro Io. È quando si sente la pressione di un peso che angustia e si è

vagamente consapevoli del fatto che c’è qualcosa che non va, che così non dovrebbe essere. Ecco alcuni esempi tipici di mollette: 1. “L’amore può essere conquistato con una strategia intelligente”. Riflettete bene su questa frase. È un po’ strana, vero? Ma su questo sono stati scritti migliaia di libri, ed è questo ciò che

si fa quando ci piace qualcuno. 2. “Un buon lavoro è molto difficile da ottenere”. In effetti, la pratica reale dimostra che è proprio così. Ma d’altro canto c’è qualcosa che non va. Cosa, secondo voi? Ma proprio il fatto che qualcuno questo lavoro se lo trova comunque e vive felice e contento. Ma perché lui sì e voi no?

Cos’è lui a differenza di voi, un eletto? O forse è perché avete permesso di lasciarvi appendere addosso questa falsa credenza e ora la trasmettete in giro nel vostro mondo come la melodia di un carillon? 3. “Si può far tornare indietro la persona amata”. Anche su questo sono stati scritti tanti

libri ed è ciò che si cerca di fare quando si è lasciati. Credete davvero che ciò sia possibile? Oppure vi hanno costretto a crederci perché ci volevate credere? Tutti i fattori incombenti e opprimenti rappresentano quello che nel Transurfing viene raggruppato sotto il termine generale di importanza. Quando c’è

qualcosa che opprime, questo qualcosa diventa automaticamente importante. L’importanza ferma il flusso dell’energia libera, proprio come fa una molletta con la biancheria. Il blocco introduce a uno stato di torpore che fa perdere la capacità di funzionare in modo efficace e di controllare gli eventi, sì che sono questi ultimi a controllare voi.

Come liberarsi, uscire da questo torpore? Il principio di base è quello di liquidare la molletta e creare al suo posto un flusso di energia. Siccome il blocco è un ristagno energetico (tappo), prima bisogna rimuoverlo e poi far carburare il potenziale energetico. L’importanza nel Transurfing viene eliminata tramite la consapevolezza di essa. Se vi siete svegliati e vi

siete resi conto di che cosa precisamente vi opprime, metà del lavoro è già fatto. Le cose importanti hanno potere su di voi fintanto che vi trovate in uno stato di sogno inconscio, fintanto che “lo spauracchio è nascosto nell’armadio”. Vi basterà “aprire l’armadio” e guardare da vicino l’oggetto della vostra importanza per far sì che esso si trasformi

immediatamente in un gomitolino soffice e divertente. Dopo lo sbloccaggio bisogna disperdere il flusso stagnante di energia. La spinta per smuovere il potenziale energetico viene realizzata dall’azione. Non aspettare, non aver paura e non pensare, agisci. Non vi è modo migliore per dare la spinta iniziale. Quindi, al fine di rimuovere il blocco

dell’importanza occorre rendersi consapevoli di essa ed eliminarla con l’azione. L’algoritmo generale di autoliberazione appare piuttosto semplice: individuare la molletta (ciò che opprime), rimuoverla (rendersene consapevoli), creare il flusso

(agire). Vediamo nel queste tre tappe.

dettaglio

Come individuare Per riconoscere la molletta che schiavizza e limita la libertà bisogna svegliarsi per tempo e cogliersi nel momento in cui si prova la sensazione di importanza. Le

persone di solito non fanno questa cosa semplice. Quando qualcosa le opprime, si comportano come se fossero in delirio e non alzano nemmeno la testa per capire quale sia la natura del peso che le sta schiacciando. “Sì, la vita è dura”, sospirano, e si allontanano con il loro peso addosso. Sui dormienti si possono appendere pesi a volontà. Possono solo lagnarsi per

l’ennesima volta: “Oh, quanto è difficile tirare avanti!”, e proseguono, invece di fermarsi, guardarsi intorno e scrollarsi di dosso il peso inutile. Dunque bisogna crearsi l’abitudine di risvegliare la propria attenzione nel momento stesso in cui per qualche motivo si instaura uno stato di oppressione. C’è qualcosa che vi preoccupa, spaventa, crea disagio?

Allora bisogna svegliarsi immediatamente e rendersi conto di che cosa si tratti precisamente. Da qualche parte nella testa deve accender si una lampadina rossa, come un segnale di allarme. Dovete letteralmente mettervi in stato d’allerta, risvegliarvi e cominciare a osservare ciò che sta accadendo e al contempo voi stessi, ponendovi le domande: cosa

succede? Cosa mi opprime? Cosa sto facendo in questo momento? Se la “lampadina rossa” diventerà un’abitudine, essa agevolerà notevolmente la vostra vita e vi permetterà di agire in modo efficace in tutti i tipi di situazioni, dalle più semplici, quando qualcuno tenta di imbrogliarvi, alle più estreme, quando vi si richiede di mantenere

l’autocontrollo e una mente lucida. Dopo che si è accesa la lampadina (vi siete resi conto che qualcosa vi opprime), dovrete guardare il peso e sottoporlo a un test di idoneità. Questo peso vi è veramente necessario o ve la potete cavare anche senza? Questo test vi dovrebbe aiutare a distinguere le vostre aspirazioni più profonde da

quelle impostevi dall’esterno, le vostre convinzioni da ambigui stereotipi, i valori più autentici da quelli falsi e via dicendo. Da criterio può fungere la verifica della corrispondenza al credo. Chiedetevi: che cosa vogliono da me gli stereotipi? Mi piace quello che vogliono? A questo fine ci si deve elevare sopra la situazione, guardarla

dall’alto e cercare di valutarla, capire cosa suggerisce a riguardo il cuore e cosa la ragione. Più precisamente, non tanto la vostra ragione, quanto “la ragione della società”. Se sentite che lo stereotipo che si sta cercando di imporvi non aderisce al vostro Sapere interiore, significa che state sperimentando un processo

di introduzione di un modello mentale alieno nel vostro credo, un tentativo di scardinamento del vostro IO. È un processo simile all’invasione di un virus in una cellula. Gli stereotipi virali nella società non sono meno delle malattie. Quando si verificherà l’ennesimo tentativo di scardinamento del vostro IO, sarete in grado di riconoscere facilmente il virus mentale,

se guarderete la situazione da questo punto di vista. Ora che avete capito il meccanismo, godrete di una sorta di immunità.

Come rimuovere Per disattivare l’importanza bisogna capire com’è strutturata la sua anatomia. Questo problema è stato discusso in dettaglio nel libro

Transurfing real’nosti (Il Transurfing della realtà), qui mi soffermo solo sui punti principali. L’importanza (nel nostro caso si tratta per lo più di importanza esterna) emerge nelle situazioni in cui viene infondatamente sopravvalutato il valore di un evento (colloquio di lavoro), di una cosa (macchina nuova) o di alcune relazioni (con un partner).

Sintomi tipici: ansia in previsione di un fallimento possibile o sofferenza dovuta a un fallimento verificatosi. In entrambi i casi la quiete interiore è disturbata, l’energia viene bloccata. Principio generale di e l i m i n a z i o n e : vedere, rendersi conto, cambiare il modo di rapportarsi all’evento. Cosa significa rendersi

consapevoli dell’importanza? L’importanza costringe a guardarla con riverenza e timore. O, ancor di più, preferisce che ci si prostri al suo cospetto e non si osi alzare lo sguardo. Voi, invece, guardatela spassionatamente, indifferentemente, con un interesse puramente medico, attraverso una lente di ingrandimento. Questo spesso è già sufficiente per

capire che non è poi così importante, quest’importanza. Per esempio: -

-

Ho paura? Mi osservo mentre provo paura e mi permetto di aver paura. Questo mi consente di muovermi incontro alla mia paura. Mi irrita che il mio scenario si stia rovinando? Ho voglia di

-

battere le mani contro l’acqua e urlare istericamente: «Dev’essere tutto come voglio io!». Osservo la scena dall’esterno e di nuovo, consapevolmente, permetto allo scenario di rovinarsi, seguendo con flessibilità i cambiamenti nella corrente delle varianti. Qualcosa per me ha un valore troppo alto?

Tuttavia mi rendo conto che ogni valore è solo esterno, apparente. Non vi è niente di così particolarmente significativo. Come dice il proverbio, «In ogni uomo saggio c’è abbastanza stoltezza» e ciò riguarda anche qualsiasi tipo di grandezza, qualsiasi cosa cui si possa applicare il termine “significativo”.

Tutte le persone importanti, gli esaminatori, i capi, le stelle dello spettacolo, i generali, gli amministratori delegati, i capi di stato, sono tutte persone comuni. Qualcuno ha rischiato di soffocarsi con un cracker finito di traverso, a qualcun altro è stato impedito di salire sull’aereo in stato di ubriachezza, un terzo è stato beccato in calde effusioni.

Ma se l’importanza non vuole scendere da sola dal suo piedistallo, dovremmo chiederle noi di scendere, la dovremmo ridurre con una decisione puramente volitiva: prima l’importanza c’era, ed ecco che ora non c’è più. Questo non significa che ci si debba trasformare in statue di marmo. Bisogna gestire l’elemento primario, il modo di rapportarsi. Le emozioni e i sentimenti sono secondari.

Controllare le emozioni e i sentimenti non è possibile ed è inutile. La paura, la tristezza, l’odio, l’ostilità o, al contrario, la gioia, l’amore, l’affetto, il desiderio… È forse possibile controllare tutto questo? Si può solo non dimostrarlo esternamente, ma dentro ci sarà tutto comunque, sono sentimenti che non se ne vanno. E anche caricarsi a forza di ottimismo non

porterà alcun effetto. E allora, cosa fare? Bisogna mettersi d’accordo con la propria ragione. Dirsi: se la cosa riesce, perfetto, se non riesce, va bene lo stesso. E se non ha funzionato, comunque va tutto bene. Ma perché? Alla ragione bisogna portare fondamenti e dare argomentazioni, perché non accetta nulla per

scontato. Bisogna spiegarle che esiste il principio di coordinazione dell’intenzione e che questo principio funziona: se si finge e si trasforma lo spiacevole in piacevole, allora sarà esattamente così. Ma, di nuovo, perché questo principio funziona? Perché andrà tutto bene? Calmate la vostra ragione con le spiegazioni seguenti:

Significa che non ne ho bisogno, mi aspetta qualcosa di meglio (come spesso accade). Sono riuscito a evitare qualcosa di brutto (terribile). Un’altra lezione è passata, e non è passata invano (niente in questa vita è invano). È un investimento a vantaggio del successo futuro (e così accade spesso).

Non è la mia porta (la mia metà). Cercherò la mia (quello che è mio da me non scappa). Se l’importanza è così alta che non si riesce a ridurla, bisogna rassegnarsi a una sconfitta e andare a sostenere l’esame, l’incontro o l’evento importante con un’intenzione indulgente: “Oggi è improbabile che io abbia successo”. Quest’impostazione

indebolisce l’intenzione, però in compenso elimina il potenziale dell’importanza, che spesso crea seri ostacoli. Bisogna solo capire che se si attribuisce troppa importanza alla questione stessa dell’importanza, allora si può finire al di là dello specchio, dove, al contrario, l’importanza viene sostituita dal menefreghismo più totale, che di per sé non va

b e n e . L’assenza di importanza non è né negligenza né menefreghismo, ma un’osservazione cosciente.

Come creare il flusso Se ancora non tutta l’importanza è scomparsa, i suoi resti si disperdono nell’azione. L’attesa

angosciante e l’inazione bloccano il potenziale e la circolazione dell’energia. L’azione, al contrario, dissipa i potenziali superflui e lancia quello energetico. Se siete in uno stato di depressione, non avete voglia di fare niente, tutto vi opprime, o vi trovate a vivere in uno stato di ottundimento, dovete capire che la causa di tutto è un blocco energetico. Esso dev’essere eliminato e

per farlo occorre cominciare un movimento, fare una qualsiasi cosa, anche non correlata alla situazione responsabile del potenziale di importanza. Un modo molto efficace è l’inversione dell’importanza. Ad esempio, acquistare un flauto e un orsacchiotto, anzi, meglio subito tre, piazzarli di fronte a voi e cominciare a suonare loro qualche

motivetto. Oppure allestire qualche cerimonia o rituale solenne, per esempio mettere in ufficio il busto di Karl Marx e offrirgli un sacrificio. Oppure giocare con un giocattolo, far correre per terra le macchinine: tff, tfff, tfff! Far galoppare un cavallino: cloppete, cloppete, iiihhhh!, è un vero giocoVIP, perfetto per un dirigente. Se la situazione è concreta

e si sa che la si può risolvere con un’azione precisa, allora niente di più semplice: agite. Star seduti sul posto, temere, rompersi il capo, è inutile e assurdo. Bisogna agire, fare qualcosa. Non importa nemmeno che cosa, l’importante è fare. Il senso sta nel fatto che nell’azione si scioglie il blocco e si innesca il flusso di energia.

Chi non conosce questo principio si siede e si mette a fumare. Per chi è nel flusso, invece, tutto funziona in modo semplice e naturale. Supponiamo che ci sia da fare un lavoro grande e difficile. Ebbene, bisogna semplicemente decidersi e cominciare a farlo. Oppure vorreste conoscere qualcuno: basta andare e fare conoscenza, senza tante riflessioni. Se non avete idea

di come sia meglio lavorare o socializzare, non importa: quando il flusso è avviato, le soluzioni arrivano da sole, “in itinere”. Se avete visto i film di James Bond, avrete forse notato che quest’eroe non pensa quasi mai, agisce semplicemente. Ogni sua missione è impossibile. Quando gli chiedono come intende

affrontare qualcosa, lui risponde che non ne ha la più pallida idea. Ma va e agisce. Non riflette sul fatto se sia possibile o meno e come realizzarlo (a parte le mosse più semplici). Le soluzioni gli arrivano da sole mentre è in movimento. Non è gravato dai potenziali dell’importanza ma si sposta semplicemente lungo il flusso degli eventi, afferrando le soluzioni sul

posto, al volo. E il punto non è che nello schermo è tutto facile. Lo stesso principio funziona anche nella realtà, è l’intenzione incondizionata dell’Arbitro. L’Arbitro non riflette tanto, va e prende quello che è suo. Provate a osservare la risacca del mare. L’intenzione dell’Arbitro assomiglia a un’onda. Il fatto che essa si infranga sulla riva è inevitabile. Si getta sulla

riva con tutte le sue forze, ma senza alcuno sforzo. Ugualmente incrollabile dev’essere la vostra intenzione: vado e con calma mi prendo il mio, senza isterismi, senza brama, senza paura. Io sono un’onda. RIEPILOGO La molletta è ciò che vi crea oppressione o non si accorda con il vostro IO.

Quando qualcosa vi opprime, ciò diventa automaticamente importante. Il blocco è un ristagno (tappo) energetico. Bisogna prima eliminarlo e poi dare una spinta al potenziale energetico. Se vi siete svegliati e vi siete resi conto di cosa vi opprime, metà del lavoro è stato fatto. Dopo lo sbloccaggio bisogna provvedere a disperdere il flusso di energia che era ristagnato. La spinta del potenziale

energetico viene realizzata grazie all’azione. L’algoritmo generale di autoliberazione è: individuare la molletta (ciò che opprime), rimuoverla (rendersene consapevoli), creare un flusso (agire). Per riconoscere la molletta bisogna svegliarsi per tempo e cogliersi nell’atto di attribuire importanza a qualche evento. Occorre crearsi l’abitudine di risvegliare la propria attenzione nel momento in cui per qualche motivo insorge uno stato

oppressivo. Lampadina rossa. Verifica di conformità al credo: cosa vogliono da me gli stereotipi? Mi piace quello che vogliono da me? Se sentite che lo stereotipo che si sta cercando di imporvi non aderisce al vostro Sapere interiore, significa che state sperimentando un tentativo di scardinamento del vostro IO. Occorre controllare quello che viene prima, il modo di rapportarsi agli eventi. Le emozioni e i sentimenti

sono secondari. Accordarsi con la propria ragione. Dirsi: se la cosa riesce, bene, se non riesce, va bene lo stesso. L’assenza di importanza non dev’essere negligenza e nemmeno menefreghismo, ma osservazione consapevole. Per eliminare il blocco energetico occorre iniziare un movimento, fare qualsiasi cosa. Quando il flusso viene avviato, le soluzioni arrivano da sole, in itinere.

NOTE A MARGINE Quando vi libererete dalle mollette e dalle dipendenze che vi ha appeso addosso il sistema, avrete la chance di vendicarvi con esso per aver livellato la vostra personalità. Siete unici e ora anche liberi. È un privilegio raro. Usate il vostro privilegio.

Le mollette mentali

Esaminiamo alcuni esempi tipici di come appaiono le mollette mentali e come ci si può liberare da esse.

Problemi complessi R i m e d i o : rimuovere l’importanza - cominciare ad agire. Indipendentemente dal tipo di problemi con cui si ha a che fare, il Transurfing, a differenza della psicologia, non si occupa dell’analisi e della cura dei problemi. I nodi gordiani vengono tagliati d’un colpo solo. Ci si pone un fine, nel

“proiettore” viene inserita la bobina del film, si fa girare il film. È tutto. Quando la situazione è tale per cui non è affatto chiaro come correggerla e cosa fare, bisogna applicare il principio seguente: prefiggersi un fine che valga la pena e muoversi verso di esso. In questo caso, i problemi finiscono per cadere da soli, in itinere, anche se il fine che ci si è prefissi non ha alcuna

relazione con essi. Che non desti preoccupazione il fatto di non sapere come porre rimedio alla situazione. Non importa quello che è successo in passato e quello che c’è nel momento presente, ha importanza solo ciò che si vuole raggiungere nel futuro. Non bisogna girarsi indietro e guardare al passato o scavare nei

problemi del presente. Prefiggetevi un fine e muovetevi nella sua direzione. La vostra attenzione e la vostra intenzione devono essere interamente indirizzate solo verso il futuro.

Debiti R i m e d i o : smettere di pensarci - indirizzare il

vettore verso il fine e occuparsi di agire. Pensando ai debiti, non sarete in grado di restituirli. Al contrario, quando in testa turbinano pensieri del tipo “come mi fanno tutti pressione, come mi è difficile tirare avanti, come restituire al più presto il debito, come avverrà la restituzione”, non fate che girare il serial del vostro indebitamento, con varianti

diverse. E finché esso continuerà a girarvi nella testa, nella realtà permarrà lo stesso immutabile quadro: “avete dei debiti”. Quello che avete nei pensieri si riflette sullo schermo della realtà. Come uscire da questa realtà? Bisogna smettere di torturarsi con le riflessioni (togliere la molletta) e passare all’azione (innescare il flusso). Ma non è così

semplice riuscire a smettere di pensarci, non è vero? Quindi, bisogna in ogni caso fissarsi un obiettivo e cominciare a muoversi nella sua direzione. Ovviamente l’obiettivo dovrebbe contribuire al miglioramento dello stato del vostro benessere. Non è forse questo che volete? Dunque, dirigete tutta la vostra attenzione e intenzione verso il futuro, verso il vostro obiettivo,

giunti al quale avrete raggiunto uno stato di benessere. Tutti i vostri pensieri non devono più riguardare il fatto che avete dei debiti e nemmeno lo scenario della loro restituzione. No, ora il film, dev’essere un altro: siete delle persone benestanti. In questo film, le scene del vostro indebitamento sono assenti. Al contrario, ci sono solo

scene che mettono in luce la vostra ricchezza. Se convogliate tutti i vostri pensieri e le vostre azioni verso il fine e cominciate a girare nei vostri pensieri e nelle vostre azioni, in modo costante e sistematico, il vostro film, in cui vi ritraete dopo aver raggiunto il vostro fine e siete arrivati a godere di un benessere finanziario, allora anche sullo schermo

esterno, nella realtà, il quadro si imprimerà gradualmente, si realizzerà. Prima o poi questo succederà. La realtà da qui non può scappare, questa è la sua caratteristica. Non solo voi dipendete dalla realtà, ma anch’essa dipende da voi. Tutto dipende da chi riesce a prendere per primo l’iniziativa.

I complessi interiori R i m e d i o : smettere di combattere contro i propri difetti - sviluppare i propri pregi. Come si diceva per i debiti, anche in questo caso non ci si può sbarazzare dei propri difetti occupandosi della loro eradicazione. L’autoanalisi e l’introspezione sono occupazioni inutili e assurde.

Se qualcosa non è chiaro, se qualcosa non funziona, bisogna applicare il principio sopra illustrato: fissarsi un fine e muoversi verso di esso. Sviluppate e usate i vostri pregi, non importa quali siano. È molto più semplice, efficace e piacevole al cuore. Tutti hanno dei pregi e il più importante di tutti è l’unicità, ciò che ognuno di noi unicamente ha.

La molletta della società vi costringe a essere i migliori. Dovete cambiare la tattica stereotipata e permettere a voi stessi di essere non i migliori ma gli unici. Se prestate attenzione, la maggior parte di coloro che hanno successo ha semplicemente usato delle proprie qualità specifiche, proprie solo a loro. L’unico problema consiste nel riuscire a individuare

all’interno di se stessi la propria unicità. Di questo tratta l’intero libro. Il sistema ha già livellato abbastanza la vostra personalità. È arrivata l’ora di riprendervi ciò che vi spetta.

Il mito di un lavoro di prestigio Rimedio: smettere di cercare

il lavoro di qualcun altro iniziare a cercare il Proprio. Innanzitutto bisogna capire quanto siano ingannevoli gli stereotipi della società nel loro affermare che un lavoro di prestigio è un bene per tutti. In generale, il concetto stesso di “lavoro di prestigio” è uno standard del sistema, un surrogato di successo. La domanda dev’essere posta in modo diverso: un buon lavoro è un

lavoro dignitoso, nel senso di “degno di voi e della vostra unicità”. Se si misura tutto con un unico standard, allora di che “Propria Via” o di che “Proprio Fine” si può parlare? È come se tutti fossero mandati in massa prima all’istituto professionale e poi in fabbrica, alla catena di montaggio. Oppure, come

usano dire i genitori amorevoli: prima ottieni una buona (prestigiosa) istruzione, poi trovi un lavoro ben pagato (prestigioso) e allora sarai sistemato per la vita. Gli standard della società scendono dall’alto, proprio come una fresa si abbassa sul pezzo da lavorare, dal socialmedio all’individualpersonale.

È un fatto, però, che il vero successo, come dimostra l’esperienza, lo raggiungono coloro che non seguono gli standard ma li scardinano. Poi, ed è la cosa più divertente, gli standard comuni vengono ridisegnati secondo il nuovo modello individuale di successo, e di nuovo vengono abbassati. Pertanto occorre avere il coraggio di scrollarsi di

dosso questa molletta e non ambire a cercare un lavoro prestigioso ma il Proprio lavoro, come il Proprio fine e la Propria porta. Il vostro lavoro da voi non scappa, nei suoi pressi nessuno si accalca, nessuno sgomita, e il tappeto rosso è stato steso apposta per voi. Ma di questo si è già parlato nel dettaglio nella serie dei libri sul Transurfing e nel Veršitel’ real’nosti

[L’Arbitro della realtà, non tradotto in italiano; N.d.T.].

L’angoscia e la paura Rimedio: uscire dalla stato di attesa - osservarsi e andare incontro alle proprie paure. L’angoscia e la paura sono le forme più forti di bloccaggio dell’energia.

Esserne consapevoli non basta. Il bloccaggio si rimuove completamente solo con l’azione. L’essenza dell’angoscia e della paura consiste soprattutto nello stato di attesa di qualcosa. Chiave per il superamento: uscire da questo stato in ogni modo possibile. Il modo più semplice è andare incontro alle proprie paure. È spaventoso starsene sdraiati in trincea, in attesa

dell’attacco. Quando si è sul campo di battaglia, la paura non c’è più. La paura è efficace solo quando non la si guarda diritto negli occhi. Le persone coraggiose non sono coloro che non hanno paura, ma coloro che non cercano di nascondersi. Per sbarazzarsi della paura, risvegliatevi e osservatevi: guardate come avete paura, come avviene

questo processo. Esempio. Dovete saltare per la prima volta con il paracadute: stando in piedi sopra il vuoto, cercate di “fuoriuscire dal corpo” e guardare non il vuoto ma voi stessi dall’esterno: “A-ah, che paura! Oo-oo-oo-h, che interessante!”. E, fatto un passo in avanti, saltate. Se avrete l’occasione di andare incontro alla paura,

farete la conoscenza di una sensazione nuova ed essa vi piacerà. In ogni caso, il modo più sicuro è uscire dallo stato di attesa e cominciare ad agire. Se è presente il timore di cominciare a fare qualsiasi cosa (e se non riuscisse?), non fateci caso, cominciate lo stesso. Gli occhi temono e le mani fanno. Bisogna semplicemente fare e basta. Troverete per strada tutto

quello che vi serve, come succede a James Bond. Ovviamente, senza rimetterci l’osso del collo ma tenendo conto dei limiti ragionevoli. C’è un altro metodo abbastanza efficace per superare la paura: se si riesce a trasformarla in un’altra emozione, essa sparirà da sola. Per esempio: la paura di una “battaglia” qualsiasi si può trasformare in rabbia; la

paura dell’ignoto si può trasformare in curiosità; il senso di vergogna si può trasformare in sesso; la difesa si può trasformare in attacco; la paura della sconfitta si può trasformare in azzardo. E se sono presenti semplicemente un senso di insicurezza e timidezza, immaginatevi come un’onda che si dirige verso la riva con la sua incrollabile intenzione dell’Arbitro. Anche questa è

una sensazione interessante, dovrebbe riuscirvi, provatelo. Comunque sia, il modo migliore per contrastare la paura è non far entrare nel vostro mondo ciò che può spaventare e creare angoscia. Le catastrofi, i disordini sociali, la criminalità, la guerra, il terrorismo, i cataclismi naturali, tutto deve volare oltre la vostra attenzione, come dei paesaggi insignificanti oltre

il finestrino di un treno ad alta velocità. La mia tranquillità deriva dal sapere che io sono il proprietario del mio pianeta. Io, e nessun altro oltre a me, fisso il tempo atmosferico che più mi piace: disperdo le nuvole, accendo il sole e appendo in cielo un arcobaleno.

Falsi fini

Rimedio: smetterla di essere i migliori - diventare gli unici - trovare il Proprio fine. Come si è già detto, la personalità, con le sue qualità uniche, viene livellata sotto il chiasso dell’opinione pubblica. Nel processo di scambio di opinioni avviene la creazione degli stereotipi e degli standard del successo. Ma siccome l’opinione pubblica viene formata dalla

“stragrande maggioranza”, all’uscita di questo tritacarne viene fuori soprattutto merce di seconda e terza qualità. L’ignoranza e la mediocrità trionfano, mentre l’individualità “non condizionabile” viene messa in disparte o spedita al ritrattamento. Succede questo: viene annunciata una corsa generale al successo. Ognuno deve raggiungere il successo. Chi non l’ha raggiunto è un

fallito, uno sfigato, un loser [ p e r d e n t e ; N.d.A.]. Gli standard del successo vengono sbandierati da tutti gli schermi e da tutte le copertine. Vince chi si sottomette alla regola. “Fai come loro, diventa meglio di loro!”. Ma così tutto appare solo esternamente. Di fatto, questo gioco ha un’altra regola ancora, una regola di aggiramento che non è

chiaramente menzionata da nessuna parte: “Vince ancora chi non soggiace alla pressione e non rinuncia alla propria individualità”. La maggior parte di coloro che hanno raggiunto un autentico successo, un successo fenomenale, ha sfruttato proprio questa regola. In realtà la via di aggiramento della corsa

generale è più facile, più efficace e più cara al cuore. Quando una personalità si permette di sottoporsi alla regola “Fai come loro, diventa meglio di loro!”, avviene uno scardinamento dell’IO tale per cui, dopo di esso, manifestare la propria individualità diventa praticamente impossibile, mentre correre dietro agli altri e diventare “migliore” è difficile.

Non bisogna aspirare a diventare “meglio degli altri, meglio di se stesso”. Il vettore principale dell’attenzione dev’essere diretto verso la ricerca e lo sviluppo dei propri pregi e delle proprie qualità individuali. La vostra anima si distingue sicuramente da quella degli altri in qualcosa, è sicuramente unica per qualcosa. Ma in che cosa,

precisamente, lo potete scoprire solo voi. Se non vi farete scardinare, gli standard successivi verranno copiati proprio dal vostro successo.

Il Proprio fine Ricerca: smettere di cercare assestarsi in una posizione di osservatore - il fine si troverà da solo. Se non riuscite a trovare la

vostra strada, il Vostro fine, significa che la vostra attenzione è stata catturata dallo specchio. State guardando come le altre persone realizzano i loro fini e state misurando su di voi una realtà che non vi appartiene. Questo serial finisce per assorbire la vostra attenzione e voi, per giorni interi, guardate un film altrui dimenticandovi definitivamente che dovete

girare il vostro. Per distogliervi dallo specchio dovete fare un passo non ordinario: interrompere la vostra ricerca. Misurare su di sé l’esperienza altrui e la realtà altrui è utile, ma solo fino a un certo punto, per farsi un’idea minima di quello che succede in generale in questo mondo. Ma dopo aver ricevuto una prima esperienza, bisogna uscire quanto prima dalle file

comuni e avviarsi per la propria strada. Ma come farlo? Ogni persona ha la sua Via, unica (e non obbligatoriamente una), che trasformerà la sua vita in festa. Nel futuro non c’è alcuna felicità, essa c’è ora e adesso o su un’altra linea della vita. La vita si trasforma in festa non al momento

dell’ottenimento o dell’arrivo di qualcosa, ma durante il viaggio, in quella linea (Via) dove l’esistenza si riempie di gioia e di senso. In altre parole, il fine è il cammino e non il punto di arrivo. La sensazione di felicità ora o l’attesa gioiosa di qualcosa nel futuro ha sotto di sé un fondamento pienamente fisiologico. Nel processo di movimento verso

il fine si sprigiona dell’energia libera, l’energia della creazione, quella che aleggia quando si fa una cosa che adorate fare (quando invece fate qualcosa che non vi piace, l’energia, al contrario, si blocca). Proprio questo movimento di energia creativa crea la sensazione di gioiosa euforia. Per questo il Vostro fine è la vostra strada per la Città di Smeraldo1 e

non quello che laggiù vi aspetta. Finché c’è movimento, c’è energia. Si arriva a destinazione, ci si ferma, ci si riposa, si va avanti. Non esiste l’algoritmo della ricerca del fine, perché l’impostazione stessa del compito non è concreta, è vaga: «Vai lì, non so dove, e cerca una cosa, non so quale cosa»2. Il difetto di questa

formulazione è la sua totale indefinitezza. Ma proprio in questo difetto è contenuta la chiave. Se non sapete come cercare il Vostro fine, significa che non vi serve saperlo. Se non potete saperlo, significa che non vi serve cercarlo. Tagliare il nodo gordiano è semplice: il Vostro fine si troverà da solo. Ma per questo occorre smettere di fare quello che è

abituata a fare la ragione ordinaria, cioè cercare delle soluzioni. E dov’è abituata a cercare soluzioni? Le cerca tra quei dati di cui essa dispone, cioè nello specchio della realtà circostante. La ragione cerca sempre di afferrare l’immagine riflessa e poi di girarla da una parte e dall’altra, per capire cosa poterci fare. Ma a voi serve ottenere quella soluzione che non esiste in questa realtà

circostante, vero? Ciò significa che bisogna attirare nello strato del proprio mondo un’altra realtà. Dilatate il vostro mondo, andate dove non siete mai andati, guardate ciò che non avete mai visto. Introducete nella vostra vita più informazioni nuove, più impressioni fresche. Ciò serve non alla ragione ma all’anima. Quando vedrà il Suo, essa si vivificherà

subito. Apposta non fornisco impostazioni concrete, perché la ricerca del Proprio fine è una cosa prettamente individuale, qui non ci possono essere modelli di sorta. Il principio fondamentale è che non dovete riflettere sul fine, e nemmeno cercarlo, ma semplicemente osservare e prestare attenzione alle

vostre sensazioni. La ragione deve trovarsi nella posizione di un bambino osservatore, e non di un analista di sistema. La sua posizione, cioè, dev’essere passiva: offrire all’anima informazioni nuove, nuove esperienze e impressioni, e seguire semplicemente ciò che essa prova sperimentandole. La ragione dovrà inserirsi

solo dopo che l’anima avrà esclamato: “Sì, questo è proprio il mio!”. Occorrerà porsi la domanda: tutto ciò trasformerà la mia vita in f e s t a ? La decisione dovrà essere presa nell’unità dell’anima e della ragione. Come capirete da soli, il fine dovrà essere, come minimo, raggiungibile in linea di principio. Bisogna anche tener conto

del fatto che per l’anima è normale appassionarsi. Ci vorrà del tempo per misurare per bene il fine su se stessi. Se ci saranno dei dubbi, si dovrà estendere la zona del proprio benessere attraverso la visualizzazione della diapositiva del fine. Nel dettaglio ciò è stato discusso nella serie dei libri sul Transurfing e nell’Apokrificeskij Transerfing [Il Transurfing

vivo, cit., N.d.T.]. Sottolineo ancora una volta che la particolarità della ricerca del Proprio fine consiste nel fatto che, a differenza del lavoro con le mollette, l’attività movimentata in questo caso viene sostituita da un’osservazione che se non è proprio passiva, è sicuramente attenta. L’azione della ragione si limita solo a

far entrare nel mondo più esperienze e impressioni nuove. Che la ragione segua pure il gomitolo, esso porterà lì dove serve. Se non si riesce per il momento a trovare il fine, sarebbe una buona idea, per cominciare, occuparsi di se stessi. Cosa può aumentare la vostra autostima e portare soddisfazione di sé e della

propria vita? Si può cominciare dal miglioramento della propria forma fisica e dall’aumento del proprio potenziale energetico. Se l’organismo è debole, il potenziale energetico è basso e nell’anima regna l’apatia, non si ha alcuna voglia di impegnarsi in ricerche creative. In generale, il fine col

tempo può cambiare, trasformarsi. Dovete essere pronti a quest’evenienza e considerarla normale. Ognuno ha la sua strada ed essa raramente è dritta. Non abbiate timore di porvi fini ambiziosi. L’unico ostacolo reale nel cammino verso un fine ambizioso è non tanto un f a t t or e esterno quanto un interrogativo che rode dall’interno: in che modo lo raggiungerò?

In che modo R i m e d i o : ammettere l’inammissibile netto orientamento verso il fine. Se il fine è raggiungibile in linea di principio ma le vie e i mezzi sono ignoti, ciò non è un motivo per rinunciare ad esso. Le riflessioni della ragione: “In che modo… mi

riuscirà? …e se non mi riuscirà…”, nella maggior parte dei casi sono ostacoli maggiori degli ostacoli reali. Non a caso ho menzionato il gomitolo della favola. Quando un personaggio non sa dove dirigersi e da dove cominciare, lo mandano a seguire un gomitolo. La ragione interrompe, finalmente, i suoi movimenti e passa a un regime di osservazione. Ed è proprio

quello che serve. Mentre la ragione è indaffarata a ricercare il fine, essa non vede nulla tutt’intorno. Bisogna distorglierla da quest’occupazione e dirigerla da qualche parte, non importa dove. Che osservi pure. Analogamente si deve fare con la ricerca di vie e mezzi per il raggiungimento del fine. La ragione argomenta:

“Per questo problema non c’è una soluzione”, oppure “questo fine è difficile da raggiungere, non val la pena tentare”. Essa è abituata a operare per modelli e stereotipi, proprio come ha imparato a scuola, è solita risolvere i problemini di algebra con l’aiuto di algoritmi elementari. La ragione non può scoprire nulla di fondamentalmente nuovo; tutto quello che può

fare è costruire una nuova versione di casa con i vecchi cubi. Tutte le sue scoperte le f a mentre segue il gomitolo. Anzi, non è la ragione a farle, ma sono esse a rivelarsi. Però solo a condizione che la ragione si metta in viaggio. Dunque, il compito fondamentale non sta nel risolvere i problemi , ma nel l o spedire lo sciocco in viaggio verso il suo fine ultimo, affinché egli raccolga

le soluzioni che gli si presenteranno sotto gli occhi mentre lui è in cammino. Bisogna dirigere la propria attenzione e la propria intenzione verso il fine, crearsi una realtà virtuale e in essa vivere. Farsi girare in testa il proprio film, intanto immaginato, e guardare come in esso il fine si realizza e alla fine si ottiene quello che si voleva.

Io chiamo quest’occupazione vagabondaggio mirato tra le nuvole. Non importa se il film non corrisponde ancora alla realtà. La vostra realtà prima si forma nei pensieri e solo poi si concretizza nella realtà. Mentre girate questo film, lo strato del vostro mondo si muove verso quel settore

dello spazio delle varianti dove il fine si realizza. Il movimento non è sempre percettibile e non si manifesta subito. Ma presto o tardi cominceranno ad aprirsi delle porte (possibilità) cui prima non potevate nemmeno pensare. In questo consiste tutta la potenza di questo metodo: le vie e i mezzi si troveranno da soli se l’attenzione e l’intenzione saranno dirette verso il fine,

senza sguardi al passato, al presente e all’esperienza altrui. Uno strumento più potente per il raggiungimento dei fini e la soluzione di compiti difficili non esiste. È interessante un ulteriore impiego di questo metodo. A me personalmente non era venuto in mente che i princìpi del Transurfing potessero essere usati per la risoluzione di compiti pratici, di applicazione,

perché da questo tipo di compiti mi sono allontanato da tempo. Invece è possibile. Molti problemi (di fisica, matematica, chimica, biologia, ingegneria) sono stati formalizzati da tempo e si risolvono con l’ausilio di algoritmi e formule. Ma ce ne sono altri, quelli legati all’invenzione, per esempio, che non si sa come affrontare. Per riordinare in

qualche modo il lavoro della ragione, darle “il gomitolo”, sono state elaborate delle metodologie particolari: la teoria di soluzione di compiti di inventiva [in russo TRIZ, teorija rešenija izobretatel’skich zadac ; N.d.T.] e il metodo di aggregazione dei sistemi alternativi [in russo MOAS, metod ob’edinenija al’ternativnych sistem ; N.d.T.].

Questi metodi, pur indicando una direzione, non eliminano l’ostacolo che spesso per la ragione risulta insuperabile: “Non è possibile! Questo compito è irrisolvibile!”. Il famoso inventore Vladimir Gerasimov ha integrato le metodologie indicate con un principio semplice e potente: ammettere l’inammissibile. Chi volesse approfondire il tema può trovare

informazioni nella pagina dell’inventore: http://www.trizminsk.org/e/201 Sembrerebbe un principio non scientifico, vero? Ma per la ragione è proprio importante che qualcuno “fondi scientificamente” e introduca nel sistema dei suoi concetti questo principio come assioma matematico, affinché l’impossibile diventi

possibile formalmente prima ancora che “teoricamente”. La ragione ha assoluto bisogno di sapere che ammettere l’inammissibile è comunque permesso. E infatti la storia dimostra che molte invenzioni geniali furono ideate dopo che la ragione si era decisa a oltrepassare e superare le sue “incrollabili convinzioni”. Per esempio: una nave di

ferro non può galleggiare perché il ferro affonda in acqua e quindi le navi devono essere costruite solo con il legno. È solo più tardi, dopo che la ragione ha visto l’impossibile con i suoi occhi, che esso le è diventato evidente. Ma prima di vederlo per essa tutto ciò era impossibile! E ora il ferro può addirittura volare. In questo modo, se vi trovate di fronte a un

problema irrisolvibile dal punto di vista dell’esperienza, se non sapete come affrontarlo, non rinunciate subito a risolverlo. Dovete capire che gli ostacoli e le limitazioni sono soprattutto nella vostra testa. Se vi dicono «Vai lì, non so dove, e cerca una cosa, non so quale» ma che alla fine risulta essere una cosa strepitosa, andate dietro al gomitolo, seguitelo e la

troverete. È difficile solo il primo inizio di movimento, quando s e r v e uscire dall’orizzonte del possibile. È come guardare un bigliettino con le soluzioni, bigliettino che non esiste, in cui non c’è alcuna soluzione, soluzione che è impossibile. Ma come? Per farlo bisogna compiere un atto impossibile: ammettere l’inammissibile.

Il principio consiste nel non pensare a com’è possibile, ma concentrarsi interamente sul fine ultimo. Cosa vogliamo ottenere come risultato? Tutti i pensieri devono essere incentrati su que s t o. E con i pensieri focalizzati sul risultato finale bisogna cominciare il movimento. Cosa fare e come fare, in una prima tappa non è così importante. I movimenti possono

essere disordinati, senza sistema e persino assurdi. L’importante è che l’attenzione e l’intenzione siano nettamente orientate sul fine e che non si voltino indietro a guardare l’esperienza già consolidata. In questo sta tutto il segreto: la nostra ragione non risolve un problema, che prima non avrebbe mai affrontato, ma guarda il fine e si muove in avanti, come un cavallo col

paraocchi. I paraocchi servono proprio perché gli stereotipi e i modelli non si interpongano come ostacoli nel cammino verso il fine. Le risposte si troveranno da sole, durante il movimento. Dunque, la formula per la soluzione dei problemi “irrisolvibili” appare nel modo seguente: ammettere l’inammissibile, dirigere il vettore

dell’attenzione verso il fine, cominciare il movimento Illustreremo l’azione di questa formula con un esempio concreto. Supponiamo che ora sia l’inizio del XIX secolo e ci si trovi di fronte al compito di inventare una fonte di luce semplice e durevole. Prima

della scoperta dell’elettricità, fonti di luce erano: la sverza, la fiaccola, la lampada a olio o a petrolio, il lampione a gas, la candela. Tutti con una caratteristica e un difetto: in essi qualcosa brucia fino a consumarsi. Impostazione del problema: fare in modo che la fonte bruci ma non si consumi. Sembrerebbe un compito impossibile. A quel tempo si riteneva che l’unica fonte di

luce potesse essere la fiamma. I lumi fanno luce perché in essi brucia qualcosa. Persino le stelle sono luminose perché bruciano. Possibile che ci sia qualcosa che bruci e non si consumi fino in fondo. Se si ammette l’inammissibile allora sì, è possibile. La soluzione è la lampada a incandescenza, con il gas inerte contenuto

nel bulbo. Quest’approccio permette di fare scoperte assolutamente inaspettate e invenzioni incredibili. Se non siete ancora dei geni, potete diventarlo. Con uno strumento così potente potrete risolvere quei problemi che gli altri non vorranno nemmeno affrontare.

L’amore non corrisposto R i m e d i o : rinunciare, non torturarsi, non perder tempo invano, restare se stessi cercare la propria metà. Mi viene chiesto spesso: cosa fare se la persona amata se ne è andata, come farla tornare indietro? Come ho già detto, il Transurfing, a differenza

della psicologia, non si occupa della cura dei problemi. Se ponete una domanda simile a uno psicanalista (diciamo, mediamente qualificato), vi illustrerà una storia intera: dove avete sbagliato, come vi sareste dovuti comportare, eccetera, come dovreste cambiare adesso affinché colui che vi ha lasciato provi nuovamente amore nei vostri confronti. Cambiare se stessi,

tradire se stessi… Cominciare a comportarsi nella maniera giusta… Diventare un bravo ragazzo (brava ragazza)… Saper pianificare una furba genderstrategia… Tutto ciò non vi ricorda lo scardinamento dell’IO? È vero che non avete voglia di cambiare voi stessi? Perché dovreste tradire il vostro IO per essere degni di amore? Significa che così come siete

ora non ne siete degni? E invece il vostro nuovo “IO” ne diventerebbe degno? E poi, perché dovreste imparare una certa furba strategia per ottenere amore? Forse che le persone si innamorano solo dei furbi e degli intelligenti? “Se diventi quello che mi serve, da lunedì comincerò ad amarti!”. In realtà queste sono tutte mollette e trappole della

società. L’amore ha princìpi completamente diversi: L’amore non si conquista, esso sorge da solo, in modo spontaneo e inspiegabile. Se per acquisire amore bisogna cambiare, significa che c’è qualcosa che non va. L’amore è come un fiore: se è appassito, non può fiorire

nuovamente. L’ultimo principio allude al fatto che l’amore va sostenuto, curato, custodito, come il fuoco in un focolare. L’amore non è tanto usare e prendere, quanto dare, in primo luogo. L’amore, in realtà, è un grande lavoro. Ma di questo ora non parleremo. La questione è cosa volete far ritornare: l’amato o il suo

amore? Una persona che se n’è andata, si può far tornare. Ma se se n’è andato l’amore, farlo ritornare non è più possibile. Vi serve il vostro amato senza il suo amore? E cosa otterreste da questo? È una questione di scelta. Nella vita, ovviamente, le cose non sono così semplici, le situazioni sono le più diverse e ci sono anche le eccezioni. Il problema è che

l’amore, specialmente quello non corrisposto, provoca un intorbidamento del senno, delle capacità di intendere. E se esso è non corrisposto, siete nei guai. In queste situazioni bisogna avere la capacità di vedere non solo con il cuore ma soprattutto con la ragione. Dovete capire cosa sta succedendo. Quando due persone intrecciano una relazione, creano con ciò stesso un pendolo. In questo

non vi è nulla di male, anzi, il pendolo serve da fattore stabilizzante e legante. Ma se uno dei due se ne va, il pendolo comincia a tormentare chi è rimasto per ottenere la sua porzione di energia. E fintantoché chi è rimasto continua a credere che l’altro si possa far tornare, è costretto a dare al pendolo energia per entrambi e anche di più, a causa delle sue sofferenze e del suo

tormentarsi. Se il vostro partner se n’è andato, di seguito dovete sganciarvi anche voi, per impedire al pendolo di succhiarvi via l’energia. A questo fine serve reindirizzare la propria attenzione su altri partner potenziali. Se non lo farete, soffrirete, e soffrirete invano, vi rovinerete la vita e perderete il tempo prezioso di questa vita.

Anche un amore non condiviso o rifiutato sin dall’inizio è estremamente distruttivo. La parte che prova amore, in questo caso, non ottiene nulla oltre a sofferenze. Anche in questo tipo di situazione non vale la pena perdere forze spirituali e tempo della propria vita. Occorre, almeno, avere dignità. Infatti, l’amore unilaterale, che si voglia o

non si voglia, è una cosa piuttosto umiliante. Tu ami ma non sei amato. Qualcosa non quadra. Non è una cosa normale. Ma in cosa consiste precisamente l’anormalità? La molletta dà una risposta inequivocabile: sei tu che non sei abbastanza buono per essere amato. Capite come agisce la molletta? In realtà, sia nel caso in cui siate stati lasciati, sia in caso di amore non condiviso,

il fatto è che non avete incontrato la vostra metà. Pensateci un po’. Può forse lasciarvi la vostra metà? Può forse non amarvi la vostra metà? Essa è stata creata proprio per questo. Le persone sono diverse, ma ci sono coppie che corrispondono l’una all’altra come la chiave alla serratura. Di queste vostre metà, con cui potrebbe legarvi l’amore,

nel mondo se ne contano più di una, e nemmeno due, ma molte migliaia. Se il Sommo Onnipotente ha inventato l’amore, non poteva comportarsi in modo così crudele da ridurre a zero la probabilità di un incontro felice. Le vostre metà vagano in giro per il mondo, forse alcune sono vicino a voi, magari vi stanno cercando e voi intanto spendete il vostro amore per altri. Non è

stupido? D u n q u e : se la vostra relazione con qualcuno non è riuscita, non ha senso scoraggiarsi. Cercate la vostra metà. Se siete stati lasciati, rallegratevi. Vi siete liberati di un peso inutile nella vostra vita. Ora siete liberi e avete la possibilità di trovare il vostro autentico amore. Come vedete, nonostante

la solennità del tema, l’approccio che si propone di utilizzare è assolutamente pragmatico. Se sia meglio soffrire o agire pragmaticamente, lo dovete decidere da soli. Posso parlare di queste cose con sicurezza perché da anni ricevo una gran quantità di lettere e so quante persone soffrano inutilmente, perciò so quello che dico.

La solitudine Rimedio: cessare la lotta per l’amore - irradiare amore. Molti, se non tutti, sono impegnati nella ricerca del partner adatto per avere delle relazioni positive e condividere con lui/lei la propria vita. Una metà dell’umanità cerca l’altra, la quale, a sua volta, è impegnata a fare la stessa cosa. Nonostante la

grande scelta, però, entrambe le parti si trovano ad affrontare le stesse difficoltà. Come sembra di solito, il problema sta nel fatto che o io non corrispondo agli “standard di qualità” largamente diffusi, o lui (lei) non corrisponde alle mie esigenze. Da qui segue che bisogna cambiare se stessi e continuare la ricerca. Ma cambiare se stessi, oh, come non si vorrebbe! E il proprio

ideale… dove cercarlo? Se questa situazione vi ha stancato e non volete provare le stesse difficoltà che devono affrontare gli altri, dovrete cambiare la vostra visione del mondo, cioè cominciare a pensare e ad agire in modo non standardizzato. Per fare ciò non serve cambiare se stessi o attivare la ricerca. Al contrario: bisogna cessare di

correre dietro all’Uccello della Felicità e fare invece in modo che esso vi si sieda sul palmo della mano. Prima di tutto bisogna rimuoversi di dosso le mollette della società e guardare alla realtà circostante con altri occhi. Non siete obbligati a cambiarvi e a migliorare al fine di “corrispondere ai criteri dell’amore”. Non siete obbligati a conquistare

l’amore, non è mica una fortezza nemica. Da parte vostra si richiede una cosa sola: attirare nello strato del vostro mondo la vostra metà. Poi tutto succederà e si sistemerà spontaneamente. L’amore nasce da solo. Perché accada questo serve una minima condizione: che le due metà siano vicine e si prestino attenzione. Si può attirare una persona

nel proprio mondo con l’aiuto della tecnica delle diapositive. Bisogna farsi girare sistematicamente in testa una diapositiva nella quale vedete la vostra vita insieme a una certa personalità astratta, il vostro ideale. A un certo punto si aprirà la porta e apparirà Lui (Lei). Il resto è già affare vostro. Tenete presente, però, che non basta proiettarsi in testa

le diapositive standosene al contempo seduti al chiuso, in attesa che il cavaliere faccia capolino alla finestra o la principessa serva la pizza. È ovvio che bisogna frequentare quegli ambienti dove maggiore è la possibilità che incontriate la vostra metà. Se avete problemi a frequentare le compagnie o avete difficoltà di

socializzazione, potete provare un’altra tecnica (non rinunciando alla diapositiva, ovviamente). Immaginatevi come un essere luminosoluminescente, che irradia una luce interiore di fascino e amore (se volete, potete aggiungere anche “sesso” o “forza”). Muovetevi con quest’intenzione e irradiate. Pronunciate più spesso tra di voi la seguente forma-

pensiero: Sono una personalità affascinante. Irradio una luce interiore di fascino e amore. Le persone la sentono e provano nei miei confronti simpatia. Socializzano con me volentieri. Si sentono bene quando si trovano nel mio campo. Attraggo le persone. Sono una

personalità attraente. Irradio la luce dell’amore e della gioia. Sono un essere luminescente. La forma-pensiero si può anche utilizzare insieme alla tecnica “un bicchier d’acqua” descritta ne Il Transurfing vivo. Dopo un po’ di tempo noterete che le persone saranno attratte da voi come

le farfalle dalla luce. Le persone, in generale, sono attirate dalle personalità affascinanti e gioiose, che emanano una luce metafisica. Ma per diventare una personalità affascinante, lo dico di nuovo, non serve ristrutturarsi o migliorare, basta solo usare la tecnica del Freiling. Ricordo di seguito i princìpi fondamentali. Nella vostra realtà ricevete fondamentalmente ciò che si

trova dentro di voi e quello che da voi si irradia. Immaginate di essere in piedi di fronte a uno specchio. Se non volete vedere nel riflesso manifestazioni di ostilità, aggressività, critica, non accettazione, non inviate le immagini corripondenti. Se volete amore, amate. Se avete bisogno di aiuto, cura, attenzione, aiutate, abbiate cura, dimostrate interesse autentico nei confronti delle

persone. Ricordate, per cominciare, il comportamento di quelle persone che potreste classificare come personalità affascinanti: Quando parlate con una personalità affascinante, vi sembra che le faccia piacere comunicare con voi. Tutta la sua attenzione vi appartiene.

Vicino a una personalità affascinante sentite la vostra importanza ed esclusività. Non è solo lei a essere una personalità interessante, ma anche voi. Una personalità affascinante irradia un umore gioioso, festoso. Vicino ad essa vi sembra di essere a una festa.

Si può pensare che il fascino sia un dono divino, dato a pochi eletti. Di fatto il fascino, inteso come una luminescenza interiore, si può definire nel modo seguente: un amore reciproco dell’anima e della ragione. In altre parole, è quando una persona vive in pieno accordo con se stessa, quando al suo interno regnano l’armonia e la sintonia. È uno stato che effettivamente non

è dato a tutti, una simile armonia non è facile da raggiungere. Però c’è anche una luminescenza esteriore che si può imparare. Il vostro fascino è soprattutto la vostra capacità di fare in modo che il vostro interlocutore senta il proprio valore. A questo fine serve assimilare alcuni semplici

princìpi e praticarli regolarmente, sistematicamente, sempre e ovunque: Il nocciolo di una personalità è il suo auto-rispetto, cioè quanto una persona stima se stessa. Rispettando e valutando secondo il loro merito le persone, diventate i loro idoli.

Comunicate con le persone in modo tale che esse sentano il loro valore personale. (Penseranno: accidenti! Questa persona mi ha dimostrato che io valgo). Manifestate attenzione e autentico interesse verso le persone. Parlate con loro di loro stesse e di ciò che le

interessa. Vi piace quando gli animaletti di casa vi accolgono con entusiasmo? Quando incontrate una persona, provate a irradiare la stessa gioia e lo stesso entusiasmo. Comunicate come se foste a una festa e siate interamente attenti alle

esigenze del interlocutore.

vostro

Volete fare impressione su una persona? Non dimenticate che vi trovate davanti a uno specchio. Comportatevi come se fosse stata questa persona ad avervi intensamente colpito. Non criticate le persone per quello che fanno. Ringraziate le persone

per quello che fanno. Elogiatele per quello che fanno. Ammirate quello che fanno. Dedicate attenzione a quello che fanno. Sostituite “quello che fanno” con “come sono” e girate tutto questo masochismo ancora una volta. Perché qui un tocco di

masochismo è presente senz’altro, e non c’è niente da fare. Dopo tutto, volete imparare a essere affascinanti? Non criticate le persone per come sono. Ringraziate le persone per come sono. Elogiatele per come sono. Ammiratele per come

sono. Dedicate attenzione a come sono. Un’attenzione particolare va dedicata al primo principio del Freiling: rinunciate all’intenzione di ricevere, sostituitela con l’intenzione di dare e otterrete quello cui avevate rinunciato. Socializzando con le persone, voi pensate a quello che vi serve e anche

gli altri, non meno di voi, pensano altrettanto. Ma così facendo non otterrete nulla. Quando invece cominciate a pensare a quello che serve agli altri, essi, subito, come per magia, vi daranno volentieri ciò che volete. Così funziona lo specchio. Nella tabella che segue, a sinistra è indicato quello che volete ottenere, a destra quello che vi serve fare per ottenerlo. Così funziona lo

specchio. Voi volete:

Cosa fare:

Essere affascinat Parlare in modo Ascoltare interessante. attenzione Attrarre Manifesta l’attenzione. interesse. Ricevere aiuto. Aiutare. Cercare Essere compresi. comprende Affascinare.

Cercare Compartec compartecipazione. alle soffer Cercare Approvare approvazione. Ottenere rispetto. Rispettare Ottenere Ringraziar gratitudine. Manifesta Ottenere simpatia. simpatia. Ottenere amore. Amare. L’immagine riflessa è tale

e quale l’immagine di partenza. Chi non capisce di trovarsi di fronte a uno specchio, fa il contrario: cerca di afferrare l’immagine riflessa e, di conseguenza, non ottiene nulla. Per quanto riguarda l’amore: non riuscirete a “far innamorare di voi” una persona con l’aiuto di qualche strategia o tattica particolare. Tutto quello che potete fare è semplicemente

amare. L’amore corrisposto, o si accende da solo, oppure no. Non si può sapere quali azioni intraprendere a questo fine. Lo stesso dicasi per l’amicizia. L’unica cosa che può favorire il nascere dell’amore è una comunicazione piacevole e confortevole. I vostri pregi e i vostri difetti interessano il vostro partner in ultima istanza, in primo

luogo gli interessa la realizzazione delle sua importanza, quella che ottiene dal rapporto con voi. Se la ottiene, chiuderà gli occhi sui vostri difetti più evidenti e perdonerà tutte le vostre debolezze. E allora, come succede non di rado, può sorgere un’unione che può destare lo stupore generale: Ma

cosa

avrà

mai

trovato in lui? – Quello che lui ha trovato in lei. O, al contrario: Ma cosa avrà mai trovato in lei? – Quello che lei ha trovato in lui. E, per finire, l’ultima questione: ci si può innamorare non della propria metà? Risposta: sì, ci si può innamorare. Il mondo è

strutturato in modo così strano che anche questo è possibile. L’amore, come si sa, è cieco. Ma se succede così, non scoraggiatevi, non perdetevi d’animo, non alimentate il pendolo inutilmente, non spendete le vostre riserve di amore e la vostra vita invano. Cercate la vostra metà. Anch’essa vi sta cercando.

RIEPILOGO Quando la situazione è tale che non si capisce assolutamente come correggerla e cosa fare, occorre applicare il principio seguente: prefiggersi un fine dignitoso e muoversi nella sua direzione. Non importa cos’è successo in passato e cosa sta succedendo adesso, ha importanza solo quello che volete ottenere in futuro. La vostra attenzione e la vostra intenzione devono essere interamente rivolte

solo al futuro. Pensando ai debiti non potrete restituirli. Bisogna smettere di pensare ai debiti: occorre dirigere il proprio vettore verso il fine e agire. Non solo voi dipendete dalla realtà, ma anch’essa dipende da voi. La questione sta solo in chi per primo prende l’iniziativa. La molletta della società vi costringe a essere i migliori. Dovete cambiare questa tattica stereotipata e permettervi di essere non i migliori ma gli unici.

Come dimostra la pratica, raggiungono il vero successo coloro che non seguono gli standard ma li demoliscono. Rimedio contro l’angoscia e la paura: uscire da uno stato di attesa – osservarsi e andare incontro alla paura. Se si tramuta la paura in un’altra emozione, la paura scompare. Non fate entrare nel vostro mondo le informazioni che vi possono spaventare e angosciare.

Vince non solo colui che vince la corsa, ma anche colui che non sottostà alla pressione e non rinuncia alla sua individualità. Ricerca del Proprio fine: smettere di cercare – uscire in una posizione di osservatore – il fine si trova da solo. Allargate i vostri orizzonti, andate dove non siete mai andati, guardate quello che non avete mai visto. Fate entrare nella vostra vita più informazioni nuove, più nuove impressioni. La ragione deve trovarsi

nella posizione di un bambino osservatore, non in quella di un analista di sistema. Dopo che l’anima avrà esclamato: “Sì, questo è il mio!”, bisognerà porsi la domanda: questo trasformerà la mia vita in festa? L’anima e la ragione dovranno decidere di comune accordo. Se per il momento non si riesce a trovare il fine, una buona idea, per cominciare, è quella di fare qualcosa che aumenti la propria autostima e renda

soddisfatti di se stessi e della propria vita. Non abbiate paura di porvi fini ambiziosi. La vostra personale realtà inizialmente si forma nei vostri pensieri e solo poi nella realtà tangibile. Le vie e i mezzi si trovano da soli se l’attenzione e l’intenzione sono dirette verso il fine, senza superflui sguardi al passato, al presente e all’esperienza altrui. Il principio “ammettere l’inammissibile” consiste nel

non pensare come ciò sia possibile, ma nel concentrarsi pienamente sul fine ultimo. La ragione ha assoluto bisogno di sapere che ammettere l’inammissibile è comunque permesso. Se vi dicono di “andare lì, non si sa dove, e di cercare quella cosa, non si sa quale” ma che dovrebbe essere alla fine qualcosa di strepitoso, seguite il gomitolo e la troverete. Bisogna cominciare a muoversi avendo in testa dei pensieri focalizzati sul

risultato finale. La formula per la soluzione dei problemi “irrisolvibili” è: ammettere l’inammissibile, dirigere il vettore dell’attenzione e dell’intenzione sul fine, cominciare il movimento. Se non siete ancora dei geni, potreste diventarlo. Non si può conquistare l’amore. Esso sorge da solo, in modo spontaneo e inspiegabile. Se per acquisire amore bisogna cambiare, vuol dire che c’è qualcosa che non

va. L’amore è come un fiore: se è appassito, non può tornare di nuovo a fiorire. Bisogna sostenere l’amore, alimentarlo, custodirlo come il fuoco di un focolare. Non tanto usare e prendere, quanto dare, in prima istanza. Si può far tornare una persona che se n’è andata. Ma se se n’è andato l’amore, è impossibile farlo ritornare. Quando due persone intrecciano una relazione,

creano un pendolo. Se uno dei due partner se ne va, il pendolo tormenta il partner rimasto per ottenere da lui la sua porzione di energia. Se con una persona le relazione non è riuscita, non ha senso scoraggiarsi. Cercate la vostra metà. Se siete stati lasciati, rallegratevi: vi siete risparmiati un peso superfluo nella vostra vita. Non siete obbligati a cambiarvi e a migliorare al fine di “corrispondere ai criteri dell’amore”.

Vi si richiede una cosa sola: attirare nello strato del vostro mondo la vostra metà. Proiettatevi sistematicamente la diapositiva in cui immaginate la vostra vita con una certa personalità astratta, il vostro ideale di partner. Immaginate voi stessi come degli esseri luminescenti, che emanano la luce interiore del fascino e dell’amore. Andate in giro con quest’intenzione e risplendete.

Per diventare una personalità affascinante, non serve ristrutturarsi e migliorarsi. Utilizzate la tecnica del Freiling.

NOTE A MARGINE Se la giovinezza sapesse, se l’età avanzata potesse… ora può e sa.

La corsa degli invalidi

In questo capitolo parleremo di nuovo di cose un po’ particolari, di fisiologia e psicosomatica. Vi convincerete che questo tema ha un rapporto diretto

con il Transurfing come tecnica di gestione della realtà, e che il termine da me introdotto, quello di “mollette”, non è un attributo astratto ma una definizione appropriata. Se si generalizzano i metodi con cui il sistema esercita la sua influenza sull’organismo e la coscienza di una persona, otteniamo l’elenco seguente.

Cibo sintetico e morto (influenza diretta sulla fisiologia e sulla coscienza). Smog elettromagnetico (impatto sul cervello, sangue, biocampo umano). Stile sedentario di vita (muscoli, vasi, apparato locomotore).

Inquinamento dell’ambiente (intossicazione generale, ottundimento della coscienza). Stato di allarmismo indotto, corse e traguardi imposti (stress). Divertimenti tecnogeni (cervello, sistema nervoso). Pressione

informazionale (tutta psicosomatica).

la

La diagnosi, conseguenza di quest’influenza, si può fare non sulla base della statistica delle malattie e della mortalità, ma sulla base della semplice pubblicità. Basta guardare quella televisiva, la più costosa. Essa propone innanzitutto le merci che hanno una

maggiore domanda. Analizzando una gamma piuttosto ristretta di merci, servizi e informazioni, si può capire di che cosa si ammala e si lamenta la gente: Gonfiore di stomaco, disfunzione della digestione. Bruciore e pesantezza di stomaco. Peso superfluo.

Disbatteriosi (disbiosi). Deficit immunitario. Mal di testa. Depressione. Scarso tono vitale. Epidemie di influenza. Mal di denti. Parassiti. Vista, memoria. Prostatite, candida, impotenza. Malattie croniche di

ogni tipo. Cancro, diabete, artrite, cuore, fegato, reni. Dolori alla colonna vertebrale e al collo. Di tutto quest’elenco, il disagio che desta maggiormente attenzione è l’ultimo. I libri e i DVD dedicati a questo problema sono dei best-seller. La diffusione in

larga scala delle malattie dell’apparato locomotore è un fenomeno dei nostri tempi (o, più precisamente, della civiltà tecnogena, poiché gli aborigeni non soffrono di questi problemi). Si può presupporre che la causa sia una: lo stile di vita sedentario. Invece non è affatto così. A questo riguardo, le opinioni sono tante quanti sono i medici. Non solo, ma la medicina

contemporanea è impotente di fronte a questa malattia del secolo. I mal di schiena non vengono curati e si evolvono, nella migliore delle ipotesi, in lente forme croniche. Se si raggruppassero insieme tutte le opinioni, ne uscirebbe un quadro curioso. La cause del mal di schiena e del collo, in base alle valutazioni di vari

specialisti, sarebbero: Alterazioni strutturali (cambiamento degli organi). Alterazioni funzionali (disfunzioni, per esempio dei muscoli). Malattie del tratto gastro-intestinale (per esempio, in

caso di problemi con l’intestino, duole la spina dorsale). Contrazione spasmatica di singoli muscoli. Alterazione della micro-circolazione (del sangue e della linfa). Traumi del cranio alla nascita. Cambiamenti legati all’età.

Le opinioni non sono concordi nemmeno in merito alla parte che duole: Colonna vertebrale (ossa, cartilagini). Muscoli. Nervi schiacciati. Midollo vertebrale. Tanto meno rispetto al fattore responsabile del dolore:

Ernia del disco intervertebrale. Muscoli spastici. E tanto meno ancora rispetto al concetto di ernia: Nucleo del disco intervertebrale fuoriuscito dal suo anello. Residui di un disco schiacciato o degenerato.

Pensate un po’ che persino per quanto riguarda la sostanza del disco intervertebrale non esiste un’opinione comune: Gelatinosa. Fibrosa. Gommosa. Credetemi, ho letto molti libri sul tema e mi sono molto stupito: possibile che coloro che curano la colonna

vertebrale (e ne scrivono) non abbiamo mai visto né toccato la materia che si trova tra le vertebre? I metodi di cura proposti, analogamente, sono così differenti che si ha l’impressione (quasi spaventosa) che spetti all’inesperto paziente scegliersi da solo il metodo: Solo operazione. Operazione?

Assolutamente no! Fisioterapia. Terapia manuale. Osteopatia. Riposo. Movimento. Limitazione dei pesi da portare. Il contrario: permesso di portare pesi. Eccetera. Infine, per quanto riguarda

le limitazioni (anch’esse, evidentemente, a scelta del paziente): Obbligo di corsetto rigido. Corsetto rigido? No, nel modo più assoluto! Sollevare non più di 2, 3, 5, 10 kg. Assoluto divieto di sollevare carichi. Al contrario, si deve

sollevare carichi e fare esercizio. Non piegarsi. Fare piegamenti a volontà. Letto duro. Letto morbido. Non raffreddare la schiena per nessun motivo. Al contrario, le abluzioni con l’acqua fredda fanno bene.

Ecco, per esempio, che cosa si dice sulla scoliosi (curvatura della colonna vertebrale). Secondo un’autorevole opinione, la causa della scoliosi sarebbe da individuare nel fatto che alcuni muscoli sono più forti degli altri (e allora i giocatori professionisti di hockey e di tennis dovrebbero camminare curvi?). Come correggerla? Allenare i muscoli deboli, per esempio solo quelli di

sinistra o di destra, trascurando quelli sviluppati (diversamente la deformazione si svilupperebbe ulteriormente mantenendo l’asimmetria). L’opinione è autorevole ma c’è qualcosa che non quadra, vero? Ancora un esempio. Il problema più serio della spina dorsale è l’ernia al disco che, secondo un parere diffuso, schiaccerebbe il

nervo. Recentemente, però, alcuni dottori, esaminando attentamente l’anatomia della spina dorsale e del sistema nervoso (sottolineo esaminando attentamente!), hanno fatto una scoperta(!): pare che l’ernia al disco non possa essere considerata la causa dello schiacciamento del nervo perché ciò sarebbe anatomicamente impossibile! Non solo: i nervi non possono dolere. Il dolore è

segnalato dalle terminazioni nervose, i ricettori. Si potrebbe continuare ancora a lungo. Resta da tirare la seguente conclusione: il fatto che esistano opinioni e metodi di cura diametralmente opposti sta a indicare che la medicina ufficiale non ha idea di quale sia il nocciolo della questione e di come risolverla.

Sarebbe divertente se non fosse anche spaventoso, vero? Le cause di questa situazione (relative non alla malattia, ma alla medicina), sottolineate dagli stessi dottori, sono le seguenti: • Specializzazioni mediche di stretto profilo. L’uomo è un intero unico, e non un insieme di singoli meccanismi in base ai quali i medici si sono scelti la loro

specializzazione. Pertanto l’organismo va percepito e curato come un intero unico. Ma un simile approccio non conviene alla medicina, poiché essa, come anche il sistema, non è interessata alla guarigione della persona. Alla medicina in quanto scienza interessa il processo stesso di cura, come una ricerca di laboratorio che si può continuare all’infinito. Alla medicina in quanto

pratica medica, invece, interessa soprattutto il business. • Approccio di cura legato ai sintomi. Non è un segreto per nessuno che la maggior parte dei metodi di cura è indirizzata all’eliminazione dei sintomi e non delle cause della malattia. Le malattie croniche insorgono in seguito a delle diagnosi inesatte. Se

la diagnosi non è corretta, la cura non può portare alcun risultato. La cosa interessante è che il dolore è, in generale, il sintomo primario, ma ad esso viene attribuito uno status di patologia che dà inizio alla cura. L’approccio è, si può dire, militaresco nella sua linearità: se c’è un dolore, lo curiamo. • Approccio fisico-chimico quasi meccanico.

La maggior parte dei medici sostiene i metodi e gli approcci conservatori insegnati nelle università di medicina. La scienza della salute si occupa di “meccanismi e strutture”. Nella fattispecie essa afferma che i dolori alla schiena, alle spalle, al collo, alle anche, ai glutei, insorgono in seguito ad alterazioni funzionali o strutturali. Le interrelazioni tra testa e corpo non vengono

prese in esame. Ciò che non si può studiare in laboratorio è considerato “non scientifico”. In prima fila nell’elenco delle cose “non scientifiche” finiscono le emozioni, poiché esse non si possono misurare. Riguardo a quest’ultimo aspetto: sembrerebbe che tutti capiscano che l’espressione “tutte le malattie sono legate ai nervi”

ha un fondamento, però ad esso non viene attribuita la giusta attenzione. Più in alto avevamo definito le cause dei dolori della schiena e del collo. Ma qual è la causa primaria responsabile dell’insorgenza di questi sintomi? Un medico americano, il dottor John Sarno, dopo numerosi anni di ricerca è arrivato alla conclusione che la causa principale

dell’origine del dolore alla schiena non è un disordine funzionale e nemmeno strutturale ma è costituita dalle emozioni represse. L’uomo moderno si trova in uno stato di stress continuo. Questo stato è diventato per lui quasi familiare, “normale”. Ecco alcuni fattori responsabili dell’insorgenza di uno stato di stress:

La responsabilità al lavoro o nello studio. La strada da percorrere per andare e tornare dal lavoro. I problemi finanziari. Il cambio di professione o del luogo di residenza. I problemi nelle relazioni con

familiari e colleghi. Gli insuccessi nella vita privata e nel lavoro. Un senso troppo elevato di responsabilità. Una motivazione interiore troppo forte, la necessità di essere i migliori, i primi. In

quest’elenco la

responsabilità e la motivazione occupano le posizioni principali. Si tratta delle stesse mollette che il sistema attacca addosso all’uomo, da un lato per frustarlo, e dall’altro per frustrarlo, limitando la sua energia, la sua coscienza e la sua libertà, in altre parole, per “frenare il suo ardore”. Quando si accumula una massa critica di esperienze di questo tipo, si sviluppa ciò

che John Sarno definisce sindrome da tensione muscolare (STM). Lo stress emotivo cresce e si trasforma in stress fisico. L’energia delle emozioni (soprattutto di quelle represse) non va via, non scompare, ma si traduce in deficit funzionale, in spasmo muscolare. Questo, a sua volta, porta a deficit strutturali, incrinatura della

colonna vertebrale, ernia intervertebrale, eccetera. Secondo il dottor Sarno, la sindrome da tensione muscolare non interessa la scienza accademica perché non si lascia dietro tracce causali. Le emozioni non possono essere messe in provetta, pesate e misurate. I metodi dell’analisi medica, essendo soprattutto prove di laboratorio, non sono in

grado di registrare l’effetto della sindrome da tensione muscolare. La sindrome da tensione muscolare non compare solo come fenomeno ma svolge una precisa funzione di sostituzione del dolore interiore, spirituale, con un dolore fisico, cosa che funge da causa prima dell’insorgenza di detto malessere.

L’uomo sopporta il dolore fisico più facilmente di quello interiore. Tanto più che il cervello è l’organo più importante del nostro corpo. Il cervello preferisce provare dolore fisico nel corpo piuttosto che esperienze negative nella sua coscienza. Finché l’attenzione è occupata dal dolore fisico, le emozioni represse non possono raggiungere il livello della coscienza.

Tipica della sindrome da tensione muscolare è anche la reazione ritardata. Il dolore si può manifestare all’improvviso e non nel momento opportuno, per esempio durante una vacanza. Al lavoro la tensione emotiva di solito viene bruciata, mentre invece durante le vacanze non trova sbocco. Il secondo fattore responsabile dell’insorgenza

della sindrome da tensione muscolare è simile al primo: la coscienza umana tende a spingere tutti i problemi che la affliggono il più lontano possibile, in profondità, nel subconscio. L’ansia, la rabbia, il senso di colpa, la responsabilità, la scarsa autostima, vengono relegati nel profondo dell’inconscio perché la coscienza non li vuole sentire

e nemmeno dimostrare agli altri. Ma arriva il momento in cui il subconscio non riesce a contenere tutti questi carichi ed ecco allora che insorge la sindrome da tensione muscolare. In natura i problemi vengono risolti con semplicità e naturalezza: se si è spaventati, l’adrenalina comincia a circolare nel sangue. Si corre via ed è passata la paura. Se si è

arrabbiati, di nuovo l’adrenalina entra in circolo, ma se si danno un po’ di graffi ci si sente subito meglio. Nel sistema tecnogeno queste formule non funzionano. Il cervello e il sistema nervoso non sono adatti a vivere in un ambiente del genere. L’evoluzione non ha fatto in tempo a raggiungere questi livelli. L’attività fisiologica e fisica non è un problema. Ma cosa

fare con le emozioni che non trovano sbocco, il cervello non lo sa, da qui prende inizio la reazione primitiva: sostituirle con un dolore fisico o una malattia. I muscoli affetti da sindrone da tensione muscolare si trovano nella parte posteriore del collo, nella schiena, nei glutei. Proprio essi sono responsabili della corretta posizione della testa e del

torso, e sono preposti a garantire l’efficiente funzionamento delle braccia. Il sistema sa dove appendere le sue mollette. Affinché la marionetta si muova com’è giusto, bisogna agganciarla e tenerla appesa per bene. Così le mollette mentali generano delle mollette di un altro tipo, quelle somatiche. Si tratta di strette e vincoli assolutamente concreti. Le

sensazioni di dolore costringono l’uomo a condurre uno stile di vita sedentario. Se qualcosa fa male, meglio non muoversi! E la persona perde la voglia di fare ciò che la potrebbe aiutare. Le mollette somatiche privano del movimento, fanno sedere in macchina, in poltrona, sul divano, davanti al televisore, al telefono al computer (sii in collegamento, sii nel

sistema!). Il ciclo si è chiuso. Non vorrei fare prognosi negative (anche se non ci occupiamo di previsione ma di osservazione consapevole), ma appare evidente che il sistema stringe il suo anello. Oltre all’ambiente aggressivo, opprimono continuamente la persona la tensione sociale, il senso di concorrenza, il senso di rivalità. Ne risulta un quadro eccentrico. La gente

viene caricata di cibo sintetico, viene schiacciata da ogni parte, privata di movimento, e poi, dallo sportello socchiuso, le viene mostrato il fine, scintillante di lustrini. E viene dato inizio alla corsa degli invalidi. Una corsa su un circuito chiuso? RIEPILOGO La larga diffusione di

malattie dell’apparato locomotore è un fenomeno della civiltà tecnogena. La medicina ufficiale non capisce in cosa consista il problema e come affrontarlo. L’uomo è un unico intero e non un insieme di meccanismi singoli in base ai quali i medici hanno scelto la loro specializzazione. La scienza della salute si occupa “dei meccanismi e delle strutture” e cura i sintomi. Il rapporto intelletto-corpo non viene

preso in considerazione. Alla base delle cause responsabili dell’insorgenza del dolore non ci sono alterazioni funzionali o strutturali ma emozioni represse. Quando si accumula una massa critica di emozioni da stress, si sviluppa la sindrome da tensione muscolare (STM). Lo stress emotivo aumenta fino a diventare tensione fisica. Questa, dal canto suo, porta ad alterazioni strutturali:

deformazione della spina dorsale, ernia intravertebrale eccetera. Tipica della sindrome da tensione muscolare (STM) è anche la reazione ritardata. La coscienza dell’uomo cerca di relegare tutti i problemi che lo affliggono più lontano e in profondità più lontano e in profondità, nell’inconscio. Le sensazioni di dolore costringono l’uomo a condurre uno stile di vita poco movimentato. L’uomo perde la voglia di fare ciò che lo potrebbe aiutare.

Le mollette mentali ne generano altre, quelle somatiche. Il cervello e il sistema nervoso non si sono adattati all’esistenza in ambiente tecnogeno.

NOTE A MARGINE Per qualche motivo in pochi riflettono su una strana situazione: le malattie dell’umanità progrediscono, mentre “i successi da capogiro” della medicina se ne stanno quasi in disparte.

Ecco quindi da un lato le tecnologie supermoderne, e dall’altro le malattie croniche e degenerative: esse, si dice, per loro natura non sottostanno a cure e quindi non c’è niente che si possa fare per contrastarle.

L’intossicazione da informazioni

Resta aperta ancora una questione. Secondo le osservazioni di John Sarno, l’epidemia dilagante di mal di schiena è iniziata trent’anni fa e continua

ancora oggi con una crescita costante. Risulterebbe quindi che la fonte si collochi verso gli anni Ottanta del secolo scorso. Prima non si era osservato nulla di simile su questa scala. Allora, cosa può mai essere successo? Lo sviluppo del sistema tecnogeno, con il suo impatto devastante, era cominciato molto prima. E anche lo stile di vita sedentario, gli stress continui e il meccanismo di

sublimazione delle esperienze emotive nel subconscio esisteva da prima. Ma allora perché la sindrome da tensione muscolare ha cominciato a manifestarsi esattamente trent’anni fa? Il dottor Sarno non dà una risposta a questa domanda. Ma la soluzione, a mio parere, è ovvia, poiché sta in superficie. Proprio negli anni Ottanta è cominciato lo sviluppo intensivo delle

tecnologie dell’informazione, dei mezzi di informazione, dei media e della comunicazione. Con la comparsa dei personal computers, dei CD, DVD, della televisione satellitare, di internet, dei cellulari e, negli ultimi anni, anche delle reti sociali, sull’uomo si è riversata una cascata potente di informazione. Ha

letteralmente preso inizio un processo di intossicazione da informazione. Se prima si riusciva a scaricare passabilmente i problemi mentali nella sfera del subconscio, ora che il sovraccarico di informazioni ha raggiunto il suo punto c r i t i c o , le capacità del subconscio non si sono dimostrate più sufficienti e ciò ha trovato sbocco nei

problemi fisici. L’uomo moderno è così sovraccarico di informazioni che il suo organismo e la sua mente conscia e inconscia non riescono più a sopportare la pressione dei fattori tecnogeni. Per qualche motivo di questo non si scrive e non si parla apertamente. La stragrande maggioranza della società permane in uno stato di “felice non visione” (od

oblio?); non vede niente, non capisce niente, non dà importanza e crede che non stia succedendo niente. Ma ho già detto e ripeto: qualcosa sta succedendo. Tipico è il modo in cui funziona la televisione. Il c a n a l e Discovery, per esempio, un tempo era interessante e istruttivo! E adesso? Fanno vedere degli “spaccatutto” che vanno in

visibilio ogni volta che rompono e distruggono le cose. In Animal Planet si vedono solo animali pericolosi, in National Geographic mostrano solo cataclismi, ai telegiornali si sentono solo notizie spaventose e terribili. Quando si guardano questi spettacoli, si ha la chiara impressione che il tempo degli intellettuali sia finito e si sia instaurata l’epoca dei

mentecatti e dei degenerati. Di questi ultimi oggi ce ne sono certamente molti di più che alcuni decenni fa. Le cause di ciò sono molte, ma non è questa la cosa più importante. Il fatto è che al giorno d’oggi la gente è già satura di informazione ed è già molto difficile sorprenderla o interessarla. I mass media spremono fino all’ultima goccia pur di attrarre l’attenzione. Dalle

storielle di paura che ci si raccontava la notte, prima di dormire, quando si era nelle colonie estive, si è passati ai racconti dell’orrore su scala globale. Purtroppo tutto ciò non fa che favorire l’accumulo di aggressività e di potenziale reale di scatenamento di catastrofi vere, giacché la coscienza collettiva forma la realtà corrispondente.

Dunque, la tecnosfera ha generato un nuovo fenomeno dei nostri tempi, l’intossicazione da informazione. E, ovviamente, non è tutto. Per non caricare oltremisura “la nuvola che si è addensata nel nostro libro”, elenchiamo ancora brevemente i tre principali fattori tramite i quali il sistema tecnogeno influisce sulla psiche.

1. Cambiamento del cervello Il cervello, nell’ambiente tecnogeno e informazionale, non si sviluppa ma subisce cambiamenti, e non in meglio, si intende. È un fatto scientificamente provato. La baronessa Greenfield, direttrice dell’Istituto britannico imperiale, ha affermato: «Se una persona

passa troppo tempo davanti al monitor, il suo cervello cambia a livello fisiologico, fatto che causa immancabilmente problemi comportamentali e di attenzione. I giochi sono in grado di disattivare determinate connessioni neurali nel cervello, perché esso cerca di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente esterno. I videogames sono un esempio di nuovo

ambiente». La baronessa non sa cosa si possa fare in questa situazione e non le resta che consigliare di strappare i bambini dal potere degli schermi e mandarli fuori a sentire l’erba fresca sotto i piedi. Ma come spiegare loro la faccenda, come convincerli? Quando in questo libro si parla di cyborgs, di “cyborgizzazione generale”, non si fanno dei paralleli con

la fantascienza ma si intendono cose pienamente reali. Per cambiamento del cervello umano non si intende una sua alterazione in direzione dello sviluppo delle capacità creative o nel senso di creare la propria realtà, ma in direzione dello sviluppo di abilità primitive: cliccare, “likare”, spuntare un elenco, premere delle leve o dei tasti. Per un elemento del sistema è più che sufficiente. Molto

del resto oggi si realizza tecnicamente, tramite computer e macchine. E forse presto i computer e le macchine saranno in grado di creare se stessi.

2. Il restringimento della coscienza Quando si parla di sviluppo intellettuale e spirituale si sottintende spesso

l’estensione della coscienza, della visione e della comprensione della realtà. Nella tecnosfera avviene tutto il contrario. Se la civiltà imbocca la via di sviluppo tecnogena, la ragione umana si perde nei labirinti delle soluzioni tecniche, smettendo di vedere e capire l’essenza delle cose. Le apparecchiature e i meccanismi sono costruiti sulla base di schemi

complessi, formati da milioni di dettagli ed elementi. Citiamo solo un esempio: il primo microprocessore della corporazione Intel 4004, uscito nel 1971, conteneva 2300 transistor. Nel 1989 nel processore Intel 486 i transistor erano già 1.200.000, mentre nel 2000 il processore Intel Pentium-4 superava il limite di 42 milioni. Il nuovo processore a quattro nuclei Intel Core 2

Extreme, creato sulla base della tecnologia a 45 nm, contiene ormai 320 milioni di transistor. L’architettura del processore si sta complicando sempre di più. Qualcuno può ritenere che ciò sia un progresso, ma in realtà è un vicolo cieco. Si può complicare la tecnologia all’infinito, solo che di volta in volta essa diventa sempre

più difficile da gestire e meno affidabile. Gli aerei, i sottomarini, le navicelle spaziali sono apparecchi molto complessi e per questo poco affidabili. E chi vorrebbe volare su un aereo supermoderno cioè supercomplesso, guidato da un pilota con una coscienza ristretta all’estremo poichè il suo cervello non è già in grado di cavarsela con tutti questi meccanismi

complicati? E se poi in uno dei milioni di transistor si scoprisse un difetto? E se al pilota venisse un raptus di follia? In tutto ciò la nostra “evoluta” civiltà si spacca la testa per scoprire in che modo furono lavorati ed eretti gli antichi megaliti, in che modo misterioso si muovono gli oggetti extraterrestri, come potessero

esistere nell’antichità “i carri volanti Vimana” con un sistema energetico consistente in tutto in un paio di semplici elementi. Questo significa che ci sono altre tecnologie, più semplici, che giacciono in un’altra superficie, al di fuori della sfera delle soluzioni esclusivamente tecniche. Per esempio, il movimento di un apparecchio volante

extraterrestre è, probabilmente, non uno spostamento meccanico in un ambiente aereo o acqueo, ma la traslazione di una proiezione nello spazio delle varianti. Per questo le velocità sono enormi e non esiste la resistenza né dell’ambiente, né dell’inerzia. Ma la ragione tecnopratica è interamente immersa nella meccanica della componente

materiale del nostro mondo. Come può vedere e comprendere la metafisica se la coscienza è offuscata e chiusa? Si può approfondire all’infinito la differenziazione e la soluzione di compiti difficili, solo che oltre agli alberi il bosco diventa non visibile. Recentemente ho avuto modo di dare un’occhiata a un manuale di matematica

per scuole superiori. L’impressione che ho avuto è che costringono i ragazzi a risolvere delle operazioni inimmaginabilmente assurde, costruzioni di quattro-cinque piani di radici e logaritmi che, mentre le risolvi, finisci per dimenticarti che cosa sia un logaritmo e a che cosa serva. È evidente che il fine dello studio non è quello di far scoprire all’allievo l’essenza

e la bellezza della matematica, ma di confonderlo, disperderlo in un labirinto oscuro, limitare la sua coscienza entro confini ristretti. Persegue lo stesso fine, cioè il restringimento della coscienza, la forma dell’EGE1. Con questo tipo di “istruzione”, di sviluppo del pensiero creativo non si parla neanche lontanamente. Il problema è che le

persone stesse già da tempo non possiedono e non gestiscono questi processi. È il sistema a possederli e a gestirli. I funzionari dell’istruzione, che “mossi dalle migliori intenzioni” inventano queste impenetrabili metodiche di insegnamento, per primi non capiscono quello che fanno perché la loro coscienza è sufficientemente offuscata e ristretta. Il sistema, in modo

chiaro e inequivocabile, fa capire che ad esso servono ingranaggi o, nella migliore delle ipotesi, cyborgs, ma non certo personalità creative.

3. Dipendenza informazionale Ogni tipo di intossicazione genera dipendenza. L’uomo contemporaneo è realmente

dipendente dalle informazioni. Se non riceve la dose quotidiana, comincia a soffrire di crisi di astinenza, malessere, angoscia, ansia, noia, fino a provare attacchi di panico. E le dosi devono essere sempre più forti e più consistenti. I film spettacolari non colpiscono più, bisogna che il suono sia più alto, che faccia vibrare il cervello, bisogna che l’immagine sia in 3D, o

meglio in 4D, meglio ancora se si aggiungono odori o qualche “sostanza stupefacente”, da far girare la testa. L’uomo, seduto davanti al televisore con in mano il telecomando, si scoccia per il fatto che deve cambiare i canali satellitari, e sono centinaia, passare dall’uno all’altro senza aver voglia di fermarsi a lungo in alcuno. Senza spettacolo l’uomo non

può esistere, ma d’altra parte niente più lo rallegra, lo commuove, lo impressiona. Ora sto forse un po’ esagerando, ma solo un po’, perché la tendenza è proprio questa. Ho passato l’infanzia in tempi in cui il televisore non era in ogni casa. Però c’era una cosa migliore, il filmoscopio. I giovani di oggi probabilmente non sanno di

che cosa si tratti. È una specie di lampada-proiettore, al posto del player, nella quale si inserisce un film in diapositiva (pellicola) al posto del DVD. Sulla pellicola ci sono dei fotogrammi, dei quadri, e sotto di essi sono impresse alcune righe di testo. Non è un film, sono proprio dei quadri, da guardare singolarmente facendo girare la rotellina del filmoscopio.

Allora si vendevano un sacco di film in diapositiva: racconti, storie varie, favole, film istruttivi, interessanti, diversi. Li vendevano in scatolette di forma cilindrica. Erano cosette veramente carine, affascinanti. La sera, quando la famiglia si riuniva, le finestre venivano oscurate con le tende, al muro veniva appeso un lenzuolo e si dava inizio al mistero. Altro che televisione! Lo

spettacolo era così coinvolgente, piacevole e, cosa più importante, tranquillizzante, che non ci si annoiava a guardare uno stesso film in diapositive per tante volte. Si aveva l’impressione di sperimentare una sorta di quiete ed equilibrio universali, come se noi e questo mondo FOSSIMO IN MASSIMA ARMONIA E TUTTO ANDASSE

ESATTAMENTE COSÌ COME DOVEVA ANDARE. Nessuna video-produzione, nemmeno la più sofisticata, è in grado di apportare la stessa quantità di piacere, quiete e gioia che ci procuravano questi piccoli e meravigliosi film in diapositive. Ora la situazione è totalmente diversa. Accendi il televisore e ti becchi un

colpo di mazza da baseball in testa, la tua dose. Che è anche la tua rappresentazione del mondo: ecco come dev’essere! Esci e vedi un cartellone pubblicitario con l’immagine di un bambino che non sa parlare ma ha il telefono cellulare. E ciò nonostante sia noto da tempo che il telefono nelle mani di un bambino provochi ritardi e anomalie nello sviluppo. Del

resto, perché “nonostante sia noto”? È proprio perché è noto. Forse è così che dev’essere? Quando ovunque, nei messaggi pubblicitari, vedi un bimbo di due anni con il cellulare, nella tua testa si forma il modello che così è giusto, così va bene. Non è semplicemente un telefono, è u n a parte integrante di te. Parla, gioca, ascolta, segui le

notizie, clicca, compra, paga, digita un “like”, questo è tutto ciò che puoi fare ed è tutto ciò che ti serve. L’importante è che tu sia collegato, in rete, nel sistema, che tu porti il tuo contributo. E tuttavia no, non ci credo, NON VA TUTTO BENE in questo mondo, c’è qualcosa CHE NON È A POSTO e COSÌ NON VA BENE. COSÌ NON PUÒ ESSERE.

RIEPILOGO Con la comparsa dei mezzi di comunicazione di massa sull’uomo si è riversata una cascata potente di informazioni. È cominciata un’intossicazione da informazioni, nel senso stretto del termine. Ora che il sovraccarico di informazioni ha raggiunto un punto critico, le riserve dell’inconscio non bastano più e ciò trova sbocco in problemi fisici.

La modificazione del cervello umano si sta muovendo in direzione dello sviluppo di abilità primitive. L’uomo contemporaneo si inoltra nei labirinti delle soluzioni tecniche, smettendo di vedere e capire l’essenza fondamentale delle cose. La ragione tecnocratica è interamente immersa nella meccanica della componente materiale del nostro mondo. Nella tecnosfera avviene un restringimento della coscienza.

L’uomo contemporaneo è realmente dipendente dalle informazioni.

NOTE A MARGINE La nostra civiltà verrà salvata dai bambini indaco? Dubito molto. Già solo il cibo tecnogeno è sufficiente per azzerare tutte le loro capacità. Il cibo sintetico è creato apposta dal sistema per far crescere non “gli scardinatori” di se stessi, ma dei cyborgs ubbidienti.

Se si considera che a questo si aggiunge il cibo i nf or m az i onal e, chances non ne restano proprio.

Le mollette somatiche

Dunque, abbiamo chiarito che, in seguito all’impatto dei fattori tecnogeni, all’uomo vengono letteralmente appese delle mollette, dei morsetti.

L’uomo è come disallineato, legato mani e piedi. Le mollette mentali bloccano direttamente l’attenzione, la volontà, la consapevolezza, la ragione. Esse bloccano direttamente anche i muscoli e il potenziale energetico. Sia gli uni che gli altri si influenzano a vicenda: i blocchi corporali possono generare quelli psichici e viceversa. Abbiamo chiarito in termini generali la

funzione delle mollette mentali. Parleremo ora di cosa fare con le mollette somatiche.

Accordo con l’inconscio Per cominciare, ricordiamo che le emozioni represse e quelle negative hanno la caratteristica di svicolare dalla coscienza e inoltrarsi

nell’inconscio. Se la capienza dell’inconscio non è sufficiente (e nell’uomo moderno queste riserve sono praticamente sovraccolme), allora le emozioni e le sofferenze si tramutano in sindrome da tensione muscolare (STM). Come avrete forse già capito, a far male non sono le ossa, né i nervi e nemmeno il midollo spinale, ma proprio i muscoli. E quando i muscoli

sono tesi, insorge una catena di patologie: si altera la microcircolazione – si blocca il flusso di energia – sorgono altre malattie, dall’etimologia già occulta. Il dottor Sarno, dopo anni di pratica, ha infine trovato un modo per liberarsi dalla sindrome da tensione muscolare. Un metodo sorprendentemente semplice. Se l’uomo capisce che l’origine dei sintomi di

dolore è da cercare nelle emozioni represse, il dolore scompare. Quando la causa della sindrome viene scoperta, il subconscio quasi chiarisce a se stesso che non è più in grado di ingannare l’uomo in quel modo. Il dolore non sempre sparisce subito, a volte ci vogliono alcuni giorni o addirittura 1 o 2 mesi. È come se l’inconscio cercasse di far finta di niente, di ignorare il

fatto di essere stato colto in flagrante, nell’atto di commettere il reato. Del resto, è davvero un reato per l’organismo, poiché l’inconscio, scaricando il problema sul corpo, in questo modo riconosce la sua impotenza. Ma una volta che “il mistero” è stato svelato, questa tecnica non funziona più. Il problema stesso responsabile dell’insorgenza

della sindrome, può anche non sparire dopo il suo riconoscimento. Però i dolori e le malattie legati alla tensione muscolare retrocedono. Le persone si liberano dai dolori semplicemente rendendosi conto di quello che sta succedendo loro. Può sembrare incredibile, ma i fatti parlano chiaro: le decine di migliaia di pazienti del dottor Sarno si sono liberati

dalla sindrome da tensione muscolare, dai mal di schiena, del collo e da altri disagi. È risultato inoltre che l’ulcera, l’asma, la prostatite, il mal di testa, l’eczema, la psoriasi e alcune altre malattie possono avere come causa lo stesso meccanismo di repressione delle emozioni nell’inconscio. Ne parla dettagliatamente John E. Sarno nel suo libro Healing

back pain, pubblicato a New York. Più avanti spiegherò ancora una volta la sostanza del metodo, integrandola con le mie osservazioni. Innanzitutto è consigliabile liberarsi dalle mollette mentali, perché esse sono la causa prima dell’insorgenza della sindrome da tensione muscolare. Per farlo dovete

capire che cosa, precisamente, vi opprime: quindi, innanzitutto rendersi consapevoli del motivo del disagio, poi togliere l’importanza e creare un flusso, come si è detto nei capitoli precedenti. In seguito bisognerà mettersi d’accordo con il proprio inconscio. Che cosa rappresenta esso in generale? L’inconscio risponde delle funzioni e dei riflessi

incondizionati, su cui non serve riflettere, la respirazione e la digestione, per esempio. Anche le contrazioni muscolari involontarie si trovano a disposizione dell’inconscio. La parte predominante dell’attività emotiva, mentale e fisiologica si trova più in basso del livello consapevole. La coscienza emerge come la punta dell’iceberg sopra il pelo

dell’acqua. Ma anche la capienza dell’inconscio non è illimitata: a causa del sovraccarico informazionale nonché delle nuove mollette mentali della società, la capienza dell’inconscio dell’uomo contemporaneo è esaurita. L’inconscio è simile a un animale. Sembra che capisca tutto, però non fino in fondo e non del tutto. A differenza della coscienza, esso si trova

come in uno stato di sonno. Non gli si può spiegare tutto, però su qualcosa ci si può mettere d’accordo. Il senso dell’accordo con l’inconscio consiste nel dichiarargli che da adesso siete voi a prendervi la responsabilità per i problemi. Non c’è più bisogno di nascondere i problemi. Li rileverà e li eliminerà la coscienza stessa, l’IO.

Allo stesso tempo occorrerà trattare l’inconscio con rispetto, semplicemente perché esso lo merita. Potete comporre una forma-pensiero orientativamente del contenuto che segue e ripeterla di tanto in tanto, per esempio mentre fate il bagno o a volte prima di immergervi nel sonno: Mio inconscio, sei il re del mio organismo.

Tutto, nel mio organismo, si trova sotto i tuoi comandi. Mio inconscio, mio re, rimetti a posto tutto il mio organismo. Sotto la tua guida tutte le funzioni si sistemano, si ripristina una salute ideale e un forte potenziale energetico. Mio inconscio, mio re, rimetti a posto tutto il mio organismo. Io ti

aiuto in tutto, faccio del mio meglio. Mangio cibo fresco e vivo, che mi depura e mi nutre di tutto il necessario. Mi alimento in modo vario ed equilibrato, mi nutro molto bene. Faccio dei bagni benefici, faccio abluzioni con l’acqua fredda. Faccio esercizio fisico, sviluppo il mio corpo. Lavoro con intenzione. La mia

intenzione è diretta alla perfezione. Io sono la perfezione fatta persona. Mio inconscio, mio re, sotto il tuo comando il mio organismo si depura, si rinnova, si ripristina, si sviluppa. Mio inconscio, tu sei il re del mio organismo. È molto probabile che dopo qualche giorno, o forse

dopo un mese o due da che avrete iniziato a recitare questa formapensiero, vi sparisca qualche dolore o una malattia cronica. La vostra andatura diventerà più sciolta, e ve ne accorgerete subito. Compariranno dei livelli aggiuntivi di libertà del corpo, ed esso vi ubbidirà più volentieri. Vi sentirete molto meglio. Il vostro corpo, finalmente, ricorderà la sensazione, ormai

d i m e n t i c a t a , di significhi vivere mollette.

cosa senza

Muoversi per la scala mobile Non bisogna contare solo sull’accordo con l’inconscio e trascurare l’aspetto dell’attività fisica. Su una persona che segue uno stile di vita sedentario le mollette

si appendono in modo rapido e saldo. Risultati sicuri al 100% li dà solo l’approccio integrato: come pensiamo, come ci nutriamo e come ci muoviamo. Il movimento svolge un ruolo molto importante. Ho già paragonato lo stato dell’organismo con il movimento sulla scala mobile. Fino circa ai 20 anni la scala mobile va su, mentre dopo comincia un

movimento in direzione opposta, all’ingiù. Dove non c’è sviluppo, comincia il degrado. Quello che non si usa, si atrofizza. Quindi, se volete mantenervi in forma, dovrete occuparvi quotidianamente del vostro sviluppo, scegliervi un tipo qualsiasi di attività fisica (sport, fitness, ginnastica) e “risalire gradualmente per la scala

mobile che va in giù” fino a raggiungere il livello che vi soddisfa, quindi fare passi misurati in su, seguendo il programma individuale di esercizi che vi siete prefissati. Gli esercizi di ginnastica dovranno essere di tre tipi: somatici (per il rilassamento), di forza (carichi dinamici) e di estensione (stretching).

Gli esercizi somatici rilassano e allungano i muscoli, tolgono i blocchi e le tensioni. Gli esercizi di forza fanno crescere la massa muscolare, mantengono il tono dei muscoli, ripristinano la microcircolazione, sviluppano i vasi, favoriscono la depurazione dell’organismo. Gli esercizi di estensione sviluppano i legamenti, liberano le risorse motorie, aumentano la libertà

del corpo, conferiscono ad esso scioltezza ed elasticità. Questi esercizi vanno eseguiti proprio secondo l’ordine indicato: prima il rilassamento, poi i carichi dinamici e solo alla fine (o alternando con la dinamica, dopo un buon riscaldamento) l’estensione. Gli esercizi dovranno essere massimamente eterogenei, ma siccome la

sindrome da tensione muscolare riguarda soprattutto la zona della spina dorsale, occorre prestare un’attenzione particolare alla schiena, al collo e alle spalle. Si possono utilizzare dei metodi un po’ diversi, finalizzati a eliminare il dolore alla schiena (le proposte oggi sono molte, in DVD e nei libri), scegliersi una sequenza di esercizi che

secondo voi è adatta al vostro caso e vi piace svolgere. Come punto di partenza si possono prendere due metodi, quello di Thomas Hanna e quello di Sergej Bubnovskij. Secondo me sono i due orientamenti migliori in tema di colonna vertebrale. Thomas Hanna, come John Sarno, è uno dei pochi medici all’avanguardia che ha fatto

attenzione al rapporto e alle interrelazioni tra l’intelletto e il corpo. A proposito della sindrome da tensione muscolare, il dottor Hanna ha più o meno la stessa opinione di Sarno solo che utilizza un altro termine, amnesia sensomotoria. E tutt’altro approccio: eliminazione dei blocchi attraverso il rilassamento dei muscoli. Il dottor Hanna ha messo a punto un sistema di esercizi

somatici che egli definisce «la distensione felina quotidiana». Non occupano molto tempo. Il suo metodo è descritto nel libro Iskusstvo ne staret’ (L’arte di non invecchiare), edizioni Piter. È un libro raro ma lo si può recuperare nei negozi o sicuramente in internet. Sergej Bubnovskij, al contrario, punta la sua attenzione sui carichi dinamici come mezzo per

contrastare la sindrome da tensione muscolare. È anch’esso un metodo molto sensato. Il dottor Bubnovskij ritiene che i muscoli si possano ripristinare a qualsiasi età. I suoi libri ora si trovano facilmente, per esempio Priroda razumnogo tela. Vse o pozvonočnike i sustavach (La natura del corpo ragionevole. Tutto sulla colonna vertebrale e le articolazioni)

http://www.ozon.ru/context/det o Osteochondroz – ne prigovor! (L’osteocondrosi non è una condanna) http://www.ozon.ru/context/det Come vediamo, ci sono tre metodi di eliminazione della sindrome da tensione m us c ol a r e : l’accordo con l’inconscio, gli esercizi somatici per il rilassamento e i carichi dinamici. Potete sceglierne uno o utilizzarli tutti insieme. Secondo la mia

opinione, i risultati migliori si ottengono non con l’approccio unilaterale ma con quello integrato, cioè il primo, il secondo e il terzo. Più avanti elenco i momenti principali che sarebbe bene conoscere e tenere presenti. L’organismo è un sistema autorigenerantesi, esso contiene un potenziale di rigenerazione e sviluppo,

però si tratta di un potenziale, di una possibilità. Bisogna ancora considerare che l’organismo non arde dal desiderio di evolversi. Esso raggiunge uno stato minimamente accettabile di status quo e si ferma, poi comincia gradualmente a degradare. Per questo, al fine di mantenere una buona forma, bisogna dare all’organismo un carico di lavoro e

incitarlo con un’intenzione finalizzata allo sviluppo e al perfezionamento. Di nuovo, serve qui un approccio integrato: come pensiamo, come ci nutriamo e come ci muoviamo. Se non si allena il corpo, esso giungerà sino allo stato ottimale più basso, sufficiente a permettergli di sopportare solo i carichi previsti, né più, né meno.

Seguendo un regime alimentare a base di cibo vegetale vivo, la massa muscolare può ridursi. Con un regime a base di cibo morto, invece, il corpo comincia ad accumulare scorie, tossine, grasso e altra zavorra. I muscoli saranno sviluppati quel tanto che basta per trascinarsi dietro il corpo. Il corpo massiccio di un uomo che segue uno stile di vita sedentario non è pieno

di muscoli fatti sul lavoro ma soprattutto di zavorra. Come si diceva sopra, gli esercizi devono essere massimamente diversificati, mirati allo sviluppo di tutti i gruppi muscolari. Quando tutti i muscoli (vogatori) sono sviluppati, allora per il cuore è tutto più semplice e i vasi (letti dei fiumi) sono sani e ad ampia portata. Se i requisiti fisici lo

permettono, è assai utile la seguente sequenza standard di esercizi: accosciate, flessioni a terra, trazioni. Ripetendoli a sufficienza, questi esercizi “aprono le finestrelle”, come dice il dottor Bubnovskij, sciolgono i principali blocchi, le tensioni muscolari e gli spasmi. Tutti i movimenti devono essere accompagnati dal pieno piegamento e dalla piena estensione delle

estremità e non come viene, con movimenti eseguiti per un terzo. In tutti gli esercizi l’attenzione va concentrata proprio sulla fase del rilassamento, e non sullo sforzo. È sempre difficile costringere i muscoli a rilassarsi, mentre a lavorare sono già abituati. Non bisogna sforzarsi troppo. Gli sforzi devono essere adeguati. I carichi devono venire gradualmente

aumentati. Gli esercizi non vanno eseguiti con pigrizia ma nemmeno con esagerata alacrità. A partire da questo principio ognuno deve fissare individualmente il periodo di durata dell’allenamento. Il movimento deve procurare piacere, se questo non avviene significa che l’organismo è sovraccarico di scorie e tossine. In questo caso occorre ridurre il carico di esercizi e provvedere alla

depurazione dell’organismo. È consigliabile eseguire gli esercizi ogni giorno, ma va bene anche a giorni alternati od ogni due giorni, a seconda della voglia e delle possibilità. L’importante è farlo con regolarità. Non esagerate, non arrivate all’esaurimento. Se nella vostra sequenza gli esercizi sono tanti, li potete suddividere per giorni: il primo giorno potete allenare

un gruppo di muscoli, il secondo l’altro gruppo, eccetera. Parallelamente ai movimenti, cercate di prestare attenzione ai flussi energetici. I principi fondamentali sono stati illustrati nel libro Il Transurfing vivo. Dopo gli esercizi farebbe bene versarsi addosso un secchio di acqua fredda (più

è fredda, meglio è) e per altri venti secondi bagnarsi con una doccia fredda (le abluzioni con l’acqua fredda sono ammissibili solo se il corpo è ben riscaldato. Se invece si è raffreddato, bisogna inizialmente riscaldarsi con una doccia calda). Quindi bisogna sfregarsi il corpo con un asciugamano, concentrarsi per un minuto, sentire come il corpo viene attraversato da

un potente flusso di energia (dopo le abluzioni è così) e pronunicare una delle vostre forme-pensiero legate al fine. In queste situazioni di slancio energetico l’impostazione del fine funziona in modo assai efficace. Mentre fate gli esercizi, pensate all’obiettivo che vorreste raggiungere facendoli. Ripetete ogni tanto delle brevi forme-pensiero,

del tipo: tutti i miei muscoli si stanno rilassando, i blocchi si stanno sciogliendo. Il mio organismo si sta depurando, rinnovando, ripristinando, sviluppando. Il mio inconscio, il mio re, sta rimettendo in ordine tutto il mio organismo. La massa muscolare sta aumentando. Ho una buona salute e un bel corpo, una salute vigorosa, un forte potenziale energetico, un intelletto

potente, una coscienza potente. Gestisco la mia realtà come se fosse un sogno lucido. E la Forza è con me, la Forza mi conduce per questo faccio tutto in modo geniale e brillante. Seguendo questi consigli nel loro complesso otterrete inevitabilmente ciò che avete intenzione di avere.

Dosaggio

dell’informazione La coscienza e l’attenzione dell’uomo moderno sono già sufficientemente bloccati, e in condizioni di crescente intossicazione informazionale verrà presto bloccata anche la sua capacità di visualizzazione. Il sistema tecnogeno punta a opprimere e a distruggere con tutti i mezzi a sua disposizione la possibilità

stessa di creare la propria realtà. L’ingranaggio non deve creare nulla di suo, è obbligato a usare ciò che gli fornisce il sistema. Un giorno o l’altro l’uomo si sveglierà e scoprirà di non riuscire a costruire, sul suo schermo personale, nemmeno l’immagine più semplice. E allora toccherà scordarsi del Transurfing. È probabile che le antiche civiltà che ci hanno

preceduto fossero molto sviluppate, non sul piano tecnologico-informazionale, ma su quello delle possibilità umane. Si sospetta che gli abitanti di Atlantide si siano distrutti da soli possedendo una Forza che non avevano imparato sufficientemente a gestire. In altri termini, avevano preso su di sé una Forza che non potevano reggere.

Oggi è tutto il contrario. Tutta la forza e il potere appartengono al sistema. L’uomo, da solo, senza i gadgets del sistema, è capace di poco. Sa spuntare un elenco, premere i tasti, cliccare “likare”. Presto non potrà visualizzare. Forse sono già in tanti a non poterlo fare, e non ci provano neanche. Del resto, non ne hanno bisogno. Non sto esagerando.

Secondo i dati degli psicologi, nell’arco degli ultimi decenni ogni nuova generazione cresce più pigra, più stupida, più incattivita delle precedenti. Ecco alcuni fatti e dati statistici [relativi alla Russia, ad eccezione degli ultimi due punti; N.d.T.]: Le caratteristiche distintive della “generazione pepsi”

(i figli della perestrojka) sono: persone facilmente suggestionabili, che inghiottono ogni esca pubblicitaria e si accendono ad ogni propaganda. Le caratteristiche distintive della generazione seguente, “la generazione Z” (l’espressione è

dello psicologo Mark Sandomirskij), in aggiunta a quelle della precedente, sono aggressività e deficit di compartecipazione. I sociologi e gli psicologi ritengono che i bambini di oggi cresceranno cattivi, crudeli, infantili, e saranno dei consumatori

primitivi, facili da manipolare. La quantità di bambini invalidi, con anomalie psichiche, ogni anno aumenta del 10%. Il numero di scolari con alterazioni psichiche va dal 15 al 30%, a seconda della regione. Il 10% della popolazione adulta

soffre spesso di attacchi di panico (seri attacchi di ansia). Il 40% della popolazione europea è già stato dichiarato psichicamente non sano. La nazione americana è totalmente malata e manifesta già tutti i

sintomi degenerazione.

di

Faccio notare che non si tratta di mie conclusioni ma di dati statistici presi da varie fonti ufficiali. Occorre inoltre tener presente che la statistica ufficiale è spesso inferiore al reale stato delle cose. Queste sono le conseguenze delle meraviglie tecnogene sulla psiche dell’uomo.

Certo, si tratta solo di statistica e di tendenze generali, calcolate sulla media. Tutt’intorno si possono vedere tante persone normali, piacevoli, socievoli e intelligenti. Tuttavia, la grigia massa restante, la cosiddetta “stragrande maggioranza”, comincia a fare una certa impressione. Per non risultare “codicizzati” in questa massa grigia bisogna dosare e

filtrare consapevolmente le i n f o r m a z i o n i , non farsi invadere da tutto, senza distinzione, e non lasciarsi coinvolgere da qualsiasi evento. Ciò non significa che si debba gettare la televisione fuori dalla finestra, spegnere il telefono e abbandonare per sempre la rete sociale. Si tratta di mettersi nella posizione dell’osservatore, e

non in quella dell’assorbitore di informazione. Il rischio della dipendenza e dell’intossicazione da informazione è che le persone si trasformino definitivamente in consumatori di informazione, diventino dei ricevitori passivi. Non possono più diventare dei trasmettitori. Lì dove inizia il consumo cieco di informazione finisce il

Transurfing. Qualcuno forse ora si aspetta che io cominci a elencare ciò che non si deve, ciò che si può e quanto si può fare. Invece, il principio del dosaggio dell’informazione è una questione di scelta personale. Non si tratta di stabilire cosa e quanto si possa consumare, ma quanto consapevolmente viene fatta

la scelta di consumo. È importante ricordare tre princìpi fondamentali: La consapevolezza (mi rendo conto di quello che sto facendo e del fine per cui lo faccio). L’osservazione (non mi immergo fino al collo nel problema ma osservo in modo compassato e

lucido). La selettività (non assorbo l’informazione ma la scelgo; os-servo quello che succede, quello in cui in un certo momento sono coinvolto, in che cosa mi si vuole coinvolgere e quanto questo mi possa servire).

Credo che non valga la pena approfondire i dettagli. Chi ha mantenuto almeno un po’ di consapevolezza e di lucidità, capirà da solo. Per chi invece non ne avesse, non avrebbe senso cercare di spiegare questo concetto. Non dubito che voi, cari lettori, capiate perfettamente tutto ciò di cui tratta questo libro, perché, diversamente, non vi sarebbe capitato in mano.

Integrazione Questo principio significa: Non immergersi fino al collo nel processo stesso di risoluzione dei problemi, finendo per dimenticare il fine e il senso della cosa, e invece tenere sempre in mente il fine ultimo.

Non perdersi nei dettagli, nella ricerca dei modi e dei mezzi, ma pensare alla cosa principale: in cosa consiste il senso e il fine. Non vagare per la città vecchia, inoltrandosi nei labirinti delle vie strette, ma sapersi elevare all’altezza

del volo uccelli.

degli

In altri termini, chi picchia contro il vetro, come una mosca, si occupa di differenziazione. Chi vola a distanza e riesce a cogliere col suo sguardo tutta la scena, per intero, si occupa di integrazione: vede la finestrella e vola via attraverso di essa. Quando siete immersi fino

al collo nel processo di risoluzione di qualche problema e vi tormentate a ricercare i mezzi e i modi per uscirne fuori, la vostra coscienza si restringe e cessate di vedere ciò che succede intorno, guardate solo sotto i vostri piedi. Al di là degli alberi non si vede il bosco, cioè la cosa più importante. L’origine di questa frase viene fatta riferire a una leggenda. Il

viaggiatore del XVI secolo S. Gollard, vedendo Parigi, disse che l’avevano ingannato descrivendola come una bella città. A causa dell’ammassamento di alti palazzi, la città, secondo le sue parole, non era visibile (a dire il vero esiste un’altra versione di questa leggenda: pare che quando Gollard arrivò a Parigi, vide tanti alberi che crescevano nei parchi, lungo le vie e i viali,

sbarrando la vista delle case). Il restringimento della visione porta a uno stato di stupor, ottundimento, smarrimento. I modi e i mezzi non si trovano e le mollette stringono sempre di più. La via migliore per uscire da questo stato è elevarsi all’altezza del volo degli uccelli. Come farlo? È molto semplice: distogliere lo sguardo da sotto i piedi e puntarlo in avanti, verso il

fine. Nel Transurfing non ci si occupa di ricerca di soluzioni. Le soluzioni si trovano da sole, mentre si è in cammino. I nodi gordiani non si sciolgono, ma si tagliano d’un colpo. Per far ciò bisogna porsi un fine e andare nella sua direzione, puntando su di esso tutta la propria attenzione e intenzione. Non importa cos’era successo nel passato e cosa c’è nel presente. Il

vettore dell’attenzione deve guardare al fine e muoversi in avanti. Le porte (possibilità) si apriranno nel corso del cammino, i modi e i mezzi si troveranno da soli. Riporto ancora una volta la formula di risoluzione dei problemi “irrisolvibili”: ammettere l’inammissibile, dirigere il vettore dell’attenzione verso il fine,

cominciare il movimento Quando la vostra attenzione è diretta verso il fine, il vento dell’intenzione afferra la vostra coscienza ed essa, come un aquilone, si eleva all’altezza del volo degli uccelli e comincia a vedere. Qui sta tutto il segreto.

La creazione del flusso La presenza del fenomeno dell’intossicazione non a livello fisiologico ma di psiche è testimonianza del fatto che la coscienza non può essere caricata all’infinito da informazioni, esistono dei limiti nonché uno stato di stanchezza informazionale. Sapete

benissimo da soli che quando si studia a lungo una materia, per esempio per prepararsi a un esame, a un certo punto compare un senso di saturazione che impedisce alle nozioni di venire assimilate. È un fenomeno che si verifica per due motivi. In primo luogo perché “il vaso trabocca” e la capienza della memoria non è più sufficiente. La memoria,

infatti, ha sotto di sé una base non solo metafisica, ma anche puramente fisiologica: il cervello deve formare determinate connessioni neuronali ed è una cosa che non può fare rapidamente. In secondo luogo quando la capienza è esaurita, l’inconscio crea una barriera, blocca il canale di entrata per impedire un’ulteriore alimentazione di informazioni e dare la

possibilità di assimilare quelle già entrate. Però, in condizioni di totale pressione informazionale, questo meccanismo cessa di funzionare in modo normale: nel vaso cresce “una pancia enorme”, mentre “lo sportellino di alimentazione” si tiene costantemente aperto. Il risultato è l’insorgenza di una patologia: sovraccarico informazionale, ristagno,

“inassorbimento”. Al fine di liquidare il ristagno bisogna creare un flusso, fare in modo che l’informazione circoli e non solo si accumuli. Quando leggete e ascoltate, venite semplicemente riempiti di informazioni. Quando siete voi a raccontare o a spiegare qualcosa, l’informazione vi attraversa in un flusso libero. Analogamente, quando

studiate una materia, il vostro vaso si riempie fino a un certo livello. Ma quando risolvete dei problemi, vi trovate nel flusso, non ci sono né sportelli né traboccamenti ma una circolazione libera di informazione. In questo s e n s o insegnare è più semplice che imparare, e risolvere i problemi è più facile che studiare una materia.

Quando ero studente, mi buttavo con zelo sulla teoria. Allora (come, del resto, anche adesso) la fisica era in crisi e credevo che se io avessi studiato una costruzione matematica complessa, che capiscono solo i matematici e che i fisici non padroneggiano (ed è veramente così), mi si sarebbero svelati i misteri dell’universo. Insomma, ero un avido e

diligente assorbitore di informazioni. A dire il vero c’era poco da essere avidi perché di informazione “non se ne può mangiare tanta”, questo l’avevo capito già allora. Un mio amico frequentava il corso superiore al mio. Anche lui era un appassionato di fisica ma, a differenza di me, aveva poca voglia di fare: passava gli

esami per il rotto della cuffia e amava far baldoria. Spesso lo si poteva vedere in giro per la casa dello studente, bighellonava tranquillo, con l’aria di chi non ha niente da fare. Però, per lo stupore di tutti, riusciva a risolvere dei problemi che nessuno degli altri studenti era in grado di risolvere. A dire il vero anche a me succedeva di risolvere problemi che gli altri non affrontavano

nemmeno, ma i miei risultati erano il frutto di un duro lavoro, mentre a lui tutto veniva facile. Per me era una cosa strana e incomprensibile. Ma com’è possibile non aprire un libro e risolvere problemi con la stessa facilità con cui si mangiano le noccioline? È vero, ci sono persone dotate dalla natura, ma comunque senza teoria non si può andare lontano.

Un giorno questo mio amico entrò in camera mia, alla casa dello studente. Io stavo seduto, circondato da libri e manuali, e avevo evidentemente un’espressione stupida sul viso. Vedendomi il mio amico si mise a ridere, mi diede un colpetto sulla spalla e mi urlò: «Basta adesso! Andiamo, oggi è giovedì!» (il giovedi, nella nostra casa

dello studente, era “il giorno della birra”). Cominciai a oppormi, gli dissi che non potevo, che stavo studiando… Lui prese in mano uno dei miei libri e disse: «Oh, e che libri intelligenti sono mai questi?! Mamma mia, ma che pesanti!». Gli raccontai che mi ero posto il fine di studiare tutto il corso di fisica teoretica in più volumi di Landau-Lifšic

(nell’ambiente studentesco si credeva che colui che avesse studiato questo corso da incubo sarebbe diventato stra-intelligente. Il corso di Landau era davvero molto difficile da assimilare perché era stato scritto da un genio che riteneva inoltre che tutti capissero la fisica teoretica non peggio di quanto potesse capirla lui, sì che non si era curato di dare spiegazioni dettagliate). Che cosa non

successe al mio amico! Cominciò a prendermi in giro e a comportarsi come se avessi detto una scemenza madornale. Alla fine, “con voce tremante” aggiunse: «Povero, mi fai veramente pena!». Dopo che si fu calmato ed ebbe finito di deridermi, cominciai a tormentarlo io, chiedendogli perché riteneva che la mia fosse un’impresa assurda e come riusciva lui a risolvere

i problemi. A questa mia domanda rispose in modo semplicissimo: «Risolvo i problemi perché risolvo i problemi». Risultava che, a differenza di tutti noi, lui affrontava lo studio da un punto di vista completamente diverso. Noi studiavamo la teoria e poi cercavamo di metterla in pratica. Lui, invece, faceva il contrario: risolveva i problemi e solo durante

questo processo, se c’era qualcosa di poco chiaro, dava un’occhiata veloce al manuale. Per lui il fine principale era trovare la soluzione di un problema concreto, perciò considerava la teoria un qualcosa di secondario, di ausiliare. Lo studio gli riusciva facilmente perché lui non si dava pena di riempire il suo vaso ma si muoveva trovandosi nel flusso.

Qualche anno dopo la fine dell’università, quando la perestrojka aveva già disgregato la nostra facoltà di fisica e ognuno se n’era andato per proprio conto, lo incontrai per caso a una fermata dell’autobus. Era sempre lo stesso, con la sua solita aria da scavezzacollo. Era fermo e stava rosicchiando una mela. Gli chiesi come se la stava passando e lui, gettando il

torsolo oltre una recinzione, rispose: «Ah! Tra qualche giorno difenderò la mia tesi di dottorato». Rimasi di stucco. Erano passati solo pochi anni dalla fine dell’università. Del resto, sbagliavo a stupirmi. Ora mi è tutto chiaro: ora capisco che lui era “uno scardinatore”, faceva tutto in modo diverso dagli altri. Le conclusioni sono le seguenti: se volete imparare

una materia studiandone la teoria, non fatelo. Risolvete i problemi, occupatevi di mettere in pratica. Infatti, alla fin fine, qualsiasi teoria è destinata a risolvere i problemi pratici. Al primo posto ci dev’essere un lavoro pratico, e solo in ultima istanza la teoria. Tutta l’attenzione dev’essere focalizzata non sull’assimilazione di un certo assortimento di saperi, ma

sui problemi che si possono risolvere con l’aiuto di questi saperi. Anche la trasmissione di informazione agli altri aiuta a innescare il flusso. Insegnate agli altri la teoria che avete appena studiato. È il modo migliore per impararla. Utilizzando questi princìpi assimilerete facilmente qualsiasi disciplina difficile.

I saperi arriveranno nel processo del lavoro pratico, nel flusso. E non saranno saperi altrui, di quelli che escono facilmente di testa, ma vostri, che resteranno sempre con voi. RIEPILOGO Se una persona capisce che la fonte dei sintomi del dolore sono le sue emozioni e le sue sofferenze represse, il dolore sparisce.

Per cominciare è consigliabile liberarsi dalle mollette mentali perché esse sono la causa primaria dell’insorgenza della sindrome da tensione muscolare (STM). Il senso dell’accordo con il proprio inconscio consiste nel dichiarargli che a partire da questo momento vi prendete da soli la responsabilità dei problemi. Risultati pieni, al 100%, li offre solo un approccio integrato: come pensiamo, come ci nutriamo, come ci muoviamo. Il movimento

svolge un ruolo molto importante. Gli esercizi di ginnastica devono essere di tre tipi: somatici (per il rilassamento), di forza (carichi dinamici) e di estensione (stretching). Gli esercizi devono essere massimamente diversificati. Un’attenzione particolare va prestata ai muscoli della schiena, del collo e delle spalle. Esistono tre metodi diversi di rimozione della STM: l’accordo con il proprio inconscio, gli esercizi

somatici per il rilassamento dei muscoli e i carichi dinamici. I risultati migliori si ottengono applicando l’approccio integrato. L’organismo non arde affatto dal desiderio di evolversi. Esso raggiunge il livello minimo ammissibile di status quo e si ferma, dopodiché comincia gradualmente a degradare. Per mantenersi in buona forma bisogna dare all’organismo dei carichi e incitarlo con un’intenzione focalizzata sullo sviluppo e

il perfezionamento. Se si ripetono a sufficienza, gli esercizi di accosciata, flessione dal pavimento e sollevamento del corpo “aprono le finestrelle”, rimuovono i principali blocchi e gli spasmi muscolari. In tutti gli esercizi l’attenzione principale va concentrata proprio sulla fase del rilassamento dei muscoli, non dello sforzo. Gli sforzi devono essere adeguati. Il carico dell’esercizio va aumentato gradualmente.

Parallelamente ai movimenti, cercate di prestare attenzione ai flussi energetici. Mentre eseguite gli esercizi, pensate a ciò che volete raggiungere con il loro aiuto. Ripetete ogni tanto delle brevi forme-pensiero. Dopo gi esercizi, fate abluzioni con l’acqua fredda e frizionate il corpo. Per non finire “codicizzati” nella massa grigia, bisogna dosare e filtrare consapevolmente le informazioni, non farsi invadere da tutto, senza

distinzione, non lasciarsi coinvolgere da ogni evento. Il principio consiste nell’occupare la posizione dell’osservatore, non quella dell’assorbitore di informazioni. Quando la vostra attenzione è diretta verso il fine, il vento dell’intenzione afferra la vostra coscienza ed essa, come un aquilone, si eleva all’altezza del volo degli uccelli. Sarà allora che comincerà a vedere. Per liquidare il ristagno bisogna creare un flusso, fare in modo che

l’informazione circoli e non solo si accumuli. Se volete imparare una materia studiandone la teoria, non l’imparerete. Risolvete i problemi, occupatevi della messa in pratica. Insegnate agli altri la teoria che avete appena appreso, è il modo migliore per impararla.

NOTE A MARGINE Quando vi libererete dalle mollette, sia mentali che

somatiche, non avrete problemi con il raggiungimento del fine. Avendo a vostra disposizione questa tecnica di liberazione, diventerete in grado di fare molte cose. La Forza del vostro intelletto e il potenziale creativo si eleveranno a un livello che prima era semplicemente impossibile raggiungere.

I ricevitori e i trasmettitori

Nel Transurfing gli strumenti principali di raggiungimento del fine sono l a visualizzazione del fine e la visualizzazione del processo. La prima può

essere definita come dichiarazione, la seconda c o m e constatazione. La dichiarazione prevede il posizionamento del vettore dell’attenzione e dell’intenzione sul fine, la proiezione di forme-pensiero e delle diapositive del fine. La constatazione è una conferma continua del fatto che il processo sta andando avanti, le cose si muovono, sta riuscendo tutto, le porte si

aprono, è, in altre parole, una sorta di “autosostegno” o addirittura di “autoconvinzione” nel fatto che il metodo funziona davvero. Così intenzionalmente ci si crea e ci si gira il proprio film. Questo schema – – è una forma universale di gestione sia della realtà individuale sia della società. Si getta una

sfida alla massa, si fissa un fine, si elabora un’ideologia corrispondente e si porta questa massa avanti, sotto le insegne delle dichiarazioni e al suono della marcia della constatazione continua “stiamo andando per la strada giusta”. La società di solito reagisce volentieri alle dichiarazioni e constata ubbidientemente gli slogans,

perché questa è la caratteristica della coscienza umana: non si può trovare in uno stato di volo libero, le serve una piattaforma, un sostegno, come l’uccello ha bisogno del ramo. Perché le persone pregano i loro dei? Non per ottenere un perdono o dei benefici. In realtà la preghiera è un punto di atterraggio per la coscienza. Serve credere in qualcosa, reggersi su qualche base,

aspirare a qualche obiettivo, diversamente ci si sente come foglie strappate in balia del vento. Così è sempre stato, sia nelle strutture delle società preistoriche, sia durante i regimi totalitari, sia nella società costruita sulla democrazia. Ma il sistema tecnogeno (se si considera la società nel suo intero) è un caso particolare. Qui la situazione è notevolmente

cambiata grazie alla formazione di uno spazio informazionale unico. Fini nettamente marcati non ce ne sono, l’ideologia è come dissolta, anche la chiesa ha perso l’influenza che aveva prima. Su cosa può reggersi il sistema in condizioni come queste? La nuova generazione, nella sua maggioranza, è deideologizzata, apolitica e non religiosa. Risulta, però,

che per il sistema tecnogeno tutto ciò non ha un grande significato. L’economia e le finanze già da tempo formano il potere e gestiscono la politica, mentre i ruoli dell’ideologia e della religione sono ridotti al consumo. Nel consumo, forse, sta il fine principale di tutti e di ciascuno. In questo non c’è niente di sovversivo, su questo punta anche il Transurfing: migliorare la

propria vita, trovare la propia realizzazione. Ma per raggiungere questo traguardo bisogna capire com’è strutturato il sistema e quali sono i suoi difetti. Il sistema si regge sulla ragnatela globale di informazioni e il suo compito è quello di cancellare l’individualità, polverizzare e diluire le aspirazioni e i fini individuali, affondarli nel frastuono dell’opinione

pubblica. L’importante è che tutti siano in rete, nella stessa “sabbiera”. L’idea è semplice: creati la tua sabbiera per attirare gli altri bimbi, e poi vendi loro qualcosa, magari della sabbia, quello che vuoi. Nella stessa sabbiera si risolve al contempo anche il problema della gestione della realtà. Se prima regnava il principio divide et impera, ora è il contrario: unisci e domina

incontrastato su tutti. E non è nemmeno importante capire a quale gruppo di persone questo serva e sia conveniente. Innanzitutto questo serve al sistema stesso. Per esempio, le reti sociali sono un’invenzione geniale del sistema. In esse si realizza in modo ideale lo s c h e m a Dichiarazione + Constatazione, con

contemporanea immersione nel sogno collettivo. Se c’è una rete, qualcuno, tirando i fili, può inviare un segnale (comando) e allora non serve più controllare: la rete farà tutto da sola, ripeterà e dichiarerà questo segnale come un gigantesco amplificatore. Il processing di scambio delle informazioni, a cominciare dall’innocuo “mi

piace-non mi piace”, è ciò che compone il nucleo del sistema operativo di gestione. A partire da questo nucleo comincia a girare tutto il resto. Dal centro della ragnatela si può dare un comando che si ripercuoterà immediatamente fino alla periferia, costringendo tutti gli ingranaggi a reagire sincronicamente, come succede col branco di a v a n n o t t i . Un sogno

inconscio collettivo e coerente. Pensare non serve, basta cliccare e digitare “like” al posto giusto. “Mi piace-non mi piace” è, in sostanza, un training quotidiano, le prove generali di un qualche spettacolo prinicpale che aspetta la sua ora. Da qui lo slogan: sii collegato, sii in rete, apporta il tuo contributo, sii nel sistema! La rete sociale serve per la

sincronizzazione della coscienza delle persone, per la costruzione della “matrix”. La “matrix” si installa da sola, se gli ingranaggi nelle loro cellette cominceranno a pensare e ad agire sincronicamente. Quando le persone cominciano a pensare e ad agire in una stessa direzione, si forma un pendolo. I pendoli sovrastano i gruppi di persone, la “matrix” sovrasta i pendoli.

Pensate un po’, perché non si può cancellare il proprio account dalla rete? Perché tutte le reti sono controllate dal sistema. Se anche in qualche rete vi permettono di “cancellare” le vostre informazioni personali, esse rimangono lo stesso. Non si può prendere e uscire dal sistema così semplicemente, se si è finiti nel suo registro. Le persone immerse nel processing di scambio di

informazioni non sono già in grado di riflettere e capire cosa possono fare e cosa vogliono dalla vita. Il sistema da solo definisce cosa devono volere, socchiudendo il portellino delle possibilità. L’intrappolamento nella ragnatela della “matrix” avviene per tappe. All’inizio, con l’aiuto delle tecnologie alimentari, viene obnubilata

la coscienza. Questa è la prima tappa. Poi sulla coscienza si riversa l’ondata dell’informazione, vengono appese le mollette, e questa è la seconda tappa. La terza tappa sarà la “cyborgizzazione” della ragione. Per esempio, fintantoché gli animali vivono da soli, hanno bisogno di disporre di un’alto grado di consapevolezza: devono

procurarsi da mangiare e difendersi dai nemici. Non appena si raggruppano in branchi, la loro consapevolezza viene meno: stare insieme è più tranquillo. Analogamente, nella fattoria avviene la perdita completa della consapevolezza. Nella fattoria, infatti, essere consapevoli non serve: basta mangiare e dormire (cliccare e digitare “like”).

Sembrerebbe che non ci sia nulla di particolare e di terribile in tutto ciò. Le persone passano il tempo insieme, comunicano, si divertono, e che lo facciano pure. In realtà, nella rete la comunicazione, l’autoespressione, l’autorealizzazione e la partecipazione alla vita e alla comunità è solo un’illusione. Tutto ciò non è vero. Tanti più “amici surrogati” hai,

tanto più acuto è il senso di solitudine che provi. Di autorealizzazione non ha neanche senso parlare. In generale, questo tipo di comunicazione non dà assolutamente niente: è un’inutile perdita di tempo, di vita. Molti capiscono e concordano persino col fatto che il tempo passato in rete è realmente speso per niente. Ma anche uscire da questa

palude non è così semplice: la gente vi è attaccata a causa della dipendenza, generata dall’intossicazione da informazione. E qui non c’è niente di sorprendente. Forse smettere di fumare è molto più semplice. Ed ecco che le persone si inventano giustificazioni e motivi: no, comunque comunicare in rete non è vano, comunque mi serve. In

realtà il tempo perso senza utilità non è così inoffensivo e non passa invano come si crede. Abbiamo già detto che la saturazione informazionale porta a un restringimento della coscienza. Ora si sta assistendo a un fenomeno interessante: il pensiero e la cultura “clip”. L’uomo moderno è in grado di assimilare o dare informazione solo in piccole porzioni, “clip”. Non ha forza

per qualcosa di più. Anche la sua consapevolezza si risveglia solo a sprazzi, come la luce nello stroboscopio di una discoteca. La cerchia di interessi è anch’essa primitiva. Si discutono fondamentalmente cose prive di importanza e non essenziali, quello che viene comunemente definito “una spillata”, “una figata”. Si è visto qualche cosa di strano, ci si è fermati un

istante, “ci si è spillati” e si è andati avanti. Le cose realmente essenziali e importanti sono diventate non interessanti. La curiosità “clip” è l’ultimo grido della coscienza prima della sua d e f i n i t i v a cyborgizzazione. Con che cosa si potrà interessare la gente quando la curiosità “clip” si sarà esaurita? Tutto questo ricorda da

vicino una colonia di uccelli, un grande assembramento di esseri dello stesso tipo, tutti intenti a far schiamazzo e chiasso. A volte, se succede qualcosa, tutti si spostano d’un fiato e volano in qualche direzione, come se avessero ricevuto un comando da qualcuno. Poi si quietano, di nuovo comincia la gazzarra, tutti schiamazzano, l’intera massa grigia. Tutti uguali, tutti che

si assomigliano, nei comportamenti e nell’aspetto. Solo di rado succede che qualche gabbiano rifletta, decida di uscire dalla colonia e di dirigersi alla ricerca di qualcosa di suo, di particolare. Quando poi si rivolgerà alla folla, racconterà: – Sapete, c’è un uomo che ha scritto un libro, Il

gabbiano Jonathan Livingstone1. A quanto pare, i gabbiani non sanno solo schiamazzare ma possono anche creare delle cose stupende…! In risposta gli altri si gireranno solo per un solo istante, punteranno fissi su di lui i loro sguardi e grideranno assordatamente: – Jonathan Livingstone! Jonathan Livingstone! Che

spillata! Che figata! Poi continueranno il loro chiasso insensato. Nella rete sociale non siete voi a controllare la constatazione, potete scegliere solo cosa constatare e solo tra quello che vi viene proposto. E sicuramente non sarete voi a porre i fini e le dichiarazioni. Certamente vi sarà permesso di esporre alla vista generale qualche vostra

“clip”, ma il senso di questo è nullo: la vostra voce si dissolverà immediatamente nel coro a più voci della rete. Essendo un membro ordinario della rete, voi, stesi sul divano o seduti dietro al monitor, non farete che guardare come gli altri costruiscono la loro vita. La rete è un film altrui. Un autentico vantaggio lo ottengono solo coloro che usano la rete ai propri fini.

Per esempio, i mass media, i produttori e i fornitori si introducono volentieri nella rete perché lì è pieno di consumatori. Vero è che non è facile promuovere un business in condizioni di questo tipo, perché la colonia di uccelli è una colonia di uccelli, non è un mercato organizzato. Le reti non sono programmate per questo. Esse hanno altre

funzioni: la manipolazione della coscienza di massa. Le reti sono state create non da organizzatori concreti ma dal sistema stesso, in conformità ai suoi requisiti, alle sue condizioni e alla sua sinergia. Diciamo che si sta attuando un normale processo di immersione nel sonno di tutta la civiltà. La prospettiva più imminente è lo sprofondamento nell’oblio più totale. Perché le persone,

nella ragnatela universale di informazione, da creatori e trasmettitori si stanno trasformando in puri c o n s u m a t o r i , stanno diventando ricevitori di una radiodiffusione altrui. Collegarli a un altro programma, affinché lo ascoltino per giorni di fila, e manipolare la loro coscienza, è semplice. Quali possano esserne le conseguenze non è difficile da capire: piena

perdita dell’individualità e della capacità di gestire il proprio destino. Per voi, cari Lettori, molto di quello che è stato detto può sembrare non nuovo. Ma oggi è già comparsa un’intera generazione che non capisce e non si rende conto in che cosa si sta lasciando coinvolgere e cosa sta in realtà succedendo. La generazione Z

preferisce trovarsi nella realtà virtuale, trasformando al contempo anche la sua vita in un videogame. Qui ci sono la comunicazione, i fini e le possibilità finte, quelle surrogate. Ma nella realtà tangibile tocca comunque immergersi, presto o tardi. E lì è in corso la lotta per un posto al sole, e le regole di sopravvivenza sono molto pià dure. È qui che sorge la tragica contraddizione: c’è

una montagna di desideri e di necessità, voglio la macchina, una casa di proprietà, un lavoro di prestigio, viaggiare. Voglio. Ma dove sono le possibilità reali per questo “voglio”? Non ce ne sono! È tutto surrogato. Fare qualcosa con le proprie mani, o farsi venire in mente qualche idea o almeno andare a lanciare la canna da pesca per prendere un pesce tangibile, reale,

tutto ciò non c’è: non lo so fare e non ci ho mai provato. Succede così che la vita SCORRE, viene persa in un assurdo cincischiare nella sabbiera. E, cosa importante, a vantaggio di chi? Del sistema e dei suoi unici rappresentanti che si sono comunque elevati oltre il livello della massa grigia dei consumatori e che hanno

cervello e consapevolezza a sufficienza per costruire le sabbiere e pascolare lì tutti gli altri. E allora, come uscire dalla massa grigia e uniforme? Il primo e più importante passo, lo ripetiamo, è: Scardinare il principio della società. Smettere di credere che “se tutti pensano e fanno così, vuol dire che è giusto”. Uscire dai ranghi.

Smettere di marciare dietro al successo surrogato altrui e dirigersi alla ricerca del proprio. Colui che esce dai ranghi ottiene sempre dei privilegi: Guardare dall’esterno e vedere dove stanno marciando tutti gli altri. Liberarsi dalle mollette e dagli

stereotipi della società. Imparare a vedere e a capire quello che gli altri non vedono e non capiscono. Smettere, infine, di aspirare a essere il migliore, per diventare invece l’unico. Dosare l’informazione. Di questo abbiamo già parlato.

C’è una piccola sfumatura. Se non si leggono i libri, come fa la maggior parte dei consumatori, e si guardano solo i film, la TV e i video, l’abilità di visualizzazione verrà gradualmente perduta. All’atto di leggere o ascoltare, nel vostro schermo interiore si forma un’immagine, mentalmente vi rappresentate il soggetto letto. Se solo guardate lo schermo esterno, la necessità

di quello interno viene meno. Ciò che non viene usato si atrofizza, per questo è consigliabile non trascurare la lettura o l’ascolto dei libri (però un libro come questo non andrebbe ascoltato ma letto, quanto meno la prima volta, perché nell’ascolto molti significati si perdebbero). Utilizzare la rete ai propri fini. La rete vi utilizza, non è

vero? Ebbene, utilizzatela anche voi, se ciò può aiutarvi a realizzare le vostre idee, o quanto meno allo scopo di osservare consapevolmente quello che sta succedendo. Navigare in rete così, semplicemente, non ha alcun senso. Il compito è quello di condurre il proprio gioco, occuparsi della propria gestione e non di finire sotto il controllo esterno, nella parte di pedina dei giochi e

delle iniziative degli altri. Posizionarsi in un regime di osservazione. Essere non assorbitori di informazioni ma osservatori. Se vi trovate in rete, evitate di immergervi fino al collo nel mare delle informazioni, osservate consapevolmente e impassabilmente quello che sta succedendo. Uscire dai ranghi non significa affatto abbandonare per sempre la

rete o smettere di guardare la TV. Se ci si isola completamente dall’informazione esterna, si rischia di svegliarsi un bel giorno in un mondo altro, sconosciuto. Uscire dai ranghi significa, innanzitutto, posizionarsi in un regime di osservazione lucida e consapevole standosene in disparte. Se vi orientate nel Transurfing, dovreste capire di che cosa si tratta.

Passare a un regime di trasmissione. Essere non consumatori ma creatori di informazione. Se siete in rete, trasmettete lì il vostro film. Il vostro film non sono le vostre “clip” fatte col cellulare, ma la vostra autorealizzazione, le vostre capacità, le vostre creazioni, la vostra missione. Non è un guaio se le vostre creazioni non otterranno subito una valutazione meritevole nella

colonia di uccelli. Può darsi che una giusta valutazione venga data più tardi, o in un’altra arena, o in un’altra sala. Il principio fondamentale è essere non ricevitori ma trasmettitori, ovunque ci si trovi, in ogni tipo di attività. Se la vostra essenza e il modo della vostra esistenza è la trasmissione, otterrete inevitabilmente successo, presto o tardi. Otterrete

successo già solo perché i trasmettitori sono unità, mentre i ricevitori sono miliardi. Comunicare con i compagni di idee. Con coloro che, del pari vostro, sono usciti dai ranghi. Si tratterà non di nuovi ranghi o di un’altra colonia di pennuti, perché di compagni di idee non ne troverete così tanti. Però con questi pochi

condividerete i vantaggi e la Forza. In compagnia di chi la pensa come voi troverete sostegno e appoggio, e non solo lì. Trovare appoggio in se stessi. Rimuovere la dipendenza dal cibo sintetico, liberarsi dalla dipendenza delle informazioni, occuparsi del proprio corpo e del proprio potenziale energetico. Una persona sana

e libera con un alto potenziale energetico e una coscienza chiara troverà facilmente il baricentro in se stesso, poiché è fatta a immagine e somiglianza di Dio, e queste non sono parole vuote. Il processo di creazione del vostro mondo vi darà appoggio, Forza, e vi condurrà lungo il vostro cammino.

RIEPILOGO Lo schema – – è una forma universale di gestione sia della realtà individuale che della società. L’economia e la finanza formano già da tempo il potere e gestiscono la politica. Mentre i ruoli dell’ideologia e della religione sono stati ridotti al mero consumo. Il sistema poggia sulla ragnatela universale di informazioni, e il suo

compito è di cancellare l’individualità, polverizzare e diluire le aspirazioni e i fini individuali, affondandoli nella gazzarra dell’opinione pubblica. Se prima funzionava il principio divide et impera, ora è il contrario: unisci e domina incontrastato su tutti. Il processing di scambio delle opinioni, a cominciare dall’innocuo “mi piace-non mi piace”, è quello che compone il nucleo del sistema operativo di gestione.

La rete sociale serve per la sincronizzazione della coscienza delle persone, per la costruzione della “matrix”. La sua seconda funzione è la manipolazione della coscienza di massa. La “matrix” si installa da sola, se gli ingranaggi nelle sue cellule penseranno e agiranno sincronicamente. L’uomo moderno è in grado di assimilare o dare informazione solo in piccole porzioni, in “clip”. Le riserve non gli bastano per qualcosa di più. Anche la consapevolezza si risveglia

solo a sprazzi, come la luce nello stroboscopio di una discoteca. Le persone, stando in rete, da creatori e trasmettitori si trasformano in ricevitori di una radiodiffusione altrui. La vita SCORRE, si perde in un assurdo cincischiare nella sabbiera. Scardinare il principio della società. Smettere di credere che “se tutti pensano e fanno così, vuol dire che è giusto”. Uscire dai ranghi. Smettere di marciare dietro al surrogato del successo altrui e dirigersi alla ricerca

del proprio successo. Se non si leggono i libri, come fa la gran massa dei consumatori, e se si guardano solo i film, la TV e i video, l’abilità di visualizzazione viene gradualmente perduta. Utilizzare la rete ai propri fini o per aiutare le vostre idee a realizzarsi o quanto meno allo scopo di osservare consapevolmente ciò che sta succedendo. Posizionarsi su un regime di osservazione. Non essere un assorbitore di informazione ma un

osservatore. Essere non un consumatore, ma un creatore di informazione. Non un ricevitore, ma un trasmettitore, ovunque ci si trovi e in ogni tipo di attività. In compagnia di persone che la pensano come voi troverete supporto e appoggio. Rimuovendo la dipendenza da cibi sintetici, liberandovi dalla dipendenza informazionale, occupandovi dello sviluppo del vostro corpo e del vostro potenziale energetico, troverete un

forte sostegno e un baricentro.

NOTE A MARGINE Per quanto riguarda la partecipazione al gioco dello scambio di opinioni, va detto che non è proprio necessario lasciare questo gioco se esso vi procura piacere. Tuttavia, come in tutte le campagne messe in atto dal sistema, occorre giocare con consapevolezza, rendendosi conto del fine

perseguito e del senso del gioco. Il fine e il senso ora li conoscete: sincronizzazione delle opinioni, unificazione dei valori, creazione di standard e stereotipi in un processo finalizzato a livellare gradualmente ogni singolo e unico IO sotto il chiasso dell’“opinione comune”. Quanto a me, prego di non cercarmi nelle reti sociali: lì possono esserci solo i miei “cloni”. La cosa interessante è che questi “Vadim Zeland” sono riusciti a raccogliere i loro gruppi, in mezzo ai quali

predicano e fanno i loro sermoni, e la gente ci crede volentieri e si lascia coinvolgere. Sogni d’oro a tutti!

Due block notes

Nella vostra realtà avete il film che vi state proiettando in testa, nel vostro “proiettore cinematografico” personale. Ciò che disegnate nei vostri pensieri è esattamente ciò che poi vedete. Il problema sta nel

fatto che la gente di solito fa il contrario: ciò che vede, disegna. Cogliete la differenza? Il ricco, svegliandosi alla mattina, vede intorno a sé un ambiente lussuoso, la colazione servita a letto, un magnifico panorama che si apre dalla sua terrazza e gli fa pensare: “Quasi quasi mi farei un giretto in yacht. O forse un salto sulle Alpi...?”. È così che il ricco constata la

sua realtà. I pensieri del povero, invece, sono pieni dei problemi che deve risolvere, che lo disgustano ma a cui continua a pensare perché non riesce a vedere nient’altro di diverso. Guarda il suo portafogli e pensa a quali delle cose dovrà rinunciare per essere sicuro di arrivare a fine mese. Anche lui constata la sua

realtà, si proietta il suo film personale. Entrambi disegnano nella propria mente tutto ciò che sta davanti ai loro occhi e che trova continua e nuova conferma nella realtà di ciascuno dei due. Ma nessuno di loro si è inserito in testa questi film. Le circostanze si sono formate in modo tale che il primo ha avuto fortuna, mentre il secondo no. Il principio esistenziale, però, è

lo stesso per entrambi, e cioè, detto in modo figurato: ciò che vedo, canto; ciò che canto, vedo, e così ancora una volta, e ancora, ancora, all’infinito. La cosa interessante, però, è che tutto può cambiare in un attimo, sia per il povero che per il ricco. Nel film che ci si proietta nella vita può accadere di tutto, di brutto e di bello, e tutto dipende da

quanto ci si lascia coinvolgere dagli avvenimenti. Se succede che il ricco, nel suo film, cominci a un certo punto a cogliere dei presagi negativi e a lasciarsene affliggere, fino a temere, per esempio, il fallimento dei suoi affari, cosa accadrà? Accadrà che egli, inserendo nel suo proiettore una pellicola con uno scenario negativo e facendola girare,

vedrà le sue peggiori aspettative prender forma. Al contrario, se il povero, nel suo vivere quotidiano, comincia a prestare attenzione al fatto che i suoi problemi si stanno risolvendo, ciò potrebbe essergli di ispirazione: egli si potrebbe rendere conto che gli si stanno aprendo nuove prospettive e grazie a questo comincerebbe a vedere uno

spiraglio di luce in fondo al tunnel e ciò lo aiuterebbe a credere che egli è in grado di uscire dal suo stato di povertà. E sicuramente la sua realtà cambierebbe di li a poco, giacché nel suo proiettore personale, ora, l’uomo sta facendo girare uno scenario positivo. A quale conclusione vogliamo arrivare? Alla conclusione che le circostanze gestiscono le

persone. Un evento spiacevole ha il potere di spiazzare completamente una persona, di indurla a inserirsi in testa un film negativo. La stessa cosa succede con la fortuna: arriva come un fenomeno esterno, indipendentemente dalla volontà dell’uomo, e ciò perché l’uomo non è padrone del suo proiettore . Si lascia girare in testa, in modo passivo e inconsapevole, il

film che gli è stato messo, che gli è stato inserito dalle circostanze. I pensieri sono un fenomeno che le persone non sono abituate a gestire. L’uomo ha imparato a gestire le proprie azioni, ma non i propri pensieri. È più semplice costringersi a fare una qualsiasi cosa che non a pensare a qualcosa di concreto, non è vero? Provate a immaginare questa scena:

state camminando per strada con un fine preciso e a un certo punto vi si avvicina un estraneo, vi prende per mano e vi porta dove pare a lui, mentre voi lo seguite, ubbidienti e passivi. Vi sembra poco reale? Ma è proprio quello che succede con i vostri pensieri! Diventate padroni del vostro proiettore! Fateci girare dentro non ciò che

vedete ma ciò che volete vedere. Gestendo il corso dei vostri pensieri, gestite la realtà. Guardatevi intorno: la maggior parte delle persone è immersa in uno stato letargico, di sogno a occhi aperti. Sembrano dei ricevitori di programmi trasmessi da qualche parte dall’esterno. Sembra che stiano guardando un film a l t r u i . Voi invece dovete diventare trasmettitori,

proiettare il vostro film. La realtà non cambierà immediatamente. All’inizio, per inerzia, continuerà il triste serial di prima. Ma se per un tempo sufficientemente lungo riuscirete a trasmettere con fermezza la vostra intenzione, nel vecchio serial cominceranno pian piano a comparire le prime immagini del nuovo programma e alla

fin fine la nuova realtà sostituirà completamente la precedente. Così si materializzano i pensieri. L’unica condizione che bisogna assimilare per bene consiste in questo: affinché la formapensiero si materializzi, occorre fissarci la propria attenzione sistematicamente e per un periodo di tempo piuttosto lungo.

È vero, però, che oggigiorno è sempre più difficile tener fisso il film desiderato nel proprio proiettore. Non è per caso che i bambini di oggi soffrono di “iperattività” e sono in grado di stare seduti tranquilli e di concentrarsi per un tempo non superiore a quello di un breve videoclip. Gli astronauti in orbita hanno fatto una strana scoperta. La memoria, nel

cosmo, si trasforma, diventando incredibilmente breve, e gli astronauti ricordano a fatica sia le loro azioni compiute da poco sia quelle che hanno in programma di compiere nel futuro imminente. Tra gli astronauti russi gira anche un detto: «La matita più spuntata è meglio di una memoria appuntita (infallibile)». A causa di questo strano fenomeno gli

astronauti sono costretti a segnare letteralmente in un block notes tutti i loro movimenti e i loro programmi. È difficile individuare con precisione la causa di questo fenomeno. Può darsi che influisca la distanza dalla noosfera1 della Terra, cui è direttamente legato il meccanismo della memoria. Infatti, le scene degli

avvenimenti passati non si trovano nella nostra testa ma nello spazio delle varianti. Il cervello si rivolge a quest’archivio seguendo una serie di indirizzi. In un contesto di ottundimento universale della coscienza e intossicazione da informazioni, la situazione che si è venuta a creare è simile. L’uomo fa fatica a stabilizzare i movimenti

caotici dei suoi pensieri e a fissare il loro flusso in una direzione prescelta. Per risolvere questo problema posso proporvi una tecnica semplice e al tempo stesso molto efficace. Dovrete prendere due block notes, uno per gli appunti del mattino e l’altro per quelli della sera. Al mattino dovrete scrivere una pagina di dichiarazioni, cioè le

impostazioni di ciò che vorreste raggiungere, ma le dovrete scrivere in toni positivi, affermativi, come se aveste già ottenuto tutto o se foste sicuri che inevitabilmente lo otterrete. La sera, invece, dovrete segnarvi le constatazioni, cioè i movimenti che, nel corso della giornata, vi hanno portato ad avvicinarvi al vostro fine. In questo modo al mattino

verrà eseguita la dichiarazione (ovverossia la visualizzazione del fine), mentre alla sera verrà attuata la constatazione (cioè la visualizzazione del processo). Nella dichiarazione dovranno essere trascritte delle impostazioni in veste di forme-pensiero legate al vostro fine, per il futuro imminente e per quello in

prospettiva. Formulate chiaramente i vostri pensieri, ciò cui aspirate in generale e in particolare, ciò che volete ottenere. Non si tratterà di uno scenario di sviluppo degli eventi, ma della descrizione del risultato finale. Gli scenari, come dovete sapere, non sono determinati da voi, ma dall’intenzione esterna e dalla corrente delle varianti, a mano a mano che si aprono

le porte. Quando producete una constatazione, invece, è come se compilaste un giornale di bordo, con tutti gli eventi e i raggiungimenti che vi stanno avvicinando al fine. Tutti i momenti positivi. La constatazione confermerà e rafforzerà le vostre formepensiero dichiarative. Nel fare ciò, osservate i seguenti princìpi:

La constatazione dev’essere selettiva, contenere solo ciò che serve. La dichiarazione dev’essere mirata, contenere solo ciò che serve. Il vettore dev’essere nettamente diretto verso il fine, senza sguardi al passato, al presente e all’esperienza degli

altri. In questo modo darete una configurazione al vostro mondo, selezionando con il raggio della vostra attenzione tutto ciò che ci dev’essere. Così trasmettete il vostro film. Disegnate non ciò che vedete ma proprio ciò che volete vedere. Quando formulate i vostri pensieri e le vostre aspirazioni in forma scritta,

si innescano automaticamente l’anima e la ragione. Non serve inventare ogni volta dei testi nuovi. Si possono ripetere ogni giorno gli stessi, magari aggiungendoci delle v a r i a z i o n i . Ripetendo e confermando il quadro del vostro mondo, trasmettete il vostro film. Se dedicherete a questa tecnica, ogni giorno, mattina e sera, alcuni minuti di

attenzione mirata, vedrete presto che i vostri pensieri si metteranno in ordine e l’intenzione comincerà a tradursi in realtà. RIEPILOGO Nella vostra realtà ciò che disegnate lo vedete, la gente fa il contrario: ciò che vede, disegna. L’uomo non è padrone del proprio proiettore. Egli gira inconsciamente e

indolentemente la pellicola che gli è stata imposta dalle circostanze. Diventate padroni del vostro proiettore. Fateci girare non ciò che vedete, ma ciò che volete vedere. Affinché la forma-pensiero si materializzi, occorre fissarci l’attenzione in modo sistematico e per un periodo di tempo sufficientemente lungo. Al mattino si esegue la dichiarazione (visualizzazione del fine), alla sera la constatazione (visualizzazione del

processo). La dichiarazione non è lo scenario di sviluppo ma la descrizione di un risultato concreto. Lo scenario non viene determinato da voi ma dall’intenzione esterna e dalla corrente delle varianti, a mano a mano che si aprono le porte. La constatazione è come la compilazione di un giornale di bordo: vengono annotati gli eventi e i raggiungimenti che vi stanno avvicinando al fine. Tutti i momenti positivi.

Il vettore dev’essere chiaramente diretto verso il fine, senza sguardi al passato, al presente e all’esperienza altrui. Ripetendo e confermando il quadro del vostro mondo, proiettate il vostro film.

NOTE A MARGINE Durante il giorno, cercate di dichiarare inoltre le vostre forme-pensiero ad ogni momento possibile, specialmente quando ne trovate conferma. Portatevi

sempre dietro le vostre forme-pensiero, che siano sempre presenti sullo sfondo del vostro quotidiano, ripetetele il più spesso possibile, come una preghiera. Potete andarvene in giro per giorni interi come se foste una tele-radio stazione ambulante, e trasmettere uno o alcuni programmi intenzionalmente prescelti e fissati. Alla fin fine lo strato del vostro mondo si conformerà inevitabilmente alla vostra trasmissione.

La realtà dello specchio duale

Come capirete, le dichiarazioni e le constatazioni da sole non possono essere sufficienti. Bisogna anche fare dei passi concreti, e non occuparsi solo

di metafisica. Siete veramente in grado di creare per voi stessi il mondo che volete, ma non ho detto che lo possiate fare standovene stesi sul divano. Da una parte dello specchio duale si trova l’universo reale, dall’altra lo spazio delle varianti. Lo strato del vostro mondo è formato da queste due componenti. Un errore tipico

è quello di estremizzare, ritenendo che solo la realtà tangibile determini la coscienza o, al contrario, che solo la coscienza determini la realtà tangibile. Invece esistono l’una e l’altra contemporaneamente. Ci si può chiedere: ma cos’è più importante? L’una o l’altra? I pensieri esercitano certamente una certa

influenza sulla realtà oggettiva, ma l’esperienza ordinaria suggerisce che sono le azioni concrete ad avere una forza decisiva nel mondo materiale. Allora applichiamo un po’ di matematica per scoprire con quale incredibile paradosso abbiamo a che fare. Prendiamo in esame il momento della nascita dell’uomo (o addirittura del suo concepimento).

Considerando la natura duale del nostro mondo, supponiamo che lo strato del mondo di quest’uomo, in questo punto di partenza, sia bilanciato: il 50% è determinato dalla realtà tangibile e il 50% dalla coscienza. Non tratteremo il discorso dell’anima per fondare l’origine del 50% della coscienza, ma ci baseremo semplicemente sul

principio fondamentale del dualismo. Dunque, l’uomo comincia a vivere. Vede allo specchio un’immagine riflessa, la realtà data, ed esprime il suo rapporto in modo tale da trasformare questa realtà. Questo cambiamento costringe l’uomo a esprimere un nuovo rapporto, che a sua volta cambia la realtà, e così via, tutto si ripete fino alla fine della sua vita.

Se vi mettete davanti a un grande specchio tenendo in mano un’altro specchio, vedrete questa sequela di rapporti che si disperde nell’infinità: l’uomo ha visto l’immagine – ha espresso il suo rapporto, ha visto – ha espresso il suo rapporto, ha visto – ha espresso il suo rapporto... Conformemente allo stesso principio, supponiamo che in

ogni segmento della vita dell’uomo, una parte dello strato del suo mondo venga formata dalle sue azioni, mentre l’altra dai suoi pensieri. Se al punto di partenza tutto era al 50%, metà e metà, nel segmento successivo la metà condizionata dai pensieri si divide nuovamente in metà. La metà seguente, di nuovo, e così via. Alla fine si

compone una serie infinita: 50 + 25 + 12,5 + 6,25 + 3,125 + 1,5625 + 0,78125 + + 0,390625 + 0,1953125 + … La somma di questa serie è pari a 99,9999999999999… %, dove dopo il punto decimale segue una processione infinita di nove. Capite cosa succede? Lo strato del mondo di un uomo in generale, in tutta la vita, è

formato quasi al 100% dai suoi pensieri. Eccola qui, la vittoria della metafisica! Ma aspettate a tirare le conclusioni. Una metà, infatti, è occupata dai pensieri, mentre l’altra dalle azioni. Costruiamo allora l’altra serie: l’uomo ha visto l’immagine – ha fatto, ha visto – ha fatto, ha visto – ha fatto…

Il risultato delle iterazioni infinite è sempre lo stesso numero 99,9999999999999… %, che testimonia del fatto che lo strato del mondo dell’uomo è quasi al 100% formato dalle sue azioni nella sfera materiale. Dove sta, a questo punto, la verità? La verità non sta in mezzo, ma nell’interesezione delle due facce, quella fisica e quella metafisica. Il volto inafferrabile ma autentico del

nostro mondo si perde in quest’infinità, dove si allontana la serie dei nove. Tutto il resto è un’illusione, il ballo mascherato della realtà con i suoi tanti volti. Il volto autentico, quello che le scienze fondamentali cercano di raggiungere, è irraggiungibile proprio perché la serie è infinita. Non c’è nulla al mondo che sia al 100%, è tutto solo quasi al 100%.

Beh, e noi cosa dobbiamo fare con questo paradosso? Innanzitutto quello che la scienza si rifiuta di fare: accettare l’esistenza contemporanea e paritaria delle due parti della realtà, quella fisica e quella metafisica. E dove va a finire quell’infinitesima parte che non rende completo il 100%? È il confine delle parti opposte dello specchio duale,

il posto dove la realtà materiale diventa plastica, come in un sogno. L’uomo che ha scelto l’una o l’altra parte della realtà si trova in balia dell’illusione dell’immagine riflessa. Il materialista, risolvendo i problemi, non si accorge di star lottando con il riflesso dei suoi pensieri, come un gattino davanti allo specchio. Non si rende conto di star

lottando con l’effetto senza prestare attenzione alla causa, cioè la sua immagine. L’idealista, d’altra parte, puntando la sua scommessa sulla metafisica, fluttua tra le nuvole senza notare alcunché intorno. Sia l’uno che l’altro corrono lungo il circolo chiuso dello specchio. Il circolo si apre nel momento in cui l’uomo reindirizza la sua attenzione

dall’immagine riflessa a quella di partenza. L’immagine di partenza è il suo modo di rapportarsi alla realtà, cioè all’immagine riflessa. Formando intenzionalmente il modo di rapportarvi all’immagine riflessa, qualunque essa sia, create la realtà corrispondente. Ma anche della sfera materiale è bene ricordarsi.

Per esempio, se in seguito al lavoro con una diapositiva si è aperta una porta, in essa bisognerà entrare, cioè si dovranno intraprendere delle azioni concrete e non vagare tra le nuvole. In altri termini, inviando al mondo le proprie forme-pensiero, occorre al contempo muovere i piedi sul terreno solido. In generale bisogna rendersi consapevoli di tre

cose semplici. Prima: la realtà non è altro che il riflesso ritardato della vostra forma-pensiero. Seconda: nello specchio viene riflesso ciò su cui si concentra la vostra attenzione. Terza: concentrando la propria attenzione su ciò che vi serve, lo otterrete nella realtà. Bisogna solo ricordare che lo specchio funziona a

effetto ritardato. Di ciò si è scritto dettagliatamente nei cinque libri dedicati al Transurfing. In questo modo, per gestire la realtà risulta ideale uno stato in cui sentite che vi dissolvete nel vostro mondo e al contempo percepite la vostra “singolarità”, la vostra separatezza da esso. Quando vi trovate al confine dello specchio duale,

la realtà si trasforma in “surrealtà”, e viceversa. Cercate di raggiungere questo stato, osservate voi stessi e chi vi sta intorno, adattatevi alla velocità rallentata dello specchio e cercate di cogliere il legame con il vostro mondo: esso è infatti il vostro mondo. RIEPILOGO Inviando al mondo delle

forme-pensiero, bisogna anche muovere i piedi sul terreno solido. Le dichiarazioni e le constatazioni da sole non sono sufficienti. Ci vogliono anche azioni concrete.

NOTE A MARGINE Per mantenersi in salute, conservare la propria energia e la propria consapevolezza, non serve isolarsi in Tibet. Si può essere nel sistema e al contempo al di fuori di

esso. La biosfera e la tecnosfera possono convivere bene sotto lo stesso tetto: una casa di legno con un computer; un mulino elettrico con il pane fatto da soli, in appartamento. Oppure una casa fatta con materiali ecologici e una bella stufa russa. Nel mondo tecnogeno potete crearvi la vostra oasi di biosfera.

La trasmissione dell’intenzione

Spero che voi, cari lettori, vi rendiate conto in cosa il vostro film si differenzi dalle vostre “clip”, fatte con il cellulare. La questione è semplice, ma niente affatto

evidente: per questo, per finire, vorrei chiarire definitivamente questo tema. Quando si parlava delle mollette mentali, dicevamo che i blocchi dell’importanza vengono sciolti nell’azione. Per attivare il flusso è importante cominciare a intraprendere qualcosa, qualsiasi cosa, e non star fermi, aspettare e temere. Ebbene, una delle forme

più radicali e potenti di azione è la trasmissione della propria intenzione, del proprio film, senza preoccuparsi di ciò che sta avvenendo intorno. Di solito vi trovate a guardare passivamente il film che vi è capitato e che gira nella vostra realtà. Più precisamente, qualcuno “ve lo ha introdotto e ve lo ha fatto girare”. È una cosa che accettate come dovuta.

Guardate lo schermo della realtà e ripetete nei vostri pensieri ciò che lì sta accadendo. Sì, le cose vanno male. Quello che si è compiuto, si è compiuto. E cosa succederà dopo, non è difficile da immaginare: quello e quell’altro. Le peggiori aspettative. Così reagiscono praticamente tutte le persone perché la maggior parte di

noi, per indole e livello, è costituita da ricevitori, non da trasmettitori. E così si è sempre stati, salvo rare eccezioni, fin dai tempi della nascita della nostra civiltà. I trasmettitori, creatori e artefici, erano i nostri “dèi”, mentre noi siamo sempre stati ricevitori, ovvero consumatori e postulanti. La nostra psiche è interamente sottomessa all’informazione proveniente dall’esterno. Ciò

che c’è sullo schermo, ce l’abbiamo in testa, e non viceversa. Ciò che vediamo, disegniamo. E ora provate a immaginare un modo completamente diverso di reazione. Qualcosa vi opprime? In testa si accende una lampadina rossa. Bisogna svegliarsi e attivare il regime di osservazione. Poi bisogna passare da un regime

di triste ubbidienza alle circostanze e alle condizioni a un regime attivo di trasmissione del proprio film. Vedete: qualcosa si è compiuto e ora avviene “quello e quell’altro”. Ma la cosa non vi tocca, non vi preoccupa. Ora, per voi, è tutto il contrario. La realtà tangibile è lo schermo. Il film è là. La realtà è nella vostra testa. Voi inserite

intenzionalmente nel vostro proiettore tutt’altro film, la pellicola che serve a voi, e cominciate a farla girare. E vi dite: “No, non sta succedendo quello e quell’altro ma questo e quest’altro”. Nel momento in cui la pellicola all’esterno e quella all’interno non coincidono, diventate dei trasmettitori. E gradualmente il film che gira all’esterno comincia a conformarsi a

quello che gira al vostro interno, dentro di voi. Per voi non dev’essere importante quello che sta succedendo tutt’intorno. Lo potete osservare con impassibilità, facendovelo passare attraverso ma senza fondervi nello scenario. La realtà passa attravero di voi come se voi esisteste in un’altra dimensione, come uno spettro.

Lo scenario esterno va per conto suo, e la vostra intenzione fa altrettanto. Qualsiasi cosa stia succedendo nello schermo della realtà, continuate a trasmettere ostinatamente e inflessibilmente il vostro scenario, il vostro film. Ora non vi fate più guidare dal film esterno, ma formate il vostro film, indipendente. Certo, la realtà materiale non si sottometterà così

plasticamente come avviene nel sogno lucido. Ma la vostra influenza sul corso degli eventi aumenterà in modo significativo, perché comincerete a interagire con la realtà sui suoi due piani, quello fisico e quello metafisico. Unica condizione: per questa tecnica bisogna disporre di un livello piuttosto alto di potenziale

energetico e di una coscienza lucida. Servirà avere anche forza di spirito per non prestare attenzione alle circostanze fastidiose, e trasmettere inflessibilmente la propria intenzione. Questo è già un grado successivo del Transurfing. Per raggiungere questo nuovo stadio è stato elaborato un nuovo approccio: come pensiamo, come ci nutriamo, come ci muoviamo.

L’uomo medio, disallineato dal sistema, non ha praticamente la forza di distogliersi dallo specchio e trasformarsi da ricevitore in trasmettitore. Glielo impediscono il basso potenziale energetico, la coscienza obnubilata e la semplice non conoscenza del principio di trasmissione: giro non il film che vedo, ma quello che voglio vedere. Se vi porrete il fine di

diventare trasmettitori, tutto vi riuscirà. Ora sapete come fare. Quando il vostro corpo e la vostra coscienza si depureranno, e l’energia scorrerà con flusso potente nel vostro organismo, potrete superare questa barriera e allora per voi tutto sarà d i v e r s o : all’esterno, nella realtà, girerà quel film che era stato prodotto con mirata intenzione al vostro interno.

RIEPILOGO La forma più radicale e potente di azione è la trasmissione della propria intenzione, del proprio film, a dispetto di quello che succede tutt’intorno. Qualcosa vi opprime? In testa si accende una lampadina rossa. Bisogna svegliarsi e inserire il regime di osservazione. Poi bisogna passare dal regime di triste ubbidienza alle circostanze e alle condizioni, a un regime

attivo di trasmissione del proprio film. La realtà visibile è uno schermo. Il film è là. L’autentica realtà, invece, è nella vostra testa. Qualsiasi cosa stia succedendo nello schermo della realtà visibile, continuate a trasmettere in modo inflessibile e ostinato il vostro scenario, il vostro film. Ora non vi lasciate più guidare dal film esterno, ma formate il vostro, indipendente.

La liberazione della Forza

Il libro si sta avvicinando alla sua conclusione. Forse avrete aperto gli occhi su molte cose che prima giacevano in superficie ma al tempo stesso non risultavano

evidenti. Di fronte a voi si è aperta la realtà in un suo aspetto insolito, e da oggi non la guarderete come fanno tutti. Ciò vi darà un vantaggio, ma solo nel caso siate intenzionati a imboccare la strada della liberazione dalle dipendenze e dalle mollette che impone la società. Ora, nel capitolo conclusivo, si possono tirare

delle brevi somme. Perché non tutti coloro che seguono un regime alimentare vivo hanno un aspetto fiorente? L’organismo è un sistema autorigenerantesi. Mette a posto tutto da solo, bisogna solo creare le condizioni perché lo faccia e dichiarare la propria intenzione. Il regime alimentare a base di cibi vivi, da solo, non è

sufficiente. I letti dei fiumi (vasi) saranno puliti, ma anche stretti. I rematori (muscoli) non avranno carichi, ma saranno deboli. Il movimento è necessario. Ma anche il movimento da solo non è sufficiente. L’alimentazione dev’essere completa e fisiologica, diversamente subentrano intossicazione ed esaurimento.

E anche l’intenzione da sola non basta. Senza i due fattori precedenti, essa non avrà abbastanza Forza. Alimentazione, movimento, intenzione: se sono presenti questi tre componenti, tutto si ripristinerà e rientrerà nella norma. Perché il Transurfing non funziona con tutti, e non

sempre come si deve? L’uomo contemporaneo si trova in uno stato di disallineamento: la sua coscienza è obnubilata, il suo organismo è pieno di scorie, il suo potenziale energetico è debole. Lo sportello del supporto vitale è socchiuso. L’inconscio è sovraccarico di informazione. Dipendenza alimentare e informazionale. Mollette mentali e somatiche.

Gli Oneri + Lo Sportello + Le Mollette + Le Dipendenze = L’uomo è disallineato. Inoltre, l’uomo si trova in balia dell’illusione dello specchio.È un consumatore, non un creatore. Un ricevitore, non un trasmettitore. C’è da stupirsi di come il Transurfing possa comunque funzionare, a

volte, nonostante queste circostanze. Ma qui è contenuto un enorme potenziale. Se lo si libera, si rivela la Forza reale. La chiave per sprigionare questa Forza è nell’unione di tutti i componenti: Come pensiamo + Come ci nutriamo + Come ci muoviamo La Dichiarazione + La

Constatazione L’Azione

+

La Trasmissione dell’intenzione Il Proprio Film Quando libererete il vostro sportello, vi riuscirete a sbarazzarvi dagli oneri, dalle dipendenze e dalle mollette e la vostra Forza aumenterà significativamente. E quando

da ricevitore vi trasformerete in trasmettitore, le vostre possibilità saranno limitate solo dalla vostra intenzione. Potrete crearvi tutti i mondi che vorrete. *** Ebbene, il sistema è stato scardinato, le nuvole sono state disperse. Adesso, cari lettori, vi pregherei di ritornare

all’introduzione, che forse all’inizio vi sarà sembrata poco comprensibile, e di leggerla di nuovo. Quando lo farete, il caleidoscopio di tutte le sfaccettature della realtà illuminate nel libro si comporrà in un unico puzzle. Davanti ai vostri occhi si delineerà un quadro netto e preciso. Se poi vorrete leggere il libro ancora una volta, esso, come un ologramma, vi rivelerà nuovi

lati ancora, quelli che prima non eravate riusciti a cogliere. In conclusione, vorrei sollevarvi l’umore con una novella allegra, in stile ironico-surrealista1. Del resto, il confine tra la realtà e la finzione è di fatto molto sottile. Che nel vostro mondo, cari Lettori, brilli l’arcobaleno e risplenda il sole. Buona fortuna!

Una festa in arancione

Finalmente sono tornato nel posto in cui, sette anni fa, scrissi il mio Transurfing della realtà. Il mio mondo non mi ha riconosciuto e mi ha accolto

in modo poco amichevole. Sono a casa. Gli alberi, oltre alla finestra, si ergono furbi, e incombe un cielo insidioso. – Vieni a vedere come siamo verdi! – Vieni a vedere come sono azzurro! Esco in strada e loro sono lì, in agguato… ed ecco che mi piombano addosso all’improvviso, sferzandomi di pioggia e di

vento! Rientro a casa di corsa, e il tempo si calma immediatamente. Gli alberi troneggiano, lussureggianti, e il cielo splende come se niente fosse. Ancora una volta esco di casa, con cautela, guardandomi intorno con circospezione. Ma che razza di mascalzoni, però! Di nuovo prendono a soffiarmi

addosso il vento e a innaffiarmi di pioggia. Va bene – penso – vicino c’è il mare. È sicuramente la che cerca di darmi fastidio. Adesso andrò là, lo guarderò negli occhi e gli dirò tutto quello che penso di lui. Mi inoltro nel bosco. Il cielo, vedendo che non intendo fare marcia indietro, si schiarisce. Ma gli alberi mi circondano e le loro intenzioni sono chiaramente

ostili. Eccoli lì, imperiosi, con le mani sui fianchi. – Beh, e allora, che hai da dire? E cosa dovrei dire? Cerco di farmi largo e passare in mezzo agli spazi liberi ma loro non mi lasciano fare. – Ragazzi – dico io – dài, cerchiamo di metterci d’accordo con le buone, altrimenti… – Altrimenti di te faremo

subito un fertilizzante – replicano loro. Ho dovuto spezzare un ramo perchè mi facessero passare. Che gente! Vado avanti, seguendo quello stesso sentiero di cui parlavo nel libro del Transurfing. Ecco venirmi incontro un gatto, con una musagna che solo i banditi matricolati hanno. – Il pesce ce l’hai? – mi

chiede. Ve lo immaginate? Io spalanco la bocca per la sorpresa. – Ma di che pesce stai parlando? – rispondo. E qui mi blocca la strada un altro gatto che ve lo raccomando. – Non far la parte dello gnorri! Dacci il pesce, sennò ti riempiamo la faccia di graffi!

– Va bene, va bene, signori, calmatevi! – dico io – lasciatemi solo arrivare fino al mare per pescarvelo. – OK – acconsentono, riluttanti, i gatti – muovi i piedi veloce, fila dritto e senza il pesce non tornare sennò ti veniamo a pescare noi, fossi anche dall’altra parte del globo. Anche il mare non mi voleva riconoscere o faceva

semplicemente finta di non notare la mia presenza. – Ma perché? Cosa ti ho fatto? Sono io, sono arrivato! Lui, pieno di sé, srotolava le sue onde flemmatiche senza reagire. Bene, penso, adesso ti faccio vedere io. Ti faccio prendere un bello spavento. Adesso salto fuori all’improvviso da dietro lo spuntone di roccia, comincio

a urlare e ti cado addosso! Faccio così, ma il mare non si spaventa. Anzi, al contrario, prende a scalciarmi a ondate, cercando di cacciarmi via. – Ehi – dico io – fammi entrare, devo anche prendere il pesce per sfamare i gatti! – Avrai il tuo pesce, non ti preoccupare! – mi risponde il mare.

Non finisce di dirlo che dall’acqua spunta fuori una sogliola incattivita. La sogliola mi afferra per una gamba e mi trascina verso il basso. Mi metto a urlare: – Ma perché sei così cattiva, mollami! La sogliola non mi vuole mollare e continua a trascinarmi giù, puntandomi addosso i suoi occhi enormi e maligni. Le dò un cazzotto

nell’occhio e in qualche modo riesco a sfuggirle. – Ma andate tutti a quel paese! – dico, offeso, uscendo dall’acqua e camminando verso riva. Il mare mi fa un sorrisetto perfido e mi scaraventa a terra con un colpo d’onda. A farmi dispetto si aggiungono anche i gabbiani, che cominciano a gridare come ossessi.

– Ehi, voi! Cos’avete da urlare? – dico infuriato. – Uhhhh… ma guarda un po’ chi c’è… cosa ci fai qui? – mi rispondono i gabbiani, arrabbiandosi e cominciando a volteggiarmi intorno per beccarmi e farmi male. – Lo sapete che il mio mondo si prende cura di me? – pigolo io, in preda alla disperazione. – Chiudi il becco! Siamo

noi il tuo mondo! – rispondono i gabbiani continuando a beccarmi. Riesco a difendermi dai loro attacchi con una paletta scacciamosche trovata lì per caso (evidentemente il mio mondo si curava davvero di me), mentre il mare cercava di raggiungermi e coprirmi di acqua. Nel frattempo mi viene un’idea. Penso: devo fare

qualcosa affinché tutti mi riconoscano. Decido di tracciare in fretta e furia sulla sabbia la frase: «Ma guardatemi, sono io!», e... potete immaginarvelo? Il mare si quietò immediatamente e si ritirò, mentre i gabbiani si calmarono e se ne andarono via. Prima di farlo, però, alzarono il capo in segno di intesa, schiusero il becco e dissero:

– Ah-ah-ah! – Poi volarono via. Anche la sogliola incattivita sollevò la testa fuori dall’acqua e mi fece l’occhiolino con l’occhio che le avevo fatto nero. O forse no, perché i pesci non sanno fare l’occhiolino… Comunque mi era sembrato che me l’avesse fatto. Mi dirigo verso casa, prendendo un altro sentiero

per evitare di incontrare i gatti-banditi. Sembrava proprio che il cielo non desiderasse riconoscermi. Tutto a un tratto cominciò a piovere, solo che l’acqua, al posto di cadere dall’alto, veniva dal basso. Le gocce si formavano dalle pozzanghere, rotolavano dai fili d’erba, si staccavano dalle foglie e cadevano verso l’alto, raccogliendosi nella piega inferiore dei miei

pantaloni. Il cielo si stava chiaramente prendendo gioco di me. Provai a saltare e a gridare: – Cielo! Dàtti a me! Ma esso non reagì in alcun modo, continuando a riversarmi addosso la sua beffarda pioggia inversa. E pensare che quasi non c’erano nuvole!! Del resto, da dove potevano venir fuori

se le gocce cadevano verso l’alto? Pensai: ma che pitocco questo cielo! Non mi dà né pioggia né nuvole. Potrei forse sfruttare il principio del Freiling, sostituire l’intenzione di avere con quella di dare…? Così gridai: – Cielo! Prendimi! – Ma di nuovo la reazione fu nulla. – Ma prendimi, eccomi, sono qui, sono io!

Era perfettamente evidente che il cielo non mi voleva notare. Il mio mondo, lasciato sette anni fa, era diventato un altro e non mi riconosceva più. Ero riuscito in qualche modo a mettermi d’accordo col mare, con i gabbiani, con i gatti. Solo il cielo si ostinava a non riconoscermi. Del resto, è ben in alto. Mi ero dimenticato di portarmelo via quando ero partito.

Continuai, perplesso, a vagare verso casa. Camminavo e pensavo a cosa fare per farmi riconoscere dal cielo. Fu allora che il mio mondo mi offrì l’ennesima sorpresa. Dal folto del bosco comparve un sottomarino giallo. Muovendo arditamente i suoi piedini, calzati da stivaletti arancioni, cantava a squarciagola la canzone dei Led Zeppelin Starway to heaven. Pensai: ci

mancava solo questa! Adesso siamo a posto, siamo alla frutta! Probabilmente nel mio mondo qualcosa è andato per il verso storto. – Ehi tu, che succede? – dissi puntandogli gli occhi addosso. – Vado a fare il bagno. Com’è l’acqua? Calda? – No, io sono a posto – risposi a casaccio – con me andrà tutto bene.

– Sì, sì! – farfugliò il sottomarino – il tempo oggi è meraviglioso e delicato! Colossale! Ma come si può parlare del tempo come se non si trattasse del tempo! – pensai – o forse intende la pioggia inversa? Che non pensi che sia per causa mia! Qui bisogna cambiar discorso al più presto – mi dissi. – Perché indossi degli

stivaletti arancioni? – chiesi stupidamente. – Perché oggi da noi c’è la festa Arancione. Davvero non lo sai? Non è cortese da parte tua essere in nero in un giorno come questo. Mi guardai e mi accorsi con sorpresa di essere vestito con una marsina. Ma che roba! Sembrava che le stranezze fossero appena cominciate. Non stavo per

caso perdendo la ragione? – Non si può perdere la ragione, perché bisognerebbe prima trovarla!1 – canterellò il sottomarino, quasi indovinando i miei pensieri. Anche se… parlo per niente, perché tutto ti è possibile se hai con te la festa Arancione! – In che senso? – Ma come fai a non capire! Tu da solo ti colori il tuo mondo con i colori che ti

sei scelto, e da solo decidi ciò che è possibile e ciò che non lo è. – Colossale! – risposi, facendogli il verso. – Pensi che solo perché ti sei messo gli stivali arancioni tutto il mondo debba seguire subito il tuo esempio? – Oddio, è vero… che guaio! – replicò il sottomarino. Mi sono dimenticato di togliermeli e

di mettermi le pinne! Come sono distratto oggi! Presto, presto! Corro già via! Il sottomarino giallo, sgambettando di fretta con i suoi stivaletti, si tolse presto dalla mia vista, e solo la sua canzone, proveniendo già da lontano, mi impediva di credere che fosse stato tutto un miraggio: «There’s a lady who’s sure all that glitters is gold, and she’s buying a stairway to heaven…

parampampam…». Fu allora che ebbi un’illuminazione. Ecco com’era la faccenda! Mi precipitai a casa e andai nel ripostiglio, dove giaceva una lunga scala. La afferrai, forse avete già capito perché, la trascinai a forza ma essa mi opponeva resistenza, non voleva venir via: – Lasciami in pace! – si lamentò la scala –. Stavo

facendo un sogno meraviglioso, sognavo che ero arrivata fino alla luna! E tu mi hai svegliato! – Dài, andiamo – le dico – sarai la mia scala per il cielo! – Ok, allora ci sto. Sono così alta! Arrivo a toccare le stelle! – Stop! Aspetta un attimo – le dissi. Per far più bella figura mi serve qualcosa di arancione e devo anche

comporre una canzone per il cielo, perché mi riconosca. Purtroppo, a eccezione di una carota arancione, a casa non trovai nulla. Vabbè – pensai – andrà bene anche questa. Mi arrampicai su per la scala. Mentre salivo, inventavo le parole della canzone e le gridavo con enfasi, brandendo al contempo la carota a guisa di

bacchetta d’orchestra. Sono un meraviglioso uccello! Volo nel cielo, in alto, in alto! Sono libero e felice! Canto a te, oh cielo, questa mia canzone bella-a-a Ad alta voce e a lungo dipingendo il mondo intero

di un meraviglioso arancione! Che tutti abbiano tepore e gioia-a-a Che tutti possano danzare e gioire sotto il cielo color d’arancio! Che il sole risplenda-aa! Così allegro e felice-ee! Urra-a-à!

Così cantavo, brandendo la carota, finché non udii, al di sopra del mio orecchio, l’osservazione assennata di qualcuno: – Perché urli così tanto? Mi spaventi tutte le farfalle. Mi girai e vidi volarmi accanto una mucca arancione che reggeva un retino. La mucca, sbattendo alacremente le sue alucce, si teneva sospesa sopra la mia

testa e mi puntava addosso uno sguardo di rimprovero. Dalla sorpresa non trovai nulla di meglio da dire che chiederle: – Rispettabile mucca, ma perché mai lei è così arancione? – domandai, come se fosse l’unica cosa, di lei, ad avermi stupito. – Mi sto affrettando alla festa, non vedi? Devo avere il tempo di prendere le farfalle.

– E cosa intende fare con loro? – Allestirò nel cielo una sfilata spettacolare. Per qualche motivo, non ero sicuro che la mucca capisse il concetto di sfilata, ma allora non era così importante. – E tu, che spettacolo stai facendo? – Beh… sono ritornato nel mio mondo ma il cielo non

mi vuole riconoscere. Non mi sente, forse. Non so come fare per farmi ascoltare. La mucca, dopo averci pensato un po’ su, rispose: – Non ti preoccupare. Te lo dico io. – Davvero? Oh, che meraviglia! Oh, quanto sono felice! – e mi misi a saltare che per poco non cadevo giù dalla scala. – E cos’avrò in cambio? –

chiese la mucca, sbirciando la carota. – Oh, la mia gratitudine sarà molto gustosa e succosa! – ammiccai. – Allora ascolta: vai dal saggio Oslić [croato – Oslić, è un pesce che si chiama c o s ì ; N.d.A.] e chiedigli consiglio. Lui sa tutto. – E dove posso trovarlo? – Tuffati nel mare, nelle profondità più profonde, lì lo

troverai. Però non dimenticarti di aggiungere alla tua mise un cenno di arancione. È festa, tutto sommato. – Bene, grazie, e tieni questa – dissi porgendole la carota. – Grand merci! – rispose la mucca e, masticando rumorosamente la carota, se ne volò via. Dopo aver ringraziato la

scala (che era rimasta molto orgogliosa e soddisfatta di se stessa), corsi tutto impaziente a casa, alla ricerca di ancora qualcosa di arancione. Per fortuna, mi venne in aiuto un vecchio cassettone. – Senti un po’, da tempo ho qui una cravatta arancione, grande e bella, proprio giusta per l’occasione – mi disse.

– Oh, stupendo, dàmmela qua! – mi rallegrai. Indossai la cravatta: non stava bene con la mia marsina e mi arrivava fin sotto la cintola, ma in compenso il mio aspetto divenne subito molto colorato e festoso. Restava solo un problema. Dovevo in qualche modo uscire in mare, ma non avevo la barca. Insomma, tempo per pensare non ce n’era, perciò andai

dalla vasca da bagno e le dissi: – Vasca, vieni con me, sarai la mia barca. – Ci sto – disse la vasca, acconsentendo con piacere –. Da che parte andiamo? – Dal saggio Oslić. Te la senti? – Niente di più facile. Ed eccomi sulla riva del mare, in marsina, con una

cravatta arancione e la vasca a seguito. I gabbiani, ovviamente, mi puntarono gli occhi addosso, spalancando i becchi. Uno di loro gridò: – Oddio, che orrore! Avete mai visto qualcosa di simile? – No, mai visto – risposero gli altri – scuotendo la testa. Spinsi la vasca in mare e cominciai a remare col coperchio di una pentola, dato che non avevo trovato

niente di meglio. In acqua, intanto, sbattendo felice le pinne, stava nuotando il sottomarino giallo. – Hai intenzione di farti una vasca in mare? – chiese il sottomarino. – Colossale! – Ma no, sto andando dal saggio Oslić solo che non so se riuscirò ad arrivare fino a lui, perché lui vive nelle profondità più profonde. – Tieni, prendi la mia

àncora – disse il sottomarino. Afferrai l’àncora e urlando: «La Rivoluzione trionferà!» mi tuffai in mare. Splash! I gabbiani, dalla paura, si coprirono gli occhi con le ali. Che cosa mai succederà adesso?! Scendo fino al fondo e vedo lì il saggio Oslić: stava seduto a un ampio tavolo e stava scrivendo qualcosa. Dietro di lui c’era una grande

biblioteca piena di grossi libri di tutti i tipi. “Ma che personaggio saggio!” – pensai – “Mi aiuterà sicuramente”. – Oh onorevolissimo tra i sommi saggi – avevo cominciato a dire, ma Oslić mi interruppe subito: – Ma che stai a gorgogliare! Non bere acqua sennò ti soffochi! So già tutto. Devi tornare subito a

casa e lanciare in cielo un aquilone di carta con su scritta una spiegazione dettagliata. E perché tutto ti riesca, ti regalo una bicicletta arancione. Vai, la bicicletta è già a casa che ti aspetta. E non dimenticare di raddrizzarti la cravatta! Il mare mi accolse gentilmente nei suoi abbracci e mi portò fino a riva. I gabbiani, assicuratisi che tutto si fosse concluso nel

migliore dei modi, batterono le ali gioiosamente. Feci loro un profondo inchino. Quanto ai gatti, capitati in qualche modo sulla riva, applaudirono anche loro e si offrirono di aiutarmi a riportare la vasca al suo posto. La nostra solenne processione si diresse in trionfo verso casa mia. Davanti, con le pinne, un

passettino dietro l’altro, avanzava il sottomarino giallo, cantando la canzone We are the champions . I gatti portavano con entusiasmo la vasca e persino i gabbiani avevano deciso di unirsi a noi e muoversi a piedi, in omaggio alla cortesia. La mucca, invece, volava sopra di noi nel cielo con il suo impareggiabile e spettacolare strascico di farfalle. La festa Arancione era un vero

successo! Forse pensate che mi sia inventato tutto. E invece no. È proprio tutto vero. Smettetela di sorridere. A me la cosa non fa ridere affatto. Adesso vado a lanciare in cielo l’aquilone, con su scritto a grandi lettere: «Sono io!». Spero proprio che il cielo mi riconosca. Mi sono seduto sulla bici arancione (il sole stava

cominciando a tramontare e il cielo aveva acquisito una tinta arancione, così mi sembrava che questo colore dovesse piacergli), e mi sono messo a lanciare il mio aquilone di carta. Correvo sulla mia bici arancione e l’aquilone mi volava dietro, in alto, in alto. – Ebbene? – gridai al cielo rovesciando la testa all’indietro.

Finì che il cielo mi rispose. Disse: – Sei un idiota! E che altro si potrebbe dire a un idiota che, seduto su una bicicletta arancione, manovra un aquilone con la scritta: «Sono io!»? Ok, non importa. L’importante è che il cielo mi abbia riconosciuto, abbia smesso di riversarmi addosso la pioggia e mi abbia sorriso

con un arcobaleno a testa in giù. Ora, ovunque andrò, non mancherò di prendere il mio cielo sempre con me.

Note Premessa 1 Il riferimento è alla Forza sottesa a un’azione di scardinamento. Notiamo che il titolo originale del libro, “Vzlom technogennoj sistemy”, contiene il sostantivo russo “vzlom” (sfondamento, scasso,) che in italiano abbiamo reso con il verbo “scardinare”, non potendo trovare un esatto equivalente, connotato dallo

stesso spessore polisemantico del termine russo. Il sostantivo “vzlom”, infatti, è caratterizzato dal prefisso “vz” che indica sia una direzione di movimento dal basso o dal fondo verso l’alto, sia l’effetto di un’azione brusca e improvvisa, sia un effetto di azione portata agli estremi [N.d.T.].

Parte I: IL TRANSURFING Posso fare tutto!

1 Il paragone, non appropriato, fa riferimento all’omonimo film di fantascienza del regista Andrej Tarkovskij. In esso lo Stalker era una guida che accompagnava i protagonisti attraverso le insidie di una Zona anomala [N.d.T.].

L’idrodinamica dell’intenzione 1 Il riferimento, qui, è all’abitudine, diffusa in tutta la Russia e soprattutto nelle grandi

città, di utilizzare le macchine private in circolazione come se fossero taxi [N.d.T.].

Miriadi di riflessi 1 Vedi la descrizione della tecnica nel libro Živoj Transerfing [Il Transurfing vivo di Vadim Zeland, Macro Edizioni, Cesena 2012; N.d.T.]. 2 Il riferimento è a una nota canzone che parla di una prigione tristemente famosa [N.d.T.].

Parte II: TECNOSFERA

LA

I parassiti sociali 1 Gruppo musicale diventato famoso in Russia negli anni Ottanta ed esistente tuttora [N.d.T.]. 2 In Russia la servitù della gleba fu abolita solo nel 1861 [N.d.T.]. 3 Il riferimento è al celebre film russo-nipponico Dersu Uzala di Akira Kurosawa [N.d.T.].

La cattura dell’attenzione 1 Alcuni capitoli del libro sono stati pubblicati per la prima volta nella mia newsletter, cui è possibile iscriversi al sito ufficiale (http://zelands.ru).

Freddo e fame 1 “Cholodno i golodno”: nell’originale russo le parole formano una rima e quindi una suggestione sonora che non è possibile rendere in italiano. Si

ricorda, inoltre, che le osservazioni e i consigli dell’autore riguardo all’alimentazione fanno riferimento all’esperienza che egli ha nel suo Paese, la Russia [N.d.T.]. 2 In Russia si pratica molto lo sci di fondo, anche nelle grandi città. Nei parchi e nei boschi di Mosca, per esempio, la gente va spesso a sciare nel tempo libero. Lo sci di fondo sostituisce anche l’ora di ginnastica in alcune scuole. Praticamente tutti hanno in casa l’attrezzatura per

lo sci di fondo. Le località dove, per motivi climatici, lo sci non si pratica, sono piuttosto rare [N.d.T.]. 3 Secondo la tradizione della religione ortodossa, il battesimo di Gesù viene festeggiato il 19 gennaio. In Russia, i giorni vicini a questa data sono caratterizzati da un clima particolarmente freddo, che ha dato origine all’espressione “il gelo del battesimo” [N.d.T.]. 4 Zuppa di barbabietole rosse e cavolo, uno dei piatti nazionali della cucina ucraina e russa

[N.d.T.]. 5 In Russia, nei mercatini, si vedono spesso i banchetti improvvisati delle vecchiette, che vendono fiori e verdure dei loro orti, soprattutto erba cipollina, prezzemolo, rape, carote [N.d.T.].

Sui topi e sulle volpi 1 A titolo informativo: la visione diretta è una capacità del cervello di percepire la realtà senza la mediazione degli occhi, cioè in modo diretto. Questa e

altre abilità vengono insegnate nella Scuola di Bronnikov http://bronnikov.ru/. La visione diretta nell’uomo è un sogno in stato di veglia. Nel sonno normale vediamo solo una parte non realizzata dello spazio delle varianti. La visione diretta permette di cogliere, senza l’aiuto degli occhi, sia la componente fisica che quella metafisica della realtà, con tutti i fenomeni che ne conseguono. Si tratta di abilità che si trovano in ognuno di noi profondamente bloccate, ma che una

formazione specifica è in grado di ripristinare. Con i bambini si possono ottenere risultati facilmente. Con gli adulti è più difficile, ma è ancora possibile [N.d.A.]. 2 In russo pipistrello si dice “letučaja myš’”, cioè, letteralmente, topo volante.

Peso sano in corpore sano 1 Il riferimento è al fatto che chi viene spedito nello spazio ha, notoriamente, una salute di ferro. Anzi, una volta era così.

Oggi, sostiene l’autore, la situazione sta progressivamente peggiorando ed è ormai raro trovare delle persone perfettamente sane. Probabilmente non ce ne sono più nemmeno tra gli astronauti [N.d.T.]. 2 In Russia, a causa della neve e del ghiaccio invernali, l’asfalto delle strade cede, e ciò si nota soprattutto in primavera [N.d.T.].

L’imprinting infantile

1 Qui l’autore, continuando la metafora del cane da cortile, descrive uno spettacolo che si rinnova in Russia ogni primavera, quando la vecchia neve invernale dei parchi, sciogliendosi, scopre gli escrementi lasciati dai cani, che la pioggia successivamente diluisce e lava via, fino a farne disperdere le tracce [N.d.T.]. 2 In Russia, nelle famiglie abbienti, c’era e c’è la tradizione di affidare i figli alla governante, njanja, spesso molto fedele e servizievole

[N.d.T.].

Ho visto un arcobaleno 1 Si è cercato di tradurre nel modo più fedele possibile, col rispetto della rima, i versi inventati dalla lettrice, che riportiamo in originale per coloro che possono leggere il russo: «Если друг твой закадычный/Стал веселым неприлично,/Не грустит он и не ноет/И ругаться перестал…/Tо скажу тебе я точно,/Что трансерфером он

стал!/Tы ему – что небо мутно,/Oн в ответ: «Деньгам уютно!»/Лето кончилось, дождь мочит.../Oн в ответ вообще хохочет!/Oн нас всех как будто дразнит,/Снег пошел – так скоро праздник!/Холод дикий – к урожаю!/Все. Молчу… не возражаю…/Шеф орет – к большой зарплате!/Рвешь колготки – к новым платьям!/Штраф уплатишь на парковке –/До обеда жди обновки!/Понедельник – к жизни сладкой!/Вся неделя будет гладкой!/Босс уволил? Не реви!/Знать, везет тебе в любви…/Пес

хвостом тебе виляет?/Tо к деньгам! Oн точно знает!/Кот себя за ушком гладит?/Tочно, будешь в шоколаде!/Все события – к веселью!/Крыша рухнет… к новоселью!/Все дороги – в Рим и к морю!/С ним давно уже не спорю…/И сегодня он как птица/На волнах удачи мчится!/Все меняя, сам меняясь,/Удаляясь, удаляясь…/Не беги за ним, не надо…/Есть твоя реальность рядом!/Ну и что, что небо мутно,/А в Египте так уютно!/Лето кончилось, дождь мочит…/На экзаменах проскочим!/Жмет

сапог – весна наступит!/Tуфель нет? Любимый купит!/Все болезни – к долголетью!/90 лет? К 100-летью!/Жизнь – она вообще к удаче!!!/Мы живем, а это значит,/Что везет нам всем безмерно!!!/В этом весь Tрансерфинг… Верно?» [N.d.T.]. 2 Casa sita in campagna o in zone di villeggiatura, di solito posseduta dagli abitanti delle grandi città russe che la usano per trascorrervi i fine settimane e le vacanze [N.d.T.].

3 È il teatro più famoso di San Pietroburgo [N.d.T.]. 4 Si è cercato di tradurre nel modo più fedele possibile, col rispetto della rima, i versi inventati dalla lettrice, che riportiamo in originale per coloro che possono leggere il russo: «Душа жила/Душа болела/Душа томилась и звала/Душа свободной жить хотела/Парить, любить, не помнить зла,/Смеяться, радоваться жизни,/Счастливым видеть белый свет…/Но в голову пришли вдруг мысли,/Чтобы

разумный дать совет:/Не верь… не нужно… не бывает…/Спустись на землю… не желай…/Как часто строить ад нас разум поучает,/Душа ж всегда во всем создать стремится рай…» [N.d.T.].

Parte III: LA BIOSFERA Questioni vive 1 La shungite è un minerale organico che si trova unicamente nel nordovest della

Russia, in Carelia, nella regione del lago Onega; chiamata Šunga (da qui il nome dato al minerale). Questa pietra ha una composizione molecolare particolare, fatta di fullereni. Per le sue eccezionali proprietà terapeutiche è utilizzata da secoli dalle popolazioni locali. Sulle varie applicazioni della shungite e il suo uso per la depurazione dell’acqua da bere l’autore ha scritto dettagliatamente nel suo Transurfing Vivo, capitolo “L’acqua viva” [N.d.T.].

Se mi ami, mangia! 1 Secondo le usanze ortodosse, i credenti, durante la recitazione di preghiere, si mettevano in ginocchio e facevano inchini profondi fino a sfiorare con la fronte il pavimento. Il proverbio critica coloro che, per eccesso di zelo, stupidamente, recano danno a loro stessi [N.d.T.].

La sostanza viva e quella morta

1 Traduzione in italiano condotta sulla traduzione russa citata dall’autore V. Zeland [N.d.T.]. 2 In epoca sovietica, “pionieri” erano i ragazzini dai 10 ai 14 anni, raggruppati nell’omonima organizzazione giovanile.

La mamma ha mangiato la kaša 1 Pappetta di cereali (grano saraceno, semolino, riso, miglio, avena...) normalmente consumata a colazione

soprattutto dai bambini [N.d.T.]. 2 Questo capitolo e il precedente erano stati pubblicati nella newsletter. Per iscriversi basta registrarsi nel sito dell’autore: http://zelands.ru [N.d.A.]. 3 Edinstvennyj Gosudarstvennyj Ekzamen – Esame di Stato Unificato. In Russia è l’esame obbligatorio al termine del corso di 11 anni di scuola – [N.d.T.]. 4 Il riferimento è alle frasi minime tipiche degli abbecedari, appositamente elaborate per l’apprendimento

di fonemi simili. Nell’originale russo vengono messe in rilievo le coppie di parole foneticamente simili mamarama (mamma-telaio della finestra) e Maša-kaša (Mariuccia-pappetta di cereali). In traduzione, non essendo comunque possibile rendere la similarità, si è optato per la conservazione della coppia Maša-kaša [N.d.T.].

Acquetta vivificante 1 Si tratta di CSF di tipologia diversa [N.d.T.].

La legge di attrazione della Forza 1 Ai tempi dell’Unione Sovietica, alla fine del ciclo di studi universitari i laureati venivano assegnati a organizzazioni o istituti di ricerca a discrezione delle amministrazioni predisposte, a seconda del merito o delle conoscenze personali [N.d.T.]. 2 In base al sistema di valutazione vigente in Russia nelle strutture scolastiche e

universitarie, tre è voto di passaggio (sufficiente), quattro equivale a un distinto, cinque è il massimo voto (ottimo, 110) [N.d.T.].

Si bemolle maggiore 1 «I net so mnoj kogo-to, i grustno otego-to, kljanus’, ja vse by otdala, čtoby najti kogoto, čtoby najti kogo-to…», sono le parole tratte dalla famosa canzone d’amore Moej duše pokoja net’ (La mia anima non ha pace) inserita nella colonna

sonora della popolarissima commedia sovietica Služebnyj roman (Una storia d’amore in ufficio) [N.d.T.].

La fattoria umana 1 Modo di dire russo.

Lettere Mezzo

dalla

Terra

di

1 Boris Kustodiev (1878-1927) pittore russo famoso per i suoi ritratti di donne russe floride e

prosperose [N.d.T.]. 2 Famoso esperto nel campo del self helping. Autore di un metodo originale che sintetizza medicina orientale, yoga, ajurvedica, dietologie occidentali ealtre pratiche. È autore di numerosi libri, molto diffusi in Russia [N.d.T.]. 3 Il riferimento è al celebre romanzo di M. Bulgakov Master i Margarita (Il maestro e Margherita). La protagonista, Margarita, dopo essersi spalmata con una miracolosa crema ricevuta in dono da un

personaggio chiave del romanzo, Azazello, ringiovanisce a vista d’occhio [N.d.T.].

Strane domande 1 Questo capitolo e il seguente sono stati pubblicati nella newsletter e sono riportati senza variazioni [N.d.A.].

Le voci di Eywa 1 Traduzione in italiano della

traduzione russa del testo tedesco di Hoffman [N.d.T.]. 2 Eywa, dal film Avatar: Albero dell’Anima, L’Albero della Vita, o Mother Tree, come nel copione originale di J. Cameron [N.d.A.].

Cioccolato vivo 1 Specie di sansa di pinoli di cedro siberiano, vedi spiegazione dell’autore alla fine del presente testo [N.d.T.].

Parte IV: LA SOCIETÀ - Il sociale 1 Nell’originale, Socium. In russo esistono due termini distinti: obščestvo, parola di radice slava intesa come società in senso generale e positivo, insieme degli esseri umani e delle loro attività; e socium di etimologia latina, che in russo ha spesso una connotazione negativa, riferendosi più che altro alla società nel suo aspetto più grigio (massa informe) o

burocratico (strutture, apparati, ministeri). Proprio in questo senso l’intende l’autore, che infatti ha intitolato questo capitolo Socium. In italiano non è stato possibile rendere queste sfumature, quindi ovunque è stato usato il termine “società”, con conseguente perdita semantica [N.d.T.].

Punturati, con un joystick all’interno 1 Nel testo originale,

“ukušennost’”, neologismo dell’autore [N.d.T.].

L’involuzione coscienza

della

1 “Sia ce-lebre la no-ostra Paatria libera…!”; è il primo verso del ritornello dell’inno dell’URSS [N.d.T.].

Il controllo del supporto vitale 1 “Likare”, “Likate”, neologismo

dell’autore dal termine inglese “like”, che si riferiscono al “mi piace” o “non mi piace” dei siti internet [N.d.T.].

Le mollette mentali 1 Vedi riferimento a Il mago di Oz [N.d.T.]. 2 Riferimento al soggetto di una favola popolare russa [N.d.T.].

L’intossicazione informazioni

da

1 Esame Unico di Stato, esame obligatorio alla fine degli undici anni di scuola, equivalente del nostro esame di maturità [N.d.T.].

I ricevitori e i trasmettitori 1 Di Richard Bach, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2004 [N.d.R.].

Due block notes 1 Noosfera è un termine

introdotto dallo scienziato cosmista Vladimir Vernadskij e indica la sfera del pensiero umano, derivando dal greco nous (mente) e “sfera”, in analogia con atmosfera e biosfera. In senso lato la noosfera è una specie di “coscienza collettiva” degli esseri umani che sarebbe scaturita dall’interazione fra le menti umane e si sarebbe sviluppata parallelamente all’organizzazione e all’interazione degli esseri umani, a mano a mano che essi

popolavano la Terra [N.d.T.].

La liberazione della Forza 1 Per la prima volta questa novella è stata pubblicata nella raccolta 20+1 najbolja priča za ljeto 2011, dopo essere stata selezionata in un concorso svolto tra gli scrittori dei Paesi dell’ex-Jugoslavia. A questo concorso ho avuto l’onore di partecipare [N.d.A.].

Una festa in arancione

1 In russo, letteralmente, perdere la ragione si dice: «Soiti s uma» – scendere dalla ragione. Su questa locuzione è costruita la replica successiva, che nell’originale suona, letteralmente, «non si può scendere dalla ragione perché prima ci si dovrebbe salire sopra». Non avendo questa frase nessun senso in italiano, si è optato per una soluzione semanticamente equivalente [N.d.T.].

Gli altri testi di Vadim Zeland disponibili anche in eBook

Reality Transurfing - Lo Spazio delle Varianti Come Scivolare Attraverso la Realtà Macro Edizioni

Prezzo: € 7,50

Reality Transurfing. nel Passato

Avanti

Macro Edizioni Prezzo: € 7,50

Reality Transurfing. Il Fruscio

delle Stelle del Mattino Macro Edizioni Prezzo: € 7,50

Transurfing Vivo Macro Edizioni Prezzo: € 11,99

Reality Transurfing. Le Regole dello Specchio La Gestione della Realtà - Le Mele Cadono in Cielo Macro Edizioni Prezzo: € 12,99

Per ulteriori informazioni: www.reality-transurfing.it

Vadim Zeland

Scardinare il Sistema Tecnogeno Reality Transurfing Avendo a nostra disposizione la tecnica della liberazione, grazie a questo libro riusciremo a crearci il mondo che vogliamo e a elevare il nostro potenziale

creativo a livelli inaspettati. Quella che Zeland ci offre è una chance unica per scardinare la “matrix” e fuggire verso la libertà. Questa è l’unica vendetta possibile contro un sistema che appiattisce e livella le personalità in modo subdolo e stereotipato. La realtà è che siamo persone uniche. Ora anche libere. È un privilegio per pochi. Sfruttiamolo. Se

non

hai

talenti

o

pregi

eccezionali il sistema prevede che tu non possa essere “primo”. A dispetto di ogni ragionevole previsione, tu prenditi invece il diritto di essere unico. Mentre tutto sembra procedere in modo lineare, secondo l’iter prestabilito e inarrestabile del progresso tecnologico, il cancro del sistema ha iniziato a crescere, indipendentemente dalla volontà dell’uomo. Alzato il velo di questa apparente normalità, il processo appare come realmente è: del

tutto fuori controllo. Anestetizzati a nostra insaputa, sopravviviamo, dormendo un sonno profondo della coscienza che nemmeno sospettiamo. Inconsapevoli viti d’ingranaggio di un sistema autoregolato e distruttivo continuiamo ad alimentare l’ingranaggio riempiendo le file di quelli che marciano nella direzione che è stata loro indicata. Se lo fanno tutti è giusto, ci dicono, serriamo i ranghi e non abbandoniamo le file.

Ma potrebbe esserci un’alternativa: rimanere all’interno del sistema scoprendone le carte, per poter utilizzare le sue regole perverse a nostro vantaggio. Non dentro, ma sopra al sistema, senza esserne più vincolati. Uscire dai ranghi senza però abbandonarli. Sognare da svegli mentre tutto intorno gli altri dormono.

Related Documents