Forme Dello Spazio

  • Uploaded by: Tiziana Caudullo
  • 0
  • 0
  • February 2021
  • PDF

This document was uploaded by user and they confirmed that they have the permission to share it. If you are author or own the copyright of this book, please report to us by using this DMCA report form. Report DMCA


Overview

Download & View Forme Dello Spazio as PDF for free.

More details

  • Words: 2,060
  • Pages: 4
Loading documents preview...
Forme dello spazio, forme della memoria Erwin Straus Prefazione di Eugenio Borgna Vom Sinn der Sinne (1935), testo essenziale di Straus, denuncia la suddivisione cartesiana delle sostanza res extensa e res cogitans, in virtù di un'unitaria articolazione io-mondo, anima-corpo. Straus fa riemergere, senza cadere in un riduzionismo sensista o percettologico, la drastica immediatezza del vissuto del mondo dei sensi, antecedente alla razionalizzazione. I sensi sono intesi come prima forma di comunicazione io-mondo. Introduzione di Federico Leoni Fortuna e sfortuna di Erwin Straus. S. è uno dei padri fondatori della psichiatria fenomenologica, insieme a Minkowski, Binswanger, von Gebstattel. C'è chi ha parlato di un vero e proprio circolo, il Wengener Kreis. A differenza dei suoi colleghi, però, S. ha sempre ricoperto un ruolo più marginale. Due saggi. Nell'opera sono presentati due saggi di Straus. Il primo è Il movimento vissuto (1935), il cui tema consente a Straus di riassumere l'intero progetto di Vom Sinn der Sinne. Bisogna pensare il movimento come continuum, come movimento vissuto, senza ridurlo ai canoni della scienza fisica, in quanto movimento saputo; questo sarebbe il compito della nuova scienza che S. chiama psicologia del movimento. Pensare al movimento significa, però, pensare lo spazio, il tempo, l'unità dell'origine e del fine. Il secondo saggio è Sulle tracce mnestiche (1960). Da un lato, il continuo ritorno alla metafisica moderna. Le scienze contemporanee sono alla ricerca delle cose annidate dietro i termini che la filosofia, da Aristotele a Cartesio, ha posto (come la memoria, la percezione, il ricordo, l'impressione), cercando oggetti dietro i concetti. S. nega che questa sia la strada giusta da intraprendere; quel linguaggio non descrive, ma prescrive ciò che si tratterà di vedere e verificare sul piano empirico. Dall'altro lato, abbiamo lo S. fenomenologo, che si dedica alle cose stesse, che si dedica alla descrizione delle esperienze, in questo caso, dell'esperienza della traccia. Quale Straus. A un primo sguardo questi testi sembrano affermare il soggettivo contro l'oggettivo. Il movimento vissuto rivendica una psicologica del movimento contro una fisiologia del movimento, Sulla tracce mnestiche vede scontrarsi, invece, una concezione di traccia nei termini di un oggettiva modificazione cerebrale contro quella di un'idea soggettiva della memoria, in cui il ruolo fondamentale è ricoperto dal soggetto, dal lettore. Ma S. non è semplicemente un pensatore soggettivista, fenomenologo del vissuto, paladino dell'esperienza individuale, avversario delle generalizzazioni. Il lavoro di Straus è teso a portare oltre la riflessione psichiatrica fenomenologica; porta nel terreno più propriamente filosofico che è alla base della distinzione uomo-natura, per rivelarne la sostanziale illusorietà; alla base di tale distinzione non v'è nulla. Fenomenologia e archeologica. Vi sono due sensi della fenomenologia, in Straus, due progetti differenti. Da una parte, la fenomenologia si delinea come una dottrina dell'esperienza, come un'analitica del vissuto; dall'altra, si presenta come una genealogia dell'oggettività scientifica, come un'archeologia delle evidenze matematiche, fisiche, logiche, geometriche. Sia Husserl che Heidegger sviluppano tali progetti, intrecciandoli inevitabilmente l'uno all'altro. Lo stesso nodo è quello attorno a cui ruotano, in particolare, i due saggi presentati. La lettera e il lettore. A tal proposito, un esempio tratto da Sulle tracce mnestiche, in cui S. mostra come alla base dell'opinione dei fisiologi, per cui dietro la memoria si nasconde un equivalente

materiale da ricercare nella meccanica cerebrale, vi siano residui di natura metafisica. All'origine c'è ancora Cartesio che, dividendo il soggetto dal mondo, impone di pensare una certa forma di comunicazione, realizzata dalla percezione. Il percepire, pensato sul presupposto della divisone soggetto-oggetto, diviene un imprimere, da parte dell'oggetto, una traccia, un segno sul soggetto; l'oggetto diventa lo stimolo che imprime su una tavoletta di cera. A quel punto il soggetto diventa per un verso una tabula di cera, per l'altro il lettore di quella tabula (come se il soggetto fosse sdoppiato a sua volta, in soggetto condizionato dall'oggetto, su cui si imprimono le tracce della percezione, e soggetto trascendente a se stesso, che legge quelle tracce e le interpreta). Essendo la memoria una memoria di oggetti, si pensa che anche questa funzioni allo stesso modo; ma la neurologia e le neuroscienze moderne, non potendo ammettere l'esistenza di quel soggetto trascendente (di quella coscienza in atto, quella che legge i segni), immaginano che sia il segno stesso a riattivarsi, da sé. La memoria diventa una lettura senza lettori, prevedendo una traccia presente riferita a qualcosa di assente (l'evento di cui è traccia). Così fosse, afferma S., non esisterebbe la memoria, bensì «un'eterna pianura, senza spessore e senza senso, cioè senza direzione e senza differenza, in cui ogni segno giacerebbe sulla pagina di un libro destinato a non avere lettori»1. L'evento, il continuo, il processo. Il fine di S. è quello di costruire un'antropologia né soggettivistica né oggettivistica, né naturalistica né umanistica. L'anima è l'ombra degli oggetti, e l'oggettività isolata e discontinua è un'astrazione e una costruzione, la risposta a una domanda scientifica, più che la risposta che le cose danno allo scienziato. Non esistono oggetti isolati, isolati dal soggetto e distinti tra loro; oggetti che poi, a loro volta, vengono suddivisi in parti. L'uomo analizza, suddivide, confronta, organizza, supponendo che siano poi gli oggetti (l'essere) ad essere suddivisi e organizzati. L'essere è, invece, discontinuo e intero. È divenire incessante e senza fratture. È una totalità che si ricapitola e si ripete interamente nel suo incessante accadere (ed è bellissimo!). La metafisica condiziona inevitabilmente la scienza e i suoi supposti cammini sperimentali. Il movimento vissuto è inquadrato in questo discorso; è teso a mostrare come il movimento non sia l'unione di vari stati fermi, congelati, ma un continuum ininterrotto, fluido. Non vi sono separazioni tra un tratto e l'altro di un percorso, né tra il soggetto movente e lo spazio in cui si muove, né tra il presente e il passato. «Il passato è ciò che è nella presenza stessa come il suo spessore ininterrotto, è l'alterità e l'alterazione tutta interna e coestensiva del qui-e-ora»2. Ecco la fenomenologia che va dunque delineandosi come dell'esperienza, senza cadere nel soggettivista né nell'oggettivismo, bensì come scienza assoluta, del continuum e della complessità del continuum. Il razionalismo di Straus. Il sogno di S. è quello di comprende razionalmente la razionalità stessa; lo scopo è quello della costruzione di un razionalismo radicale, capace di comprendere le forme simboliche che rendono possibile la razionalità stessa. Il movimento vissuto di Erwin Straus Se si vuole comprendere il movimento dell'uomo in quanto animale è necessario battersi contro l'influenza della filosofia cartesiana. Cartesio ha paragonato l'insieme della filosofia a un albero, le cui radici rappresentano la metafisica, e i tre rami principali sono la medicina, la meccanica e la morale. Le scienze speciali, i rami, non possono nascere senza la conoscenza dei principi delle cose materiali, il tronco, il quale non può sorgere se non dalle radici, dalla metafisica. Nella modernità, le conquiste delle scienze speciali hanno sempre più messo in ombra le questioni dei principi e così la questione del movimento è stata assunta da ogni scienza particolare in modo a-problematico. Conoscere le premesse cartesiane è necessario sia per comprendere perché nel campo della scienza si ritiene non ci sia posto per il movimento vissuto, sia per fondare una teoria del movimento 1 Introduzione, pag. 23. 2 Ibidem, pag. 25.

vissuto. Cita la Sesta meditazione di Cartesio, di cui sottolinea come movimento e sensazione vengono separate radicalmente; la sensazione appartiene al mondo del pensiero – la res cogitans –, il movimento a quello fisico – la res extensa –. Cerchiamo, invece, di considerare il fenomeno del movimento vissuto liberi da ogni dogmatismo. A tutti, cartesiani e non, appare chiara l'intimo legame che sussiste tra movimento e sensazione, connessi da una relazione intrinseca. «Come essere senziente e semovente, sono un solo e unico essere, e vivo come tale nel mio mondo anch'esso unico» 3. Il problema su cui S. pone l'attenzione è: come va pensata l'unità tra elementi che appaiono così diversi, come la sensazione e il movimento? Cartesio li pone duramente in una relazione estrinseca, che prevede un collegamento e un condizionamento esteriori. «Tanto più la psicologia si avvicinerà alla fisiologia, e tanto più essa considererà le sensazioni come semplici contenuti di coscienza che accompagnano processi percettivi, e il movimento come mera esecuzione del movimento stesso, quanto più la psicologia si allontanerà dalla possibilità di comprendere la relazione intrinseca che esiste tra sensazione e movimento»4. Secondo Cartesio, la psicologia del movimento dipende totalmente dalla fisiologia. Il corpo è considerato in un'ottica puramente meccanica. Ogni movimento è un modo dell'estensione e ogni fenomeno che appartiene al mondo esteso può essere compreso nella misura in cui può essere compreso matematicamente; in una visione di questo tipo non c'è spazio per il movimento vissuto. Il primo compito di una dottrina del movimento vissuto è rispondere alla domanda: è davvero ragionevole far dipendere la psicologia del movimento dalla fisiologia? Il movimento vissuto è un genere particolare di movimento; qual è allora il soggetto del movimento vissuto e qual è il suo peculiare modo d'essere? Quest'ultima è una domanda ontologica. Gli scienziati pensano che la metafisica non sia utile alla scienza, ignorando il fatto che tutte le scienze particolari affondano le loro radici nella metafisica. Secondo la visione diffusa, il movimento vissuto, l'impressione che noi ci muoviamo, è nient'altro che un'illusione; è una qualità secondaria, come i colori o i suoni. Di reale, nel movimento vissuto, ci sarebbe l'esecuzione del movimento, il cambio di posizione che viene rilevato attraverso la vista e il tatto. La psicofisiologia non riesce a spiegare come si arriva all'impressione illusoria per cui siamo proprio noi a muoverci, e a muoverci a partire da noi stessi. Nonostante sia rifiutata la divisione cartesiana delle sostanze, l'influenza cartesiana è innegabile, per quanto riguarda la stessa concezione dell'Io; il soggetto continua ad essere considerato fuori dal mondo. Il problema è proprio questo: come posso comprendere il movimento vissuto se continuo a considerarmi come altro dal mondo? Se continuo a considerare la realtà esterna nelle sue tre dimensioni e non in quanto ambiente-mondo in cui io, in quanto mio corpo, sono inscritto e faccio realmente parte? Esempio del salto: pag. 44-45. La mobilità è un fattore essenziale e costitutivo della nostra esistenza; rende possibile la comunicazione con il mondo-ambiente e influisce su tutte le nostre sensazioni. Quello che generalmente si studia in relazione al fenomeno del movimento è la posizione, quando invece, al fine di indagare riguardo al movimento vissuto, bisogna indagare riguardo la situazione, e questa è una nozione che appartiene al campo della psicologia. In alcun modo questa riflessione può essere sostituita con una di carattere fisiologico; psicologia e fisiologia non si escludono a vicenda, certo, ma si completano. «Supponiamo che la ricerca fisiologica sul movimento del salto sia giunta a un risultato conclusivo, che il fisiologo abbia analizzato il processo del salto in tutti i suoi dettagli. […] Ebbene, tutte queste conoscenze non direbbero ancora nulla sul fatto di muoversi, sul salto come modalità particolare del movimento»5. Chiaramente, il movimento è possibile grazie al funzionamento dei muscoli; i muscoli sono il mezzo che permette il movimento. Ma nel corso del tempo, il mezzo è divenuto la 3 Pag. 38. 4 Pag. 38. 5 Pag. 47-48.

cosa, e questo mutamento è stato determinato da Cartesio. Tale posizione, spesso considerata una semplice ipotesi di lavoro, ha ricevuto concreta realizzazione con la teoria dei riflessi condizionati di Pavlov. Nelle Passioni dell'anima Cartesio aveva già descritto il fenomeno dei riflessi condizionati, illustrando una teoria che corrisponde interamente a quella accettata nella contemporaneità attraverso Pavlov. Il fine di S. è quello di mostrare che la dottrina dei riflessi condizionati è nient'altro che un tardivo ampliamento della filosofia cartesiana. Inoltre si tratta di una dottrina comunemente giudicata chiara e compiuta, ma che nasconde al suo intero una grande quantità di contraddizioni. «Sulla base di un'analisi fenomenologica delle sue osservazioni [di Pavlov], che come tali accolgo senza alcuna riserva, intendo sostenere qui che non è possibile comprendere il movimento vissuto come l'esecuzione di un movimento, né il divenire come una successione nel tempo, né la situazione come una posizione. I fenomeni che vengono qui qualificati come riflessi condizionati e che vengono spiegati come tali non devono essere compresi come un processo interno all'organismo, ma come il modo in cui gli essere viventi si comportano nei confronti del mondo. In una parola, essi non sono, molto semplicemente, dei riflessi»6. Si ripropone la necessità, rivolta a ogni scienza particolare, di tornare alle propria fondamenta, che attraversano il campo della metafisica.

6 Pag. 51.

Related Documents


More Documents from "AndrewMiller"

Forme Dello Spazio
February 2021 1